Disoccupazione di lunga durata
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Disoccupazione di lunga durata
BEST PRACTICES NELLA LOTTA ALLA DISOCCUPAZIONE DI LUNGA DURATA a cura di Rosa Altamura e Silvia Spattini Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi” http://www.csmb.unimo.it Università di Modena e Reggio Emilia DISOCCUPAZIONE DI LUNGA DURATA E POLITICHE ATTIVE Uno dei fenomeni più preoccupanti nel mercato del lavoro è quello della disoccupazione di lunga durata, ovvero di quello stato di mancanza di lavoro che si protrae per un lungo periodo, di norma identificato con un tempo superiore ai sei mesi. Si tratta di un fenomeno insidioso, in quanto chi resta lontano dal mercato del lavoro vede progressivamente diminuire, in modo direttamente proporzionale alla durata di tale lontananza, le possibilità di trovare un nuovo impiego e questo per due ordini di motivi. Anzitutto, dopo i primi tempi, normalmente scema la spinta alla ricerca di un nuovo lavoro, mentre subentrano frustrazioni e disillusioni che possono indurre il soggetto in cerca di occupazione a desistere dal suo intento. In secondo luogo, vista la continua evoluzione delle competenze richieste sul mercato, chi resta a lungo privo di occupazione non acquisisce nuove conoscenze e vede divenire sempre più obsolete, e quindi poco spendibili, le conoscenze pregresse, di modo che, con il trascorrere del tempo, aumenta in modo esponenziale il rischio di non riuscire a reinserirsi nel mercato. Le fasce a maggiore rischio di disoccupazione di lunga durata sono i giovani appena usciti dal sistema scolastico, per i quali la mancanza di esperienza può costituire un ostacolo all’ingresso sul mercato, ed i lavoratori anziani che per qualche ragione si trovino ad essere senza occupazione, in quanto il reinserimento si presenta più difficile della norma. L’impegno a combattere la disoccupazione di lunga durata vede nelle politiche attive per l’occupazione lo strumento prioritario d’azione nel mercato del lavoro. Infatti, con il manifestarsi delle crisi economiche nazionali ed internazionali degli ultimi decenni, c'è stato un profondo ripensamento sulle politiche per l'occupazione fino ad allora perseguite. Quanto maturato dalle esperienze precedenti è stato considerato come punto di partenza per un approccio pragmatico sia a livello di OCSE sia a livello di Comunità Europea. In particolare, secondo l’OCSE,1 si può rintracciare, nella presenza in Europa di meccanismi di protezione sociale e di elevata Ocse è l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. È un organismo rappresentante 30 Stati. L’attività dell’Organizzazione si concretizza soprattutto in una continua opera di monitoraggio della situazione economica degli Stati membri e nell’elaborazione di studi e proposte da sottoporre ai governi, al fine di indirizzarne le scelte di politica economica e sociale. 1 2 regolamentazione uno dei fattori determinanti nell’aumento dei tassi di disoccupazione durante lo scorso decennio. È da questa considerazione che l’OCSE ha stilato già nel 1994 un rapporto, il Jobs Study2, che elabora le proposte e definisce le strategie finalizzate alla riduzione dei tassi di disoccupazione. Il Jobs Study riassume le nove raccomandazioni ritenute essenziali per la lotta alla disoccupazione che, nello specifico, sono: ¾ attuare le politiche di stabilizzazione dei prezzi e di risanamento della finanza pubblica; ¾ creare condizioni favorevoli per incoraggiare e sostenere lo sviluppo tecnologico e l’utilizzo delle nuove tecnologie a sostegno dell’incremento della produttività; ¾ creare condizioni favorevoli per la diffusione di contratti di lavoro flessibile, soprattutto attraverso incentivi fiscali e contributivi alla riduzione dell’orario di lavoro e il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale; ¾ sostenere l’imprenditorialità, mediante una razionalizzazione e semplificazione delle condizioni per la creazione di nuove imprese e per la diffusione delle piccole e medie imprese; ¾ utilizzare un approccio flessibile nelle politiche di prevenzione della disoccupazione, in ragione dei diversi contesti locali in cui tali politiche devono essere implementate; ¾ riformare i regimi di stabilità dell’impiego del settore privato che inibiscono nuove assunzioni; ¾ valorizzare le politiche attive del lavoro; 2 http://www1.oecd.org/sge/min/job94/tabcont.htm 3 ¾ valorizzare le politiche educative e formative, dall’infanzia all’età di ingresso nel mercato del lavoro, implementando gli strumenti volti a guadagnare un passaggio dal mondo della scuola a quello dell’occupazione; ¾ incrementare la competitività nel mercato. Questo rapporto dell’OCSE costituisce una sintesi efficace delle trasformazioni subite dal mercato del lavoro negli ultimi due decenni e s’impone come il presupposto teorico per l’elaborazione di una strategia organica, avente come obiettivo l’aumento dell’occupazione. Secondo la tesi contenuta nel Jobs Study, la difficoltà di adattamento mostrata dalla maggior parte dei Paesi ai mutamenti del mercato del lavoro si sarebbe manifestata più gravemente in quei Paesi europei dove le politiche sociali avrebbero sortito l’effetto collaterale di accentuare le rigidità del mercato del lavoro. E' infatti opinione condivisa che l’efficacia in termini di maggiore occupazione è invece legata alla capacità delle politiche attive del lavoro di creare nuove opportunità di impiego e soprattutto di migliorare le opportunità occupazionali delle fasce più deboli del mercato del lavoro. Nella prospettiva della lotta alla disoccupazione, l’OECD ha elaborato la Jobs Strategy, una stratega per l’occupazione, che può essere riassunta nei seguenti punti: ¾ creazione di un ambiente macroeconomico sano, nel cui ambito sia possibile una crescita non inflazionistica; ¾ incentivazione della