Il mondo di Sofia

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Il mondo di Sofia
CASA
Il mondo di Sofia
Jostein Gaarder
(Italiano)
1994
[DIGITARE
L'INDIRIZZO DELLA SOCIETÀ]
IL MONDO DI SOFIA
Jostein Gaarder – 1994
Il Giardino dell’Eden
Insomma, qualcosa doveva essere stato creato una volta prima dal nulla…
Sofia Amundsen, Klovervein 3: c’era scritto sulla busta. Sul pezzetto di carta c’era scritto: “Chi sei tu?”
“Chi sei tu?”… No lo sapeva di preciso. Era Sofia Amundsen, naturalmente, ma chi era? Non era ancora
riuscita a scurirlo del tutto. Si mise davanti allo specchio e cominciò a fissarsi negli occhi. La ragazza nello
specchio rispose, faceva tutto quello che faceva Sofia. Sofia cercò di precedere l’immagine con un
movimento fulmineo, ma l’altra fu altrettanto veloce.
Sofia Amundsen non era mai stata soddisfatta del suo aspetto.
Forse poteva scegliersi gli amici, ma non aveva scelto se stessa. Non aveva ne anche scelto di essere un
essere umano.
Nel momento in cui si trovò nel sentiero ghiaioso con la misteriosa lettera in mano, avvertì una strana
sensazione. Si sentiva come una bambola diventata viva per incanto.
Non era strano che fosse al mondo proprio adesso, che potesse prendere parte a questa bizzarra
avventura?
Mentre Sofia rifletteva sul fatto di essere viva, cominciò anche a pensare che non sarebbe esistita per
sempre.
Adesso vivo, pensò. Ma un giorno non ci sarò più.
C’era qualche forma di vita dopo la morte? Il gatto ignorava anche questa domanda.
Sofia si fermò a riflettere. Si sforzava di concentrarsi solo sul fatto che era viva, cercando così di dimenticare
che non sarebbe esistita per sempre. Era impossibile. Non appena metteva a fuoco il pensiero di essere
viva, subito spuntava l’altro: la vita ha sempre una fine. Soltanto quando provava una forte emozione
all’idea che un giorno sarebbe scomparsa, si rendeva conto di quanto la vita fosse infinitamente preziosa.
Erano come le due facce di una stessa moneta. La vita e la morte erano due aspetti della stessa cosa.
Non è possibile sentirsi vivi senza essere consapevoli che si deve morire, pensò. Analogamente è
impossibile riflettere sul fatto che si deve morire senza pensare al contempo che vivere è una cosa
meravigliosamente strana.
Sofia non si era assicurata che la cassetta fosse vuota. Anche su questa busta c’era scritto il suo nome. Da
dove viene il mondo? C’era scritto.
Tutte le volte che le avevano parlato del giardino dell’Eden, si era seduta nel Covo e aveva immaginato che
fosse il suo piccolo paradiso privato.
Tutto ciò che esiste deve pur avere un inizio. Di conseguenza anche il cosmo doveva aver avuto origine da
qualcos’altro.
Per la terza volta Sofia andò alla cassetta delle lettere. C’era una cartolina… Perché un padre avrebbe
dovuto mandare una cartolina d’auguri all’indirizzo di Sofia quando era palese che doveva essere spedita da
un’altra parte?
In un solo pomeriggio e nel giro di un paio di ore doveva affrontare tre misteri. Il primo riguardava l’identità
della persona che aveva imbucato le due buste bianche nella sua cassetta postale. Il secondo era legato alle
difficili domande contenute nelle lettere. Il terzo era scoprire che fosse Hilde Moller Knag e perché Sofia
avesse ricevuto una cartolina d’auguri indirizzata a quella ragazza sconosciuta.
Il Cappello a Cilindro
Aprì la cassetta della posta. Scoprì il suo nome su una delle buste. Sul retro c’era scritto: “Corso di Filosofia.
Maneggiare con molta cura.”
La busta conteneva tre grandi fogli scritti a macchina, tenuti insieme da un fermaglio. Sofia cominciò a
leggere:
Che cos’è la Filosofia?
Qual è la cosa più importante nella vita? Se lo chiediamo a chi sta morendo di fame, ci dirà che è il cibo. A
chi patisce di freddo, la risposta sarà il caldo. Qualcuno che si sente solo, la sua replica sarà incentrata sulla
fratellanza con altri uomini.
Ora, ammesso che tutte queste necessità siano soddisfatte esiste forse ancora qualcosa di cui tutti gli esseri
umani hanno bisogno? Per i filosofi sì. Tutti noi abbiamo la necessità di trovare una risposta a due
domande: Chi siamo? E Perché viviamo?. Chiedersi perché esistiamo non è un interesse occasionale: non
sta sullo stesso piano del collezionare francobolli.
Noi sappiamo che il mondo non è né un imbroglio né un inganno perché camminiamo sulla Terra e noi
stessi ne facciamo parte. In fondo siamo noi il coniglio bianco che viene estratto dal cilindro.
Il coniglio forse è meglio paragonarlo a tutto l’universo. Noi che ci abitiamo siamo minuscoli parassiti che
vivono nella pelliccia del coniglio. I filosofi cercano di arrampicarsi sui peli sottili in modo da poter fissare
negli occhi il grande prestigiatore.
Una strana creatura
L’unica cosa di cui abbiamo bisogno per diventare buoni filosofi è la capacità di stupirci. Eppure, a man
mano che cresciamo, questa capacità di stupirci sembra attenuarsi.
Molto prima che il piccolo impari a parlare nonché a pensare in filosofico, il mondo sarà diventato per lui
un’abitudine.
E’ assai improbabile che un giorno tu ti imbatta in una creatura di un altro pianeta. Invece è possibile che tu
ti imbatta in te stessa. Un giorno ti fermi di colpo e pensi a te stessa in modo completamente nuovo.
La maggior parte delle persone è così presa dalle cose di tutti i giorni che il pensare all’esistenza occupa
l’ultimissimo posto (scivolano giù, giù nella pelliccia del coniglio, si sistemano ben bene e rimangono lì per
tutta la vita).
I Miti
Un precario equilibrio di potere tra le forze del bene e quelle del male…
L’immagine mitologica del mondo
Con il termine filosofia facciamo riferimento a un nuovo modo di pensare che nacque in Grecia circa 600
anni a.C. Prima di quell’epoca erano le diverse religioni a fornire le risposte a tutte le domande che gli
uomini si ponevano: tali spiegazioni di tipo religioso venivano tramandate di generazione in generazione
attraverso i miti. Tali spiegazioni mitologiche sono fiorite per interi millenni in tutto il mondo.
I filosofi greci cercarono quindi di dimostrare agli uomini che queste interpretazioni dell’universo erano
inattendibili.
Europa del Nord: Perché piove? Perché Thor fa ruotare il suo martello. Proprio per questo egli divenne una
delle divinità principali per i popoli del Nord. Thot ricopriva un ruolo decisivo: il suo martello, oltre a far
piovere, gli conferiva un potere quasi illimitato contro le pericolose forze del caos.
In Grecia le divinità si chiamavano Zeus, Apollo, Era, Atena, Dionisio, Asclepio… Verso il 700 a.C. molti dei
miti greci furono messi per iscritto da Omero ed Esiodo. Non appena i miti furono scritti fu possibile
cominciare a discuterne.
Un esempio di questo atteggiamento critico verso i miti lo troviamo nel filosofo Senofane che visse nel 570
a.C.
Da un modo di pensare mitologico si passa a un tipo di ragionamento che ha come basi l’esperienza e la
logica.
I Filosofi della Natura
Niente può essere creato dal niente…
Il progetto dei filosofi
Quando riusciamo a definire con precisione qual è il progetto di un particolare filosofo, siamo in grado di
seguire con più facilità i suoi ragionamenti.
I filosofi della Natura
I primi filosofi greci sono chiamati “filosofi della natura”. Secondo loro era scontato il fatto che “qualcosa”
fosse sempre esistito.
Si sviluppò l’idea secondo cui ci doveva essere un “principio” di tutte le trasformazioni che avvengono in
natura. Doveva essere “qualcosa” da cui tutto si originava e a cui tutto tornava.
I filosofi della natura fecero il primo passo verso un modo di pensare “scientifico”.
Quel poco che conosciamo si trova negli scritti di Aristotele, che visse quasi 200 anni dopo di loro.
Tre filosofi di Mileto: TALETE – ANASSIMANDRO - ANASSIMENE
Talete: l’acqua è principio di tutte le cose. Forse intendeva rilevare che la vita nasce dall’acqua e si
trasforma nuovamente in acqua quando si decompone.
Anassimandro: il nostro è solo uno dei molti mondi che nascono da qualcosa e muoiono in qualcosa che
egli chiamò àpeiron, cioè “infinito”.
Anassimene: la materia di cui sono formate tutte le cose doveva essere l’aria infinita. Analogamente
riteneva che il fuoco non fosse che aria rarefatta. Secondo Anassimene, quindi, la terra, l’acqua e il fuoco
avevano origine dall’aria.
Niente può essere creato dal niente – PARMENIDE
Tutti e tre filosofi di Mileto ritenevano che esistesse un solo principio da cui si originava tutto il resto. Ma
come faceva un principio a trasformarsi di colpo in qualcosa di completamente diverso? Chiameremo
questo dilemma il problema del divenire.
Ad Elea, il più noto degli eleatici fu Parmenide, 500 a.C. che sostiene che tutto ciò che esiste è sempre
esistito. Intendeva dire che niente può essere creato dal niente e, di conseguenza, che qualsiasi cosa
esistente non può scomparire nel nulla.
Secondo Parmenide non esiste nessun vero mutamento. A suo parere, i sensi ci forniscono un’immagine
sbagliata del mondo, un’immagine che non coincide con la ragione umana. Capì che il suo compito era
quello di smascherare tutte le forme di inganno dei sensi.
Questa fede così radicata nella ragione umana viene chiamata razionalismo.
Tutto Scorre – ERACLITO
Eraclito, contemporaneo di Parmenide, originario di Efeso (500 a.C.) dice “tutto scorre”. Tutto è in
movimento e niente dura in eterno. “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume”.
Eraclito spiegò anche che il mondo è caratterizzato da stati contrari. Se non ci fosse un continuo gioco tra
gli opposti, il mondo finirebbe.
Quattro elementi - EMPEDOCLE
La ragione di Parmenide diceva che niente poteva mutare. Le esperienze derivata dai sensi di Eraclito
mostravano che in natura avvenivano mutamenti.
Secondo Empedocle la natura con può avere un solo elemento costituente. La natura è costituita da
quattro radici, la terra, l’aria, il fuoco e l’acqua. Tutti i cambiamenti che avvengono in natura sono dovuti al
mescolarsi e al separarsi delle quattro radici. Ogni cosa è composta di terra, aria, fuoco e acqua, aggregatisi
in proporzioni diverse.
Secondo Empedocle ci devono essere due diverse forze che agiscono in natura. Lui le chiama Amore (o
Amicizia) e Odio (o discordia). La prima lega le cose, la seconda le separa.
Tutto è in tutto - ANASSAGORA
A detta di Anassagora, la natura viene costruita partendo da particelle minuscole che l’occhio non può
vedere. Anche nelle parti più microscopiche è presente tutto.
Se ogni singola cellula del corpo contiene una descrizione particolareggiata di come sono fatte le altre
cellule, si può ben sostenere che “tutto è in tutto” o, in altre parole, che “in ogni cosa c’è parte di ogni
cosa”. Anassagora chiamò “semi” questi principi infinitamente divisibili di cui sono formati i vari corpi.
DEMOCRITO
Il giocattolo più geniale del mondo…
La Teoria sugli Atomi
L’ultimo dei grandi filosofi della natura si chiamava Democrito (460 – 370 a.C.) nato ad Abdera.
Ipotizzò che tutto fosse composto di mattoncini invisibili, ciascuno dei quali era eterno e immutabile, e a
questi elementi minimi diede il nome di “atomi”. Atomos significa “indivisibile”. Gli elementi con cui viene
costruita ogni cosa non potevano essere divisi all’infinito in parti sempre più piccole. Se gli atomi avessero
continuato a scindersi in parti via via più ridotte, la natura avrebbe cominciato a fluire come una zuppa
sempre più liquida.
I mattoni costruttivi della natura dovevano anche essere eterni, perché niente può essere creato dal niente.
Gli atomi dovevano essere solidi e compatti, ma non uguali tra loro.
Democrito sosteneva che in natura esistono un numero infinito di atomi diversi. Proprio perché sono dotati
di forme diverse possono unirsi per formare corpi diversi. Tutti eterni, immutabili e indivisibili.
Quando un corpo, per esempio un albero o un animale, muore e si decompone, gli atomi si disperdono
nuovamente e possono essere riutilizzati in nuovi corpi.
Oggi possiamo affermare che la teoria di Democrito sugli atomi era giusta. Un atomo di idrogeno che si
trova in una cellula sulla punta dei mio naso forse apparteneva un tempo alla proboscide di un elefante.
La scienza tuttavia ha anche scoperto che gli atomi si possono dividere in particelle elementari ancora più
piccole: protoni, neutroni ed elettroni.
Esistono solo glia tomi e il vuoto, dal momento che non credeva in nient’altro al di fuori della materia, lo
chiameremo materialista. Secondo Democrito esiste una causa naturale dietro tutto ciò che accade, una
causa che si trova nella natura stessa delle cose.
La percezione che noi abbiamo di qualcosa è dovuta al movimento degli atomi nel vuoto. Vedo la luna
perché gli atomi lunari colpiscono il mio occhio.
L’anima?, per Democrito essa era formata da alcuni particolari “atomi dell’anima” rotondi e lisci. Quando
un uomo muore, gli atomi dell’anima si spargono in ogni direzione e potranno dare vita a una nuova anima.
Ma allora l’anima degli uomini non è immortale! E’ un pensiero condiviso anche oggi da molti. Come
Democrito, queste persone affermano che l’anima è legata al cervello e che non possiamo avere alcuna
forma di consapevolezza quando il cervello si decompone.
Con la sua teoria degli atomi, Democrito mise per il momento fine alla filosofia greca della natura. Era
d’accordo con Eraclito che tutte le cose in natura “scorrono”, perché le forme vanno e vengono. Ma dietro
a tutto ciò che “scorre” si trovano cose eterne e immutabili che non “scorrono”: gli atomi.
Democrito aveva però sollevato nuove domande. Per esempio, aveva affermato che tutto avviene in modo
meccanico. Non accettava l’idea che esistessero forze spirituali nell’esistenza, come invece avevano
sostenuto Empedocle e Anassagora. Inoltre, secondo Democrito, l’anima umana non è immortale.
Il Destino
L’indovino cerca di interpretare qualcosa che in realtà è oscuro…
L’oracolo di Delfi
I greci credevano che gli uomini potessero conoscere il proprio destino attraverso il famoso oracolo di Delfi.
Qui il dio Apollo era la divinità oracolare. Sul Tempio di Delfi era incisa una scritta, diventata poi famosa:
Conosci te stesso! Questo per dire che l’essere umano non doveva mai credere che l’uomo fosse qualcosa
di più di un uomo, e che nessun essere umano poteva sfuggire al proprio destino.
Le scienza storiche e la scienza medica
Per i greci, non era soltanto la vita del singolo individuo a essere decisa dal fato, ma addirittura il corso della
storia. Ancora oggi molti credono che Dio o altre forze misteriose siano responsabili di ciò che avviene nella
storia.
I greci ritenevano che persino le malattie fossero imputabili all’intervento delle divinità: le epidemie
venivano interpretate come una punizione divina.
“Influenza” deriva dalla forma latina medioevale influentia, che significa “azione degli astri sul destino
umano”.
Nello stesso periodo in cui i filosofi greci cominciarono a riflettere sulla natura, nacque anche la scienza
medica. Ippocrate nacque nell’isola di Cos intorno al 460 a.C.
Secondo la tradizione ippocratica, la moderazione e un modo sano di vivere erano la migliore difesa.
SOCRATE
La persona più saggia è quella che sa di non sapere…
La filosofia di Atene
I tre più grandi filosofi dell’antichità: SOCRATE, PLATONE, ARISTOTELE. Ognuno di essi influenzò in modo
diverso la civiltà europea.
I filosofi della natura sono anche chiamati “presocratici”. La linea di demarcazione con Socrate non è
soltanto temporale, ma anche geografica. Socrate fu il primo filosofo di Atene e sia lui sia i suoi successori
vissero e operarono ad Atene.
L’essere umano al centro
A partire dal 450 a.C., Atene divenne centro culturale del mondo greco. Mentre i presocratici erano
interessati soprattutto alla natura, ad Atene l’attenzione si spostò sull’essere umano e sul posto nella
società.
Dalle colonie greche giunse allora ad Atene un gruppo di filosofi che, dietro compenso, si offrirono come
educatori e maestri di sapienza. Si definivano sofisti, che significa “operare o parlare con abilità”.
L’uomo è misura di tutte le cose, disse il sofista Protagora (487 – 420 a.C.).Una persona che non è in grado
di rispondere con certezza alla domanda se esista o no un dio viene chiamata agnostica.
Secondo i sofisti non esistono norme assolute che stabiliscono ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Al
contrario Socrate cercò di dimostrare che ci sono norme assolute e universali.
Socrate (470-399 a.C): Platone fu il suo allievo e scrisse molti dialoghi o conversazioni filosofiche, nei quali si
serviva di Socrate come suo portavoce.
L’arte del dialogo
Socrate capì che il suo compito era quello di aiutare gli essere umani a “partorire” il giusto sapere. E, dato
che la vera conoscenza viene da dentro, lui assumeva l’incarico di portare alla luce le conoscenze che si
formavano all’interno della mente dei suoi interlocutori.
Poteva “simulare” di essere ignorante o far finta di essere più stupido di quanto non fosse (la famosa
“ironia socratica”).
Una voce divina
Sia Gesù sia Socrate vennero considerati personaggi enigmatici dai loro contemporanei. Nessuno dei due
mise per iscritto il proprio messaggio, entrambi furono maestri nell’arte del parlare, avevano una precisa
consapevolezza, una lucidità che poteva affascinare, ma anche irritare. Entrambi ritenevano di parlare in
nome di qualcosa più grande di loro. Infine questo modo di agire costò loro la vita. Tutti e due avevano un
messaggio per il mondo.
