LEAP-Analisi dell`impatto sulla salute umana degli

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LEAP-Analisi dell`impatto sulla salute umana degli
Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza
Consorzio partecipato dal Politecnico di Milano
Analisi dell’impatto sulla salute umana
degli impianti di incenerimento dei
Rifiuti Solidi Urbani, segnatamente
l’impianto di Termovalorizzazione dei
rifiuti di Piacenza
Relazione finale
a cura di
Prof. Pietro Apostoli
Dipartimento di “Medicina Sperimentale e Applicata”
della Sezione di “Medicina del Lavoro e Igiene Industriale”
dell’Università degli Studi di Brescia
Piacenza
16 dicembre 2009
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Sommario
1.
Premessa ......................................................................................................................1
2.
Attività svolte ...............................................................................................................5
2.1 Incontro di avvio indagine presso Tecnoborgo SpA - Piacenza .............................5
2.2 Acquisizione documenti ..........................................................................................5
2.3 Riunione c/o Politecnico di Milano.........................................................................5
2.4 Comunicazione a Dr.ssa Borciani - AUSL Piacenza ..............................................6
2.5 Incontro in AUSL di Piacenza. ...............................................................................8
2.6 Incontro c/o Politecnico di Milano - Sede di Piacenza .........................................10
2.7 Comunicazione di Prof. Consonni a Dr.ssa Borciani del 29/01/08 .......................12
2.8 Comunicazione Dr.ssa Borciani ............................................................................12
2.9 Comunicazione di Prof. Apostoli a Prof. Consonni ..............................................13
2.10 Comunicazione di Prof. Apostoli a Dr.ssa Borciani .............................................13
2.11 Comunicazione di Dr.ssa Borciani ........................................................................14
2.12 Incontro c/o Politecnico - Piacenza .......................................................................14
2.13 Richiesta a Prof. Piva, Facoltà di Agraria - Università di Piacenza ......................14
2.14 Punto sulla situazione e sul documento dell’Associazione Italiana di
Epidemiologia .......................................................................................................15
2.15 Sollecito a Prof. Piva .............................................................................................16
2.16 Incontro presso Tecnoborgo del 13 giugno 2008 ..................................................16
2.17 Comunicazione Prof. E. Sacchi dell’11/11/08 ......................................................17
3.
Lo status della salute in Provincia di Piacenza quo ante l’avvio dell’impianto de
cuius (2001) ...............................................................................................................18
3.1 Contesto generale ..................................................................................................18
3.2 Il parametro dell’età ..............................................................................................18
3.3 Il parametro della mortalità ...................................................................................19
3.3.1 Le cause di morte....................................................................................... 19
3.4 Gli eventi di morbosità ..........................................................................................20
4.
Evidenze epidemiologiche causate dagli effetti degli inceneritori di RSU sulla salute
umana .........................................................................................................................22
4.1 Analisi degli studi condotti tra 1987 e 2003 .........................................................22
4.2 Gli aggiornamenti della letteratura in tema, al 2007 .............................................22
NOTE ..............................................................................................................................41
1.
DEFINIZIONE DELLE DIOSSINE ......................................................... 41
2.
TOSSICITÀ DELLE DIOSSINE .............................................................. 41
5.
Relazione del Comitato sulla cancerogenesi del Ministero della Sanità inglese
[2004] .........................................................................................................................42
5.1 Malattie respiratorie ..............................................................................................42
5.2 Effetti riproduttivi .................................................................................................42
5.3 Studi epidemiologici .............................................................................................43
P. Apostoli
i
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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6.
Studio francese sull’incidenza di cancro nelle vicinanze degli impianti di
incenerimento di rifiuti ..............................................................................................48
6.1 Tumori di tutti i tipi nelle donne ...........................................................................51
6.2 Tumori al seno .......................................................................................................53
6.3 Tutti i casi di tumore negli uomini ........................................................................55
6.4 Cancro del polmone in donne e uomini ................................................................55
6.5 Leucemia acuta linfoide cronica per entrambi i sessi ...........................................56
6.6 Trasposizione dei risultati .....................................................................................56
7.
Valutazione dello stato di salute della popolazione residente nell’area di Coriano
(Forlì) .........................................................................................................................58
8.
Posizione dell’Associazione Italiana di Epidemiologia su Trattamento dei Rifiuti e
Salute [Aprile 2008] ...................................................................................................67
8.1 Impianti d’incenerimento di vecchia generazione ................................................69
8.2 Impianti d’incenerimento di nuova generazione ...................................................70
Effetti del particolato fine e ultrafine sulla salute ......................................................74
9.
10. Conclusioni ................................................................................................................89
Nota finale ......................................................................................................................95
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................96
P. Apostoli
ii
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
1. Premessa
In data 12/10/07 il Laboratorio LEAP, Sede di Piacenza del Politecnico di Milano Dipartimento di Energetica - Facoltà di Ingegneria Industriale incaricava il
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Applicata - Sezione di Medicina del
Lavoro e Igiene Industriale - Università degli Studi di Brescia di collaborare allo
studio sui possibili effetti sulla salute umana dell’inceneritore di Tecnoborgo SpA
di Piacenza.
La parte preliminare del lavoro è stata svolta da un gruppo multidisciplinare
coordinato dal Prof. Evandro Sacchi del Dipartimento di Energetica del Politecnico
di Milano e comprendente:
•
Prof. Stefano Consonni, del Dipartimento di Energetica del Politecnico di
Milano;
•
Prof. Michele Giugliano del Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Infrastrutture
viarie, Ambiente e Rilevamento [DIIAR] del Politecnico di Milano;
•
Prof. Giulio De Leo del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di
Parma;
•
Prof. Pietro Apostoli, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Applicata,
Sezione Medicina del Lavoro e Igiene Industriale - Università degli Studi di
Brescia.
Gli obiettivi della ricerca sulla salute umana riguardavano la verifica
dell’impatto a breve, medio e lungo termine sulle popolazioni più direttamente
interessate dall’impianto. La Metodologia prevedeva anche l’utilizzo delle
informazioni provenienti dall’analisi del ciclo di vita [LCA – Life Cycle
Assessment], in particolare dalla sua fase di valutazione degli impatti [Life
Cycle Impact Assessment, LCIA]: che ha lo scopo di evidenziare l’entità delle
alterazioni generate a seguito dei consumi di risorse e dei rilasci nell’ambiente
specie nella sua fase conclusiva di interpretazione dei risultati [Life Cycle
Interpretation]. Questa fase analizza i risultati ottenuti nelle fasi precedenti e
identifica le parti del sistema in cui possono essere apportati dei cambiamenti al
fine di ridurre l’impatto ambientale dei processi.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Il bilancio degli effetti sull’ambiente doveva essere valutato con riferimento a
quattro categorie d’impatto: effetto serra; tossicità umana; acidificazione;
formazione di smog fotochimico.
Tali indici, avrebbero dovuto consentire di definire l’effettivo ruolo energetico e
ambientale delle attività in esame.
L’analisi doveva tenere conto delle problematiche emergenti, quali ad esempio il
ruolo della formazione di particolato secondario all’interno dell’indicatore di
tossicità umana.
Per analizzare i possibili effetti sulla salute umana avrebbero dovuto essere definite
le aree interessate dalle emissioni dell’impianto e dal traffico veicolare da esso
indotto; i gruppi di popolazione compresi quelli a rischio più elevato; tipo quantità
degli inquinanti emessi valutati con le metodologie sopra ricordate, dati di mortalità
e possibilmente morbilità esistenti e disaggregate per aree il più possibile coincidenti
o vicine a quelle delle popolazioni indagate. I dati di letteratura avrebbero dovuto
costituire il termine di confronto per le risultanze di queste valutazioni.
Era stata prevista una rassegna bibliografica sugli effetti sulla salute umana degli
inceneritori di tipologia simile a quello in studio, comprensiva di eventuale
metodologia modellistica per lo studio di morbosità e mortalità correlabili con le
emissioni degli impianti di trattamento rifiuti simili a quello oggetto della ricerca.
Era stata anche suggerita la ricerca di dati epidemiologici (regionali; provinciali, di
ASL) relativi alle patologie respiratorie cardiovascolari neoplastiche.
Infine si era ipotizzato il confronto tra patologie e i dati delle emissioni dell’impianto
come individuate e quantificate con l’impiego di modelli di previsione giudicati
idonei.
ALL’UNITÀ DELL’UNIVERSITÀ DI BRESCIA ERA STATO CHIESTO IN
PARTICOLARE
DI
APPROFONDIRE
L’ASPETTO
RIGUARDANTE
I
RAPPORTI TRA SALUTE UMANA E IMPIANTI DI INCENERIMENTO DI
TIPOLOGIA
PARI
A
QUELLA
DELL’IMPIANTO
DELLA
SOCIETÀ
TECNOBORGO DI PIACENZA.
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Considerata l’evoluzione dell’indagine di cui al punto 2, questa relazione conclusiva è
stata così articolata:
1. il rapporto “Il profilo della salute della provincia di Piacenza” pubblicato nel 2002
a cura del Dipartimento di Sanità pubblica dell’AUSL della Provincia di Piacenza,
dovendo le valutazioni sul possibile impatto sanitario dell’impianto di Tecnoborgo
SpA anzitutto tenere in conto le condizioni della salute della popolazione
interessata al suo impatto;
2. lo studio svolto da V. Foà sull’impatto sulla salute umana degli inceneritori
nell’ambito della più ampia indagine “Il recupero di energia da rifiuti: la pratica, le
implicazioni ambientali, l’impatto sanitario” condotta da U. Veronesi, M.
Giuliano, M. Grosso, V. Foà;
3. la sistematica rassegna di tutte le pubblicazioni recensite dalla principale banca
informatizzata medica [PUBMED] comparse nel periodo 2003-2007 sul tema
effetti sulla salute umana, identificazione e misura dei fattori di rischio (in
particolare POPs e metalli pesanti) correlati con l’incenerimento di rifiuti;
4. la revisione di un Gruppo di lavoro [ENVIROS-DEFRA] del Dipartimento
Ambiente Alimentazione Affari agricoli del Ministero dell’Ambiente dell’UK
sugli effetti sulla salute della gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
5. il rapporto francese sull’incidenza di tumori nelle vicinanze degli inceneritori che
derivava dal Piano Nazionale Tumori 2003-2007, su incarico all’Istituto Superiore
di Sanità [InVS] per migliorare e implementare le conoscenze sulle cause
ambientali del cancro;
6. i risultati dello studio nell’ambito del progetto“Environmental health surveillance
system in urban areas near incinerators and industrial premises / ENHANCE
HEALTH” [Maggio 2006] sugli abitanti dell’area di Coriano (Forlì) esposti a
inquinanti ambientali da inceneritori e impianti industriali;
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7. la posizione dell’Associazione Italiana di Epidemiologia su “Trattamento dei
Rifiuti e Salute” [Aprile 2008] sui rischi sanitari collegati ai rifiuti, partendo
dall’osservazione che sono in aumento in Italia sia per volume (0,5 t/anno
procapite nel 2005), sia per numero di sostanze chimiche in essi contenute; e che
ciò rende attuale il problema del loro impatto sulla salute e sull’ambiente;
8. l’approfondimento dei possibili effetti delle particelle ultrafini [PU] note anche
come nanopolveri, tema sempre riportato all’attenzione della pubblica opinione e
tra l’atro oggetto di una specifica campagna di misurazioni proprio sull’impianto
Tecnoborgo [VEOLIA 2007];
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2. Attività svolte
2.1
Incontro di avvio indagine presso Tecnoborgo SpA - Piacenza
In data 26/10/07 si è tenuta presso Tecnoborgo SpA di Piacenza la riunione
di confronto e programmazione degli interventi. Erano presenti Prof.
Evandro Sacchi, Prof. Stefano Consonni, Prof. Michele Giugliano, Prof.
Giulio De Leo, Prof. Pietro Apostoli e Ing. C. Mazzari di Tecnoborgo.
È intervenuto a parte della riunione anche il Presidente del CA di
Tecnoborgo.
Sono state illustrate le evidenze (nella sostanza negative o poco chiare)
circa i possibili effetti a breve, medio e lungo termine degli inceneritori del
tipo di quello in esame. È stata decisa la condivisione dei documenti in
possesso di Tecnoborgo sulle tematiche ambientali e sanitarie e sono stati
ipotizzati incontri con l’AUSL locale.
2.2
Acquisizione documenti
Sono stati inviati da Ing. Mazzari in date successive al primo incontro i
seguenti documenti:

Campagna aria ARPA Lodi - febbraio 2006, suolo 2005 e 2007,
suolo 2003, aria - giugno 2006, ARPA Lodi 2005.

Parere ARPA in sede AIA - ottobre 2007.

Profilo salute provincia di Piacenza, Dipartimento di Sanità
Pubblica AUSL Pc, 2002.
2.3
Riunione c/o Politecnico di Milano
In data 29/11/07 si è svolta una riunione presenti Proff. Sacchi, Giuliano,
Grosso, Apostoli per la preparazione dell’incontro con AUSL di Piacenza.
I punti principali concordati sono stati:
•
ribadire che non vi è da parte nostra una posizione preconcetta (amici
nemici dell'inceneritore), ma che il nostro obiettivo è di esaminare tutti i
dati esistenti (chiedere se ne hanno disponibilità) in modo da contribuire
a formare pareri il più possibile scientificamente fondati;
•
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valorizzare i dati e le indagini locali;
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•
partire dalla VIA per verificare se ci sono modificazioni di rilievo nei
dati aria / suolo / sanitari;
•
chiedere se vi sono state modificazioni epidemiologiche / patologie
irritative allergiche (tumorali) da quando l’impianto è in funzione;
•
verificare se ci sono state segnalazioni di disturbi / patologie a diversa
distanza dall’attuale impianto;
•
cercare di reperire dati epidemiologici regionali o di area più
circoscritta;
•
verificare se esiste un piano di informazione delle comunità più
interessate all’impianto.
2.4
Comunicazione a Dr.ssa Borciani - AUSL Piacenza
In data 30/11/07 è stata inviata da parte di Prof. Apostoli a Dr.ssa Borciani,
Responsabile del Dipartimento di Prevenzione AUSL di Piacenza, la
seguente comunicazione:
«Mi è stato richiesto di partecipare a un gruppo di lavoro multidisciplinare
promosso da Tecnoborgo SpA che dovrebbe riverificare i possibili effetti
degli impianti d’incenerimento sull’ambiente e sulle condizioni di salute
delle popolazioni più direttamente interessate, anche in previsione di
un’eventuale modifica dell’impianto attualmente funzionante.
Il nostro contributo dovrebbe riguardare:
•
un aggiornamento su quanto finora comparso nella letteratura
scientifica nazionale e internazionale;
•
la verifica dei dati sull’inquinamento prodotto dall’attuale impianto
come previsto dalla VIA e come misure nel tempo da quando l’impianto
è in funzione;
•
la verifica dei risultati delle indagini esistenti su morbosità e mortalità
nell’area d’interesse;
•
l’analisi di segnalazioni di problematiche sanitarie nei gruppi di
popolazione più direttamente coinvolte (quartieri vicini all’impianto o
nel cono di ricaduta degli inquinanti);
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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•
la fattibilità / proponibilità di eventuali studi su malattie e morti
causate dagli inquinanti finora prodotti, o in situazioni di modifica
degli impianti.
Le sarei pertanto grato se potesse ricevere il sottoscritto unitamente ai
Proff. Consonni e Sacchi, per una prima discussione con Voi al fine di
raccogliere Vostre indicazioni e suggerimenti sulle problematiche esistenti
e per una valutazione delle informazioni / documentazioni in vostro
possesso sui punti sopra richiamati.»
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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2.5
Incontro in AUSL di Piacenza.
Si è tenuto in data 13/12/07 ed erano presenti:
•
per AUSL, Dr.ssa Borciani e tre collaboratori (responsabili sanità
pubblica, statistica, epidemiologia - rappresentante AUSL Pc nel
gruppo regionale inceneritori);
•
per il gruppo di lavoro: Proff. Sacchi, Consonni, Apostoli.
L’incontro, tenutosi in un clima di grande collaborazione e disponibilità, si
apre con l’illustrazione delle motivazioni e degli obiettivi del gruppo di
lavoro Tecnoborgo, in particolare Apostoli illustra i principali punti:
•
assenza di posizione preconcetta (amici nemici dell’inceneritore), ma
disanima di tutti i dati della letteratura (chiedere se ne hanno
disponibilità);
•
valorizzare i dati e le indagini locali;
•
partire dalla VIA per verificare se ci sono modificazioni di rilievo nei
dati aria / suolo / sanitari;
•
chiedere se vi sono state modificazioni epidemiologiche / patologie
irritative allergiche (tumorali) da quando l’impianto è in funzione;
•
verificare se ci sono state segnalazioni di disturbi / patologie a diversa
distanza dall’attuale impianto;
•
cercare di reperire dati epidemiologici regionali o di area più
circoscritta (nel caso specifico i dati degli insediamenti più vicini
all’impianto);
•
verificare se esiste un piano di informazione delle comunità più
interessate all’impianto.
Chiede, inoltre, se vi sono programmi di AUSL per aggiornare la
pubblicazione 2002 sullo stato di salute della provincia di Piacenza o altre
indagini specifiche mirate al problema.
Consonni sottolinea l’importanza e la novità anche dell’inserimento tra le
variabili da prendere in esame di quelle relative alla situazione sanitaria e
agli aspetti da porre eventualmente in relazione alle diverse modalità di
trattamento dei rifiuti, incenerimento in primis.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Sacchi presenta le sue perplessità (e il suo desiderio di avere risposte), a
fronte di conclusioni e messaggi alla pubblica opinione molto diversi sui
possibili effetti sulla salute degli inceneritori, e presenta copia delle
conclusioni del gruppo di lavoro di cui ha fatto parte il Prof. Veronesi.
Borciani e a seguire gli altri partecipanti illustrano:
•
l’assenza di dati certi sugli effetti sanitari degli impianti di
incenerimento (e di altro che interessa la sanità pubblica) che inducono
alla scelta di precauzione in attesa che vi siano chiarimenti;
•
la partecipazione di AUSL Pc a un gruppo regionale di osservazione
sugli effetti della salute di tutti gli inceneritori emiliano romagnoli
[MONITOR], supportato da eminenti esperti nazionali e internazionali
che elaborerà un rapporto entro il 2009-2010. Tale programma si
articola sulle seguenti linee progettuali: monitoraggio ambientale;
esposizione della popolazione; epidemiologia degli effetti sulla salute;
effetti tossicologici; valutazione dell’impatto sulla salute; aspetti della
comunicazione. L’area di Pc è stata a priori scartata poiché l’impianto
esiste da un numero di anni che non consente la comparsa degli effetti
oggetto dello studio multicentrico e quindi la partecipazione è volta ad
acquisire più che a portare esperienze;
•
che non esistono segnalazioni da parte delle comunità più direttamente
interessate all’impianto di disagi o patologie, anche se vengono
sottolineati il basso numero e le caratteristiche socio economiche delle
stesse, nonché la possibile mobilità in ingresso e uscita;
•
che l’AUSL non è in grado in ogni caso di disaggregare i dati sanitari
relativi, senza un preliminare intervento statistico anagrafico (di cui si
segnalano in anticipo i possibili limiti collegati al basso numero di casi
e soprattutto di patologie) da parte del comune, che va chiesto da
Tecnoborgo;
•
un commento alla difficoltà di utilizzare indicatori disaggregati come le
patologie registrate (influenza di fattori lavorativi, voluttuari, altre fonti
di inquinamento ambientale come i fasci stradali e autostradali) o il
consumo di farmaci e come sia problematica la stessa disaggregazione
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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per medici curanti, poiché i residenti potrebbero rivolgersi oltre che ai
medici del luogo ad altri nella città;
•
che non è prevista, anche se non esclusa, un’iniziativa AUSL per
l’aggiornamento del “Profilo di salute della provincia di Piacenza” del
2002;
•
con una lunga discussione l’importanza e la difficoltà della
comunicazione, che dovrebbe in ogni caso non trattare di soli dati, ma
tenere in conto strumenti, motivazioni, meccanismi di percezione; sono
pertanto riportati esempi in cui anche evidenti risultati di indagini
AUSL non sono stati recepiti da singoli gruppi, prevalendo ragioni più
di ordine economico - sociale;
•
con rilievo, il rischio che le iniziative di Tecnoborgo siano comunque
percepite come a priori interessate e si ricorda come la vicenda
ampliamento - per come è stata finora percepita - presenti non poche
oggettive difficoltà di comunicazione; è stata manifestata la
convinzione che sul 70% della popolazione si potrebbe agire, dando per
scontato che la parte restante è in ogni caso ideologicamente prevenuta,
ancorché più organizzata e in grado di influire sulla pubblica opinione;
•
un punto di possibile valore che consisterebbe nel dimostrare che i dati
di ricaduta / accumulo di tossici prodotti dall’impianto sono vicini ai
dati della modellistica della VIA.