creazione e della diffusione di know-how tecnologico; ¾ aumento della flessibilità dell’orario di lavoro; ¾ miglioramento del “clima imprenditoriale” sostegno dell’imprenditorialità; 4 e ¾ aumento della flessibilità salariale e del costo del lavoro; ¾ riforma delle misure per la tutela dell’occupazione dipendente; ¾ rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro; ¾ miglioramento della preparazione della forza lavoro; ¾ riforma dei programmi di assicurazione contro la disoccupazione. L’OCSE, con questo manifesto, auspica una riqualificazione delle politiche del mercato del lavoro, attraverso una diminuzione della spesa destinata alle misure passive di sostegno del reddito dei disoccupati ed a favore del finanziamento di nuovi programmi che sviluppino le competenze e le possibilità di impiego dei lavoratori. In particolare, è necessario agevolare la diffusione delle informazioni, mediante il potenziamento degli uffici pubblici per l’impiego e l’offerta di programmi di riqualificazione professionale destinati alle categorie di lavoratori che corrono maggiori rischi di disoccupazione, o le cui qualifiche non sono facilmente spendibili nel mercato del lavoro. Nel quadro della strategia per la lotta alla disoccupazione, il miglioramento delle competenze della forza lavoro è un fondamentale obiettivo intermedio, che può essere perseguito attraverso una strategia ad ampio raggio, che, partendo da una trasformazione completa del sistema scolastico, si spinge fino alla transizione dei giovani dalla scuola al primo impiego e al miglioramento dell’efficienza delle offerte formative e della qualificazione professionale. Un ulteriore elemento di discussione da parte dell’OECD è il ruolo dei sussidi di disoccupazione all’interno delle politiche implementate nella lotta alla disoccupazione di lungo periodo. Inizialmente previsti per anziani o portatori di handicap, e 5 successivamente estesi anche ai lavoratori in cerca di occupazione, i sussidi sono ritenuti dall’OECD disincentivanti rispetto alla ricerca di un occupazione. Per questa ragione sembra necessario intraprendere un uso più attivo dei sussidi, attraverso il collegamento di questi con misure di politica attiva del lavoro che favoriscano il reinserimento del lavoratore disoccupato nel mercato del lavoro. È a tal proposito che la Job Strategy prescrive una riduzione dell’ammontare e della durata dei sussidi di disoccupazione, al fine di incentivare i lavoratori disoccupati verso una ricerca attiva di un’occupazione, e la creazione di un’offerta formativa in linea con le richieste del mercato del lavoro. Questa posizione dell’OECD è stata ampiamente condivisa. La Strategia europea per l’occupazione, sia attraverso i quattro originari pilastri (occupabilità, imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità) sia con i nuovi 10 orientamenti, si è mossa nella direzione indicata dall’OECD, cercando di implementare congiuntamente politiche attive e passive e puntando sulla prevenzione della disoccupazione di lungo periodo, insieme all’innalzamento dei tassi di occupazione. Conseguentemente molti Stati membri hanno intrapreso l’implementazione di queste politiche, anche attraverso la creazione di un consenso collettivo. L’ultimo rapporto annuale dell’OECD, Employment Outlook 2003, evidenzia come l’implementazione della Strategia europea per l’occupazione sia stata rilevante nella riduzione dei tassi di disoccupazione e abbia permesso uno sviluppo delle politiche attive per l’occupazione, anche attraverso programmi obbligatori di formazione e riqualificazione professionale. POLITICHE ATTIVE E SERVIZI PER L’IMPIEGO I gruppi che vengono classificati come a maggior rischio di disoccupazione, e quindi di esclusione sociale, sono di norma: ¾ i giovani in cerca di prima occupazione e soprattutto quelli che non avendo portato a termine un percorso di studi o che pur avendo terminato il percorso scolastico, non hanno acquisito le abilità richieste dal mercato del lavoro, rischiano di non potersi inserire nel mondo del lavoro; 6 ¾ i disabili, che hanno il diritto di acquisire dignità ed autonomia attraverso il lavoro piuttosto che in un’ottica assistenziale ed essere riconosciuti come una risorsa da valorizzare; ¾ le donne, alle quali unitamente al diritto al lavoro deve essere garantito il diritto alla maternità, non solo attraverso tipologie contrattuali che consentano una maggiore armonizzazione tra vita lavorativa e vita familiare, ma anche attraverso strutture preposte per l’infanzia; ¾ gli immigrati, che spesso, nonostante un elevato livello di istruzione, incontrano molte barriere, che ne ostacolano l’inserimento lavorativo; ¾ i disoccupati di lunga durata, specie se anziani, che, come si è detto, incontrano una grande difficoltà a rientrare nel mercato. Fra le politiche attuate per la prevenzione della disoccupazione, particolare rilevanza è attribuita alle politiche che si basano sulla formazione, tanto è vero che le politiche attive del mercato del lavoro su scala europea prevedono la necessità di sviluppare e attuare programmi esaustivi e coerenti di istruzione e formazione lungo tutto l’arco della vita, oltre che di semplice orientamento all’inserimento lavorativo. Questi programmi possono essere realizzati solo all’insegna di un’ampia collaborazione tra parti sociali, enti pubblici, scuole e soggetti interessati. I programmi formativi, peraltro, diventano una risorsa fondamentale e non solo consentono da un lato di ridurre il rischio di disoccupazione dei fruitori di tali programmi, ma favoriscono, al contempo, il loro reinserimento nel mercato del lavoro, ove ne siano involontariamente usciti, consentendogli di apprendere nuove conoscenze necessarie in ambito lavorativo e riducendo in questo modo il rischio di disoccupazione futura. 