Un jolly ad Atene
Socrate fu contemporaneo dei sofisti. Come loro era più interessato all’uomo e alla vita dell’essere umano
che ai problemi della filosofia della natura.
Tuttavia Socrate era assai lontano dai sofisti.
“Filosofia” deriva dalle parole greche philos (amico) e sophia (sapienza) e significa “amore della sapienza”.
I sofisti venivano pagati. Un vero filosofo è assai diverso. Un filosofo è consapevole del fatto di sapere
molto poco, e per questo cerca continuamente di raggiungere il vero sapere.
Riconosce di non capire molte cose. E questa “ignoranza” lo tormenta.
Socrate era un Jolly. Non era né ultrasicuro, né indifferente. Sapeva soltanto di non sapere, e ciò lo
angustiava.
Il vero sapere porta al giusto agire
Solo chi agisce in modo giusto diventa “un uomo giusto”. Quando ci comportiamo in modo sbagliato, è
perché non sappiamo.
Atene
Dalle rovine erano sorte costruzioni imponenti…
Acropoli: città sull’altura.
Platone
Il “desiderio d’amore” di ritornare alla sua vera origine…
Il Platone della videocassetta le aveva assegnato alcuni compiti. La prima domanda era come un pasticciere
potesse fare cinquanta torte identiche. Perché usa la stessa forma per tutte.
Platone poi le aveva chiesto perché tutti i cavalli sono uguali. Voleva forse suggerire che l’elemento che
rende i cavalli uguali fra loro è l’avere tutti la stessa forma?
Platone le aveva posto poi una domanda veramente difficile. L’uomo ha un’anima immortale?
L’ultima domanda: gli uomini e le donne sono dotati entrambi della stessa ragione?
L’Accademia di Platone
Platone (427-347 a.C.) aveva ventinove anni quando Socrate fu condannato a bere la cicuta. Da tempo era
suo allievo. Trascrisse il discorso che Socrate pronunciò in propria difesa: Apologia di Socrate.
Ci sono anche rimaste una serie di lettere e una trentina di dialoghi filosofici. Platone fondò una propria
scuola filosofica nei pressi di Atene. Poco distante dai giardini che prendevano il nome dal leggendario eroe
greco Academo, per questo chiamata Accademia.
L’eterno vero, l’eterno bello e l’eterno buono.
Platone si occupava del rapporto esistente tra ciò che è eterno e immutabile da un lato e ciò che “scorre”
dall’altro (esattamente come i presocratici).
Socrate e i sofisti si disinteressarono della natura ed erano invece attenti all’essere umano e alla società.
Secondo i sofisti, la distinzione tra quello che è giusto e quello che è sbagliato varia con il variare del luogo e
delle epoche. Tale linea di confine è assimilabile a qualcosa di “scorrevole”. Socrate non poteva accettare
questa conclusione: a suo parere esistono regole eterne e atemporali su ciò che è giusto o sbagliato. Perché
la ragione dell’uomo è proprio qualcosa di eterno e immutabile.
Per Platone queste sono due facce della stessa medaglia.
Il mondo delle idee
Tutto ciò che possiamo toccare e sentire in natura “scorre”.
Per Platone, il punto è che gli atomi di Democrito non diventano mai un “cocofante” o un “eledrillo”.
Platone chiamò queste forme idee. Dietro tutti i cavalli c’è “l’idea del cavallo”.
Per Platone doveva esistere un’altra realtà dietro il mondo sensibile, ed egli ciamò tale realtà il mondo delle
idee. Qui troviamo i “modelli” eterni e immutabili che stanno dietro i diversi fenomeni che noi incontriamo
in natura. Questa concezione viene chiamata la dottrina delle idee di Platone.
Un sapere sicuro
Nulla di ciò che esiste nel mondo sensibile dura indefinitamente. Secondo Platone non riusciremo mai a
conoscere veramente qualcosa che continua a mutare. Di ciò che appartiene al mondo sensibile abbiamo
solo percezioni insicure. La vera conoscenza l’abbiamo solo di ciò che vediamo con la ragione.
La ragione rappresenta l’esatto contrario dell’opinione e dei sensi. Possiamo dire che la ragione è eterna e
universale proprio perché si esprime solo su relazioni eterne e universali.
Un’anima immortale
Secondo Platone anche l’uomo è una creatura formata di due parti. Un corpo che “scorre”
indissolubilmente legato al mondo sensibile. Tutti i nostri sensi sono legati al corpo e sono inattendibili. Ma
abbiamo anche un’anima immortale, dimora della ragione. Essa può guardare il mondo delle idee.
Per Platone l’anima è esistita prima che prendesse dimora in un corpo. Inoltre nell’anima nasce il desiderio
di ritornare alla sua vera dimora. Platone chiama questo desiderio èros, cioè “amore”. L’anima prova quindi
il “desiderio d’amore” di ritornare alla sua vera origine.
Secondo Platone, tutti i fenomeni in natura sono solo ombre delle forme (o idee).
Via dal buio della caverna
Platone si serve del mito della caverna: quello che Platone descrive è la via che la filosofia segue per
giungere alle idee che si trovano dietro i fenomeni naturali. Socrate fu ucciso dagli abitanti della caverna
perché criticava le rappresentazioni abituali e voleva mostrare la strada per giungere a una vera
conoscenza.
Platone vuole mostrare che la relazione tra il buio della caverna e la natura all’esterno corrisponde al
rapporto tra le forme della natura e il mondo delle idee. Con questo non intende dire che la natura sia buia
e triste, ma che è buia e triste se paragonata alla limpidezza e alla chiarezza delle idee. La foto di una bella
ragazza non è né buia né triste… ma è soltanto una foto.
Lo stato filosofico
Il mito della caverna di Platone è contenuto nel dialogo la Repubblica. Descrive anche come deve essere
uno “stato ideale” che noi oggi definiremmo “utopistico”.
Secondo Platone il corpo dell’uomo è diviso in tre parti: la testa, il torace e l’addome. A ognuna di queste
parti corrisponde una facoltà dell’anima. Alla testa la ragione, al torace la volontà e all’addome il piacere o
desiderio. A ognuna di queste tre facoltà dell’anima appartiene un ideale o virtù. La ragione tende alla
sapienza, la volontà deve mostrare coraggio e il desiderio deve essere dominato in modo che l’essere
umano mostri la propria temperanza. Soltanto quando tutte e tre le parti operano insieme, l’uomo è
armonico o “giusto”.
Corpo Anima
Virtù
Stato
testa ragione sapienza reggitori
torace volontà coraggio guardiani
addome desiderio temperanza artigiani
Probabilmente oggi definiremmo totalitario lo stato proposto da Platone.
Per oltre duemila anni gli uomini hanno discusso, e criticato, la sua singolare dottrina delle idee. Il primo fu
un suo allievo: il suo nome era Aristotele, il terzo grande filosofo di Atene.
A sofia parve addirittura di essere stata pressoché cieca fino a quel momento: aveva sempre visto le ombre,
ma non le idee.
Le sembrava molto bello il pensiero che il mondo animato non fosse altro che una copia imperfetta delle
forme eterne del mondo delle idee.
La casetta del Maggiore
La ragazza nello specchio strizzò entrambi gli occhi…
Aristotele
Un uomo meticoloso e metodico che voleva mettere ordine nei concetti degli uomini…
Filosofo e Scienziato
Aristotele (384 – 322 a.C.) fece parte dell’Accademia di Platone per venti anni.
Non era Ateniese, veniva dalla Macedonia e giunse all’Accademia quando Platone aveva più o meno
sessanta anni. Suo padre Nicomaco era un medico, quindi uno studioso di scienze naturali. Era molto
interessato alla natura, fu l’ultimo grande filosofo greco, ma anche il primo grande biologo europeo.
Platone si servì esclusivamente della ragione mentre Aristotele usò anche i sensi.
Mentre Platone era una sorta di poeta e di creatore di miti, Aristotele scriveva in modo secco e preciso. Si
menzionano circa duecento scritti di Aristotele. Ne sono conservati quarantasette. Si trattava di appunti per
le lezioni.
Nessuna idea innata
Per Platone prima c’era l’idea “cavallo”, poi c’erano tutti i cavalli del mondo sensibile, che galoppavano
come ombre sulla parete della caverna. Analogamente, l’idea “gallina” era arrivata prima della gallina e
dell’uovo.
Secondo Aristotele, l’idea “cavallo” è solo un concetto che noi esseri umani abbiamo creato dopo aver visto
un certo numero di cavalli. L’idea o la forma “cavallo” in sé non esiste. In questo modo la gallina e la
“forma” gallina sono inseparabili come l’anima dal corpo.
Aristotele sostenne che non è possibile alcuna conoscenza se prima tutto non è passato attraverso i sensi.
Platone invece sosteneva che non esiste niente in natura che non sia prima esistito nel mondo delle idee.
Tuttavia noi possediamo anche una ragione innata: abbiamo cioè la capacità innata di ordinare tutte le
impressioni derivate dai sensi in diversi gruppi e classi. Così nascono i concetti di pietra, pianta, animale e
uomo, nonché quelli di cavallo, aragosta e canarino.
Aristotele non rifiutava l’idea che l’uomo avesse una ragione innata. Al contrario, la ragione rappresenta
per lui la caratteristica peculiare dell’essere umano. Ma la nostra ragione è completamente vuota se non
percepiamo qualcosa con i nostri sensi. Un uomo dunque non possiede alcuna idea innata.
Le forme sono le qualità delle cose
La materia è ciò di cui è fatta una cosa, mentre la forma rappresenta le qualità specifiche della cosa.
Secondo Aristotele, ogni mutamento in natura è una trasformazione della materia dalla “possibilità” alla
“realtà”.
C’era una volta uno scultore che stava lavorando a un enorme blocco di granito, una pietra informe. Un
giorno ricevette la visita di un bambino che le chiese allo scultore: “che stai cercando?. “Aspetta e vedrai”
fu la risposta. Alcuni giorni dopo il bambino vide nel granito un magnifico cavallo. Il bambino rimasse a
bocca aperta a fissare il cavallo, poi si girò verso lo scultore e chiese: “Come facevi a sapere che era lì
dentro?”
Secondo Aristotele, tutte le cose in natura hanno presente in sé la possibilità di realizzare o portare a
termine una forma precisa.
Un uovo di gallina ha presente in sé la possibilità di diventare una gallina. Questo non significa che tutte le
uova di gallina diventeranno galline. D’altra parte, è ovvio che un uovo di gallina non potrà mai diventare
un’oca. La forma di una cosa ci indica quindi sia le sue possibilità sia le sue limitazioni.
La causa finale
Secondo Aristotele ci sono in natura diversi tipi di cause: quattro. Per Aristotele esiste un a”causa finale”
anche per i processi naturali inanimati.
Perché piove?
La “causa materiale”: il vapore acqueo (le nuvole) era presente nel momento in cui la temperatura dell’aria
si è abbassata.
La “causa efficiente”: il vapore acqueo si è raffreddato.
La “causa formale”: è data dalla forma (o natura) dell’acqua che è quella di rovesciarsi al suolo.
La “causa finale”: piove affinché le piante e gli animali possano crescere. Aristotele ha assegnato alle gocce
d’acqua un compito vitale o uno scopo.
Secondo Aristotele esiste un’intenzionalità in tutta la natura.
Oggi la scienza non la pensa più così.
La logica
Qualcosa identico in tutti i cavalli è la “forma” del cavallo. Tutto ciò che è diverso o individuale appartiene
invece alla “materia” del cavallo.
Indico alcune idee ferree per stabilire quali conclusioni p quali prove sono logicamente valide.
Prima affermo: “tutti gli esseri viventi sono mortali” e poi dico “Ermes è un essere vivente”, conclusione che
“Ermes è mortale”.
Anche se bisogna riconoscere ad Aristotele che questa conclusione è inconfutabile, dobbiamo tuttavia
ammettere che non ci dice niente di nuovo.
La scala a pioli della natura
Quando Aristotele decise di mettere ordine nell’esistenza sottolineò in primo luogo che gli oggetti in natura
vanno divisi in due gruppi principali: le cose inanimate (pietre, gocce d’acqua) che possono mutare soltanto
per mezzo di una azione esterna e le cose vive o animate che hanno invece la possibilità di trasformarsi.
Queste cose animate scinde in due sottogruppi principali: vegetali e gli esseri viventi.
Queste esseri viventi vanno divisi in due sottogruppi: gli animali e gli uomini.
Tutte le cose animate (piante, animali, esseri umani) hanno la capacità di nutrirsi, di crescere e di riprodursi.
Tutti gli esseri viventi (animali ed esseri umani) hanno anche la capacità di percepire il mondo circostante e
di muoversi nella natura. Tutti gli esseri umani hanno inoltre la capacità di pensare.
Aristotele afferma che deve esistere un Dio che ha messo in moto tutti i movimenti in natura e lo chiamò il
“primo motore” o “Dio”.
L’etica
Secondo Aristotele la “forma” dell’uomo è di possedere un’Anima vegetativa”, un’anima sensitiva e
un’anima intellettiva o razionale. L’essere umano è felice solo quando si serve di tutte le sue capacità e di
tutte le sue possibilità.
Ci sono tre forme di vita: la prima ha come fine il piacere del corpo: è la vita edonistica. La seconda ha come
fine l’onore: è la vita politica. La terza ha come fine la conoscenza della verità: è la vita teoretica (o
contemplativa).
Solo usando equilibrio e moderazione divento un uomo felice e “armonico”.
L’opinione sulla donna
Aristotele commette un errore madornale nel valutare il rapporto che esiste tra i due sessi.
Hai mai pensato il motivo per cui viviamo? Chiede Sofia alla mamma: Gli esseri umani vivono su questo
pianeta per andare in giro e dare un nome alle cose che li circondano.
L’Ellenismo
Una “scintilla del falò…
Sofia e Hilde avevano due cose in comune. Glia anni il 15 giugno, nate nello stesso giorno e tutt’e due un
padre che girava il mondo.
La concezione della vita e la tolleranza:
1) Elenco di quello che gli uomini sono in grado di sapere con certezza e un elenco su ciò a cui
possiamo soltanto credere:
In grado di sapere: ci sono crateri anche sulla parte nascosta della luna; sia Socrate sia Gesù furono
condannati a morte; gli esseri umani prima o poi moriranno.
Soltanto credere: possono esserci o no altre forme di vita sugli altri pianeti; ci può essere o non essere
una vita dopo la morte; Gesù poteva essere il figlio di Dio oppure soltanto un uomo molto saggio.
2) Indica alcuni fattori determinanti per un uomo che debba decidere la propria concezione di vita:
L’educazione e l’ambiente sono fattori molto importanti.
3) Cosa intendi con coscienza? Credi che sia uguale per tutti gli uomini?
La capacità dell’uomo di reagire a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato. Comunque avere una
coscienza non significa usarla.
4) Cosa si intende per “priorità di valori”?
La filosofia è una materia più importante della grammatica inglese.
L’ellenismo
Alessandro Magno era re della Macedonia. Sconfisse i persiani e creò un impero vastissimo che
comprendeva la Grecia, l’Egitto, la Persia e si estendeva fino all’India.
Questo periodo, che durò circa trecento anni, viene chiamato ellenismo.
Nel 146 a.C., con la distruzione di Corinto, Roma conquista la Grecia.
Religione, filosofia e scienza
Mano a mano che i confini e le linee di demarcazione venivano cancellati, molti furono colti da un senso di
insicurezza e di perplessità sul modo di affrontare la vita. La tarda antichità fu caratterizzata da dubbi
religiosi.
Alessandria svolse un ruolo chiave come punto d’incontro tra Oriente e Occidente. Mentre Atene conservò
il suo ruolo di capitale della filosofia – le scuole filosofiche fondate da Platone e da Aristotele continuarono
infatti la loro attività – Alessandria divenne il centro della scienza: divenne il cuore degli studi di
matematica, astronomia, biologia e medicina.
La cultura ellenistica ha alcuni tratti in comune con quella a noi contemporanea: nella società del xx secolo i
confini ideologici e culturali non sonno ben definiti.
Il progetto filosofico più rilevante fu proprio questo: ci si chiedeva in che cosa consistesse la vera felicità e
in quale modo fosse possibile raggiungerla. Quattro correnti filosofiche si occuparono di tali questioni: i
cinici, gli stoici, gli epicurei e il neoplatonismo.
I Cinici
Più di una volta Socrate, osservando la grande quantità di merci in vendita su una bancarella,
commentasse: “di quante cose non sento il bisogno!”
Affermazione usata come motto della filosofia cinica, che vene fondata ad Atene da Antistene, intorno al
400 a.C. allievo di Socrate.
Il cinico più famoso è Diogene. Secondo i cinici, un essere umano non si deve preoccupare della propria
salute, della sofferenza e della morte e, analogamente, non deve interessarsi del dolore altrui.
Gli Stoici
Filosofia stoica: fondatore Zenone di Cizio, verso il 300 a.C.. Fondò la sua scuola.
Esiste solo una natura, dicevano. Una tale concezione viene chiamata “monismo” (a differenza per esempio
del chiaro “dualismo” di Platone)
Gli stoici erano cosmopoliti. Marco Aurelio (121 – 180 d.C.)
Cicerone (106-43 a.C.), al quale si deve il concetto di “umanesimo”, cioè un atteggiamento nei confronti
della vita che pone al centro di essa il singolo individuo.
Seneca (4a.C. – 65 d.C.) disse alcuni anni dopo che l’uomo è per l’uomo qualcosa di sacro, affermazione che
diverrà il motto di tutto l’umanesimo.
Gli stoici sottolinearono anche che tutti i processi naturali, comprese la malattia e la morte, seguono le
leggi immutabili della natura, e quindi l’uomo deve assecondare il proprio destino. A loro parere, niente
avviene per caso, perché tutto accade secondo necessità: se il destino bussa alla porta, non serve a nulla
lamentarsi; analogamente anche le circostanze liete vanno vissute con la massima tranquillità. Tale
posizione è simile a quella dei cinici, i quali sostenevano la necessità di rimanere distaccati e indifferenti in
ogni circostanza.