L’incontro termina con l’annuncio di una prossima riunione del gruppo
Tecnoborgo per l’esame delle evidenze sopra sintetizzate e con il preavviso
di eventuali ulteriori iniziative (verso il comune) e di incontri con AUSL da
tenersi a partire dal successivo gennaio.
2.6
Incontro c/o Politecnico di Milano - Sede di Piacenza
Si è tenuto il 14/01/08 ed erano presenti Proff. Sacchi, Consonni, Apostoli,
collaboratori del Prof. De Leo - Università di Parma.
Sono stati analizzati i risultati dell’incontro con AUSL che ha posto in
evidenza come non esistano le basi per una valutazione sugli effetti sulla
salute dell’impianto per le seguenti ragioni:
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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•
pochi anni di funzionamento;
•
numero dei residenti molto contenuto e con caratteristiche particolari;
•
difficoltà nella scelta delle variabili da indagare (mortalità, morbosità,
consumo di farmaci);
•
necessità di disaggregare i dati comunali, coinvolgimento di comuni di
altra regione.
Sono inoltre da tenere presenti:
•
l’esistenza di un gruppo regionale che sta operando su criteri che non
sono eludibili in sede di analisi locale;
•
i problemi di comunicazione;
•
i problemi di “committenza interessata”.
Vi è stato un consenso generale sulla necessità di tarare il contributo,
considerando che:
•
non vi è nella letteratura alcun convincente dato epidemiologico tratto
da comunità che vivono vicino a inceneritori; in particolare non è stato
dimostrato alcun impatto su cancro, malattie respiratorie ed effetti
riproduttivi;
•
l’approccio epidemiologico specificamente applicato all’IRSU non
fornisce alcuna base per sviluppare funzioni quantitative sull’impatto
sulla salute.
Un approccio più produttivo sarebbe quello di esaminare le specifiche
sostanze note per essere emesse dall’IRSU, fare un modello delle
concentrazioni ambientali risultanti, usare dei coefficienti dose risposta (in
analogia al COMEAP per il traffico).
Per le emissioni di diossine e furani va calcolato non solo l’inalazione, ma
anche il trasferimento per catena alimentare per gli individui che vivono
vicino al punto di massimo deposito atmosferico. Gli incrementi calcolati
vanno confrontati con il TDI (Tolerable Daily Intake).
Prof. Sacchi consegna la rassegna stampa emiliana riguardante gli
inceneritori e l’impianto Tecnoborgo; in particolare, Prof. Consonni
prenderà contatto con la Facoltà di Agraria per verificare l’esistenza di dati
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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su modifiche di concentrazioni di metalli o POPs in alimenti vegetali
animali cresciuti in aree interessate dall’impianto.
2.7
Comunicazione di Prof. Consonni a Dr.ssa Borciani del 29/01/08
«Faccio seguito al ns. incontro del mese scorso circa la possibilità di
ottenere dati sulla situazione sanitaria dei residenti in prossimità
dell'impianto Tecnoborgo.
Ing. Mazzari (Tecnoborgo) ha verificato presso l'ufficio anagrafe del
Comune di Piacenza che effettivamente sarebbe possibile ottenere la
residenza degli iscritti all'anagrafe del Comune, da cui la possibilità di
incrociare il dato della residenza con la storia sanitaria. Ing. Mazzari
contatterà il Comune per verificare il formato dei dati a loro disposizione.
Sarebbe utile conoscere altrettanto per i vs. dati, ossia:
•
di quali dati disponete esattamente;
•
in quale formato (Excel o Access sarebbero i più desiderabili);
•
come possiamo averli fisicamente (su un CD?);
In attesa di suo riscontro, le sarei grato se potesse comunicarci il suo
numero di telefono per parlarne a voce.»
2.8
Comunicazione Dr.ssa Borciani
Il 4/02/08, Dr.ssa Borciani rispondeva che era certamente possibile
incrociare i dati, ma che esistevano alcuni problemi, in particolare relativi ai
molti dati disponibili (anche se non tutti) relativi alla mortalità, ai ricoveri,
al consumo dei farmaci (solo quelli prescritti nell'ambito del SSN) e alle
esenzioni da ticket. Sarebbe necessario che la richiesta fosse maggiormente
circostanziata (avremmo bisogno di capire meglio che cosa volete studiare
e quali periodi volete prendere in esame), anche perché il secondo problema
è relativo alla privacy. Non possiamo passarvi alcuna banca dati (sono
nominative).
Forse potremmo incrociare noi l'anagrafe con le nostre banche dati (e darvi
i dati con il rispetto dell'anonimato), ma sarebbe necessario capire che cosa
vi serve e, quindi, capire se abbiamo i dati che volete o possiamo ricavarli.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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2.9
Comunicazione di Prof. Apostoli a Prof. Consonni
Il 6/02/08 veniva spedita da Prof. Apostoli a Prof. Consonni la seguente
comunicazione.
«Mi sembra che sia giusta l’ipotesi di far fare a loro l’analisi. In questa
fase focalizzare le diagnosi di malattie e ricoveri per malattie dell’apparato
respiratorio (irritative / allergiche), poiché per i tumori non esistono
adeguati periodi di esposizione. Si potrebbe infine tentare con il consumo
di farmaci in generale e per apparato respiratorio in particolare.
Il confronto dovrebbe essere fatto tra residenti nelle aree di maggior
ricaduta (vicinanza in caso non siano reperibili i primi) e un uguale
numero dalla parte opposta della città, in zona non interessata sicuramente
dall’impianto.
Si tratta anche di decidere in che modo AUSL sarebbe coinvolta in questa
indagine: a mio avviso, se fosse possibile e se loro fossero d’accordo,
dovrebbero essere coinvolti pienamente.»
2.10
Comunicazione di Prof. Apostoli a Dr.ssa Borciani
«Premetto che ci stiamo orientando sulla valorizzazione dei dati relativi
all’impatto misurato dell’impianto e al confronto tra quanto previsto in
termini di quantità di inquinanti e di effetti aggiuntivi nella VIA: questo per
la particolarità della situazione in esame (impianto esistente da poco
tempo) e per i limiti intrinseci dell’approccio epidemiologico cui anche lei
ha fatto cenno nel nostro precedente incontro.
Per non essere accusati di aver trascurato possibili effetti a breve, penso
che i dati che può aver senso cercare riguardino ricoveri e consumo di
farmaci (prescritti nell'ambito del SSN) negli ultimi cinque anni,
confrontando i residenti dell’area della città (est, sud-est) più direttamente
interessata dall’impianto (ne avevamo parlato nella riunione) e quelli di
un’area della città possibilmente simile per le caratteristiche socio
economiche e sicuramente non interessata (ad esempio nord-ovest, ovest).
Su questo è di particolare interesse nostro avere un vostro parere.
Sono d’accordo che incrociate voi l'anagrafe con le vostre banche dati (con
il rispetto dell'anonimato).
P. Apostoli
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Porterò le sue eventuali osservazioni / decisioni nella riunione che avremo
a Piacenza, c/o Politecnico, mercoledì 20/2.»
2.11
Comunicazione di Dr.ssa Borciani
Il 20/02/08, la Dr.ssa Borciani comunicava che la proposta avanzata
presentava, a loro avviso, qualche problema nella scelta e nella numerosità
del campione.
«Oggi, purtroppo, non posso essere presente. Verrà comunque il Dott.
Gandolfi con cui potete discutere i problemi che ci possono essere.»
2.12
Incontro c/o Politecnico - Piacenza
Il 20/02/08 erano presenti: Apostoli, Consonni, Sacchi, Giuliano,
collaboratori di Prof. De Leo, Dott. Gandolfi - AUSL Piacenza.
Vengono riassunti i punti di interesse: delimitazione delle zone di indagine,
definizione dell’area di controllo nel comune di Piacenza, patologie
diagnosticate da Medici Curanti, cause di morte, consumo di particolari tipi
di farmaci. Il Dott. Gandolfi prende nota delle richieste e si riserva di
valutarne la possibilità di raccolta.
2.13
Richiesta a Prof. Piva, Facoltà di Agraria - Università di Piacenza
Il 14/03/08, Prof. Apostoli inviava al Prof. Piva la seguente richiesta:
«Stiamo preparando un lavoro sul possibile impatto (meglio sulla
dimostrazione di un possibile impatto) dell’impianto Tecnoborgo. Tra i
tester dell’esistenza di accumulo dei vari inquinanti inceneritore-correlati
(POPs, metalli pesanti) vi sono i vegetali e le carni animali. Se nell’area
interessata dall’impianto Tecnoborgo (orientativamente tra 500 e 10.000
metri sottovento, quindi est, sud-est) vi fossero dati storici dal 2000 su
vegetali-carni-uova-latte, sarebbe per noi di grande valore.»
P. Apostoli
pag. 14
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
2.14
Punto sulla situazione e sul documento dell’Associazione Italiana di
Epidemiologia
Il 18/05/08, Prof. Apostoli inviava la seguente comunicazione sul
documento dell’Associazione Italiana di Epidemiologia e sul punto della
situazione.
«Il documento dà conto di un loro dibattito e maturazione di posizioni che
personalmente ritengo importante e che propongo di recuperare, nella
misura che insieme decideremo, nella nostra relazione.
Come avrete notato considerazioni del tipo “Anche i nuovi impianti
d’incenerimento emettono sostanze tossiche di riconosciuta pericolosità,
ma a concentrazioni non dissimili – in alcuni casi inferiori – a quelle di
altre fonti emissive della stessa area (traffico, insediamenti industriali). I
nuovi problemi, ai quali non sono state date ancora risposte, riguardano la
misura della compromissione aggiuntiva del territorio che questi impianti
determinano.
Data la difficoltà di porre in evidenza rischi che, per bassa intensità
dell’esposizione, si collocano ai limiti delle capacità di risoluzione
dell’epidemiologia (e forse oltre), e dato quindi il dubbio rapporto costobeneficio delle indagini epidemiologiche convenzionali, la ricerca si è
orientata verso metodologie di risk assessment, che sono tuttavia ancora
bisognose di consolidamento metodologico. Le stesse considerazioni si
applicano alla misura di biomarcatori di esposizione, anche se fino ad ora,
di regola, non hanno messo in evidenza alterazioni significative”
coincidono con il documento che ho presentato alla vostra attenzione e per
il quale non ho ricevuto osservazioni. Coincidono non solo nelle
conclusioni, appunto, epidemiologiche, ma anche su quelle metodologiche,
cioè:
•
inadeguatezza dei modelli epidemiologici a studiare incidenzaprevalenza di fenomeni dell’ordine di grandezza e di quelle osservate
nei diversi studi epidemiologici;
•
adozione di modelli di risk assessment che si basino sui dati di
emissione.
P. Apostoli
pag. 15
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Valorizzerei inoltre altre affermazioni come “I dati di letteratura, anche in
questo caso non sufficienti e non conclusivi, mostrano che i maggiori rischi
per la salute sono associati alle emissioni da discariche illegalmente
utilizzate e siti di abbandono illegali, da impianti d’incenerimento con
tecnologie obsolete, da siti di abbandono e dalle combustioni incontrollate
di rifiuti”. Se ho ben capito, gli inceneritori moderni correttamente
condotti sono esclusi da questo gruppo di situazioni pur a rischio dubbio.
Passerei quindi alla chiusura della questione AUSL, prendendo atto che
non vi sono localmente possibilità di condurre studi, anche per la molto
verosimile bassa / molto bassa numerosità dei campioni e che il tentativo
fatto (dopo 4-5 mesi) si è risolto con una richiesta a noi di informazioni che
noi ci attendavamo da loro.
Chiederei anche a chi ha fatto a suo tempo il risk assessment per il VIA di
rifare i conti con lo stesso modello alla luce dei dati reali degli ultimi
controlli ambientali e delle normative più recenti su diossine citate anche
dagli epidemiologi.
Ho interagito con il ricercatore di agraria di Piacenza indicatomi da Prof.
Consonni per gli eventuali dati di presenza d’accumulo su vegetali o
alimenti animali della zona interessata dall’impianto, ma non ho più avuto
risposte.»
2.15
Sollecito a Prof. Piva
In data 28/5/08, Prof. Apostoli comunicava a Prof. Piva che a tale data non
era pervenuta alcuna informazione sui dati del possibile impatto
dell’impianto Tecnoborgo. In previsione di una prossima riunione del
nostro gruppo di lavoro, si chiedeva se si potesse far conto sui dati richiesti.
Non è successivamente pervenuta alcuna risposta.
2.16
Incontro presso Tecnoborgo del 13 giugno 2008
A seguito della sollecitazione di Ing. Mazzari, in data 13/06/08, Sacchi,
Consonni, Apostoli, Mazzari e il Rappresentante dell’Anagrafe del Comune
di Piacenza si sono riuniti per valutare la fattibilità della raccolta dati,
precisandone contenuti e metodi. Il Rappresentante dell’Anagrafe ha preso
P. Apostoli
pag. 16
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
nota delle precisazioni e si è impegnato a interagire con AUSL per la
raccolta dei dati individuati come di interesse per la nostra ricerca.
2.17
Comunicazione Prof. E. Sacchi dell’11/11/08
Il Prof. E. Sacchi comunicava che aveva avuto conferma che da AUSL di
Piacenza non sarebbero arrivati dati e che quindi si dovesse procedere alla
stesura del rapporto sui possibili effetti degli inceneritori sulla salute umana
sulla base dei dati disponibili nella letteratura.
P. Apostoli
pag. 17
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
3. Lo status della salute in Provincia di Piacenza quo ante l’avvio dell’impianto
de cuius (2001)
3.1
Contesto generale
Le valutazioni sui possibili effetti dell’impatto sanitario attribuibili, e comunque
associabili, all’impianto di incenerimento dei RSU di Piacenza deve anzitutto tenere in
conto le condizioni di salute della popolazione interessata all’avvio di detto impianto
(2001).
Un importante documento è rappresentato dal rapporto “Il profilo della salute della
provincia di Piacenza” pubblicato nel 2002 a cura del Dipartimento di Sanità pubblica
dell’AUSL della provincia di Piacenza [AUSL della Provincia di Piacenza, 2002].
Il documento dell’AUSL rappresenta pertanto un prezioso riferimento per ogni
osservazione a seguire e merita di essere riportato nei suoi tratti essenziali, soprattutto per
verificare o no l’esistenza di specifiche patologie in rapporto alla popolazione
potenzialmente interessata, quelle patologie che devono essere oggetto di particolare
attenzione se potenzialmente originabili dall’impianto o comunque a quello associabili.
3.2
Il parametro dell’età
La piramide dell’età mostra, negli ultimi 30 anni, un notevole invecchiamento della
popolazione. Gli ultra 65enni che rappresentavano nel 1971 il 12,8% della popolazione e
gli ultra 74enni l’1,7%, nel 2000 erano rispettivamente aumentati al 22,3% e al 2,7%.
Questi dati posizionano la Provincia di Piacenza come una delle più "vecchie" della
regione. Inoltre le previsioni demografiche descrivono al 2010 una situazione di forte calo
della popolazione della provincia, che scenderebbe a 258.254 abitanti, con un aumento
degli ultra 65enni al 25,7%. In questa fascia di popolazione, gli ultra 80enni aumenteranno
dalle 16.672 (il 25,8%) del 2000 alle 20.970 (il 31,6%) nel 2010.
Bisogna inoltre tenere conto che le previsioni demografiche considerano sempre un tasso
di immigrazione costante e pertanto, le variazioni della popolazione saranno legate
principalmente al flusso immigratorio che tende ad aumentare anche se, al momento, in
misura minore nel piacentino rispetto alle altre province della regione.
Nel 1999 il tasso di fecondità (n. nati vivi/n. di donne in età feconda, compresa dunque tra
i 15 e 49 anni) era pari al 33,0‰ e il tasso di natalità (n. nati vivi in un anno/popolazione)
P. Apostoli
pag. 18
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
era del 7,2‰: valori che rimanevano inferiori, come peraltro negli anni precedenti, ai
corrispondenti della regione Emilia Romagna (rispettivamente 34,8 e 8,0‰) e al valore
nazionale del tasso di natalità, il 9,4‰.
Si rileva al proposito che [ISTAT 1997] la speranza di vita alla nascita dei piacentini
(maschi 75,2 anni e femmine 81,7 anni) è sostanzialmente in linea sia con i dati nazionali
(maschi 75,4 e femmine 81,7 anni), sia con i dati regionali (maschi 75,9 e femmine 82,2
anni).
3.3
Il parametro della mortalità
I dati di mortalità costituiscono, anche se in modo indiretto, un importante fonte di
conoscenza dello stato di salute della popolazione. Le informazioni che si ottengono,
infatti, possono fornire indicazioni non solo per comprendere l’origine e l’andamento di
determinate patologie nella popolazione di riferimento, ma anche per fornire elementi di
riflessione su eventuali interventi mirati a ridurre la mortalità per quelle cause che oggi
sono ritenute prevenibili. Ancora possono contribuire alla programmazione sanitaria, cioè
nel definire quei servizi di assistenza e di prevenzione per le patologie più frequentemente
riscontrate. I dati ISTAT indicano che negli ultimi anni è avvenuto un aumento del
numero
assoluto
di
decessi,
tuttavia
tale
aumento
è
esclusivamente
legato
all’invecchiamento della popolazione. Infatti, mentre il tasso grezzo di mortalità è rimasto
quasi invariato, i tassi standardizzati hanno mostrato una diminuzione sia per i maschi sia
per le femmine.
La mortalità complessiva nella Provincia di Piacenza presenta un andamento
sostanzialmente costante negli anni recenti (maschi: intorno al 13,5 – 14 per 1.000
abitanti; femmine: intorno al 12 – 13 per 1.000 abitanti). I valori si mostrano superiori a
quelli della Regione (maschi: 10,9; femmine: 9,3), poiché risulta essere strettamente
legato alla percentuale di anziani presente nella popolazione piacentina. I tassi di mortalità
standardizzati sono in diminuzione, passando da 126 nel 1995 a 124 per 10.000 abitanti
nel 1998.
3.3.1
Le cause di morte
Se valutiamo le cause di mortalità in Provincia di Piacenza, così come nell’intera Regione
Emilia-Romagna, le principali cause di morte sia per i maschi sia per le femmine sono:
P. Apostoli
pag. 19
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
malattie cardiovascolari, tumori, traumatismi e avvelenamenti, malattie dell’apparato
respiratorio. Per le femmine sono da aggiungere le malattie dell’apparato digerente.
Se invece si osservano le principali cause di morte per fasce di età, sia per i maschi sia per
le femmine, si evidenzia come:
•
fra i 10 e i 35 anni la prima causa di morte siano traumatismi e avvelenamenti;
•
fra i 35 e i 70 anni, come la prima causa siano i tumori;
•
dopo i 70 anni, le malattie cardiovascolari tendano ad aumentare
progressivamente fino a divenire la causa principale.
Le malattie cardiovascolari rappresentano nel complesso della popolazione la prima causa
di morte e la seconda causa, dopo i tumori, nella fascia di popolazione di età adulta (oltre i
60 anni).
Queste patologie hanno mostrato, in Italia, negli ultimi anni, una progressiva diminuzione
sia tra gli uomini (tasso standardizzato per 10.000 abitanti: da 47,7 nel 1995 a 44,7 nel
1998), sia fra le donne (tasso standardizzato per 10.000 abitanti: da 32 nel 1995 a 30,5 nel
1998). In Provincia di Piacenza la mortalità per malattie cardiovascolari è principalmente
legata, sia per i maschi, sia per le femmine, a: infarto (per i maschi la mortalità per infarto
è significativamente più elevata rispetto a quella regionale), altre malattie ischemiche
cardiache (mortalità significativamente più elevata rispetto a quella regionale per le
femmine), disturbi circolatori dell’encefalo e, in misura minore, alle patologie ipertensive.
Contesto sanitario
Per quanto concerne i tumori maligni, sempre a livello nazionale, è stato possibile
evidenziare, negli ultimi anni, una mortalità praticamente costante (il tasso di mortalità è
passato da 25,6 a 25,3 per 10.000 abitanti). Lo stesso andamento in lieve calo è stato
evidenziato anche nella Provincia di Piacenza (maschi: T.S. da 41,4 su 10.000 abitanti a
38,9; femmine da 27,5 su 10.000 abitanti a 25,4).
Nella Provincia di Piacenza la mortalità complessiva per tumore, dopo la città di Bologna,
è la più alta in tutta la regione. Tra tutti i tumori, a livello provinciale, la mortalità per
tumore più frequente nei maschi è dovuta ai tumori del polmone, dello stomaco e del
fegato e vie biliari (livelli di mortalità che risultano essere significativamente superiori a
quelli regionali). Per gli altri tumori, non risultano differenze con la restante della parte
della Regione.
