- Domenico Paladino

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- Domenico Paladino
CAPITOLO PRIMO
Torino. In una sera d’inverno del 2020, l’ing. Giuliano Gioberti stava rientrando, sotto un’
intensa pioggia, nella sua abitazione. Sennonché, lasciata la macchina e giunto al cancelletto,
scorse una donna seduta per terra e appoggiata al pilone in muratura dell’ingresso. Si chinò
subito su di lei, la prese per le ascelle e la sollevò. Ma quella gli crollò addosso. Allora, lui la
prese in braccio, chiamò col citofono la cameriera e, nel contempo, aprì il cancello, quindi si
avviò, attraverso il giardino, verso il portone dello stabile. Con l’aiuto dell’inserviente, salì poi
in ascensore fino alla propria abitazione, si inoltrò nell’appartamento, entrò nella camera
destinata agli ospiti e distese la donna semisvenuta sul letto a due piazze. La domestica
cominciò a toglierle gli abiti inzuppati mentre Giuliano si allontanava nella stanza adiacente.
Quando rientrò, la sconosciuta era distesa sotto le coperte con gli occhi socchiusi. Era bionda
su un viso ben delineato. Giuliano si curvò su di lei e, in quel momento, la donna aprì
debolmente gli occhi e lo guardò con le pupille appannate. Lui le sorrise ma lei richiuse gli
occhi smorti e volse il viso da una parte. Nonostante la brevità di quello sguardo, lui si
accorse che era bella nonostante fosse sciupata. Stava per allontanarsi e uscire dalla stanza
quando lei riaprì debolmente gli occhi con le pupille appannate, e lo fissò con uno sguardo
intenso che a Giuliano parve di riconoscenza e di implorazione. Perciò, le sorrise e le chiese;
<< Come vi sentite? >>
<< Sto meglio. Grazie di avermi soccorsa >>
<< Quando sarete in grado di parlare, dovrò farvi alcune domande >> Lei annuì, poi
richiuse gli occhi e si abbandonò da un lato. Lui ne approfittò per chiedere alla cameriera che
impressione aveva avuto di quella donna.
<< Dai, vestiti, dalla borsa, dalle scarpe, dall’impermeabile, mi sembra una persona per
bene.>>
Quello stesso giorno, venne un dottore che la visitò accuratamente e concluse che la
signora era indenne da malattie debilitanti ma, invece, molto depressa e insicura.
Il giorno dopo, rientrando in casa, Giuliano ebbe la sorpresa di trovare la sconosciuta
seduta sul divano del salotto. Appena lo vide, gli corse incontro e lo abbracciò. Lui la strinse a
sé e corrispose al suo sguardo sospeso fra cordialità, ansia e tenerezza. Ora che si era
rimessa, gli apparve decisamente bella nonché desiderosa di esprimergli la sua
riconoscenza.
<< Come posso chiamarvi? >>
<< Il mio nome è Giuliano. E il vostro? >>
<< Sono di nascita inglese e mi chiamo Ingrid >>
<< Parlatemi di voi >>. La prese per mano e la condusse sul divano. Si sedettero e lui
la invitò a parlare. Come per farsi forza, lei gli tenne la mano, poi cominciò a raccontargli la
sua storia.
*
*
*
Dal suo racconto, Giuliano apprese che Ingrid aveva 27 anni, era una studentessa
universitaria di medicina e apparteneva ad una famiglia della buona società inglese. Suo
padre era ingegnere e sua madre insegnante di lingue. Entrambi abitavano a Pinerolo e lei,
Ingrid, aveva con loro rapporti telefonici perché si era trasferita a Torino per i suoi studi. Però,
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mentre viveva ancora in famiglia, aveva stretto amicizia con uno studente universitario di
modi a aspetto gradevoli. E poiché era piena di vita, aveva aderito alla richiesta del nuovo
amico, che si chiamava Stefano ed era sovvenzionato da una famiglia benestante, di
concedersi a lui sessualmente. Ma col passare del tempo, si accorse che aveva accanto un
giovane di modesta personalità, mediocre negli studi e tiepido negli affetti, che le voleva bene
ma senza slanci: questo suo comportamento limitò gradualmente il sentimento di Ingrid per
lui. Forse, non si erano mai veramente amati ma erano stati spinti soprattutto dal piacere del
sesso.
Fu durante quel periodo incolore che Ingrid ebbe un incontro che poi doveva rivelarsi
fatale e sconvolgere tutta la sua vita.
Una sera, infatti, confidò a Giuliano proseguendo il suo racconto, andò con Stefano in
un locale notturno e, dopo essersi seduti ad un tavolo, il giovane bevve diversi bicchieri di
cognac tralasciando di ballare. Ingrid stava inerte e avvilita accanto a lui. Ne approfittò un
cliente alto e atletico, che si avvicinò per invitarla. Lei guardò amareggiata Stefano e constatò
che era intontito. Perciò accettò l’invito e iniziò a ballare un tango. Il suo nuovo compagno era
molto abile. La stringeva appassionatamente e la guardava con ardore. Aveva occhi
penetranti e inquieti e un viso squadrato che mettevano Ingrid a disagio ma, nel contempo, la
spingevano ad abbandonarsi a lui. Quando il ballo finì, le propose di ripetere il successivo.
Ma Ingrid era disorientata e lo pregò di riaccompagnarla al tavolo dove Stefano sedeva quasi
sdraiato con lo sguardo annebbiato. Lo sconosciuto, allora, la trattenne , l’accompagnò al bar
e si presentò. Il suo nome era Federico e, nel dirglielo, le porse il suo biglietto da visita.
<< Vorrei rivedervi >> le disse fissandola con quel suo sguardo magnetico.
<< Ma io non vi conosco. Come vedete, ho un compagno.>>
<< Dimenticatelo e affrontate con me una nuova esperienza. Mi sembrate una donna
speciale. Trovate un’ora per me, vi prego.>>
Lei si sedette ad un tavolo ma rifiutò qualsiasi consumazione e, con voce incerta, gli
disse:
<< Odio il tradimento per se stesso. Scusatemi, ma non posso rimanere con voi
adesso. Ho il vostro numero di telefono. Perciò, vi prometto una telefonata.>>
Così, finì quella serata. Ingrid ritornò a casa stravolta perché quell’ uomo,
effettivamente, l’aveva colpita. E, durante tutto il giorno seguente, si tormentò sulla decisione
da prendere. La sera, a letto, chiese a Stefano:
<< Ma tu, che sentimento provi effettivamente per me?>>
<< Che domanda! Ti voglio bene! >>
<< Si, ma non me lo dimostri. Ti sento lontano, assente. A che pensi realmente? Hai
un’altra donna? >>
<< No, ! Ma vi è in me un’infelicità profonda di cui assolutamente non so rendermi
conto. Forse, l’incapacità di trovare in me stesso energia, volontà di affermarmi, desiderio di
vivere>>
<< Vieni sul mio cuore Stefano. La mia presenza non ti aiuta a scacciare questi
pensieri, a perderti nella tenerezza e nel desiderio? >>
<< Si, certo >> rispose Stefano.
L’abbracciò, la baciò ma poi si assopì sul suo seno. Ingrid attese un poco, poi lo scostò
amareggiata. Vi era in lui, pensò, un male oscuro, forse un’anomalia ereditaria o, forse, un
trauma subito da bambino.
Il giorno dopo, quell ’ amarezza e quelle domande persistevano. Finché, quasi con
sofferenza, telefonò a quel nuovo venuto e accettò il suo invito.
Si incontrarono, in un lussuoso caffé. Là, quell’ uomo nuovo, aitante e attraente, le
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disse di chiamarsi Federico ma che, fin da ragazzo, aveva preferito il diminutivo Fox. La
guardava in un modo penetrante che la metteva a disagio. Sentiva nei suoi modi di parlare
una risolutezza che la dominava. Non sorrideva mai ma si guardava intorno con occhiate
saettanti.
Era certo un uomo di forte personalità, ma, con lei, era disponibile e gentile. Dopo aver
consumato un aperitivo, andarono a sedersi in un salottino raccolto ed elegante dove
cominciarono a conversare sui trascorsi della loro vita. Lui le disse che non aveva accettato le
proposte di studio dei genitori i quali vivevano in un piccolo borgo dove il padre gestiva una
bottega di fabbroferraio. Era partito perciò per la vicina grande città, Roma. Là, si era imposto
di completare i suoi studi liceali, poi si era iscritto all’università di legge. Nello stesso tempo,
per procurarsi di vivere, aveva trovato lavoro presso uno spedizioniere di containers. A
questo punto, si fermò e le disse:
<< Non voglio tediarla con la storia della mia vita. Ora sto bene, posseggo un
appartamento ed un lavoro importante. Senza il timore di apparire immodesto, la mia
prestanza fisica e la mia determinazione mi hanno aiutato a formarmi una posizione nel
mondo del lavoro e sociale. >>
Fece una sosta e la guardò intensamente:
<< Ora toccherebbe a voi raccontarmi le vostre vicende. Ma potremo farlo dopo. Quello
che mi interessa di sapere è se gradite la mia compagnia e se vorrete ancora incontrarmi >>
<< Sono esasperata e voi mi piacete. Quindi verrò >>
<< Se volete, potremmo abbreviare le attese. Verreste adesso nel mio appartamento?
>>
<< Mi volete già portare a letto? >>
<< Dipenderà da voi. Intanto, nella familiarità della mia casa, potremmo sentirci a
nostro agio >>
<< Va bene, andiamo. >>
Così si recarono nell’appartamento di Federico che si affacciava da Corso Cairoli sul
lungo Po con una bellissima vista. Era giugno e l’aria tiepida. Uscirono fuori la finestra e,
qualche minuto dopo, lui la prese per le spalle e la strinse a sé.
Lei comprese che stava per baciarla e volse il viso verso di lui. Così, Federico non
ebbe difficoltà a lambirle le labbra prima lievemente e poi sempre più ardentemente,
stringendola a sé col corpo e col viso in un lungo, appassionato contatto delle loro bocche.
Infine, quando si sciolsero da quella dolce stretta, lui la condusse verso il letto.
<< Volete? >> Le chiese. Ingrid sorrise: << A questo punto, mi sembra inevitabile. >>
Federico l’invitò a togliersi la camicetta e quando vide le sue braccia nude fu invaso dal
desiderio. Si sporse verso di lei, la spinse sul cuscino e cominciò a baciarla
appassionatamente. Quando, infine, si scostò, lei si tolse il reggiseno e si spogliò
completamente. Poi prese una camicia da notte di stoffa trasparente e stava per indossarla
quando Federico la fermò.
<< Rimani così, ti prego. La tua nudità mi affascina. >>
Seguì una notte d’amore che per lei fu memorabile perché non aveva mai subito un
possesso così vigoroso e appassionato. Rapidamente, i suoi sensi cominciarono a pulsare ed
a portarla ad un godimento completo. Aveva conosciuto la passione.
L’indomani mattina, dopo un forte abbraccio ed un lungo bacio, uscì. Quando ritornò a
casa, trovò Stefano ancora a letto, accigliato.
<<Sono stato in pensiero per te. Temevo una disgrazia. Ho telefonato all’ospedale più
vicino senza esito. Poi, è subentrato in me un altro pensiero. Forse, eri a letto con un altro
uomo.>>
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<<Sì, è così. Ho passato la notte con un uomo conosciuto ieri sera>>
<<Cioè, con uno sconosciuto.>>
<< Si >>
<<Hai voluto quindi fare la puttana.>>
<<Sì, dato che tu ti sei sempre comportato come se io non esistessi.>>
<<Ed ora cosa farai?>>
<<Rimarrò con lui.>>
<<Ed io come farò a vivere senza di te? La tua presenza, la tua vicinanza, la tua
parola, mi davano la forza di vivere.>>
<< Mi dici solo adesso queste parole?>>
Stefano allargò le braccia, scosse il capo.<< Le ritenevo scontate>>
<<No, perché hai vissuto sempre in un tuo mondo lontano. Ma qual è il male che ti
deprime?>>
<<Sono nato e cresciuto così, con questa maledizione.>>
<<Incredibile! Ma adesso è troppo tardi. Non potevo sopportare il tuo amore instabile e
così, stanotte, ho capito cosa significa vivere veramente. Perciò, non voglio ritornare indietro.
Ma, per quello che mi hai detto, parto col cuore oppresso.>>
Lui non disse altro e rimase con la testa reclinata sul petto. Lei aveva preparato una
valigia. Gli dette un ultimo sguardo e poi uscì. Ma, mentre un taxi la portava verso il suo
destino, era oppressa come se avesse commesso una cattiva azione.
Cominciò per lei una nuova vita. Ma quel passaggio rapido, troppo rapido, da un uomo
all’altro, le aveva provocato un malessere, un assillo di rimorsi e di timori che tardavano ad
attenuarsi. Fox era gentile con lei ma aveva una personalità che la dominava. I suoi occhi
perforanti, il suo muoversi rapido, quasi a scatti, la padronanza della sua voce, la
intimidivano.
L’appartamento in cui era stata sistemata era spazioso e elegantemente arredato. Ma,
ancora, le sembrava estraneo. Fox le aveva lasciato piena libertà e lei ne approfittava per
passeggiare o per visitare i grandi magazzini. Un giorno, lui la condusse in un atelier e la
invitò a scegliersi abiti da passeggio e altri da sera. Le chiese inoltre di crescersi, arricciarsi e
tingere di un rosso leggero i capelli. Voleva che apparisse una gran signora di fronte ai suoi
ospiti. Infatti, tre o quattro volte la settimana, riuniva amici accompagnati di donne belle,
eleganti e sofisticate.
Ingrid cercò di adattarsi a quel nuovo stile di vita ma, con la sua sensibilità, non riuscì
ad allacciare delle vere amicizie con quelle signore di alto bordo che parlavano di avvenimenti
mondani, criticavano altre donne dell’alta società e spesso eccedevano nel bere whisky.
Ingrid si sforzava di essere gentile con tutti, ma trovò che quegli amici e quelle donne
mancavano di finezza e di cultura. Cominciò ad annoiarsi e, col permesso di Federico, si
iscrisse ad un master di lingue perché quel corso proiettava la sua immaginazione verso
paesi lontani che avrebbe voluto raggiungere.
A tarda sera, quando gli ospiti se ne erano andati, lei crollava a letto con un senso di
inutilità e di stanchezza morale più che fisica. Poi, arrivava Fox, mai stanco, che parlava dei
pregi e difetti di quegli ospiti appena usciti, di un suo progetto di fondare una casa
cinematografica, la sua materia preferita, e di altro. Infine, si infilava nel letto e, a Ingrid
sembrava che si accorgesse solo allora della sua presenza. La baciava voracemente, poi
saliva su di lei e la prendeva con vigore. Infine le chiedeva rapidamente come avesse
passato la giornata. Ma non vi era nella sua voce la dolcezza a cui lei avrebbe voluto
abbandonarsi. Spesso, mentre gli rivolgeva la parola, improvvisamente lui la interrompeva
perché si era ricordato di un problema di lavoro o di un altro impegno. Poi, infine, la baciava
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ancora e si voltava dall’altra parte per dormire.
Ingrid ritornava sui suoi pensieri, poi cadeva in un senso di vuoto che la faceva
scivolare con amarezza verso il sonno.
Passò così circa un anno. Sentiva il dominio di quell’ uomo ma non provava amore per
lui, bensì soggezione. Sentiva che aveva una personalità dominante alla quale non sapeva
opporsi.
Lui svolgeva un lavoro frenetico e veniva in casa nelle ore più varie. Ma Ingrid non
pranzava per conto proprio. Preferiva attendere che Fox arrivasse. I migliori momenti della
giornata erano comunque quelli in cui poteva rimanere sola. Prendeva allora qualche libro di
narrativa ma non riusciva a concentrarsi. Interrompeva spesso la lettura per riflettere. I suoi
pensieri oscillavano fra il passato e il presente. Pensava ai suoi genitori soli e, spesso, a
Stefano, che aveva abbandonato quasi brutalmente, e si chiedeva come vivesse ora. Ma
preferiva non telefonargli. Sperava soltanto che, così giovane com’era, trovasse una strada
sicura dopo la fine degli studi, ma, soprattutto, vincesse la sua anomalia.
Intanto, il suo compagno le sembrava sempre più esagitato. La baciava rapidamente
ma poi correva al suo tavolo di lavoro e telefonava in continuazione. Ma le sue telefonate
erano concitate e spesso lei lo sentiva alzare la voce . Un giorno, poi, ebbe in casa un dialogo
serrato con un individuo dall’aspetto poco rassicurante. Man mano, le loro voci divennero
concitate, poi entrambi si misero a gridare e ad insultarsi. Infine, Fox disse al suo
interlocutore che il loro rapporto era finito e gli intimò di andarsene.
Ingrid aveva sentito tutto perché i due non si erano curati di chiudere la porta dello
studio. L’ospite, un uomo massiccio e calvo, uscì e incontrò Ingrid che era rimasta
nell’anticamera dello studio per sentire e cercare di comprendere cosa stava succedendo.
Passandole accanto, le disse con voce concitata:
<< Se ne vada, signora, perché qui la baracca sta sfasciandosi.>>
Ingrid non gli rispose e, mentre quell’ uomo infuriato stava uscendo, si diresse verso lo
studio di Fox, entrò e lo trovò seduto con la testa tra le mani. Rimase senza parole perché lo
aveva sempre visto deciso e sicuro.
Fox udì i suoi passi, si scosse, si alzò e andò verso di lei. Era rosso in volto e
congestionato. Quando le fu vicino, lei l’abbracciò, lo baciò sulla fronte e sul volto ed esclamò
:
<< Vieni a sederti e raccontami.>>
Si accomodarono su un divano e Ingrid gli disse, prendendogli le mani:
<< Vedo che hai dei problemi >>
<< Si. Le autorità hanno messo sotto sequestro le mie aziende >>
<< Per quale motivo? >>
<< E’ una lunga storia. E tu, che sei pura e lontana dai miei traffici, rimarresti sconvolta
>>
<< Addirittura! >>
<< Perciò, non parliamone. Ho bisogno di stare in silenzio, di distrarmi, di pensare a
come uscire da questa situazione. Ti chiedo soltanto di starmi vicino>. Rimasero così seduti
sul divano tenendosi per mano.