7 In una logica di workfare e di riduzione della disoccupazione i Paesi europei sono orientati verso politiche per l’occupazione che uniscano misure attive e passive, prevedendo l’erogazione di sussidi di disoccupazione a condizione che il beneficiario segua i programmi previsti di inserimento e re-inserimento nel mercato del lavoro. A chi gode di misure passive di sostegno del reddito è perciò richiesto un impegno attivo per il proprio (re)impiego, attraverso la fattiva ricerca di un’occupazione e/o con la partecipazione a corsi di formazione o di riqualificazione professionale, che possano fornire competenze spendibili sul mercato del lavoro, oppure ad altri programmi di reinserimento nel mercato del lavoro. Si ritiene, inoltre, che l’efficacia delle politiche attive dipenda dall’efficienza e dall’organizzazione dei servizi per l’impiego, che costituiscono normalmente il canale di implementazione delle politiche occupazionali. In particolare, il ruolo dei servizi per l’impiego assume importanza per i gruppi più svantaggiati, tra cui i disoccupati di lunga durata di cui ci occupiamo in questa sede, specialmente quando alle politiche attive si accompagnano altre misure di ausilio all’inserimento lavorativo e di sostegno del reddito. I servizi per l’impiego svolgono, dunque, un ruolo chiave nell’implementazione delle politiche attive a favore dei disoccupati: ne sono un esempio Paesi come la Danimarca e la Svezia, dove le politiche attive hanno avuto un largo sviluppo, che ha permesso un’utilizzazione sempre più proficua del periodo di disoccupazione, durante il quale si sono potute ampliare le conoscenze ed il livello di formazione dei partecipanti alle misure previste. Questo implica che le politiche del lavoro devono essere attuate in maniera globale e devono avvalersi dei servizi pubblici per l’impiego attraverso i quali è possibile intervenire su una larga fascia di popolazione, offrendo prestazioni che vanno dall’orientamento al sostegno alla mobilità fino ai sussidi all’occupazione ecc., misure tutte volte a preparare il soggetto all’inserimento nel mercato del lavoro e, quindi, a realizzare il matching tra i disoccupati e le vacancies. I servizi per l’impiego sono impegnati, in particolare, nella prevenzione della trasformazione della disoccupazione in disoccupazione di lunga durata e questo, in generale, attraverso alcuni strumenti, quali: ¾ interviste con i soggetti interessati; 8 ¾ stesura di un programma individuale tarato sulle personali esigenze del disoccupato; ¾ assistenza nella ricerca dell’impiego; ¾ offerta di possibilità formative; ¾ counselling, orientamento e consulenza per l’avvio di attività in proprio e per l’utilizzo delle normative che incentivano l’autoimpiego; ¾ agevolazione l’incontro tra domanda e offerta di lavoro; ¾ gestione dei programmi di sostegno al reddito. Queste misure, che si avvalgono congiuntamente, per l’appunto, dell’azione dei servizi per l’impiego e degli strumenti di sostegno al reddito, sono volte al reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro, piuttosto che alla mera assistenza, e all’offerta di servizi ad ampio raggio, che possano offrire risposte appropriate ai soggetti considerati deboli sul mercato del lavoro. Gli studi comparati realizzati in questi anni per l’analisi delle misure di politica attiva nei Paesi dell’Unione Europea pongono in evidenza, infatti, come gli incentivi ed i sussidi abbiano una maggiore efficacia se indirizzati ai gruppi più svantaggiati. Inoltre, e analogamente, la maggiore efficacia dei programmi di politica attiva è legata al mercato locale, soprattutto per quanto riguarda le azioni di orientamento e formazione professionale. Per l’attuazione di tali politiche, è necessario: ¾ il costante monitoraggio della domanda formativa proveniente dalle imprese appartenenti ad un tessuto locale; ¾ l’implementazione di programmi di intervento definiti e perfezionati sulle caratteristiche 9 individuali dell'utente, con particolare riguardo alle fasce deboli, come per esempio donne , disabili e soggetti con bassa scolarità; ¾ il rafforzamento dell’azione congiunta di programmi che integrano i diversi aspetti e incentivano varie forme di impiego, quali orientamento, formazione, sostegno all'utente, programmi di inserimento, creazione di impresa. La promozione della diffusione tra i Paesi europei delle buone pratiche sperimentate nell’ambito delle politiche attive è, a tal proposito, uno strumento essenziale che permette di esaminare le politiche ideate sulla base delle linee guida stabilite, puntando all’aggiornamento continuo delle politiche implementate nei vari Paesi ed all’elaborazione di sempre migliori criteri metodologici per la realizzazione di altre best practices. 10 ALCUNI ESEMPI DI BEST PRACTICES SVILUPPATE IN AMBITO EUROPEO Belgio Alcune esperienze interessanti a livello di buone pratiche legate alla disoccupazione di lunga durata possono rinvenirsi nell’esperienza belga. Qui, infatti, una delle prime politiche attive introdotte a fianco delle più classiche misure passive di welfare si registra già al termine degli anni ’80, quando vengono introdotte le c. d. “assunzioni sovvenzionate”, per cui le organizzazioni non profit e le amministrazioni pubbliche federali potevano far fronte a necessità temporanee attraverso l’assunzione o la sostituzione di funzionari proprio con disoccupati di lunga durata ottenendo per corrispettivo un incentivo economico. A partire dal 1990, poi, in una fase di generale calo dei livelli occupazionali, quello che era un isolato intervento è divenuto il primo passo di un graduale passaggio da una logica di welfare ad una di workfare, grazie all’introduzione di un piano di accompagnamento per i disoccupati, avente lo scopo di fornire un sostegno maggiore ai disoccupati di lunga durata dopo i primi mesi di ricerca intensiva di una nuova