La distinzione sesso/genere e l`ordine veterosessuale. icoletta
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La distinzione sesso/genere e l`ordine veterosessuale. icoletta
Immaginario sociale 15/06/2006 La distinzione sesso/genere e l'ordine veterosessuale. icoletta Poidimani e l'elogio del diverso Di Attilio Mangano Secondo dati di un recente convegno medico, almeno 150 persone ogni anno in Italia nascono con organi sessuali non facilmente definibili; e però, a norma di legge, entro un mese dalla nascita va registrata la loro appartenenza al genere maschile o a quello femminile. E questa è solo la punta di un iceberg, quella di tipo esteriore, che non indica ancora nulla di preciso rispetto ai percorsi individuali di costruzione del genere. Anche ammesso, infatti, che una modifica della legge consentisse un rinvio o uno spostamento temporale nella definizione dell'appartenenza a un genere, il problema rimarrebbe aperto, poiché esso non riguarda affatto i soli "casi clinici", ma una più complessiva visione del mondo, una "monocoltura del genere". Questa definizione di monocoltura è il punto di partenza di una riflessione critica e alternativa come quella condotta da Nicoletta Poidimani nel suo libro più recente1. Nicoletta, che ho imparato a conoscere e apprezzare fin dai tempi in cui collaborava col suo geniale maestro, Luciano Parinetto, marxista eretico e fautore delle molteplici diversità, studioso di streghe e di mistici, fa parte di quelle nuove generazioni del femminismo radicale in cerca di una sua genealogia di concetti e di interrogativi di fondo che non esitano a scegliere una posizione iconoclasta anche rispetto al femminismo, cui rimprovera di aver subito il "contrattacco" veterosessuale. Del resto basta seguire con accortezza le fonti ispiratrici del suo discorso per identificare una linea di ricerca eterodossa. Il primo riferimento infatti va a quella Vandana Shiva che dichiara che "la principale minaccia alla diversità deriva dall'abitudine a pensare in termini di monocolture, quelle che io chiamo "monocolture della mente", elaborazione che viene accettata dalla Poidimani come punto di partenza per una critica della concezione dicotomica dei generi e subito ricollegato a un'opera troppo poco conosciuta in Italia, "The Straight Mind" di Monique Witting (1978). Il pensiero straight, eteronormativo, sviluppa una concezione totalizzante "in cui si parla...dello scambio delle donne, della differenza tra i sessi, dell'ordine simbolico, dell'inconscio, del desiderio, del godimento. .. sempre al singolare". Si passa poi a Germaine Greer, la celebre autrice de "L'Eunuco femmina" (1970), che trenta anni fa denunzia la truffa monocolturale in termini drastici con "La donna intera" (2001), descrivendo la pseudo vittoria del femminismo come un incubo vivente; ma soprattutto ad Adrienne Rich di "ato di donna" (1976, seconda edizione riveduta 1986), che viene opportunamente collegato a Pierre Bourdieu del "Dominio maschile" (1998). 1 Nicoletta Poidimani, Oltre le monocolture del genere, Mimesis, 2006 1 Immaginario sociale 15/06/2006 "Effettivamente il maschile si è sempre definito per negazione", osserva la Poidimani, "maschile, virile, è ciò che non è femminile, nel senso che è tanto più maschile quanto più si allontana dalla definizione del femminile..". Proprio questa costruzione ideologica e la "naturalizzazione" delle opposizioni costruite culturalmente costituiscono la base dell'impianto normativo dell'ordine veterosessuale. In fondo, ma era anche ora, Bourdieu attinge a piene mani dalla cultura prodotta dal movimento delle donne, ma la sua "socianalisi dell'inconscio androcentrico" è largamente meritoria, anche se la Poidimani preferisce richiamarsi al bistrattato "Sputiamo su Hegel: la donna clitoridea e la donna vaginale" (1974) di Carla Lonzi e poi soprattutto a Judith Butler: "Se il genere è la costruzione sociale del sesso e se non c’è altra via per accedere al sesso se non attraverso la sua costruzione, allora appare evidente che non solo il sesso è assorbito dal genere, ma che il sesso diventa una sorta di finzione, forse una fantasia, collocata retroattivamente in un luogo prelinguistico al quale non esiste accesso diretto". Poidimani si appella insomma alla "queer theory" della Butler per contestare i rischi permanenti di ricaduta nell'essenzialismo (la donna in assoluto come essenza), in cui incappa il vecchio femminismo. Il problema è di