Gli epicurei
Tra gli allievi di Socrate, però, ce ne fu uno, di nome Aristippo, secondo il quale lo scopo della vita doveva
essere il raggiungimento del massimo piacere dei sensi. Aristippo identificava quindi il bene con il piacere e,
di conseguenza, il male con il dolore. Il fine per i cinici e gli stoici era quello di sopportare il dolore, cosa ben
diversa dal cercare di evitarlo intenzionalmente.
Epicureo (341-270 a.C.) fondò una scuola filosofica ad Atene e, sviluppando ulteriormente l’etica del
piacere di Aristippo, la integrò con la teoria degli atomi di Democrito. Tale scuola, situata in un giardino, era
aperta a tutti. Da allora, i seguaci di Epicureo (gli epicurei) vennero chiamati “quelli del giardino”.
A differenza degli animali, l’uomo ha la possibilità di pianificare la propria vita. Possiede la capacità di
effettuare un “calcolo sul piacere”.
Per Epicureo, il piacere non corrisponde necessariamente al godimento fisico, ma anche a valori come
l’amicizia o l’appezzamento e la serenità d’animo rappresentano condizioni indispensabili per godere della
vita: i desideri e le passioni infatti non vano assecondati, ma dominati.
Epicureo: “non è niente per noi, dal momento che, quando noi ci siamo, la morte non c’è, e quando essa
arriva, noi non ci siamo più”.
Riassunse la sua filosofia attraverso il “quadruplice rimedio”: sono vani i timori degli dei e dell’aldilà; è
assurda la paura della morte, la quale non è nulla; il piacere, quando lo si intende correttamente, è a
disposizione di tutti; il male è di breve durata, oppure è facilmente sopportabile.
Il neoplatonismo
Il suo esponente più significativo fu Plotino, nato in Egitto nel 202 d.C.. Studiò filosofia ad Alessandria.
Plotinio si trasferì a Roma, portandovi una dottrina di salvezza che entrò in concorrenza con quella
cristiana, la quale cominciava allora ad acquistare una certa importanza.
Il punto fondamentale in Plotinio è che il buio in realtà non esiste ma è soltanto un’assenza di luce. L’unica
cosa esistente è Dio, che però, al pari di una fonte luminosa, gradatamente si perde nel buio.
I mistici
Si parla di esperienza mistica quando si ha il senso di un’unità con Dio o con l’anima del mondo.
Il mistico cristiano Angelus Silesius (1624-1677) affermò: “oceano diventa ogni goccia quando raggiunge
l’oceano e così l’anima diventa Dio quando raggiunge Dio”.
Nella mistica occidentale, cioè nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islamismo, il mistico afferma di avere
incontrato la Persona di Dio. Nella mistica orientale, cioè nell’induismo, nel buddismo e nel taoismo, il
mistico afferma di aver vissuto una fusione totale con Dio.
Le Cartoline
Mi autoimpongo una rigida censura…
Due aree culturali
Soltanto in questo modo eviterai di fluttuare nel vuoto…
Nel periodo che stiamo prendendo in esame, nacque al di fuori dell’ambito greco-romano un altro
salvatore: mi riferisco a Gesù di Nazaret.
Gesù era ebreo e gli ebrei appartengono all’area culturale semitica, mentre i greci e i romani appartengono
a quella indoeuropea. Possiamo quindi affermare che la civiltà europea ha due radici.
Gli indoeuropei
Tutte le lingue del vecchio continente sono indoeuropee, a eccezione di quelle ugro-finniche (Iappone,
finlandese, estone e ungherese) e del basco.
Caratteristica peculiare di tali culture era il politeismo. Anche i singoli miti mostrano la stretta affinità
esistente in tutta l’area indoeuropea.
Anche nel modo di pensare esistono chiare somiglianze fra le culture indoeuropee. La concezione del
mondo è spesso caratterizzata dalla lotta eterna tra le forze del bene e quelle del male. Per questo motivo,
gli indoeuropei hanno sempre cercato di capire quale sarebbe stato il destino dell’universo.
Gli indoeuropei avevano una visione ciclica della storia.
In molte culture indoeuropee, inoltre, ha svolto un ruolo importante la reincarnazione.
I Semiti
I semiti sono originari della penisola araba, ma l loro cultura si è diffusa in molte aree del mondo.
Fin dall’inizio, essi furono monoteisti, credessero cioè in un unico Dio. Alla base dell’ebraismo, del
cristianesimo e dell’islam c’è dunque la fede nell’esistenza di un solo Dio. Un’altra caratteristica dei semiti è
la loro visione lineare della storia.
Abbiamo detto che il senso più importante per gli indoeuropei era la vista. Nell’area semitica fu invece
l’udito. Non è un caso che l’atto di fede ebraico cominci con le parole “Ascolta, Israel”. Anche il
cristianesimo si dà grande importanza all’ascolto della parola di Dio.
Israele
Nel mille a.C., quindi molto tempo prima che nascesse la filosofia greca, leggiamo che ci furono i tre più
grandi re d’Israele. Il primo fu Saul, a cui seguirono David e quindi Salomone.
Il regno venne diviso in due parti, il regno del Nord (Israele) e il regno del Sud (Galilea). Nell’anno 772, il
regno del Nord venne occupato dagli assiri. Il regno del Sud fu conquistato dai babilonesi nel 586. Il tempio
fu distrutto e la maggior parte degli ebrei fu portata in Babilonia. Al 539 gli ebrei poterono ritornare a
Gerusalemme, dove ricostruirono il Tempio. Da allora fino all’inizio della nostra era, gli ebrei furono sempre
sottomessi a domini stranieri.
Il popolo di Israel visse felice sotto il re David. Ma quando la situazione per gli ebrei peggiorò, i profeti
annunciarono che un giorno sarebbe arrivato un nuovo re della stirpe di David. Questo “Messia” o “figlio di
Dio” avrebbe liberato il suo popolo, ripristinando la potenza di Israele e costituito il regno di Dio.
Gesù
Questo salvatore veniva visto come un liberatore nazionale che avrebbe posto fine alle sofferenze degli
ebrei sotto il dominio romano.
Poi arrivò Gesù. Non era l’unico a presentarsi come il Messia promesso. Affermò anche che era giunta l’ora
e che il regno di Dio era vicino.
Predicava la salvezza e il perdono di Dio per tutti gli uomini.
La gente aspettava un condottiero che avrebbe proclamato il regno di Dio, invece arrivò Gesù vestito di una
semplice tunica e con i sandali ai piedi, e affermò che il regno di Dio o “nuovo patto” consisteva nell’amare
il prossimo tuo come te stesso.
Paolo
La chiesa cristiana inizia il mattino di Pasqua con l’annuncio che Gesù è risorto. La chiesa crede nella
resurrezione del corpo e nella vita eterna, ed è grazie a Dio che noi siamo salvati dalla morte e dalla
perdizione: la salvezza non è merito nostro, e non dipende da qualità naturali e innate.
I primi cristiani cominciarono a predicare la “buona novella” della salvezza attraverso la fede in Gesù Cristo
(Cristo è la traduzione greca della parola ebraica “Messia”, che come abbiamo già visto, significa “unto”)
La novità di ciò che predica Paolo non è più un Dio filosofico che gli uomini possono raggiungere con la
ragione. Dio non abita in templi fabbricati dagli uomini.
Paolo continuò la sua attività missionaria. Già pochi decenni dopo la morte di Gesù esistevano comunità
cristiane in tutte le città greche e romane più importanti: Atene, Roma, Alessandria, Efeso, Corinto e nel
giro di tre-quattrocento anni tutto il mondo ellenistico divenne cristiano.
La professione di fede
Quando il cristianesimo penetra nel mondo greco-romano, avviene uno scontro drammatico tra due aree
culturali che implica tra l’altro uno dei più grandi mutamenti culturali della storia.
Davanti a noi abbiamo il Medioevo Cristiano. Anche questo durò all’incirca mille anni.
Il Medioevo
Fare solo un pezzo di strada non significa sbagliarla del tutto…
Il 529 fu chiusa l’Accademia di Platone ad Atene. Il 529 fu l’anno in cui la chiesa cristiana pose un freno alla
filosofia greca.
Mezzanotte era l’anno zero. Medioevo si intende in realtà il periodo di tempo che intercoese tra due altre
epoche. Questo termine venne coniato nel Rinascimento che considerò il medioevo una “notte lunghissima
durata mille anni” scesa sull’Europa tra l’antichità e il Rinascimento. Fu proprio nel Medioevo che il sistema
scolastico prese forma.
La potenza politica di Roma si dissolse sul fine del 300 d.C., ma il vescovo di Roma divenne ben presto
l’autorità suprema di tutta la chiesa cattolica. Fu chiamato “papa”. Così Roma assunse la funzione di
“capitale della chiesa”.
Nell’Europa occidentale si diffuse una cultura cristiana di lingua latina, con Roma come capitale; nell’Europa
orientale una cultura cristiana di lingua greca: la capitale era Costantinopoli, che in seguito prese il nome
greco di Bisanzio. Ma anche l’Africa Settentrionale e il Medio Oriente avevano fatto parte dell’Impero
romano. In quest’area si sviluppò nel Medioevo una cultura musulmana in lingua araba. Dopo la morte di
Maometto, avvenuta nel 632, sia il Medio Oriente sia l’Africa settentrionale si convertirono all’islamismo.
Agostino visse tra il 354 e il 430, nacque a Taste, nell’Africa settentrionale. In seguito si recò a Roma e
Milano. Agostino conobbe molte religioni e correnti filosofiche prima di convertirsi al cristianesimo. Per un
certo periodo fu manicheo. Per un certo periodo venne influenzato dalla filosofia stoica. Agostino subì
soprattutto l’influsso dell’altra importante corrente filosofica della tarda antichità: il neoplatonismo.
Il cristianesimo di Agostino è profondamente influenzato dal modo di pensare platonico.
Noi siamo argilla nella mani di Dio, dipendiamo totalmente dalla Sua grazia.
Ma Agostino non toglie all’uomo la responsabilità nei confronti della propria vita: possediamo il libero
arbitrio, quindi possiamo scegliere come vivere. Però Dio ha “visto in anticipo come vivremo”.
“Con la teologia di Agostino ci siamo molto allontanati dall’umanesimo di Atene.
Il più importante filosofo medioevale fu Tommaso d’Aquino, che visse dal 1225 al 1274. Possiamo dire che
cristianizzò Aristotele come Agostino, all’inizio del Medioevo cristianizzò Platone.
Creò la grande sintesi tra fede e sapere.
Secondo Tommaso ci sono due strade per arrivare a Dio: la prima attraverso la rivelazione e la fede, la
seconda attraverso la ragione e l’osservazione basata sui sensi.
Aristotele fece soltanto un pezzo di strada perché non conosceva la rivelazione cristiana. Ma fare solo un
pezzo di strada non significa sbagliarla del tutto.
Anche la filosofia di Aristotele partiva dal presupposto che esiste un Dio, o primo motore, che mette in
moto tutti i processi naturali, ma non fornisce una precisa descrizione di Dio. Su questo punto dobbiamo
attenerci esclusivamente alla Bibbia e alla predicazione di Gesù
Anche con la ragione possiamo comprendere che tutto ciò che ci circonda deve avere “una causa prima”,
diceva Tommaso. Ci sono due strade anche nella vita morale.
La cosa migliore è vedere e sentire, ma non esiste contraddizione tra quello che vediamo e quello che
sentiamo, anzi le due impressioni si completano a vicenda.
Ci basta guardare la natura per comprendere che esiste Dio. Possiamo vedere che Dio ama i fiori e gli
animali, altrimenti non li avrebbe creati.
Non sappiamo con certezza se esista una qualche “Hilde”. Finora sappiamo soltanto che esiste una persona
che ci manda tutte le cartoline.
Secondo Aristotele esiste una scala a pioli della vita che va dalle piante e dagli animali fino agli uomini.
Secondo Tommaso, esiste una scala scendente dell’esistenza che va dalle piante e dagli animali agli uomini,
dagli uomini agli angeli e dagli angeli a Dio. Gli angeli non hanno né corpo né organi sensoriali e per questo
possiedono anche un’intelligenza immediata e diretta. Non hanno cioè bisogno di “pensarci su” come gli
uomini, non devono decidere tra una cosa e l’altra. Inoltre gli angeli non moriranno mai perché non hanno
corpo. Non sono eterni – perché anche loro furono creati da Dio -, tuttavia non hanno un corpo da cui
possono separarsi e per questo non moriranno mai.
Dio può vedere e sapere tutto in un’unica visione globale.
Per Dio il tempo non esiste come per noi.
Il padre di Hilde ha scritto: se passa una settimana o due per Sofia, non significa che passi altrettanto tempo
per loro.
Durante il Medioevo la chiesa fu dominata quasi esclusivamente dagli uomini. Questo non significa però
che non ci fossero anche pensatrici donne. Una di loro fu Hildegard di Bingen, era una monaca che visse
nella valle del Reno dal 1098 al 1179.
Secondo un’antica concezione cristiana ed ebraica Dio non era soltanto uomo, dato che anche le donne
sono state create a Sua immagine. Dio aveva anche un lato femminile che in greco veniva chiamato Sophia
e che significa Sapienza.
Hildegard narrò di aver avuto una visione di Sophia.
Tommaso d’Aquino aveva un famoso insegnante di filosofia. Il suo nome era Alberto Magno.
Il Rinascimento
O stirpe divina in vesti umane…
Una generazione invecchia mentre un’altra sboccia, nel frattempo la storia segue il suo corso. La storia
dell’Europa può essere paragonata alla vita umana. L’antichità è l’infanzia dell’Europa, il lungo Medioevo gli
anni di scuola. Poi arriva il Rinascimento, quando gli anni di scuola sono finiti e la giovane Europa è
impaziente di buttarsi nell’esistenza. Possiamo forse dire che il Rinascimento rappresenti il quindicesimo
compleanno dell’Europa.
Ma la vita è triste e solenne. Ci fanno entrare in un mondo meraviglioso, ci incontriamo, ci salutiamo e
percorriamo la stessa strada per un pezzo, poi scompariamo nel medesimo modo assurdo e improvviso in
cui siamo arrivati.
Pochi anni dopo la morte di Tommaso d’Aquino, la filosofia e la scienza si staccarono sempre più della
teologia della chiesa.
La maggior libertà di rapporti tra religione e scienza aprì la strada a un nuovo metodo scientifico e a un
nuovo fervore religioso che determinarono, nel quattrocento e nel Cinquecento la nascita di due importanti
movimenti: il Rinascimento e la Riforma.
Rinascimento ci riferiamo a un periodo storico da una grandiosa fioritura culturale che ebbe inizio a partire
del XIV secolo. Ebbe origine in Italia, ma si diffuse rapidamente in quasi tutta Europa fra il XV e il XVI secolo.
Ciò che rinacque furono la cultura e le arti antiche. Parliamo di Umanesimo rinascimentale perché l’uomo
tornò a essere il punto di partenza e il centro di tutto, dopo che nel Medioevo ogni aspetto della vita era
stato interpretato alla luce di Dio.
Fondamentale fu il passaggio da un economia domestica a un’economia monetaria.
La filosofia greca si era staccata dall’immagine mitologica del mondo legata alla cultura contadina.
Analogamente, i borghesi del Rinascimento cominciarono a liberarsi dei feudatari e del potere della chiesa.
Perciò parliamo di rinascita dell’umanesimo antico. Tuttavia il Rinascimento fu caratterizzato da un
profondo individualismo. L’essere umano osò nuovamente essere se stesso: non aveva più nulla di cui
vergognarsi.
L’obiettivo politico-culturale degli umanisti rinascimentali fu far rinascere Roma. I papi intrapresero allora la
ricostruzione e l’ampliamento dell’antica basilica di San Pietro.
La natura venne considerata come qualcosa di positivo e, secondo molti pensatori, Dio era presente nel
creato perché, essendo Egli infinito, doveva trovarsi ovunque. Questa concezione viene chiamata
panteismo.
Giordano Bruno affermò non soltanto che Dio era presente in natura ma anche che il cosmo è infinito. Fu
condannato come eretico.
Fu il periodo dei processi alle streghe, dei roghi degli eretici, della magia e della superstizione, della brutale
conquista dell’America.
La nascita di un nuovo metodo scientifico, cioè di un nuovo atteggiamento nei confronti della scienza, si
basava anzitutto su un’indagine della natura compiuta ricorrendo ai propri sensi. Nel Rinascimento si
affermò l’importanza dell’osservazione diretta, dell’esperienza e della sperimentazione in ogni indagine
sulla natura: questo metodo viene chiamato empirico.
Sapere è potere, disse il filosofo inglese Francesco Bacone.
Per tutto il Medioevo la concezione del mondo viene chiamata geocentrica. Nel 1543, secondo Copernico,
non è il sole a ruotare intorno alla Terra, bensì in contrario. Questa visione del mondo viene chiamata
eliocentrica: tutto ruota intorno al sole.
Che la Terra ruoti intorno al sole – è giusto, ma Copernico affermò anche che il sole è il centro dell’universo.
Oggi sappiamo che il sole è solo una delle innumerevoli stelle esistenti nel cosmo, e che tutte le stelle che ci
circondano formano soltanto una dei miliardi di galassie esistenti.
L’astronomo tedesco Keplero poté dimostrare che i pianeti si muovono secondo una traiettoria ellittica.
Galileo usava il cannocchiale, studiò i crateri lunari, scoprì che Giove aveva quattro lune. Galileo fu il primo
a formulare il cosiddetto “principio d’inerzia”: un corpo rimane nel suo stato di quiete finché non
intervengono forze esterne sufficienti a modificare tale stato.
“Principio di relatività galileana”: in quel sistema chiuso che è la Terra, l’aria circostante si muove insieme a
essa e i corpi cadono comportandosi come se la Terra fosse immobile.
Isaac Newton visse tra il 1642 e il 1727. Formulò quella che chiamiamo la “legge della gravitazione
universale”: un oggetto ne attrae un altro con unna forza che aumenta in rapporto alla massa degli oggetti
e diminuisce in relazione all’aumentare della distanza fra gli oggetti. Newton affermò che quest’attrazione
è universale, cioè vale ovunque, anche nello spazio fra i corpi celesti.