occupazione, ovvero proprio a partire dal momento in cui, come abbiamo visto, la spinta per la ricerca attiva dell’impiego potrebbe venire meno, e parallelamente di verificare in concreto la disponibilità all’impiego di coloro che beneficiano dei sussidi di disoccupazione, incentivando una ricerca attiva del lavoro. Si è perciò stabilito che tutti i disoccupati che godono dell’indennità di disoccupazione e sono privi di un elevato livello di istruzione, salvo che siano anziani, vengono convocati, dopo dieci mesi di disoccupazione, presso i servizi regionali per l’impiego, per la predisposizione di un piano d’azione, il cui rispetto da parte del disoccupato è poi verificato dagli stessi servizi; che in caso di inosservanza del piano, possono revoca tali benefici. Un’esperienza interessante tra i progetti di politica attiva portati avanti attualmente in Belgio è poi costituita dai Programmi di transizione professionale, con i quali le Pubbliche Amministrazioni e gli enti non profit possono assumere a tempo pieno o part time disoccupati di lunga durata in possesso di bassa qualificazione, i quali beneficiano di una retribuzione pari a quella degli altri dipendenti dell’ente che svolgano le stesse funzioni, per un periodo non superiore a 24 mesi durante tutto l’arco della vita lavorativa 11 (ovvero 36 mesi per coloro che risiedono in un Comune con un tasso elevato di disoccupazione). Il datore di lavoro, per effetto di questa assunzione, beneficia di un contributo, variabile in funzione del tasso di disoccupazione del comune interessato e del tipo di impiego offerto, di una esenzione dagli oneri sociali pari a quella prevista per il Piano Activa, di cui si dirà a breve, nonché di un ulteriore contributo da parte della Regione o della Comunità3. Per quanto riguarda il lavoratore, a questi viene fornita, oltre alla importante possibilità di non rimanere a lungo fuori dal mercato del lavoro ed acquisire nuove competenze, anche la possibilità di avvalersi dei servizi per l’impiego per ottenere un formazione adeguata per la ricerca attiva dell’impiego. Il Piano Activa, cui si è fatto cenno, è un’ulteriore misura che vuole favorire l’assunzione di disoccupati di lunga durata, garantendo al datore di lavoro una esenzione, totale o parziale, dal pagamento degli oneri sociali e la copertura di una parte della retribuzione con una somma pari all’indennità di disoccupazione. Per godere di questo beneficio, il datore di lavoro deve assumere un disoccupato da almeno 6 mesi negli ultimi 9, se la persona interessata ha più di 45 anni, ovvero da almeno 12 mesi negli ultimi 18 (o 24 negli ultimi 36) se la persona ha un’età inferiore. Si è cercato così di introdurre una misura che non solo potesse arginare la disoccupazione di lunga durata, ma soprattutto venire incontro alle esigenze di una fascia debole particolarmente soggetta a rischio di esclusione dal mercato del lavoro, come i lavoratori anziani. Infine, due ulteriori misure volte a favorire il collocamento di disoccupati anziani e di lunga durata sono il progetto SINE per il reinserimento dei lavoratori di difficile collocabilità nell’Economia sociale di inserimento4 e il complemento per la ripresa del lavoro. Il primo è uno strumento con cui si intende promuovere il reinserimento dei disoccupati di più lunga durata attraverso il ricorso ad un uso attivo delle indennità di disoccupazione. In altri termini, le imprese individuate dalla legge, se assumono soggetti che hanno goduto dell’indennità di disoccupazione o di attesa per almeno 60 mesi e che hanno un titolo di studio non superiore al diploma di istruzione secondaria inferiore, possono usufruire di una Ricordiamo infatti che il Belgio è uno Stato federale costituito da tre Regioni (Fiandre, Vallonia, Bruxelles – Capitale) e da tre Comunità (francofona, germanofona e fiamminga) con competenze individuate a livello costituzionale. 4 Una scheda analitica di tale progetto si può leggere in http://www.onem.be 3 12 riduzione del costo del lavoro, ricevendo dall’Ufficio nazionale per l’impiego una indennità di reinserimento con la quale possono coprire una parte della retribuzione liquidata. Per quanto concerne il secondo strumento ricordato in precedenza, si tratta di una misura con cui, a fronte dell’assunzione di un nuovo impiego come salariato, un disoccupato di lunga durata, che abbia almeno 20 anni di anzianità lavorativa ed un’età non inferiore a 50 anni, può percepire una somma di 159,18 € come incentivo per il rientro nel mercato del lavoro. Il beneficio non può essere concesso per i soggetti in possesso dei requisiti per la concessione della pensione né, per evitare frodi, è possibile ottenere il beneficio nel caso in cui il datore di lavoro sia lo stesso presso il quale si è prestata un’attività lavorativa negli ultimi sei mesi. Finlandia La riduzione della disoccupazione di lunga durata ha rappresentato uno dei principali obiettivi della riforma delle politiche attive varata a partire dal 1998 in Finlandia, con la quale sono state introdotte alcune misure ancora utilizzate. La riforma fu incentrata, in particolare, sul miglioramento dei servizi per l’impiego, l’attivazione di benefici economici per il sostegno del mercato del lavoro, l’orientamento delle misure attive verso il reinserimento lavorativo, la definizione di diritti e doveri dei disoccupati e facilitazioni per l’assunzione di disoccupati di lunga durata. Nel complesso, le misure introdotte hanno condotto a buoni risultati, tanto che nel 2002 la percentuale di disoccupati di lunga durata, perlopiù uomini, era la metà rispetto al 1997, benché la discesa del tasso di disoccupazione per questa fascia proceda più lentamente di quanto accada per altri gruppi. Va tuttavia detto che vi sono ancora un buon numero di disoccupati ciclici, ovvero di persone che escono nuovamente dal