Informazione e ideologie della "società postindustriale"
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Informazione e ideologie della "società postindustriale"
INFORMAZIONE E IDEOLOGIE DELLA « SOCIETA’ POSTINDUSTRIALE » « La nostra civiltà e la nostra cultura attuali sono largamente basati su una tradizione di stabilità » — scrive R. Brown, introducendo il suo rapido « excursus » sulla civiltà contemp oranea e sulle sue caratteristiche innovatrici, « rivoluzionarie » appunto di quella tradizione culturale consolidata. Quale indizio più rivelativo della « destabilizzazione » in corso, l’accento è subito posto sulla novità dei materiali usati dalle nuov e tecnologie, diversissimi dai « materiali tradizionali, richiedenti capacità pra tiche che erano state raggiunte dopo anni di esperienza e di apprendistato » . Puntuale, inoltre, in Brown, il riferimento alle « nuove scienze» titolari di questa rivoluzione tecnologica: la fisica quantistica, la biologia molecolare, la biofisica e la biochimica, la nuova psicologia, la logica simbolica. Con felice sottolineatura, e presentando l’informatica come disciplina-sintesi della più matura rivoluzione tecnologica del XX secolo, Brown osserva: « Più importante del singolo nuovo materiale o del singolo sistema nuovo di applicazione, è il concetto stesso di cosa siano concettualmente i nuovi materiali. Cioè, abbiamo un mutamento tra l’avere a che fare con le sostanze e l’avere a che fare con le strutture: passiamo dall’artigiano allo scienziato. Passiamo dall’esperienza concreta della produzione alle astrazioni matematiche, dal servirci di ciò che la natura fornisce alla realizzazione di ciò che l’uomo vuole ». Senza soffermarci sulle valutazioni anche di natura epistemo logica che queste osservazioni richiederebbero 1 , rileviamo come esse coincidano, significativamente, con quelle che Un sociologo, assai noto studioso dei fenomeni di « cibernazione », ha recentemente espresso, a proposito di un tale, rilevante esempio di « razionalizzazione implicita del sistema sociale »: « I materiali di cui ci serviamo debbono essere spesso collegati fisicamente. Questa connessione fisica viene posta in 1 La bibliografia sull’argomento è assai ampia. Indichiamo, per l’ampiezza dell’impostazione e la ricchezza dei contributi, che vanno oltre il tema qui indicato, i tre volumi che raccolgono gli atti del Seminario di Courmayeur (del settembre ‘71) del Centro Studi della Fondazione A. Olivetti, « Razionalità sociale e tecnologie della informazione », a cura di F. ROSITI, Milano, Comunità, 1973. Un’analisi di carattere essenzialmente teoretico è in G. SEMERARI, La lotta per la scienza, Milano, Silva. 1965, specialmente nei capitoli V (La intenzionalità tecnica) e VII (Civiltà dei mezzi e civiltà dei fini). Cfr. anche le originali osser vazioni rinvenibili in A. GARGANI, Il sapere senza fondamenti, Torino, Einaudi, 1975, sulle caratteristiche e i limiti della assiomatizzazione delle scienze, nonché sulle strutture della prassi tecnico-scientifica. 16 ________________________________________________________________INFORMAZIONE E IDEOLOGIE... essere in certi modi dai qua1i si può prescindere, comunque si progetti tutta una serie di attività, di produzione o di vendita, o di semplice comportamento. I materiali possono essere soprattutto connessi tra loro in una delle seguenti maniere: legatura, incastro. bullonatura, saldatura manuale, saldatura automatica. Queste maniere di unire i materiali si sono sviluppate, grosso modo, nello stesso ordine cronologico in cui le ho esposte. Perché scelgo, fra i molti esempi possibili, proprio quello della connessione materiale tra le cose, e in particolare della saldatura? Perché essa è la proiezione materiale della congiunzione logica fra concetti, ed è più facile spiegare attraverso di essa appunto la congiunzione materiale logica fra cose che sta sotto (o sopra) vincoli e strutture sociali. Insomma, anche questo particolare pensiero implicito fonda il disegno della società » 2 . Si potrebbe