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Il Sole 24 Ore
DOMENICA - 11 SETTEMBRE 2011
n. 248
39
Caravaggio (con i caravaggeschi) vola a Cuba
Si aprirà il prossimo 23 settembre (e durerà fino al 27 novembre) la mostra
«Caravaggio a Cuba» la Museo Nacional de L’Avana, a cura di Rossella Vodret
e Giorgio Leone. Il maestro sarà rappresentato dal Narciso di Palazzo Barberini (foto),
in esposizione anche opere di Artemisia Gentileschi e Cagnacci. La mostra verrà
presentata a Roma mercoledì 14 (alle 12) presso il Salone del Ministro del Mibac a Roma
Vedovamazzei, Ludovica Carbotta, Willie
Doherty, Dexter Dalwood, Jim Lambie,
Thomas Hirschhorn, Teresa Margolles.
calendart
a cura di Marina Mojana
chiamati "folli" per i costumi liberali, il
fermento intellettuale, il clima cosmopolita.
FERRARA
È in corso fino al 31 ottobre, all’interno
dell’Earlsfort Terrace, la prima edizione di
Dublin Contemporary
(www.dublincontemporary.ie), il primo
grande evento internazionale di arte
contemporanea in Irlanda, con oltre 90
mostre in diverse location della capitale. Tra
gli artisti presenti Jannis Kounellis,
Goldiechiari, Alberto Di Fabio,
A Palazzo dei Diamanti (corso Ercole I d’Este
21, www.palazzodiamanti.it), da oggi all’8
gennaio 2012, Gli anni folli. La Parigi di
Modigliani, Picasso e Dalí. 1918-1933; opere di
Monet, Matisse, Mondrian, Picasso, Braque,
Modigliani, Chagall, Duchamp, De Chirico,
Miró, Magritte e Dalí, protagonisti di un
periodo di eccezionale creatività all’indomani
della Grande Guerra, in quegli anni parigini
Al British Museum (Great Russell Street;
www.britishmuseum.org.) fino al 9 ottobre
Tesori del paradiso: santi reliquie e devozione
nell’Europa medievale; oltre 150 oggetti
provenienti da 40 istituzioni mondiali, tra cui
il Vaticano. I preziosi reliquiari tracciano un
percorso nel culto delle reliquie che invase
l’Europa dal Medioevo al Rinascimento; molti
esemplari esposti contengono frammenti di
ossa di santi o schegge della "vera" Croce.
alla scoperta di architetture vegetali, alberi
e fiori (tel. 0515873602; www.riccione.it).
RICCIONE
LONDRA
DUBLINO
Architettura
francesco clemente | «The Fool»,
2009-2011, (part.) in mostra agli Uffizi
Il Weekend del 17 e 18 settembre si celebra
Pietro Porcinai, il primo paesaggista
italiano di fama internazionale. Per
l’occasione saranno organizzate visite
guidate a Villa Des Verges, dove
il ripristino del parco fu commissionato
al celebre architetto dal principe
Don Mario Ruspoli. I visitatori potranno
partecipare all’iniziativa «Il paesaggio
che unisce», organizzata dall’Aiapp:
siti normalmente chiusi al pubblico
saranno aperti da guide d’eccezione
MAMIANO DI
TRAVERSETOLO (Pr)
Henri de Toulouse-Lautrec e la Parigi della
Belle Époque alla Fondazione Magnani
Rocca (via Fondazione Magnani Rocca 4;
www.magnanirocca.it), da oggi all’11
dicembre; un’originale riflessione
sull’artista francese (1864-1901), celebre per
le affiches, in mostra nell’intero corpus, e
per la rielaborazione del linearismo grafico
giapponese.
grandi maestri / 2
capolavoro
di le
corbusier
La chiesa costruita
da Le Corbusier nel
1955 sul colle di
Ronchamp (Franca
Contea). Qui è sorto
il monastero
di Renzo Piano
nuove architetture
Le celle di Piano
nel cuore del bosco
A Rochamp, presso
la chiesa di Le Corbu,
l’architetto italiano ha
costruito un convento
incastonato tra
la collina e gli alberi
di Fulvio Irace
«I
l 21º secolo è il secolo dei
numeri e dell’informatica e anche la Chiesa deve
essere presente in tutti
gli ingranaggi della rete.
Sulla collina passano
100mila visitatori l’anno e se qualcosa della
spiritualità del luogo riesce ad arrivare nelle
loro anime, andranno più lontano nel mondo. Questo è il nostro obiettivo!».
