L`UNIONE SARDA L`UNIONE SARDA Mont`e Prama, cinque anni

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L`UNIONE SARDA L`UNIONE SARDA Mont`e Prama, cinque anni
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Rassegna sta mpa
Beni culturali
della Sardegna
Segni di una grande civiltà
a cura del Servizio Promozione
Testata
L’UNIONE SARDA
Data
27 marzo 2013
Sezione
Cultura
Ieri al Ghetto il workshop Bc²: alleanza fra istituzioni per valorizzare le statue
Mont'e Prama, cinque anni per fare passi da Giganti
Più vicino il museo plurale fra Cagliari, Sassari e Cabras
Di CELESTINO TABASSO
A volte il calendario ha un suo sense of humor. Dieci giorni fa gli archeologi avevano registrato la desolata esternazione
del rettore cagliaritano Giovanni Melis sui Giganti di Mont'e Prama: «Abbiamo un patrimonio sommerso che preferiamo
disputarci piuttosto che valorizzare» e, soprattutto, «in quale altra parte del mondo ci si permetterebbe il lusso di non
valorizzare questi monumenti, né di garantirne la fruibilità a visitatori e studiosi?».
Ieri, al Ghetto di Cagliari, la direzione regionale per i Beni culturali ha dato vita a un seminario che - se non fosse stato
calendarizzato da oltre un anno - suonerebbe come una risposta diretta alle perplessità del Magnifico. E se non fosse
un acronimo suonerebbe quasi come una formula chimica: “Bc²”. Sta per Beni Culturali - Beni Comuni ed è il modello
che la direzione offre per fare dei Giganti - a quasi 40 anni dal loro ritrovamento - un tesoro comune e diffuso,
accessibile a tutti oltre che prezioso turisticamente e scientificamente. E, perché no, redditizio.
La formula - benedetta ieri dalla Regione col convinto «approviamo appieno» di Antonio Mauro Conti, direttore
dell'assessorato alla Cultura - prevede in sostanza che tre strutture siano destinate a valorizzare i colossi dell'Età del
Ferro: Li Punti, che la soprintendenza aveva scelto a suo tempo per la fase del restauro, ma soprattutto il museo
archeologico di Cagliari, che accoglierebbe alcuni dei monumenti, e quello di Cabras, che custodirà e proporrà al
pubblico le altre statue.
Dall'intervento di Anna Paola Loi - che ha aperto il workshop - e da quelli successivi si possono enucleare tre linee
guida. In primo luogo: l'attribuzione di un Gigante all'una o all'altra struttura non sarà l'episodio finale di un braccio di
ferro fra territori, ma la conseguenza di una approfondita operazione di governance. Questa parola inglese così
rassicurante significa in concreto: per valorizzare i Giganti serve una cabina di regia, una distribuzione di competenze e
di poteri molto nitida, che agisce con efficacia e previene i conflitti. Anche - e forse soprattutto - perché prevede il
coinvolgimento delle popolazioni locali e dei loro rappresentanti, così da evitare campanilismi in salsa archeologica. Per
arrivarci servono rapidamente i dati per completare l'analisi di contesto - capire che cosa è pronto, che cosa lo sarà a in
quali tempi - e programmare gli interventi.
Secondo elemento chiave: per allestire questo “museo diffuso” serviranno anni, forse cinque. Nel frattempo i Giganti
andranno messi a disposizione dei visitatori, dopo il lunghissimo periodo di penombra vissuto dal ritrovamento a oggi.
L'idea - illustrata dall'architetto Olindo Merone - è fornire al visitatore l'esperienza più completa possibile, sfruttando la
tecnologia - in particolare pannelli interattivi e sistemi audio - ma mettendola al servizio dei reperti, che devono restare i
protagonisti degli ambienti che da un capo all'altro della Sardegna si porgeranno l'un l'altro la narrazione e la
suggestione di questa vicenda artistica e storiografica.
Il terzo punto è quello delle risorse finanziarie, quelle per sostenere l'investimento iniziale e quelle che dovranno
alimentare il progetto nella sua vita quotidiana. Sul fronte regionale gli orizzonti sono inevitabilmente di austerity: Conti
spiegava che nel prossimo futuro la cultura potrà contare su bilanci «da sopravvivenza». Diverse le prospettive europee
- facevano notare Dolores Deidda e Gianluca Cadeddu - a patto che all'Unione ci si presenti in modo compatto e con
una governance senza incertezze né smagliature. In questo caso i fondi strutturali potrebbero rivelarsi più accessibili di
quanto un'interpretazione letterale potrebbe far supporre ad alcuni. D'altronde il documento Barca sembra ritagliato sulla
musealità plurale pensata per Mont'e Prama, e non solo immaginato a misura di Pompei.
Quanto alle entrate che la valorizzazione dei Giganti potrebbe produrre, è stato Alessandro Leon a tracciare un quadro
ricco di prospettive interessanti.
Nelle proiezioni proposte ieri al Ghetto il museo cagliaritano potrebbe puntare a 140 mila visitatori, con un incasso non
lontanissimo dai costi (400 mila euro di uscite, 355 mila euro di entrate che però potrebbero arrivare a 540 mila con
l'aumento di un euro del biglietto di ingresso).
Per rendere redditizio il sistema però servono due premesse. Un accordo fra amministrazioni pubbliche (che è un po' il
filo conduttore di tutti gli interventi) e uno studio attento, un identikit del visitatore potenziale. Quello tracciato ieri è stato
ottenuto sfruttando al massimo i non molti dati disponibili, almeno per il momento. Fra chi entra a visitare i reperti oggi
spiccano in primo luogo i turisti culturali (il settore più forte e per molti aspetti il più promettente), poi i turisti “generici”
(che una volta in città vanno anche a farsi un'idea delle nostre antichità), le scolaresche (e su queste in realtà si
potrebbe fare un grande lavoro di attrazione e coinvolgimento, sempre ammesso che decolli il tanto auspicato dialogo
fra soggetti istituzionali) e infine i crocieristi.
Quest'ultimo forse è il segmento più significativo, perché dice molto su come viene proposta la nostra offerta culturale e
su come viene percepita. Oggi, spiegava Leon, solo sei crocieristi su cento che sbarcano a Cagliari (6,2, per l'esattezza)
visitano i musei. Si tratta della percentuale più bassa fra le città dove attraccano le grandi navi turistiche. Studiare un
approccio più stimolante - ma anche organizzare sia pure con mille cautele alcune mostre dei Giganti in Giappone, Usa
e Germania - potrebbe dare linfa e respiro alla nostra programmazione culturale.