dire che i « nuovi materiali », e la loro « logica » implicita, appiattiscano al limite dell’equivalenza la indicazione euristica marxiana della storia dell’industria come « libro aperto delle forze essenziali dell’uomo », « come psicologia resa visibile»3 . Non ci interessa, qui, tuttavia, inerpicarci in una discussione approfondita di tali nessi, e della loro e caratura metodologica: molte cose si dovrebbero osservare nonché sui pericoli di una sovrapposizione di strutture sociali e tecnologiche su questa germinazione di strutture economico-sociali ad opera di fattori tecnico-scientifici. Assai più immediatamente rilevante, nei limiti del nostro discorso, è l’osservazione della perspicua ricostruzione, (sia pure nelle specie di una pura « compresenza » di « fattori ») della società postindustri ale, che Brown riesce ad operare. Dopo aver ricordato, infatti, gli elementi materiali e conoscitivi più tipizzanti la realtà contemporanea, il bibliotecario « manager » inglese4 2 Corsivo dell’A.; v. S. Acquaviva, Una scommessa sul futuro. Sociologia e programmazione globale, Milano, Istituto Librario Internazionale, 1971, pp. 95-96. Significativa ci pare la comunicazione recente dell’apprestamento, nei laboratori COMAU, dei primi modelli di « Robogate », una ‘gabbia’ completamente integrata per la saldatura elettronica delle scocche d’automobile. Cfr. e La Stampa», 26 luglio 1977, p. II. 3 K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Torino, Einaudi, 1949, p. 131 e K. MARX, L’ideologia tedesca, Milano, Rinascita, 1947, p. 46 e 47. Essa non autorizza, tuttavia, le suggestive ma troppo avventurose tesi che hanno il loro archetipo, nel secondo dopoguerra almeno, nel volume di K. AXELOS, dedicato appunto a Marx, pensatore della tecnica (Milano, Sugar, 1964). 4 R. Brown è uno specialista di « organizzazione a delle strutture culturali. Le riflessioni esposte nell’incontro con il pubblico italiano sono un’evidente elaborazione, operata per l’occasione, del suo saggio di ‘management’ biblioteconomico. « Library methodology », contenuto nel volume School Libraries, London, C. Bingley, 1970, scritto in collaborazione con C. DYER e E. D. GOLDSTEIN. A differenza che nelle nostre, ancora e artigianali a sponde biblioteconomiche, nei paesi anglosassoni è ormai assai largamente diffusa la « filosofia » manageriale: citiamo, a mò di indicazione solo esemplificativa, G. E. EVANS, Management Techniques for Librarians, New York - London, Academic Press, 1976. Non è qui ed ora che vanno rilevati, naturalmente, i limiti « ideologici » di tale produzione. E’ forse opportuno, tuttavia, ricorda re come la dimensione più profonda storicamente della « managerial revolution » burnhamiana sia pur sempre presente, a monte di questa « seconda produzione » di « routine» (cfr., per questi problemi, A. ILLUMINATI, Sociologia e classi sociali, Torino, Ein audi, 1967, pp. 84 e sg.). 17 RAFFAELE GIAMPIETRO_______________________________________________________________________ punta dritto alle implicazioni conseguenti al livello della forza-lavoro: la società contemporanea chiede uomini « contemporanei », esige l’esistenza di lavoratori intellettuali (« knowledge workers »), non più lavoratori manuali e scarsamente qualificati. E’ a questo punto che la smossi rapida di Brown viene a coincidere, descrittivamente, con quanto ci restituisce uno dei più « classici » studiosi della società postindustriale 5 , Alain Touraine: « Consideriamo subito le società postindustriali » scrive lo studioso francese, delineandone appunto le strutture organizzative-sistemiche — « chiamando così le società caratterizzate dalla accumulazione della produttività, dal mo dello culturale di sviluppo e dal modello sistemico di conoscenza 6 e dunque distinte dalle società industriali, che sono definite dall’accumulazione del capitale, dal riconoscimento di un ordine economico e dal modello storicistico di conoscenza 6 . Dalla società ind ustriale alla postindustriale, il campo dell’organizzazione si allarga. Alla