La collina è quella di Ronchamp, nella
FrancaContea,e chiparlaè unadonna minuta ma dallo sguardo piuttosto deciso. È vestita con il saio marrone delle Clarisse, ma in
testa ha il casco giallo degli operai di cantiere: da più di una settimana affonda i calzari
delsuo ordine nellaterra smossadaicaterpillar,in una corsa contro iltempo per l’inaugurazione del nuovo monastero.
Badessa delle dodici clarisse che nel 2005
presero la decisione di spostarsi dalla casa
di Besançon ai piedi della cappella di Ronchamp, suor Brigitte de Singly ha sempre
avuto le idee chiare sul suo monastero, anche quando ha dovuto confrontarsi con Renzo Piano, l’architetto italiano scelto di misurarsi con il più importante architetto del XX
secolo, Le Corbusier, che proprio qui a Rochamp, al vertice della collina, realizzò nel
1955 la più impressionante e controversa architettura religiosa del Novecento. In que-
sto luogo "intoccabile" è sorto – a prudente
e debita distanza dalla Cappella – il nuovo
monastero delle Clarisse.
È stato questo il primo ostacolo con cui si
è dovuta misurare l’ostinata volontà delle
suore di uscire dal guscio di Besançon per
venire a Rochamp e mettersi a disposizione
del mondo con gli strumenti della gioia e
della preghiera. «Crediamo – dice suor Brigitte – che sia necessario lavorare sul concreto quando si parla di integrazione e di spiritualità. Noi lavoriamo dentro il generale
movimento di apertura della Chiesa, e la
Chiesa ci ha chiesto, venendo a Ronchamp,
una presenza di preghiera. Noi siamo qui
per dar vita alla collina».
All’inizio,Renzo Piano aveva rifiutato l’incarico, sicuro che ogni gesto d’aggiunta in
questo contesto sarebbe stato motivo di lapidazione da parte di architetti, storici e conservatori. Cosa che, peraltro, si è puntualmente avverata con la dura opposizione al
progetto da parte della Fondazione Le Corbusier: «Giù le mani da Le Corbusier!» è stato nel 2008 lo slogan di chi, come Jean Luis
Cohen, sosteneva la linea dell’interdizione
totale, in omaggio al timore dello stesso Le
Corbusier che Ronchampvenisse trasformata in «un’altra Lourdes».
Renzo Piano ha però cambiato idea dopo
lavisita di suorBrigitte nel suo studio di Parigi. Qui, si sono trovati uno di fronte all’altra
l’architetto e la religiosa, probabilmente
ognuno con la sua giusta dose di diffidenza
reciproca. «All’inizio – confessa la badessa –
non riuscivano a capirci su che cosa fosse
esattamente un tabernacolo, o come si dovesse utilizzare un altare. Per esempio, lo
spaziodella"Gloria"dietro l’altaredell’oratorio non poteva essere un muro che s’arresta
e basta, perché deve lasciare spazio all’idea
cristiana della resurrezione. Piano ha capito
e ha disegnato una parete inclinata che lascia cadere la luce dall’alto».
Per parte sua, Renzo Piano ammette che,
pensando al motto delle clarisse – «gioia, silenzio, preghiera» – sentiva di poter capire le
prime due parole ma di essere indifferente
alla terza. Eppure Piano non è nuovo alle esigenze che sorgono dalle comunità di fede.
Per il santuario di Padre Pio a Pietralcina, ad
esempio, ha costruito una grande tenda di
pietra che si avvolge come una chiocciola per
accogliere il riposo dei pellegrini. A Ronchamp il tema da svolgere era più ridotto –
«il più piccolo dei miei progetti», scherza –
madi certopiùintrigante.LasciandoaLeCorbusieril potenteassolodellacappella,l’architetto italiano si è ritirato ai margini del bosco,
immaginando le dodici clarisse come elfi benevoli destinate ad abitare nell’ombra, tra gli
alberi e la collina; anzi, in quella linea di bruma che dal folto delle foglie raggiunge nei
giorni belli le falde ripide del monte, come
fosse l’apparizione dello spirito del luogo.
Il monastero di Rochamp è dunque un insieme di piccole celle, disseminate come scatole lungo i bordi frastagliati della collina, simili a tre tagli sottili incisi nella terra coi lembi sollevati e minuscoli alloggi depositati
all’interno.Dall’esternotuttoècelato.Sologirandovi attorno, sporgono le esili tettoie di
zinco che proteggono le pareti vetrate delle
celle, in un sottile crescendo di piani – quasi
dei fogli di diverso spessore – che dalla penombra del corridoio illuminato dall’alto,
schiudonoleporte deglialloggiverso laparete verde della foresta che sembra avanzare.
