Il vero nemico di Roma? È Rutelli

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Il vero nemico di Roma? È Rutelli
Il vero nemico di Roma? È Rutelli - Massimo Fini
Il sindaco Rutelli, con l'intera giunta capitolina, ha deciso di denunciare penalmente, e
civilmente per il congruo risarcimento danni, il leader della Lega Umberto Bossi «per le
gravissime accuse e ingiurie che ha rivolto e continua a rivolgere nei confronti della città di
Roma». Un collegio di giurisperiti è stato incaricato di tutelare legalmente il buon nome della
Città Eterna e dei suoi abitanti. Alla stessa stregua Rutelli potrebbe querelarsi contro l'
Apocalisse di Giovanni dove Roma è definita letteralmente «Una bagascia» («u l'è una
bagascia» sta scritto sia pur in latino). È vero che Giovanni è morto da qualche tempo però ci
sono pur sempre gli editori che, dimostrando nessun riguardo per i sentimenti dei capitolini,
continuano a pubblicare impunemente i suoi testi dove Roma è definita anche «la Bestia marina
dalle sette corna» (Apocalisse, XIII,I) e paragonata a Sodoma e Gomorra per cui ne risulta che i
suoi abitanti vengono accusati d'essere culattoni, inchiappettatori di bambini e bambine, dediti
alle più turpi e vergognose pratiche sessuali. E poiché questi editori dediti all'ingiuria e alla
diffamazione gratuita sono le Edizioni Paoline e la Sei, una responsabilità perlomeno oggettiva,
di omesso controllo, va attribuita a Papa Wojtyla. Senza dimenticare il mandante di questa
campagna di denigrazione e di delegittimazione: Cristo. Fu infatti Gesù, niente affatto bambino
perché era già in età tale da poter essere penalmente perseguitato da Rutelli, il primo a
seminare l'odio ideologico e razziale contro Roma dichiarando irresponsabilmente: «Io sono
venuto a mettere a fuoco la terra, e perché non dovrei volere che bruci?» (Luca XIIl, 49). Un
chiaro invito all'azione diretta, e diretta proprio contro Roma se è vero, che di lì a qualche anno
alcuni suoi fanatici seguaci, chiamati Cristiani, «odiosi per i loro delitti» come scrive Tacito (per
flagitia invises, Annali, XV; 44), diedero fuoco alla città, da essi considerata la sentina di ogni
più abominevole vizio, scaricandone poi la colpa sul romanissimo Nerone (i cui eredi, se solo
volessero seguir l'esempio di Rutelli, potrebbero far soldi a paIate dato che son circa duemila
anni che contro questo imperatore, pacifista, non violento, e quindi, fin qui, anche rutelliano e
pannelliano, radicale, amante, delle arti, del teatro e della musica, vengono propalate le più
inaudite diffamazioni, con l'aggravante dell'attribuzione di fatti determinati). Ma se anche non
fosse stato Cristo a cominciare la campagna antiromana allora fu certamente il suo apostolo
Giovanni, ancora lui, per il quale Roma doveva subire la carestia, la morte, il lutto e il fuoco (e
ridagli! Apocalisse, XVIII, 8). E anche San Pietro, sia pure con linguaggio trasversale, in
armonia col suo carattere notoriamente prudente e, diciamolo pure, un po' vile, incita al rogo di
Roma e dei romani così rivolgendosi ai suoi adepti fra cui c'erano numerosissimi schiavi celti:
«Carissimi non meravigliatevi della fiamma che vi si para dinanzi... rallegratevi piuttosto»
(Epistole, 1,4, 12-13). Ma chi davvero non scherza è Tertulliano che scrive: «Una sola notte,
con qualche torcia, potrebbe assicurare la vendetta» (Apologetico, 37) in un contesto dal quale
è chiarissimo che colei contro la quale si vuole procedere è
Roma-Babilonia-Sodoma-bagascia-puttana-troia. Rutelli, e anche il giudice Papalia, non hanno
nulla da dire per queste affermazioni gravissime, per questa evidente apologia di reato? Vabbè,
Tertulliano è morto. E anche San Pietro, però in queste cose il responsabile, almeno per il
risarcimento civile, è facilissimamente individuabile dato che siede sul suo soglio, oltretutto a
due passi dal sindaco Rutelli. E invece di querelarsi per difendere il buon nome, oltre che l'
integrità, della città di Roma che cosa fa costui? Va a baciare la babbuccia di Wojtyla. Peggio:
ne avalla e incoraggia il Giubileo che, con tutta evidenza, è il modo, subdolo, moderno, con cui
gli eredi di Cristo, di Giovanni, di Pietro e di Tertulliano cercano di fare ciò che ai primi cristiani
(purtroppo) non riuscì: distruggere Roma una volta per tutte, seppellendola sotto 50 milioni di
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pellegrini. Chi è il vero lanzichenecco, Bossi o Wojtyla? In fondo il primo si è limitato a definire
Roma «ladrona» e i romani «porci, banditi, stronzi», teste di cazzo, fannulloni, indolenti,
impuniti, trogoli, schifosi, puzzoni, maiali, carogne, figli di puttana, insomma i soliti eccessi
verbali da miles gloriosus sostanzialmente innocui; ma gli altri, i cristiani, i romani li volevano
mandare arrosto. Ieri. E oggi Wojtyla, con la complicità del bellimbusto Rutelli (fermo! niente
querele; significa, secondo il Palazzi, «uomo di ricercata eleganza» ), progetta di distruggerla,
Roma, non con il fuoco, metodo inefficace e prevedibile, ma con una sofisticata tecnica più
adatta ai tempi: strangolandola nel proprio traffico. Ma forse non c'è nemmeno da aspettare il
Giubileo. Ha già provveduto il sindaco Rutelli, con la sua iniziativa, a seppellire Roma:
coprendola di ridicolo.
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