L’uomo riceve la salvezza completamente “gratis”, soltanto attraverso la fede.
Il Barocco
Della stessa materia di cui sono intessuti i sogni…
Periodo barocco: seicento. “barocco” significa “perla irregolare”. Tipiche dell’arte barocca furono le forme
esuberanti e ricche di contrasti, a differenza di quelle più lineari e più armoniche del rinascimento.
Una delle espressioni più ricorrenti nel periodo barocco fu quella latina carpe diem cioè “afferra il giorno
presente”. Un’altra latina fu memento mori “ricordati che devi morire”.
L’europa fu dilaniata, “guerra dei trenta anni” dal 1618 al 1648: si trattò di una lotta tra protestanti e
cattolici.
Enormi differenze di condizione sociale. Gli edifici barocchi erano contorti e complicati da volute, stucchi e
decorazioni, mentre la vita politica era complicata da assassini a tradimento, intrighi e congiure.
Nell’epoca barocca il teatro era molto più di una forma artistica: era il massimo simbolo del tempo.
Della vita: “la vita è un teatro”. Il teatro moderno si sviluppò proprio in questo periodo. Il teatro divenne
l’immagine della vita umana nella sua generalità.
Shakespeare scrisse intorno all’anno 1600 “Tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne sonno
soltanto attori che hanno le loro uscite e le loro entrate, e ognuno, nel tempo che gli è dato, recita molte
parti…” In Shakespeare ricorre spesso il tema della brevità della vita. La sua frase più famosa: Essere o non
essere, questo è il problema.
Come disse Amleto. Un giorno vaghiamo sulla Terra, il giorno dopo non ci siamo più.
Quando la vita non veniva paragonata a un teatro, i poeti del Barocco la paragonavano a un sogno. Lo
stesso Shakespeare disse per esempio che siamo fatti della stessa materia di cui sono intessuti i sogni e che
la nostra breve vita è circondata dal sonno.
Il drammaturgo Pedro Calderon de la Barca, che nacque a Madrid nell’anno 1600, scrisse una commedia
intitolata La vita è sogno dove dice: Cos’è la vita? Un’illusione, un’ombra, una finzione, e anche il bene più
grande ha poco valore, perché la vita è un sogno”
Il paragone della vita con il sogno è però ancora più antico e lo ritroviamo in India e in Cina.
Caratteristica tipicamente Barocca: nello stesso testo vengono descritti il mondo terreno e quello
trascendente.
Per alcuni filosofi l’esistenza è fondamentalmente di natura spirituale. Una concezione di questo tipo viene
chiamata idealismo, mentre quella opposta è detta materialismo, un termine che indica una filosofia decisa
a riportare tutti i fenomeni dell’esistenza a concrete grandezze fisiche. Anche il materialismo ebbe molti
sostenitori nel Seicento. Thomas Hobbes, a suo parere, tutti i fenomeni, anche gli uomini e gli animali, sono
formati esclusivamente di particelle di materia. Persino la coscienza umana, o anima, è dovuta ai
movimenti di piccolissime particelle nel cervello. Né Hobbes né Newton vedevano alcuna contraddizione
fra la concezione meccanicista del mondo e la fede in Dio. Nel 1748, il medico e filosofo francese La
Mettrie, sostenendo che, come le gambe sono dotate di muscoli per camminare, così il cervello possiede
“muscoli” per pensare. Il matematico francese Laplace espresse: se l’intelligenza conoscesse la posizione di
tutte le particelle di materia in un dato momento, niente sarebbe insicuro, e il futuro come il passato
sarebbero lì davanti ai suoi occhi. In altre parole, tutto quello che succede è stabilito in anticipo e tutto ciò
che avverrà è già implicito nelle stesse carte. Questo modo di pensare viene chiamato determinismo.
Tutto è il risultato di processi meccanici compresi i nostri pensieri e i nostri sogni. Nell’Ottocento, un
materialista tedesco disse che i processi mentali stanno al cervello come l’urina sta ai reni e la bile sta al
fegato.
Ma sia l’urine sia la bile sono qualcosa di concreto, mentre i pensieri non lo sono.
Una storia: C’erano una volta un astronauta russo e uno specialista del cervello che cominciarono a
discutere di religione. Lo specialista era cristiano, l’astronauta. Sono stato molte volte nello spazio, si
vantava l’astronauta, ma non ho mai visto né Dio né gli angeli. E io ho operato molti cervelli intelligenti,
rispose lo specialista, ma non ho mai visto un pensiero.
Vuole dire che i pensieri sono qualcosa di diverso dalle cose che possono essere amputate o divise in parti
più piccole. Del Seicento, Leibniz, affermò che la grande differenza tra ciò che è costituito di materia e ciò
che è costituito di spirito sta proprio nel fatto che ciò che è costituito di materia può essere diviso in parti
sempre più piccole. L’anima, invece, non si può dividere in pezzi.
Cartesio
Voleva rimuovere tutti i vecchi materiali dal terreno edificabile…
René Descartes (il cui cognome venne latinizzato in Cartesio) nacque a La Haye, in Francia, nel 1596 e
viaggiò molto per l’Europa. Dopo essersi dedicato agli studi di filosofia, divenne sempre più consapevole
della propria ignoranza. Come Socrate. Era convinto che possiamo raggiungere un sapere sicuro soltanto
per mezzo della ragione. Non possiamo mai basarci su quello che ci dicono i vecchi libri e tantomeno fare
affidamento sui nostri sensi.
Anche Platone diceva che soltanto la ragione ci permette di ottenere una conoscenza certa.
Un filo conduttore unisce Socrate e Platone a Cartesio, passando per Agostino: erano tutti convinti
razionalisti.
Il primo grande costruttore moderno di sistemi fu Cartesio, cui seguirono Spinosa, Leibniz, Locke, Berkeley,
Hume e Kant.
Nell’antichità, i grandi costruttori di sistemi furono Platone e Aristotele; nel Medioevo, Tommaso d’Aquino
gettò un ponte tra la filosofia di Aristotele e la teologia cristiana. Il Rinascimento fu invece contraddistinto
da una confusione di pensieri vecchi e nuovi sulla natura e sulla scienza, su Dio e sull’uomo. Soltanto nel
Seicento la filosofia cercò di elaborare il nuovo modo di pensare in un chiaro sistema filosofico.
Fondamentale per Cartesio era la domanda sulla certezza della nostra conoscenza. L’altra grande domanda
riguardava il rapporto tra l’anima e il corpo.
Intendeva dimostrare le verità filosofiche esattamente come si dimostra un teorema matematico, cioè la
ragione, mentre i sensi non sono affidabili. In ciò Cartesio concorda con Platone. Il suo obiettivo era
raggiungere un sapere sicuro sulla natura dell’esistenza e per questo affermò che, come presupposto
fondamentale, bisogna dubitare di tutto: non voleva costruire il suo sistema filosofico sulla sabbia.
Tuttavia, se dubita, allora è certo che sta pensando; e, se pensa, è dunque certo che lui è un essere
pensante. O, come si espresse egli stesso: Cogito, ergo sum. Penso, dunque sono.
Che esista Dio è per Cartesio altrettanto evidente come il fatto che, se uno pensa, deve essere un io
pensante.
Se non esistesse un essere di questo genere, allora non avremmo neanche alcuna idea di un essere perfetto
perché noi siamo imperfetti, quindi l’idea di qualcosa di perfetto non può venire da noi. L’idea di Dio è, per
Cartesio, innata, è impressa in noi dalla nascita come l’artista imprime la sua firma nella sua opera.
Finora è arrivato alla conclusione di essere un io pensante e che esiste un essere perfetto.
Partendo da queste due certezze, Cartesio prosegue la sua ricerca filosofica.
Res cogitans e Res extensa: la creazione di Dio è divisa in due parti.
Cartesio è dualista, compie cioè una rigida bipartizione tra l realtà spirituale e la realtà estesa. Per esempio
soltanto l’uomo ha un’anima; gli animali invece appartengono alla realtà estesa, e la loro vita e il loro
movimento avvengono meccanicamente.
Spinoza
Dio non è un burattinaio…
Baruch Spinoza, filosofo che visse tra il 1632 e il 1677, rifiutò l’idea che la Bibbia fosse stata completata
ispirata da Dio.
Uno dei capisaldi della filosofia di Spinosa è proprio interpretare le cose dal punto di vista dell’eternità.
Ricorda a te stessa che vivi soltanto una parte infinitesimale della vita della natura, ma che proprio per
questo appartieni a un tutto enormemente più grande.
Penso anche all’infinità del tempo.
Spinoza eguagliò Dio alla natura: vedeva Dio in tutto ciò che esiste e vedeva tutto ciò che esiste in Dio.
Era un panteista.
Per Spinoza Dio non è colui che ha creato il mondo e che è al di sopra della Sua creazione. No, Dio è il
mondo.
Con etica i filosofi intendono quella parte della filosofia che studia la condotta umana.
Per Cartesio la realtà è formata da due sostanze: Res cogitans e Res extensa, cioè il pensiero e l’estensione.
Spinosa non è d’accordo su questa divisione. A suo avviso, tutto ciò che è può essere ricondotto a una sola
sostanza, che chiamò semplicemente la Sostanza, anche se altre volte usò i termini “Dio” e “Natura”.
Spinoza non ha una concezione dualistica della realtà come Cartesio, bensì monista.
E’ possibile che Dio abbia un numero infinito di proprietà oltre a quelle del pensiero e dell’estensione, ma
l’uomo conosce soltanto queste due.
Bisogna usare la mazza e lo scalpello per penetrare la lingua di Spinosa. Però alla fine vi troviamo un
pensiero della purezza di un diamante.
Dunque: tutto ciò che è in natura è o pensiero o estensione. Un fiore o una poesia rappresentano diversi
modi degli attributi pensiero ed estensione. La Sostanza, o Dio o la natura, si manifesta in modi diversi: un
fiore è un modo dell’attributo estensione, mentre una poesia su questo fiore costituisce un modo
dell’attributo pensiero. Entrambi però sono in ultimo espressione della Sostanza.
Quando ti fa male la pancia, chi sta male? Io. E quando rifletti sul fatto che una volta ti è venuto il mal di
pancia, chi pensa? Sempre io. Perché tu sei una e una sola persona che può avere mal di pancia e subito
dopo provare uno stato d’animo. Analogamente, per Spinosa, tutte le cose fisiche che esistono o
avvengono intorno a noi sono espressione di Dio e della natura. Lo stesso vale anche per i pensieri che
vengono formulati: anche questi sono pensieri di Dio, perché tutto è uno.
Puoi certo dire che tu pensi o tu ti muovi, però non puoi anche dire che è la natura a pensare i tuoi pensieri
o a muoversi. Tu sei Sofia, ma sei anche un dito del corpo di Dio.
Secondo Spinoza, Dio (o le leggi naturali) è la causa immanente (cioè interna) di tutto quello che succede.
Non è una causa esterna, perché Dio si manifesta soltanto attraverso le leggi naturali.
Dio non è un burattinaio, non governa il mondo in questo modo: lo fa attraverso le leggi naturali e quindi
Dio (o la natura) è la causa immanente di tutto quanto avviene. Ciò significa che tutto in natura avviene
secondo necessità.
Gli stoici avevano anche loro affermato che tutto avviene per necessità, per questo è importante affrontare
tutto ciò che succede con “calma stoica” e non farsi coinvolgere dalle proprie emozioni: in sintesi questa è
anche l’etica di Spinoza.
Secondo Spinoza, sono le passioni umane, come l’ambizione o il desiderio, che ci impediscono di
raggiungere la vera felicità e l’armonia. Tuttavia, se sappiamo che tutto avviene secondo necessità,
possiamo raggiungere una conoscenza intuitiva della natura come totalità e sentire in modo chiaro e
inequivocabile che tutto è connesso e collegato, che tutto è uno. La meta finale è cogliere tutto ciò che è in
un’unica, totale veduta d’insieme. Soltanto in quel momento raggiungiamo la massima felicità e serenità di
spirito. Fu questo che Spinoza chiamò sub specie aeternitas.
Vedere tutto dal punto di vista dell’eternità.
Non possiamo escludere nessuna ipotesi, ma dobbiamo anche dubitare di tutto. Perché non sappiamo se
tutta la nostra esistenza non sia altro che un sogno. Non dobbiamo agire con precipitazione, a tutto ci può
essere una spiegazione.
Locke
Simile a una lavagna prima dell’ingresso in aula dell’insegnante…
Un razionalista crede che la ragione sia la fonte della conoscenza. Secondo loro, l’uomo possiede idee
innate, presenti nella coscienza di ogni essere umano prima di qualsiasi esperienza sensoriale.
L’atteggiamento razionalista fu tipico della filosofia del Seicento, sebbene avesse avuto grande importanza
anche nel Medioevo e nell’antichità, con Platone e Socrate. Molti filosofi affermarono che la nostra
coscienza è completamente priva di contenuto se prima non abbiamo avuto esperienze sensoriali. Questo
modo di vedere viene chiamato empirismo.
Gli empiristi, o filosofi dell’esperienza, furono John Locke, David hume eGeorge Berkeley, tutti e tre inglesi.
Un empirista vuole derivare tutta la conoscenza del mondo da ciò che i sensi raccontano. La formulazione
più antica di un modo di pensare empirista risale a Aristotele, il quale disse che non c’è niente nell’intelletto
che non sia stato prima nei sensi. Questa affermazione conteneva una puntuale critica a Platone, secondo
quale, invece, l’uomo aveva in sé, innate, le idee. Locke ripete le stesse parole di Aristotele, usandole però
contro Cartesio. Non abbiamo idee innate, non sappiamo assolutamente nulla del mondo in cui viviamo
prima di averlo percepito con i sensi.
Locke visse tra il 1632 e il 1704. Anzitutto si chiede da dove gli uomini traggano i loro pensieri e le loro idee,
poi si domanda se possiamo fidarci di ciò che ci raccontano i sensi.
Locke era convinto che tutte le nostre idee non fossero altro che il riflesso di ciò che abbiamo visto e
sentito.
Idee Semplici: ogni idea semplice viene rielaborata attraverso il pensiero, la riflessione, la fede e il dubbio.
Nascono le riflessioni.
Idea Complessa: adesso si chiede se il mondo è davvero come lo percepiamo.
Locke divise le qualità sensoriali in primarie e secondarie:
Con qualità primarie si intendono l’estensione, il peso, la forma, il movimento, il numero.
Con qualità secondarie si intendono le impressioni sensoriali quali colori, l’odore, il sapore e il suono.
Le qualità primarie, come la forma e il peso, sono qualcosa su cui tutti concordano, perché si trovano nelle
cose stesse. Invece le qualità secondarie, come colore e sapore, variano da animale ad animale e da uomo a
uomo, e dipendono dall’operato sensoriale del singolo essere.
Locke fu uno dei primi filosofi dell’età moderna a occuparsi del ruolo dei sessi. Fu uno dei primi a sostenere
idee liberali e fu il primo a parlare del principio della divisione dei poteri. Del potere legislativo e del
parlamento, del potere giudiziario o dei tribunali e del potere esecutivo o del governo.
Questa tripartizione fu introdotta dal filosofo illuminista francese Montesquieu. Locke aveva insistito sulla
separazione in modo di evitare la tirannia.
Hume
Allora gettiamolo nel fuoco…
David Hume visse tra il 1711 e il 1776. E’ considerato il filosofo più importante tra gli empiristi. La sua
filosofia fece da sprone al grande filosofo Immanuel Kant.
Nacque a Edimburgo, visse al tempo dell’Illuminismo e fu contemporaneo di Voltaire e Rousseau. La sua
opera più importante fu il Trattato sulla natura umana.
Hume vuole ritornare al modo di vivere e di sentire dei bambini, quando cioè i pensieri e le riflessioni non
hanno ancora invaso la coscienza.
Hume comincia affermando che gli uomini hanno due diversi tipi di rappresentazioni: le impressioni e le
idee. Con impressione intende ogni percezione immediata della realtà esteriore; con idea, il ricordo di
questa impressione.
Se ti ustioni toccando una stufa, hai un’impressione immediata. In seguito, puoi ripensare al fatto che ti sei
scottata, e questo è ciò che Hume chiama un’idea.
Hume sostiene poi che tanto un’impressione quanto un’idea possono essere semplici o complesse.
Secondo Hume, a volte si creano false idee o rappresentazioni che non esistono nella realtà.
Sostiene che tutti i materiali di cui sono composti i nostri sogni devono essere pervenuti alla coscienza sotto
forma di impressioni semplici. Una persona che non ha visto l’oro non è in grado di immaginarsi una strada
d’oro.
Noi pensiamo a Dio come un essere infinitamente intelligente, saggio e buono. Abbiamo quindi un’idea
complessa format. Se non avessimo mai provato l’intelligenza, la saggezza e la bontà, non avremmo mai
potuto avere una simile idea di Dio. Forse nella nostra rappresentazione di Dio, è inclusa anche l’idea che
Dio sia un padre severo, ma giusto.
Hume vuole cioè eliminare tutto quel parlare privo di senso che ha dominato così a lungo il pensiero
metafisico e lo ha fatto cadere in discredito.
La mente è una specie di teatro dove le varie percezioni si mostrano, passano, ritornano, escono e si
mescolano in una varietà infinita di atteggiamenti e situazioni. Secondo Hume, non esiste una personalità
fissa dietro o sotto queste percezioni e stati d’animo che vanno e vengono. Sono come le immagini di un
film che scorre sullo schermo: poiché mutano così velocemente, non vediamo che il film è composto di
singole immagini. In realtà il film è una somma di istanti.
Buddha considerava la vita umana come una serie continua di processi mentali e fisici che mutano l’uomo
ogni istante: il neonato non è uguale all’adulto e io non sono lo stesso di ieri. Non esiste nessun io, né un
nucleo immutabile della personalità.
Hume negò la possibilità di dimostrare l’immortalità dell’anima o l’esistenza di Dio. Questo non significa che
escludesse le due cose.
