Alberto Savinio Luigi XVI, 1932-1932 Matita grassa su carta Cm

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Alberto Savinio Luigi XVI, 1932-1932 Matita grassa su carta Cm
Alberto Savinio
Luigi XVI, 1932-1932
Matita grassa su carta
Cm 61.3 x 46
Alberto Savinio (Atene 1891 – Roma 1952)
Luigi XVI, 1932-1932
Matita grassa su carta, cm 61.3 x 46
Firmato in basso a destra “Savinio”
Pubblicato in: Loretta Cammarella Farsitta, Savinio: gli anni parigini dipinti 1927-1932,
Electa, Milano, 1990, p.105;
Daniela Fonti, Pia Vivarelli, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Alberto Savinio, catalogo della
mostra, De Luca Editore, Roma, 1978, p. 96; Pia Vivarelli, Alberto Savinio. Catalogo
generale, Electa, Milano, 1996, p. 261, n. 1931-1932 5.
Esposto in: Firenze, Sala d’Arte de “La Nazione”, Personale 3 dicembre 1932; Roma, Galleria Nazionale d’arte Moderna, Mostra di Alberto Savinio, 28 giugno – 25 luglio 1952.
Tra il gennaio 1932 e il marzo 1935 Savinio scriveva per la rivista giuridica “I Rostri”
dieci articoli dedicati ai “processi celebri”, i cui protagonisti sono passati alla storia come
esempi di iniquità giuridiche: Anassagora, Campanella, Cristo, Frine, Galilei, Giovanna
d’Arco, Landru, Luigi XVI, Paride, Socrate.
Secondo una lucida analisi Savinio non drammatizza le vicende degli imputati, ma mira
a mettere in dubbio l’assolutezza del giudizio sia della legge che della storia capace di
operare la loro riabilitazione postuma. Il dubbio instillato dall’autore è paradossale e
provocatorio: “ognuno di questi grandi accusati, prima di diventare una vittima della
giustizia umana, è stata vittima di una sua particolare forma di misticismo”, a suo parere
anche un giudizio assoluto nei confronti di questi personaggi storici è esso stesso una
forma di misticismo.
A corredo degli scritti Savinio realizzava tra il 1931 e il 1932 altrettanti raffinati disegni.
Il caso qui graficamente illustrato è quello del re francese Luigi XVI, incarcerato nella
prigione di Temple e giustiziato il 21 gennaio 1793, considerato dai capi montagnardi un
sacrificio necessario per la salute pubblica e per le necessità rivoluzionarie.
Come una quinta teatrale la ghigliottina si intravede sul fondo, elevato a simbolo di terrore nelle mani dei rivoluzionari qui rappresentati dal cappelo Frigio. I volti decollati del
re e della consorte Maria Antonietta sono figurati con la tipica ironia saviniana, come
a voler sbeffeggiare il trionfo della Rivoluzione. Rivoli di sangue risalgono il patibolo
anziché macchiare il suolo patrio, una sarcastica interpretazione di Savinio di quella che
secondo la credenza furono le ultime parole di Luigi Capeto: “perdono coloro che hanno
causato la mia morte e spero che il mio sangue non debba mai ricadere sulla Francia”.
I dieci processi dopo gli anni Trenta ricompariranno nella versione a stampa su «Il Caffè
Illustrato» nel 2001 e poi nel 2003 nell’edizione Sellerio.