fine del XIX secolo si comincia a parlare di organizzazione del lavoro e delle fabbriche, poi penetra nel campo dell’amministrazione delle imprese e di aziende di tipo diverso ciò che talora si designa con il nome di razionalizzazione. Dopo la seconda guerra mondiale, questa penetra nel campo della decisione. I primi esempi di questo progresso sono dati dall’applicazione della ricerca operativa a problemi militari, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Questo progresso della razionalizzazione indica una trasformazione profonda delle forme della produzione. Il lavoro tradizionale può considerarsi come una produzione d’energia sia ad opera del motore umano sia di macchine utilizzanti direttamente o per trasformazione fonti naturali d’energia. Il lavoratore possiede in tal caso quel che s’è chiamato 18 5 A. TOURAINE, La società post-industriale, tr. it., Bologna, Il Mulino, 1970. Della ampia letteratura sulla teoria dei sistemi, si ricordano qui solo i classici L. VON BERTALANFFY, Teoria generale dei sistemi, Milano, Istituto Librario Internazionale, 1971 e C. WEST CHURCHMAN, Filosofia e scienza dei sistemi, Milano, Istituto Librario Internazionale, 1971. Ampio interesse in merito ha dimostrato uno studioso come V. TONINI, della cui copiosa produzione si ricorda qui solo il breve saggio, Epistemologia dei sistemi, in « La nuova critica a, 1975, IV, pp. 33-46 . Quaderno dedicato alla « Scienza dei sistemi »); una interessante utilizzazione del concetto di sistema, così come della « teoria del campo », in sede di metafilosofia, ha fatto P. FILIASI CARCANO; cfr., tra l’altro, — uno dei suoi ultimi contributi, prima della immatura scomparsa — P. FILIASI CARCANO, Epistemologia delle scienze umane, Relazione introduttiva al XXV Congresso della Società Filosofica italiana, in e Giornale Critico della Filosofia italiana, 1976, n. 4. Importante, come sviluppo entro la teoria classica, è il recente lavoro di un grande biologo. C. H. WADDINGTON, (Strumenti per pensare. Un approccio globale ai sistemi complessi, Milano, Monda dori, Biblioteca della Est, 1977) che è l’antecedente immediato della « teoria delle catastrofi di RENÈ THOM, l’ultimo e più rilevante risultato dell’approccio « topolo gico » ai fenomeni biologici, matematici e anche sociali. (R. THOM, Stabilité structurelle et morphogénèse, Reading, Benjamin, 1972). Per l’utilizzazione biblioteconomica del concetto di sistema, cfr. A. SERRAI, Biblioteconomia come scienza, Firenze, Olschki, 1973. 6 18 ________________________________________________________________INFORMAZIONE E IDEOLOGIE... autonomia professionale, poiché egli controlla l’impiego della sua forza fisica, della sua abilità, del suo mestiere. Nel contempo, egli è direttamente sottomesso a una dominazione sociale, nella forma più o meno diretta di uno sfruttamento della sua forza-lavoro. L’analisi marxista ha mostrato con chiarezza la natura di questo rapporto. Il padrone si appropria, col pretesto di comprare il lavoro dell’operaio, della sua forza-lavoro. Il progresso della meccanizzazione non muta nella sostanza questo rapporto: che alle lunghe giornate lavorative si sostituiscano le « cadenze infernali » delle officine di produzione in grandi serie modifica la forma dello sfruttamento, ma non trasforma la natura del lavoro... Ma questa linea evolutiva di decomposizione del sistema precedente di lavoro è celata progressivamente da un’altra evoluzione, che conduce a concepire la produzione come un flusso di informazioni che segue determinati canali di comunicazione. La nozione di mestiere è rimpiazzata da quella di ruolo professionale. Non vi sono più relazioni isolabili tra un’energia spesa e un prodotto fabbricato, il posto di lavoro è definito soltanto dalla sua posizione in una rete di relazioni7 . E’ quasi inutile, a questo punto, sottolineare ancora genericamente una intera area di problemi che, per la loro rilevanza intrinseca ma anche per essere stati « terroristicamente » oggetto di un effetto « secondario » della stessa « bomba informazione a che Brown ricorda nel testo, sono ormai entro una vera e propria ‘vulgata’: alludo ai temi che toccano i processi di comunicazione come luogo privilegiato, nella società con temporanea, di canalizzazione e « orientazione » della informazione come « medium » e insieme come fattore di produzione. Preferibile, semmai, è porre l’accento sulla relazione, che Touraìne ci ha aiutato a individuare, sia pure non conclusivamente in sede categoriale, tra « razionalizzazione » cibernetica e sistema sociale nel suo complesso, almeno nel versante della forza-lavoro. E’ probabile che si incida qui su un « punto debole » del discorso di Brown. Il lettore non propriamente conciliante e aprioristicamente ammirato della fluidità tutta anglosassone della sua esposizione dovrebbe poter coltivare un qualche sospetto sulla « purezza » asettica, sulla « naturalità » tutta empiristica dei fenomeni di « cibernazione « razionale, In uno, sulla stessa idea di ragione scientifica e tecnologica pura che emerge dalla pagina.Malgrado gli scarni cenni al « carattere impersonale di molte delle nostre strutture organizzative » che « dà la — 7 A. TOURAINE, Sistemi e conflitti, in AA. VV., Razionalità sociale e tecnologie della informazione, cit., vol. I, pp. 22-23. Cfr. anche, su questi temi, e in generale per un approccio sistemico e interdisciplinare ai problemi della dinamica sociale, il fase. 22, « La nature de la société a di «Communications » (1974, n. 22) e l’altro, su « La notion de crise a, della stessa rivista. 1976, n. 25, entrambi con saggi di E. Morin, B. Rybak e altri. Per una rassegna esauriente, nel versante delle strutture istituzionali organizzative della comunicazione sociale nell’area culturale francese cfr. L. MANCINO, Intervento pubblico e organizzazione della cultura, Laurenziana, Napoli, 1976. 19 RAFFAELE GIAMPIETRO_______________________________________________________________________ sensazione che l’individuo, da solo, è perduto », ed anzi proprio per il modo con cui questi cenni rinviano ai corposi fenomeni sociali, di massa, che ne sono il referente reale di base, nell’« ideologia » di Brown, nella sua filosofia manageriale complessiva così come nella sua « librarianship », circola un assioma di fondo: che, nel versante positivo, è tutto identificato in una neoumanistica confidenza con la scienza e la tecnica contemporanea; in quello negativo, è nell’assenza, più che nel rifiuto consapevole, di qualsiasi tematizzazione storicocritica, non si dice dialettica, delle « impurità » della ragione « informatica ». Non crediamo sia un caso che, a parte il « classico » Shera, il riferimento ascendente di Brown sia quel P. Drucker di « The age of Dis continuity » sul quale persino un sociologo certamente non eversivo come Ralph Dahrendorf ha esercitato una corrosiva ed efficace demolizione ‘d’abord’8 : nella mitologica condizione di « nuovo ordine a della « civiltà industriale », per Drucker come per Elton Mayo, una « intelligente organizzazione » o «lo studio più adeguato dell’umanità » realizzato con « lo studio dell’organizzazione » manageriale conducono, attraverso l’educazione e la creazione di « attitudini sociali », in ogni caso con il viatico di una buona, rinnovata psicologia, alla « situazione normale » dell’assenza di conflitti sociali, alla razionalizzazione dei residui preindustriali di ingombranti patologie sociali. Rinviando, con buona pace di Drucker, almeno all’archetipo « maggiore » di razionalità da cui promanano, in ultima analisi, queste « minori » tipologie di razionalizzazione9 , si può almeno spiegare, a questo punto, l’ingombrante presenza, nel testo di Brown, di una valenza psicologico-comportamentistica delle sue caratterizzazioni della forzalavoro « postindustriale », che emerge qua e là, a riscontro della « psicoterapia » druckeriana da innescare sulla sociopatologia industriale. Si pensi alla stessa introduzione della sezione, infine, più seducente della esposizione di Brown, quella dedicata alla « public library » del XX