mercato del lavoro, anche dopo aver usufruito di misure di politica attiva5. In particolare, con la riforma cui si è accennato è stato introdotto, nell’ambito dei servizi per l’impiego, un sistema che stabilisce per gli utenti il diritto anzitutto di ricorrere al servizio, oltre Dati e grafici interessanti sull’andamento della disoccupazione in Finlandia possono leggersi nell’ Employment record 2002, consultabile in http://www.mol.fi/english/reports/employmentreport2002.pdf 5 13 a poter effettuare prestazioni di volontariato ed usufruire di percorsi formativi durante la ricerca del lavoro. Per quanto concerne quest’ultimo punto, in particolare, analogamente a quanto si è visto accadere in altri Paesi, interviene una sorta di accordo contrattuale tra i servizi per l’impiego e la persona in cerca di occupazione, che si traduce nella stipulazione di un piano individuale di azioni, predisposto dopo un’intervista ed aggiornato periodicamente, di modo che, in una logica di workfare, viene richiesto un impegno personale dell’interessato per il reinserimento lavorativo. Venendo, nello specifico, ai progetti volti a ridurre la disoccupazione di lunga durata, va anzitutto ricordato il sussidio combinato per favorire l’assunzione di disoccupati di lunga durata. Chi assume una persona che ha usufruito per 500 giorni dell’indennità di disoccupazione, riceve infatti, inizialmente per i successivi 12 mesi, elevati poi a 24, la stessa indennità che sarebbe stata versata al disoccupato, cui si aggiunge anche un ulteriore aiuto per l’assunzione. Analoghe sono le misure di aiuto finanziario in favore di quei datori di lavoro che assumono disoccupati appartenenti alle fasce deboli del mercato a rischio di esclusione sociale, come appunto i disoccupati di lunga durata, che vengono proposti dai servizi per l’impiego. Inoltre, sono state introdotte ulteriori misure di sostegno finanziario per l’assunzione di disoccupati di lunga durata in favore dei datori di lavoro, ed in special modo le piccole e medie imprese, purché ai soggetti in questione sia assicurata una formazione all’interno dell’impresa, così da ottenere anche una riqualificazione professionale. Un ulteriore strumento utilizzato per ridurre la disoccupazione di lunga durata fa leva sul part – time. Infatti, viene garantita l’erogazione di benefici di tipo compensativo in favore di chi accetta di ridurre il proprio orario di lavoro e dell’imprenditore che, per sostituire tale lavoratore, assuma a tempo parziale un altro disoccupato anziano o di lunga durata. Da ultimo, a partire dal 2004, il governo finlandese punta sul sostegno alle imprese sociali, come strumento di inserimento lavorativo per disabili e disoccupati di lunga durata, che devono costituire almeno il 30% della forza lavoro impiegata da queste imprese affinché possano accedere alle agevolazioni previste6. 6 http://www.mol.fi/english/reports/nap2003english.pdf 14 Francia Il primo intervento in Francia in favore dei disoccupati di lunga durata risale alla crisi occupazionale degli anni ’90, quando le politiche per l’occupazione vengono orientate verso misure di riduzione del costo del lavoro, cui sono affiancati progetti di sostegno per le fasce deboli del mercato del lavoro. Nell’ambito di queste misure, viene introdotto il contratto per l’iniziativa di impiego, che prevede la corresponsione di un incentivo ai datori di lavoro che assumano disoccupati di lunga durata, la cui entità è graduata in proporzione appunto alla maggiore o minore durata del periodo di mancanza di impiego. Nonostante il successivo calo del tasso di disoccupazione, la percentuale di occupazione non sembra essere migliorata in maniera notevole per i giovani, in particolare per coloro che non hanno completato il percorso scolastico previsto e non hanno, dunque, conseguito un titolo di studi che agevoli il loro ingresso nel mercato del lavoro. Sono infatti proprio i giovani i soggetti deboli del mercato del lavoro, per i quali gl’interventi di politica attiva vengono implementati soprattutto con una finalità preventiva, vale a dire intervenire prima che il periodo di disoccupazione superi un arco di tempo di sei mesi, limite dopo il quale la disoccupazione viene considerata “di lungo periodo”. A partire dal 1998 il Governo francese7 ha effettuato drastici tagli alla spesa per i sussidi di disoccupazione, in linea con le direttive europee, per i giovani con età inferiore ai 26 anni, allo scopo di promuovere l’integrazione professionale, piuttosto che stimolare una sorta di dipendenza economica dal sistema di assistenza sociale. È da questa situazione che nasce a Parigi il programma TRACE8, Trajet d’accès à l’emploi, strumento chiave della strategia per contrastare la disoccupazione e l’esclusione sociale. Le finalità principali del programma sono: ¾ favorire l’accesso alla formazione qualificata e al Può essere utile consultare il sito del ministero degli affari sociali, del lavoro e della solidarietà in cui vengono pubblicati i documenti che riferiscono alle politiche occupazionali in Francia: http://www.travail.gouv.fr/dossiers/sommaire1.html 8 http://www.travail.gouv.fr/infos_pratiques/infos_g.html 7 15 lavoro per i giovani che non hanno completato gli studi o che dispongono di titoli di studio “deboli”; ¾ implementare diverse azioni formative legate all’esperienza professionale (bilancio delle competenze, definizione di percorsi da intraprendere, stage di formazione e riqualificazione); ¾ offrire un contributo che consenta al soggetto un inserimento a 360 gradi nel contesto non solo lavorativo, ma anche sociale (come sostegno per l’alloggio e sostegno socio- psicologico). Il progetto si propone di aiutare coloro che hanno evidenti difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro e di integrazione sociale: le problematiche di ordine sociale vengono