3.4
P. Apostoli
Gli eventi di morbosità
pag. 20
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
La valutazione della frequenza dell’evento di una specifica malattia in una popolazione,
per le caratteristiche di variabilità delle malattie stesse, eventi che possono essere non
unici, a volte reversibili, a volte non clamorosi, risulta essere estremamente difficile ma
soprattutto non particolarmente utile agli effetti dell’indagine qui condotta. Risulta utile, al
contrario, cercare di comprendere la frequenza di determinate patologie o la frequenza di
queste nelle diverse fasce della popolazione come diversi possono essere gli indicatori
utilizzati che permettono di capire quali sono gli eventi morbosi più rilevanti o gli eventi
che provocano le insorgenze patologiche in una popolazione.
La rete ospedaliera della provincia di Piacenza comprende 4 presidi ospedalieri pubblici
(Piacenza, Castel San Giovanni, Fiorenzuola e Bobbio) e 3 Case di cura private (Casa di
cura di Piacenza, di S. Antonino e di Ponte dell’Olio). In questi ultimi anni l’andamento
dell’ospedalizzazione, in linea con le indicazioni nazionali e regionali, è progressivamente
diminuito come è dimostrato sia dal numero assoluto di ricoveri, sia dal tasso di
ospedalizzazione che è passato, dal 1998 al 2000, per i maschi da 207 a 184 ricoveri per
mille abitanti e per le femmine da 205 a 182. Le principali cause di ricovero, nell’anno
2000, così come negli anni precedenti, sono date dalle malattie del sistema circolatorio,
seguite nell’ordine da quelle dell’apparato digerente, da tumori e dai traumatismi e
avvelenamenti. Per le femmine, la seconda causa di ricovero è rappresentata dalle
complicanze della gravidanza, parto e puerperio, causa che in realtà comprende anche i
parti normali. Questi ultimi costituiscono il 30,7% di tutti i ricoveri per tale causa.
Prendendo in esame le cause di ricovero per classi di età, si osserva che i tassi di
ospedalizzazione sono più alti nei maschi rispetto alle femmine, per tutte le classi ad
eccezione della classe 24–44 anni dove influiscono fortemente i ricoveri legati alla
gravidanza e al parto.
I tassi tendono ad aumentare progressivamente con l’aumento dell’età a partire dai 60
anni.
P. Apostoli
pag. 21
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
4. Evidenze epidemiologiche causate dagli effetti degli inceneritori di RSU sulla
salute umana
4.1
Analisi degli studi condotti tra 1987 e 2003
Può essere preso come punto di partenza della nostra analisi lo studio condotto da V. Foà
[2007] che ha considerato le più importanti indagini epidemiologiche condotte sino al
2003 in tema di effetti sanitari degli inceneritori. Tra queste devono essere richiamate
anzitutto la metanalisi di Franchini e coll. [2004] che, partendo da 46 lavori ed
escludendone quelli sui lavoratori (13), restringeva l’esame a 7 studi su inceneritori urbani
comparabili con quello di nostro interesse. Lo studio più qualificato era certamente quello
di Elliot e coll. [1996] che riguardava la mortalità tra i residenti situati vicino
all’inceneritore, per un’estensione di 72 impianti, 14 milioni di abitanti e per una durata di
13 anni. Lo studio evidenziava la mortalità per tumori insorti in soggetti posti a diversa
distanza: entro i 7,5 km da ogni inceneritore nessuna evidenza era conclamabile e nessun
gradiente sanitario era imputabile agli impianti salvo qualche dubbio su tumori del fegato
suscettibile a imputazione alla correttezza di diagnosi. Un approfondimento del 2000 di
quest’aspetto, ha evidenziato lo svantaggio sociale come la causa più verosimile, anche se
per distanza da vecchi inceneritori resta qualche dubbio. Mancavano misure di esposizione
e la distanza non sembra essere il migliore surrogato dei dati di esposizione.
Un’altra revisione del 2001 è quella di Hu e coll. [2001] su effetti complessivi (cancro e
altro) che si concludeva con un’inconsistenza dei dati per cancro ed effetti riproduttivi.
Veniva infine ripreso lo studio Enhance Health [2007] promosso dalla Regione EmiliaRomagna e che sarà in seguito dettagliatamente ripreso per quanto riguarda l’impianto di
Coriano – Forli.
L’autore così concludeva: le più accreditate metanalisi degli ultimi anni sul possibile
rapporto tra inceneritori di moderna concezione e stato di salute delle popolazioni che
vivono nella loro vicinanza convergono nel dimostrare come non addebitabili e comunque
non provati gli effetti degli inceneritori di RSU su mortalità per tutte le cause, tumori,
affezioni delle vie respiratorie e ricadute patologiche sulla riproduzione.
4.2
Gli aggiornamenti della letteratura in tema, al 2007
Si è proceduto a una sistematica revisione della letteratura scientifica biomedica dal 2003
al 2007 indagando le pubblicazioni che hanno avuto per tema lo studio del rapporto tra
salute umana e impianti di incenerimento. Le abbreviazioni usate sono: Municipal Solid
P. Apostoli
pag. 22
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Waste Incinerator (MSWI); Municipal Solid Waste (MSW); Municipal Waste Incinerator
(MWI); Hazardous Waste Incinerator (HWI); Modern Waste-to-Energy (WTE);
Mechanical Biological Treatment (MBT).
 Thabuis et al. [2007] hanno studiato i casi di tumore nei pressi dell’inceneritore di
rifiuti solidi urbani di Gilly-sur-Isère (Savoia, Francia) con l’obiettivo di
determinare se vi fosse un effettivo aumento dell’incidenza di tali patologie. In
assenza di uno specifico registro dei casi di tumore in Savoia, lo studio si è basato
sul conteggio dei casi di tumori verificatasi tra il 1994 e il 2002 nella zona oggetto
della ricerca.
Questo lavoro descrive le principali difficoltà incontrate, nonché le posizioni
assunte durante il censimento dei casi di cancro e i risultati cui si è pervenuti.
La raccolta dei dati è stata condotta rispettando i seguenti requisiti: selezione dei
pazienti nell’area oggetto di studio, omogeneizzazione delle tipologie di tumori,
codificazione dei dati in un unico database, analisi delle informazioni disponibili
su ogni tumore. La maggior parte dei tumori è stata accertata dalla consultazione di
cartelle cliniche in modo da escludere casi di metastasi di un tumore primario o di
recidive. Sono stati inizialmente selezionati 2845 casi di tumore, il 28% circa di
questi è stato poi escluso poiché non corrispondenti alla definizione del caso
(nessuna prova di diagnosi cancerogena, diagnosi prima della data del periodo di
studio ecc.); il database finale è quindi di 2.055 casi di cancro. Indicatori di qualità
hanno mostrato che il database può essere considerato esaustivo e valido da fonti
che hanno consentito di individuare la quasi totalità dei casi (il 94%): sono stati dei
laboratori, gli ospedali, i servizi di informazioni mediche e sanitarie e i fondi
assicurativi.
L’utilizzo di dati amministrativi e la consultazione delle cartelle cliniche si sono
rivelati necessari nei casi di incertezze in merito alla residenza dei pazienti al
momento della diagnosi, agli errori di codifica in alcuni casi di tumore e alle
difficoltà di individuare casi di falsa attribuzione.
 Krajcovicová ed Eschenroeder [2007] hanno esaminato i possibili rischi per la
salute provocati da due differenti sistemi di gestione dei rifiuti: un sistema alla’aria
aperta di combustione di rifiuti domestici in semplici barili ad hoc, praticata in
P. Apostoli
pag. 23
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
zone rurali della Slovacchia, e la combustione controllata dei rifiuti urbani nella
città di Bratislava. Lo studio dei dati inerenti ai terreni agricoli e di quelli sulla
popolazione ha consentito di classificare tre prototipi di villaggi, che rappresentano
ciascuna circa un terzo della popolazione rurale interessata.
Le due configurazioni di combustione controllata sono un rudimentale inceneritore
di rifiuti urbani (MWI) e un moderno termoutilizzatore (WTE) dotato di dispositivi
antinquinamento e di controllo delle emissioni.
Il rischio di cancro derivante dall’inceneritore MWI variava da 7 a 371 per milione
di popolazione, mentre nel WTE il rischio era comparativamente inferiore a 1,
quindi ben più basso di uno o più ordini di grandezza.
 Martí Cid-R, et al. [2007] nel luglio 2006 hanno esaminato i livelli di policlorodibenzo-p-diossine (PCDD 1) e policlorodibenzofurani (PCDF 2) nei prodotti
alimentari in varie località della contea di Tarragona (Catalogna, Spagna), in
prossimità di un inceneritore di rifiuti pericolosi (HWI). Un totale di 35 campioni
assortiti, appartenenti a vari gruppi di prodotti alimentari (ortaggi, legumi, cereali,
frutta, pesce e frutti di mare, carne e prodotti a base di carne, uova, latte, prodotti
lattiero-casearii, oli e grassi) sono stati analizzati con HRGC/HRMS 3.
È stato successivamente determinato l’apporto di PCDD/PCDF e posto a confronto
con quello di una precedente indagine effettuata nel 2002.
Per i calcoli sono stati utilizzati i dati sul consumo dei prodotti alimentari
selezionati.
La quantità di PCDD/PCDF assunta con la dieta per l'intera popolazione della
contea di Tarragona è stata stimata a 27.8 pg WHO-TEQ 4 pro die, valore inferiore
a quello riscontrato nello studio del 2002 di 63.8 pg WHO-TEQ/giorno.
1
PCDD – Policlorodibenzodiossina
2
PCDF – Policlorodibenzofluorani
3
HRGC/HRMS – Gascromatografia in spettrometria di massa ad alta risoluzione
4
TEQ - Tossicità equivalente in apporto alla più tossica delle diossine: la “2, 3, 7, 8 CTDD” tetraclorodibenzo-diossina, quella di Seveso
TCDD – Tetraclorodibenzodiossine
TCDF - Tetraclorodibenzofluorani
TCDD 2,3,7,8 – tetraclorodibenzo-p-diossina (questa è la diossina per eccellenza composta da due anelli
benzenici con 4 molecole di cloro e due di ossigeno)
P. Apostoli
pag. 24
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Pesce e frutti di mare (28%), oli e grassi (22%), uova (17%), e prodotti lattierocaseari (11%) rappresentano i contributi più importanti in questa determinazione,
mentre legumi (1%), latte (2%), verdura (3%) e frutta (3%) hanno dato un minimo
contributo all’ammontare del WHO-TEQ. L'attuale apporto di PCDD/PCDF è
notevolmente inferiore a quello stimato nel 1998 per la popolazione della stessa
area geografica, 210.1 pg I-TEQ/giorno, quando è stato effettuato uno studio di
base durante la costruzione del HWI.
 Kim KS et al. [2007] hanno esaminato i livelli di inquinamento di PCDD/PCDF in
campioni ambientali in prossimità di vari inceneritori.
I livelli di PCDD/PCDF sono stati determinati nell’aria e su campioni di terreno
raccolti vicino a 17 inceneritori e ciminiere di emissione di fumi tra il 2003 e il
2006: sono stati analizzati 434 campioni di suolo, 28 alle bocche di emissione e 38
campioni di aria circostanti.
Le concentrazioni di PCDD/PCDF nelle emissioni allo scarico variavano da 0,02 a
16,41 ng I-TEQ/Sm3, con un valore medio ponderato di 3,13 ng I-TEQ/Sm3. Il
PCDD/PCDF nell’aria varia da 0,03 a 0,97 pg I-TEQ/Sm3, mentre nei campioni di
terreno sino a 153,2 pg I-TEQ/g-secco, con una media di 7,4 pg I-TEQ/g-secco.
Questi livelli sono generalmente in linea o inferiori a molti studi precedenti. La
media di livelli di PCDD/PCDF in campioni di terreno diminuisce con l'aumentare
della distanza dall’inceneritore. In base ai gradienti di concentrazione di
PCDD/PCDF determinati si può ritenere che l’influenza dell’inceneritore si senta
sino a distanza di 500 m.
 Wang et al. [2007] per valutare gli impatti ambientali di un inceneritore di rifiuti
solidi urbani hanno usato un diverso approccio. Si è preso un totale di sette siti
nelle vicinanze dell’inceneritore nei quali campionare l’aria, vegetali e campioni di
terreno sottoponendoli ad analisi di PCDD/PCDF mediante GC-MS 5 ad alta
risoluzione.
COV – Composti chimici volatili – Idrocarburi HC ad esempio benzene (da trattamento di rifiuti e di acque
reflue: tossicità elevata, è mutogeno e cancerogeno)
5
GC-MS – gas cromatografia spettrometria di massa
P. Apostoli
pag. 25
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Sulla base delle concentrazioni di PCDD/PCDF delle tre matrici a determinati siti a
diversa distanza si è costatato che l'impatto ambientale della MSWI non è
dimostrato. Le concentrazioni di PCDD/PCDF nei tre comparti ambientali
accoppiati ai dati meteorologici e con le direzioni dei venti della regione hanno
dimostrato che l'influenza del MSWI in materia ambientale è piuttosto limitata. È
stata chiarita la fonte di emissioni confermando che le concentrazioni di
PCDD/PCDF provenivano in gran parte dalle attuali fonti di emissione nelle
vicinanze. È stata valutata l’influenza di inceneritori di rifiuti metallurgici e medici
sull’ambiente attraverso l’analisi della componente principale e dei congeneri.
Inoltre, sul modello ISCST3 si dimostra che il contributo del MSWI sul PCDD/F
atmosferico è stato minimo. I diversi approcci applicati nello studio hanno portato
a conclusioni identiche, e quindi si sono rivelati utili a cross-valutare l'impatto
ambientale di un MSWI.
 Andersson e Ottesen hanno condotto uno studio sulle dibenzo-p-diossine e
dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF), in campioni di suolo al fine di
determinare i livelli di concentrazione individuando le diverse sorgenti potenziali.
I livelli di concentrazione sono risultati bassi (0,16-14ng I-TEQ/kg). I risultati
mostrano un chiaro modello in cui i più alti livelli di concentrazione sono stati
trovati nelle parti più vecchie della città. Un certo numero di fonti è stato
riconosciuto in campioni di terreno attraverso lo studio del profilo dei congeneri,
anche profili simili di congeneri rendono estremamente difficoltoso distinguere tra
le diverse sorgenti. Lo studio mostra che gli inceneritori di rifiuti solidi urbani
(MSWI) e i siti domestici in cui si brucia legna sono le maggiori fonti di
inquinamento di PCDD/PCDF nella zona studiata.
 Oh JE et al. [2007] hanno condotto una vasta indagine per capire i meccanismi di
formazione di dibenzo-p-diossine e furani (PCDD/PCDF) e il loro rapporto con gli
altri composti organici. PCDD/PCDF, clorofenoli (CIPhs), clorobenzene (CIBzs),
idrocarburi policiclici aromatici (IPA 6), e naftaleni policlorurati (NCP) sono stati
analizzati all’uscita della caldaia nei gas di un inceneritore di rifiuti solidi urbani in
varie condizioni di funzionamento. Il valore di TEQ e la concentrazione di
6
Idrocarburi Policliclici Aromatici
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
composti target varia con le condizioni di funzionamento dell’inceneritore. IPA a
bassa massa e 246-triCIPh aumentano drasticamente durante le operazioni di
chiusura; quest'ultima è associata a un aumento del 1368 e 1379-TeCDD. Una
forte correlazione è stata osservata tra NCP e PCDF e gruppo NCP omologo sono
strettamente collegati gli uni agli altri. Questo suggerisce che la formazione di
NCP è correlata con meccanismi di clorurazione/declorurazione simili a quelli dei
PCDF. I PCDD sono collegati con la maggior parte delle CIPs e a benzene
clorurati. La maggior parte dei composti target ad eccezione degli IPA, ha una
correlazione positiva (R2 > 0,5) con TEQ e la metà di loro ha mostrato un buon
rapporto (R2> 0,8) con la tossicità equivalente (TEQ) dei PCDD/PCDFs.
 Cangialosi M et al. [2007] hanno studiato il rischio a lungo termine per la salute
delle emissioni di sostanze cancerogene e non cancerogene da inceneritori di rifiuti
solidi urbani (MSWI) nella città di Taranto, Italia. Il livello di concentrazioni nel
suolo e nell’aria e la deposizione nel suolo di sostanze cancerogene
(policlorobifenili Dibenzopdiossine/furani e Cd) e non-cancerogene (Hg e Pb)
sono stati stimati utilizzando un modello ben documentato di dispersione
atmosferica. Il rischio per la salute in seguito a inalazione, contatto cutaneo e per
ingestione alimentare è stato calcolato sulla base di una combinazione di
concentrazioni nell’aria e nel suolo e una matrice di fattori di esposizione
ambientale.
L’esposizione della popolazione circostante è stata affrontata in differenti scenari
basati su quattro inquinanti, quattro vie di esposizione e due gruppi (adulti e
bambini). La distribuzione spaziale del rischio e i casi di cancro proiettati con i dati
delle emissioni sono stati confrontati con i dati di mortalità. Risultati stimati sulla
base delle emissioni MSWI mostrano: [1] rischi individuali ben al di sotto di livelli
massimi accettabili, [2] incremento molto basso del rischio di cancro.
 Floret N et al. [2007] hanno esaminato la natura delle contaminazioni di
PCDD/PCDF nel suolo nei dintorni di un MSWI per caratterizzare se più di una
potenziale fonte di emissione potrebbe spiegare la presenza di PCDD/PCDF.
Profili di congeneri di PCDD/PCDF sono stati determinati in 75 campioni di suolo
raccolti nelle vicinanze del MSWI. Essi sono stati confrontati con più zone con
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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diverso impatto ambientale e territoriale. Le concentrazioni di PCDD/PCDF
variano da 0,2 a 28,1 pg WHO-TEQ/g. Due differenti raggruppamenti di algoritmi
identificano alla stessa maniera i principali gruppi (composti da 73 campioni).
Tutti i gruppi hanno mostrato profili di congeneri simili. Inoltre, non sono state
osservate differenze nelle distribuzioni di congeneri in base all’ubicazione del sito,
dentro e fuori il confine della città, fra le due zone più esposte e le due zone meno
esposte.
Il profilo dei congeneri indica che l'area sotto l'influenza di MSWI non è soggetta a
fonti aggiuntive di PCDD/PCDF. Dato che la maggior parte delle linee di
combustione inquinanti sono state recentemente chiuse e sostituite da una nuova
con controllo delle sostanze inquinanti, ci si aspetta una diminuzione delle
concentrazioni di diossina nei suoli circostanti.
 Ferré-Huguet N et al. [2007] hanno esaminato gli elementi emessa da un
inceneritore di rifiuti industriali, medici e urbani. Il filtraggio delle ceneri dei
residui è un’operazione particolarmente problematica perché contiene alte
concentrazioni di metalli. Nei moderni inceneritori HW (HWIs) dopo la
combustione, i metalli contenuti nel HW sono raccolti principalmente sul fondo
come ceneri volanti, solo una bassa quantità di metalli è espulsa dalla ciminiera
come particolato o vapore.
 Reis MF et al. [2007] come parte del programma di sorveglianza della salute
ambientale relativo agli inceneritori di rifiuti solidi vicino a Lisbona e dell’isola di
Madeira hanno condotto una campagna di monitoraggio biologico sull’uomo
focalizzata sulla determinazione di elementi metallici nel sangue.
Uno degli obiettivi generali di questo programma è di fornire dati Portoghesi sulla
misura e sulle modalità di esposizione a potenziali inquinanti rilasciati dalle
ciminiere degli inceneritori. Il presente studio riporta informazioni specificamente
su livelli di piombo nel sangue di coppie neonato-madre che vivono in prossimità
degli inceneritori oggetti di studio, nonché di partecipanti statisticamente simili che
vivono al di fuori della zona esposta. Per Lisbona, i livelli di piombo sono stati
determinati in un tempo T0, nonché in tre successive valutazioni dei potenziali
impatti specifici dell’inceneritore (T1, T2 e T3); in modo da poter indagare
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
l’andamento spaziale e temporale dell’esposizione umana al piombo. I dati
disponibili per Madera sono livelli di piombo nel sangue della popolazione oggetto
di studio prima che l’inceneritore entrasse in funzione.
Su Lisbona, le analisi hanno mostrato una riduzione statisticamente significativa
delle concentrazioni di piombo nelle madri (p <0,001) e nel cordone ombelicale (p
<0,001) durante l'intero periodo di monitoraggio. I livelli basali di Madera sono
stati i più bassi trovati in tutte le osservazioni già svolte in entrambi i programmi
(livelli di concentrazioni di piombo nelle madri e nel cordone ombelicale 0,4 µg/dl
e 0,3 µg/dl rispettivamente). Nessuna associazione statistica è stata trovata tra i
livelli di piombo nel sangue ed età, né fra la popolazione totale di Lisbona e
Madera e gruppi specifici inclusi nei diversi periodi osservati.