secolo: proprio nell’innestare, su questo oramai vetusto e glorioso tronco, un embrione di « filosofia della partecipazione » demo cratica e 8 R. DAHRENDORF, Classi e conflitti di classe nella società industriale, Bari, Laterza, 1975, pp. 199 e.s.; Drucker è definito « un intelligente conservatore » da F. ALBERONI, in « Classi e generazioni », Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 179 (già in « Tempi moderni a, n. 3; 1970, p. 83), per le sue considerazioni, parzialmente riprese da Brown, sulla obsolescenza della formazione scolastica e sulla necessità, sostenuta pure da Alberoni, di una particolare forma di « continuing education ». Oltre che in M. P. FIMIANI, Futuro e tempo storico, Napoli, Guida, 1975, di Drucker si parla, ben più diffusamente, in G. E. EVANS, Management Techniques, cit., pp. 88 e sgg. Su Dahrendorf, in una prospettiva marxista di analisi dei fenomeni della società neocapitalistica, cfr. G. VACCA, Tecnologia e rapporti sociali: Dahrendorf, Marcuse, Mallet, in « Critica marxista a, 1967, n. 6, pp. 173. 9 In uno, il riferimento è d’obbligo qui a Max Weber. Oltre i ben noti studi (tra i numerosissimi a disposizione) di F. FERRAROTTI su « Max Weber e il destino della ragione (Bari, Laterza. 1967), cfr. il recente contributo di E. Cassano, in R. Bonn - F. CASSANO, Hegel e Weber. Egemonia e legittimazione. Bari, De Donato, 1977, pp. 197-249, dedicato appunto a « Capitalismo e razionalità a nel pensiero di Weber. 20 ________________________________________________________________INFORMAZIONE E IDEOLOGIE... perfino gestionale, l’accorciamento di prospettive registra un rattrappimento « manageriale » (da teoria di « équipe » aziendalistica). In Brown, la individuazione della motivazione a « rispondere alla sfida » del bisogno di informazione è, infatti, tutta psicologia, comportamentistica, skinneriana10 , finalizzata a rinforzare la ormai inefficace motivazione economico-salariale nel lavoratore (intellettuale!). Crediamo che, a questo livello, si misuri insieme il valore e il limite del contributo fornitoci da Brown. La generosità intellettuale di un « classico » erede di una tradizione democratica tra le più illustri non riesce a svelare la invisibile ma realissima capziosità intrinseca della ragione analitica e «tecnolo gica », tutta al di qua ancora della « dialettica dell’illuminismo » — almeno di quella sua meno « romantica » versione, che fa registrare uno Jùrgen Habermas 11 . Restano così fuori dell’ottica di Brown, confidente sacerdote laico della filosofia pedagogica Unesco12 , corposi fenomeni rivelati dall’economia dell’educazione13 , ad esempio, o l’intera, diffusa fenomenologia della «fame di leggere » 14 . Ma sarebbe ingeneroso pretendere troppo, (anche per la brevità del suo testo), da un operatore pu bblico che ci « sfida » alla fiducia nella ragione e nella democrazia, entrambe senza aggettivi, procedendo nell’esposizione con la tecnica argomentativa « per degnità » che è tipica di un pensiero alieno dalle nervosità dialettiche e semmai proclive all’approfondimento per sommatoria empiria 15 . La riflessione e la prassi contemporanea, invece, hanno bisogno di 10 Cfr. B. SKINNER, Scienza e comportamento. Milano, Angeli, 1971, sui rafforzatori (tokens) simbolici. p. 23-24 e 108. La fonte più diretta di Brown è lo skìnnerìano Verzberg, sul quale cfr. EVANS, Management, cìt., p. 174-77. 11 Cfr. l’interessante confronto tra Habermas e Luhmann, in J. HABERMAS - N. LUHMANN, Teoria della società o tecnologia sociale, Milano; Etas Kompass Libri, 1973.Per l’area anglosassone, la più compiuta autocritica della « ragione analitica » è probabilmente quella di N. Chomsky, (di cui cfr. Conoscenza e libertà, Torino, Einaudi, 1973). 12 Si registri la perfetta consonanza, ad esempio, con l’ideologia della società industriale di Edgar Faure (cfr. FAURE e altri, Rapporto sulle strategie dell’educazione, Roma, Armando/Unesco, 1973, p. 26-33 e passim). 13 Per l’Italia, cfr. l’eccellente F. PADOA SCHIOPPA, Scuola e classi sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, 1974. 