affrontate, infatti, in concomitanza con gli sforzi tesi ad assicurare una formazione appropriata e maggiori possibilità d’impiego. Il programma prevede l’attivazione di una serie di percorsi personalizzati per l’accesso alla formazione e alla qualificazione professionale, l’esperienza pratica di lavoro e l’inserimento professionale in enti, aziende e organizzazioni locali. Il percorso proposto dura 18 mesi e può prevede la realizzazione di diversi tipi di esperienze, dalla formazione tradizionale a stage formativi e professionali, periodi di prova all’interno di organici aziendali, il tutto tenendo conto delle peculiari esperienze, conoscenze e attitudini del soggetto. Partendo da un approccio che tiene in considerazione la condizione socio-occupazionale del singolo soggetto, il progetto fornisce un supporto che offre un ampio spettro di servizi su misura (fino anche alla fornitura di mezzi di trasporto necessari), insieme alla guida personale da parte di un esperto consulente per un periodo di 18 mesi. L’assegnazione di un esperto che segua individualmente i soggetti interessati avviene dopo un periodo di conoscenza e valutazione che si protrae fino a quattro settimane. Si tratta dunque di un programma integrato di promozione dell’occupazione e della qualificazione giovanile, finalizzato, in particolare, a offrire un’azione di sostegno e valorizzazione a un 16 bacino di beneficiari stimato in circa 70.000 giovani9, che presentano diverse forme di svantaggio sociale, legate alla condizione familiare o a fragilità anche di natura personale. Accanto alla promozione professionale e lavorativa è previsto un piano di sicurezza e tutela sociale. Tale azione prosegue anche nel corso dei 12 mesi successivi alla conclusione del programma, qualora non si riesca a trovare una condizione sociale o lavorativa adeguata. Il progetto è gestito da una complessa struttura di collaborazione tra Stato, amministrazioni locali e regionali, servizi pubblici e parti sociali. A livello locale il programma TRACE opera attraverso le Mission locales, le PAIO, uffici dislocati su tutto il territorio nazionale, che hanno il compito di individuare i soggetti potenziali beneficiari, creando punti di contatto presso i centri sociali, le associazioni e in generale i luoghi che hanno i giovani come utenza centrale. Un cenno particolare, nella trattazione delle misure di politica attiva deve essere svolto per quanto riguarda la gestione dell’indennità di disoccupazione, e, in particolare, il Piano di reinserimento al lavoro (PARE)10, avviato a partire dal 2001, che dimostra come la sinergia tra le varie politiche – attive e passive - per l’occupazione possa portare ad un’efficace passaggio da un sistema di welfare ad un diverso sistema di workfare. Il Piano segue lo schema seguente: ¾ Il disoccupato si iscrive all’Assédic (una delle agenzie tecniche operanti in Francia) e può beneficiare dell’indennità di disoccupazione. ¾ L’ANPE (cioè il servizio pubblico per l’impiego francese) convoca il beneficiario dell’indennità per un colloquio e in quella occasione predispone un Piano d’Azione personalizzato (PAP) nel quale viene tracciato un percorso per il reinserimento lavorativo, che comprende sia la ricerca attiva del lavoro che momenti di formazione. Per conoscere le stime derivanti dall’implementazione del progetto Trace si può consultare il documento presente all’indirizzo http://www.travail.gouv.fr/actualites/pdf/trace.pdf. 10 Il progetto è ampiamente conoscibile attraverso le pagine del sito web dedicato http://www.lepare.com 9 17 ¾ L’ANPE verifica il rispetto del Piano d’Azione e propone la sospensione e/o la revoca del beneficio in caso di accertato mancato rispetto. ¾ Se, trascorsi sei mesi, il beneficiario è ancora disoccupato il piano può essere reimpostato e modificato. ¾ Qualora, trascorsi dodici mesi, il beneficiario sia ancora disoccupato, vengono introdotte misure speciali. Tra le misure speciali previste in favore dei disoccupati di lunga durata erogate dall’Assédic, vi sono in particolare: ¾ rimborso al datore di lavoro di parte della retribuzione versata al lavoratore per un termine massimo di tre anni dall’assunzione; ¾ rimborso delle spese di formazione necessarie per coprire un fabbisogno particolare del datore di lavoro; ¾ possibilità di godere di un rimborso per le spese di tutoraggio e formazione in caso di assunzione con contratto di qualificazione; ¾ aiuti alla mobilità geografica per assunzioni di persone residenti ad oltre 50 chilometri. 18 Germania In Germania, le politiche attive per la lotta alla disoccupazione di lunga durata risalgono al 1969, quando viene approvata la legge sugli incentivi per l’occupazione, con la quale, tra l’altro, furono introdotte misure volte a promuovere l’assunzione di disoccupati di lunga durata tramite incentivi di carattere finanziario. Questa legge ha costituito la struttura portante della strategia tedesca per l’occupazione fino al 1997, quando è stata sostituita dalla legge che ha istituito il libro terzo del codice della sicurezza sociale. Attualmente, per quanto concerne la lotta alla disoccupazione di lunga durata, deve essere ricordato il programma di formazione e qualificazione professionale lanciato dal governo tedesco a partire dal 1999, con lo scopo di incrementare l’occupabilità dei giovani. Infatti, il livello particolarmente elevato di disoccupazione giovanile unitamente alla notevole disparità tra i Laender ha portato il governo ad elaborare ed implementare il Programma di Azione Diretta per la formazione professionale, la qualificazione e l’occupazione dei giovani, JUMP11, con lo scopo di creare 100.000 posti di lavoro attraverso la formula dell’apprendistato. Il programma è stato fin dagli esordi seguito da un team di ricercatori dell’Istituto di Ricerca sull’Occupazione (IAB) e dall’Istituto Federale per la Formazione Professionale (BIBB) che ha il compito di rendere noti i risultati conseguiti attraverso questo programma. Gli obiettivi primari del programma sono: ¾ prevenire la disoccupazione giovanile (ad esempio agevolando la transizione dalla scuola al mondo del lavoro); ¾ ridurre i periodi di durata della disoccupazione; ¾ incentivare l’attività dei giovani disoccupati che non sono più registrati presso i centri per l’impiego e hanno smesso di cercare un’occupazione e che non frequentano corsi di formazione. 