 Vineis P et al. [2007] hanno stimato il peso delle malattie associate a inquinamento
indoor e outdoor al fumo di tabacco ambientale [ETS] e all'inquinamento
atmosferico in non fumatori ed ex-fumatori in un grande studio prospettico di 10
paesi europei [European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition] (N =
520,000). Si riportano una stima della percentuale di tumori del polmone
attribuibile al fumo passivo e l'inquinamento atmosferico in questa popolazione. La
percentuale di casi di tumore del polmone nei non ed ex-fumatori imputabili al
fumo passivo è stato stimato tra il 16 e il 24%, dovuto principalmente al contributo
dei lavori connessi all'esposizione. È stato anche stimato che il 5-7% dei tumori del
polmone in non fumatori Europa ed ex-fumatori sono attribuibili a livelli elevati di
inquinamento atmosferico, NO2 o vicinanza al traffico stradale. NO2 è
l'espressione di una miscela di particelle di combustione (legate al traffico) e gas,
oltre che centrali elettriche ed emissioni di inceneritori di rifiuti. Sono stati valutati
i rischi di cancro al polmone attribuibile al fumo passivo (ETS) e all'inquinamento
atmosferico legato al traffico in un grande studio prospettico in Europa.
Sono stati accuratamente controllati i potenziali interferenti, comprese le restrizioni
per i non fumatori e gli ex-fumatori a lungo termine. Per quanto riguarda
l'inquinamento atmosferico legato al traffico, le soglie usate per gli indicatori di
esposizione sono piuttosto severe, vale a dire che corrispondono agli elevati livelli
di esposizione che caratterizzano principalmente i paesi del sud dell’Europa (livelli
di NO2 in Danimarca e in Svezia sono circa 10-20 µg/m3, mentre i livelli in Italia
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
sono circa 30 o 40 µg/m3 e a volte superiori). Pertanto, l'ulteriore riduzione dei
livelli d'esposizione al di sotto del 30 µg/m3 corrisponderebbe ad altri casi di
cancro ai polmoni impediti, e la stima del 5-7% risulterebbe probabilmente una
sottostima.
 Reis MF et al. [2007] come parte del programma di sorveglianza della salute
ambientale relativo agli inceneritori di rifiuti solidi vicino a Lisbona e dell’isola di
Madeira hanno condotto due campagne di monitoraggio biologico sull’uomo
focalizzata sulla determinazione di diossine e composti diossino-simili nel latte
materno. I risultati degli studi eseguiti hanno già fornito dati sulla portata e
composizione del carico di diossine nell’organismo umano di entrambi i gruppi
studiati, nonché una tendenza temporale preliminare dei livelli di diossina per la
popolazione residente nei pressi dell’inceneritore di Lisbona. Il presente
documento esamina le differenze tra esposti e non esposti e, con una prospettiva di
prevenzione, le possibili covarianti dei livelli di diossina nel latte umano. Le
emissioni provenienti da entrambi gli inceneritori sembrano essere ben controllate
poiché non vi è un aumento nel contenuto di diossine nel corpo umano misurate
nel latte umano di individui che vivono in prossimità di queste strutture. Per
quanto riguarda altri fattori determinanti i livelli di diossina, i risultati
suggeriscono la conferma di quanto precedentemente trovato, cioè un andamento
età - dipendente con una tendenza verso livelli più elevati di diossine nei soggetti
di età avanzata.
Il profilo dei singoli congeneri di PCDD/PCDF nel latte materno da Madeira e
Lisbona mostra simili contributi per 12.378-PCDD, PCDF-23478, 123678 e
HCDD-2378-TCDD.
 Roberts RJ e Chen M [2006] hanno valutato il rischio per la salute costituito da un
inceneritore di rifiuti di media taglia e hanno sviluppato un sistema per
quantificare il rischio globale. È stato utilizzato il protocollo US Environmental
Protection Agency Human Health Risk Assessment Protocol [HHRAP] per la
combustione dei rifiuti pericolosi e il coefficiente UK per l'impatto delle emissioni
di anidride solforosa e particolato. I calcoli sono basati su una popolazione
residente di 25.398 abitanti che vivono entro 5,5 km dal sito. L’ansia,
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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l’occupazione, il rumore, i rischi professionali, gli incidenti stradali e l’uso delle
discariche sono parametri con un potenziale, ma non quantificabile, effetto sulla
salute.
Le emissioni per oltre 25 anni in una popolazione di 25.398 entro 5,5 km si
tradurrebbero in un ulteriore 0.02 casi di tumore, 0,5 morti a causa di biossido di
zolfo e 0,02 morti a causa di particelle fini. Il rischio di morte a causa delle
emissioni in uno qualsiasi degli anni oggetto di studio è stato 2,49 x 10-7 cioè di
circa un individuo ogni 4 milioni.
 Lin CM et al. [2006] hanno indagato la tossicità delle ceneri provenienti dagli
inceneritori di rifiuti solidi urbani (MSWI). Precedenti studi hanno indicato che
l'inibizione della crescita di cellule batteriche si è verificata a concentrazioni
superiori a 0.156, 0.625 e 0.0195 g/l per le ceneri di fondo (Bottom Ash; BA),
cenere del ciclone (Cyclone Ash; CA), cenere di lavaggio (Scrubber Ash; SA),
rispettivamente, suggerendo una graduatoria di tossicità di SA> BA > CA. Questo
studio afferma chiaramente che rispetto al cadmio (II) e cromo (II) SA sembra
essere la specie più tossica per DH5alpha. Negli inceneritori grandi quantità di
CaO sono utilizzate per la neutralizzazione di gas acidi per questo SA possiede
elevati livelli di sali di solfato, cloruro e nitrato. Pertanto in SA è stato osservato un
marcato aumento della tossicità rispetto ad altri ceneri.
Per quanto riguarda anioni e cationi solubili nelle ceneri, gli ioni nitrito sembrano
stimolare invece di reprimere la crescita cellulare.
Al contrario, gli ioni nitrato hanno dimostrato il cosiddetto "sufficient challenge"
caratterizzato dall’aumento e dall’inibizione della crescita a basse e ad alte
concentrazioni, rispettivamente.
La bassa solubilità degli ioni metallici (ad esempio, Pb (II) e Cu (II)), nelle ceneri
porta probabilmente a una bassa mobilità nell’ambiente e quindi a un basso rischio
per la salute umana.
 Ferré-Huguet N et al. [2006] hanno valutato l'impatto ambientale di dibenzo-pdiossine e dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF) nelle vicinanze di un nuovo
inceneritore di rifiuti pericolosi (HWI), 4 anni dopo il regolare funzionamento
della struttura. Sono stati confrontati i profili dei congeneri di PCDD/PCDF
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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corrispondenti a campioni ambientali, suolo e piante raccolte prima e 4 anni dopo
l'inizio del regolare funzionamento di HWI (basale), così come i profili di
PCDD/PCDF nei campioni di aria emessa.
Sono stati valutati i rischi potenziali per la salute (cancerogeni e non-cancerogeni)
a causa dell’esposizione a PCDD/PCDF per adulti e bambini che vivono nelle
vicinanze della struttura.
L'esposizione umana a PCDD/PCDF è principalmente dovuta all’alimentazione.
Il confronto tra i profili dei congeneri di PCDD/PCDF corrispondenti ai valori di
fondo e a quelli della presente indagine, nonché i dati relativi alla valutazione del
rischio per la salute umana, indicano che la struttura HWI in questione non causa
ulteriori rischi per l'ambiente e alla popolazione che vive nelle vicinanze
dell’impianto.
 Oh, JE et al. [2006] hanno esaminato l'influenza delle emissioni di dibenzo-pdiossine e dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF) da un inceneritore di rifiuti
solidi urbani (MSWI) sull’ambiente attraverso la misura dei livelli di PCDD/PCDF
nell'aria e campioni di terreno prelevati vicino a un MSWI in Bucheon, Corea. La
concentrazione di PCDD/PCDF nell'aria ambiente varia da 0,2 a 1,2 pg I-TEQ·m-3
(13,39-75,16 pg·m-3), con una media di 0,7 pg I-TEQ·m-3 (35,6 pg·m-3). Le
concentrazioni nei campioni di terreno sono comprese tra 1,2 e 74,9 pg I-TEQ·g-1
(38,15-3.303,33 pg·g-1), con una media di 19,06 pg I-TEQ·g-1 (1.077,11 pg·g-1).
Questi livelli sono superiori a quelli segnalati precedentemente da altri ricercatori
nelle loro indagini. Omologhi del furano prevalgono in campioni di aria e in alcuni
campioni di terreno, mentre nel suolo i livelli di PCDD/PCDF diminuiscono con
l'aumentare della distanza dal MSWI. Dal confronto fra gli omologhi e da
un’analisi statistica multivariata è emerso che le emissioni di PCDD/PCDF da
MSWI influenzano direttamente i livelli di PCDD/PCDF nell’aria, mentre i livelli
nel suolo sono differenti secondo la localizzazione rispetto al MSWI e alle strade.
Questi risultati indicano che il MSWI è la principale fonte di emissioni di
PCDD/PCDF, ma anche che altre non identificate sorgenti di emissione e i veicoli
possono allo stesso modo contribuire alla formazione di PCDD/PCDF.
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 Schuhmacher e Domingo [2006] hanno studiato un inceneritore di rifiuti solidi
urbani (MSWI) funzionante dal 1975 al 2004 in Montcada (Barcellona, Catalogna,
Spagna), mediante un programma di monitoraggio a lungo termine tra il 1996 e il
2002. Il monitoraggio era incentrato sulla misurazione ambientale di PCDD/PCDF
nei pressi della struttura e sulla valutazione dei rischi per la salute della
popolazione che vive nelle vicinanze, a causa dei potenziali rischi per la salute
derivanti da emissione di sostanze inquinanti, in particolare di dibenzo-p-diossine
(PCDD) e dibenzofurani (PCDF).
Durante questo periodo sono stati analizzati complessivamente 111 campioni di
suolo e 121 campioni di piante. I rischi per la salute delle persone che vivono
vicino al MSWI (500 e 1000 m) sono state valutate prima (1998) e dopo
l'ammodernamento (2000) della struttura. È stata considerata l’esposizione a
PCDD/PCDF per inalazione, contatto cutaneo, ingestione di suolo e polvere e
l’apporto con il cibo.
I livelli ambientali di PCDD/PCDF hanno dimostrato che il MSWI non è il
principale responsabile dell’inquinamento atmosferico da tali composti. I rischi per
la salute umana per la popolazione che vive nelle vicinanze della struttura dopo
l'introduzione di una moderna tecnologia sono trascurabili in confronto con
l’esposizione a PCDD/PCDF introdotti con la dieta.
 Pirard C et al. [2005] hanno esaminato l'impatto di un vecchio inceneritore di
rifiuti solidi urbani (MSWI) recentemente chiuso, attraverso l’analisi di policlorodibenzo-p-diossina (PCDD), policlorodibenzofurani (PCDF) e policlorobifenili
(PCB 7) nell’ambiente circostante e nel siero della popolazione residente in una
piccola zona rurale della Francia. Sono stati analizzati campioni di suolo e uova di
galline che vivono in prossimità dell’inceneritore e confrontati con campioni
raccolti al di fuori della zona oggetto di studio. I livelli PCB osservati nei suoli e
nelle uova non differiscono statisticamente da siti di confronto. Questo ha
confermato la scarsa incidenza di MSWI sulle emissioni di PCB rispetto ad altre
ben note fonti.
I livelli di PCDD/PCDF nel suolo e nelle uova sono significativamente più alti,
sottolineando l'impatto delle emissioni di MSWI sull'ambiente circostante.
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Policloro-bifenili (o bifenili policlorurati)
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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L'elevata concentrazione di diossina nelle uova destinate al consumo privato
dovrebbe aumentare la dose di diossina assunta dalla popolazione studiata. Sono
stati analizzati campioni di sangue di 10 volontari non esposti professionalmente
che avevano vissuto entro un raggio di 2 km dall’inceneritore per almeno 25 anni.
I livelli ematici di PCB e PCDD/PCDF, corretti per età, sono risultati superiori a
quelli generali della popolazione europea e paragonabili a quelli della popolazione
belga esposta in modo analogo.
 Bocio A et al. [2005], come parte di un programma di monitoraggio per la
determinazione dei metalli in vari tessuti umani della popolazione che vive nelle
vicinanze di un nuovo inceneritore di rifiuti pericolosi (HWI) in Constantí (Contea
di Tarragona, Spagna), hanno misurato le concentrazioni di arsenico (As), berillio
(Be), cadmio (Cd), cromo (Cr), mercurio (Hg), manganese (Mn), nichel (Ni),
piombo (Pb), stagno (Sn), tallio (Tl), e vanadio (V) in campioni autoptici di
cervello, ossa, reni, fegato e polmone di 22 persone che avevano vissuto per
almeno 10 anni nell’area investigata.
I risultati sono stati confrontati con le concentrazioni di metalli ottenute in uno
studio preliminare, che era stato effettuato durante la costruzione del HWI (1996 1998).
Nel presente studio i livelli di Be, Tl e V non sono stati individuati in nessuno dei
tessuti analizzati, mentre le concentrazioni di Cr sono risultate essere molto vicine
al limite di rilevazione. I più alti livelli di Cd e Hg sono stati trovati nel rene (17,5
µg/g e 0,2 µg/g, rispettivamente), quelli di Mn nel fegato (1,07 µg/g), e quelle di
Ni, Pb, Sn nelle ossa (1,16 µg/g, 2.11 µg/g, e 0,34 µg/g rispettivamente).
In confronto ai risultati dello studio preliminare è stata osservata una riduzione
generale della maggior parte delle concentrazioni dei metalli nei tessuti studiati.
 Lavric DE et al. [2005] hanno studiato il possibile uso di composti sostituti delle
diossine da utilizzare come marcatori. Questo lavoro è una revisione della
letteratura dedicata ai possibili composti sostituti alle diossine; le relazioni trovate
sono state sistematizzate e, in alcuni casi, sono stati utilizzati i dati sperimentali
disponibili e trovate le correlazioni.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Tra i possibili composti sostituti, il clorobenzene mostra una reale possibilità di
essere un buon indicatore di tossicità equivalente.
 Nadal M et al. [2005] hanno esaminato i campioni di capelli di 134 bambini in età
scolare (12-14 anni di età) che vivono in tre zone residenziali nelle vicinanze di un
nuovo inceneritore di rifiuti pericolosi (HWI) (Constantí, Contea di Tarragona,
Catalogna, Spagna) determinando arsenico (As), berillio (Be), cadmio (Cd), cromo
(Cr), mercurio (Hg), manganese (Mn), nichel (Ni), piombo (Pb), stagno (Sn), tallio
(Tl) e vanadio (V), attraverso la spettrometria di massa accoppiata induttivamente
al plasma (ICP-MS). Tali concentrazioni sono state confrontate con quelle ottenute
in un'indagine di riferimento eseguita nella stessa area durante il periodo di
costruzione del HWI. Le concentrazioni medie trovate variano da valori sotto il
limite di rilevabilità (come, Be, Cd, Tl, e V) a 0,70 e 0,86 µg/g per Hg e Pb,
rispettivamente. In confronto ai valori dell’indagine di riferimento, i livelli di Cr,
Mn, Ni, Pb, Sn hanno mostrato una significativa riduzione, mentre le
concentrazioni Hg sono simili. Non sono state osservate notevoli differenze in base
al sesso dei bambini. Tuttavia, alcune differenze sono state rilevate, in particolare
per Pb e Cr, in relazione alla specifica zona di residenza. In generale, i livelli di
elementi metallici nei capelli di bambini in età scolare del presente studio sono
risultati simili o addirittura inferiori a quelli riferiti a bambini residenti in aree
industriali e residenziali di diverse regioni e paesi.
 Moon CS, et al. [2005] hanno valutato i congeneri di dibenzo-p-diossine (PCDD) e
policlorodibenzofurani (PCDF) in 103 campioni di siero di una popolazione
coreana.
I partecipanti consistevano in 28 lavoratori di un inceneritore di rifiuti solidi urbani
(MSWI), oltre a 21 uomini e 54 donne che avevano vissuto per almeno 3 anni
precedenti al 2002 in aree distanti 300 m da inceneritori di grandi città coreane.
Campioni di siero sono stati analizzati per 17 congeneri di PCDD/PCDF attraverso
GC-MS ad alta risoluzione. La media geometrica (GM) dei livelli di PCDD/PCDF
nel siero erano 3,14, 8,04, 6,12 e 6,60 pg TEQ/g di lipidi rispettivamente per i
lavoratori, i residenti maschi, le residenti femmine e la somma di maschi e
femmine residenti.
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La media dei livelli di PCDD/PCDF nel siero di lavoratori non è risultata
significativamente differente dai valori dei residenti nelle vicinanze di MSWIs.
Dei 75 partecipanti che hanno risieduto in prossimità dei MSWIs, la maggior parte
dei congeneri che hanno contribuito al totale TEQ sono stati:
1,2,3,6,7,8Esaclorodibenzofurano(1,6HxCDF),
2,3,4,7,8Pentaclorodibenzofurano(4PeCDF),
1,2,3,4,6,7,8Heptaclorodibenzofurano(1,4,6-HpCDF),
1,2,3,7,8,9-Esaclorodibenzofurano (1,9 –HxCDF),
1,2,3,4,7,8-hexachlorodibenzo-p-diossina (1,4-HxCDD),
1,2,3,6,7,8-hexachlorodibenzo-p-diossina (1,6 – HxCDD).
Nei lavoratori i congeneri che hanno fornito il maggior contributo sono stati:
1,6-HxCDD,
4-PeCDF,
1,2,3,4,6,7,8-eptacloro-dibenzo-p-diossina (HpCDD),
1,6-HxCDF.
In conclusione, i livelli sierici di PCDD/PCDF in lavoratori presso un inceneritore
e nei residenti in prossimità del MSWI in Corea sono risultati inferiori a quelli
segnalati per gli altri paesi.
Il confronto tra i livelli di PCDD/PCDF nei lavoratori e nella popolazione residente
nelle vicinanze non ha rivelato alcuna significativa variazione. L’assunzione di
PCDD/PCDF con la dieta di origine animale è risultata inferiore rispetto a quella
degli europei. Ulteriori studi sugli alimenti coreani sono necessari per chiarire
l'esposizione di PCDD/PCDF nella popolazione coreana.
 Capuano M et al. [2005] hanno esaminato campioni di suolo, sedimenti e aghi di
pino della zona di Reggio Emilia al fine di stimare l'inquinamento ambientale
causato da un MSWI.
Nei campioni raccolti sono stati analizzati PCDD/PCDF, PCB, IPA e metalli. I dati
ottenuti hanno dimostrato livelli relativamente bassi di inquinamento. Infatti, le
concentrazioni di PCDD/PCDF e PCB sono comparabili ai valori di solito trovati
in zone agricole dei paesi dell'Unione europea.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Le concentrazioni di metalli nel suolo e nei sedimenti sono confrontabili con aree
agricole della zona. I valori di IPA sono nettamente inferiori ai valori limite fissati
dalla legge italiana.
 Schumaker et al. [2004] hanno studiato le concentrazioni di dibenzo-p-diossine e
dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF) nel latte materno di madri che vivono
in prossimità di un nuovo inceneritore di rifiuti pericolosi (HWI). Il monitoraggio è
stato effettuato dopo tre anni di regolare funzionamento dell’impianto e i risultati
sono stati confrontati con le concentrazioni di riferimento ottenute in uno studio
preliminare. I livelli di PCDD/PCDF sono stati determinati tramite HRGC/HRMS
su 15 campioni.
Nel presente studio, le concentrazioni di PCDD/PCDF variano da 4,9 a 39,9 pg ITEQ/g di grasso (5,1-46,8 pg WHO-TEQ/g di grasso), con un valore mediano di
7,7 pg I-TEQ/g di grasso (9,1 pg WHO-TEQ/g di grasso). Nello studio preliminare
le concentrazioni di PCDD/PCDF oscillavano tra 5,9 e 17,1 pg I-TEQ/g di grasso,
con un valore medio di 11,7 pg I-TEQ/g di grasso.
Si è registrata, quindi, una percentuale di riduzione del 34,2%. Questa diminuzione
è in accordo con la riduzione trovata nell’apporto di PCDD/PCDF con la dieta,
come risulta dalle due indagini. I risultati del presente studio, così come altri
recenti dati ambientali e biologici, indicano che vivere in prossimità di un HWI
non apporta un ulteriore rischio per la salute della popolazione generale a causa di
PCDD/PCDF.