Un’architettura potentemente "francescana", in cui la semplicità dei mezzi – l’acciaio
degli infissi, le vetrate, il grezzo grigio dello
zinco– è esaltata dallasapienza del disegno e
dalla cura del dettaglio. Il tema non è quello
scivoloso – per un laico come Piano – della
Fede, ma quello più abbordabile e sicuro dellavita di una comunità. Una micro-città nella
montagna,checonsuma pocaenergia,rispetta la natura ed esalta le virtù della vita rurale.
Se lassù, in alto, Le Corbusier ha costruito
il suo impareggiabile monumento all’Epica
moderna, qui, in basso, Piano ha provato a
cantare le lodi del quotidiano e la pacatezza
del buon senso. Bisogna dare atto all’architetto italiano d’aver dato a Ronchamp una
nobile lezione di come il progetto sia fatto
per la vita e di come questa, se rispettata e
accortamente ascoltata, generi il miracolo
del possibile, anche lì dove tutto sembra a
prima vista impossibile.
grandi maestri / 3
Mari batte più di un chiodo
di Marco Sammicheli
«I
l pensiero creativo e il
processo logico sono le
premesseperlacreazione di opere d’arte. La
probabilitàcheEnzoMarifacciaopere d’arte è perciò molto grande, la
probabilità che queste vengano percepite come opere d’arte è minima: a
causa della novità del loro aspetto».
ConquesteparoleMaxBillintroduce-
va nel 1959 una piccola monografia
intitolataEnzo Mari,editadaMuggiani. Il loro valore è intatto tant’èche se
siguardaal lavorodi artistao didesigner,discenografoodigraficodiMari occorre vincere l’incomprensione
con l’insistenza. Per apprezzarlo
compiutamente si deve scardinare
l’arguta semplicità con il metodo:
per capire Mari occorre applicarne il
metodo, quel processo prassi-teoria
che sta alla base di tutto il suo lavoro.
Neisedicicapitolidi25 modi per piantare un chiodo – titolo di una tesina
non richiestache presentò come pri-
monastero
nel bosco
La veduta esterna
delle celle inserite
da Renzo Piano
a mezza costa nella
collina davanti
al bosco di Rochamp
(foto di Pino Musi)
ma prova al corso di scenografia a
Brera–eglistessosnocciolagliepisodisignificatividellasuaesistenzaraccontandoconunaprosascarnalagenesi di molte opere, l’antefatto di alcunerelazioniprofessionali,l’incontro con personalità e affetti.
Sessant’anni di idee e progetti per
difendereunsogno,recitailsottotitolo,poichéildatoprofessionalesiconfonde inevitabilmente con quello intellettualeed esistenzialein Mariche
dallafinedeglianniSettantaconsidera conclusa l’esperienza – lui la chiama utopia – del design e le energie
pregare
& riposare
Veduta interna
di una delle celle
realizzate
per la comunità
di 16 suore clarisse
trasferite nel nuovo
monastero
di Rochamp
spazi
francescani
I corridoi di
comunicazione tra
le celle delle
monache.
(Foto di Pino Musi)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
deldesignersiconcentranoattraverso l’insegnamento, l’editoria e una
mirata attività di conferenziere, sulla difesa dell’etica del lavoro denunciandone il progressivo degrado.
La rassegna degli incontri professionali avvenuti con i protagonisti
del design italiano, imprenditori da
unlatoecolleghidall’altro,appassionaeladescrizionedellefasichehanno portato un oggetto nato in casa o
in officina a diventare un prodotto
industrialemediando con le aziende
che hanno a catalogo Mari, tra cui
Olivetti, Danese, Driade, Alessi, Zanotta, Muji (spiegandoci la differenzaconIkeacheoltreadistribuireproduce industrialmente), è accurata.
È negli anni dell’infanzia e della
prima gioventù che Mari acquisisce
gli strumenti per affrontare il futuro, lo fa combattendo contro i morsi
della fame e le difficoltà tipiche, ma
non per questo facili da superare, di
chiscappavatrailPiemonte,laLombardia e la Romagna per evitare i pericolidellaguerra. Aggiustaecorregge la spada che il padre gli fabbrica
daunacassettadifruttaperchéassomigliava a una scimitarra mentre lui
desideravaunaspada,diritta,dacrociato. È così bravo a disegnare e ha
così bisogno di lavorare, che a mano
realizza – renderista ante litteram –
le tavole prospettiche per i Bbpr,
Ponti e Albini ma pure l’insegna per
ilvino novellodell’osteria sotto casa.
Dopo due giorni trascorsi in Cappella Sistina ad ammirare gli affreschi
deduce che dovendo lavorare per
mangiare non sarebbe mai riuscito
in un’opera di quella elevata qualità.