14 R. ESCARPIT - R. BARKER, La fame di leggere, Roma, Armando, 1975. 15 Pensare per « degnità » è , secondo Barilli, tipica del massimo profeta della ragione « elettrica a, M. McLuhan (cfr. G. GAMALERI, La Galassia McLuhan, Roma, Armando, 1976, p. 24): si potrebbe dedurne una non ingiustificata conferma, a livello di tecniche dell’argomentazione a, del rifiuto « nevrotico a di esplicare l’articolazione messaggio/mezzo, appiattita in McLuhan nella ben nota con/fusione dei due termini: « mistificazione a analoga a quella della ragione industriale pura, in cui il « supporto a tecnologico-sintattico collude con il referente economico-sociale. Per una persuasiva e godibile analisi della teoria di McLuhan, cfr. il ben noto « Cogito interruptus » di U. Eco, in a Quindici a, n. 5, ott.-nov. 1967, pp. 2-3. Non a caso, ci pare, anche McLuhan è debitore di Drucker: cfr. G. Gamaleri, cit., pp. 32-34, 35; « ceteris paribus a, respiriamo la stessa onnipotenza del « software ». 21 RAFFAELE GIAMPIETRO_______________________________________________________________________ una « sospettosa » aderenza ai fenomeni, certamente inediti ma non perciò insondabili, della società neocapitalistica, ove è sì esplosa la « bomba informazione », ma pure altre dominanze si esercitano, nella sua crisi, che non lasciano soverchio spazio neanche a raffinate « marxologie » tecnologiche di ritorno16 . Ha osservato recentemente F. Ferrarotti: « Oggi, nelle società indu striali che hanno rotto il quadro statico dei comportamenti e delle mo tivazioni tradizionali, in queste società che sono per definizione din amiche, in sviluppo e che non possono non svilupparsi se intendono sopravvivere, l’integrazione sociale non è scontata; è anzi l’esito, il punto terminale di uno sforzo che va ripreso e rinnovato ogni giorno. La società tradizionale traeva la propria forza coesiva e la fonte della legittimità delle proprie istituzioni dalla immobilità nel tempo; la s ocietà indu striale moderna finisce per trovare la via della sopravvivenza e la condizione del proprio benessere nell’incessante mutamento che coinvolge valori, personalità e strutture. L’integrazione non è più un dato; è una conquista quotidiana... Cade sulle spalle degli educatori un compito formidabile. Nelle società contadine la scuola era un lusso, era quindi un fatto privato; ora è una necessità. è una funzione permanente, pubblica » 17 . E’ un obiettivo, insomma, di una grande riappropriazione di massa della scienza e della cultura, che si pone, — oltre ogni motivazione « psicologica » all’apprendimento, — se si vogliono invertire le direzioni « naturali » e socialmente contraddittorie della società « post-industriale » 18 . E’ la biblioteca pubblica, una volta acquisita — e utilmente — la «competence a manageriale in questo quadro che dovrà saper guada gnare una sua fondazione democratica, finalmente orientata da una nuova « librarianship », che sappia affrontare la problematica del ‘bene’ culturale con la scaltrezza epistemologica di una autentica scienza sociale, dotata di potenza « informatica », ma soprattutto di appuntita capacità storico -critica. (RAFFAELE GIAMPIETRO) 16 E’ il caso del presente dibattito attorno alla figura apocalittica di SOHN RETHEL ed alle sue teorizzazioni su Lavoro intellettuale e lavoro manuale, frutto anch’esse di una a filosofia dell’industrialismo a generalizzante. Cfr. le puntuali osservazioni di G. E. Rusconi (Tra il neokantismo e Francoforte) e di E. Cassano (Divisione del lavoro: un’ottica riduttiva) in a Rinascita a, 8-7-77, n. 27, pp. 22-3. 17 F. FERRAROTTI, Studenti, scuola, sistema, Napoli, Liguori, 1C76, p. 97. 18 Per il rapporto specifico tra a Informatica, economia e democrazia a, cfr. le osservazioni di Giovanni Berlinguer in G. BERLINGUER, Per la scienza, tra oppressione ed emancipazione, Bari, De Donato, 1975, pp. 317 (e passim), e O. SEMERARI, Filosofia e potere, Bari, Dedalo, 1973, p. 197 (luogo citato anche dallo stesso Berlinguer). 22