 Franchini et al. [2004] hanno esaminato la letteratura degli studi epidemiologici
sugli effetti sulla salute in relazione agli impianti di incenerimento. Sono stati
segnalati numerosi effetti negativi per la salute. Significative associazioni di
esposizione-malattia sono state segnalate da due terzi degli studi esaminati
incentrati sul cancro al polmone, laringe e linfoma non-Hodgkin. Positive
associazioni sono state trovate fra malformazioni congenite e residenza vicino a
inceneritori.
L'esposizione a PCB e metalli pesanti è stata associata a diversi effetti sulla salute
e in particolare a una riduzione di ormoni tiroidei. Il giudizio sulle patologie noncancerogeno sono inconcludenti. Nella spiegazione dei risultati devono essere
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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considerati fattori confondenti ed errori di valutazione; problemi metodologici e
insufficienti informazioni sull’esposizione possono alterare i risultati.
Questo tipo di studi deve necessariamente includere una migliore definizione
dell’esposizione in termini qualitativi e quantitativi in particolare attraverso lo
sviluppo dell’uso di biomarcatori e attraverso l'attuazione di misure ambientali.
 Cordier S, et al. [2004] hanno valutato a livello regionale (nel sud-est Francia)
l'impatto delle emissioni sull’incidenza dei difetti alla nascita. A ogni comunità
esposta (N = 194) è stato assegnato un indice di esposizione stimato da un modello
gaussiano. Modelli di Poisson e una popolazione di riferimento non esposta
composta da 2.678 persone nella stessa regione sono stati utilizzati per calcolare i
rischi relativi per malformazioni congenite, aggiustati per anno di nascita, età
materna, dipartimento di nascita, densità di popolazione, reddito familiare medio e,
quando disponibile, informazioni sul traffico stradale locale. L’incidenza delle
anomalie congenite non è risultata significativamente più elevata nel gruppo degli
esposti rispetto ai non esposti. Solo alcuni sottogruppi di anomalie importanti, in
particolare schisi facciali e displasia renale sono più frequenti nella comunità
esposta. Tra le comunità esposte, un andamento dose-risposta del rischio con
l'aumento dell’esposizione è stato osservato per uropatie ostruttive. Rischi di
malformazioni cardiache, uropatie ostruttive e della pelle aumentano linearmente
con la densità del traffico stradale. Sebbene sia le emissioni dell’inceneritore che
quelle del traffico veicolare possono plausibilmente spiegare l’aumento di alcuni
dei rischi osservati, altre spiegazioni alternative, compreso l'errore di valutazione
dell’esposizione, errori di accertamento e fattori di confondimento non possono
essere escluse. Alcuni degli effetti osservati, se reali, potrebbero essere attribuiti
alla vecchia tecnologia dei MSWI e all’inquinamento persistente da essi generato.
 T. Takata [2003] ha esaminato gli effetti sulla salute dell'esposizione cronica a
diossine per i lavoratori presso un inceneritore. L'inchiesta è stata effettuata nel
settembre 1998 e dai risultati la commissione ha concluso che le concentrazioni di
diossina nel sangue dei lavoratori (addetti alla manutenzione del forno, spazzoloni
umidi e raccolta di ceneri) erano più elevate rispetto a quelli dei residenti nelle aree
circostanti. Tuttavia, non vi sono correlazioni tra i livelli ematici di diossina e le
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
concentrazioni riscontrate, che non sono sufficientemente alte per indurre gli effetti
sulla salute segnalati dagli studi scientifici pubblicati. Secondo i risultati di questa
indagine, la commissione ha dedotto che è inevitabile uno studio di follow-up sul
livello di diossine nel sangue del gruppo III e IV di lavoratori e l’estensione di tale
indagine ad altri lavoratori presso i MSWI in Giappone, che potrebbe essere
esposti a simili livelli di diossine.
 Leem JH et al. [2003] hanno stimato l'esposizione di alcune sostanze pericolose e i
loro effetti sulla salute dei lavoratori di un inceneritore MSW e della popolazione
residente nelle vicinanze di un inceneritore di rifiuti industriali.
Sono stati intervistati 13 operai e 16 residenti della zona attorno a due inceneritori
di rifiuti solidi urbani, e ulteriori 10 residenti della zona di un inceneritore di rifiuti
industriali, che si sospetta emettere una quantità superiore di sostanze pericolose. Il
valore medio di tossicità equivalente (TE) per la concentrazione di PCDD/PCDF
nei residenti della zona industriale nei pressi dell’inceneritore di rifiuti è 53,4 pg ITEQs/g di lipidi. La media di TE per la concentrazione di PCDD/PCDF nei
lavoratori e nei residenti vicino all’inceneritore di rifiuti solidi urbani è 12,2 pg ITEQs/g di lipidi.
È stata calcolata l'assunzione giornaliera stimata (EDI) per ogni soggetto, e l’EDI
di tutti i lavoratori e residenti vicino all’inceneritore di rifiuti solidi urbani risulta
entro il range tollerabile di assunzione giornaliera. Ma soltanto il 30% delle 10
persone residenti vicino all’inceneritore di rifiuti industriali ha un EDI compreso
nel range della dose giornaliera tollerabile (1-4 pg I-TEQ/kg di peso
corporeo/giorno) proposto dall’OMS [1997]. Lo stress ossidativo dei residenti in
prossimità dell’inceneritore di rifiuti industriali è superiore a quello dei lavoratori e
residenti della zona intorno all’inceneritore di rifiuti solidi urbani. Questo stress
ossidativo può essere causato da sostanze pericolose come PCDD/PCDF emesse
dagli inceneritori. I residenti nei pressi dell’inceneritore di rifiuti industriali sono
esposti a sostanze pericolose come PCDD/PCDF.
 Floret N, et al. [2003] hanno confrontato 222 casi di linfoma non-Hodgkin
diagnosticato tra il 1980 e il 1995 effettuando i controlli su individui scelti
casualmente dal censimento della popolazione del 1990. Il livello di concentrazioni
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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di diossina è stato studiato con un modello di dispersione gaussiano di seconda
generazione che suddivide i livelli di esposizione a diossina in quattro categorie.
Tali livelli d’esposizione sono stati poi collegati ai singoli luoghi di residenza,
utilizzando la tecnologia Geographic Information System (GIS). Il rischio di
sviluppo di linfoma non-Hodgkin è 2,3 volte superiore (intervallo di confidenza
95%= 1,4-3,8) tra le persone che vivono nella zona con la più alta concentrazione
di diossina rispetto a quelle che vivono nella zona con la più bassa concentrazione
di diossina. Nessun aumento del rischio è stato trovato nelle categorie a
esposizione intermedia.
In conclusione, queste 30 ricerche appena esaminate consentirebbero di affermare che,
sebbene le emissioni di inceneritori non siano solitamente considerate come una fonte
importante di esposizione alle diossine rispetto ad altre fonti, l'ipotesi che le diossine
aumentino il rischio di linfoma non-Hodgkin tra le popolazioni che vivono nelle vicinanze
di inceneritori di rifiuti solidi. In generale, invece, la letteratura epidemiologica esaminata,
relativa agli effetti sanitari della residenza in prossimità di impianti di incenerimento può
presentare risultati controversi. Alcuni studi condotti sui residenti in prossimità di
inceneritori hanno segnalato aumenti di patologie tumorali, in particolare di sarcomi dei
tessuti molli, di linfomi non-Hodgkin e di tumori del tratto respiratorio.
Inoltre sono stati evidenziati effetti nocivi negli stadi riproduttivi. Tuttavia non tutti gli
studi concordano con questi risultati, rendendo difficile il consenso sull’esistenza di un
rischio sanitario associato alla presenza di inceneritori, sia per le patologie neoplastiche sia
per le patologie non tumorali.
Peraltro lo specifico studio epidemiologico dell’area “Coriano-Forlì” [Enhance, 2007],
nell’analisi dell’intera coorte per livelli di esposizione ambientale potenzialmente
attribuibili agli impianti di incenerimento (usando come traccianti dei metalli pesanti), con
aggiustamento per livello socio-economico della popolazione, non mostra incidenza di
mortalità generale e conseguentemente tumorale.
Un quadro riassuntivo delle ricerche esaminate potrebbe così essere espresso, pur con le
approssimazioni proprie di studi condotti senza una cioterix paribus che ne consenta una
comparazione sufficientemente attendibile.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
NOTE
1.
DEFINIZIONE DELLE DIOSSINE
Con il termine “diossine” si considera un’ampia classe di composti chimici altamente
persistenti nell’ambiente, formati da due anelli di benzene legati da due atomi di ossigeno;
simili alle diossine sono i “furani” che hanno la stessa struttura ma un solo atomo di ossigeno.
Il numero di atomi di cloro sostituiti all’idrogeno varia da 1 a 8: conseguentemente si possono
avere 75 composti congeneri delle diossine – le policlorodibenzo-p-diossine (indicato come
PCDD o CDD) e 135 composti cancerogeni dei furani – i policlorodibenzofluorani (indicati
come PCDF o CDF). Si tratta di composti organici alogenati, indicati genericamente con il
termine PCDD con proprietà fisico-chimiche e simili e variabili con il numero e la posizione
degli atomi di alogeni sostituiti, insolubili in acqua (si infiltrano nel terreno e possono ritrovarsi
anche a distanze rilevanti), si sciolgono negli oli, nei grassi, nei saponi, sono molto stabili
(resistono a temperature anche molto alte), si decompongono lentamente per opera di
radiazioni ultraviolette, non sono biodegradabili, hanno tendenza a essere fortemente assorbiti
nella superficie del particolato solido in sospensione. La diossina più ampiamente studiata è la
2,3,7,8 tetraclorodibenzo-p-diossina (2,3,7,8 TCDD) – la diossina di Seveso –, che rappresenta
il congenere più tossico e costituisce il composto di riferimento per questa classe di inquinanti.
Si ritiene che essa abbia attività teratogena e cancerogena e che possa provocare danni ai
sistemi immunitario, endocrino e riproduttivo.
2.
TOSSICITÀ DELLE DIOSSINE
A causa della loro lipsosolubilità e della relativa resistenza alla degradazione metabolica, sono
contaminanti ambientali persistenti e sono quindi in grado di propagarsi e accumularsi lungo la
catena alimentare, costituendo una minaccia su grande scala e a lungo termine per la salute
pubblica e la qualità dell’ambiente.
Per inquinanti persistenti e bioaccumulabili quali le diossine, i percorsi indiretti di impatto per
ingestione, contatto dermico e dieta alimentare assumono un ruolo anche preponderante; risulta
quindi indispensabile valutare ad esempio le localizzazioni geografiche dei luoghi di
produzione delle derrate alimentari, che possono anche non essere situati in vicinanza delle più
importanti fonti di emissione di diossine.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
5. Relazione del Comitato sulla cancerogenesi del Ministero della Sanità inglese
[2004]
Il Comitato sulla cancerogenesi del Ministero della Sanità inglese [HMSO, 2004] ha
esaminato i principali effetti presi in considerazione dalla letteratura scientifica di
probabile attribuzione agli impianti di incenerimento dei RSU.
5.1
Malattie respiratorie
 Shy et al. [1995] non riscontrano alcuna differenza tra aree di controllo senza
inceneritori e quelle vicine agli inceneritori (per una popolazione complessiva di
circa 7.000 persone), con l’eccezione delle persone vicine a un inceneritore di
sostanze tossiche e per i sintomi in subset di persone che hanno tenuto un diario.
 Mohan et al. [2000], su 4200 interviste telefoniche, riportano una prevalenza di
sintomi correlati nei soggetti che vivevano in prossimità a un inceneritore di
sostanza tossiche.
 Hu et al. [2001], su 1018 soggetti controllati con spirometria tra 92 e 94, usando un
Incinerator Exposure Index (che dà distanza e direzione dall’inceneritore), non
rilevano alcuna evidenza statistica di correlazione tra funzione respiratoria e
l’indice misurato. I rilievi hanno dimostrato che l’inceneritore non contribuiva in
modo apprezzabile all’inquinamento ambientale di fondo.
 Gray et al. [1994] hanno esaminato morbilità e gravità di asma su bambini che
vivevano in due aree con presenza di un inceneritore di fanghi di depurazione.
(713 contro 626 controlli), non rilevando alcuna differenza sui valori di fondo di
malattie asmatiche, né sulla loro caratterizzazione.
5.2
Effetti riproduttivi
 È stato rilevato un incremento di parti gemellari [Lloyd 1988], non confermato da
Rydhstroem [1998], in popolazioni vicine o lontane da IRSU. Williams ipotizza un
aumento di nati femmine in due popolazioni vicine a inceneritori di rifiuti chimici
(si rileva però un problema di corretta classificazione delle esposizioni antenatali).
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
 La funzione renale, il test citogenetica e lo sviluppo sessuale sono stati studiati da
Staessen et al. [2001]. È dimostrata una correlazione con fonti di inquinamento
ambientale compresi IRSU. Sono stati misurati indicatori di dose e di effetto ma
non collegati con l’evidenza clinica. I dati di dose sono correlati con inquinamenti
da vecchie fonderie e inceneritori.
 L’IRSU sembra escluso tra le possibili cause di un cluster di palatoschisi da
Jansson et Voog [1989].
 Ten Tusscher et al [2000] hanno studiato l’incidenza di labbro leporino in
relazione all’IRSU, ma dalla valutazione dell’avvio delle attività sembra
improbabile che vi siano relazioni.
 Dummer et al [2003] hanno evidenziato una maggiore incidenza di spina bifida e
malformazioni cardiache in vicinanza a IRSU (244.758 nascite in Cumbria tra il
‘56 e il ‘93). Le critiche mosse a questo studio sono state: cambio pratiche
mediche, assenza di livelli di inquinamento, vetustà dell’inceneritore considerato,
assenza di dati su altre fonti di inquinamento.
5.3
Studi epidemiologici
Non esistono evidenze consistenti di un significativo aumento dell’incidenza di patologie
nella popolazione potenzialmente esposta alle emissioni di inceneritori MSW.
a) Discariche
Sono state esaminate le segnalazioni di alcuni difetti di nascita verificati con tassi
leggermente superiori nelle persone che vivono vicino alle discariche. Le
informazioni disponibili non hanno permesso di dire se le discariche possono
causare o contribuire a questa categoria di effetti.
Uno studio ha anche indicato che ci può essere un aumento di alcuni effetti acuti
sulla salute delle popolazioni che vivono in prossimità di impianti di
compostaggio.
Tranne lo studio sui difetti di nascita discusso in precedenza, non è stata trovata
alcuna prova che le persone che vivono vicino a siti di discarica MSW siano affetti
da patologie maggiori rispetto a persone che vivono lontano da tali siti.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
In particolare, è stato riscontrato che gli studi sono contro ogni aumento di
incidenza di tumori nelle persone che vivono in prossimità di siti di discarica.
In uno studio statistico Elliott et al. [2001 b] hanno sviluppato una funzione doserisposta per l'incidenza di difetti di nascita e la residenza entro 2 km da siti di
discarica aperti o chiusi. I difetti di nascita studiati sono: difetti del tubo neurale,
difetti cardiovascolari; epispadia; e difetti della parete addominale (compresi
gastroschisi ed ernie ombelicali).
I dati ottenuti da questo studio sono soggetti a una serie di importanti limitazioni:
•
lo studio non è stato in grado di indicare se l'incremento è stato osservato a
causa dell’esposizione alle emissioni provenienti dalle discariche o ad altra
causa;
•
le osservazioni possono essere il risultato di fattori di confondimento
(probabilmente a causa di errori di classificazione socio-economica) piuttosto
che di un vero eccesso di malattia;
•
vi è il dubbio, in alcuni casi, sulla natura dei rifiuti smaltiti; non è chiaro se i
siti considerati come "rifiuti non-speciali" possono avere ricevuto alcuni rifiuti
pericolosi in aggiunta a quello comunali;
•
per i siti aperti durante il periodo di studio, alcuni dei risultati considerati sono
inferiori dopo l'apertura dei siti rispetto a prima dell’apertura, il che indica
l’incidenza di altri fattori estranei agli inceneritori, che concorrono a essere
causa degli aumenti rilevati;
•
la relativamente piccola scala di incremento dei rischi per la salute individuati
in questo studio suggeriscono la scarsa probabilità che gli effetti siano in realtà
causati dall'esposizione alle emissioni provenienti dalle discariche.
I progressi in questo settore di studio dipendono dalle esatte informazione e
quantificazioni dell’esposizione di sostanze tossiche. Ciò contribuirà a dimostrare
se esiste un nesso causale tra la salute umana e la presenza di siti di discarica. Se
risulta una sorgente plausibile, deve essere identificata un’associazione doserisposta attraverso appropriate misurazioni delle sorgenti e degli effetti.
Per indagare gli effetti delle emissioni in aria del trattamento e dello smaltimento
di rifiuti solidi urbani sulla salute è stato usato un modello di dispersione e sono
state esaminate solo le esposizioni che potevano essere quantificate. Lo studio ha
preso in considerazione i principali inquinanti emessi dai processi che comportano
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
una combustione. Solamente tre aree non sono state indagate in merito ai possibili
effetti sulla salute delle emissioni.
In primo luogo, non tutte le emissioni di gas di combustione possono essere
quantificate, in particolare, non sono stati trovati dati sulle emissioni di particolato
da MBT (Mechanical Biological Treatment) o da digestione anaerobica dei rifiuti
solidi urbani.
In secondo luogo, gli effetti sulla salute possono dipendere dal rilascio di sostanze
diverse dai gas di combustione. Si tratta di una variabile importante soprattutto per
gli impianti di compostaggio aperti, ma possono essere rilevanti anche per le
discariche e MBT, ed eventuali altri impianti, in particolare quando i rifiuti non
vengono trattati con tempestività.
In terzo luogo, non sono stati analizzati i possibili effetti sulla salute derivanti
dall’esposizione alle sostanze immesse nelle acque sotterranee, acque superficiali,
fognature, o nel suolo.
Questo è dovuto al fatto che le esposizioni attraverso queste vie sono altamente
specifiche a seconda dei siti. Inoltre le esposizioni alle emissioni tramite queste vie
sono ostacolate da controlli specifici, ad esempio le acque superficiali o sotterranee
sono quasi universalmente trattate prima del consumo - in particolare l'acqua
potabile viene trattata prima dell’approvvigionamento e deve conformarsi a rigide
norme di qualità.
Gli effetti sulla salute legati all'esposizione a diossine e furani in seguito a processi
termici è stato dimostrato non avere significativi effetti negativi per la salute.
Come osservato in precedenza, vi è, invece, una mancanza di dati attendibili sulle
emissioni in atmosfera da parte degli impianti di compostaggio.
La ricerca epidemiologica sopra citata evidenzia i potenziali effetti sulla salute in
effetti acuti minori, come uso di farmaci e bronchiti. Ciò suggerisce che
un’evidenza di effetti negativi per la salute possono essere connessi alle emissioni
di particolato o micro-organismi.
Lo studio dei modelli di dispersione atmosferica indicano che le emissioni in
atmosfera da MSW non sono responsabili di un aumento significativo degli effetti
negativi sulla salute. Su scala nazionale, sono stimati circa 5 ricoveri ospedalieri
ogni anno a causa di emissioni in aria dal trattamento e smaltimento MSW.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Anche se questa stima numerica è di scarsa qualità, è indicativa di un’incidenza di
ricoveri ospedalieri molto più bassa ad esempio rispetto ai 168.000 ricoveri
all'anno in seguito ad incidenti domestici.
Allo stesso modo, le emissioni dal trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani
sono, a livello nazionale, causa di un decesso ogni due anni.
La stima dell’aumento di tumori a causa delle emissioni in atmosfera da MSW è
ancora inferiore.
Poiché effetti stimati sulla salute sono bassi se confrontati con quelli di altri grandi
temi di salute pubblica, si suggerisce di impostare gli studi in modo differente a
quanto fatto finora.
Un’utile area di ricerca può includere uno studio sugli effetti delle emissioni da
compostaggio di MSW e uno studio ulteriore sulla potenziale esposizione a
contaminanti in seguito all’utilizzo delle ceneri degli inceneritori MSW sotto
specifiche condizioni.
Sono stati individuati i seguenti fattori da tenere in considerazione quando si
debbano trarre conclusioni sugli studi degli effetti da IRSU:
•
accuratezza delle statistiche sulla salute;
•
accuratezza delle diagnosi di cancro;
•
potenziali fattori confondenti;
•
variabili dell’inceneritore (tipo di rifiuti, condizioni meteorologiche e
geografiche, controllo delle emissioni).
Il Comitato ha concluso che “ogni potenziale rischio di tumore dovuto alla residenza (per
periodi di più di 10 anni) vicino a IRSU è eccessivamente basso e probabilmente non
misurabile con le più moderne tecniche”. Gli eccessi misurati in alcuni studi, sono dovuti
a fattori confondenti di tipo socioeconomico e non erano associati agli IRSU. Ha inoltre
concluso che non vi era necessità di ulteriori studi sull’incidenza di tumori in popolazioni
residenti vicino a IRSU.