Era un agnostico che afferma di non sapere se dio esiste. Accettò come vero soltanto ciò di cui aveva sicure
esperienze sensoriali: tutte le altre possibilità per lui rimanevano aperte.
Hume avrebbe detto che il bambino non è ancora diventato schiavo delle aspettative causate
dall’abitudine. Il piccolo quindi è il più libero da pregiudizi. Il bambino percepisce il mondo così com’è,
senza aggiungere niente a ciò che vive.
Quando Hume parla del potere dell’abitudine, si richiama alla legge di causalità. Questa legge afferma che
tutto ciò che avviene deve avere una causa. Le leggi di natura non sono né razionali né irrazionali: ci sono e
basta. Il mondo è così com’è, è qualcosa di cui facciamo gradualmente esperienza.
E se in tutta la mia vita ho visto soltanto corvi neri, ciò non implica che non esista uno bianco. Tanto per un
filosofo quanto per uno scienziato è importante non escludere la possibilità che esista. Possiamo dire che la
caccia al corvo bianco rappresenta il compito più importante della scienza.
Per quanto riguarda la relazione di causa-effetto, molti pensano che il lampo sia la causa del rombo del
tuono perché il tuono viene sempre dopo il lampo. In realtà il lampo e il tuono avvengono
contemporaneamente. Perché entrambi sono provocati da una scarica elettrica.
Secondo Hume, non è la ragione a stabilire le nostre parole e le nostre azioni. Sono i nostri sentimenti. Se
decidi di aiutare qualcuno, lo fai spinta dai tuoi sentimenti, non dalla tua ragione.
Berkeley
Come un globo che ruota vorticosamente intorno a un sole incandescente…
Gorge Berkeley fu un vescovo irlandese vissuto tra il 1685 e il 1753. Era convinto che un materialismo
sempre più conseguente costituisse un pericolo per la fede cristiana. Le cose del mondo sono proprio come
le percepiamo, ma non sono “cose”.
Locke aveva affermato che non siamo in grado di pronunciarci sulle qualità secondarie delle cose; non
possiamo dire che una mela è rossa e dolce: siamo noi a percepire la mela in questo modo. Ma Locke aveva
anche detto che le qualità primarie, come la forma e il peso, appartengono veramente alla realtà esterna
che ci circonda.
Per Locke, come per Cartesio e Spinosa, il mondo fisico è una realtà.
Berkeley mise in dubbio questa conclusione, e lo fece sostenendo un empirismo estremo. Disse che l’unica
cosa che esiste è ciò che percepiamo con i sensi, ma noi non percepiamo la materia o la sostanza materiale.
Berkeley credeva che ci fosse una volontà o spirito. Secondo lui, tutte le nostre idee hanno una causa
esterna alla nostra coscienza, ma tale causa non è di natura materiale, bensì spirituale.
Tutto è dovuto a questo spirito che, per dirla con le sue parole, opera ogni cosa e per opera del quale tutte
le cose esistono.
Berkeley pensa a Dio. Tutto ciò che vediamo e sentiamo è un segno o affetto della potenza di Dio, disse
Berkeley. Tutta la natura che ci circonda e l’intera nostra esistenza poggiano su Dio, l’unica causa di tutto
ciò che esiste.
Berkeley non mette in dubbio soltanto la realtà materiale, si chiede anche se lo spazio e il tempo abbiamo
un’esistenza autonoma e assoluta. Perfino la nostra esperienza del tempo e dello spazio può essere
qualcosa che si trova soltanto nella nostra coscienza. Una settimana o due per noi non sono
necessariamente una settimana o due per Dio.
Non possiamo sapere se la nostra realtà esterna sia fatta di onde sonore o di carta e penna. Secondo
Berkeley possiamo soltanto sapere che siamo fatti di spirito.
Bjerkely
Un antico specchio magico che la bisnonna aveva comprato da una zingara…
Ciò che la luce del sole è per la terra fertile è il sapere vero per gli amici di questa terra. – Grundtvig
Berkeley era dunque un filosofo che aveva negato l’esistenza del mondo materiale al di fuori della
coscienza umana.
L’illuminismo
Dal modo di fabbricare un ago a come si fonde un cannone…
Archimede era uno scienziato greco, vissuto nel periodo ellenistico: “Datemi un punto d’appoggio e
solleverò il mondo”, disse.
O vivi in un universo meraviglioso su un microscopico pianeta, o formi una serie di impulsi elettromagnetici
nella coscienza del maggiore.
Dopo Hume fu la volta del grande filosofo tedesco Immanuel Kant. Il baricentro filosofico europeo si trovò
in Inghilterra nella prima metà del Settecento, in Francia alla metà del Settecento e in Germania verso la
fine del secolo.
Vorrei soffermarmi su alcune linee di pensiero che furono a molti illuministi francesi quali Montesquieu,
Volteire, Rosseau.
Il primo punto è la rivolta contro il potere costituito. Per molti illuministi francesi era fondamentale
assumere un atteggiamento scettico verso tutte le verità tramandate: ogni individuo doveva trovare da solo
le risposte a tutte le domande e qui appare chiaro l’influsso di Cartesio.
La rivolta contro l’autorità voleva dire la rivolta contro lo strapotere della chiesa, del re e dell’aristocrazia,
istituzioni che, nel Settecento, erano molto più potenti in Francia che in Inghilterra.
E poi ci fu la rivoluzione. Nel 1789, ma le nuove idee giunsero prima. Il secondo punto è il razionalismo.
Voltaire e Rousseau erano stati in Inghilterra, e conoscevano molto bene la filosofia di Locke. Secondo lui,
per esempio, la fede in Dio e alcune norme etiche erano conoscenze razionali. Questo pensiero costituì
anche il nucleo della filosofia dell’illuminismo francese.
Gli inglesi parlano di common sense, i francesi parlano di èvidence. Esperienza comune – evidenza.
Analogamente agli umanisti dell’antichità come Socrate e gli stoici, i filosofi illuministi nutrivano una fede
incontrollabile nella ragione umana. Questa caratteristica fu così pregnante che molti definirono
l’illuminismo francese “razionalismo”.
Il compito che si assunsero i filosofi illuministi fu porre le basi per un’etica, una religione e una morale
conformi all’immutabile ragione umana. Di qui si fa strada un vero e proprio pensiero illuminista. E questo
sarebbe il terzo punto.
Si pensava che lo stato di bisogno e di oppressione in cui versava il popolo fosse dovuto all’ignoranza e alla
superstizione: venne quindi data grande importanza all’educazione dei bambini e degli adulti. Non è un
caso che la pedagogia come scienza sia nata proprio nel periodo illuminista.
Il sistema scolastico ebbe origine nel Medioevo e la pedagogia durante l’illuminismo.
Il monumento al pensiero illuminista fu un’enciclopedia “Encyclopèdie”. Qui è possibile trovare tutto, dal
modo di fabbricare un ago a come si fonde un cannone.
Il punto successivo è l’ottimismo culturale.
Secondo i filosofi illuministi, non appena la ragione e il sapere si fossero diffusi l’umanità avrebbe fatto
grandi progressi. E poi l’irrazionalità e l’ignoranza avrebbero ceduto il passo all’umanità illuminata. Questo
modo di pensare ha dominato tutta l’Europa occidentale fino a qualche decennio fa: oggi non siamo più
così convinti che tutto lo sviluppo abbia un fine positivo. Bisogna notare però che la critica verso la civiltà
venne già sostenuta da alcuni filosofi illuministi.
Ritornare alla natura fu il loro motto, anche se con natura essi intendevano qualcosa di analogo a ragione
perché la ragione umana – al contrario della chiesa e della civiltà – è data all’uomo dalla natura. Fu
Rousseau ad affermare che bisogna tornare alla natura perché la natura è buona e l’uomo lo è altrettanto
di natura.
Numerosi furono i pensatori che lottarono per quella che potremmo chiamare una concezione umanizzata
del cristianesimo, il sesto punto della lista. Per la maggior parte dei filosofi illuministi, era irrazionale
pensare a un mondo senza Dio perché l’universo l’ universo era ordinato razionalmente (un pensiero,
questo, condiviso anche da Newton). In modo analogo si considerava ragionevole credere nell’immortalità
dell’anima: come per Cartesio, la questione riguarda la ragione più che la fede.
Secondo l’illuminismo, il cristianesimo doveva essere depurato di tutti quei dogmi irragionevoli che erano
stati aggiunti alla predicazione di Gesù nel corso della storia della chiesa.
Molti aderirono al cosiddetto Deismo. E’ una concezione secondo la quale Dio creò l’universo molto, molto
tempo fa, e da allora non si è mai rivelato al mondo. Dio si riduce così a una creatura superiore che si
manifesta agli uomini attraverso la natura e le sue leggi, e non in modo sovrannaturale. Avevamo
incontrato un Dio filosofico già in Aristotele: per lui Dio era la causa prima o il primo motore dell’universo.
I filosofi francesi si schierarono contro la censura e a favore della libertà di stampa. Al singolo doveva essere
garantito il diritto di pensare e di poter esprimere liberamente le proprie opinioni in campo religioso,
morale e politico. Lottarono anche per abolire la schiavitù dei negri e per riservare un trattamento più
umano ai carcerati.
Il principio dell’inviolabilità dell’individuo fu messo per iscritto nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino, che venne approvata dall’Assemblea Nazionale del 1789.
I filosofi illuministi volevano fissare certi diritti che. Al loro parere, spettano a tutti gli essere umani, in virtù
del fatto che sono nati uomini.
Soltanto nell’Ottocento le donne europee cominciarono davvero a combattere per i loro diritti e a poco a
poco questa lotta diede i suoi frutti.
Sofia si fermò davanti ai quadri che ritraevano Berkeley e Bjerkely. Indicò il secondo e mormorò: “Credo che
Hilde abiti da qualche parte dentro il dipinto”. Adesso tra le due cornici era appeso un ricamo con la scritta:
Libertà – Uguaglianza – Fraternità.
Duecento anni fa, libertà, uguaglianza e fraternità, contribuì a unire la borghesia francese. Oggi le stesse
parole devono legare tutto il mondo. Mai come ora è stato importante che l’umanità sia una sola, grande
famiglia. I nostri discendenti sono i nostri figli e i ostri nipoti.
Kant
Il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me…
Immanuel Kant nacque nel 1724 a Koninsberg, nella Prusia orientale. Fu docente di filosofia all’università.
Un filosofo di professione. Con “filosofo” si intende anzitutto una persona che cerca risposte personali alle
domande filosofiche, ma un filosofo può anche essere semplicemente un esperto di storia della filosofia. E
Kant era tutte e due le cose. Aveva grande dimestichezza con i razionalisti come Cartesio e Spinoza, e con
gli empiristi come Locke, Berkeley e Hume.
Secondo i razionalisti il fondamento di tutta la conoscenza umana è nella coscienza, mentre per gli
empiristi, tutto il nostro sapere riguardo il mondo deriva dai sensi.
Secondo Kant tutti avevano in parte ragione, in parte torto. La domanda che premeva tanto ai razionalisti
quanto agli empiristi era: cosa possiamo sapere del mondo? Due erano le possibilità. La prima: il mondo è
perfettamente uguale a come lo percepiamo con i nostri sensi; la seconda: il mondo è come se lo
rappresenta il nostri intelletto. Secondo lui, sia i sensi sia l’intelletto sono molto importanti nella nostra
conoscenza del mondo.
Prendi quel paio di occhiali che è sul tavolo e infilatelo! Improvvisamente tutto intorno a lei diventò rosso.
Ciò avviene perché le lenti determinano il tuo modo di vedere la realtà: tutto ciò che vedi ha origine dal
mondo esterno a te, ma il modo in cui lo vedi dipende anche dalle lenti.
Analogamente, secondo Kant, nel nostro intelletto sono presenti certe predisposizioni che influenzano
tutte le nostre esperienze.
Tutto quello che percepiamo, lo percepiamo anzitutto come fenomeno nel tempo e nello spazio. Kant
chiamò il tempo e lo spazio le due “forme dell’intuizione” e affermò che queste due forme della nostra
coscienza sono a priori di ogni esperienza: ciò significa che possiamo sapere, prima di fare esperienza di
qualcosa, che percepiremo questo qualcosa come un fenomeno nel tempo e nello spazio perché non siamo
in grado di toglierci quelle lenti.
Ciò che vediamo dipende anche da dove siamo cresciuti, se in India o in Groenlandia, per esempio, ma
ovunque abbiamo esperienza del mondo come di qualcosa nel tempo e nello spazio: è qualcosa che
possiamo dire in anticipo.
Il tempo e lo spazio sono proprietà del soggetto e non del mondo.
La coscienza stessa influisce sulla nostra percezione del mondo. Pensa a ciò che succede quando versi
dell’acqua in una brocca: l’acqua si adegua alla forma del recipiente. Analogamente le sensazioni si
adattano alle nostre “forme dell’intuizione”.
Kant aggiunse che non è soltanto la coscienza ad adeguarsi alle cose, ma anche queste ultime si adeguano
alla coscienza. Disse che questo rappresentava una “svolta copernicana” nel problema della coscienza: le
sue considerazioni infatti erano radicalmente diverse dal vecchio modo di pensare, proprio come la teoria
di Copernico sulla Terra che gira intorno al sole aveva ribaltato le ipotesi precedenti.
In un certo senso i razionalisti avevano dimenticato l’importanza dell’esperienza, mentre gli empiristi
avevano chiuso gli occhi sul modo in cui l’intelletto determina la nostra comprensione del mondo.
E’ sostanzialmente d’accordo con Hume nell’affermare che non possiamo sapere niente di certo su come il
mondo sia “in sé”: possiamo soltanto sapere come esso sia “per me”, quindi per tutti gli esseri umani.
Kant separò “la cosa in sé” (o noumeno”) dalla “cosa per me” (o fenomeno”: non potremo mai sapere con
certezza come le cose sono in sé; possiamo soltanto sapere come le cose si mostrano a noi. In cambio
possiamo dire, a priori di ogni esperienza, qualcosa su come le cose vengono sperimentate dalla ragione
umana.
Al mattino, prima di uscire di casa, non sei in grado di sapere che cosa vedrai o vivrai durante la giornata.
Tuttavia sai che quello che vedrai e vivrai viene compreso come evento nello spazio e nel tempo. Inoltre hai
la certezza che la legge di causalità vale semplicemente perché la porti dentro di te, come una componente
della tua coscienza.
Dato che sei un essere umano, cercherai sempre di scoprire la causa di ogni evento. La legge di causalità è
infatti una componente della tua stessa conformazione.
Ma quando ci chiediamo da dove venga il mondo e discutiamo di possibili risposte, la ragione gira a vuoto
perché non ha materiale sensibile da trattare né esperienze da rielaborare: infatti coi non abbiamo mai
potuto vivere l’intera – ed enorme – realtà di cui siamo una piccola parte.
Insomma siamo una piccola parte della palla che rotola sul pavimento e per questo non possiamo sapere da
dove veniamo.
Però chiedersi da dove venga questa palla sarà sempre un’esigenza imprescindibile della ragione umana.
Ha senso sia affermare che il mondo deve aver avuto un inizio nel tempo sia negare questo inizio. La
ragione non può decidere tra le due possibilità, quindi non può affermarle.
Kant si apre a una dimensione religiosa: dove l’esperienza e la ragione non sono in grado di fornire una
risposta, si crea un vuoto che può essere colmato soltanto dalla fede religiosa.
E’ quasi come Cartesio. Prima è estremamente critico verso tutto quello che non siamo in grado di
comprendere, e poi per vie traverse ci riporta all’idea che Dio e tutto il resto esistano.
A differenza di Cartesio, però, espresse con molta chiarezza che non era stata la ragione a portarlo a queste
conclusioni, bensì la fede. Chiamò la fede nell’immortalità dell’anima, nell’esistenza di Dio e nel libero
arbitrio postulati della ragione pratica.
Postulare significa affermare qualcosa come vero senza dimostrarlo. Con postulato della ragione pratica
Kant intende qualcosa che va affermato per la pratica umana, cioè per la morale. E’ moralmente necessario
ammettere l’esistenza di Dio, disse.
Anche se il cervello umano fosse così semplice da capire, saremmo così stupidi da non capirlo lo stesso:
Credo che Kant avrebbe potuto dire qualcosa di simile. Non possiamo aspettare di capire che cosa siamo:
forse possiamo comprendere appieno un fiore o un insetto, ma non potremo mai capire noi stessi e ancor
meno tutto l’universo.
Per Kant, tutti gli esseri umani possiedono una ragione pratica, cioè una facoltà della ragione che ci dice in
ogni momento che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato in campo morale.
Questa facoltà è innata come tutte le altre proprietà della ragione.
Kant formula la legge morale come un imperativo categorico. Vuol dire che essa ordina, quindi è inviolabile
(è un imperativo), ed è valida in ogni situazione (è categorica). Quando faccio qualcosa, devo poter
desiderare che altri in una situazione analoga, facciano lo stesso.
Non possiamo usare gli altri per conseguire vantaggi personali.
Regola aurea secondo ciò non devi fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
Possiamo dire che la regola aurea esprime ciò che Kant chiamò Legge Morale.
La legge morale è assoluta e universale come, per esempio, la legge di causalità: neanche questa può essere
dimostrata con la ragione, ciononostante è assolutamente inviolabile, infatti nessun uomo può negarla.
Non possiamo dimostrare che cosa ci dice la coscienza, ma lo sappiamo comunque.
L’etica di Kant viene chiamata “etica del dovere”. Agito con un animo giusto, cosa che, secondo Kant, è
decisiva per stabilire se un’azione sia veramente morale.
Solo quando sappiamo di agire in conformità alla legge morale agiamo in libertà.
Secondo Kant, noi, come esseri sensoriali, siamo alla mercé dell’inviolabile legge di causalità: non
decidiamo ciò che percepiamo con i sensi, le sensazioni giungono di necessità e ci plasmano, che lo
vogliamo o non. Però gli uomini non sono soltanto creature sensoriali.
Ci vogliono indipendenza e libertà per riuscire a staccarsi dai propri desideri e dai propri vizi.
Gli animali? Seguono soltanto i propri desideri e i propri bisogni: hanno la libertà di seguire una legge
morale? No, è proprio questa libertà a renderci uomini.