Luistessodicechepotrebbediventare il «Michelangelo dei fiammiferi».
Fervente sostenitore della ricerca
sistematica sulla qualità della forma, per cui se c’è un’anima negli oggetti sta proprio in essa. Acerrimo
nemico delle specializzazioni, Mari
è un araldo della tecnica ma irremovibile nel denunciare il computer e
le sue derive a protesi identitaria e
sostitutiva. Leggerlo fa suonare la
sveglia dell’ultimapossibilità. Come
Tiresiaracconta una storia dal saporetragicomaperamoredi figli,nipoti, studenti e lettori si conclude con
un’ipotesi,unaviadiscampo, un’opportunità per invertire la tendenza a
mancare, a deficere, per progettare
in autonomia e con passione.
Mollino:
libri, mostre
e foto sexy
di Gabriele Neri
«M
ollino disegna mobili
accanitamente–scriveva Gio Ponti – come un
costruttore di macchine fantastiche perfeziona un telescopio o una
catapulta, oppure come un allevatore seleziona una specie: i suoi prodotti si aspettano con
lacuriositàdi vedere qualinuovi esseri bizzarri, nervosi e intelligenti e maniaci egli ha messo al mondo».
Diquesti«esseri bizzarri»parla ilnuovo volume della collana «I Maestri del Design», a
firmadi Fulvio Irace, nel quale si ricompone la
traiettoria progettuale e intellettuale di uno
dei protagonisti dell’architettura italiana del
secolo scorso. Attraverso gli oggetti d’arredo,
il libro punta lo sguardo sull’intimo legame di
Carlo Mollino (1905-1973) con la professione:
dietro alla libertà espressiva che li caratterizza ci sono infatti l’esperienza appresa dal padre ingegnere (suo l’ospedale le Molinette di
Torino)ele salderadicinellacultura politecnica torinese, che lo spinsero a tenere sempre
unite fantasia e realtà. Grazie a queste armi,
Mollino riuscì ad assecondare le sue pulsioni
oniriche traducendole in invenzioni concrete, come la Venere-specchio di Casa Miller, la
il capolavoro | Teatro Regio di Torino
sedia in metallo e velluto di Casa Devalle, gli
arredi zoomorfi o le linee capricciose della sala da ballo Lutrario di Torino. Progetti-manifesto diun personalissimoeclettismo:«L’artista autentico – sosteneva – è sempre bifronte:
viene dalla tradizione, cioè dal gusto contemporaneo, e precede al di là dove il gusto comune non è ancora arrivato».
Proprio per i suoi amori proibiti – surrealismo, barocco, liberty e decorazione, termini
tabùper i colleghirazionalisti– Mollinoha subitogliumori altalenantidellacritica,dalplauso di Ponti all’indifferenza di Bruno Zevi, per
passare poi (dopo la morte) al recupero delle
sue posizioni come anticipatrici del credo postmoderno e all’apertura di una felice stagione di studi puntuali che hanno saputo restituirne un quadro più approfondito.
Oggil’interesseperMollinononcolpiscesolo l’Italia: a Vienna infatti è ancora possibile
vedere la mostra «Un Messaggio dalla Camera Oscura», mentre a Monaco si sta per inaugurare«CarloMollino.ManieraModerna», alla Haus der Kunst. Se la prima si concentra sul
rapporto tra le sue celebri Polaroid – che ritraggono le curve di signorine discinte negli
appartamenti dell’architetto – e gli oggetti, la
seconda decide invece diesporre un po’ di tutto (fotografie, mobili, architetture, disegni e
anche la "Bisiluro", automobile da lui stesso
progettata per correre a Le Mans nel 1955), e
per questo non è immune dai rischi dell’elenco troppo allargato.
La riscoperta di Mollinoha però una doppia
faccia.Densadi impreseadrenalinicheedettaglipeccaminosi–oltrealledonnec’è la passione per il volo, per le corse e lo sci – la sua biografia è infatti diventata, spiega Irace, facile
preda«dellamicidialecongiunzione divoyeurismo e di interesse mercantile», che come
spesso accade ne ha esaltato solo la fama di
architetto-artista stravagante e fuori dal coro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Carlo Mollino. Un Messaggio
dalla Camera Oscura
Vienna, Kunsthalle, fino al 25 settembre
www.kunsthallewien.at
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Enzo Mari, Venticinque modi per
piantare un chiodo, Mondadori,
Milano, pagg. 192,Á 17,50
Carlo Mollino. Maniera Moderna
Monaco, Haus der Kunst
16 settembre 2011 - 8 gennaio 2012
www.hausderkunst.de