Come raccomandazione finale, è stata evidenziata l’opportunità di realizzare alcuni
ulteriori studi:
1. Uno studio sulle esposizioni a sostanze emesse da siti di discarica, in particolare su
tutte le sostanze che potrebbero dar luogo a un aumento dell’incidenza degli effetti
sulle nascite. Questo potrebbe contribuire a stabilire se le associazioni osservate
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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possono essere causa dell’esposizione alle emissioni di discarica. Se si identifica
un collegamento causa - effetto, le misure possono essere specifiche per ridurre
l'importanza degli effetti.
2. Uno studio di caratterizzazione delle emissioni e dell'esposizione a bio-aerosols e
microrganismi rilasciati da tutti i tipi di impianti di gestione dei rifiuti, puntando in
particolare su quelli con nessun componente di combustione. Considerando in
particolare le seguenti specie: funghi, batteri, actinomycetes, endotossina,
micotossine, e glucani.
3. Uno studio di caratterizzazione e quantificazione delle emissioni di particolato,
microrganismi, COV e metanici in impianti di compostaggio MSW aperti o chiusi.
Si tratta di un importante settore attualmente poco studiato che può diventare più
importante se il compostaggio di rifiuti solidi urbani diventerà più diffuso.
4. Uno studio di caratterizzazione e quantificazione delle emissioni in aria, emissioni
in fognature e residui solidi da MBT, digestione anaerobica di MSW e le eventuali
altre tecniche che svolgeranno un possibile ruolo nel trattamento e nello
smaltimento dei rifiuti solidi urbani in futuro. Ciò dovrebbe anche caratterizzare e
quantificare gli effluenti liquidi derivanti dal compostaggio dei MSW. Questo
diventerà più significativo se MBT e la digestione anaerobica dei MSW acquisterà
una maggiore importanza in futuro.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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6. Studio francese sull’incidenza di cancro nelle vicinanze degli impianti di
incenerimento di rifiuti
Pascal Fabre, Côme Daniau, Sarah Goria, Perrine de Crouy-Chanel, Pascal EmpereurBissonnet dell’Institut de Veille Sanitaire [InVS] francese, nel 2007, hanno prodotto un
interessante rapporto sull’incidenza di tumori nelle vicinanze degli inceneritori che
derivava dal Piano Nazionale Tumori 2003-2007, Direzione Generale della Sanità con un
incarico all’Istituto Superiore di Sanità [InVS] per migliorare e implementare le
conoscenze sulle cause ambientali del cancro. In questo contesto, InVS ha avviato lo
studio epidemiologico "L'incidenza del cancro nelle vicinanze degli impianti di
incenerimento rifiuti". Lo scopo era di analizzare il rapporto tra l'incidenza del cancro
negli adulti e l’esposizione alle emissioni degli impianti di incenerimento rifiuti.
Lo studio è stato del tipo ecologico-geografico: i parametri di esposizione al rischio
(incidenza di tumori) sono degli indicatori collettivi stimati in sottogruppi denominati
IRIS (raggruppati in blocchi di informazioni statistiche con una media 2.000 abitanti).
Lo studio si concentrava su casi di tumore negli adulti (oltre 14 anni di età) diagnosticati
nei dipartimenti di Isere, Haut-Rhin, Bas-Rhin e del Tarn tra 01/01/1990 e il 31/12/1999.
Sono stati considerati tumori come leucemia, mieloma multiplo, maligno non-Hodgkin
(LMNH), i sarcomi dei tessuti molli (STM), tumori del fegato, dei polmoni, della vescica
e della mammella.
Ogni localizzazione dei tumori è stata identificata con codici topografici, morfologici, e
l’evoluzione in base alla classificazione ICD-O-2.
L'incidenza per tipo di cancro è stato stimata per la mediana del periodo di osservazione, o
per l'anno.
Il flusso di sostanze inquinanti per ogni inceneritore è stato stimato da un gruppo di esperti
tenendo conto delle caratteristiche tecniche degli impianti e della loro evoluzione nel
tempo. Da questi dati, l'esposizione degli abitanti a ogni inceneritore è stata quantificata
con modelli atmosferici, utilizzando un modello gaussiano di seconda generazione
(ADMS3).
Questo modello tiene conto di parametri relativi agli inquinanti, alle caratteristiche
dell’impianto (flusso di emissione, altezza del camino, etc.), dati meteorologici e
topografici. Il periodo di esposizione si estende dalla data di inizio dell’attività fino
all’inizio del periodo di latenza, prendendo in considerazione un periodo di latenza di
cinque anni per i tumori maligni del sangue e 10 anni per altri tumori. Per il modello di
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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esposizione, è stata scelta una miscela di diossine, furani e PCB come indicatore di
sostanze negli scarichi.
Un sistema di informazione geografica (GIS) è stato sviluppato per assegnare valori
all’esposizione agli inceneritori e ai valori di inquinamento legati al traffico stradale.
Per l'analisi dei fattori di confondimento sono state prese in considerazione l’esposizione a
sostanze cancerogene inquinanti emesse da altre fonti, in particolare il traffico stradale e le
industrie classificate per la tutela dell'ambiente (BPI), nonché la situazione socioeconomica, rurale o urbana e la densità di popolazione.
L'analisi statistica dei dati è stata effettuata da una regressione di Poisson, utilizzando un
modello additivo generalizzato (GAM).
Tra il 1990 e il 1999, più di 135.000 casi di cancro sono stati registrati nei quattro
dipartimenti inclusi nello studio. La distribuzione della variabile di esposizione (media
annuale totale dei depositi) è asimmetrica, con un elevato numero di sottogruppi a bassa
esposizione e per un piccolo numero di gruppi fortemente esposti.
Vi è un fattore 100 tra l'esposizione dei sottogruppi al 2,5° percentile e dei gruppi al 90°
percentile (2,5° percentile = 1,25x10-4 μg/m2/anno; percentile 50° = 4,25x10-3 μg/m2/anno,
90° percentile = 1,78x10-2 μg/m2/anno).
Il rischio relativo (RR) è stato calcolato per confronto tra il rischio di cancro nei
sottogruppi ad alto rischio (90° percentile della distribuzione di esposizione) e tra il rischio
di cancro nei sottogruppi a basse emissioni (2,5° percentile).
Lo studio mette in evidenza:
1) una correlazione positiva statisticamente significativa tra l'esposizione agli
inceneritori e l'incidenza di:
a.
“tutti i tipi di tumore" tra le donne: RR = 1,06 (IC 95% 1,01-1,12),
p = 0.01;
b. cancro al seno nelle donne: RR = 1,09 (IC 95% 1,01-1,18), p = 0.03;
c. linfomi maligni non-Hodgkin (LMNH) per entrambi i sessi: RR = 1,12 (IC
95% 1,00-1,25), p = 0,04;
d. LMNH nelle donne: RR = 1,18 (IC 95% 1,01-1,38), p = 0.03;
e. mieloma multiplo negli uomini: RR = 1,23 (IC 95% 1,00-1,52), p = 0.05;
2) associazioni positive vicine alla significatività:
a. sarcoma dei tessuti molli per entrambi i sessi: RR = 1,22 (IC 95% 0,981,51), p =0.07;
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b. cancro al fegato per entrambi i sessi: RR = 1,16 (IC 95% 0,99-1,37), p =
0.07;
c. mieloma multiplo, per entrambi i sessi: RR = 1,16 (95% 0,97-1,40), p =
0.10.
Lo studio non mostra significativa associazione tra l'esposizione agli inceneritori e il
rischio di:
•
“tutti i tipi di tumori” negli uomini;
•
cancro ai polmoni nelle donne e negli uomini;
•
cancro alla vescica nelle donne e negli uomini;
•
leucemia acuta e cronica con leucemia linfoide - donne e uomini.
I punti di forza di questo lavoro sono le grandi dimensioni della popolazione studiata, la
coerenza con i risultati trovati in letteratura.
Tuttavia, lo studio soffre dei limiti comuni a qualsiasi studio di tipo ecologico, ossia la
descrizione di esposizione a scala collettiva e la mancanza di informazioni sui fattori di
rischio (storia residenziale, esposizione professionale, fumo, consumo di alcol e farmaci,
etc.). Questa mancanza di informazioni a livello individuale potrebbe generare errori di
classificazione.
Inoltre, la scelta dei periodi di latenza di insorgenza di tumori potrebbero, se troppo brevi,
portare a una sottovalutazione degli RR calcolati in periodi di osservazione troppo precoci.
È stato determinato un rapporto statistico positivo tra l'esposizione a inceneritori e
l'incidenza nel corso del 1990 di tumori, in particolare “tutti i tipi di tumore”, cancro al
seno nelle donne e di LMNH per entrambe i sessi, così come del mieloma multiplo negli
uomini.
Lo studio suggerisce inoltre un rapporto positivo su entrambi i sessi, per il cancro al
fegato, il sarcoma dei tessuti molli e il mieloma multiplo.
Questo studio non stabilisce un nesso causale tra l'esposizione alle emissioni degli
inceneritori e l'incidenza dei tumori. Tuttavia, esso fornisce prove convincenti sull’impatto
degli scarichi di rifiuti degli inceneritori sulla salute pubblica.
Infine, anche se lo studio è basato su una situazione non attuale (inceneritori vecchio-tipo)
porta a risultati che possono essere trasportati al periodo attuale.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Essi, tuttavia, confermano la necessità di misure di riduzioni delle emissioni che sono stati
imposti su questo tipo di impianti sin dalla fine degli anni '90.
Dato il basso RR osservato, non vi è alcuna necessità di proporre misure specifiche per lo
screening o il monitoraggio dell’esposizione umana.
In questo studio non è stato possibile prendere in considerazioni altri fattori di rischio noti
per essere fortemente associati con l'incidenza di alcuni tumori, come il consumo di
tabacco e alcool, l’esposizione professionale, le eventuali cure mediche. Allo stesso modo
non è nota la storia residenziale delle persone, né le loro abitudini alimentari e l'origine
degli alimenti consumati.
La mancanza della storia residenziale può avere portato a errori nella classificazione tra
esposti e non esposti, in particolare tra i pazienti affetti da tumore il cui stato di
esposizione è stato determinato in base all'indirizzo di residenza al momento della
diagnosi.
Uno dei punti forti di questo studio è la potenza statistica che deriva dall’osservazione di
circa 25 milioni di persone-anno rispetto ad altri studi epidemiologici condotti in
popolazioni residenti in prossimità di inceneritori [Bertazzi, 2006; Viel, 2000; Michelozzi,
1998; Elliott, 1996; Zambon, 2007].
Inoltre, sono state trovate associazioni tra cancro ai polmoni e un basso stato socioeconomico, al contrario, tra cancro al seno nelle donne e un elevato stato socio-economico
o tra cancro al fegato e abitazioni in zone rurali.
Dati coerenti con conoscenza precedentemente acquisite avvallano la buona osservazione
e l’analisi svolta da questo studio.
È stata inoltre ricercata per i principali tipi di tumore la coerenza tra quanto evidenziato
nello studio e quanto riportato in letteratura con i risultati di seguito riassunto appunto per
i principali tipi di neoplasie:
6.1
Tumori di tutti i tipi nelle donne
È stata evidenziata una correlazione positiva e statisticamente significativa tra
l'esposizione agli inceneritori e l'incidenza del cancro tra le donne.
Questo si traduce in un aumento del rischio relativo del 6% (RR = 1,06, IC 95%
1,01-1,12) confrontando i rischi associati al 90° percentile e al 2,5° percentile della
distribuzione delle esposizioni.
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Questo eccesso di rischio è stato evidenziato su 59.000 casi di tumori femminile in
cui circa il 35% degli stessi provengono da persone che vivono vicino agli
inceneritori.
Un aumento di mortalità da cancro tra gli uomini (RR = 1,3, IC 95% 1,0-1,7) era
stato mostrato in Italia da Bertazzi [2001] dopo 20 anni di monitoraggio della
popolazione residente nei pressi di Seveso su un numero limitato di 58 casi. Un
eccesso di rischio di mortalità per cancro per entrambi i sessi, era stato suggerito
anche da Elliott [1996].
L'effetto cancerogeno potrebbe trovare una spiegazione nella natura dei fumi
emessi dagli inceneritori, che sono composti di più sostanze chimiche alcune delle
quali riconosciute come agenti cancerogeni, probabili o possibili per la specie
umana.
Questi agiscono con meccanismi di azione differente e su diversi organi bersaglio.
Ad esempio il 2,3,7,8 TCDD è considerato un cancerogeno umano generale agendo
come promotore IARC [1997].
Resta da spiegare il motivo per cui questi tipi di tumore colpiscono principalmente
le donne. Si potrebbe supporre che le donne, in particolare negli anni ‘70 e ‘80,
abbiano svolto una vita più sedentaria e soprattutto con una minore esposizione
professionale e consumo di alcool e fumo meno frequenti che non hanno
mascherato l'effetto delle esposizioni alle emissioni degli inceneritori. Ci può
anche essere una spiegazione di tipo ormonale, il recettore AhR, infatti, può essere
attivato da leganti che possono essere endogeni (estrogeni) [Matthews, 2005], ma
anche esogeni (diossine, IPA, metalli pesanti, etc.) e l’attivazione di questo
recettore è alla causa di variazioni sul controllo della proliferazione cellulare
[Belpomme, 2007; Mandal, 2005; Mulero e Navarro, 2005; Schiestl, 1997; Wang,
2006].
Durante la prima analisi univariata, il rapporto tra l'esposizione agli inceneritori e
l'incidenza del cancro tra le donne è stato elevato e, in seguito ad un’analisi
multivariata la forza di questo rapporto è diminuito.
Questo sottolinea come le variabili come la residenza urbana, densità di
popolazione e il traffico veicolare giochino un ruolo importante nell'incidenza dei
tumori femminili.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Infine, è importante notare che una relazione statisticamente significativa tra
l'esposizione alle emissioni degli inceneritori di rifiuti e l'insorgenza di tumori
"tutti i tipi di cancro" tra le donne persiste, anche se si esclude dall’analisi il cancro
al seno (dati non rappresentati).
6.2
Tumori al seno
Una correlazione positiva statisticamente significativa combina l'esposizione agli
inceneritori e l'incidenza del carcinoma della mammella tra le donne.
Questo si traduce in un aumento del rischio relativo del 9% (RR = 1,09, IC 95%
1,01-1,18) confrontando i rischi associati al 90° percentile e al 2,5° percentile della
distribuzione delle esposizioni.
Il principale fattore di rischio noto per il cancro al seno è di tipo ormonale,
estrogenico: i contraccettivi orali, i trattamenti nella menopausa, le cure per
aumentare fertilità.
In questo studio, condotto per la prima volta nella popolazione generale, risulta che
l'esposizione a inceneritori di rifiuti potrebbe essere un fattore di rischio ambientale
per il cancro al seno fra le donne.
La possibilità di un collegamento tra l'esposizione a 2,3,7,8 TCDD e il cancro al
seno fra le donne è già stato menzionato in una coorte di 981 donne esposte dopo
l'incidente di Seveso [Warner nel 2002], studio che ha mostrato un aumento di
rischio di cancro al seno del 2,1 (IC 95% 1,0-4,6).
Tuttavia, i risultati di questo studio sono stati a lungo discussi, poiché il rapporto è
comparso dopo aver corretto i dati con i fattori di rischio del cancro al seno [IARC
2007]. In generale, poche sono le donne professionalmente esposte incluse nello
studio, questo spiega il motivo per cui questo tipo di tumore non è oggetto di
studio nelle ricerche sui tumori nei luoghi di lavoro.
Uno studioso russo ha mostrato un eccesso del rischio di mortalità da cancro del
seno tra le lavoratrici di una fabbrica che ha prodotto per 30 anni erbicidi
contaminati da diossine [Revich, 2001]. Dato confermato anche da uno studio
tedesco [Manz, 1991], in cui gli autori hanno dimostrato un aumento di rischio di
cancro al seno in una coorte che comprende i lavoratori esposti agli erbicidi
contaminati da diossine.
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Comunque, gli effetti della diossina sul cancro al seno sono stati finora
contrastanti. Paradossalmente, una diminuzione dell’insorgenza di carcinoma della
mammella è stato osservato inizialmente a Seveso [Bertazzi, 1998], ma dopo 10
anni di monitoraggio, altre pubblicazioni hanno suggerito che un elevato tasso di
cancro al seno può essere associato con esposizione a lungo termine a 2,3,7,8
TCDD [Manz, 1991].
Così, Wolff [1997] ipotizza che l'esposizione a breve termine può essere protettiva,
mentre nel lungo periodo porterebbe a un aumento del rischio di cancro al seno.
Dati sperimentali su PCB indicano che questi composti possono indurre reazioni
agoniste o antagoniste sul sistema ormonale.
Gli effetti estrogenici di alcuni PCB rapidamente escreti perdurano solo per alcuni
mesi dopo l'esposizione, mentre gli effetti estrogenici di PCB e altri TCDD a lunga
emivita si possono manifestare per anni [Soontornchat, 1994].
Uno studio francese [Saintot, 2004] suggerisce un'altra ipotesi. Esso ha mostrato un
rischio di cancro al seno superiore (OR = 3,26, IC 95% 1,20-8,88) tra le donne
esposte a inceneritori e con un polimorfismo genetico del citocromo P450B1B1,
rispetto ai soggetti non esposti e senza l'allele in questione. Secondo gli autori dello
studio, i meccanismi coinvolti potrebbero spiegare il verificarsi del tumore anche
dopo l'esposizione ambientale a basse dosi.
Tale studio ha anche confermato le informazioni già pubblicate nella letteratura
scientifica: un elevato livello di situazione socio-economica è statisticamente
associato a un rischio maggiore di cancro al seno. Allo stesso modo, si nota che la
densità di popolazione è associata a una maggiore incidenza di cancro al seno.
Tuttavia, in base ai risultati, l'incidenza di tumori al seno è inversamente
proporzionale al livello di inquinamento stradale.
La forza del rapporto tra il rischio di cancro al seno e l'esposizione agli inceneritori
è più importante nel dipartimento del Bas-Rhin rispetto ad altri dipartimenti.
Questa informazione dovrebbe essere ulteriormente sviluppata.
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prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
6.3
Tutti i casi di tumore negli uomini
Nonostante il gran numero di tumori maschili inclusi nello studio (76.047 casi),
non è stato determinato alcun rapporto statistico tra l’incidenza di tumori negli
uomini e l'esposizione agli inceneritori.
Un rapporto era stato in passati dimostrato dal gruppo di Bertazzi dopo 20 anni di
follow-up della coorte di uomini sottoposti a esposizione accidentale Seveso (RR =
1.3, IC 95% 1,0-1,7).
In un’analisi univariata, il rapporto tra l'esposizione agli inceneritori e l'incidenza
dei tumori è significativa. Tuttavia, questo rapporto scompare quando vengono
introdotte covarianti nel modello statistico. Ciò significa che i fattori di
confondimento analizzati - in particolare il carattere della residenza, la situazione
economica e la densità di popolazione - hanno un’influenza sull’incidenza del
cancro tra gli uomini più importante che l'esposizione ai fumi degli inceneritori.
6.4
Cancro del polmone in donne e uomini
Non c’è alcuna associazione significativa tra il rischio di cancro al polmone nelle
donne e l'esposizione alle emissioni degli inceneritori di rifiuti. L'analisi
multivariata dimostra che le covarianti utilizzati nel modello, la situazione
economica e il traffico, di per sé svolgono un ruolo fondamentale sull’incidenza di
cancro del polmone nelle donne.
Allo stesso modo e sebbene il numero di casi di cancro al polmone per gli uomini
sia elevato (11.363 casi), non c’è alcuna prova del rapporto tra il rischio di cancro
al polmone tra gli uomini e l'esposizione ai fumi degli inceneritori. Come in
precedenza, questo risultato potrebbe essere spiegato dal fatto che le covarianti
incluso nel modello (situazione economica e densità di popolazione) hanno un
maggiore effetto sull’incidenza di cancro al polmone negli uomini che
l'esposizione all’inceneritore.
Nel 1996, Eliott ha mostrato un significativo eccesso di rischio dell’1,14 (IC 95%
1,11-1,17), per il cancro al polmone tra le persone di entrambi i sessi in una
popolazione residente a meno di 3 km da un inceneritore. Tuttavia, l'autore ha
ipotizzato che altri parametri non considerati nello studio, come lo status
socioeconomico, potrebbe spiegare l'eccesso di cancro ai polmoni [Elliott, 1996].
Uno studio caso-controllo condotto in Italia nella popolazione generale, tra cui 755
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casi di cancro ai polmoni e 755 controlli di entrambi i sessi, ha dimostrato anche
una relazione tra il cancro ai polmoni e l'esposizione a fonti industriali [Biggeri,
1996].