Ma i giorni successivi furono altrettanto tempestosi. Fox andava e veniva da casa, le
serate mondane cessarono. Ingrid era preoccupata ma non aveva una persona amica con cui
sfogarsi. Una sera, mentre era a letto, Fox entrò improvvisamente in camera, si tolse la
giacca e si sdraiò accanto a lei.
<< Debbo partire >> le disse abbracciandola e baciandole il viso.
<< Le mie valigie sono già pronte. Sono venuto a salutarti. Volevo offrirti una vita
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tranquilla ma i miei affari erano troppo complessi e aggrovigliati e ora mi costringono a
privarmi della tua compagnia. >>
<< Questo vuol dire che non ritornerai? >>
<< Il mio futuro è molto incerto. Adesso debbo allontanarmi al più presto ma ti darò mie
notizie .Grazie di tutta la tenerezza che mi hai donato >>
L’uomo forte di un tempo era scomparso in lui. Sembrava invecchiato. Si alzò dal letto,
indossò la giacca e, dopo un ultimo sguardo, uscì.
Quella notte, Ingrid non riuscì a dormire per la sua pesantezza del suo cuore e per la
sua inquietudine.
Seguirono giorni vuoti nei quali non ebbe alcuna chiamata da Fox né alcuna notizia che
lo riguardasse.
Poi, tre giorni dopo, una sera, la cameriera l’informò che due individui massicci e
dall’aspetto poco rassicurante si erano presentati alla porta preannunciando l’arrivo del
“Capo”.
Ingrid sobbalzò perché sentiva quell’ arrivo gravido di sorprese. Nel frattempo, si era
scatenato un furioso temporale con frequenti e abbaglianti scariche elettriche. Rimase in
camera da letto con il cuore in tumulto, poi sentì all’esterno della camera un susseguirsi di
passi pesanti, un incrociarsi di ordini.
Infine, ritornò il silenzio. La cameriera entrò furtivamente con un aspetto preoccupato e
le disse che un uomo sulla cinquantina, vestito elegantemente e dall’aspetto burbero, si era
insediato nello studio di Fox ed aveva chiesto che lei, Ingrid, andasse a presentarsi. Con
amarezza, aderì. Lasciò la sua camera e si portò nello studio. Scorse seduto sulla scrivania
un uomo che si era tolto l’impermeabile gettandolo su un divano.
Dimostrava una cinquantina d’anni, aveva il viso pieno di rughe e uno sguardo torvo.
La guardò con insistenza e poi le disse :
<< Vedo che siete bella. Non potevo aver dubbi. Fox ha avuto sempre buon gusto in
materia di donne. Ora siete mia!>>
<< Che volete dire? >>
<< Siete mia come tutto il resto: il palazzo e i mobili. Tutto è passato a me perché Fox
non poteva pagarmi la somma che mi doveva >>
<< Non sapevo che Fox avesse dei debiti >>
<< Infatti. Ma una grossa partita di droga è andata perduta nel corso di traffici sbagliati.
E così, Fox è diventato mio debitore e per salvarsi la pelle ha dovuto darmi tutto quello che
aveva >>
<< E dov’è ora? >>
<< E’in fuga, inseguito dalla polizia. Ma vedrete, se la caverà. E’ un veterano di questo
mestiere.>>
<< Io non so dove andare. Ma in ogni caso, lascerò domattina questa casa. >>
<< Dovete rimanere invece e diventare la mia donna.
Accettate questo destino
avverso scegliendo la soluzione migliore. Perciò, questa notte starete con me>>
<< Permettetemi di rientrare nella mia stanza >>
<< Certo! E’lì che dovete aspettarmi >>
Ingrid rientrò quasi di corsa in camera sua, allestì una valigetta e, con la disperazione nel
cuore, uscì di corsa dal palazzo, sotto la pioggia. Andò a piedi nella vicina casa degli amici
che aveva ma trovò tutto chiuso. Allora, uscì nuovamente a piedi, entrò nel recinto di una
villetta ma trovò il portone chiuso. Sentì che le forze cominciavano a mancarle e si appoggiò
ad uno dei pilastri del cancello. Poi, gradualmente, man mano che il freddo penetrava nel suo
corpo, perse i sensi.
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Al termine del suo racconto, Ingrid spinse la testa all’indietro, l’appoggiò sullo schienale
del divano e rimase in silenzio con gli occhi socchiusi.
<< Sono certo >>-disse Giuliano-<< Che il vostro uomo vi darà sue notizie >>
<< E dove? Ormai non sa dove sono. Né io so dove si trova lui >>
<< Non avete il recapito di qualche suo collaboratore?>>
<< Conosco alcuni suoi amici ma non so dove trovarli >>
<< Conoscete almeno i luoghi o le aziende dove svolgeva le sue attività? >>
<< Non me ne ha mai parlato. Era molto generico e riservato al riguardo >>
<< E allora, appena vi sentirete meglio uscite, andate in giro. E’ possibile che qualcuno
dei suoi amici vi riconosca. >>
<< Io credo che siano tutti dispersi o nascosti. Ma farò come mi consigliate. Intanto,
potete continuare ad ospitarmi?>>
<< Certamente. Resterete con me fino a che non si verifichi un fatto nuovo.>>
<< Ma voi vivete solo? >>
<< Sono vedovo. Mia moglie è morta l’anno scorso per un tumore.>>
<< Mi dispiace. Ma la mia presenza vi crea problemi? >>
<< No, affatto >>
<< Vedrete. Gradualmente, chi vi vedrà, penserà che sono la vostra amante. >>
<< Questo non mi interessa. Il problema più importante è Fox, l’uomo con cui vivevate.
Mi domando come si comporterà. Se voi temete la sua reazione, potrete andare a vivere da
sola in un appartamento che io vi affitterò a mie spese >>
<< Come avete già dimostrato, siete generoso e pieno di premure per me. Ma Fox mi
ha abbandonato ad un altro uomo, mi ha letteralmente venduta. Non ha alcun diritto o pretese
ormai su di me.
<< Allora restate finché non si presenterà una soluzione migliore. >>
<< In questo momento, il mio sentimento prevalente è la mia riconoscenza per voi.
Però, tenete presente che sono una donna distrutta e non disponibile.>>
<< Vi assicuro il mio rispetto. Ma non mi sento di lasciarvi sola in casa quando io andrò
ad un ricevimento. Vi inviterò a venire con me e vi presenterò come la mia assistente sul
lavoro. Lasciamo che gli altri credano quello che vogliono. >>
<< Potreste aiutarmi a trovare un lavoro? >>
<< Che cosa sapete fare? >>
<< Praticamente niente. Ero solo una studentessa>>
<< Quindi, avete una base di cultura. Cercherò un lavoro per voi, a cominciare dalla
mia azienda..>>
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Giuliano dirigeva un settore di un’ importante impresa torinese di aeronautica spaziale.
Aveva 31 anni e lavorava da cinque in quel campo dimostrando inventiva ed una
conoscenza ormai profonda dei problemi della navigazione nello spazio. Per la sua
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competenza professionale, era entrato in contatto con uomini e donne che avevano posizioni
dirigenziali nel mondo economico torinese, e gradualmente, aveva avuto accesso alla vita
mondana della società benestante torinese.
Non gli fu difficile, perciò, trovare un lavoro per Ingrid in una rinomata casa di mode,
con compiti di direzione del personale di uno dei settori dell’azienda.
Lei continuò a vivere a casa sua dove si sentiva protetta, pranzava con lui e spesso lo
accompagnava a ricevimenti e manifestazioni. Tutte le persone che essi incontravano
pensavano ovviamente che fossero amanti, però restavano perplessi osservando il loro
comportamento distaccato anche se gentile, ma soprattutto esente da atteggiamenti amorosi.
Una sera, in casa, dopo aver cenato, Ingrid andò a sedersi sul divano accanto a
Giuliano che stava seguendo la televisione. E, per la prima volta, appoggiò la testa sul suo
petto.
Lui la guardò, abbassò il volume della televisione e le accarezzò i capelli.
<< Finora, ho vissuto in questa casa tre mesi nei quali ho potuto conoscerti bene. Non
so come ti comporti in ufficio con i tuoi dipendenti ma con me sei stato sempre dolce e
premuroso. Mi hai aiutato a trovare pace, serenità e speranza. Gradualmente, è nata in me
ammirazione, stima e affetto nei tuoi confronti. Ti voglio bene, Giuliano e, se vuoi, sono
disposta ad essere la tua donna>>
<< Questi tuoi sentimenti sono condivisi da me. Ti guardo con ammirazione in ogni tuo
atteggiamento .La tua presenza mi riempie di gioia e mi fa amare la vita. Grazie perciò della
tua offerta e, da questa notte, saremo uniti nella carne e nello spirito. >>
Emozionata, Ingrid si recò nella sua camera per trasferire in quella di Giuliano i propri
vestiti e la biancheria. Ma, mentre era così affaccendata, squillò il telefono che era sul
comodino. E quando rispose, sobbalzò. Chi la chiamava era Fox.
Sentì che la sua voce era rauca e alterata.
<< Fox?! Come mi hai trovata? >>
<< Mi sono informato su di te. So che vivi con un altro uomo >>
<< Si, con un uomo generoso che mi ha ospitata dopo che sono fuggita da casa tua
perché mi avevi venduta al tuo acquirente >>
<< Non è vero. Gli avevo solo raccomandato di prendersi cura di te. Ma lui si è
comportato come un mascalzone. >>
<< Fox. Sto cercando di ricostruirmi una vita. >>
<< Ma io ti amo. Non voglio perderti. >>
<< Troppo tardi. Addio Fox >> e chiuse il ricevitore.
Era però terrorizzata. La notte che si accingeva a trascorrere con Giuliano per iniziare
una nuova vita, era offuscata dal timore di interventi di Fox. Più tardi, a letto, non riuscì perciò
a godere le carezze e i baci di quell’ uomo nuovo finché quelle tenerezze si prolungarono con
tale trasporto da condurla ad un orgasmo liberatorio. I suoi timori si allontanarono, poi nella
notte, fino a scomparire perché Giuliano era inesauribile nella sua voracità amorosa.
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SECONDO CAPITOLO
La sua vita con Giuliano trascorse serena per due mesi. Al rientro a casa dopo il lavoro,
vi era fra loro un prolungato scambio di baci. E, ogni notte, si amavano con spasimante
accanimento.
Ma, in un giorno di novembre del 2022, uscendo da un negozio, Ingrid si trovò
improvvisamente davanti Fox. Il suo sguardo era impenetrabile.
<< Devo parlarti >> le disse con voce alterata << Ti prego di entrare in macchina >>
<< Non ho niente da dirti >> le rispose Ingrid con timore.
<< Non costringermi ad obbligarti >>
<< Non ho niente da dirti >> ripeté lei e fece l’atto di allontanarsi.
Allora Fox la prese per un braccio e l’obbligò a salire sul sedile anteriore di una
macchina scura che era davanti a loro.
Lei oppose resistenza ma Fox la spinse nell’interno e poi chiuse lo sportello. Subito
dopo fece il giro della vettura, entrò e si sedette accanto a lei.
<< Vuoi rapirmi? >> ansimò Ingrid con voce alterata.
<< Ti ho detto che voglio parlarti. Andremo dove mi sono rifugiato >>
Uscirono dalla città e si diressero verso il nord del Piemonte.
<< Dove stiamo andando? >>
<< A Stresa, per adesso in un albergo. Poi, cercherò una sistemazione migliore >>
<< Ma io voglio ritornare a casa mia. Questo tuo comportamento è un sopruso >>
<< Tu sei la mia donna e devi seguirmi dove io andrò >>
Ingrid reagì gridando ma Fox non parlò più fino a quando lei tacque e scoppiò a
piangere.
Dopo circa due ore, giunsero a Stresa, situata in una magnifica posizione panoramica,
sotto le verdi pendici del Mottarone e di fronte al golfo Borromeo. Ma Ingrid non era in grado
di ammirare il panorama e continuava a lamentarsi. Dopo essersi sistemati in un albergo
appartato, gli disse :
<< Il mio compagno sarà in ansia per la mia assenza. Consentimi di telefonargli >>
<< Non è possibile. La telefonata potrebbe essere registrata e il posto di cui è stata
fatta potrebbe essere localizzato. Scrivigli una lettera che io farò subito recapitare da un mio
uomo. >>
<< Cosa devo dirgli del mio destino? >>
<< Per ora, digli che l’uomo con cui convivevi ti ha ripreso con sé >>
<< Tu non hai il diritto di fare questo. Mi hai venduta e ora ritorni ad avere pretese su di
me >>
<< Io non ti ho venduta, non l’ho mai pensato. Ho dovuto soltanto nascondermi con
l’intenzione di venirti a riprendere. Ma quel maledetto al quale ho dovuto cedere i miei beni
non ha mantenuto i nostri accordi e ti ha messo nelle condizioni di fuggire. Perdonami! >>
<< Questo è accaduto perché ti sei dedicato ad affari sporchi. Ti credevo un gentiluomo
e invece…..>>
<< Basta! Ti ho chiesto di perdonarmi. Un uomo onesto rimarrà sempre un modesto e
avrà nella società un peso insignificante. Ho sentito in me la forza di emergere. Ora sono in
fuga ma riuscirò a rimettermi in piedi. La tua vicinanza addolcirà questa mia vita aspra >>
<< Quindi, tu ti illudi che io rimanga con te. >>
<< Si, lo desidero fortemente >>
<< Ma io ho incontrato un uomo migliore di te, che mi ha dimostrato affetto e rispetto.
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E’ da lui che voglio ritornare >>
<< Allora, è cosi che mi amavi? >>
<< Più che amarti, provavo soggezione di te. Tu mi dominavi ma non sapevi darmi
tenerezza. Ti ammiravo ma non ti amavo. Io sono fatta così. Ora che ci siamo spiegati, ti
prego di lasciarmi andare >>
<< Questo no! Sei stata mia e morirai mia! >>
<< Dovrai trattenermi con la forza. Vedrai riuscirò a far intervenire la polizia >>
<< Siamo arrivati a questo punto? Vuoi denunciarmi come se ti avessi rapita? Non ti
consentirò di telefonare a quell’ uomo. Lo avviserò io stesso >>
Andò verso il telefono che era su un comodino del letto, ne staccò con forza la spina e
uscì dalla stanza sbattendo la porta.
*
*
*
Quel giorno di novembre del 2022, il mancato rientro a casa di Ingrid per il pranzo
scatenò l’apprensione di Giuliano. Il fatto che lei non gli rispondesse al telefono lo fece
precipitare in una profonda e dilaniante preoccupazione. Ebbe la certezza che le era
accaduto un inconveniente. Cominciò a telefonare alla polizia, ai carabinieri e agli ospedali
della zona ma senza alcun risultato. Perciò, nel primo pomeriggio, si recò alla più vicina
stazione dei carabinieri e denunciò il fatto. Poi, quando giunse la sera senza ricevere
nessuna notizia, precipitò nella disperazione. Sebbene la conoscesse soltanto da pochi mesi,
si era sempre più avvicinato col cuore a quella signora bella, composta, elegante, e ne aveva
apprezzato la sensibilità, la delicatezza, l’educazione, il suo senso di carità e di altruismo.
In amore, era delicata e dolcemente appassionata. Questa sua passione per lei non
era stato un colpo di fulmine ma un sentimento che gradualmente si era andato intensificando
in lui fino a fargli sentire che non poteva più fare a meno di quella donna entrata nella sua vita
per una svolta drammatica di eventi .
Adesso, era disperato soprattutto perché ignorava la causa di quell’assenza. Forse, un
incidente oppure un rapimento da parte di quell’uomo protervo che si era impossessato del
suo destino.
Telefonò ad altri ospedali e a distretti di polizia dei paesi vicini ma senza esito. Si rese
conto che era inutile andare a letto perché non avrebbe preso sonno e continuò a chiedersi
cos’altro poteva fare per trovare uno spiraglio di ricerca. Sennonché, improvvisamente, il
telefono squillò. Si precipitò sul ricevitore e lo sollevò con la speranza di sentire finalmente la
voce di Ingrid. Gli pervenne invece una rauca voce maschile che gli disse:
<< Voi siete l’ingegnere ? >>
<< Si, voi chi siete? >>
<< Sono uno che può darvi notizie sulla vostra donna >>
<< Ditemi >>
<< Io mi trovo vicino al vostro portone. Portatemi 10 mila euro e vi dirò dove lei si trova
>>
<< Non dispongo in casa di questa somma. Posso portarvi al massimo 3 mila euro e
darvi il resto dopo >>
<< Scendete allora con quella somma >>
Giuliano si affrettò a raccogliere quel denaro e scese al pianterreno non senza timori
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perché temeva un agguato. Giunto nel portone, aprì la porta del palazzo e vide un uomo che
indossava un cappotto col bavero alzato e un berretto con la visiera.
<< Sono Giuliano. Ho con me tremila euro e domani preleverò in banca il resto. >>
<< Allora, vi darò le notizie che vi interessano domani >>
<< No, se volete questo anticipo dovete anche voi darmi un anticipo di notizie >>
<< La vostra donna è viva ed è prigioniera di un uomo in un'altra città >>
<< Allora, era quello che temevo. Incontriamoci perciò domani mattina alle 9 davanti all’
Unicredit di via Garibaldi >>
<< Chi mi assicura che non informerete la polizia?>>
<< Potrei farlo. Ma, mi comporterei scorrettamente verso di voi che, seppure per
interesse, avete voluto informarmi.>>
Rientrando in casa, Giuliano si rese conto di essere solo e di non avere il tempo di
prendere delle precauzioni.
Quell’uomo poteva essere un mascalzone bugiardo e dargli notizie inventate. Doveva
in qualche modo cautelarsi.