11 http://www.peerreview.almp.org/pdf/Exec-summ-Germany-jun01.pdf 19 Tale strumento di politica attiva implementata in Germania è rivolta a tutti i giovani disoccupati, ed in particolare ai giovani che dopo aver avviato un percorso di apprendistato, non lo hanno portato a termine secondo i tempi e le modalità previste, e a coloro che non hanno alcuna esperienza lavorativa, non hanno mai partecipato ad alcun corso di formazione professionale e non hanno contatti diretti con i centri per l’impiego locali. Questa misura, inoltre, mira ad offrire maggiori possibilità d’impiego specificatamente a coloro che, come precedentemente definito, sono considerati soggetti a rischio (donne, giovani, disabili e immigrati), in maniera tale da offrire loro un’opportunità di inserimento professionale e sociale al tempo stesso. I servizi per l’impiego e gli uffici locali di collocamento pubblico sono responsabili della realizzazione del programma che è subordinato sia ai programmi attivati dal governo federale, sia a quelli eventualmente promossi dalle autorità locali e dai Laender. Ciò significa che ogni sforzo deve essere mirato all’inserimento dei disoccupati in altri programmi di politica attiva, in modo tale che convoglino in JUMP tutti quei giovani che non possiedono i requisiti per essere ammessi in progetti di diversa natura. JUMP include un’ampia varietà di misure orientate sia alla domanda che all’offerta, che possono essere raggruppate in cinque obiettivi fondamentali: ¾ sviluppare l’offerta di lavori temporanei affiancare all’esperienza formativa teorica; da ¾ preparare i giovani a conseguire una qualifica professionale attraverso l’apprendistato; ¾ fornire ai giovani una offerta di apprendistato ad ampio raggio, di modo che possano disporre di una larga possibilità formativa pratica; ¾ continuare il percorso formativo anche dopo il termine del periodo di apprendistato; ¾ incentivare l’assunzione di giovani attraverso aiuti 20 economici ai datori di lavoro pubblici e privati. Per potersi adeguare alle esigenze del tessuto economico locale, l’implementazione del programma è stata decentralizzata e si è avvalsa della collaborazione da parte delle imprese, che devono rendersi disponibili ad accogliere nel loro organico un determinato numero di apprendisti, contribuendo all’addestramento pratico e fornendo il proprio supporto nella progettazione e nella realizzazione della formazione teorica che viene affiancata per il raggiungimento della qualifica. Irlanda Anche in Irlanda, tra le politiche attive portate avanti a partire dagli anni ottanta, sono state poste in essere misure volte a favorire il rientro nel mercato del lavoro da parte dei disoccupati di lunga durata. Tra questi programmi, va ricordato anzitutto il Community Employment Programme, che mira proprio ad ottenere una riduzione della disoccupazione di lunga durata reinserendo nel mondo lavorativo i soggetti che rientrano in questa fascia debole del mercato, mediante lavori di pubblica utilità in settori quali la cultura, le attività sportive e la tutela dell’ambiente. In questo modo, a fianco dell’offerta di opportunità occupazionali per i disoccupati, vengono altresì garantiti alcuni servizi essenziali alla comunità. I progetti in questione vengono promossi da enti pubblici e organizzazioni di volontariato operanti a livello locale, i quali possono impiegare i beneficiari del programma per un massimo di 39 ore quindicinali. La partecipazione al Community Employment Programme non è obbligatoria, ma il ricorso ad esso da parte del soggetto interessato è incentivato attraverso la concessione di una prestazione maggiore dell’indennità di disoccupazione. La durata complessiva può variare da uno a tre anni a seconda del gruppo di fasce deboli individuato dal legislatore cui il disoccupato appartiene, laddove la maggiore durata viene riservata ai lavoratori più anziani che incontrano per questo maggiori difficoltà di reinserimento. Ancora, è volto a ridurre la disoccupazione di lunga durata il programma di “Indennità per il reintegro nel mercato del lavoro” (Back to Work Allowance Scheme). Tale programma si rivolge ad alcuni 21 gruppi svantaggiati, tra cui i disoccupati di lungo periodo, cui è concesso di mantenere una parte decrescente della loro indennità sociale, insieme ad altri benefici addizionali, per il periodo dei tre anni successivi al momento in cui hanno ripreso a lavorare, o per un periodo di quattro anni nel caso abbiano intrapreso un'attività di lavoro autonomo. Un ulteriore beneficio è poi previsto per i disoccupati da più di cinque anni, che possono essere inseriti nel Very Long Term Unemployed Programme, che prevede una indennità supplementare per un periodo di formazione di sei settimane ed il successivo passaggio al Back to work al termine di questo periodo, qualora il soggetto continui a lavorare, oppure, nel caso opposto, l’erogazione di un contributo una tantum12. Un diverso progetto portato avanti dal Governo irlandese è il Social Economy Programme, con il quale viene garantito un sostegno economico alle imprese impegnate nell’economia sociale (servizi pubblici, imprese che forniscono beni e servizi non forniti spontaneamente dal mercato, ecc.) qualora assumano disoccupati di lungo periodo e altri gruppi svantaggiati. Tra i