Il carattere ecologico di questo studio non è stato in grado di tener conto dei
molteplici fattori di esposizione individuale che la letteratura ha invece segnalato
come principali fattori di rischio di tumori dell'apparato respiratorio: il fumo, le
esposizioni professionali, etc.
6.5
Leucemia acuta linfoide cronica per entrambi i sessi
Lo studio non mostra alcuna relazione tra queste patologie maligne del sangue e
l'esposizione agli inceneritori. La mancanza di rapporto è stata osservata in
entrambi le analisi, univariata e multivariata.
Un significativo RR di 1,05 per i tumori maligni del sangue era stato osservato da
Elliott [1996] per le persone residenti entro 3 km da un inceneritore nel Regno
Unito. Tuttavia, l'autore ha riferito che l'incidenza osservata potrebbe essere
spiegata con fattori di confondimento socio-economici.
L'assenza di rapporto tra tumori maligni del sangue e l'esposizione a diossine è
stata osservata dopo i primi 15 anni di follow-up a Seveso [Bertazzi, 1997], cinque
anni più tardi, un significativo RR di 1,9 è stato osservato per leucemia nella stessa
coorte [Bertazzi, 2001].
6.6
Trasposizione dei risultati
La trasposizione delle relazioni statistiche osservate in questo lavoro non può
essere rigorosa, questo per due motivi:
•
da un lato, i quattro dipartimenti inclusi nello studio non riflettono
l'eterogeneità della popolazione francese, ma le relazioni rischioesposizione messe in evidenza comprendono una molteplicità di fattori
demografici, economici e culturali difficili da individuare e controllare;
d'altro canto, il nesso di causalità non è stabilita dalle relazioni osservate;
•
i livelli di esposizione alle emissioni degli inceneritori di rifiuti quantificati
in questo studio da un consesso di esperti hanno un valore relativo: le
relazioni rischio-esposizione calcolate sulla base di queste stime non
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pag. 56
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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possono essere utilizzate con i dati prodotti da differenti metodi di
quantificazione.
Inoltre, i modelli statistici sviluppati sono descrittivi piuttosto che predittivi e le
relazioni messe in evidenza si riferiscono a un periodo di esposizione e a un
periodo di latenza tra il 1972 e il 1990, le cui caratteristiche (esposizioni ambientali
e professionali, demografiche, socio-economiche, culturali e sanitarie) differiscono
in modo significativo dal periodo attuale.
Pertanto, tenuto conto dei materiali e dei metodi utilizzati, nonché del contesto
storico in cui questo studio è collocato, i risultati non possono essere replicati in un
altro momento, anche se ipotizzata un’esposizione confrontabile.
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pag. 57
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
7. Valutazione dello stato di salute della popolazione residente nell’area di
Coriano (Forlì)
È stato condotto uno studio nell’ambito del progetto“Environmental health surveillance
system in urban areas near incinerators and industrial premises / ENHANCE HEALTH”
[Maggio 2006] sugli abitanti dell’area di Coriano (Forlì), esposti a inquinanti ambientali
anche per la presenza di impianti industriali di incenerimento di rifiuti (un impianto per
rifiuti solidi urbani e uno per rifiuti ospedalieri) e per la vicinanza a un’autostrada con alti
volumi di traffico. Queste condizioni ambientali hanno comportato preoccupazione dei
cittadini ed hanno indotto le autorità sanitarie a valutarne i possibili effetti sulla salute.
Obiettivo dello studio era valutare:
 lo stato di salute della popolazione residente in prossimità degli impianti di
incenerimento di rifiuti;
 l’ipotesi di associazione tra esposizione a specifici inquinanti derivanti dal
processo di combustione dei rifiuti e mortalità (causa specifica), incidenza di
tumori, e altre patologie misurabili attraverso i ricoveri ospedalieri per causa.
È stato condotto uno studio longitudinale della popolazione in un’area compresa nel
raggio di 3.5 km dagli impianti, residente nell’area al 1° gennaio 1990 o successivamente
migrata nell’area. Il follow-up di mortalità e di morbosità, utilizzando i sistemi informativi
regionali di mortalità, ospedaliero e il registro tumori di popolazione, si è esteso fino al 31
dicembre 2003. Sono state considerate 39.586 persone classificate sulla base della loro
residenza in categorie di esposizione (definite con modelli di dispersione) a metalli pesanti
(come traccianti dell’inquinamento da inceneritore) e a biossido di azoto (NO2, come
tracciante di inquinamento da tutte le fonti – traffico e industrie). Sono stati stimati rischi
relativi (RR) e intervalli di confidenza al 95% (IC) utilizzando una regressione di Poisson
e prendendo come categoria di riferimento i residenti con livelli di esposizione a metalli e
a NO2 più bassi. Le analisi sono state condotte anche per la sottocoorte con una durata di
residenza maggiore di 5 anni. Per tener conto della distribuzione di caratteristiche socioeconomiche della popolazione nell’area in studio, le stime delle misure di associazione
(RR) sono state aggiustati per un indicatore socioeconomico aggregato per sezione di
censimento.
Lo studio risponde a due obiettivi complementari: valutare lo stato di salute della
popolazione residente in prossimità degli impianti di incenerimento ed esaminare la
relazione tra livelli di esposizione a inquinanti ambientali e specifici effetti sanitari.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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I risultati dello studio, per quanto riguarda il primo obiettivo, sono sintetizzabili nei
seguenti punti:
-
l'analisi della mortalità tra le donne mostra un eccesso della mortalità totale
nell'area più vicina agli impianti, in gran parte per aumento di malattie
cardiovascolari; di segno opposto è l’andamento della mortalità totale negli
uomini;
-
la mortalità per tumore del colon retto e tumore della mammella è più frequente
nella zona più vicina agli impianti; il quadro si conferma limitando l'analisi alle
donne con più di cinque anni di residenza;
-
l'analisi dell’incidenza dei tumori conferma l’aumento della mortalità per i tumori
del colon retto nelle donne;
-
l’analisi dei ricoveri ospedalieri mostra un aumento nella frequenza di angina,
BPCO e asma negli uomini residenti nell’area più vicina agli impianti. Nelle donne
risulta aumentata la frequenza di ricoveri per scompenso cardiaco e delle infezioni
respiratorie acute.
È da sottolineare che tutte le analisi per distanza dagli impianti, che non hanno l’obiettivo
di valutare associazioni con esposizioni ambientali, non hanno tenuto conto del livello
socioeconomico dei residenti.
L’analisi dei dati che ha esaminato la relazione tra livelli di esposizione a inquinanti
ambientali (metalli pesanti - come indicatore tracciante della contaminazione ambientale
derivante dagli impianti di incenerimento) e gli specifici effetti sanitari (secondo
obiettivo), dopo l’aggiustamento basato sull’indicatore del livello socioeconomico,
mostra:
-
negli uomini un quadro di mortalità, di incidenza di tumori e di ricoveri ospedalieri
non associato al livello di esposizione stimato;
-
nelle donne, all’aumentare del livello di esposizione, un aumento della mortalità
per tutti i tumori, per il tumore dello stomaco, del colon retto, e della mammella;
-
nelle donne, all’aumentare del livello di esposizione, un aumento dell’incidenza di
tumori del colon retto;
-
nelle donne, nel livello più alto di esposizione a metalli pesanti, un aumento di
ricoveri per malattie respiratorie acute.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
Questi risultati sono stati confermati nell’analisi condotta sul sottogruppo con durata della
residenza di almeno cinque anni. Infine, sebbene basato su un numero limitato di
osservazioni, si evidenzia, mettendo insieme i dati di uomini e donne, un aumento della
mortalità per sarcoma dei tessuti molli in rapporto al livello di esposizione.
La valutazione dell’associazione con esposizione a NO2 - come indicatore tracciante della
contaminazione ambientale derivante dal traffico veicolare e da altre fonti, dopo
l’aggiustamento basato sull’indicatore del livello socioeconomico, mostra:
-
negli uomini un aumento della mortalità per tumore della laringe e nelle donne un
aumento della mortalità per malattie respiratorie, specie le malattie respiratorie
croniche.
Per valutare i risultati dello studio alla luce delle conoscenze disponibili, è importante
sottolineare alcuni aspetti relativi al disegno dell’indagine e alla validità delle
informazioni raccolte.
Contrariamente a molti studi di carattere geografico condotti in prossimità di inceneritori,
si tratta di uno studio longitudinale retrospettivo, con dati raccolti su base individuale. La
disponibilità di informazioni complete sulla popolazione residente nell’area e la
completezza del follow-up con diverse basi di dati sanitari (mortalità, incidenza di tumori,
ricoveri ospedalieri) ha consentito di integrare informazioni demografiche, storia
residenziale, stime di esposizione, occorrenza degli eventi sanitari, calcolando l’esatto
contributo di ogni individuo al computo degli anni-persona a rischio e le stime di rischio
con un confronto interno all’area in esame. Questo rappresenta un vantaggio rispetto agli
studi geografici tradizionali che, in mancanza di informazioni individuali, si basano su dati
aggregati. Per quanto riguarda la misura di esposizione, in questo come in molti studi di
epidemiologia ambientale, non erano disponibili misure personali, ed è stata utilizzata la
residenza all’inizio del follow-up per costruire gli indicatori rilevanti. Inizialmente gli
individui sono stati classificati in base alla distanza dalla fonte (analisi per anelli).
Successivamente, grazie alla disponibilità di stime di concentrazione degli inquinanti
basate sui modelli di dispersione e alla possibilità di gestire le informazioni tramite un
software geografico, sono state individuate aree di isoconcentrazione inquinantespecifiche in modo da attribuire a ogni individuo un livello di esposizione. Questa
struttura ha permesso di valutare in modo più specifico l’effetto delle esposizioni a
inquinanti ambientali potenzialmente prodotti dagli impianti di incenerimento e di tenere
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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conto anche della presenza di altre fonti di inquinamento, come il traffico veicolare e la
presenza di impianti produttivi.
Lo studio presenta tuttavia dei limiti che vanno segnalati. La mancanza di informazioni
sulla storia abitativa precedente al 1990 ha limitato la capacità di accertamento della
durata dell’esposizione per coloro che erano già presenti all’inizio del follow-up. Alcuni
individui potrebbero essere stati presenti nell’area di Coriano per molti anni prima
dell’inizio dello studio, mentre per altri la data di prima residenza nell’area in studio
potrebbe essere molto vicina all’1/1/1990. Tuttavia, è improbabile che la mancata
conoscenza della storia residenziale precedente al 1990 possa essere responsabile delle
associazioni stimate; la coerenza dei risultati dopo la restrizione dell’analisi alla
sottocoorte dei residenti per almeno 5 anni rafforza la maggior parte dei risultati ottenuti
dall’analisi della popolazione allo studio totale.
L’utilizzo di informazioni geografiche per la valutazione dell’esposizione e, più in
generale, nella conduzione di studi epidemiologici, sta diventando sempre più frequente,
sia in fase di progettazione dello studio, sia in fase di analisi dei dati [Ward et al., 2006].
L’uso dei modelli di dispersione per caratterizzare l’esposizione individuale è abbastanza
recente in epidemiologia e fornisce uno strumento relativamente potente, sicuramente
migliore delle stime basate sulla semplice distanza dalla fonte.
Certamente tale indicatore dell’esposizione individuale non permette di distinguere i
contributi delle diverse vie dirette e indirette dell’esposizione (aria, suolo, cibo).
La valutazione dell’esposizione della coorte è stata eseguita utilizzando i risultati di un
modello di dispersione degli inquinanti in atmosfera. Il modello utilizzato in questo studio
è di tipo gaussiano modificato, che, rispetto ai modelli gaussiani, permette di considerare
situazioni quali calme di vento, inversioni in quota della temperatura, sorgenti lineari,
areali e volumetriche, topografie complesse, effetti “scia” dei camini. Restano sicuramente
delle limitazioni nelle simulazioni con questi modelli, una delle quali è legata alle
trasformazioni chimiche.
L’affidabilità delle mappe di esposizione generate deve essere valutata alla luce
dell’utilizzo del dato ricavato. Dal punto di vista quantitativo l’approssimazione è
rilevante e fortemente condizionata dalla qualità delle misure ambientali inserite nei
modelli. Invece, dal punto di vista qualitativo, cioè nella definizione di gradienti di
esposizione al fattore di contaminazione modellizzato, le stime di esposizione della
popolazione possono essere considerate sufficientemente valide per lo studio
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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epidemiologico. È stato validato [Floret et al., 2006] un modello di dispersione gaussiano
di diossine da un inceneritore tramite una campagna di misurazioni al suolo in 75 punti di
campionamento. Tale modello era stato già usato dagli stessi autori per definire
l’esposizione a inquinamento da inceneritore di una popolazione in uno studio casocontrollo. I risultati confermano la validità del modello nel definire diversi gradienti di
esposizione, individuando incongruenze fra livelli misurati e stimati dal modello solo in
presenza di situazioni topografiche complesse (es. presenza di colline). Un altro studio
[Cyrys et al., 2005] ha confrontato i livelli misurati di PM2,5 e NO2 con quelli stimati da un
modello di dispersione gaussiano e da un modello di tipo statistico. Al di là della diversa
scala spaziale considerata (intera città) rispetto a un’indagine di piccola area, come lo
studio in questione, le analisi hanno mostrato forti correlazioni fra i 2 modelli e fra i
modelli e i valori misurati, evidenziando una generale sovrastima del modello gaussiano
rispetto ai valori misurati. Un recente studio inglese ha confrontato l’uso della distanza
come proxy dell’esposizione da una sorgente di inquinamento con l’uso delle stime
derivanti da modelli di dispersione [Hodgson et al., 2006] e ha concluso che l’uso dei
modelli riduce sensibilmente il rischio di misclassificazione derivanti dall’uso della
distanza. Nello studio di Coriano, l’uso della classificazione in categorie di
isoconcentrazione sulla base di stime da modelli di dispersione, pur non eliminando del
tutto le incertezze dovute alla mancanza di informazioni individuali (es. tempo
effettivamente passato nell’indirizzo di residenza; correlazione tra misure indoor e misure
outdoor), ha probabilmente ridotto il rischio di misclassificazione dell’esposizione rispetto
alla classificazione in anelli concentrici di distanza dagli impianti.
La scelta dell’indicatore di esposizione a inquinamento da inceneritore è stata fatta
considerando le campagne di monitoraggio effettuate in diverse fasi nell’arco di 5 anni nel
punto di massima e minima ricaduta degli inceneritori stessi. Le campagne mostravano
livelli di diossine più elevati nel punto di minima ricaduta, che si trova in prossimità del
tratto autostradale che attraversa anche l’area di studio. Altri parametri di possibile
interesse, quali l’acido cloridrico, erano costantemente sotto il livello di rilevabilità, non
potendo così fornire indicazioni affidabili. Le rilevazioni effettuate sui metalli pesanti nel
particolato hanno fornito valori concordi con i punti di massima e minima ricaduta. In
aggiunta, il modello aveva stimato anche il punto di massima ricaduta di tutte le fonti di
inquinamento. Le misurazioni di metalli pesanti in questo punto (effettuate nella prima
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delle due campagne di monitoraggio) si ponevano con valori intermedi fra le misurazioni
del punto di minima e di massima ricaduta degli inceneritori.
Nello studio sull’occorrenza di malattie croniche con lungo periodo di induzione-latenza
(come i tumori), le misure di esposizione rilevante non sono certo quelle che vengono
misurata nei periodi più vicini al momento dell’insorgenza della malattia, ma il livello di
esposizione negli anni o decadi precedenti. Nella nostra situazione è stato usato un
indicatore di esposizione basato su modelli che predice l’esposizione attuale e non quella
passata, dunque la valutazione è in sostanza statica e non dinamica. Non sono state
considerate, infatti, le modifiche temporali nei livelli di esposizione per la difficoltà nel
reperire dati retrospettivi. È tuttavia probabile che gli indicatori costruiti siano validi come
stima dei valori relativi dei livelli di esposizione, anche se in termini assoluti le
concentrazioni ambientali possono essere state molto diverse nel tempo.
Il limite più importante dello studio, molto frequente tuttavia in molte indagini di
epidemiologia ambientale, è rappresentato dalla non disponibilità di dati individuali su
possibili fattori di confondimento, come la condizione sociale, l’esposizione professionale,
le abitudini personali come quella al fumo di sigarette. La disponibilità di informazioni
sulla condizione socioeconomica, seppure a livello di sezione di censimento, ha consentito
di tenere conto indirettamente di alcuni fattori associati alla mortalità e/o all’incidenza di
molte forme tumorali (ad esempio l’abitudine al fumo e l’esposizione lavorativa sono
molto correlate con la condizione sociale). La distribuzione per livello socioeconomico
nell’area di Coriano evidenzia una più elevata concentrazione di persone di livello
socioeconomico basso e medio-basso nell’area più vicina all’inceneritore (oltre il 70%) e
nella categoria più alta di metalli pesanti (oltre il 50%).
L’attenuazione dei rischi relativi elevati riscontrata per alcune cause dopo l’aggiustamento
per indicatore SES (mortalità complessiva, cardiovascolare, alcuni tumori) può spiegare
parte delle associazioni osservate sulla base di questo fattore di confondimento. Tuttavia,
per le donne, in particolare per le donne con durata della residenza più elevata, i rischi
relativi aggiustati per SES restano elevati e significativi per quasi tutte le cause di morte
considerate.
Per quanto riguarda il ruolo di altre particolari esposizioni lavorative/ambientali, è da
segnalare l’eccesso di tumori della pleura che è localizzabile nell’anello più distante
dall’inceneritore e corrispondente alla seconda categoria di esposizione a metalli pesanti;
il numero di casi è ridotto, ma l’entità del rischio relativo è molto alto. Il cluster è molto
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
probabilmente attribuibile a un’esposizione di natura lavorativa ad amianto. L’ultimo
fattore, infine, di cui si è tenuto conto in questo studio, è l’effetto dell’esposizione a
emissioni da traffico veicolare o altre fonti. Come già indicato, la situazione residenziale
di Coriano è abbastanza complessa per la vicinanza con l’asse autostradale e la prossimità
con il centro urbano. L’esposizione a inquinanti atmosferici è un fattore accertato di danno
per la salute in termini di effetti acuti (aggravamento di patologie pre-esistenti) e
insorgenza di malattie croniche respiratorie e tumorali. Il modello utilizzato di previsione
della concentrazione di NO2 ha indicato una non sovrapposizione delle aree a più alta
contaminazione di metalli pesanti e di NO2. In ogni caso, gli effetti stimati per il NO2
nell’area di Coriano implicano patologie diverse (tumore della laringe, malattie
respiratorie croniche) rispetto a quanto stimato per l’esposizione a metalli pesanti. È
dunque improbabile che l’esposizione a emissioni da traffico risulti un fattore di
confondimento importante nella stima degli effetti delle emissioni degli inceneritori.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, è opportuno valutare i risultati specifici
riscontrati. È indubbio che gli effetti osservati, in prossimità degli impianti e in relazione
con i livelli di esposizione, caratterizzano soprattutto la popolazione femminile, che è
presumibilmente più stabile, e quindi la misclassificazione dell’esposizione è più ridotta.
La popolazione maschile è più soggetta a mobilità, anche sulla base di fattori
occupazionali.
L’aumento della mortalità tumorale tra le donne (in particolare tumori dello stomaco e
colon retto) osservata in rapporto con l’esposizione potenzialmente derivante dagli
inceneritori potrebbe essere spiegato dal particolare profilo sociale della popolazione
residente (per il quale l’aggiustamento per stato socioeconomico eseguito potrebbe essere
stato non completo). È da segnalare, tuttavia, che eccessi di tumori totali e in particolare
dei tumori dell’apparato digerente (stomaco e colon retto) sono stati notati in coorti
lavorative di esposti a diossine [Mannetje et al., 2005] e nello studio di coorte della
popolazione di Seveso tra i residenti delle aree più contaminate [Steenland et al.,1997].
Gli eccessi nella mortalità per tumore della mammella e per sarcomi dei tessuti molli
osservati in questo studio sono degni di nota. La letteratura sul rischio di tumori della
mammella in prossimità degli inceneritori è abbastanza modesta [Franchini et al., 2004;
Rushton, 2003]. Ovviamente, l’esposizione a diossine o ad altri interferenti endocrini
potrebbe essere di interesse in questo contesto, anche se più volte è stato sottolineato come
il grosso contributo degli inceneritori all’esposizione di popolazione alle diossine avvenga
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
per la via alimentare e quindi non coinvolga direttamente coloro che vivono in prossimità
degli impianti. D’altra parte lo studio longitudinale della popolazione di Seveso, dopo
l’incidente del 1976, non ha mostrato un eccesso di tumori della mammella [Bertazzi et
al., 2001]; tuttavia, nel Seveso Women’s Health Study è stato riscontrato un raddoppio dei
casi di tumore mammario premenopausale nel gruppo di donne con più alti livelli serici di
TCDD [Warnwr et al., 2002]. A questo riguardo è da notare che sempre nelle donne di
Coriano con livelli di esposizione più elevati, questo studio suggerisce un aumento della
mortalità per mieloma multiplo e dell’incidenza del morbo di Hodgkin (aumenti basati su
pochi casi e non statisticamente significativi). Un aumento dei tumori del sistema
linfoematopoietico (in particolare linfoma non-Hodgkin, ma anche mieloma multiplo) è
stato notato tra le donne di Seveso [Bertazzi et al., 1993] e l’aumento dei tumori del
sangue è stato associato a esposizioni a diossine da inceneritori in uno studio condotto
recentemente in Francia.