Cercò a questo scopo, sull’elenco telefonico, il nominativo di una agenzia investigativa
privata. Lo trovò e telefonò al numero indicato. Gli fu risposto che, per esigenze urgenti,
poteva chiamare un numero di emergenza. Si affrettò a farlo e gli rispose una voce maschile.
Si qualificò e chiese che un dipendente dell’agenzia fotografasse senza farsi vedere l’uomo
che lui avrebbe incontrato davanti alla banca. E, per consentire di essere riconosciuto, gli
fornì dei particolari sulla figura fisica e sull’ abbigliamento di entrambi.
L’indomani, si recò in banca e riscosse la somma di cui aveva bisogno. Poi, mentre
usciva, fu chiamato da una voce maschile, si voltò e riconobbe l’uomo della sera precedente.
Allora, si appartò con lui e gli versò la somma residua.
Subito dopo, quello gli disse:
<< Io sono stato trattato male da Fox e questo spiega il mio comportamento. Voi siete
stato di parola e, se avrete bisogno di me, chiedete dello “squalo” a questo numero >>
<< Va bene. Ora ditemi dove trovare la mia donna>>
<< Fox l’ha portata nell’ albergo “Regina Palace” di Stresa, centro rivierasco del lago
Maggiore. La troverete là ma dovete essere prudente perché Fox è sempre armato >>
<< Grazie, prenderò le precauzioni necessarie >>
Dopo aver lasciato l’informatore, Giuliano entrò in un bar per riflettere e decidere se
denunciare il fatto e riferire quelle notizie alla polizia oppure se agire da solo. Alla fine,
l’impazienza di rivedere Ingrid vinse sul buon senso. Perciò, si avviò in macchina lungo le
strade che conducevano fuori dalla grande città. Conosceva il percorso da compiere per
raggiungere il lago Maggiore. Quando era ancora vivente Giovanna, la sua defunta moglie,
aveva trascorso periodi di vacanza sulle rive di quel lago e il ricordo della moglie morta cosi
prematuramente, anche lei dolce e sensibile, ravvivò in lui il bisogno di riprendere con sé
Ingrid per colmare il vuoto della sua vita.
Superò Vercelli, Novara, Borgomanero e Arona e, infine, raggiunse Stresa. A quel
punto, si fermò perché altri pensieri erano sopravvenuti nella sua mente. Si chiese se fosse
preferibile recarsi a denunciare il rapimento ai carabinieri del luogo e procedere con loro
verso quell’albergo, piuttosto che recarsi da solo. Ma prevalse in lui un impeto di rabbia, la
foga di afferrare alla gola quell’ uomo se l’avesse visto vicino ad Ingrid, indipendentemente
dal fatto che fosse o meno armato. Così, entrò nell’albergo, si diresse verso il portiere, gli
versò anzitutto una lauta mancia e poi gli chiese di Ingrid. L’uomo non disse una parola, alzò
il telefono e, prima di chiamare, chiese a Giuliano il suo nome. Confidando sulla mancia
concessagli, lui gli rispose:
<< Vi è una situazione delicata che potrebbe degenerare. Se risponde l’uomo che è qui
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ospitato con lei, ditegli che è atteso al pianterreno da un carabiniere in borghese. Se invece
risponde la signora, chiedetele se è sola e, in caso affermativo, ditele che Giuliano vorrebbe
salire da lei>>. Il portiere telefonò, parlò per qualche minuto, poi si rivolse a Giuliano e gli
disse:
<< La signora è sola. Mi ha detto di attenderla perché scenderà subito>> .
Giuliano esultò e attese con ansia. Qualche attimo dopo, vide Ingrid uscire di corsa
dall’ascensore con indosso una pelliccia. Si abbracciarono freneticamente, poi lei disse: <<
Fuggiamo presto perché Fox può rientrare da un momento all’altro.>>
Salutò il portiere con un braccio alzato, poi uscì con lui e, insieme, si precipitarono nell’
auto. Partirono immediatamente e, intanto, Giuliano le chiese:
<< Sei stata rapita da Fox?
<< Si, da lui in persona >>
<< E ti ha posseduta ? >>
<<Ha tentato ma, poiché io mi dimenavo furiosamente, ha rinunciato e si è
abbandonato sul letto chiedendomi di ritornare con lui. Io però gli ho rinfacciato di avermi
abbandonato in balia di quel vecchio delinquente >>. Ma lui ha ribattuto: <<Ti voglio con me e
spero che un giorno mi perdonerai, perché sono stato vittima delle circostanze>>
Giuliano era sconcertato di quella rivelazione. Perciò, le chiese: <<Allora, cosa hai
deciso ?>>
<< Perché mi fai questa domanda? Tu conosci i miei sentimenti. Nella lontananza di
questi giorni, ho avuto conferma che sei tu l’uomo ideale che ha saputo conquistare il mio
cuore con la sua nobiltà d’animo. E’ con te che voglio vivere la mia vita. Perciò portami via
prima che lui arrivi. >>
Ad un certo punto, dopo essersi accertato di non essere inseguito, Giuliano fermò
l’auto e le disse: << Non possiamo più rimanere a Torino. Io chiederò un trasferimento e ci
sistemeremo in un'altra città nella speranza di vivere in pace.>>
Aveva appena finito di pronunciare quelle parole quando l’auto fu scossa da un
fortissimo e rumoroso urto che la sbalzò in avanti di almeno tre metri. Ingrid e Giuliano furono
fortunatamente trattenuti dalle cinture di sicurezza alle quali erano ancora allacciati altrimenti
avrebbero urtato la faccia sul parabrezza. Ma rimasero storditi e stavano cercando di capire,
quando nel riquadro del finestrino destro, apparve Fox. Il suo sguardo era terreo.
Fulmineamente, si sporse all’interno, sganciò la cintura di sicurezza di Ingrid, afferrò la donna
per un braccio e la trasse con violenza fuori dalla macchina. Lei cadde a terra gridando ma lui
la rialzò rudemente e la trascinò verso la propria vettura, quella con cui li aveva speronato, e
spalancò uno degli sportelli posteriori per scaraventarvela dentro. Ma fu afferrato alle spalle
da Giuliano che, sebbene anche lui stordito, era uscito infuriato dal posto di guida.
Fisicamente, era più alto e robusto di Fox. Questa superiorità fisica gli consentì di sferrargli
un paio di forti pugni che lo fecero rotolare a terra. A quel punto, velocemente, ne approfittò
per far uscire Ingrid dall’auto e, con lei, si affrettò ad avviarsi per ritornare alla propria
macchina. Ma, fulmineamente, Fox si rialzò, estrasse una rivoltella e fece fuoco a breve
distanza su Giuliano.
Questi si inarcò con un grido, barcollò fra le urla di Ingrid e poi si accasciò a terra. Lei si
inginocchiò su di lui e si accorse che sanguinava dalla testa. Scoppiò a piangere e stava per
prendere il telefono cellulare allo scopo di chiamare i soccorsi allorché Fox l’afferrò per un
braccio, la trascinò verso la propria auto e mise in moto per allontanarsi.
<< Maledetto!>> esclamò lei con voce strozzata << Lasciami andare perché debbo
soccorrerlo>> e poiché lui proseguiva afferrò il freno a mano e lo tirò con forza. La macchina
sbandò paurosamente e sarebbe finita fuori strada se Fox non fosse riuscito a frenare col
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pedale. A quel punto, lei aprì lo sportello, scese dalla macchina e si mise a correre sul
margine della strada verso il punto in cui Giuliano era caduto.
Fox sentì in quel momento l’insopportabilità della vita in cui, giorno dopo giorno, era
precipitato. Appoggiò la fronte sul volante col desiderio di fuggire da tutto. Nel frattempo,
Ingrid continuava a correre ed a gridare cercando, così, di dare sfogo alla sua disperazione.
Quel loro dramma si era svolto ad un bivio che le parve lontanissimo. Quando, affranta,
giunse a quell’ incrocio fatale, non vide Giuliano. Individuò tuttavia il posto dove era caduto
poiché l’asfalto presentava una larga macchia di sangue. Forse, era stato soccorso da una
macchina di passaggio. Si chiese con disperazione se era ancora vivo o se quel proiettile in
pieno cranio l’avesse già ucciso. Cadde in ginocchio e continuò a piangere curvando il viso
fino terra, finché svenne.
Quando rinvenne, si trovò in un letto di ospedale di Stresa, sostentata da una flebo. Fu
sottoposta ad esami di controllo e, la mattina seguente, ormai ristabilita, fu dimessa. Prese
alloggio in un altro albergo e, di là, fece il giro telefonico di tutti gli ospedali della zona, fino ad
Omegna, Orta, Arona, ma senza esito. Si recò allora al locale comando dei carabinieri per
denunciare il fatto. Il sottufficiale che l’aveva ricevuta l’assicurò che avrebbe informato tutti i
comandi dell’Arma, la Questura e le Capitanerie di porto. Poi aggiunse:
<< Quest’ uomo è già ricercato per altri reati, in particolare per il traffico di stupefacenti
con paesi stranieri >>.
Ingrid lasciò il comando dei carabinieri ed entrò in una chiesa vicina per trovare pace e
pregare. Pregò infatti e pianse copiosamente. E, mentre sussultava per i singhiozzi, sentì una
mano appoggiarsi su una sua spalla. Alzò gli occhi e vide un sacerdote di mezza età che la
stava guardando benevolmente.
<< Qual è il motivo del vostro dolore, sorella?>>
Lei gli baciò la mano e gli raccontò quanto le era accaduto e la sua apprensione perché
non sapeva se il suo compagno fosse morto o vivo e, in questo caso, dove si trovava.
<< Abbiamo forze di polizia efficienti. Vedrete che lo troveranno. Ma voi continuate a
pregare senza stancarvi. La Madre celeste intercederà certamente per voi. Abbiate fede>>
Le sorrise. Aveva occhi chiari benevoli. Poi, mentre lei lo guardava tenendo la sua
mano, le chiese dove abitava.
<< A Torino. Ma ho paura di andarvi perché quell’ uomo che mi perseguita per amore
verrà certamente a cercarmi là.>>
<< Alla periferia di questa città, vi è un convento di suore. Se volete, chiederò che vi
ospitino per il tempo che vi occorre per le vostre ricerche.>> Ingrid accettò e gli chiese il suo
nome.
<< Andate a nome di Padre Cesare. Io, nel frattempo, parlerò con Madre Maria, la
Superiora.>>
Lo stesso giorno di dicembre, Ingrid entrò in quel convento che sporgeva sul mare
dall’alto di una collina. E le sembrò che il rumoroso mondo esterno fosse improvvisamente
scomparso. Si sentì avvolta da una mistica atmosfera, dove tutto era silenzioso e raccolto. Fu
condotta dalla Madre Superiora che era alta e affilata, con uno sguardo immerso in
insondabili lontananze. A lei raccontò tutta la sua storia.
<< Voi venite dal mondo esterno, che è lontano dall’animo di ciascuno di noi. Qui
scoprirete le immense possibilità del nostro cuore>>
Da quel giorno, Ingrid seguì le regole del convento e si associò alle funzioni religiose
che si intervallavano ogni giorno.
Ma poi, quando era sola e l’angoscia la riprendeva, imparò che la preghiera era il suo
unico conforto. Una suora le confidò: << La Madonna parla ogni giorno agli uomini attraverso
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anime elette da Lei prescelte. Immensa è, ad esempio, la raccolta dei Suoi messaggi da
Medjugoric. Lei ci chiede di pregare ma dice anche <<fatemi compagnia>>. Perciò, sorella,
se pregherete la Madonna, sarà come avere la Sua compagnia.
E, in quel momento
non vi sentirete più sola, ma amata e protetta. E’ una magnifica sensazione che vi metterà al
riparo dalle sobillazioni del mondo.>>
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CAPITOLO TERZO
Dopo essere stato abbandonato da Ingrid, Stefano continuò a vivere passivamente ed
a studiare senza interesse.
Nell’ottobre del 2022, finalmente, conseguì il diploma di maturità scientifica e cominciò
a pensare a quello che avrebbe fatto dopo. Poteva cercarsi un impiego, iscriversi ad una
facoltà universitaria o tentare la carriera militare. Ma non vi era in lui uno stimolo, una
passione che lo spingesse. L’allontanamento di Ingrid aveva accentuato il vuoto che aveva
dentro. Alla fine, si accorse che l’unica attività da lui preferita era la recitazione in teatro ma
soprattutto in cinema. Forse, perché quello era l’unico modo di sfuggire a se stesso, di
trasformarsi in un’altra persona, preferibilmente più forte, più sicura, più propensa alla
conquista anziché alla rinuncia. Se fosse riuscito a trasformarsi in un altro uomo per la
macchina da presa, forse avrebbe potuto trasferire questa simulazione anche nella sua vita
reale.
Così, con l’aiuto economico della famiglia, si recò a Roma, prese alloggio in un piccolo
appartamento in via Tuscolana e riuscì ad essere accettato dal Centro sperimentale di
cinematografia, la Scuola nazionale di cinema che indiceva corsi di regia, sceneggiatura,
recitazione,fotografia, scenografia, montaggio ed era ubicata nella periferia romana, vicino
agli studi cinematografici di Cinecittà. Nel quadro di quelle scelte, chiese di essere ammesso
al corso di formazione degli attori. Il primo ostacolo da superare era l’esame della sua
idoneità fisica e artistica a tale ruolo, che presupponeva prestanza, sicurezza, incisività di
voce, disinvoltura, capacità di apparire un altro senza cadere nella goffaggine.
Fu convocato per le varie prove alla fine di aprile e, nel guardare la data, ricordò che
erano passati già due anni dal giorno in cui Ingrid lo aveva lasciato. La mattina indicatagli
entrò in un ampio locale che sembrava una palestra, dove gli fu chiesto di spogliarsi fino a
rimanere in slip. La commissione esaminatrice era seduta dietro un lungo tavolo e
comprendeva anche varie donne di giovane età. Gli fu chiesto di andare avanti e indietro, di
curvarsi e di flettersi. Comunicò la sua altezza che era di mt. 1,81 e, poiché mostrava una
considerevole muscolatura, rispose, a domanda, che aveva praticato per vari anni il
canottaggio. Vi era, in sostanza, un notevole divario fra la sua struttura fisica e quelle
deficienze caratteriali che Ingrid aveva rilevato.
Dopo quell’ esame esteriore, la commissione volle vederlo in azione. Fu chiamato un
altro aspirante attore e, con lui, dopo aver letto una breve sceneggiatura, Stefano simulò una
furibonda lite che trascese poi in una lotta corpo a corpo conclusasi con la rovinosa caduta a
terra del contendente. A questo punto, dopo una breve sosta e l’offerta, da parte della
commissione, di un aperitivo, l’esame riprese. Una delle signore che faceva parte degli
esaminatori, andò a raggiungere Stefano. Era vestita con un attillato abito a fiori. Gli sorrise e
gli fece leggere la breve sceneggiatura di una scena d’amore. Dopo di che, si avvicinò a
Stefano e lo affascinò con profondi occhi verdi sconvolgenti, attendendo, secondo la
sceneggiatura, che lui la baciasse.
Infatti, Stefano si sporse in avanti ma lei si ritrasse nonostante lui l’avesse avvinta alla
vita. Nel divincolarsi, la donna sorrideva quasi con scherno ma Stefano l’attrasse a sé e la
baciò con forza tenendola avvinta fino a che lei cominciò a corrispondere ai suoi baci. Stefano
si sentì coinvolto da un vortice di desiderio e afferrò un suo seno. Continuarono a baciarsi
furiosamente fino a che il presidente della commissione ordinò loro di smettere. Allora, lui si
fermò ansante e lei, quasi stordita, gli disse con ironia:
<< Avete dimenticato che questa è una prova?>>
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<< Perdonate, rispose lui, ma voi siete troppo desiderabile>>
Intervenne il direttore: << Ragazzo, dovete sempre ricordare che state recitando.>>.
Poi aggiunse << La vostra prova è stata positiva. Consideratevi ammesso al corso. La
segretaria vi darà le necessarie indicazioni.>>
Stefano si rivolse verso di lui e lo ringraziò inchinandosi.
Poi, andò verso quella signora e le chiese scusa della sua eccessiva foga.
<< Non mi è dispiaciuta>> rispose l’attrice << ma ricordatevi sempre che il nostro
lavoro è tutta una finzione>>
Il corso durò due anni e, successivamente, Stefano ebbe delle piccole parti in
commedie rappresentate in teatri della periferia. Ma un giorno di primavera del 2022,
entrando in un piccolo ristorante, vide ad un tavolo l’attrice con la quale aveva recitato,
durante i suoi esami, quell’impetuosa scena d’amore.
Era seduta con un attempato signore. Anche lei lo vide e lo salutò giovialmente
agitando un braccio.
<<Il mio focoso amante! >>esclamò e spiegò brevemente al suo commensale quello
che era successo tre anni prima agli esami degli allievi di del corso della Scuola di
recitazione.
<<Non ricordo il tuo nome!>>
<< Stefano>>
<<Stefano, prima di andartene vieni a salutarmi perché voglio parlarti.>>
Lui pranzò affrettatamente e con l’animo in subbuglio.