Kant morì nel 1804, nel periodo in cui si stava sviluppando quello che chiamiamo Romanticismo. Sulla sua
lapide a Konigsberg è incisa una delle sue citazioni più famose. “Due cose riempiono l’animo di
ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si
occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me.
Il Romanticismo
La via misteriosa va verso l’interno…
Il romanticismo può essere definito l’ultima grande epoca culturale europea. Cominciò alla fine del
settecento e si protrasse fino alla metà del secolo scorso. Dopo il 1850 non ha più senso parlare di epoche
che abbraccino la poesia, la filosofia, l’arte, la scienza e la musica.
Rappresentò, in Europa, l’ultimo atteggiamento comune nei confronti dell’esistenza.
Le nuove parole d’ordine furono sentimento, fantasia, nostalgia. Questa corrente sotterranea divenne
fondamentale nella vita culturale tedesca.
Nel romanticismo ogni singolo individuo aveva via libera per una personale interpretazione dell’esistenza.
Beethoven: nella sua musica incontriamo una personalità che esprime i propri sentimenti e i propri
desideri. In questo senso si può dire che Beethoven fu un artista libero.
Ci sono molti punti in comune tra il Rinascimento e il Romanticismo, e uno è il grande peso che viene dato
all’arte ai fini della conoscenza umana. L’artista è in grado di trasmetterci qualcosa che i filosofi non
possono esprimere? Questa era l’idea di Kant e, con lui, dei romantici.
Novalis, uno dei giovani geni romantici, disse che il mondo diventa sogno, il sogno diventa mondo.
Il desiderio, la nostalgia, di qualcosa di lontano e di irraggiungibile fu tipico dei romantici. Erano affascinati
dai “lati oscuri” dell’esistenza, cioè da tutto ciò che è buio, misterioso, ossessivo.
Avevano un atteggiamento di vita spiccatamente antiborghese. Furono molti i punti in comune con la
cultura hippie che nacque più di 150 anni dopo. Si diceva che l’ozio è l’ideale del genio e l’indolenza la virtù
romantica. Il dovere per i romantici era vivere profondamente la vita o allontanarsene sognando un’altra
realtà. Il commercio e le faccende di tutti i giorni erano cose da piccolo borghesi.
Molti romantici morirono in giovane età. Quelli che invecchiarono, verso i trenta anni abbandonarono le
idee romantiche e diventarono in molti casi borghesi e conservatori.
Il filosofo più influente fu Schelling, che visse tra il 1775 e il 1854. Schelling cercò di abolire la distinzione tra
“spirito” e “materia”: secondo lui tutta la natura, cioè sia l’anima umana sia la realtà fisica, è espressione di
un solo Dio o “spirito del mondo”.
La natura è lo spirito visibile, lo spirito è la natura invisibile, disse, affermando che nella natura possiamo
intuire uno spirito strutturante. Sostenne anche che la materia è un’intelligenza sopita.
La filosofia naturale romantica aveva connotazioni sia aristoteliche sia neoplatoniche.
Il filosofo Johann Gottfried Herder, che visse tra il 1744 e il 1803, ebbe grande importanza per i romantici.
Secondo lui, anche il corso della storia è il risultato di un processo orientato verso un fine. Per questo
diciamo che ebbe una concezione dinamica della storia. I filosofi dell’illuminismo avevano avuto per lo più
una visione statica della storia: per loro esisteva una ragione universale che poteva essere più o meno
presente nelle diverse epoche. Herder affermò che ogni epoca storica possiede un suo valore intrinseco.
Analogamente, ogni popolo possiede caratteristiche distintive, un’anima popolare.
Il Romanticismo contribuì anche a rafforzare il sentimento di identità nazionale.
Si suole distinguere tra due forme di Romanticismo. Parliamo di Romanticismo universale, includendo in
questo termine l’interesse per la natura, l’anima del mondo, il genio artistico. Ebbe la sua massima fioritura
nella città tedesca di Jena, intorno all’anno 1800.
L’altra forma di Romanticismo fu quella chiamata Romanticismo nazionale che si sviluppò più tardi ed ebbe
il suo centro a Heidelberg.
I romantici consideravano una pianta e un popolo come organismi viventi. Lo stesso valeva per un poesia,
per la lingua e anche per l’intera natura. Non esistono profonde differenze tra il Romanticismo nazionale e
quello universale. Lo spirito del mondo era presente sia nel popolo sia nella cultura popolare, nella natura e
nell’arte.
La fiaba rappresentò l’ideale letterario dei romantici, come il teatro fu la forma d’arte prediletta del
Barocco. Essa dava la massima libertà al poeta di giocare con la propria capacità creativa.
Cerca di immaginare che tutto ciò che stiamo vivendo avvenga nella coscienza di un altro. Noi siamo questa
coscienza, quindi non abbiamo una nostra anima, siamo l’anima di un altro.
Possiamo pensare che quest’anima sia il padre de Hilde Moller Knag. E’ in Libano e sta scrivendo un libro di
filosofia per i quindici anni della figlia. Quando Hilde si sveglia il 15 giugno trova il libro sul comodino, e ora
sia lei sia altre persone possono leggere di noi. Ci sono state precedenti allusioni al fatto che il regalo può
essere condiviso con altri. Ciò che ti sto dicendo viene quindi letto da Hilde dopo che suo padre lo ha scritto
in Libano e si è immaginato che io ti raccontassi che lui era in Libano e che lo stava scrivendo…
Forse anche il maggiore è un’ombra cinese in un libro che parla di lui e di Hilde, e ovviamente di noi due,
dal momento che costituiamo una piccola parte della loro vita.
Allora sarebbe ancora peggio perché noi saremmo ombre di ombre.
Per noi questo scrittore sarebbe un dio sconosciuto, Sofia. Anche se tutto quello che siamo e facciamo si
sprigiona da lui – perché noi siamo lui – non potremo mai sapere niente di lui. Siamo stati messi nella
scatola più interna.
Hegel: fu il primo filosofo che cercò di salvare la filosofia dopo che il Romanticismo aveva dissolto tutto in
spirito.
Hegel
Ciò che è razionale è reale…
Poveri Sofia e Alberto. Di fronte alla fantasia del maggiore erano tanto inermi quanto lo è uno schermo
cinematografico di fronte al protezionista.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel fu un vero vero figlio del Romanticismo.
Nacque a Stoccarda nel 1770. Quando Hegel parla di spirito del mondo o di ragione del mondo, si riferisce
alla somma di tutte le espressioni umane, perché soltanto l’essere umano è dotato di spirito. Non
dobbiamo dimenticare che Hegel parla della vita, dei pensieri e della cultura dell’essere umano. Sosteneva
che la verità è soggettiva e con ciò negava l’ipotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori
della ragione umana. Secondo lui, tutta la conoscenza è conoscenza umana. Voleva riportare la filosofia
sulla terra. Con l’espressione filosofia hegeliana intendiamo anzitutto un metodo per comprendere il corso
della storia.
Secondo Hegel ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in
generazione e per questo non esistono verità eterne, né una ragione atemporale. L’unico punto fisso cui il
filosofo può attaccarsi è la storia stessa.
Anche un fiume cambia continuamente, ma ciò non significa che tu non possa parlare del fiume.
Per Hegel, la storia è come il corso del fiume. Sia le idee che scorrono attraverso la tradizione degli uomini
che hanno vissuto prima di te sia le condizioni di vita che dominano l’epoca in cui li trovi influiscono sul tuo
modo di pensare. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno, anche se quello
stesso pensiero può essere giusto nel momento in cui ti trovi.
Qualcosa può essere giusto o sbagliato soltanto in relazione al contesto storico. Hegel sottolineò che la
ragione è qualcosa di dinamico: è un processo. E la verità è questo processo.
Non è possibile strappare un filosofo, o un pensiero, dai presupposti storici di quel filosofo o di quel
pensiero. Però dal momento che si aggiunge continuamente qualcosa che prima non c’era, la ragione è
progressiva, cioè la conoscenza umana continua a espandersi e quindi ad andare avanti.
La storia è una catena di riflessioni che si saldano in base a determinate regole. Chi studia la storia con
attenzione noterà che ogni pensiero viene elaborato partendo da quelli preesistenti. Tuttavia, non appena
viene formulato un pensiero, subito viene contraddetto da un altro. IN questo modo si crea una tensione
tra due modi contrastanti di pensare, tensione che viene eliminata attraverso l’enunciazione di un terzo
pensiero che tiene conto degli apporti migliori presenti in entrambi i punti di vista. Hegel chiamò questo
sviluppo dialettico.
Hegel chiamò i tre stadi della conoscenza “tesi”, “antitesi” e “sintesi”.
La storia mostrerà che gran parte di ciò che consideriamo ovvio non sopravvivrà al giudizio della storia.
Se rifletto sul concetto “essere”, devo considerare anche quello opposto, cioè il “non essere”. Non è
possibile meditare di essere, di esistere, senza tener presente che non saremo in eterno. La tensione tra
“essere” e “non essere” viene risolta nel concetto di “divenire”: che qualcosa “diviene”, significa in un certo
senso che “è” e al contempo “non è”.
Per Hegel non è possibile “ritirarsi della società”. Chi scrolla le spalle davanti alla società in cui vive e vuole
“trovare” se stesso è un buffone. Hegel disse che lo spirito ritorna a se stesso, diventa cioè consapevole di
sé in tre gradini. Lo spirito consapevole di sé nell’individuo: spirito soggettivo, raggiunge poi una maggiore
consapevolezza nella famiglia, nella società e nello stato; Lo spirito oggettivo; lo spirito assoluto, raggiunge
la forma più alta di autoconsapevoleza che è rappresentato dall’arte, dalla religione e dalla filosofia. Di
queste tre, la filosofia è la forma più alta perché in essa lo spirito riflette sulla propria attività nella storia.
Soltanto nella filosofia lo spirito incontra se stesso: possiamo quindi dire che essa sia lo specchio dello
spirito.
Kierkgaard
Tutta l’Europa è sulla strada della bancarotta…
Kierkgaard rivalutava l’importanza dell’individuo. Non siamo soltanto figli del nostro tempo: ognuno di noi
è una persona unica che vive una sola volta.
A Hegel gli premettevano di più le grandi linee nella storia e proprio questo faceva arrabbiare Kierkgard.
Secondo lui sia la filosofia dell’unità dei romantici sia lo storicismo hegeliano avevano tolto al singolo
individuo la responsabilità della propria vita. Per Kierkgaard, Hegel e i romantici erano la stessa cosa.
Kierkgard nacque nel 1813. Fu un severo critico della cultura e della civiltà europee: Tutta l’Europa è sulla
strada della bancarrota, disse. Gli pareva di vivere in un’epoca priva di passioni e d’impegno. Reagì in modo
particolarmente violento contro la tepidezza della vita religiosa all’interno della Chiesa e fu molto duro
verso quello che oggi chiameremmo il cristianesimo della domenica. Oggi si direbbe meglio cristianesimo
della cresima.
Kierkgard affermò che le verità oggettive di cui si occupava la filosofia hegeliana erano del tutto
insignificanti per la vita dell’essere umano. Più importante della ricerca della verità con la “V” era per
Kierkgaard la ricerca di quelle verità importanti per il singolo individuo. E’ importante trovale la verità per
me, diceva. Contrapponeva l’individuo al sistema. A suo parere, Hegel aveva dimenticato di essere un
uomo.
L’essere umano si rapporta alla sua esistenza solo quando agisce, e soprattutto quando fa una scelta
importante. C’è una storia del Buddha che illustra efficacemente che cosa Kierkgard intendesse dire. Perché
la filosofia Buddista è incentrata sull’esistenza umana. C’èra una volta un monaco che riteneva poco chiare
le risposte date dal Buddha su questioni importanti quali: Che cos’è il mondo? Oppure Che cos’è l’essere
umano? Buddha gli rispose prendendo come esempio un uomo colpito da una freccia avvelenata. Il ferito
non si era certo messo a disquisire sul materiale di cui era fatta la freccia. Voleva invece che qualcuno
estrasse la freccia e gli curasse la ferita. Questo era esistenzialmente importante per lui. Tanto Buddha
quanto Kierkgard avevano un forte senso della precarietà della loro esistenza. Allora, appunto, non ci si
siede dietro una scrivania a meditare sulla natura dello spirito del mondo. Kierkgard disse anche che la
verità è soggettiva. Con questo intendeva dire che le verità davvero significative non possono che essere
personali. Unicamente tali verità sono una verità per me.
Dobbiamo distinguere tra la domanda filosofica se esiste un Dio e il rapporto individuale verso la stessa
domanda. Di fronte a tali domande l’uomo è completamente solo: possiamo avvicinarci a esse soltanto per
mezzo della fede.
Otto più quattro fa dodici. Simili verità sono forse oggettive e universali, ma sono indifferenti per l’esistenza
del singolo.
Non puoi neanche sapere se una persona ti vuole bene, puoi soltanto crederlo o sperarlo, ma rimane
comunque più importante per te del fatto che la somma degli angoli interni di un triangolo sia sempre
centottanta gradi.
Kierkgard diceva che se fosse possibile comprendere oggettivamente Dio, allora non ci sarebbe bisogno di
credere: ma proprio perché non si può fare, si deve credere.
Nella moderna società urbana, diceva Kierkgard, l’uomo si perde nella massa, e il tratto distintivo della
massa è la chiacchiera. Oggi useremo la parola “conformismo”: tutti pensano e credono la stessa cosa
senza che nessuno abbia un rapporto passionale con le proprie affermazioni. La massa è falsità o la verità è
sempre in minoranza sono le sue affermazioni. Diceva anche che la maggior parte della gente pensa solo a
giocare con la propria esistenza.
La dottrina di Kierkgaard sui tre stadi della strada della vita; ci sono tre diversi atteggiamenti di vita: stadio
estetico, stadio etico e stadio religioso. Usa il termine stadio per sottolineare che si può vivere in uno stadio
più basso e di colpo fare un salto verso uno superiore, anche se molte persone vivono nello stesso per tutta
la vita.
Chi vive nello stadio estetico vive nell’istante e nella continua ricerca del piacere. Una persona del genere
vive esclusivamente nel mondo dei sensi. Negativo per lui, è tutto ciò che è monotono, noioso. Anche chi
ha un rapporto di gioco con la realtà, o verso l’arte o la filosofia, vive nello stadio estetico. Anche verso il
dolore e la sofferenza ci si può rapportare in modo estetico.
Chi vive nello stadio estetico è esposto a sensi di angoscia e di vuoto. Secondo Kierkgard la angoscia è
qualcosa di positivo, è un indice del fatto che ci si trovi in una situazione esistenziale. A quel punto l’esteta
può scegliere se fare il salto verso uno stadio superiore. Ed è chiaro che nessuno può compiere questo salto
per te; devi scegliere da solo. Fa venire in mente Socrate, secondo il quale la vera conoscenza arriva da
dentro: anche la scelta che spinge un uomo a passare da un atteggiamento estetico a uno etico o religioso
deve venire da dentro. Dunque quando uno fa sul serio sceglie un altro modo di vivere. E forse comincia a
vivere nello stadio etico, caratterizzato dalla serietà e dalla scelta conseguente di vivere secondo criteri
morali.
Per Kierkgaard, neanche lo stadio etico è soddisfacente. Molte persone, raggiunta l’età matura, hanno una
reazione di stanchezza. Alcuni ricadono nello stadio estetico, altri fanno un ulteriore salto verso lo stadio
religioso. Decidono di compiere questo tuffo nella fede. Per lui lo stadio religioso era il cristianesimo.
La caratteristica distintiva della massa era la chiacchiera priva d’impegno.
Marx
Uno spettro si aggira per l’Europa…
Viviamo la nostra esistenza in una realtà fittizia formata dalle parole di un lungo racconto. Ogni lettera
viene battuta dal maggiore su una macchina per scrivere da viaggio. Niente di quello che viene stampato
può sfuggire alla sua attenzione.
Kierkgard si era appena laureato con una tesi di laurea su Socrate; Marx proprio nel 1841, ne scrisse una su
Democrito ed Epicureo, due filosofi materialisti dell’antichità classica.
Marx viene definito un materialista storico. Scrisse che i filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi
diversi, si tratta però di cambiarlo.
Marx non fu soltanto un filosofo, ma anche uno storico, un sociologo e un economista.
Di Marx stesso si dice che divenne marxista intorno al 1845, ma che per tutta la vita respinse questa
definizione.
Gesù era cristiano? Anche di questo si può discutere…
All’eleborazione di quello che in seguito è stato chiamato marxismo diede fin da subito un notevole
contributo l’amico di Marx, Friedrich Engels. Nel nostro secolo, si è avuta un’elaborazione della dottrina
marxista a opera di Lenin, Stalin, Mao e di molti altri. Dopo Lenin, si parla addirittura di marxismoleninismo.
Secondo Marx, sono i rapporti materiali nella società a determinare il nostro pensiero e la nostra
conoscenza, e quindi essi sono decisivi per lo sviluppo storico. Non sono quindi i presupposti spirituali a
creare i mutamenti materiali, ma il contrario. E sono soprattutto, secondo Marx, le forze economiche nella
società a provocare i mutamenti e quindi a muovere la storia.
Esiste un’influenza reciproca fra la struttura e la sovrastruttura della società, diciamo che Marx è un
materialista dialettico.
Possiamo distinguere tre livelli nella struttura della società. Condizioni di produzione della società, cioè la
condizione e le risorse naturali: clima, vegetazione, materie prime, ecc. Questi fattori costituiscono le
fondamenta di una società, e individuano chiaramente il tipo di produzione che tale società può sviluppare.
Inoltre determinano il tipo di società e di cultura.
Il livello successivo è rappresentato dalle forze produttive di una società. Agli attrezzi, agli utensili e alle
macchine, insomma i cosiddetti mezzi di produzione.
Il terzo livello del basamento, a chi cioè possiede i mezzi di produzione.
Al tempo di Marx, in quella che lui definisce una società borghese o capitalista, la lotta è tra il capitalista e il
lavoratore o “proletario”. Una lotta, quindi, tra chi possiede e chi non possiede i mezzi di produzione.
