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18 Giovedì 12 Gennaio 2017 Corriere della Sera # Cronache Coppia uccisa con l’ascia Tra il figlio e l’amico un patto da mille euro La vicenda Salvatore Vincelli, 59 anni, e sua moglie Nunzia Di Gianni, 45, sono stati uccisi nella loro casa la notte tra lunedì e martedì a Pontelangorino nel Ferrarese Per il delitto sono stati fermati il figlio sedicenne della coppia e un suo amico, anche lui minorenne DALLA NOSTRA INVIATA Un patto fra due adolescenti. Un accordo di amicizia e di morte. Riccardo Vincelli, 16 anni, e il suo amico del cuore Manuel, 17, hanno deciso che avrebbero ucciso i genitori di Riccardo sorprendendoli nel sonno, nella loro casa di Pontelangorino, una frazione di Codigoro. E l’hanno fatto. Forse erano sotto l’effetto di droghe quando li hanno massacrati con un’accetta, nella notte fra lunedì e martedì, colpiti alla testa tutti e due: tre volte lui, che aveva 59 anni e si chiamava Salvatore, e sei volte lei che di anni ne aveva 45 e si chiamava Nunzia Di Gianni. Poi il tentativo maldestro di cancellare le tracce, far sparire i corpi, studiare una versione che reggesse. Tutto inutile. È bastato ascoltare le loro versioni pochi minuti perché i carabinieri del comando provinciale di Ferrara e il pubblico miniPONTELANGORINO (FERRARA) L’intervista di Paolo Di Stefano stero Giuseppe Tittaferrante capissero che nel racconto di quei due c’erano troppe cose che non tornavano. Gli inquirenti hanno insistito con le domande, hanno messo a confronto le risposte, hanno contestato un punto dopo l’altro e alla fine — ieri all’alba — Riccardo e Manuel hanno confessato. L’accusa è omicidio I rilievi La casa di Pontelangorino, nel Ferrarese, dove sono stati uccisi Salvatore Vincelli e sua moglie Nunzia Di Gianni (LaPresse) volontario aggravato premeditato. Movente: «Dissapori, neanche tanto datati, fra il figlio delle vittime e i suoi genitori», dicono dalla procura dei minori di Bologna alla quale è passato il caso (pm Silvia Marzocchi) da quando le indagini non sono più state a carico di ignoti, ma di minorenni. Riccardo odiava soprattutto sua madre, dalla quale si era preso di recente una sgridata umiliante davanti al suo insegnante e vicepreside che aveva chiamato la donna per dirle quanto poco suo figlio si impegnasse a scuola. Salvatore e Nunzia sono stati colti nel sonno fra le tre e le cinque. La sera di lunedì Manuel si era fermato a casa di Riccardo dicendo ai suoi genitori che avrebbe dormito lì. In realtà era uscito con la borsa da lavoro rossa di suo padre e l’intento di riempirla dei vestiti che avrebbe sporcato di sangue durante l’omicidio. Tutto premeditato. I due ragazzi hanno L’accordo L’agguato I due elaborano un piano Avviene di notte, mentre la coppia dorme aspettato che i genitori di Riccardo dormissero, li hanno uccisi e poi hanno riempito il borsone dei vestiti e sono usciti a buttarlo in un canale mentre l’ascia l’hanno abbandonata vicino a un campo sportivo. Prima di lasciare la villetta del massacro hanno spostato i corpi, forse nel tentativo di portarli via per nasconderli (l’auto di famiglia aveva i sedili reclinati). Può darsi che non riuscendo a trasportarli fino all’auto li abbiano abbandonati l’uno in garage e l’altra vicino alla cucina, dove sono stati trovati. Tutti e due avevano in testa un sacFiume P VENETO o Pontelangorino Ferrara EMILIA ROMAGNA Bologna km 50 Mar Adriatico Ferrara, confessano i due adolescenti. I contrasti per i brutti voti chetto nero della spazzatura legato con lo scotch sul collo: non è chiaro se per evitare strisce di sangue mentre li trascinavano o se perché Riccardo abbia preferito non vedere in faccia i genitori morenti o morti. A colpirli sembra sia stato Manuel: non si sa se Riccardo fosse accanto a lui. Si sa invece che il figlio delle vittime ha offerto all’amico dei soldi per farsi aiutare nel duplice omicidio: 80 euro di anticipo e poi almeno mille a «lavoro» finito (poi trovati a casa di Manuel). Conclusa la mattanza sono andati con lo scooter di Riccardo a casa di Manuel alle 5.30 del mattino. «Era bianco come un cencio» dice suo padre. «Ci ha detto che aveva la febbre e che Riccardo lo aveva accompagnato e si sarebbe fermato a dormire da noi». Martedì hanno pranzato da Manuel, sembrava un giorno come tanti. Era l’inizio della loro fine. G. Fas. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Famiglia e scuola senza autorità sono percepite come un ostacolo» Lo psichiatra Andreoli, perito nel processo a Maso: la morte è diventata banale Il caso di Pietro Maso, che con tre amici, a Montecchia di Corsara, uccise i genitori per motivi di eredità, risale al 1991. Con la strage di Novi Ligure, del 2001, il massacro di Verona torna fatalmente alla memoria ogni volta che avviene un parricidio e/o un matricidio. Lo psichiatra Vittorino Andreoli eseguì, per i pm, la perizia sul giovane Maso: da quell’esperienza uscì un libro. P rofe s s o r A n d re o l i , a quanto pare il delitto di Ferrara non avrebbe al centro un movente economico. Secondo lei, ci sono comunque delle analogie con il caso Maso? «Il confronto è quasi obbligato per mettere in evidenza come si possa andare oltre. Allora l’omicida voleva eliminare l’ostacolo dei genitori che non concedevano al figlio il denaro per l’acquisto di un’automobile molto costosa. Lo scopo del delitto era accaparrarsi l’eredità di un miliardo e mezzo di lire. Qui si tratta di due adolescenti, più giovani di Maso, che hanno ucciso per motivi, a quanto si sa, ancora più futili: una questione di risultati scolastici… Come allora c’è stata una premeditazione, come allora è stato coinvolto un amico (là erano tre), come allora non si può parlare di atto automatico, ma di atto organizzato». Organizzato in modo ingenuo, se è vero che i due non sono riusciti a occultare le lo- Videogiochi Come nei videogiochi basta cliccare e si abbatte una persona ro tracce e sono capitolati subito di fronte ai carabinieri. «Nonostante la premeditazione, colpisce che l’arma del delitto sia un’ascia, inadeguata a uccidere, se non sei un professionista. Maso e i suoi amici usarono delle spranghe e persino una pentola. Il che dimostra come la voglia di ammazzare, oggi come allora, abbia il suo fondamento in una pulsione immediata: deve essere soddisfatta in qualunque modo e con qualunque mezzo, anche improvvisato. Direi che la premeditazione c’è ma è un po’ stupida, priva di una tecnica all’altezza sia prima sia durante sia dopo. E il fatto che sono stati promessi mille euro all’amico rende ancora più protagonista il figlio». Dunque, per capire meglio, più che ai segnali esteriori bisogna ricorrere alle motivazioni interne? «Infatti. Io ho lavorato parecchio sul fenomeno dei videogiochi, dove spesso la missione è quella di eliminare esseri fantastici oppure delle sagome umane. Basta cliccare e si abbatte una persona, e vince chi ne abbatte di più. L’effetto è immediato. Nel mondo virtuale, il concetto dell’ammazzare perde il senso della corporeità. Ma anche nella vita reale ciò che appartiene alla cultura, alla tradizione, al rituale e al tabù è venuto meno: mentre per le generazioni passate nel pensiero della morte agiva il peso della religione, con il demonio, la chiesa, eccetera, oggi con i defunti ci puoi giocare, come nella festa di Hal- loween. La morte è diventata banale, ha perso pathos». Questo porterebbe addirittura a uccidere con leggerezza i propri genitori? «Freud dice che tutti noi abbiamo pensato, almeno una volta nella vita, di uccidere qualcuno. Se non l’abbiamo fatto è perché sono intervenuti dei freni inibitori: il rispetto e la cultura della vita, il timore della legge e della punizione eccetera. Oggi stiamo andando verso una società pulsionale, priva di tabù in cui la famiglia viene vissuta come uno spazio privo di freni inibitori: il dramma, paradossale, è che ci permettiamo di essere più violenti con le persone che più ci amano. Anche perché la famiglia (come del resto la scuola) non suggerisce più un’idea 4 agosto 1989 17 aprile 1991 21 febbraio 2001 Giuseppe Carretta, la moglie Marta Ghezzi e i figli Nicola e Ferdinando spariscono. Nel 1998 quest’ultimo (foto) riappare e confessa a Chi l’ha visto? Pietro Maso, ventenne, massacra con tre amici i genitori Antonio e Rosa, nel Veronese. Condannato a 30 anni, Maso ha finito di scontare la pena nel 2013 Erika De Nardo, 16 anni, con il fidanzato Omar Favaro, 17, uccide la madre Susy Cassini, 41, e il fratellino Gianluca, 11. Oggi sono entrambi usciti dal carcere Chi è Vittorino Andreoli, 76 anni (foto), è stato direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona ed è membro della New York Academy of Sciences Sostiene che l’ambiente contribuisce a strutturare la biologia della follia insieme con l’eredità genetica Già autore del libro sul caso Pietro Masi, l’ultima opera è La gioia di vivere di autorità, di rispetto, di educazione, di coesione. E anche in casa il senso della morte è scaduto, banalizzato, come se fosse una semplice malattia: un’equivalenza diseducativa». Fatto sta che gli ostacoli posti dalla famiglia non sono ardui come per le generazioni precedenti. «E però esistono. La famiglia è ancora oggi un luogo in cui vengono posti dei divieti senza però insegnare come affrontarli. I genitori proibiscono e basta, magari per paura o per iperprotezione. E così un adolescente si trova a dover superare gli ostacoli da solo». I delitti più frequenti sono quelli commessi in famiglia. Ma perché sono più numerosi al Nord che al Sud? «Al Sud la famiglia ha una maggiore tenuta di autorità, magari solo in modo formale, ma i legami affettivi tradizionali rimangono più forti». Come giudica il movente? «La scuola è sempre più fonte di conflitto familiare. Specie in situazioni, tutt’altro che rare, in cui c’è un’identificazione molto forte dei genitori con i figli: quasi che il voto basso fosse recepito come un giudizio negativo sulla capacità di essere padri e madri. Tutto ciò si traduce in un aumento della pressione e dell’ansia che compensano la difficoltà di far crescere i figli». © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 8727381