Poi, vide il commensale
dell’attrice alzarsi, salutarla e andarsene. Allora, sospese il pranzo e corse al tavolo di quella
bella donna, le si sedette di fronte e le disse un po’ ansante:
<<Sono a vostra disposizione. Ma soltanto ora mi accorgo che non conosco il vostro
nome. Io sono Stefano Bramante e voi?>>
<< Al mio paese, nel sud, mi chiamavo Carmelina. Ma qui mi faccio chiamare
Carmelita>>
<< Dolcissima Carmelita . Ti ho ricordata sempre da quel giorno. Mi facesti una
sconvolgente impressione.>>
<< Dovevi, allora, venirmi a cercare>>
<< Ho temuto di essere cacciato,>>
<< No, questo no perché anche tu mi sei piaciuto.>>
<< Ora sono, a tua disposizione.>>
<< Hai un lavoro? Hai una donna?>>
<< Non ho una donna perché sono a Roma per tentare la carriera dell’attore e non
conosco nessuno. Prima, ero a Torino dove studiavo. Vivo adesso in un piccolo
appartamento che mi paga la mia famiglia>>
<<Hai già lavorato come attore?>>
<< Si, ho una specie di agente che mi procura piccole parti in teatri di periferia>>
<<Non mi sembra una situazione brillante. Più che dell’agente, ti occorre un
protettore>>
<< Se fossi un bella donna, lo avrei già trovato>>
<< Io sono molto impegnata. Ma voglio fare qualcosa per te. Fatti trovare alle 5 del
pomeriggio davanti al teatro Argentina, in via di Torre Argentina. Ti presenterò al direttore.>>
<< Ci sarò. Grazie della tua generosità>>
Si lasciarono con un abbraccio e si ritrovarono all’ora concordata davanti al teatro
Argentina che, in quei giorni, presentava un’opera italiana, “Filomena Marturano”, di Edoardo
De Filippo. Carmelita condusse Stefano nel settore degli uffici e, dopo una breve attesa,
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furono ricevuti dal direttore che dimostrava una cinquantina d’anni e aveva una folta
capigliatura che gli scendeva sulle orecchie. Evidentemente, i suoi rapporti con Carmelita
erano affettuosi perché si abbracciarono e si baciarono sulle guance. Subito dopo, lei
presentò Stefano al quale il direttore strinse fortemente la mano, segno di un’indole aperta e
leale. Gli disse:
<< Carmelita mi ha informato del tuo breve percorso teatrale e delle parti che hai
interpretato. Perchè sei venuto da me? >>
<< Perché ho incontrato Carmelita che ricordava con simpatia un nostro breve incontro
al Centro di recitazione . E, generosamente, ha voluto presentarmi a voi nella speranza che io
possa avere delle parti più importanti>>
<<Qual è il tuo genere? Sei portato alle parti drammatiche o, invece, al genere
brillante?>>
<< Per le esigenze del piccolo teatro in cui ho lavorato finora, ho fatto di tutto. Ma
prediligo i personaggi tormentati o, comunque, impegnati in battaglie collegate ai grandi temi
della vita, alla lotta contro la tirannia, l’ingiustizia, la povertà.>>
<< Bene, questo mi fa pensare che impegni la tua anima nei tuoi personaggi>>
<< Si, finora , ogni volta, ho dimenticato me stesso per sentirmi il personaggio
affidatomi.>>
<< Si, questa deve essere la mentalità di un vero attore.
Voglio accogliere la
sollecitazione della magnifica Carmelita e ti invito a venire ogni giorno per acquistare
familiarità col nostro ambiente. Sei quindi assunto in questo teatro e, nel frattempo, cercherò
un lavoro e un personaggio per te.>>
Così, la vita di Stefano subì una svolta significativa. Ringraziò caldamente il direttore
Artur Stuart e poi si precipitò ai piedi di Carmelita, le abbracciò le gambe e, alzando la testa,
la ringraziò con voce rotta dall’emozione.
<< Stefano, che fai? Non sono una santa. Su, vieni, andiamo>>
Appena fuori, lei gli disse; << Stasera, dobbiamo festeggiare: ceniamo insieme e poi
stiamo insieme stanotte!>>
Lui fu invaso dalla felicità. Le prese le mani e gliele baciò ripetutamente, poi la strinse
al petto di fronte ai cittadini che passavano sorridendo.
<< Non temi che m’innamori di te irreparabilmente?>>
<< Amami stanotte. Domani, vedremo.>>
E, infatti, cenarono in uno dei più rinomati ristoranti di Torino. Lui sentiva il suo cuore
palpitare perché quella donna era non soltanto bella ma allegra, espansiva, solare.
Così, quando finalmente giunse il momento in cui l’ebbe nuda fra le sue braccia, fu
invaso da un desiderio potente e, nello stesso tempo, sentì che il suo cuore non aveva mai
provato una sensazione così inebriante da fargli apparire la vita tanto radiosa. Dopo averla
baciata, accarezzata, posseduta a lungo, comprese per la prima volta quale leva potente sia
l’amore per conquistare la vita. E gli sembrò di essersi magicamente liberato da tutte le sue
inspiegabili infelicità.
Ma quella sua splendida sensazione durò poco. Infatti, la mattina seguente, dopo
essersi alzato, la raggiunse in cucina dove lei stava preparando la colazione. Si baciarono
appassionatamente, poi lui le propose di trascorrere insieme quel giorno di sabato e la
domenica successiva sul litorale romano.
<< Mi dispiace>> rispose lei. << sono già impegnata con un produttore
cinematografico>>
Stefano ebbe la sensazione di aver ricevuto un macigno sul petto. Rimase perciò
senza parole e abbassò il capo.
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Lei si accorse della sua profonda delusione e gli disse:
<< Ti avevo avvertito. Io sono così. Ma, appena ritornerò, ti dedicherò molti giorni.>>
<< Ti ringrazio>> rispose lui. Ma, dentro di sé, sentì che era ripiombato nella
depressione di un tempo. Si lasciarono sforzandosi di apparire disinvolti e sereni. Poi, lui
sentì la necessità di recarsi in teatro per distrarsi e, sedutosi in platea, assistette per una
mezz’ora alle prove della commedia “ Don Giovanni “.Stava andandosene allorché incontrò in
un corridoio il Direttore. Con il suo carattere gioviale, Stuart lo salutò e, dimostrando un’ottima
memoria gli disse:
<< Ho pensato a te per una parte da affidarti>>
Lo condusse in ufficio, scartabellò i copioni che erano allineati su uno scaffale, ne
estrasse uno e gli disse:
<< Questo lavoro è ambientato in Palestina, all’epoca della venuta di Gesù Cristo. In
primo piano, vi è una tormentata storia d’amore e, sullo sfondo, la predicazione e la Passione
di Gesù. Io vorrei affidarti la parte del tribuno romano che si innamora di una giovane donna
figlia di un mercante. La loro storia d’amore è molto contrastata e s’incrocia con gli
avvenimenti connessi alla predicazione ed alla passione di Gesù. Che ne dici?>>
<<Non ho mai sentito che il personaggio di Gesù sia stato portato in palcoscenico.>>
<< Si, è un azzardo. Salvo che in teatri parrocchiali, nessuno ha mai osato>>
<< Si, ma prima dell’inizio dello spettacolo, voi potreste presentarvi sul proscenio per
informare il pubblico che si tratta di un lavoro ispirato a grande rispetto. D’altra parte, in
cinema, la figura di Gesù è stata presentata ripetutamente senza sollevare censure.>>
<< Sono d’accordo. Farò così e aggiungerò che questo spettacolo è un’occasione per
divulgare pagine della storia sacra che molti ignorano>>
Stefano portò con sé lo spartito nella casa in affitto in cui abitava e cominciò a
sfogliarlo. Su esortazione della madre, aveva letto, anni addietro, parti dell’Antico e del Nuovo
Testamento e le parole di Gesù lo avevano affascinato. Lesse tutto il copione e lo trovò
avvincente. Da un lato vi era l’amore del centurione Albino per la figlia di un mercante, Laura.
Lui era immerso nella vita brutale delle milizie romane, in un paese occupato e percorso da
fremiti di rivolta. I suoi incontri con la giovane erano, nel copione, un bagno di purezza e di
candore.
Albino le parlava degli scontri con i ribelli e della loro accanita ricerca di libertà per la
loro terra occupata dalla intransigente forza di Roma. Lei sentiva di amarlo ma non riusciva
ad immaginare come i loro mondi così diversi avrebbero potuto fondersi in una pacifica vita
familiare. Vi era poi un altro aspetto, quello della Predicazione e della Passione di Gesù.
Dopo la sua Ascensione, Albino chiese di lasciare il servizio per unirsi in matrimonio con
Laura. Ma la sua richiesta venne respinta e Albino imprigionato e rinviato a Roma.
Laura, allora, si rese conto che il suo sogno d’amore era finito e si unì ai seguaci di
Gesù per partecipare alla loro predicazione. Il lavoro si conclude con una scena che vede la
giovane allontanarsi verso il fondo del proscenio in compagnia della Madonna, di Maria di
Magdala e delle altre donne che avevano vegliato Gesù sul Calvario.
Durante il suo ritorno a casa,Stefano si fermò in una libreria ed acquistò una copia del
Nuovo Testamento perché desiderava esaminare quella materia sacra di cui aveva sentito
parlare da sua madre e a scuola, durante l’ora di religione, ma che soltanto in questa
occasione aveva potuto approfondire.
Le parole e le vicende di Gesù gli avevano provocato un turbamento, una scoperta che
lo inducevano a sentire che aveva vissuto finora vanamente.
Sennonché, qualche giorno dopo, si verificò un fatto estremamente spiacevole. L’attore
più importante della compagnia, Osvaldo Andrisani, quello che impersonava la figura di Gesù
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Cristo, fu colpito da infarto e, data la gravità della lesione, la sua guarigione fu messa in forse
dai medici, i quali, nel migliore dei casi, previdero un lungo decorso del male. Si poteva
annullare il programma e sostituirlo con un altro lavoro teatrale. Era una decisione destinata
alla compagnia e, a tale scopo, il Direttore convocò gli attori e li interpellò. Gli furono
sottoposti i nomi di vari attori ma lui ne escluse una parte a priori perché non avevano la
figura fisica necessaria, né la voce,né il carisma di un personaggio così straordinario.
<< Il più adatto per età e personalità ci sembra Stefano>> dissero in molti.
<<Gli manca l’esperienza ma vedo che si impegna molto. Proseguiamo le prove,
quindi, con Stefano?>>
Vi fu un assenso generale perché, in effetti, gli altri attori maschi erano tutti più anziani.
Stuart chiamò Stefano e gli chiese se si sentiva in grado di affrontare una prova così
impegnativa. Emozionato, lui rispose affermativamente.
Quella sera, ritornò a casa con uno stato d’animo esaltato. Il cambiamento non
riguardava solo una parte teatrale perché una nuova, indefinibile sensazione era entrata in
lui. Sentiva, nel profondo, che non si trattava soltanto di un evento di lavoro ma di un segno
del Cielo. Forse, era solo una suggestione ma certo non si sentiva più un uomo normale con
un normale destino ma, inspiegabilmente, un predestinato ad un glorioso sacrificio. Cadde in
ginocchio e pregò il Cielo di mantenere in lui quella fatale convinzione, di staccarlo dalle
banali cose del mondo e di invadere il suo animo della consapevolezza del sacrificio e della
morte. Si curvò sul pavimento sentendo che una presenza trascendentale era
misteriosamente entrata in lui vincolandolo alla prospettiva di un destino fatale
Ma in quel momento squillò il telefono riportandolo alla realtà. Ancora allucinato, sentì
la voce di Carmelita.
<<Parto domani per l’America, Stefano, ma non posso venire a salutarti anche perché
ho deciso di non tradire quest’ uomo che mi sta offrendo una vita nuova. Perdonami, quindi.
Ti ricorderò con molta tenerezza.>>
La ringraziò e le porse i suoi auguri ma, in quel momento per lui magico, fu lieto che lei
non venisse perchè la sua presenza estremamente carnale avrebbe infranto quella magica
consapevolezza che era subentrata in lui.
Un mese dopo, ebbero inizio le prove di quel lavoro teatrale che aveva per titolo: “ La
gloriosa Alleanza”.
L’interpretazione di Stefano fu esaltata e il suo nome fu annoverato fra i grandi
dominatori del palcoscenico. Ebbe molte scritture e,nel corso degli anni, interpretò
magistralmente ruoli diversi.
Ma quella presenza trascendentale che aveva avvolto il suo animo persisteva
preservandolo da eccessi terreni e influenzando miracolosamente le sue decisioni. Rifiutò
alcune scritture e intraprese un viaggio solitario distaccandosi da tutti i suoi collaboratori e
dell’ambiente del teatro. Si recò anche all’estero in paesi di cui conosceva la lingua e
cominciò a vagare nelle città e nei borghi vestito di un saio e predicando generalmente sulle
gradinate delle chiese. Il soggetto delle sue prediche riguardava sempre il Nuovo Testamento
e la vita e la Passione di Gesù. Ripeteva le Sue parole con un’intonazione dolorosa che
commuoveva gli ascoltatori osservanti della religione.
Un giorno, citò il discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao. Fra l’altro disse: <<Io
sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti.
Questo è il pane che viene dal cielo perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo
disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.>>
Ma l’uditorio, composto da gente di periferia, lo ascoltava senza rispetto interrompendolo
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spesso con battute ironiche o volgari. In un altro borgo, raccontò la storia della resurrezione di
Lazzaro e si commosse rievocando il dialogo fra Gesù e Marta, la sorella di Lazzaro alla
quale Gesù disse quella frase memorabile:
<< Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore vivrà, chiunque
vive e crede in me anche se morto vivrà.>>
In un’altra occasione, riferì che Gesù disse anche<< Io sono la luce del mondo. Chi
segue me,non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita.>>
Un altro giorno, Stefano parlò dell’amore dei nemici come lo aveva espresso Gesù: <
Fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro
che vi maltrattano. A chi vi percuote la guancia, porgete anche l’altra. Date a chiunque vi
chiede. Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati.
Amate i vostri nemici e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo>>
Ma, dopo le prediche, quando l’uditorio si disperdeva, rimanevano nelle piazze
ragazzacci, persone lontane o contrarie alla religione, ubriaconi, gente di malaffare, i quali
insultavano Stefano, respingevano i suoi tentativi di dissuaderli e giungevano perfino a
bastonarlo. In diverse occasioni, dovette rifugiarsi in chiesa per sottrarsi a quelle violenze.
Poi, una mattina di novembre del 2023, gli abitanti di Ostrava nella Repubblica Ceca, si
trovarono di fronte ad uno spettacolo orribile: su una cancellata di fronte ad una chiesa, era
stato crocifisso un uomo nudo, con le caviglie ed i polsi legati all’inferriata con filo spinato. Fu
chiamata la polizia e il cadavere venne trasportato al Centro medico legale della città ed
esaminato. Tutto il suo corpo era trafitto da coltellate che avevano provocato la sua morte per
dissanguamento e per il freddo. I suoi vestiti ed i suoi documenti di identificazione non
vennero trovati nei dintorni, segno che erano stati trafugati e distrutti dagli assassini.
La polizia continuò ad indagare e, alla fine, ricevette una testimonianza da un quartiere
periferico. Si trattava di una donna che aveva udito Stefano predicare davanti ad una chiesa e
che, qualche giorno dopo, lo aveva visto entrare in uno stabile dei dintorni. Furono svolte
ulteriori ricerche e, alla fine, la polizia riuscì ad entrare nel modesto appartamento che
Stefano abitava e che era pieno di libri prevalentemente sacri. Sulla base delle carte
contenute nei cassetti, si giunse finalmente a stabilire la sua identità e, conseguentemente,
venne informata la Questura di Roma. Ancora qualche giorno, poi fu informato il teatro
Argentina suscitando un generale compianto.
Finisce così la storia di Stefano Bramante, giovane insicuro e complessato che era
riuscito poi ad emendarsi ma che aveva in sé un seme indefinibile, una necessità di
esprimere il suo spirito in modo diverso dai normali esseri umani. Forse, era il destinatario di
una misteriosa scelta Divina. Ma, in Patria, la sua storia non fu dimentica e la Chiesa
Cattolica iniziò le pratiche per elevarlo alla gloria degli altari.
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CAPITOLO QUARTO
In convento, Ingrid alternava le preghiere alle lacrime finché si rassegnò alla
convinzione che la sua vita doveva riprendere. Ma se le sue lacrime si erano esaurite, vi era
in fondo al suo animo un vuoto, un senso di inutilità che frenava ogni spinta. La preghiera le
donava un senso di abbandono che allontanava ogni sua decisione di ritornare nel mondo
finché, un giorno, ebbe occasione di conversare con la Madre Superiora.
Suor Teresa proveniva da una famiglia della nobiltà veneta ed i suoi modi erano
sempre autoritari ma signorili anche quando occasioni di contrasto la spazientivano.
Osservava costantemente il comportamento delle sue suore e interveniva ogni volta in modo
sempre molto controllato. Quel giorno, occasionalmente, le accadde di avvicinare e parlare
con Ingrid per un argomento conventuale. Quando il dialogo di servizio si concluse, le chiese
quali fossero le sue intenzioni.
<< Mi sembra di aver vissuto un sogno angoscioso, Madre. Sono passati vari mesi e la
sparizione di quell’ uomo nobile e generoso perdura. Ho perso ormai ogni speranza, per cui
non mi rimane che ritornare al mio lavoro a Torino. Si usa dire, dopo una disgrazia, che la vita
continua. Perciò, continuerò a vivere con questo peso nel cuore.>>
<< Forse, potrà sorreggerti in questa tua sofferenza la consapevolezza di alleviare
quella degli altri. Pensa allo strenuo lavoro degli uomini e delle donne che si prodigano
nell’inferno torrido delle missioni africane. Là, sentiresti che la tua vita è improvvisamente
diventata preziosa e che Dio è vicino per sorreggerti. Invece che vivere per te stessa, potresti
dedicarti ad alleviare il dolore dei tuoi fratelli. Io ho trascorso tredici anni nel Congo e mi
sentivo allora intimamente appagata. Ti consiglio di fare questa scelta. Pensaci!>>
Quelle parole scesero in fondo al suo animo e lo macerarono a lungo. Infine, Ingrid si
convinse di sperimentare il consiglio di Madre Teresa e decise di partire per l’Africa e
inoltrarsi fino ad una delle missioni del Congo.
Nel gennaio 2024, abbracciò la Madre Superiora e le altre suore che le erano state più
vicine e poi, sempre seguendo le istruzioni ricevute, prese contatto con un gruppo di
sacerdoti della Comunità dei Padri Saveriani, che collaboravano con le Missioni umanitarie
operanti nella Repubblica democratica del Congo. Insieme a loro, partì per la comunità di
Chimpunda, operante fin dal 1985 e situata in una delle più grosse bidonville della città di
Bukavu.
Furono accolti affettuosamente dalle missionarie che si occupavano delle scuole
materne, elementari, di alfabetizzazione per adulti e dell’atelier di sartoria e artigianato.