Secondo Marx, il modo in cui lavoriamo impronta la nostra coscienza, ma anche la nostra coscienza
impronta il nostro modo di lavorare.
Chi non ha una occupazione in un certo senso si esaurisce, si svuota. Sia per Marx sia per Hegel il lavoro è
qualcosa di positivo, è qualcosa strettamente connesso al fatto di essere un uomo.
Nel sistema capitalista il lavoratore lavora per un altro. La società capitalista, secondo Marx, è organizzata
in modo che il lavoratore in realtà fa un lavoro da schiavo per un’altra classe sociale. Così il lavoratore cede
alla borghesia non solo la sua forza – lavoro, ma anche la sua esistenza umana.
Nel 1848 pubblicò insieme con Engels il Manifesto dei Comunisti, la cui prima fase suona così: “Uno spettro
si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo”.
La borghesia cominciò a tremare: i proletari avevano cominciato a sollevarsi.
Marx chiarì questo fenomeno di sfruttamento con la teoria del plus-valore.
La dittatura del proletariato sarà sostituita da una società senza classi o comunismo, una società dove i
mezzi di produzione sono posseduti da tutti, cioè dal popolo stesso. In una società del genere ognuno
riceverà in base al bisogno e darà in base alle capacità. Oggi gli economisti possono affermare che Marx
sbagliò su molti punti.
Forse Marx ha riflettuto troppo poco sul fatto che sarebbero stati ancora degli uomini i responsabili del
comunismo. Non nascerà mai il paese della felicità: gli esseri umani riusciranno sempre a crearsi nuovi
problemi con cui dovranno lottare.
Darwin
Un’imbarcazione che attraversa la vita con un carico di geni…
Marx trascorse gli ultimi trentaquattro anni della sua vita Londra. Morì nel 1883. In questo periodo Charles
Darwin viveva nei pressi di Londra. Morì nel 1882 ma non è soltanto nel tempo e nello spazio che Marx e
Darwin incrociarono le loro strade. Friedrich Engels disse: “Come Darwin scoprì le leggi dell’evoluzione della
natura organica, così Marx scoprì quelle che regolano l’evoluzione storica dell’umanità”.
Marx, Darwin e Freud: possiamo parlare di una corrente naturalistica che, dalla metà dell’Ottocento, arriva
fino al nostro secolo. Per naturalismo si intende una concezione del mondo che non riconosce altra realtà al
di fuori della natura e del mondo sensibile. Un naturista vede l’uomo come una parte della natura e
soprattutto vuole procede partendo esclusivamente da fatti naturali, quindi senza ricorrere a speculazioni
razionalistiche né a rivelazioni divine.
Le parole chiave alla metà del secolo scorso furono “natura”, “ambiente”, “evoluzione” e “crescita”. Darwin
dimostrò che l’uomo è il risultato di una lunga evoluzione biologica.
Darwin sfidò la concezione biblica della posizione dell’uomo nel creato.
Nacque nel 1809, suo padre, il dottor Robert Darwin era un medico molto noto.
Scrisse: “Il viaggio sul Bearle è stato di gran lunga l’avvenimento più importante della mia vita”.
Darwin espose due teorie principali. Affermò cioè che tutte le piante e animali viventi discendono da forme
precedenti, più primitive – quindi che c’è un’evoluzione biologica – e che quest’evoluzione è frutto della
“selezione naturale”.
La chiesa si atteneva all’insegnamento della Bibbia: ogni singola specie era stata creata una volte per tutte
attraverso un singolo atto creatore. E questa concezione cristiana era anche in armonia con le Teorie di
Platone e di Aristotele.
La dottrina della idee di Platone implicava che tutte le specie animali fossero immutabili perché create
secondo il modello delle idee eterne. Che le specie animali fossero immutabili era anche un punto fermo
nella filosofia di Aristotele.
Ci furono numerosi ritrovamenti di fossili e di resti di ossa appartenenti ad animali estinti.
Cambiamenti molto piccoli potevano portare a grandi mutamenti geografici.
Il tempo atmosferico e il vento, lo scioglimento dei ghiacciai, terremoti e sollevamenti del terreno. E noto
che una goccia d’acqua erode la pietra non per via della sua forza, bensì grazie a una azione continua e
prolungata. E Lyell sosteneva appunto che tali piccoli, graduali cambiamenti potessero, in un arco di tempo
assai esteso, trasformare completamente la natura.
La Terra? Ha un’età di 4,6 miliardi di anni. Finora ci siamo soffermati su uno degli argomenti usati da Darwin
per avvalorare la tesi dell’evoluzione biologica, quello della presenza stratificata di fossili nelle varie
formazioni rocciose. Un altro argomento fu la suddivisione geografica delle specie viventi.
Darwin cominciò a nutrire sempre più dubbi sull’immutabilità delle specie. Un’altra argomentazione per
dimostrare che tutti gli animali sulla Terra erano imparentati tra loro riguardava lo sviluppo del feto dei
mammiferi. Se paragoni il feto di un cane, di un pipistrello, di un coniglio e di un essere umano in uno
stadio precoce, è difficile rilevare differenze. Soltanto a uno stato molto più avanzato è possibile
distinguere il feto umano da quello di un coniglio.
Conosceva la teoria di Lamarck, secondo il quale le diverse specie animali avevano sviluppato ciò di cui
ognuna aveva bisogno. Le giraffe avevano un collo così lungo perché per molte generazioni si erano
allungate per mangiare le foglie degli alberi. Ma questa teoria dei “caratteri Acquisiti” trasmessi
ereditariamente fu negata da Darwin.
Favoreresti il più bravo. Gli uomini hanno allevato gli animali per oltre diecimila anni. Le galline non hanno
fatto sempre cinque uova la settimana, le pecore non hanno avuto sempre tanta lana e i cavalli non sono
sempre stati così forti e veloci: gli uomini hanno compiuto una selezione artificiale. Questo vale anche per il
regno vegetale. Secondo Darwin, nessuna mucca, nessuna spiga, nessun cane e nessun fringuello sono
uguali. La natura mostra un’enorme varietà. Anche all’interno di una stessa specie nessun individuo è
perfettamente uguale a un’altro.
Darwin nel 1838 incappò in un libricino scritto dall’economista inglese Thomas Malthus, che aveva avuto
l’idea di scrivere questo libro da Benjamin Franklin, l’americano che, fra l’altro, aveva inventato il
parafulmine. Franklin riteneva che, se non ci fossero stati anche in natura fattori limitanti, una specie
animale o vegetale si sarebbe diffusa in tutta la Terra. Solo perché esistono specie diverse, esse si tengono
in scacco a vicenda.
Malthus sviluppò questo pensiero e lo applicò alla popolazione terrestre. Spiegò che la capacità di
procreazione dell’uomo è così grande che verranno sempre messi al mondo più bambini di quanti non ne
possano sopravvivere. Poiché la produzione di cibo non riuscirà mai ad andare di pari passo con la crescita
della popolazione, un grande numero di persone è quindi destinato a soccombere nella lotta per
l’esistenza. Riuscirà a sopravvivere solo chi si dimostrerà il migliore nella lotta per la sopravvivenza.
Più dura si fa la lotta per la sopravvivenza, più velocemente avviene l’evoluzione di nuove specie. Soltanto
gli individui meglio adattati all’ambiente sopravvivranno: tutti gli altri sono destinati a estinguersi.
Se gli uomini che vivono intorno all’equatore hanno la pelle più scura di coloro che abitano nelle regioni
settentrionali, è perché la pelle nera protegge dai raggi del sole.
Niente in natura è casuale: tutto è dovuto a quelle piccolissime variazioni che hanno funzionato per un
numero infinito di generazioni.
Il meccanismo alla base dell’evoluzione è la selezione naturale nella lotta per la sopravvivenza. Questa
selezione fa in modo che soltanto i più forti o chi si adatta meglio riesca a sopravvivere.
Mette in evidenza le somiglianze esistenti fra gli uomini e gli animali, e sostiene che gli esseri umani e le
scimmie antropoidi devono essersi evoluti nel tempo da un antenato comune.
L’essenza della teoria di Darwin è che variazioni del tutto casuali avevano creato l’uomo. Darwin ha ridotto
l’essere umano a prodotto di una cosa così “ignobile” come la lotta per l’esistenza.
Un padre e una madre non hanno mai due bambini uguali, in tal modo, difficilmente viene fuori qualcosa di
realmente nuovo. E poi ci sono piante e animali che si riproducono attraverso una gemmazione o una
semplice divisione cellulare. A spiegare come si creino queste variazioni sarebbe poi venuto il cosiddetto
neodarwinismo, che ha completato la teoria di Darwin.
Tutta la vita e tutta la riproduzione si riconducono a una divisione cellulare: quando una cellula si divide in
due, se ne formano due identiche dotate dallo stesso bagaglio genetico. Con divisione cellulare intendiamo
quindi che una cellula copia se stessa.
A volte, tuttavia, avvengono piccolissimi errori durante questo processo, e la cellula copiata non è del tutto
identica a quella madre. Questo fenomeno viene chiamato nella moderna biologia mutazione.
Un vero filosofo non può evitare di mettere in luce ciò che è sgradevole se crede che sia vero. Possiamo
dire che la vita sia paragonabile a una grande lotteria dove soltanto i biglietti vincenti sono visibili. Chia ha
perso nella lotta per l’esistenza è scomparso. Dietro ogni specie animale e vegetale sulla faccia della Terra ci
sono milioni di anni di estrazioni di biglietti perdenti. Tutte le specie animali e vegetali presenti oggi nel
mondo dobbiamo considerarle, almeno per il momento, vincenti nella grande lotteria della vita.
L’uomo appartiene, insieme alle scimmie, ai cosiddetti primati. Tutti i primati sono mammiferi e tutti i
mammiferi appartengono ai vertebrati, cha a loro volta appartengono agli animali pluricellulari.
Gli uccelli un tempo si separarono dai rettili, che a loro volta si divisero dagli anfibi, che a loro volta si
separarono dai pesci.
Ogni volta che un alinea si divide sono avvenute mutazioni che hanno portato alla creazione di nuove
specie. In questo modo nel corso di milioni di anni si sono formati i diversi gruppi e classi animali. In realtà
oggi esistono più di un milione di specie animali, e questo milione è soltanto una piccola parte di tutte le
specie animali che hanno vissuto sulla Terra. Un gruppo animale come quello dei trilobiti per esempio è del
tutto estinto.
E sotto abbiamo gli animali monocellulari.
La definizione più semplice della vita è che ogni essere vivente possiede un metabolismo e si riproduce
autonomamente. In ciò viene guidato da una sostanza che chiamiamo DNA (acido desossiribonucleico). Di
questa sostanza sono fatti i cromosomi, ossia il materiale genetico, che si trova in ogni cellula vivente. Il
DNA è una molecola, o meglio una macromolecola, molto complessa.
La Terra fu creata quando nacque il sistema solare circa 4,6 miliardi di anni fa. Inizialmente era una massa
incandescente, ma a poco a poco la crosta terrestre si raffreddò. Secondo la scienza moderna la vita nacque
circa tre – quattro miliardi di anni fa.
Poiché non c’era nessuna forma di vita, non c’era neanche ossigeno nell’atmosfera. L’ossigeno puro fu
creato soltanto con la fotosintesi delle piante.
Quando non c’era ossigeno nell’atmosfera non c’era neanche, intorno alla Terra, uno strato protettivo
d’ozono. Ciò significa che non c’era niente che potesse fermare le radiazioni provenienti dallo spazio. Una
radiazione cosmica fu l’energia che unì le diverse sostanze chimiche presenti sulla Terra per formare
complesse macromolecole.
Possiamo parlare del primo materiale genetico, del primo DNA. Dopo un arco di tempo lunghissimo,
accadde che gli organismi monocellulari si unissero per costruire organismi pluricellulari più complessi.
Analogamente prese avvio la fotosintesi delle piante, e in tal modo si formò un’atmosfera ricca di ossigeno.
L’atmosfera protesse la vita delle radiazioni nocive provenienti dallo spazio.
La vita nacque dapprima nell’oceano. Soltanto molto più tardi quando la vita nell’oceano ebbe creato
l’atmosfera, i primi anfibi strisciarono sulla Terra.
FREUD
Quel brutto, egoistico desiderio che era sorto in Lei…
Noi siamo il pianeta vivente. Noi siamo la grande nave che naviga intorno a un sole ardente nell’universo.
Ma ognuno di noi è anche un’imbarcazione che attraversa la vita con un carico di geni. Quando lo abbiamo
trasportato fino al prossimo porto, allora non abbiamo vissuto invano…
Sofia ed Alberto non riuscivano ad accettare l’idea che fossero soltanto impulsi elettromagnetici del
cervello di suo padre. Non riusciva a capire che fossero soltanto carta e inchiostro di un nastro di una
macchina di scrivere.
Potremmo definirlo un filosofo della cultura. Freud nacque nel 1856 e studiò medicina all’università di
Vienna, città in cui trascorse la maggior parte della sua vita, proprio nel periodo in cui divenne un centro
culturale molto fiorente. Si specializzò in neurologia. Sul fine del secolo scorso, e durante la prima metà di
questo secolo, elaborò la sua psicologia del profondo o psicoanalisi.
Con psicoanalisi si intende sia una descrizione della psiche umana nella sua generalità sia un metodo per la
cura delle malattie nervose e psichiche. La sua dottrina dell’inconscio è fondamentale per comprendere che
cosa sia un essere umano. Secondo Freud esiste sempre una tensione tra le pulsioni e i bisogni dell’uomo e
le esigenze del mondo esterno.
Non è sempre la ragione a dominare le nostre azioni: l’uomo non è soltanto un essere razionale come i
razionalisti del Settecento avevano pensato. Spesso sono gli impulsi irrazionali a determinare quello che
pensiamo, sogniamo e facciamo. Questi impulsi irrazionali possono essere espressione di pulsioni profonde
o di bisogni. Fondamentalmente come il bisogno di suzione del neonato è l’impulso sessuale dell’uomo.
Freud mostrò che bisogni fondamentali possono essere “camuffati” o “trasformati” e dominare così le
nostre azioni senza che noi ne siamo coscienti.
Gradualmente elaborò un metodo di cura che possiamo definire una specie di archeologia della psiche.
Tracce di un passato lontano scavando nei diversi strati culturali. Quando veniamo al mondo, viviamo in
modo diretto e senza imbarazzo i nostri bisogni fisici e psichici. Questo principio di piacere viene chiamato
da Freud Es. L’Es è presente in noi per tutta la vita, ma a poco a poco impariamo a regolare i nostri piaceri e
ad adeguarci alle circostanze. Impariamo ad adattare le pulsioni istintive al principio di realtà. Freud dice
che costruiamo un Io (o Ego) che ha questa funzione regolatrice. Una terza istanza nella psiche umana, fin
dalla infanzia, ci confrontiamo continuamente con gli obblighi morali imposti dai genitori e dal mondo
esterno. Freud chiama Super-Io o Super- Ego che si pone di fronte all’Io come coscienza morale.
Freud giunse alla conclusione che la coscienza costituisce soltanto una piccola parte della psiche umana. La
parte conscia è paragonabile alla punta di un iceberg che vediamo affiorare dall’acqua. Sotto la superficie
dell’acqua, o sotto la soglia della coscienza, c’è l’inconscio. Ciò che abbiamo pensato o vissuto e che ci viene
in mente se ci pensiamo un attimo, venne chiamato preconscio. Il termine inconscio viene usato soltanto
per quello che abbiamo rimosso.
Viviamo sotto una costante pressione dovuta ai pensieri rimossi che cercano di emergere dall’inconscio.
Quando proiettiamo, trasferiamo sugli altri caratteristiche che cerchiamo di rimuovere come nostre. Una
persona molto avara, per esempio, è incline a descrivere gli altri come avari.
Un nevrotico è proprio una persona che usa troppe energie per tenere lontano dalla coscienza ciò che è
spiacevole. Spesso sono esperienze particolari che questa persona deve rimuovere: Freud le chiamò traumi.
La parola trauma è greca e significa “ferita”.
Freud mise a punto quello che chiamò il metodo delle associazioni libere. Ciò che sogniamo non è casuale:
attraverso i sogni i pensieri inconsci si rendono manifesti alla coscienza. Affermò che tutti i sogni sono
l’appagamento di un desiderio.
Lo psicoanalista compie la missione di una levatrice socratica che è presente e aiuta durante
l’interpretazione.
Il sogno è un appagamento camuffato di desideri rimossi. La psicoanalisi di Freud ebbe una grande
importanza negli anni 20. Ma la teoria dell’inconscio svolse un ruolo chiave anche per l’arte e la letteratura.
Freud fu il primo a sostenere che non era lui a inventare fenomeni come la rimozione, gli atti mancati e la
razionalizzazione. Fu semplicemente il primo a portare tali esperienze nella psichiatria.
“Surrealismo” è una parola di origine francese e significa letteralmente “sopra della realtà”, “al di là della
realtà”. Nel 1924 Andrè Bretòn pubblicò un “manifesto surrealista” in cui affermò che l’arte doveva
emergere dall’inconscio.
Per interpretare i sogni dei pazienti Freud aveva dovuto spesso farsi strada in una foresta di simboli, più o
meno come avviene quando interpretiamo un quadro o un testo letterario.
Ricerche recenti mostrano che sogniamo due – tre ore per notte. Tutti gli uomini hanno un bisogno innato
di dare espressione artistica alla propria situazione esistenziale, e il sogno tratta proprio di noi. Siamo noi i
registi, siamo noi che troviamo il materiale, siamo noi che recitiamo tutti i ruoli. Una persona che afferma di
non intendersi d’arte conosce molto poco se stessa.
Il suo lavoro coni pazienti lo convinse che conserviamo tutto ciò che abbiamo visto e vissuto un qualche
punto profondo della psiche e tutte queste impressioni possono essere riportate in superficie.