programmi a più spiccato contenuto formativo, invece, va ricordato il Vocational Training Opportunity Scheme, programma di formazione e riqualificazione professionale rivolto sempre ai disoccupati di lunga durata, i quali mantengono i benefici assistenziali loro accordati qualora decidano di seguire corsi di istruzione secondaria a tempo pieno e corsi gratuiti; in tale ipotesi, essi ricevono anche un aiuto per il vitto ed il trasporto. In questo modo, si intende fare sì che il soggetto rimasto a lungo fuori dal mercato del lavoro non trovi ostacoli, ed anzi sia incentivato, a curare il proprio aggiornamento e la propria riqualificazione professionale, in modo da eliminare uno dei più grossi ostacoli al rientro nel mondo del lavoro. Maggiori e più dettagliate informazioni si possono trovare nel sito http://www.oasis.gov.ie/employment/losing_your_job/back_to_work_allow.ht ml 12 22 Regno Unito Alla fine degli anni ’90 il Governo britannico ha elaborato alcuni programmi13 specificatamente pensati in risposta a coloro che mostrano evidenti e maggiori difficoltà di inserimento sul mercato del lavoro. Questi programmi sono gestiti dal servizio pubblico per l’impiego britannico, i Jobcentre Plus14, che si avvalgono della collaborazione con partner locali, come le Agenzie per lo Sviluppo Locale, autorità locali e parti sociali. Il New Deal For Young People15 è un esempio di eccellenza di questi programmi, ed ha come target principale i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni che sono disoccupati e che hanno ricevuto l’indennità di disoccupazione, Jobseeker’s Allowance, l’ammortizzatore sociale previsto per offrire assistenza economica a coloro che sono in età lavorativa e che sono alla ricerca attiva di occupazione, per un periodo di sei mesi. Il periodo iniziale16 del programma si chiama gateway period, inizia a seguito dei primi sei mesi di disoccupazione ed ha una durata quadrimestrale. Il programma, dunque, si rivolge a coloro che hanno spiccate difficoltà nella ricerca di un’occupazione, o a coloro che per specifiche condizioni sociali (come eventuali problemi di disagio socio-economico) possono essere inseriti nel programma New Deal già prima che trascorra il periodo di transizione di sei mesi. Durante il periodo gateway, l’utente è seguito da un consulente personale, il personal adviser del programma che, generalmente, è un dipendente dei servizi pubblici per l’impiego e che è in grado di offrire utili informazioni sul funzionamento del mercato del lavoro, fornendo consigli pratici su come muoversi alla ricerca di un impiego. L’attività di consulenza parte con la stesura di un piano individuale d’azione il cui scopo primario è quello di coordinare le attività in modo tale da potenziare la ricerca di occupazione. Nel caso in cui il soggetto, al termine del periodo previsto di quattro mesi, sia ancora in stato di disoccupazione, esistono quattro possibilità che offrono opportunità di esperienze di lavoro e/o formazione a tempo pieno: http://www.newdeal.gov.uk/ http://www.jobcentreplus.gov.uk/cms.asp?Page=/Home 15 http://www.newdeal.gov.uk/newdeal.asp?DealID=1824 16 http://www.psi.org.uk/docs/rdp/rdp15-new-deal-for-young-people.pdf 13 14 23 ¾ un impiego che comprende almeno un giorno alla settimana dedicato alla formazione teorica esterna fino al raggiungimento di una qualifica accreditata. Ai datori di lavoro viene offerto un contributo per i costi salariali, mentre i soggetti percepiscono una retribuzione dal datore di lavoro; ¾ un semestre di lavoro nel Government’s Environment Task Force (gruppo di lavoro di esperti ambientali) che include un giorno alla settimana dedicato alla formazione esterna per il raggiungimento di una specializzazione riconosciuta; ¾ un lavoro di sei mesi nel settore del volontariato, anch’esso comprensivo di un giorno alla settimana da destinare ad attività formative in grado di fornire una qualifica professionale; ¾ l’opportunità per coloro che non hanno conseguito alcun attestato di qualifica necessario per l’inserimento nel mercato del lavoro, di frequentare un corso di formazione a tempo pieno. Il sostegno finanziario ai giovani che dovessero rifiutare di accedere ad almeno una di queste possibilità, può essere sospeso per un breve periodo o per una durata indefinita. Coloro che, invece, non hanno trovato un’occupazione al termine di uno di questi programmi opzionali, ricevono un ulteriore aiuto, Follow through, e supporto da parte del servizio pubblico per l’occupazione. Nel caso in cui l’utente del programma torni ad essere disoccupato entro tredici settimane dal termine del programma, è abilitato a riprendere il New Deal continuando la programmazione precedentemente sospesa. Un’altra possibilità di ricorso ai programmi del New Deal riguarda coloro che hanno più di 25 anni e sono stati disoccupati almeno per 18 mesi negli ultimi 21. Per tale categoria, che ben può essere inquadrata nell’ambito della disoccupazione di lunga durata, è prevista la predisposizione di un piano di azioni individualizzato, 24 con il quale viene programmata un’ampia gamma di misure (predisposizione del curriculum, simulazione di colloqui, corsi di formazione, tirocini e brevi esperienze lavorative, ecc.) volte a favorire il reinserimento professionale e riqualificare il lavoratore, consentendogli di non rimanere a lungo fuori dal mercato del lavoro17. Infine, il New Deal si indirizza dal 2000 anche agli ultracinquantenni, disoccupati da almeno sei mesi, i quali, in ragione della più difficile occupabilità, ricevono un aiuto maggiore nella ricerca del lavoro, garantendo loro un minimo salariale ed un employment credit, consistente in un ulteriore sussidio, che può essere liquidato in un’unica soluzione per coloro che desiderino avviare una loro attività. 17 Cfr. www.newdeal.gov.uk/english/twentyfiveplus. 25