Inoltre, quelle valorose missionarie offrivano il loro sostegno per l’assistenza sanitaria.
Si fermò a Chimpunda sei mesi, quindi, sempre per ordini superiori, andò con quei
missionari a Ibanda, un altro quartiere di quella stessa città, dove sorgeva una chiesa. Là,
lavorò presso il Centro nutrizionale dell’ospedale cittadino. Poi, passò ad insegnare nella
Scuola Annunciata , operante per il recupero delle ragazze che non avevano frequentato le
elementari e alle quali si offriva la possibilità di imparare una professione.
La Comunità di Ibanda aveva formulato diversi progetti di assistenza alle famiglie
bisognose ed ai bambini ammalati di Aids, ma erano iniziative disperate per la mancanza dei
fondi, ove si pensi che il Centro Nutrizionale dell’ospedale accoglieva in quel periodo più di
700 bambini all’anno che soffrivano di un’ insufficiente nutrizione.
Vi era poi un progetto di sostegno a 300 bambini malati di Aids, basato sull’acquisto dei
medicinali e sulle loro spese scolastiche. Ma le disponibilità erano scarse. Ugualmente
urgente era il bisogno di latte, farina di masoso, alimenti per l’infanzia, fondi per le cure e gli
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esami medici. Una situazione, in sostanza disperata, alla quale quei medici, quelle infermiere,
quelle suore, ponevano rimedio con una instancabile richiesta di aiuti alle associazioni di
assistenza di tutto il mondo.
Sennonché, un fatto nuovo e terribile venne a sconvolgere la vita travagliata di quella
comunità. Infatti, un giorno di maggio, improvvisamente, le capanne dove le suore e le
infermiere lavoravano vennero invase da un gruppo di guerriglieri armati i quali, brutalmente,
ordinarono a quelle donne di allinearsi lungo le pareti. Dopo di che , le passarono in rassegna
e scelsero un diecina di quelle più giovani e di bell’ aspetto.
In quelle capanne, vi erano anche dei dottori che accorsero in aiuto delle colleghe ma
furono colpiti o tenuti a bada con i fucili mitragliatori di cui quei brutali individui erano armati.
Fra le grida e le invocazioni di tutte le missionarie e delle ragazze assistite, le donne
prescelte, fra le quali anche Ingrid, vennero spinte fuori e fatte salire su un autocarro che fu
messo subito in moto, attraversò la città e si inoltrò nella campagna.
Il viaggio durò l’intero giorno, caratterizzato da diverse tappe. Ad ogni tappa, una o due
ragazze venivano fatte scendere e affidate ad uomini che provvedevano a farle salire su jeep
e fatte proseguire nell’interno di quei territori, evidentemente fino al domicilio di chi le aveva
acquistate come schiave. Trascorsero la notte tremando di freddo dato che non avevano
alcuna coperta fino a che Ingrid si accorse di essere rimasta sola. Era quindi l’ultima schiava
da consegnare.
L’indomani mattina, intirizzita e affamata, senti gridare all’esterno la parola “ Dubai !
”Intuì quindi che il maledetto autocarro era arrivato in quella città lontanissima rispetto al
luogo di partenza. Da donna colta qual’era, si rese conto che, dal Congo, era stata trasportata
fino all’Emirato Arabo di Dubai di cui quella città era la capitale. L’automezzo proseguì ad
andatura ridotta ancora per mezz’ora, poi si fermò e lo sportello posteriore venne aperto. Uno
dei suoi carcerieri venne a prelevarla con la consueta brutalità, la fece scendere dal mezzo e
la consegnò ad una donna vestita dignitosamente secondo la foggia orientale.
Incredibilmente, quella nuova venuta le sorrise e la invitò a seguirla, ma Ingrid era talmente
stremata che si accasciò a terra svenuta.
Si svegliò dopo un tempo indefinibile, in preda ad un malessere che la privava di ogni
forza. Poi, intravide una giovane donna che sorridendole, le accostò una boccettina.
Istintivamente, lei aspirò e avvertì un miglioramento, una graduale ripresa dei suoi sensi.
Quella ragazza aveva un viso ovale di colore bruno ed un dolce sorriso. Le sussurrò,
parlando in francese:
<< Siete nel palazzo del sultano Bayazid V che poi verrà a conoscervi. Vedo che il
viaggio vi ha stremato. Ma qui potrete riprendervi e vivere una vita piacevole.>>
<< Ma non sono una schiava?>>
<< Qui, siamo tutte schiave. Ma, credetemi, è una dolce schiavitù. Il sultano vuole che
la gentilezza regni nel suo palazzo.>>
<<Questo mi conforta. Ma resta il fatto che sono stata strappata con violenza al lavoro
che svolgevo.>>
<< Qual era il vostro lavoro?>>
<< Sono una missionaria. Assistevo i poveri, i malati, i derelitti.>>
<< Prima di essere venduta come schiava, appartenevo ad una famiglia poverissima.
Perciò, posso comprendervi. Ma ora, vi farò portare la colazione a letto. Dopo, vi sentirete
certamente meglio e potremo vestirvi secondo le nostre usanze.
Domani, riceverete la
visita del Sultano.>>
<< Siete stata molto affettuosa e comprensiva. Posso conoscere il vostro nome? >>
<<Domna>>
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<<Vi ringrazio, Domna, e vi aspetto>>.
Non dovette attendere molto. Era ancora mattina quando entrarono nella stanza due
giovani vestite succintamente. Indossavano un reggiseno ricamato ed un gonna lunga fino a
terra ma aperta sui lati, che, nel camminare, mostrava le gambe per intero. Sorridendo, la
invitarono a passare nella stanza da bagno, la spogliarono,la immersero nella vasca , la
insaponarono e la lavarono tutta.
<< Sei bella>> disse sorridendo una di loro << hai un bellissimo seno sodo ed eretto.>>
A quelle parole, le due giovani risero apertamente.
<<Immagino quello che state pensando. Cioè, all’impressione che susciterò sul
Sultano. Ma dovete anche pensare che tutte le sue donne sono in fiore>>
<< Prima ancora del Sultano, conoscerete la Kaya Kadin, cioè la Sovrintendente
dell’harem. Verrà a trovarvi nel pomeriggio e vi porrà delle domande per poi informare il
Sultano. Conoscerete anche un altro personaggio, cioè il Kislar aga, il capo dei 30 eunuchi
preposti alla vigilanza di noi schiave.>>
<< Per me, questo è un mondo sconosciuto. Confesso che ne avevo conosciuto
l’esistenza leggendo qualche resoconto, ma non pensavo che questi costumi sopravvivessero
ancora. Mi illudevo che la schiavitù di un essere umano fosse un retaggio del passato, ma
non è così. Esistono luoghi, purtroppo, dove la sopraffazione dei propri simili sussiste
ancora.>
Alla fine del bagno, le fu fatta indossare una lunga tunica orientale. Subito dopo, fu
condotta in una lussuosa camera da pranzo e fatta sedere ad un lungo tavolo. Mentre
attendeva, entrò nella sala una signora di mezza età elegantemente vestita secondo la foggia
orientale. Sedette a capo tavola, vicina a Ingrid che, invece, era stata fatta sedere
all’estremità di uno dei lati lunghi. Ingrid intuì che la nuova venuta era la Kaya Kadin della
quale le avevano parlato le due ancelle. Perciò, si alzò e si inchinò. La signora le sorrise e le
fece cenno di sedersi.
Poi cominciò a dire parlando in francese:
<< Sono stata condotta in questo palazzo a 15 anni e, inizialmente, sono stata
l’amante ufficiale dei tre sultani succedutisi in quegli anni. L’attuale ha voluto, dopo avermi
sperimentata, che assumessi anche la carica di sovrintendente dell’harem, un complesso che
annovera 50 splendide ragazze. Da allora, alterno alcune notti col Sultano al controllo del
funzionamento del palazzo dove le ragazze vivono e dove anche voi andrete ad abitare. E’
fondamentale l’impressione che voi farete su Salah. Da quanto mi è stato riferito e da quanto
anch’io vado constatando, voi non siete una delle solite ragazze dei ceti bassi ma una
persona colta, distinta, molto attraente, e svolgevate un lavoro umanitario di alto rilievo. Sono
certa che, prima di fare all’amore, lui vorrà parlare a lungo con voi.>>
<< Siete gentile, signora, ad anticiparmi queste notizie. Ma non so se riuscirò a
reprimere il mio sdegno per il fatto di essere stata rapita brutalmente e sottratta ad un lavoro
che, credetemi, vale molto di più di rotolarmi sul letto.>>
La signora sorrise. Aveva profondi occhi azzurri ed un viso attraente nonostante
dimostrasse almeno 40 anni.
<< Nell’esprimergli questo vostro risentimento, usate tutta la vostra signorilità. Non
irritatelo>>
Così terminò quel loro incontro. Ingrid si sentì rasserenata ma non poté fare a meno di
pensare che, nonostante il dolore che portava dentro per la probabile morte di Giuliano,
doveva sottostare, l’indomani notte, alle carezze di quell’ estraneo.
Tuttavia,sebbene fosse tanto travagliata, non voleva presentarsi al Sultano con quelle
vestaglie che annullavano la sua femminilità. Perciò, chiese e ottenne che uno dei migliori
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negozi di moda della Capitale le inviassero una sarta per confezionarle degli abiti occidentali.
Poco dopo,in quello stesso pomeriggio, giunse un altro personaggio, il Kislar Aga, cioè
l’imponente capo degli eunuchi preposti alla vigilanza sull’harem e alla disciplina delle
ragazze che vi erano rinchiuse. Era vestito con un lungo caffetano amaranto Rimase in piedi
di fronte a Ingrid e le disse, anche lui in uno sgangherato francese:
<< Prima del vostro arrivo, siamo stati informati che siete una missionaria di particolare
coltura e personalità. Per questo, il Sultano ha disposto che non veniste rinchiusa nell’harem
ma che vi fosse assegnato un appartamento nel palazzo. Dopo averle dato altre indicazioni, il
Kislar Aga prese cortesemente congedo da lei preannunciandole che l’avrebbe informata in
tempo dell’arrivo del Gran Signore. In attesa di nuove visite, Ingrid fece il giro
dell’appartamento assegnatole. Vide pannelli alle pareti riproducenti fiori dai colori vivaci, sofà
allineati lungo i muri, tavolini in tartaruga, grandi bracieri di bronzo dorato e un’abbondanza di
tappeti e di cuscini di seta. Mentre era ancora intenta ad osservare dei grandi quadri ad olio
che riproducevano paesaggi della Siria, fu interrotta dall’arrivo della responsabile delle
vestizioni, una signora elegante e molto truccata che le propose i vestiti da indossare per la
venuta del Sultano. Le suggerì dei pantaloni a sbuffo colorati, una blusa di mussola bianca,
un bolero ricamato in oro, un profumo di tuberosa e altro. Ma Ingrid rifiutò tutti quegli abiti che
le sembravano ridicoli e rimase con una lunga camicia di seta ricamata e una vestaglia che
recava sui fianchi un ampio spacco e lasciava intravedere le gambe attraverso la camicia
trasparente.
Ancora qualche ora, poi, all’imbrunire, vi fu un tramestio e, poco dopo, l’arrivo del
Sultano, accompagnato dalla Kaya Kadin e dal Kislar Aga. Ingrid si alzò con un forte
batticuore. Vide avvicinarsi un uomo alto e ben proporzionato e, a differenza dell’usanza
orientale, completamente rasato, vestito con un caffetano violaceo orlato di fregi dorati.
Quando le giunse vicino, la guardò intensamente e le baciò la mano, quindi le chiese di
sedersi con lui su un divano. Lei aderì turbata da quella presenza molto avvenente. E, mentre
si sedevano guardandosi profondamente negli occhi, gli altri due personaggi, ad un cenno del
loro Signore, si voltarono e si allontanarono. Tutte le porte vennero chiuse e Ingrid si trovò
sola col Sultano.
<< Mi avevano riferito che siete bella>> le disse con dolcezza<< ma non immaginavo
tanto fascino e signorilità. Mi hanno confidato, inoltre, che siete molto colta e dedita alla carità
dei vostri simili. Accogliete quindi tutta la mia ammirazione.>>
<< Perché allora mi avete strappato alla mia vita missionaria imperniata sul soccorso
dei poveri, degli ammalati, dei disederati?>>
<<Perché, per tradizione familiare, io non posso sposarmi. Se voi non gradite rimanere
con me, posso interessare il Console Generale d’Italia perché vi faccia riportare nella città del
Congo dove svolgevate la vostra funzione umanitaria>>
<<Ve ne sarei grata>>
<< Va bene, prenderò contatti domani con quell’autorità italiana e vi farò riferire presto
l’esito>>
Si chinò a baciarle la mano e si avviò verso l’uscita.
<< Mi dispiace>> mormorò Ingrid << ho sciupato la vostra notte>>
<< Evidentemente, me lo meritavo. Ho lasciato fare a miei collaboratori veramente
indegni. Sono andati a reclutare per il mio piacere donne meritevoli del massimo rispetto.
Anche se mi vedete calmo, in verità sono furioso di essere circondato da imbecilli di questo
calibro. Vi chiedo perdono, non sapevo.
<<Vi ringrazio >> balbettò Ingrid, sconvolta.
Bayazid uscì senza aggiungere altro. Lei andò a gettarsi sul letto sconvolta. Non era
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pentita di aver esposto la sua protesta ma rammaricata da quell’ improvviso cambiamento di
scena.
L’indomani, ricevette la visita del Console Generale d’Italia a Damasco, un uomo alto,
snello e di mezza età. Lo accolse affabilmente, lo fece sedere e gli offrì un drink. Poi, esauriti i
convenevoli, quel funzionario le disse:
<<Non mi sono fidato delle autorità locali ma ho denunciato questo grave fatto
direttamente al Sottosegretario agli esteri d’Italia a Roma. Ho constatato che è rimasto
sdegnato ed ha disposto l’immediato invio nel Congo di un ufficiale superiore dei Carabinieri
accompagnato da un plotone di militari della stessa Arma per svolgere le indagini e,
possibilmente, arrestare i responsabili. Il Sottosegretario, inoltre, provocherà una formale
protesta del Governo Italiano nei riguardi di quello congolese per l’inefficace vigilanza svolta
dalla sua polizia sui missionari italiani.>>
<< Non potevate fare di meglio, signor console >> rispose Ingrid, sinceramente
ammirata.
<< Debbo aggiungere, signora>> disse ancora il Console << che il vostro rientro non
potrà essere immediato perché, data la lunghezza del viaggio, la macchina che dovrà
trasportarvi deve essere preventivamente revisionata. Prevedo che dovrete attendere almeno
cinque giorni.>>
<< Qui mi trovo bene. Potrò perciò aspettare. Vi ringrazio caldamente di tutto, signor
Console>>
Quando il diplomatico se ne fu andato, Ingrid avvertì in se stessa un senso di vuoto che
rasentava la disperazione.
Era stata sballottata dal destino in modo insopportabile e in questo suo stato d’animo si
inseriva anche l’allontanamento del Sultano che avrebbe potuto stringerla fra le sue braccia e
consolarla. Andò a distendersi sul letto inseguita da quei tormentosi pensieri fino a che si
sperse in un sonno liberatorio.
Poi, dopo un tempo indefinibile, cominciò a svegliarsi, ma continuò a tenere gli occhi
chiusi e, in quella condizione di semincoscienza, le parve che qualcuno la toccasse. Rimase
ancora fra sonno e veglia fino a che avvertì più distintamente che una mano le stava
accarezzando i lunghi capelli biondi. Infine, aprì gli occhi ed espresse il suo stupore con un
grido gioioso. Accanto a lei, seduto sul letto, vi era il sultano. La guardava con tenerezza
mentre le accarezzava i capelli.
<<Mio dolce principe>> balbettò.
<<Come stai, adorata?>>
<<Grazie di essere venuto, Salah >>
Lui si distese sul letto, l’abbracciò e la guardò con adorazione. Poi,le loro labbra si
avvicinarono e cominciarono a baciarsi accanitamente mentre si stringevano con forza l’uno
all’altra. Infine, Salah si alzò con movimenti frenetici e si denudò. Ingrid fece altrettanto e gli
apparve con le emozionanti aureole rosa del suo seno sodo ed eretto e con le sue anche che
stordivano i sensi per le loro curve armoniose e per quel loro colore sospeso fra la cera e
l’alabastro. Lui l’attrasse, allora,nuovamente sul letto dove ripresero ad amarsi
freneticamente. Quando quella furia si calmò, rimasero strettamente abbracciati continuando
a baciarsi fino a che lui disse:
<< Vorrei che tu non partissi perché sento per te un’attrazione incontenibile, nuova, mai
provata prima. Dev’ essere questo l’amore di cui ho sentito tanto parlare, una fonte di
attrazione, di smarrimento e di gioia. Consentimi di sperimentare questa sensazione di felicità
che mi fa apparire diversa e radiosa la vita. Perciò, non partire, rimani con me, per me!>>
<< Tu che sei abituato a cambiare donna ogni notte, non ti annoierai, ad un certo
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momento, di avere solo me?>>
<< Non lo so, ma quelle donne appagavano i miei sensi lasciando indifferente il mio
cuore. Questa è invece per me un’esperienza mai provata, palpitante. Sento adesso che non
potrei vivere senza di te.>>
<< Anch’io non vorrei più distaccarmi da te. Perché anche in me è nato un sentimento
nuovo che risana le mie ferite e apre il mio cuore alla speranza. >>
<< Rimani, allora, finché io riuscirò a far palpitare il tuo cuore>>
Si abbracciarono nuovamente baciandosi con gioiosa frenesia.
<< Sento>> mormorò lui << di essere rinato ad una nuova vita, perché mai avevo
provato un’emozione così travolgente. Con te, ho conosciuto la felicità.>>Poi, cominciò a
rivestirsi.