C’era una volta un millepiedi che era bravissimo a ballare con tutti i suoi mille piedi. Quando danzava, gli
animali si radunavano nel bosco per ammirarlo e tutti erano molto impressionati della sua abilità. Ma c’era
anche un animale cui non piaceva che il millepiedi ballasse. Era un rospo… Era soltanto invidioso. Come
posso farlo smettere di ballare? Pensò il rospo. Non poteva certo dire che non gli piaceva il ballo e neanche
che era più bravo del millepiedi. Scrisse una lettera al millepiedi:’O incomparabile millepiedi! Sono un
devoto ammiratore della tua danza raffinata. Vorrei sapere come ti muovi quando balli. Sollevi prima la
zampa sinistra numero 228 e poi quella destra numero 59? O cominci la danza sollevando la zampa destra
numero 26 prima di quella numero 499? Attendo ansiosamente una risposta. Cordiali Saluti, il rospo.
Quando il millepiedi ricevette la lettera, cominciò a pensare a che cosa faceva quando ballava. Quale zampa
sollevava per prima? E qual era l successiva? Il millepiedi non ballò mai più. E questo è quello che succede
quando la fantasia viene soffocata dalla ragione. I surrealisti cercarono di raggiungere uno stato in cui le
cose fluissero da se: per questo si sedevano davanti a un foglio bianco e cominciavano a scrivere senza
pensare a quello che stavano scrivendo. La chiamarono scrittura automatica. L’espressione fu presa in
prestito dallo spiritismo, dove una medium credeva (o faceva credere) che la penna venisse guidata dallo
spirito di un defunto.
Creatività? Avviene quando esiste una collaborazione tra fantasia e ragione. Troppo spesso la ragione
soffoca la fantasia e questa è una cosa grave, perché senza fantasia non nasce mai niente di veramente
nuovo.
Ogni opera d’arte scaturisce da una meravigliosa intesa tra fantasia e ragione, o, se vuoi, tra sensibilità e
pensiero. Si devono lasciar andare le pecore prima di cominciare a pascolare.
Il nostro Tempo
l’uomo è condannato a essere libero…
Per cominciare parleremo di una corrente che si chiama esistenzialismo. Questo termine accomuna diverse
correnti filosofiche che prendono spunto dalla situazione esistenziale dell’uomo moderno.
Un filosofo molto importante per il secolo XX fu il tedesco Friederich Nietsche, vissuto tra il 1844 e il 1900.
Esigeva una trasformazione di tutti i valori: rifiutava soprattutto la morale cristiana – che chiamò morale
degli schiavi. Sia il cristianesimo sia la tradizione filosofica si erano allontanati dal mondo vero, ripiegando
verso il cielo o il mondo delle idee, ma proprio ciò era stato considerato il vero mondo è in realtà un mondo
fasullo.
Un filosofo esistenzialista che fu influenzato da Kierkgaard e da Nietsche fu il tedesco Martin Heidegger. Ma
noi ci concentreremo sull’esistenzialista Jean Paul Sartre, vissuto tra il 1905 e il 1980. Fu lui il filosofo
esistenzialista più influente. Elaborò il suo pensiero dopo la seconda guerra mondiale. In seguito aderì al
movimento marxista francese, ma non fu mai membro di nessun partito.
La compagna, Simone de Beauvoir: anche lei fu un filosofo esistenzialista.
Alcuni esistenzialisti del nostro secolo erano cristiani, ma Sartre appartiene a quello che chiamiamo un
esistenzialismo ateo. La sua filosofia può essere considerata un’analisi spietata della situazione umana da
quando “Dio è morto”, un’espressione che fu coniata da Nietsche.
La parola chiave della filosofia di Sartre è “esistenza”, un termine con il quale non si intende la stessa cosa
che “esistere”. L’uomo è l’unico essere vivente consapevole della propria esistenza. Sartre dice che le cose
fisiche sono “in sé”, ma l’essere umano è anche “per sé”. Essere uomo è quindi diverso dall’essere una
cosa”.
Secondo Sartre l’uomo non possiede nessuna “natura” eterna cui fare riferimento. Per questo motivo non
serve chiedersi quale sia il significato della vita in generale. Siamo condannati a improvvisare: siamo come
attori che vengono mandati in scena senza avere un ruolo, un copione che dobbiamo fare. Noi stessi
dobbiamo scegliere come vogliamo vivere.
Ma quando l’uomo sente che vive e che un giorno morirà, e non esiste niente cui tenersi stretto, cui
aggrapparsi, subentra allora l’angoscia.
Sartre dice che l’essere umano si sente estraneo in un mondo privo di significato. Quando descrive
l’alienazione dell’uomo si riallaccia al pensiero di Hegel e di Marx. La sensazione uman di essere un
estraneo nel mondo crea un sentimento di disperazione, noia, nausea e assurdità.
Sartre sentiva la libertà uman come una maledizione. L’uomo è condannato a essere libero, disse.
Condannato perché non ha creato se stesso, e tuttavia è libero. Perché quando viene buttato nel mondo, è
responsabile di tutto quello che fa”
Non esistono né valori eterni né norme alle quali possiamo appellarci: per questo è ancora più importante
quale scelta facciamo, perché siamo totalmente responsabili delle nostre azioni. L’uomo non può mai
sfuggire alla propria responsabilità per quello che fa: deve fare le proprie scelte e non può, per sottrarsi a
quelle responsabilità, affermare che tutti dobbiamo lavorare o dobbiamo adeguarci a determinate
aspettative borghesi circa il mondo in cui dobbiamo vivere. Chi scivola così nella folla anonima è soltanto un
uomo massificato: è in fuga da se stesso e vive una vita di menzogne. La libertà umana invece ci impone di
fare qualcosa di noi stessi, di esistere autenticamente.
A volte capita che certi uomini si comportino in modo ignobili e scarichino la loro responsabilità rifacendosi
al “vecchio Adamo”: ma il vecchio Adamo non esiste, è soltanto un personaggio al quale ci attacchiamo per
sfuggire alle responsabilità.
Sartre non era un nichilista. Un nichilista è una persona per la quale niente ha significato, e tutto è
concesso. Per Sartre la vita deve avere un significato, ma siamo noi che dobbiamo crearlo per la nostra vita:
esistere è creare la propria esistenza.
La nostra esistenza contribuisce quindi a improntare il modo in cui percepiamo le cose: se qualcosa non è
importante per me, non la vedo. Adesso posso spiegarti il motivo del mio ritardo.
Sartre si serve proprio di un incontro al bar per spiegare come noi annulliamo tutto ciò che non ci interessa.
Altri personaggi importanti sono il francese Albert Camus, l’Irlandese Samuel Beckett, il Rumeno Eugène
Ionesco e il Polaco Witold Gombrowicz. La cartteristica comune di questi, e di molti altri scrittori, fu la
tendenza a enfatizzare la presenza nella vita dell’assurdo, un termine che viene usato soprattutto quando si
parla di teatro.
Assurdo significa che è privo di significato o irrazionale.
Questo vale anche per i film muti di Chaplin: l’aspetto comico delle sue opere cinematografiche consiste
spesso nella mancanza di stupore del protagonista di fronte alle situazioni assurde in cui si trova coinvolto.
Analogamente il pubblico viene spinto a entrare in se stesso per cercare qualcosa di più vero e di più
autentico.
L’esistenzialismo ha avuto grande importanza in tutto il mondo. Come aveva le sue radici nella storia e,
attraverso Kierkgard, si potrebbe risalire fino a Socrate. Del resto il XX secolo ha visto un rifiorire, o un
rinnovamento, di correnti filosofiche che abbiamo nominato in precedenza.
Una corrente del genere è il neotomismo, che si rifà alla tradizione di Tommaso d’Aquino. Un’altra è la
cosidetta filosofia analitica o empirismo logico che si ricollega a Hume e all’empirismo inglese, ma anche
alla logica aristotelica.
Inoltre il neomarxismo, il neodarwinismo e poi l’influenza esercitata sulla cultura e sulla filosofia del
Novecento dalla psicoanalisi.
Un’ultima corrente che vale la pena dicitare è il materialismo. Continua ancora la caccia a quella “particella
elementare” indivisibile di cui è formata ogni materia. Nessuno è ancora in grado di spiegare con precisione
che cosa sia la “materia”. Le stesse domande con cui abbiamo iniziato questo corso non hanno ancora
trovato una risposta.
Quando l’uomo si è sforzato di trovare una risposta alle grandi domande, ha trovato risposte chiare e
definitive a domande minori. Scienza, ricerca e tecnica sono nate, per così dire, dal senso delle riflessioni
filosofiche. E’stato lo stupore dell’uomo verso l’esistenza che alla fine lo ha portato sulla luna?
Una nuova corrente filosofica si è quindi affacciata: la filosofia ecologica o ecofilosofia. Hanno messo in
evidenza che tutta la civiltà occidentale è su una strada sbagliata. Hanno messo in discussione lo stesso
concetto di sviluppo.
Tuto il mondo è risucchiato da un’unica rete di comunicazione. Non siamo più soltanto cittadini di un acittà
o di un singolo Stato: viviamo in una civiltà planetaria.
Lo sviluppo tecnico, soprattutto per quanto riguarda le comunicazioni, è stato più sconvolgente negli ultimi
trent’anni che in tutta la storia. E forse è soltanto l’inizio…
Facciamo parte di un’avventura meravigliosa. Davanti a noi c’è un capolavoro: la creazione.
Tutti i veri filosofi devono tenere gli occchi aperti. Anche se non abbiamo visto nessun corvo bianco, non
dobbiamo mai smettere di cercarlo. E, un giorno, anche uno scettico come me sarà obbligato ad accettare
un fenomeno cui prima non aveva creduto. Se non tenessi aperta questa possibilità sarei in dogmatico, ma
non un vero filosofo.
La composizione contrappuntistica si sviluppa in due dimensioni: orizzontale, o melodica, e verticale, o
armonica. Si tratta dunque di due o più melodie che vengono eseguite contemporaneamente.
Le melodie si combinano in modo che si dispieghino il più pèossibile indipendentemente l’una dall’altra. Ma
deve anche esserci un’armonia. Questo viene chiamato contrappunto, che in realtà significa nota contro
nota.
E’ opinione diffusa e sbagliat che lo spirito sia qualcosa di più aereo del vapore, invece è esattamente il
contrario: lo spirito è più compatto del ghiaccio.
Chi vince alla loteria la vita deve accettarla come vincita anche la morte perché la sorte della vita è la
morte.
Il Big Bang
Anche noi siamo polvere di stelle…
E’ strano pensare che viviamo su un piccolo pianeta dell’universo. La Terra è uno dei numerosi pianeti che
ruotano intorno al sole, ma soltanto il nostro pianeta è un pianeta vivo. Forse l’unico in tutto lo spazio. Ma
è anche lecito pensare che l’universo pulluli di vita perché il cosmo è immensamente grande. Le distanze
sono così enormi che le misuriamo in “minuti-luce” e “anni-luce”.
Un minuto-luce è la distanza che la luce copre in u minuto: una distanza strabiliante perché la luce percorre
nel vuoto trecentomila chilometri al secondo. In altre parole 1 min/luce= 300.000 km x 60 = 18.000.000 km.
Un anno luce corrisponde a 9.461 miliardi di km.
Quanto dista il sole? Un po’ più di 8 min/luce. I raggi solari che ci scaldano le guance in una calda giornata di
giugno viaggiano attraverso lo spazio per 8 minuti prima di arrivare a noi.
Plutone, il pianeta più lontano del nostro sistema solare, dista dalla Terra cinque ore-luce. Quando un
astronomo osserva Plutone con un telescopio, vede in realtà cinque ore indietro nel tempo. Possiamo
anche dire che l’immagine di Plutone impiega cinque ore per giungere fino a noi.
Il nostro sole è una tra i cento miliardi di stelle che compongono la galassia che chiamiamo Via Lattea.
Questa galassia assomiglia a un grande disco e il sole si trova sul margine interno di uno dei bracci di spirale
che la formano.
La distanza che ci separa da Proxima Centauri – la stella a noi più vicina nella Via Lattea dopo il sole – è di 4
anni luce. Se immagini che, in questo preciso momento, un astronomo stia osservando Bjerkely da lassù
con un potentissimo telescopio, vedrebbe come appariva questo posto 4 anni fa. Forse scorgerebbe una
bambina di 11 anni agitare le gambe mentre è seduta in questo dondolo.
L’intera galassia, o nebulosa come viene anche chiamata, è larga circa 100.000 anni luce. Quando
osserviamo una stella della Via Lattea che si trova 50.000 anni luce dal nostro sole, vediamo 50.000 anni
indietro nel tempo.
Questo è un pensiero troppo grande per un cervello piccolo.
L’unico modo in cui possiamo guardare nello spazio è vedere indietro nel tempo. Non sappiamo mai com’è
l’universo, ma soltanto come era.
Tutto ciò che vediamo colpisce il nostro occhio sotto forma di onde luminose, onde che impiegano del
tempo per viaggiare attraverso lo spazio. Possiamo fare un paragone con il tuono: ne sentiamo il rombo un
attimo dopo aver visto il bagliore del lampo perché le onde sonore si muovono più lentamente di quelle
luminose. Una cosa analoga avviene con le stelle: quando osservo una stella che dista migliaia di anni luce
da noi, vedo il rombo del tuono causato da un evento che si trova migliaia di anni indietro nel tempo.
Abbiamo parlato soltanto della nostra galassia. Secondo gli astronomi se ne trovano all’incirca 100 miliardi
nell’universo e ognuna di esse è formata da 100 miliardi di stelle. La galassia più vicina alla Via Lattea è la
nebulosa di Andromeda: dista dalla nostra 2 milioni di anni luce. Questo significa che la luce di questa
galassia impiega 2 milioni di anni per raggiungerci e che, quando osserviamo la nebulosa di Andromeda nel
cielo, vediamo in realtà 2 milioni di anni indietro nel tempo. Se un astronomo di questa nebulosa puntasse
il suo telescopio verso la Terra in questo momento, non scorgerebbe noi ma, nella migliore delle ipotesi,
alcuni uomini primitivi dalla fronte piatta e schiacciata.
Le galassie più lontane di cui siamo attualmente a conoscenza si trovano a circa 10 miliardi di anni luce da
noi.
Può essere difficile capire che cosa significhi vedere tanto indietro nel tempo, ma gli astronomi hanno
scoperto qualcosa che ha una rilevanza ancora maggiore per quanto riguarda la nostra immagine del
mondo.
Nessuna galassia è immobile nello spazio, ma tutte si muovono a enorme velocità, allontanandosi dalle
altre. Più sono lontane tra loro, più sembrano muoversi velocemente. Questo significa che la distanza fra le
galassie sta diventando sempre più grande.
Se hai un palloncino e ci disegni sopra qualche puntino nero, questi si allontaneranno sempre più tra loro a
mano a mano che soffi gonfiando il palloncino. Lo stesso fenomeno avviene per le galassie dell’universo.
Diciamo che l’universo si espande.
Un tempo, all’incirca 18 miliardi di anni fa, tutta la materia che forma l’universo era concentrata in uno
spazio molto piccolo. La materia era quindi così densa che la forza gravitazionale la rese estremamente
calda. Alla fine la temperatura raggiunse livelli tali e la materia era così densa e compatta che esplose.
Questa esplosione viene chiamata big bang.
Mano a mano che la materia si raffreddava, si costituirono le stelle, le galassie, le lune e i pianeti.
L’universo continua a espandersi dovuto proprio all’esplosione avvenuta miliardi di anni fa. L’universo non
ha una geografia atemporale, bensì è un evento. L’universo è un’esplosione e le galassie continuano a
muoversi nello spazio a velocità enormi.
E sarà così in eterno? Questo è una possibilità, ma ne esiste anche un’altra: un giorno, tra alcuni miliardi di
anni, forse la gravitazione farà sì che i corpi celesti si addenseranno nuovamente a mano a mano che le
forze provocate da questa enorme esplosione cominceranno a diminuire. Avremo allora un’esplosione al
contrario, una cosiddetta implosione. Puoi fare un paragone con quello che succede se lasci fuoriuscire
l’aria da un palloncino.
In seguito ci sarà un’altra esplosione che causerà una nuova espansione dell’universo, perché le stesse leggi
naturali continuano ad agire. In questo modo si formeranno nuove stelle e nuove galassie.
L’universo continuerà a espandersi e le galassie si allontaneranno tra di loro sempre più, o ricomincerà a
contrarsi nuovamente.
Ma se l’universo fosse così pesante da cominciare a contrarsi vorrebbe dire che questi fenomeni di
espansione dell’universo sia qualcosa che succede una sola volta, ma se questa continuerà in eterno, sorge
allora una domanda ancora più pressante: com’è iniziato tutto?
Per un cristiano è natura considerare il big bang come il momento della creazione. Il cristianesimo ha una
visione “lineare” della storia. Alla fede cristiana nella creazione, l’idea che l’universo continuerà a
espandersi si addice meglio.
In Oriente si è avuta soprattutto una visione “ciclica” della storia, cioè la storia si ripete in eterno. In India,
per esempio, troviamo un’antica dottrina secondo la quale il mondo continua a espandersi e a contrarsi.
Secondo me, tutte e due queste teorie sono ugualmente incredibili e affascinanti:; o l’universo è sempre
esistito, o è stato creato di colpo del niente…
Le galassie più lontane le vediamo, per così dire, subito dopo il big bang. Tutto ciò che un uomo può vedere
nel cielo sono fossili cosmici risalenti a migliaia e milioni di anni fa.
Se la notte è limpida, vediamo milioni, miliardi di anni indietro nella storia dell’universo.
Anche noi due abbiamo avuto origine con il big bang, la grande esplosione, perché tutta la materia che
forma l’universo rappresenta un’unità organica. Nei tempi primordiali, tutta la materia era concentrata in
una massa così pesante che la capocchia di uno spillo sarebbe pesata molti miliardi di tonnellate.
Le stelle e le galassie dell’universo sono formate dalla stessa materia. Un po’ si è raggrumata qui, un po’ si è
condensata là. Ci possono essere miliardi di anni luce tra una galassia e l’altra, ma tutte hanno la stessa
origine.
Che cos’era ciò che esplose miliardi di anni fa? Questo è il grande mistero. Ma è qualcosa che ci coinvolge
profondamente perché anche noi siamo fatti di questa materia: siamo una scintilla di quel grande falò che
venne acceso molti miliardi di anni fa.