tornare a vedere "la donna" sul piano storico, la sua definizione "relazionale" inerente il nesso produzione-riproduzione. Se la "genitalità" continua a essere centrale tanto nelle teorie scientifiche quanto nella costruzione sociale del genere e la "funzione riproduttiva" da funzione parziale diviene funzione essenziale, la riduzione della molteplicità dell'umano in "due generi che si definiscono reciprocamente", si perviene comunque all' eterosessualità "normativa" ,"unica pratica sessuale naturale" e quindi socialmente accettabile. Tutto il resto, e per prima l'omosessualità, torna ad essere un fatto marginale, un errore di natura, al limite qualcosa da tollerare. Se invece l'eterosessualità è vista come "una possibilità" fra le altre, ciò che conta è il movimento della stessa macchina desiderante (vedi l'Antiedipo di Deleuze-Guattari), fino al ribaltamento del freudismo stesso, che “è attraversato dalla strana idea che non c'è alla fine che un sesso, quello maschile, rispetto al quale la donna si definisce come mancanza e il sesso femminile come assenza". I due filosofi francesi spiegano nel loro famoso e controverso libro che siamo ovunque in presenza di una “transessualità microscopica", che fa sì che la donna contenga tanti uomini quanto l'uomo e l'uomo altrettante donne, capaci di entrare gli uni colle altre, le une con gli altri". Si perviene al riconoscimento degli N sessi in un soggetto, secondo la formula della rivoluzione desiderante "a ciascuno i suoi sessi". Forse è proprio questo il punto nevralgico del contendere, che chiama in causa, con il freudismo, il rapporto fra immaginario erotico multiplo, costruzione dell' identità, pratiche sessuali senza confine di genere, nella sua prospettiva di rivoluzione sessuale permanente e nel suo rischio di ennesimo riduzionismo alla rovescia, in cui l'eterosessualità diviene non più una possibilità fra le altre, ma un momento di passaggio ad altro. Ma è anche un terreno di sfida: il rapporto fra immaginario e reale, nella sua dialettica di passaggio dalla creatività radicale dell'istituente alla 2 Immaginario sociale 15/06/2006 "normatività" dell'istituito, produce a sua volta le sue nuove istituzioni, una rappresentanza della norma che viene interiorizzata come tale dalla società stessa, un ordine simbolico di significati condivisi. Di nuovo spetta e spetterà a un immaginario sociale radicale di rimettere in crisi la normatività spostandone i confini, ma questa nuova rappresentazione torna a funzionare normativamente. Fuori di metafora, i confini della normalità possono sempre essere rotti, la distinzione fra naturale e contronaturale può sempre essere rimessa in discussione e rovesciata, ma non viene mai del tutto abolita. Il paragone possibile è quello che investe il tema classico dell'anarchismo, l'abolizione dello stato, dove già anni addietro Gorz col suo "Addio al proletariato" spiegava come si può abolire la macchina nel senso di ridurne il potere esterno frapposto alla società ma non se ne possono abolire le funzioni, compresa la funzione normativa, perché essa è forma, regola, rappresentazione, che può essere presa in mano dalla società stessa che si costituisce nel suo stesso ri-produrre norme e regole condivise. Si può in questo senso rompere il discorso fondato sul genere e riconoscere la molteplicità del sesso che è in noi, il femminile nel maschile e viceversa, sicchè la proposta che emerge dal libro ha la sua valenza di pars destruens e come tale ripropone l'altro-che-è- in noi come nucleo critico ineliminabile, a condizione di non fare dell'antinorma una nuova norma. Sia chiaro che questo tipo di problema o anche di obiezione nulla toglie al merito del lavoro della Poidomani e al suo radicalismo, che si estende brillantemente in tutte le pagine del libro, sia quando interroga altri "diversi" sul loro rapporto fra corpo e sua rappresentazione, sia quando chiama politicamente in causa il progressismo politically correct, che se la prende con il taglio della clitoride, ma non vede altre negazioni della diversità in casa propria. E dunque il lavoro di Nicoletta Poidimani va segnalato per il suo taglio critico e apprezzato anche perché obbliga tutti a misurarsi con il pensiero "normativo", con ciò che la norma proclama come ordine naturale, per ritornare a discutere di natura e cultura, macchina desiderante e suo immaginario, riscoperta del "piacere" al di là della norma stessa che infine lo abolisce. 3