<<Se lo desideri>> disse, << se non sei troppo stanca, vorrei portarti verso il mare e
poi spiegarti qual è la mia posizione verso il potere politico dell’emirato>>
Uscendo, furono investiti da un’ondata di caldo. Si affrettarono perciò ad entrare in una
grande macchina, una lunga berlina di fabbricazione americana. Lui aveva abbandonato la
tunica araba ed aveva indossato un vestito europeo composto da pantaloni e giacca bianchi.
E, per difendersi dal sole, un berretto con visiera di stoffa. Lei, invece, si era vestita
frettolosamente con un abito corto di raso color crema arricchito da ornamenti viola. A Ingrid,
quella vettura sembrò enorme, con sei posti in pelle color avana. Salah impartì alcuni ordini
all’autista arabo, poi si sporse ad abbracciarla ed a baciarla appassionatamente.
<< I miei palazzi e le mie proprietà sono distanti circa 50 chilometri da Dubai, la
capitale del nostro emirato. Sei mai stata da queste parti?>>
<<No, prima dell’esperienza del Congo, non ero mai stata in Africa.>>
<<Ecco, ora stiamo entrando a Dubai, la nostra capitale. Insieme ad altri sei emirati,
forma lo Stato degli Emirati Arabi Uniti. E’ divisa in due parti da un’insenatura di mare. Là, vi é
un porto vicino al quale si stende un insediamento urbano popolato prevalentemente da
pescatori di perle. Tutta la città, poi, sporge su un tratto del Golfo Arabico denominato “costa
dei pirati” Dopo la scoperta di giacimenti petroliferi, la città si è modernizzata dotandosi di
palazzi fra i più avveniristici al mondo, di un nuovo porto e di un aeroporto internazionale.
Dubai è anche uno dei più importanti mercati dell’oro del Medio Oriente.>>
Intanto, erano arrivati di fronte ad un mastodontico grattacielo. Lasciarono la vettura e
salirono fino al 50esimo piano che ospitava un lussuoso ristorante. Entrarono, accolti con
molti inchini, e vennero fatti sedere ad un tavolo vicino ad una delle vetrate. Da là, la vista
della città e del mare era vertiginosa e costituiva una sconvolgente testimonianza del
progresso raggiunto dall’architettura nel mondo. Dopo un pranzo raffinato, rientrarono, a metà
del pomeriggio, nel palazzo dell’emirato.
<< Da qui >> le disse Salah << gestisco le proprietà agrarie e le aziende industriali
della mia famiglia. Provvederemo ora ad organizzare la nostra vita familiare, cioè il tempo che
dovrò dedicare al mio lavoro e quello che potremo riservare al nostro amore ed ai nostri
svaghi.>>
Nei giorni seguenti, dopo le loro effusioni d’amore, Ingrid raccontò al suo nuovo amore
le travagliate vicende della sua vita. Lui, da parte sua, le descrisse le ingenti proprietà
ereditate da suo padre, consistenti in immense coltivazioni di datteri, ortaggi, frutta. Poi,
passò a spiegarle che l’economia dell’Emirato, un tempo agro pastorale e basata anche sulla
pesca, soprattutto delle perle, si era evoluta, negli anni 60 del xx secolo, con lo sfruttamento
pianificato delle risorse petrolifere sottomarine consentendo un enorme aumento della
ricchezza della classe industriale. Accortamente, con quelle risorse, erano stati potenziati i
settori produttivi petrolchimico, farmaceutico, meccanico, del cemento e immobiliare. Tuttavia,
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come in molti altri paesi e continenti, quell’ enorme ricchezza aveva beneficiato soltanto
ristrette èlites dinastiche provocando profonde disuguaglianze nella distribuzione della
ricchezza e lasciando in miseria intere fasce della popolazione periferica.
Ingrid fu addolorata da quella situazione e, nella primavera del 2025, chiese a Salah il
permesso di visitare in macchina anche le periferie. Lui aderì ma ordinò che in quei viaggi, lei
fosse scortata da due uomini, oltre l’autista, per sicurezza.
Così, Ingrid si rese conto che, allo splendore della city, corrispondeva disordine,
squallore e miseria nelle borgate periferiche. Allora, ottenne dal suo compagno il permesso
ed il sostegno economico di istituire ambulatori, scuole per bambini, mense gratuite, palestre
nelle borgate e, inoltre, una consistente presenza delle forze di polizia e investigativa per
arginare il traffico di droga. Questi suoi provvedimenti, che si svilupparono nel corso di vari
mesi, ottennero il consenso e il plauso della brava gente ma scatenarono la reazione dei
trafficanti di droga e di tutti coloro che ritraevano guadagni dalla miseria della gente,
specialmente attraverso i furti commessi dai minorenni e la prostituzione delle ragazze. Ingrid
era disgustata perché era la prima volta che doveva affrontare gli aspetti peggiori della
miseria, soprattutto lo sfruttamento della povertà e la spinta alla depravazione da parte di
indegni individui e perfino da parte di minorenni. Salah si rese conto che Ingrid era in pericolo
e rinforzò la sua scorta.
Ma una sera dell’estate 2025, rientrando a casa, Ingrid apprese che Salah aveva
sentito il bisogno di stendersi a letto perché gli era sopravvenuto un forte mal di testa. Lei gli
si sedette accanto e gli somministrò un sedativo. Ma, col passare del tempo, il male diventò
gradualmente sempre più insopportabile, al punto che Ingrid cominciò a sospettare che non si
trattasse di un normale mal di testa. Chiamò allora il medico di famiglia il quale constatò che il
principe si lamentava stringendosi il capo. Allora, prese da parte Ingrid e le disse:
<< Ho il sospetto che possa trattarsi di un attacco di malaria celebrale. Dobbiamo
necessariamente trasportare Salah in ospedale per sottoporlo ad una risonanza
magnetica.>>
Il seguito avvenne rapidamente e, sia il medico curante che Ingrid,
non si
allontanarono da Salah mentre gli specialisti lo sottoponevano ad una seria di esami.
Purtroppo, la risonanza magnetica confermò che si trattava effettivamente di un attacco di
malaria cerebrale e che le dimensioni del cervello di Salah si erano considerevolmente
dilatate. Intervenne allora il direttore dell’ospedale il quale ordinò che il principe fosse
immediatamente trasferito all’ospedale principale di Abu Dhabi, la capitale dell’Emirato.
Il medico di famiglia, Rashid, chiese nel frattempo ad Ingrid:
<< Lei sa se il principe, nelle sue ispezioni, ha attraversato zone malariche?>>
<< Lui mi ha parlato dei suoi viaggi ma non mi ha mai citato questo particolare. So che
si è spinto fino a Khayman e, una volta, mi ha detto che aveva incontrato zone paludose e
che era sua intenzione promuovere delle sollecite bonifiche.>>
<<Certamente, è stato punto da una zanzara del genere Plasmodio. La caratteristica
della sua puntura è terribile perché produce un allargamento del cervello. Abbiamo qui una
macchina per la risonanza magnetica Mri, che consente di rilevare appunto le dimensioni del
cervello. Questo esame è stato già eseguito e, purtroppo, ha rilevato l’aumento delle
dimensioni cerebrali del califfo quale conseguenza di questa particolare infezione. Questo
aumento, purtroppo,compromette la sua respirazione. Abbiamo aumentato il numero dei
ventilatori in quanto il freddo rallenta l’azione degli sporozoidi prodotti dalla zanzara
nell’organismo. Ma,in verità, una cura sicura in questo caso di infezione non esiste ancora.>>
Intanto, il malato aveva già da tempo perso i sensi e la sua respirazione era diventata
sempre più affannosa. Ingrid si rese conto che non si trattava di una normale infezione
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curabile con i farmaci a disposizione ma di un male mortale.
Disperata, si rifugiò allora nella preghiera e stava ancora pregando quando il primario,
dopo un tempo incalcolabile, venne a toccarle leggermente la spalla. Alzò gli occhi e vide lo
sguardo desolato di quell’ uomo. Intontita, lo osservò mentre scuoteva la testa per poi dirle
con voce rauca:
<< Purtroppo, non abbiamo farmaci adatti a questo male. Non siamo riusciti a salvare
Salah.>>
<< E’ morto?>> Con un sospiro, il primario assenti.
Ingrid si attaccò alle sue ginocchia, poi svenne. Era il 20 agosto 2025. Rinvenne dopo
un tempo indefinibile e, attraverso una nebbia, si accorse che si trovava sul proprio letto.
Accanto a lei, vi era piangente la Kaya Kadin che la invitò a bere alcune sorsate da una
boccetta, forse per rianimarla.
<< Dov’è Salah? >> chiese debolmente
<< Il suo corpo è stato composto in una sala mortuaria allestita nel palazzo. Se volete,
vi accompagno>>
Ingrid trovò la forza di alzarsi e di andare nella sala mortuaria, accompagnata dalla
Kaya. Entrambe non riuscivano a reprimere il pianto. Ad Ingrid sembrava di vivere un sogno
angoscioso. Soltanto fino a qualche giorno prima, si era rotolata sul letto con quell’uomo
aitante e vigoroso. Ed ora, una minuscola, maledetta zanzara lo aveva annientato. Dopo i
tormenti di una morte dolorosissima, il suo viso era ora ritornato disteso. Gli occhi grigio
celesti erano socchiusi e sembravano rivolti ad un’immensità certo ristoratrice.
Sulla via del ritorno, la Kaya le disse che lei, priva di qualsiasi carica ufficiale, non
avrebbe potuto partecipare alle esequie che si sarebbero svolte con i riti musulmani. Così,
con la disperazione nel cuore, Ingrid rimase allora in quella che era stata la loro stanza e si
rese conto che non le rimaneva altra soluzione che partire, per non essere trasferita
nell’harem. Aveva, in verità, il timore larvato che il nuovo califfo, fratello minore di Salah, glielo
impedisse perché ormai lei era una proprietà di quella famiglia. Ma, in tal caso, avrebbe fatto
ricorso al console d’Italia
Perciò, si tranquillizzò e, con l’aiuto generoso della Kaya, prenotò una cabina su un
transatlantico in partenza per l’Italia. La notte fece un lungo sogno travagliato. Camminava in
una foresta cupa e silenziosa e, ad un certo punto, vedeva una donna vestita di bianco
seduta su un muretto, che la guardava.
Si avvicinò e si accorse che le sorrideva. La luce era incerta e soltanto quando le fu
vicina riconobbe Suor Teresa, la Madre Superiora del convento di Stresa. Si guardarono con
gioia e suor Teresa le chiese:
<< Dove stai andando?>>
<<Madre, ho vissuto avvenimenti travagliati, in parte disperati e in parte felici. Ora, tutto
è finito. Sto ritornando in Italia ma, per tutto quello che mi è successo, sono disperata. E
voi?>>
<< Anch’io ho conosciuto la sofferenza. Ma ora sono
immensamente felice e posso assisterti. Se vai in Italia, non dimenticarti di rivolgerti
all’ospedale di Stresa. Là, ti daranno notizie di quel tuo uomo che era stato ferito.>>
<<Grazie, spero di ritrovarlo perché, per me, quell’ uomo è stato un’oasi di pace.>>
<<Nel proseguimento del tuo cammino, non allontanare la tua anima dalla Madonna. In
tutto l’universo, non vi è una figura più dolce, più soave, più pura, più trascendentale di Lei.
Nella mia adorazione, mi sono convinta che, per un vero cristiano, Lei, la Vergine deve
essere il punto più eccelso di riferimento delle nostre preghiere perché, per dono di Dio, la
Sua intercessione è potente e raggiunge profondamente il cuore del Padre, del Figlio e dello
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Spirito Santo.>>
Ingrid stava per risponderle quando si levò un forte vento e una nebbia luminosa ma
intensa rese invisibili tutte le cose d’intorno. Fu investita da una luce che divenne sempre più
accecante finché aprì gli occhi e s’accorse che quello scenario era scomparso. L’esaltazione
che quella scena e quelle parole avevano suscitato nel suo cuore la lasciarono tremante al
punto che si abbandonò piangendo sul cuscino. Gradualmente, la squallida realtà riprese il
sopravvento. Intorno a lei v’era la camera che aveva occupato con Salah, ora miseramente
vuota e silenziosa. Strinse gli occhi e si aggrappò al ricordo di quel sogno che, nel ricordo,
era così vivo da averlo veramente vissuto. Seppe poi, nel corso del giorno, che le onoranze
funebri di Salah erano state celebrate con grande solennità e chiese il permesso di andare a
salutare la sua salma prima di partire. Le fu concesso e, accompagnata dal Kislar Aga, si
recò nel tempio di famiglia in cui era stata collocata. Pregò a lungo piangendo, poi ritornò nel
palazzo in cui aveva vissuto quei sette mesi in cui aveva condiviso la vita con l’amorevole
SalahLa mattina dopo, salutò La Kaya Kadin, il Kislar Aga e tutte le ancelle, si recò poi a
congedarsi dal console e infine, da sola, salì sul transatlantico che l’avrebbe condotta in Italia.
Il viaggio fu breve. Attraversò il Mediterraneo in direzione di Genova. Era sola ma la
sua figura snella ed elegante attirava molti sguardi. Conversò con alcuni passeggeri colti ed
eleganti, inseriti nella società industriale ligure. Uno di loro l’invitò a cena e lei accettò perché
la solitudine la deprimeva.
Aveva, in quegli anni, acquistato la consapevolezza di avere una personalità che
attraeva fortemente. Trascorse perciò la sera con quel dirigente industriale indubbiamente
fascinoso ma, quando, lui, nel baciarle la mano, le chiese di entrare nella sua cabina, con un
sorriso rifiutò.
L’indomani mattina, mentre, dopo l’arrivo a Genova, era in attesa di sbarcare, quel
giovane attraente venne a salutarla e le chiese di viaggiare insieme dato che i loro itinerari
coincidevano. Lei fu tentata, per un momento, di aderire perché quell’ uomo le piaceva.
Guardò le sue labbra carnose, il suo profilo perfetto ed i suoi luminosi occhi grigio azzurri. E,
per un impulso incontrollato, si sporse a baciarlo brevemente sulle labbra. Lui si illuminò di
un’espressione di gioia e si avvicinò per ricambiarle quel bacio ma lei, ritornata in sé stessa,
lo fermò.
<<Mi piacerebbe molto dimenticare con voi l’inferno che ho dentro. Ma debbo andare,
non posso concedermi di mancare ai miei doveri morali Perdonatemi>>.
Si strinsero le mani, entrambi con un’espressione di un disappunto che rasentava il
dolore, poi lei fuggì via. Il seguito fu turbato dalla delusione. Si stava innamorando. Ma, poco
a poco, si riprese e il pensiero di Giuliano ritornò ad imporsi ai suoi pensieri. Proseguì il suo
viaggio in uno stato di confusione spirituale. Cosa stava facendo della sua vita? Era passata
da un uomo all’altro scadendo in uno stato di disordine, in una dispersione di una via retta e
costruttiva. Ora andava alla ricerca di un altro brano della sua vita disordinata. Annaspava per
ritrovare un uomo senza sapere se fosse vivo o morto e questa incertezza la faceva
precipitare in una confusa disperazione, in una improbabile speranza.
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CAPITOLO QUINTO
Finalmente, nel settembre 2025, arrivò all’ospedale di Stresa e chiese di essere
ricevuta dal direttore. Non dovette attendere molto. Anche in quell’ ospedale, le sua bellezza
e la sua eleganza avevano prodotto effetto. Fu ricevuta da un panciuto e baffuto direttore. La
guardò con occhi brillanti e la fece accomodare su un divano posto di fronte alla scrivania.
Quindi, andò a sedersi accanto a lei e le chiese quale fosse il suo problema. Ingrid glielo
spiegò rapidamente. Lui rispose rapidamente.
<< Ricordo questo caso. Noi apprestammo a quel povero uomo le prime cure del caso
e subito dopo lo trasferimmo in un ospedale psichiatrico.>>
Chiamò la segretaria e si fece dare il numero dell’ospedale, che era l’Amedeo di
Savoia, situato all’estremo nord di Torino. Desideroso inoltre di offrire ad Ingrid la massima
collaborazione, chiamò il direttore di quel nosocomio, gli spiegò il caso e, dopo un quarto
d’ora di attesa si sentì dire che quel paziente era stato dimesso. La conversazione fra i due
direttori si protrasse ancora per diversi minuti, poi il panciuto e simpatico clinico venne presso
Ingrid e le riferì le conclusioni del colloquio:
<< Il suo compagno è stato curato presso quell’ ospedale, che ha un settore
psichiatrico, ed è in gran parte guarito. Perciò, ha ripreso a lavorare presso il Centro di
ricerche spaziali. Ho accertato che ora è nel suo ufficio. Perciò, se vuole, può andare ad
abbracciarlo>>
<< Mi sembra un sogno>> esclamò Ingrid piangendo. E abbracciò strettamente
l’esterrefatto ma beato direttore. Circa un’ora dopo, lei giunse con taxi davanti all’imponente
edificio del Centro Ricerche Spaziali. Era attesa e fu condotta subito dal Direttore che la
guardò ammirato.
<< Che magnifica signora. Ora mi spiego il comportamento di Giuliano, prima e dopo la
disgrazia!>> Ingrid lo abbracciò col suo consueto impeto.
<< Grazie, Direttore, di avergli mantenuto il lavoro nonostante la sua menomazione.>>
<< Giuliano è un valore. Ora sta gradualmente ritornando alla sua consueta efficienza.
Ma venga, andiamo a trovarlo>>
Scesero un piano, percorsero un corridoio e si fermarono dinanzi ad una porta. Il
Direttore la spalancò e apparve Giuliano seduto ad una scrivania. Appena li vide, balzò in
piedi visibilmente turbato.
<< Ingrid!>> balbettò. Corse verso di lei ed il loro abbraccio fu contemporaneo e
impetuoso e accompagnato da un pianto dirotto. Poi, Ingrid svenne e cominciò a scivolare
verso il pavimento. Giuliano l’accompagnò in quel movimento e si stese anche lui per terra
mentre continuava a stringerla ed a baciarla. Turbato, il direttore non li soccorse ma li lasciò
alla loro disperata felicità e, lentamente, usci.
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Frastornati e felici, Ingrid e Giuliano si recarono, nel pomeriggio, nell’elegante
appartamento che lui occupava, lo stesso in cui aveva vissuto con Ingrid. Non avevano
pranzato tanto erano sconvolti e si assopirono abbracciati. Quando si svegliarono, andarono
a pranzo in un vicino ristorante, che avevano abitualmente frequentato prima della brusca
interruzione provocata da Fox. Ingrid era ancora emozionata pensando che, per lunghi mesi,
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aveva considerato quell’ uomo morto e perduto per lei. E in lei, era ancora pulsante il timore
di veder riapparire quel temuto individuo. Ma poi fu distratta dal racconto che Giuliano, fra un
boccone e l’altro, le andava facendo.
<< Quando venni raccolto e portato in ospedale, rimasi in coma diversi giorni. E, infine,
quando ripresi i sensi, ebbi un’impressione terribile. Non sapevo chi fossi, non ricordavo
niente della mia vita, non conoscevo nessuno. Perciò, quando venne la polizia ad
interrogarmi, non seppi dir niente. Ero disperato. L’ospedale, che si era generosamente
prodigato per farmi riprendere i sensi, si rese conto che avevo bisogno di cure specialistiche e
mi trasferì al nosocomio Amedeo di Savoia, posto nella zona nord di Torino, preposto alle
malattie infettive ma dotato anche di un reparto psichiatrico. Il primario che venne a visitarmi,
mi disse che la mia guarigione consisteva nella ricrescita delle cellule neuronali e che questa
graduale rinascita di una parte del cervello sarebbe stata sorretta dalle cure ospedaliere. Si
trattava di un’operazione cerebrale spontanea che mi parve miracolosa e che mi confermò la
grandiosità della Creazione. Io ero un uomo normalmente credente ma da quel momento il
ringraziamento al Creatore fu incessante nel mio cuore. Lentamente, sentii che barlumi di
memoria stavano ritornando. Una mattina, una gloriosa mattina, ricordai il mio nome. Poi
sentii che, quasi insensibilmente, i miei ricordi continuavano ad affluire e che anche le nozioni
della scienza spaziale rioccupavano gradualmente la mia mente. Oggi, anni dopo il fatto,
confortato dalle diagnosi mediche, posso dire di essere quasi guarito.>>
Ripresero la loro vita serena e amorevole. Ma non sapevano più ridere o divertirsi.
Trascorrevano il loro tempo libero in casa, abbracciati e parlavano poco. Erano, in effetti, due
convalescenti. E sebbene non ne parlassero fra loro, ciascuno conservava in sé un senso di
timore.
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CAPITOLO SESTO
In uno stato d’animo estremamente amareggiato per la perdita delle sue proprietà e
della sua donna e per il ferimento o forse l’uccisione dell’ uomo con cui lei viveva, Fox aveva
deciso di allontanarsi il più possibile dall’ Italia e di rifugiarsi in un paese dove i trafficanti di
droga con i quali aveva avuto fino ad allora rapporti, non operavano. Scelse l’Inghilterra e
decise di stabilirsi a Londra. Non aveva nessuno con lui perché, a 18 anni, aveva lasciato la
sua famiglia che viveva in un quartiere degradato di Palermo. Suo padre era un collaboratore
della mafia e provvedeva abilmente ad eliminare commercianti che non intendevano pagare il
pizzo. Prima di partire, però, doveva disfarsi della droga che ancora teneva nascosta e che
era stato il motivo della disputa con i mercanti siciliani. Si era sistemato in un albergo alla
periferia di Torino, andava in giro armato e temeva di essere assalito da un momento all’altro.
Aveva un paio di collaboratori che vigilavano sulla sua persona e sul deposito occulto degli
stupefacenti e decise di vendere la droga e poi di andare a sistemarsi in un luogo appartato.
Si procurava una donna per ogni notte ma gli ultimi avvenimenti lo avevano trasformato. Si
sentiva disperatamente solo e odiava ormai la sua vita. Pensava spesso ad Ingrid che era
stata una donna ideale e che lui aveva trascurato per le sua fama di ricchezza.
E si rendeva conto che se ne era reso indegno e che non l’avrebbe mai più riavuta.
Oppresso da tutti quei pensieri, si dedicò alla ricerca di una località dove rifugiarsi e
trovare un poco di pace. Stava per partire per Londra quando ricevette all’improvviso la visita
di un mafioso calabrese che aveva avuto modo di conoscere in passato.
Lo ricevette in una saletta dell’albergo e lo udì dire quello che prevedeva, con la
cadenza del suo paese che lui odiava:
<< Caro Fox, ti sto dietro da vari giorni a tua insaputa ed ho sentito dire da uno dei tuoi
uomini che stai per partire per Londra. Che ne hai fatto di tutta la nostra droga, quella che
avevamo insieme e che tu hai fatto sparire?.>>
<<Che cosa vai inventando Vincenzo? Ho portato via soltanto la mia parte>>
<<Don Angeluzzo ha stabilito che, dopo tutto quello che avevi sottratto prima, non
dovevi toccare niente>>
<<Sono stato ingiustamente accusato>>
<< Tu sai come noi regoliamo le nostre pendenze. Perciò, non fare altre storie. Andiamo
subito al tuo deposito, io con i miei uomini e tu con i tuoi. Per farti una cortesia, ti lascerò dieci
chili di roba.>>
<<Sei gentile>> disse Fox ironicamente. Poi, i due uomini dettero ordini ai propri
dipendenti che erano seduti in distanza nel grande salone dell’albergo. Un quarto d’ora dopo ,
tutto il gruppo procedeva su tre auto verso Chivasso. Ma, su un cavalcavia, Vincenzo, che
guidava la macchina di testa, nell’eseguire un sorpasso, si trovò di fronte un autotreno.
Istintivamente, sterzò verso l’esterno della carreggiata, così che la macchina andò a sfondare
il parapetto e precipitò dall’alto del cavalcavia. Fox era paralizzato dal terrore e sentiva le urla
di Vincenzo. La caduta fu attutita da alcuni alberi, poi l’auto rotolò a terra, eseguì una seria di
capovolte e, infine, si incendiò.
Vincenzo aveva perso i sensi e rimase fermo mentre le fiamme lo divoravano. Fox
invece era riuscito a voltarsi e ad aggrapparsi alla spalliera del sedile, poi quando l’auto toccò
terra fu proiettato fuori dell’abitacolo, rotolò su una terra pietrosa e, quando si fermò, avvertì
un dolore divorante per tutto il corpo, un’intensa vertigine e poi perse i sensi. Si ritrovò in un
buio totale e, stranamente, gli giunse il gracchiare delle cicale.
In distanza, vi era un lieve chiarore e si diresse in quella direzione. Stranamente, non
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avvertiva alcun dolore finché una luce che non sapeva se fosse lunare o di un fuoco lontano
gli rivelò la figura di un uomo seduto su un muretto. Era seminudo e insanguinato. Lo guardò
più attentamente e gli sembrò di impazzire. Quell’ uomo era Gesù Cristo, simile alle icone che
lo mostrano appena deposto dalla croce. Sentì che lo chiamava e cominciò a tremare.
<< Federico>> gli disse con una voce debole e implorante << perché hai rovinato in
questo modo la tua vita? Hai pensato solo a te stesso ignorando i poveri ed i derelitti. Per
questa caduta dal ponte potresti morire ma io desidero che tu viva e non pensi più a te stesso
ma a coloro che soffrono. Hai un’enorme ricchezza. Dividila col tuo prossimo sofferente. >>
Fox si sporse in avanti,fino a lambirgli ed a baciargli le gambe finché delle gocce di
sangue gli caddero sulle mani. E, in quello stesso momento quella visione sparì e Fox
precipitò in un buio profondo. Si risvegliò un indefinibile tempo dopo, in un letto d’ospedale.
Due medici ed un’infermiera lo stavano osservando.
<< Voi siete rimasto in coma dal momento dell’incidente finora. Ma ciò che è
straordinario è che non avete riportato lesioni. Come potete spiegarlo?>>
<< Non riesco a spiegarvelo. Forse, avrò riportato delle lesioni interne>>
<< Abbiamo controllato con una serie di radiografie. Siete miracolosamente illeso.
Quando uscirete da questo ospedale, andate in chiesa e ringraziate il Cielo!>>.
Così, quello stesso giorno, Fox uscì barcollando dall’ospedale, incapace di ritrovare un
equilibrio mentale e spirituale a quanto gli era successo. Rientrò in albergo e si gettò sul letto
sconvolto pensando all’abisso esistente fra la sua condotta perversa e quell’ improvviso
manifestarsi della misericordia divina. Dopo qualche ora, si alzò e convocò i suoi uomini. Nel
pomeriggio, quando essi giunsero dette loro l’ordine di recarsi nel cascinale blindato ove era
custodita la droga e di spedirne la metà al capomafia calabrese. Dovevano poi disfarsi del
resto vendendolo agli spacciatori della zona.
Una settimana dopo, l’operazione era compiuta. Fox pagò generosamente i suoi
collaboratori, poi li congedò. Quando se ne furono andati, provò un gran senso di liberazione,
un profondo sollievo. Finalmente, quella sua vita scellerata era finita e con l’ingente somma
rimastagli poteva fare beneficenza e provvedere ai suoi bisogni. Si recò in un ‘agenzia per la
scelta di una località dove potersi rifugiare e gli fu sottoposta un’infinità di luoghi termali e di
villeggiatura. Nel suo nuovo stato d’animo, lui ricercava la solitudine. Per questo, preferì le
isole Ebridi, arcipelago del Regno Unito lungo la costa occidentale della Scozia, abitate da
popolazioni celtiche.
Fra le altre, Fox scelse l’isola di Skyee perché un’agenzia lo aveva informato che sulla
costa era in vendita una villetta.
Tre giorni dopo, raggiunse quell’ isola e la sua prima impressione fu deprimente
perché era l’immagine di una zona depressa: poche piccole case, poche strade e,
prevalentemente, terreni coltivati. Su un lieve promontorio, sorgeva la villetta che gli era stata
segnalata, anch’essa modesta nell’aspetto ma, per fortuna, bene arredata perché
evidentemente abitata prima da signori. Disponeva di un saloncino dotato di un camino, da
tre camere da letto e da doppi servizi igienici.
Prima di partire, Fox aveva depositato una parte delle sue sostanze in due banche
torinesi. Un ulteriore deposito aveva effettuato presso una banca di Glascow,nel Regno Unito.
Si era poi dotato di un dispositivo Internet allo scopo di impartire ordini alle Banche per
bonifici di beneficenza.
I precedenti proprietari della villetta erano persone benestanti di Londra. D’intesa con
l’agenzia che aveva provveduto alla vendita, avevano lasciato a disposizione del nuovo
proprietario due cameriere, una cinquantenne esperta del mestiere ed una ventiduenne.
Perciò, arrivando, Fox trovò tutto in ordine ed una sorridente accoglienza. Quelle due donne
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erano in continuo movimento perché tutto fosse in ordine ma soprattutto per servirlo di tutto
ciò di cui aveva bisogno. Lui le trattava cordialmente ma non si sentiva predisposto per la
conversazione.
Poiché i precedenti proprietari avevano lasciato tutti i libri predisposti su una scaffale,
un giorno scelse qualche volume e cominciò a leggere il Vangelo di San Giovanni. Quelle
citazioni lo turbarono, lo introdussero in un mondo nuovo che non conosceva, profondamente
distante e superiore alle turpitudini in cui aveva fino ad allora vissuto.
Chiuse il libro e si prese la testa fra le mani. Pensò alle parole di Gesù Cristo e, per la
prima volta, si chiese se le aveva soltanto sognato o vissute veramente. Ma, in un modo o
nell’altro, esse pesavano sulla sua coscienza. Sentì il bisogno di uscire. Si avviò verso il
pontile, scese in una barca e si allontanò verso il largo. Si distese sul fondo tormentato dai
ricordi.
Ma, poi, sopravvenne un temporale con scrosci di pioggia e ondate che lo costrinsero a
ritornare con difficoltà al pontile. Sotto una pioggia violenta rientrò a casa accolto dalle donne
che erano in apprensione. La più anziana, che si chiamava Angela, lo spogliò
completamente, lo asciugò vigorosamente e poi gli fece indossare un accappatoio e lo
distese sul letto. Lui era ancora stremato ma soprattutto intimamente distrutto.
<<Grazie>> le disse prendendole una mano <<vieni a sederti vicino a me. Non so se tu
ne sei capace ma ho bisogno di conforto, di tenerezza>>.
<<Avevo un figlio che è morto in guerra. Posso darvi perciò la tenerezza che
chiedete.>>
<<Questa notte, fammi compagnia, dormi con me ma non per fare all’amore ma per
dare un po’ di calore al mio cuore. Indossa la camicia e tieniti stretta a me.>>
<< Farò come dite e vi darò tutto il mio cuore anche se mi sembra di vivere un sogno>>
Da quel giorno, Angela seguì la richiesta di Fox di dormire con lui. Si stringeva a lui, lo
baciava sul viso e lo accarezzava. Fox faceva altrettanto. Non toccava il suo seno o le sue
cosce ma baciava la sua fronte e le sue guance. Non era bella e vistosa ma emanava
dolcezza ed una tenera sottomissione.
Così, Fox si sentì rasserenato. Provava per lei un sentimento che non aveva mai
sentito per una donna a letto, una tenerezza, un affetto che non sfioravano i sensi.
Così, notte dopo notte, cominciò a riprendersi dallo smarrimento in cui era caduto. Un
giorno andò a prendere un album di fotografie e, quando rivide Ingrid, il suo cuore cominciò a
palpitare finché sopravvenne in lui il desiderio di cercarla e di rivederla. Telefonò a Torino ad
un uomo che aveva lavorato per lui e lo pregò di fare una ricerca partendo dall’ospedale dove
avevano lasciato Giuliano. Cinque giorni dopo, quel suo collaboratore di un tempo, gli riferì
che Ingrid viveva a Torino con quell’ ingegnere il quale si era rimesso. Fox meditò qualche
giorno, poi decise di partire per Torino. Ricompensò generosamente il suo collaboratore di un
tempo e seppe da lui che una certa sera Ingrid sarebbe andata al circolo aziendale col suo
compagno. Si affrettò allora a comprare un frack.
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CAPITOLO SETTIMO
Una sera, per rompere quella monotonia, Ingrid e Giuliano si recarono al loro circolo,
dove era indetta una festa danzante. Alternarono dei balli a delle soste al loro tavolo. Vi era
una grande animazione e molta allegria alla quale non riuscivano però a partecipare. Già in
altre occasioni avevano constatato che non erano in grado di alleggerirsi dal peso del dolore
appena attraversato, al punto che la sfrenata allegria degli altri li infastidiva. Così, adducendo
di essere stanca, lei rifiutò numerosi inviti e andò ad attaccarsi al braccio di Giuliano. Ma
aveva appena compiuto quel movimento quando si vide davanti un uomo alto, snello,
inguainato in un frack con bottoni intarsiati di diamanti. Stava per rifiutare quando lo stesso
Giuliano la spinse a danzare quel ritmo lento molto fascinoso. Tuttavia, a causa del suo stato
d’animo, iniziò a ballare guardando a destra ed a sinistra e senza alzare gli occhi sul suo
cavaliere finché lui la strinse a sé con tanta passione da indurla a fissarlo. Allora, sussultò.
Quell’ uomo era Fox con il suo volto affilato e gli occhi neri e perforanti.
<<Sono ritornato perché assillato d’amore. In questi anni, sono stato tormentato dal
vostro ricordo.>>
<<Ma voi avete distrutto la mia vita e quella del mio compagno.>>
Intanto, si erano sciolti dall’abbraccio del ballo ed erano rimasti a fatica in piedi, di
fronte, lei con occhi accesi e lui con una smorfia di dolore .
<<Si, vi ho fatto tanto male. E mi sono tormentato per anni nel rimorso. Non spero nel
vostro perdono ma avevo bisogno di rivedervi e dirvi che vi amo ancora>>
<<Siete stato un incubo nella mia vita ed io tremo all’idea che ritorniate a tormentarmi.
Andatevene, o chiamerò la forza pubblica>>
<<Speravo in una parola di perdono perché, nel frattempo, io sono cambiato. Non sono
più l’uomo di prima. Me ne vado ma, prima, datemi il vostro perdono,>>
E cosi dicendo, si inginocchiò. Ingrid aveva a stento trattenuto fino ad allora le lacrime.
A quelle parole, scoppiò a piangere e gli disse fra i singhiozzi: << Vi perdono ma vi prego,
andatevene,>>
Fox si alzò a fatica e la guardò. Ma lei aveva posto le mani sugli occhi. Quando le tolse,
lui era uscito dal salottino dove si erano rifugiati per parlare. Le sembrò che un incubo fosse
sparito. E, con sforzò, si avviò per ritornare dal suo compagno. A Giuliano, non riferì niente di
quanto le era accaduto.Gli disse soltanto che non si sentiva bene e lo pregò di
accompagnarla a casa.
*
*
*
Contrariato, Fox non volle trattenersi a Torino. Perciò, chiamò il suo pilota e lo avvisò
che stava recandosi all’aeroporto. Un’ora dopo, il piccolo velivolo decollò per recarsi nelle
isole Ebridi,di fronte alla Scozia, dove si era rifugiato.
Scese dall’apparecchio, si recò nella sua villa sul mare e sentì il bisogno di distendersi
sul letto. Ma non era calmo, la sua testa era un mulinello vorticoso di pensieri. Dopo una
mezz’ora, si alzò, si disfece con rabbia del suo frack, indossò un pigiama e si recò nello
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studio. Là, si trattenne a scrivere numerosi fogli ed a firmare alcuni documenti. Poi, si fermò,
si prese la testa fra le mani e rimase così, fermo, per almeno un altro quarto d’ora. La casa
era immersa in un profondo silenzio. Infine, Fox si alzò, scese in giardino e, da un cancelletto,
usci sulla spiaggia. Si inoltrò verso la riva e rimase fermo per alcuni minuti, poi si tolse la
giacca del pigiama e si diresse verso la sponda. Ancora una breve sosta, poi entrò in mare e
lentamente si avviò verso il largo. Nel momento in cui l’acqua investì il suo viso, si immerse e
non riapparve più.
Il suo corpo venne rinvenuto senza vita il giorno seguente da alcuni pescatori.
Fox si era rifugiato nella piccola isola di North Uist, nell’arcipelago- delle Isole Ebridi, per
sottrarsi alla mafia che voleva recuperare quanto era rimasto del patrimonio proveniente dalla
droga. Aveva affidato la gestione di quell’ ingente fortuna ad un procuratore patrimoniale, il
quale ne ignorava totalmente la provenienza ed era stato vincolato al segreto assoluto sulla
sua esistenza. Dopo la sua morte, fu informato di alcune lettere rimaste sulla scrivania. Il
funzionario si recò allora nella villa, aprì e lesse le lettere, poi convocò un rappresentante
della Diocesi cattolica, le cameriere e, fra loro, Silvana, che non cessava di piangere, e gli
altri dipendenti. A tutti loro, comunicò la parte del patrimonio lasciato a ciascuno dal defunto.
La maggior parte, andò alla Chiesa per la distribuzione alle Associazioni di beneficenza
non soltanto dell’isola ma di alcune città italiane. Si trattava, infatti, di una somma enorme.
Una lascito consistente andò poi alle cameriere, all’autista, al pilota ed agli altri
dipendenti. Infine, una somma generosa andò a Silvana che, inconsapevolmente, aveva
ricoperto una parte importante nella esistenza, ma soprattutto nel cuore, di Fox. In questo
modo, lasciando la vita di cui era stanco, quell’uomo cercò di rimediare alla sua dissennata
condotta. Non lasciò danaro a Ingrid ed a Giuliano, perché sapeva che non ne avevano
bisogno ma chiese perdono per il male che aveva loro fatto. La sua tomba, nel piccolo
cimitero dell’isola sarebbe rimasta ignorata se, ogni giorno, non fosse visitata dall’addolorata
Silvana, protagonista di quell’ inconsueto rapporto avuto con Fox. Lei aveva per quell’ uomo
un’ adorazione che poi era diventata amore quando aveva cominciato a dormire con lui,
senza sesso ma con tutta la passione di cui il suo cuore era capace. Ora, quell’ amore era
rimasto e si tramutava in lacrime quando andava a visitarlo al cimitero ma anche quando
entrava nel suo letto, ormai vuoto. Fu questa la migliore eredità lasciata da Fox, il dolore
inconsolabile di quella piccola donna.
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CAPITOLO OTTAVO
Il Centro spaziale di Torino, dove Giuliano era impiegato, operava in piena intesa con
l’Agenzia Spaziale Europea ( ESA) che aveva sede a Parigi e aveva il compito di sostenere e
promuovere la cooperazione fra gli Stati europei nella ricerca e nella tecnologia spaziale, con
l’intento di raggiungere sistemi operativi che consentissero esplorazioni dello spazio- La
prima missione dell’ESA aveva avuto luogo nel 1975, con il lancio della sonda Cos-B che
aveva il compito di analizzare le emissioni dei raggi gamma nell’universo. La base di lancio
aveva sede a Kourou, nella Guaiana francese, scelta per la sua vicinanza con l’equatore. La
selezione, l’addestramento ed il supporto medico degli astronauti aveva luogo, invece, presso
L’European Astronaut Centre che aveva sede a Colonia, in Germania.
Ma all’Esa competeva primo di tutto la progettazione e la costruzione delle sonde e dei
satelliti da lanciare nello spazio.
Si trattava di un lavoro estremamente complesso affidato ad ingegneri spaziali, che,
dopo la ardua progettazione, passava alla fase della sperimentazione. Questo eccezionale
lavoro aveva già consentito il lancio di 15 satelliti, sonde, telescopi, osservatori spaziali.
In questo quadro, nel marzo 2025, il centro spaziale di Torino ricevette l’incarico di
progettare, costruire, sperimentare e lanciare un satellite destinato ad atterrare su Marte.
Quale primo atto di quell’ immane lavoro, il Direttore convocò tutti gli ingegneri ed i tecnici e
tracciò una panoramica del programma da seguire.
In particolare, gli astronauti, gli ingegneri, i tecnici incaricati di partecipare alla missione
dovevano trasferirsi al Centre Spatial Guyanais di Kourou, nella Guiana francese, a suo
tempo prescelto, come si é già detto, per la sua vicinanza con l’equatore. Giuliano informò
Ingrid di quella nuova esigenza.
<<Ma tu ti senti guarito al punto da poter partecipare ad una missione così
impegnativa?>
<<Tu conosci le mie condizioni. Non sono più l’uomo di prima, non ho più la memoria
brillante di un tempo, soffro di forti mal di testa, ma, nel complesso, in questi anni, sono
riuscito a portare a termine i compiti affidatimi. Con maggior sforzo mentale, certo, con una
certa lentezza, ma ci sono ugualmente riuscito. E la mia maggiore soddisfazione è che
nessuno se ne è accorto.>>>
<< Sta bene. Però, resta inteso che io verrò con te>>
<< Certo, lo desidero intensamente. Ma, quando dovrò imbarcarmi, purtroppo dovrai
rimanere a terra.>>
<<Questo lo vedremo. A Kourou, parlerò al comandante perché mi sia consentito di
istruirmi in una qualsiasi mansione.>>
<<Mi sembra pazzesco. Ma, al momento opportuno, ne riparleremo.>>
Qualche giorno dopo, giunse la notizia che le partenze del personale e le spedizioni del
materiale avrebbero dovuto avere inizio alla metà di aprile. Fu, in conseguenza, predisposto
un piano che suddivise il materiale ed i compiti fra gruppi di astronauti e di tecnici.
Il lavoro di Giuliano diventò intenso e lo costrinse a ritardare il ritorno a casa. Ma Ingrid
lo aspettava ogni sera, gli gettava le braccia al collo nel riceverlo e lo copriva di baci. Per lui,
quell’ accoglienza era di grande conforto e lo induceva a rimandare la cena per continuare a
baciarla sul divano. Poi cenavano rapidamente e, appena avevano finito, senza neppure
sparecchiare, si gettavano vestiti sul letto, lui per riposarsi e lei accarezzarlo e baciarlo
ancora. L’identità dei loro caratteri, li spingeva a fondersi come raramente accade in una
coppia.
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E questa fusione, questo sfinimento di baci li spingeva a lunghi silenzi. Per Ingrid, le
notti erano spesso un tormento. Non riusciva ad addormentarsi e si voltava e rivoltava nel
letto inseguita dai ricordi. Talvolta, ripensava alla dolcezza senza foga di Stefano che, con il
suo limitato vigore, non riusciva a farla godere. Si assopiva ma poi, all’improvviso, vedeva il
volto congestionato di Fox sopra di lei e la sua furia che le toglieva il piacere dell’amore.
Ancora, alcune pause di sonno, poi ripensava ai momenti dolci e carezzevoli trascorsi
con Salah e, anche, al suo martellare che la spingevano, nel piacere, allo sfinimento.
Riusciva infine a prendere veramente sonno aggrappandosi a Giuliano. Con lui, l’amore era
pieno di delicatezza e di tenerezza ed esaltava la loro sessualità in un possesso pieno
d’amore.
Un mese dopo, ultimati i preparativi, partirono, nel quadro di un trasferimento di tutti gli
astronauti interessati alla missione, che prevedeva numerosi voli con grandi aerei.
Superarono il Tropico del Cancro e, dopo un viaggio non eccessivamente lungo, atterrarono a
Kourou, un villaggio dove l’Esa aveva attrezzato la base di lancio dei missili.
Dall’aeroporto,con piccoli pullman, giunsero al villaggio costruito per gli astronauti, costituito
da villette in muratura molto graziose, sistemate in circolo intorno ad un supermercato
provvisto di viveri, medicinali, vestiti. In distanza, in un largo spiazzo, sorgeva un chiesa
cristiana che contemplava tutte le confessioni, vi era, infine, un centro medico ben attrezzato.
Quell’ assieme, quindi, costituiva un piccolo villaggio occidentale in grado di soddisfare le
varie esigenze degli astronauti.
A distanza di alcuni chilometri, si estendeva il villaggio indigeno di Kourou. Anche se la
scelta di quel posto era dipesa da esigenze connesse ai lanci spaziali, si trattava di una delle
località più depresse della Guinea. Una sua caratteristica era la presenza di diversi gruppi
etnici, a cominciare dai sussu, che costituivano il gruppo etnico dominante e deteneva le
cariche principali di governo e delle forze armate. Vi erano poi i fulani, i malinke, i Kissi, ecc.
Quasi il 60% della popolazione era analfabeta e oltre il 40% viveva al disotto della soglia della
povertà.
Fra la popolazione, erano presenti migliaia di profughi della Sierra Leone e della
Liberia. La crisi sanitaria era imponente a causa della presenza di gravi malattie, dal colera
alla tubercolosi, dalla malaria alla meningite, all’Aids. Ciò nonostante, la scoperta e lo
sfruttamento della bauxite avevano consentito un miglioramento della situazione economica.
La capitale Conakry era dotata di un aeroporto internazionale e anche il porto aveva un
movimento molto intenso.
Ingrid conosceva molte astronaute e altrettante addette agli uffici ed ai servizi. Con il
loro aiuto, riuscì ad ottenere un appuntamento con il Comandante, il generale di brigata
Herbert Towsend, un superdecorato dei teatri di guerra degli Stati uniti e un veterano, ormai,
dei problemi spaziali. Non v’è dubbio che il fascino di Ingrid produsse un palpitante effetto
sulla sensibilità maschile del generale perché la richiesta della donna, anziché scandalizzarlo,
lo indusse a trovare una soluzione. Infatti, chiamò due astronaute e le incaricò di illustrarle la
situazione. Ma poiché il fascino di Ingrid lo attirava irresistibilmente, fu lui stesso a spiegarle
che la navicella spaziale Space Shuttle Challanger doveva essere lanciata da un razzo di
fabbricazione americana chiamato solid Rocket Booster. Lo Shuttle doveva essere lanciato
insieme a varie componenti quali il propulsore, i serbatoi, ecc. da assemblare insieme. Ingrid
ritornò a casa entusiasta e, quando Giuliano rientrò, gli raccontò quanto le era accaduto.
<< Sono geloso del tuo intermezzo con Towsend. E’ famoso per la sua predilezione per
le belle donne>>
Ingrid scoppiò a ridere e rispose:
<< Se mi corteggerà, verrò a rifugiarmi fra le tue braccia.>>
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Ma, per fortuna, il generale era troppo occupato dal controllo dei preparativi del viaggio
e dal carico del materiale. Ingrid, da parte sua, si dedicava senza soste agli insegnamenti che
le venivano impartiti e che riguardavano le sue funzioni durante il viaggio. In certi momenti, si
sentiva scoraggiata di fronte alla complessità delle manovre da eseguire, volta per volta, per
corrispondere alle esigenze del volo, La sera, sia Ingrid che Giuliano rientravano entrambi
stanchi e trovavano un loro rifugio rimanendo abbracciati prima sul divano e poi sul letto.
Erano troppo stanchi per fare all’amore. Perciò, si baciavano, si predisponevano al
sonno e presto si addormentavano.
Tuttavia, mentre si attendeva, da un giorno all’altro, di conoscere la data della
partenza, con sorpresa, Ingrid si accorse di essere stata gradualmente colta da uno stato di
apprensione e di timore. Un giorno, chiese a Giuliano di ragguagliarla sulla partenza e sul
viaggio e, dal tono della sua voce, lui comprese che era turbata.
<< Sono anch’io oppresso>> ammise. << Sebbene questo sia il mio lavoro, sono
gravato dalle terribili incognite che ci attendono. Per tutti noi, non vi è che da implorare la
Misericordia di Dio.>>
<< Si, dobbiamo rifugiarci nella preghiera. Non esiste per noi e per gli uomini in
generale altro conforto.>>
Un giorno, Ingrid chiese a Giuliano di portarla a vedere il luogo della partenza, che si
trovava a notevole distanza dal villaggio degli astronauti, cioè dall’area che comprendeva
non soltanto le loro abitazioni ma, ad una certa distanza, i capannoni contenenti i materiali e
quelli dove si svolgevano gli addestramenti. Percorsero infatti diversi chilometri finché videro
in distanza un enorme edificio.
<< Siamo giunti nel mondo delle meraviglie>> esclamò Giuliano continuando a
guidare.<< Pensa! Quello è il palazzo più grande del mondo ed è là che viene assemblata l’
astronave da lanciare. Quando é pronta, viene poggiata su una piattaforma semovente che la
trasporta fino alla rampa di lancio>>
L’auto continuò a percorrere la strada sterrata e si fermò dopo alcuni chilometri in uno
spiazzo. Solo allora, Giuliano disse ad Ingrid: << Preparati ad un grande spettacolo>>
Scesero portandosi le mani alla bocca. Lei era affascinata, spaventata e ammirata.
Non immaginava che l’uomo riuscisse a costruire una macchina così mostruosa e magnifica
insieme. Sullo sfondo era visibile un enorme cilindro centrale che indubbiamente era un
serbatoio di carburante. Aderente al serbatoio, si vedeva la sagoma di un aereo collocato
verticalmente, destinato a contenere tutto il necessario per le missione, compresi gli
astronauti. Completavano il quadro due serbatoi cilindrici.
<< Questo quadro complessivo, composto, come vedi, da quattro elementi, costituisce
il cosiddetto “Space Shuttle” >> precisò Giuliano, << Oltre le parti che tu vedi, vi sono dietro i
tre motori principali che determinano la spinta necessaria per raggiungere l’orbita.
<< Non immaginavo>> rispose emozionata Ingrid << che esistano motori capaci di
sollevare una massa così colossale. Insieme agli altri ingegneri, hai realizzato un incredibile
miracolo>>
<<Devi però considerare che questo sforzo dura da circa un trentennio >>
<<Ti ringrazio, Giuliano, ma ho visto abbastanza e comincio a pensare con raccapriccio
che dovrò entrare in quel mostro e che sarò proiettata verso le stelle!>>
<< Ma sei sempre in tempo a rimanere a casa!>>
<< E dovrei lasciarti andare da solo? Dovrei separarmi da te?La tua presenza mi darà
forza>>
Sembrava che Ingrid non vedesse l’ora di fuggire da quel luogo. Perciò, Giuliano non
perse altro tempo. Mise in moto e si affrettò a rientrare a casa. Pranzarono in silenzio e poi
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andarono a riposarsi abbracciati. Ma, qualche ora dopo, quando si svegliò, lei aveva ritrovato
il suo spirito intraprendente e la curiosità di affrontare quella mostruosa avventura.
Finalmente, ricevettero la notizia che la partenza sarebbe avvenuta alle ore 12 del 29
aprile 2026. Quel giorno, qualche ora prima, andarono in chiesa, poi, dopo una sommaria
colazione, si recarono in auto alla rampa di lancio. Erano entrambi silenziosi ma, di tanto in
tanto, si voltavano a guardarsi e si sorridevano. Arrivati sul posto, in un apposito locale,
indossarono tute arancione, e vennero accompagnati insieme al restante equipaggio, da una
squadra di tecnici, alla rampa di lancio. Poi, entrarono, uno ad uno, nello Space Shuttle. In
tutto, erano sette persone. Il decollo seguì la consueta sequenza di operazioni dello Shuttle.
Quando mancavano 6 secondi dal lancio, vennero accesi i tre motori principali. Allorquando
essi raggiunsero il 104% delle prestazioni, furono rimossi con cariche esplosive i blocchi che
assicuravano il veicolo alla rampa.
Nei primi secondi di volo, nessuno si accorse che dal razzo a propellente solido di
destra emanava un fumo grigio scuro. Un apposito dispositivo avrebbe dovuto sigillare quel
foro ma il gelo aveva azzerato le sue proprietà. Nel frattempo, il velivolo aveva rallentato la
sua velocità per evitare che le forze aerodinamiche nella parte bassa dell’atmosfera, dove
l’aria è più densa, potessero lacerarlo. Purtroppo, mentre il volo proseguiva, si sviluppò un
vento di estrema violenza che determinò la fuoruscita di gas infiammato dalla falla del razzo
di destra. Immediatamente dopo, la fiamma aumentò fino a costituire un pennacchio di fuoco
ben definito. Conseguentemente, si determinò una riduzione della forza di spinta del razzo.
Subito dopo, la fiamma investì il serbatoio di idrogeno liquido provocando una fuoruscita del
liquido. Ancora alcuni secondi, poi il serbatoio di idrogeno si distaccò e andò a sbattere contro
il serbatoio di ossigeno provocando un cedimento delle strutture.
Si sviluppò un’enorme fiammata che avvolse e mandò in pezzi il velivolo principale.
Soltanto la cabina dell’equipaggio resistette allo scoppio e, dopo aver carambolato nello
spazio iniziò lentamente a cadere. Nello scoppio, Ingrid era stata sbattuta violentemente
contro le pareti della cabina rimanendo tramortita. Pensò a Giuliano, riuscì a vederlo in un
angolo immobile ma non le fu possibile muoversi. Gradualmente, venne a mancarle il respiro.
Nel frattempo, la cabina continuava a precipitare verso l’oceano ad una velocità superiore ai
300 km orari e impattò violentemente la superficie dell’acqua alle ore 11,39 determinando la
morte dei membri dell’equipaggio sopravvissuti.
Gli ultimi minuti della vita di Ingrid erano stati insopportabili per il dolore fisico e la
mancanza del respiro. Ma ora le sembrò di aprire gli occhi su un immenso cielo intensamente
azzurro, venato di spirali arancione. Non aveva più un corpo ma questa mancanza non le
provocava disagio bensì una sensazione di liberazione e di benessere. Non riusciva a
pensare ma provava un’inconsapevole gioia. Si sentì attratta da una vasta luminosità lontana
e splendente che lentamente si avvicinava. Si abbandonò a quel richiamo e vide in distanza
apparire figure celesti.
FINE
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Finito di stampare nel mese di giugno 2016
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