Diversi studi condotti in Italia [Viel et al., 2000; Franchini et al., 2004; Comba et al.,
2004; Tessari et al., 2006; Zambon et al., 2006] hanno associato la residenza in prossimità
di inceneritori con la comparsa di sarcomi dei tessuti molli. Anche in questo caso
l’esposizione a diossine è stata considerata una possibile spiegazione del rischio osservato,
anche se esistono studi negativi a questo riguardo [Tuomisto et al., 2004]. In questo studio
quando si considerano sia gli uomini sia le donne nell’ultima categoria di esposizione di
metalli pesanti, il rischio relativo è molto elevato anche se basato solo su 3 casi. È noto
che le diagnosi di questi tumori hanno limiti oggettivi di validità. La verifica delle qualità
degli accertamenti diagnostici dei singoli casi di sarcoma a Coriano appare molto buona.
Tuttavia, due dei tre casi analizzati per la mortalità sono risultati nel registro tumori come
tumori delle cartilagini ossee (condrosarcoma) e non dei tessuti molli (distinzione molto
complessa); di questi, uno appartiene all’ultima categoria di esposizione. È ovvio come
una riclassificazione dei casi abbassa in modo importante la stima di rischio, ma la
legittimità di tale procedura post hoc è discutibile.
In conclusione, non si sono osservati danni complessivi alla salute nella popolazione
correlati a esposizioni attribuibili agli impianti di incenerimento.
Tuttavia, analizzando le singole cause, sono stati riscontrati alcuni eccessi di mortalità e
incidenza per alcune cause da considerare con maggiore attenzione. Infatti è stato
riscontrato nelle donne un eccesso di mortalità per i tumori dello stomaco, del colon retto,
della mammella e per tutti i tumori.
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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I dati di incidenza mostrano invece un eccesso solo per i tumori del colon retto. Si
sottolinea comunque che tutti gli eccessi tumorali di cui sopra si riscontrano
esclusivamente nelle donne e non negli uomini.
Inoltre, l’analisi per livello di esposizione evidenzia un eccesso di mortalità per sarcoma
dei tessuti molli (STM), quando si considerano congiuntamente uomini e donne. Tuttavia
il numero di casi osservati è limitato (tre casi nel livello di esposizione più elevato),
trattandosi di una forma tumorale rara la cui diagnosi ha grandi problemi di validità, come
sopra dettagliatamente descritto.
Lo studio presenta diversi elementi di forza, dovuti principalmente all’elevata qualità delle
informazioni raccolte e all’uso di modelli di dispersione come indicatore di esposizione,
che lo rendono innovativo e di particolare interesse in campo scientifico.
Tuttavia è necessario sottolineare anche i principali limiti di questo lavoro, peraltro
valutati in fase di progettazione. Essi sono:
-
l’uso di dati misurati recentemente per definire i gradienti di esposizione
ambientale nel passato (si sono attribuiti agli anni precedenti dati ambientali e
meteoclimatici misurati nel 2003-2004);
-
la difficoltà di ricostruire la storia abitativa della popolazione prima del 1990;
-
la mancanza di informazioni individuali su condizioni occupazionali e
socioeconomiche, e su esposizioni a fattori di rischio individuali (fumo, alcool,
ecc.).
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
8. Posizione dell’Associazione Italiana di Epidemiologia su Trattamento dei
Rifiuti e Salute [Aprile 2008]
Nell’aprile 2008, l’Associazione Italiana di Epidemiologia ha preso posizione sui rischi
sanitari collegati ai rifiuti, partendo dall’osservazione che essi – effetto indesiderato della
produzione e del consumo di beni – sono in aumento in Italia sia per volume (0,54 t/anno
pro capite nel 2005) sia per numero di sostanze chimiche in essi contenute; resta perciò
attuale il problema del loro impatto sulla salute e sull’ambiente. Le azioni fondamentali di
prevenzione e il fulcro di ogni politica tesa a contenere i rischi connessi ai rifiuti risiedono
nella loro riduzione, differenziazione, riutilizzazione e nella razionalizzazione delle
modalità di smaltimento, secondo quanto indicato nel preambolo dell’ultima direttiva
europea in materia (2006/12/UE).
La normativa vigente (D.lgs. 152/06) classifica i rifiuti secondo l’origine in rifiuti urbani
(per lo più domestici) e rifiuti speciali (per lo più residui di attività produttive) e secondo
la pericolosità in rifiuti tossici e nocivi (presi in considerazione dalla direttiva 91/689/CE)
contenenti metalli pesanti e altre sostanze tossiche e rifiuti non pericolosi (tutti gli altri).
Le leggi italiane prevedono trattamenti differenziati per categoria d’appartenenza.
Per lo smaltimento dei rifiuti urbani, a valle del recupero differenziato dei materiali (ove
esso avvenga), sono attualmente disponibili due diverse modalità normate da leggi e
regolamenti: il conferimento in discarica controllata (48% del totale) e l’incenerimento
con parziale recupero energetico (10% del totale). Non è infrequente, tuttavia, il caso di
discariche autorizzate che non funzionano a norma (mancato recupero del percolato e dei
biogas) e di discariche autorizzate per il solo conferimento di rifiuti urbani dove sono
conferiti illegalmente anche rifiuti pericolosi. Vanno inoltre considerate le discariche
illegali, i siti di abbandono illegale e la combustione incontrollata di rifiuti pericolosi e
misti.
L’obiettivo principale di questo documento è esprimere un parere documentato sulla
nocività per la salute umana delle modalità legali di trattamento dei rifiuti, al fine di
sostenere con le informazioni necessarie quanti sono preposti alle decisioni in merito alla
sicurezza degli impianti legalmente operanti e alla dislocazione di nuovi impianti.
Obiettivo accessorio è la considerazione degli effetti sulla salute di modalità improprie o
illecite di trattamento dei rifiuti per raccomandare, se necessaria, l’adozione di azioni di
protezione della popolazione esposta o, nel caso d’inconclusività delle informazioni
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
disponibili, l’avvio di indagini ad hoc o di piani di sorveglianza per la documentazione dei
possibili effetti.
Le considerazioni espresse in questo documento traggono origine dalla valutazione delle
conoscenze
desumibili
dalla
letteratura
scientifica
condotta
dalla
segreteria
dell’Associazione Italiana di Epidemiologia. Occorre, al riguardo, porre in evidenza che in
molti degli studi epidemiologici internazionali considerati non è stata operata una
distinzione tra rifiuti solidi urbani e rifiuti classificati in Italia come tossici o nocivi; i dati
disponibili sono riferiti per lo più all’insieme delle due categorie non essendo possibile
un’analisi differenziata per tipologia di rifiuti.
In particolare è stato con gli altri trattato il tema dell’incenerimento diffusamente utilizzato
per ridurre il volume e le proprietà infettive e tossiche dei rifiuti urbani, tossico-nocivi e
ospedalieri. In Italia operano attualmente 50 impianti d’incenerimento, localizzati
prevalentemente al centro nord (13 in Lombardia, 9 in Emilia e 8 in Toscana).
Se l’incenerimento sia un mezzo appropriato e sicuro di trattamento dei rifiuti è stato ed è
oggetto di un ampio dibattito nel nostro Paese. L’interesse maggiore è legato al rischio
potenziale per la salute umana connesso alle emissioni degli inquinanti generati dal
processo d’incenerimento. Alcuni di questi (diossine, metalli e polveri ultrafini) sono
agenti cancerogeni e tossici riconosciuti. Benché gli effetti correlati siano stati osservati a
concentrazioni molto più elevate di quelle prodotte dagli impianti d’incenerimento, non è
ancora chiaro se la stabilità molecolare delle sostanze in questione, determinandone
l’accumulo nel tempo, possa esitare in aumenti di rischio apprezzabili delle popolazioni
esposte.
Per quanto riguarda l’intensità dell’esposizione, va fatta una distinzione netta tra gli
impianti di vecchia e di nuova generazione, giacché i livelli delle emissioni consentiti fino
all’introduzione della direttiva 2000/76/CE erano di 3-6 volte maggiori per i principali
parametri e di alcune centinaia di volte per le diossine e i furani.
Le principali sostanze chimiche emesse dagli inceneritori e considerate per il loro
potenziale di rischio per la salute umana sono:
-
metalli (Cadmio, Mercurio, Tallio, Zinco, Mercurio, Cromo, Arsenico, Piombo,
Cobalto, Manganese, Nichel, Vanadio);
-
idrocarburi policiclici aromatici (IPA);
-
polveri fini e ultrafini;
P. Apostoli
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
-
acidi (fluoridrico, cloridrico);
-
gas (SO2, NO2, CO);
-
policloroderivati (policlorobifenili, diossine, furani).
Le vie di esposizione individuate sono quella inalatoria (gas, polveri, IPA), alimentare
(policloroderivati) e per contatto dermico (metalli, IPA).
8.1
Impianti d’incenerimento di vecchia generazione
Sono numerosi gli studi epidemiologici condotti tra il 1960 e il 1980 su
popolazioni residenti in aree limitrofe agli impianti d’incenerimento ed è anche
disponibile una rassegna sistematica della letteratura condotta in Italia [Franchini
et al., 2004] che riporta valutazioni di carattere generale sulla nocività dei vecchi
inceneritori; è disponibile anche un recente rapporto di un gruppo tecnico
dell’OMS sullo stesso argomento [WHO, 2007].
Gli impianti d’incenerimento di vecchia generazione hanno sicuramente
comportato l’esposizione ambientale della popolazione residente a livelli elevati di
sostanze tossiche. Per questa ragione è stata cercata la presenza di diversi
potenziali effetti su: malattie respiratorie [Hazucha et al., 2002; Shy et al., 1995;
Gray et al., 1994], rapporto di mascolinità alla nascita [Lloyd et al., 1988; Obi et
al., 2004; Rydhstroem, 1998], malformazioni congenite [Cresswell et al., 2003;
Cordiere et al., 2004; Dummer et al., 2003; Nouwen et al., 2000; Ten Tusser et al.,
2000] e tumori – linfomi, sarcomi dei tessuti molli, laringe, polmone, fegato –
[Viel et al., 2000; Floret et al., 2003; Zambon et al., 2007; Elliot et al., 1992;
Tessari et al., 2006; Barbone et al., 1995; Elliot et al., 1996].
Studi metodologicamente robusti e difficilmente contestabili hanno messo in
evidenza eccessi di tumori riconducibili all’esposizione a diossine [Ten Tesser et
al., 2000; Floret et al., 2003; Tessari et al., 2006; Barbone et al., 1995]; questo
risultato è molto plausibile se si tiene conto delle alte concentrazioni di queste
sostanze ammesse nelle emissioni degli inceneritori fino a non molti anni fa. Sono
maggiori, invece, le incertezze nell’interpretazione dei risultati che riguardano gli
altri effetti. Va rilevato che anche in questi studi fa difetto il controllo del
potenziale confondimento prodotto dallo stato socio-economico.
Si può concludere che esistono prove convincenti dell’associazione tra
l’esposizione alle emissioni degli impianti d’incenerimento di vecchia generazione
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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(in particolare a diossine) e l’aumento di frequenza di tumori in alcune sedi. È
possibile che le stesse emissioni abbiano prodotto altri effetti, tumorali e non, ma i
dati a disposizione non sono sufficienti per avvalorare questa ipotesi.
8.2
Impianti d’incenerimento di nuova generazione
A seguito delle restrizioni comunitarie sulle emissioni ammesse (Direttiva
2000/76/EC, recepita in Italia nel 2005), le concentrazioni di molte sostanze
tossiche sono state notevolmente ridotte. In particolare le concentrazioni ammesse
di diossine sono passate nel nostro Paese da un massimo di 4.000 ng/m3 (DM
12/7/1990), a un massimo di 0,1 ng/m3 (D. Lgs 11/5/2005). A causa del poco
tempo trascorso dall’introduzione delle nuove tecnologie d’incenerimento e a
causa della difficoltà di condurre studi di dimensioni sufficientemente grandi da
rilevare eventuali effetti delle nuove concentrazioni dei tossici emessi, non sono a
oggi disponibili evidenze chiare di rischio legato agli impianti di nuova
costruzione.
La frequente presenza nelle aree di localizzazione degli inceneritori di altri
insediamenti industriali, di arterie viarie ad alto traffico, di insediamenti
residenziali di popolazioni socialmente ed economicamente svantaggiate pone
questioni
nuove,
problematiche
per
gli
usuali
strumenti
dell’indagine
epidemiologica, a quanti cercano di individuare gli effetti sanitari specifici delle
emissioni dei nuovi inceneritori.
Anche i nuovi impianti d’incenerimento emettono sostanze tossiche di riconosciuta
pericolosità ma a concentrazioni non dissimili – in alcuni casi inferiori – a quelle di
altre fonti emissive della stessa area (traffico, insediamenti industriali). I nuovi
problemi, ai quali non sono state date ancora risposte, riguardano la misura della
compromissione aggiuntiva del territorio che questi impianti determinano.
Data la difficoltà di porre in evidenza rischi che, per bassa intensità
dell’esposizione,
si
collocano
ai
limiti
delle
capacità
di
risoluzione
dell’epidemiologia (e forse oltre) e dato, quindi, il dubbio rapporto costo-beneficio
delle indagini epidemiologiche convenzionali, la ricerca si è orientata verso
metodologie di risk assessment [Samet, 1998], che sono tuttavia ancora bisognose
di consolidamento metodologico. Le stesse considerazioni si applicano alla misura
di biomarcatori di esposizione, anche se finora, di regola, non hanno messo in
P. Apostoli
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
prof. Pietro Apostoli – 16.12.2009
evidenza alterazioni significative [Rei Seta al., 2004, 2007a, 2007b, 2007 e
Gonzales, 2000].
In considerazione del trend nazionale in continua crescita, lo smaltimento dei
rifiuti è per il nostro Paese fonte di problemi economici, ambientali, sociali e
sanitari, tenuto conto anche delle preoccupazioni e delle tensioni che determina
nella popolazione residente in prossimità degli impianti di trattamento e nei loro
amministratori. Punti focali di una politica centrata sulla prevenzione sono la
riduzione della produzione di rifiuti, la razionalizzazione degli imballaggi, la
raccolta differenziata, il riciclaggio, il riuso, il recupero dei materiali. Oggi in Italia
il riciclo dei materiali non supera il 24% – con profonde differenze tra aree
geografiche: valori più alti al nord rispetto al sud e alle isole, con rilevanti
eccezioni in entrambe le aree – anche se i rifiuti sono in molti casi una risorsa di
alto valore energetico (basti pensare all’alluminio, all’acciaio, al vetro, alla carta)
che può vantaggiosamente sostituire le materie prime nella produzione di beni di
largo consumo.
Le due tipologie ordinarie di smaltimento dei rifiuti indifferenziati residuati a valle
del processo di differenziazione – conferimento in discarica controllata e
incenerimento – non sono antitetiche, ma sono esaustive delle possibilità di
trattamento efficace e sicuro. Ribadita la priorità delle misure di prevenzione
(riduzione, recupero, raccolta differenziata), l’Unione Europea raccomanda
(Direttiva
2006/12/CE)
l’incenerimento
in
via
preferenziale
rispetto
al
conferimento in discarica controllata. In alcune zone italiane ove i siti disponibili
per l’insediamento di discariche sono in via di esaurimento (è questo il caso delle
province di Napoli e di Caserta), non appare agevole trovare soluzioni praticabili
alternative all’incenerimento, ferma restando la necessità di incrementare pratiche
di recupero e differenziazione.
Le conoscenze epidemiologiche a oggi disponibili, ancorché non conclusive, fanno
ritenere che il conferimento in discariche controllate, costruite e condotte in
accordo alla normativa nazionale e comunitaria, non comporti un rischio per
l’ambiente e per la salute delle popolazioni insediate nelle vicinanze dello
stabilimento.
P. Apostoli
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Analogamente,
la
valutazione
delle
poche
osservazioni
epidemiologiche
disponibili non depone per un incremento di rischio per la salute umana del
trattamento dei rifiuti mediante incenerimento in impianti basati sulle migliori
tecnologie disponibili. Tale conclusione è sostenuta principalmente dalle
concentrazioni estremamente basse di sostanze tossiche nelle emissioni dei nuovi
impianti.
Tuttavia, il dimensionamento effettivo dei volumi di sostanze tossiche immesse dai
camini nell’ambiente è un fattore critico per giudicare della sicurezza anche dei
nuovi impianti e richiede la conduzione di osservazioni accuratamente pianificate.
Negli impianti di grandi dimensioni le basse concentrazioni di sostanze tossiche
nelle emissioni possono essere vanificate, almeno in via teorica, dalle elevate
quantità in volume delle emissioni nell’unità di tempo. Questo genere di impianti,
infatti, è associato a una riduzione del riciclo nel bacino territoriale circostante
perché i grandi impianti a griglia mobile necessitano di elevati volumi di rifiuti per
il loro funzionamento ottimale e di un basso potere calorifico del combustibile per
il controllo ottimale delle temperature di combustione. Altre tecnologie (letto
fluido, gassificazione), attivate su impianti di dimensioni minori, sono più adatte a
un ciclo dei rifiuti che preveda anche il riciclo e il riutilizzo.
I dati di letteratura, anche in questo caso non sufficienti e non conclusivi, mostrano
che i maggiori rischi per la salute sono associati alle emissioni da discariche
illegalmente utilizzate e siti di abbandono illegali, da impianti d’incenerimento con
tecnologie obsolete, da siti di abbandono e dalle combustioni incontrollate di
rifiuti.
La tutela della salute e dell’ambiente richiede l’adozione di politiche orientate in
senso preventivo per contenere la produzione dei rifiuti e la necessità di doverli
smaltire.
Il conferimento in discarica controllata e l’incenerimento con le migliori tecnologie
disponibili sono modalità di trattamento dei rifiuti che minimizzano l’impatto
sull’ambiente e sulla salute. Altre modalità di smaltimento, sostitutive o aggiuntive
a queste, non vanno escluse a priori, ma devono essere sottoposte a verifica, anche
in relazione al rapporto costi-benefici, prima della loro adozione.
Ogni altra modalità di trattamento dei rifiuti – illegale o garantita da deroghe
amministrative – dovrebbe essere interrotta per manifesta violazione delle norme
P. Apostoli
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vigenti fino a verifica dell’effettiva assenza di condizioni di rischio connesse alle
procedure in uso.
Vanno avviati piani di monitoraggio delle emissioni e di sorveglianza sanitaria
delle popolazioni residenti in prossimità di discariche controllate e di inceneritori
già operativi o dei quali è prevista l’attivazione, ricorrendo alle migliori tecnologie
disponibili. Vanno invece avviati studi analitici per la ricerca degli effetti sanitari
nelle popolazioni che hanno subito le esposizioni derivanti da ogni altra modalità
di smaltimento dei rifiuti.
Per il superamento dei limiti degli studi fino ad ora condotti è raccomandato:
•
l’uso di modelli evoluti di dispersione degli inquinanti basati sulle più
recenti tecnologie GIS;
•
l’attivazione di studi prospettici possibilmente multicentrici, con particolare
attenzione al controllo sistematico del confondimento;
•
l’uso di procedure di biomonitoraggio in particolare sui gruppi più
vulnerabili (bambini, donne in gravidanza, malati cronici);
•
la sperimentazione di studi di risk assessment.
Sia per i piani di sorveglianza sia per gli studi analitici è raccomandata la
costituzione di comitati di esperti di provata competenza e in assenza di conflitto
d’interesse cui demandare la progettazione delle osservazioni, le verifiche in corso
d’opera, la divulgazione dei risultati.
È da ricercare la partecipazione e il coinvolgimento della popolazione in tutte le
fasi, sia decisionali sia operative, connesse allo smaltimento dei rifiuti, secondo
quanto ribadito dalla convenzione europea di Aarhus e dalla carta di Aalborg.
P. Apostoli
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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9. Effetti del particolato fine e ultrafine sulla salute
Appare di un certo interesse sintetizzare le attuali conoscenze sull’argomento delle
particelle ultrafini (PU), note anche come nanopolveri, tra l’atro oggetto di una specifica
campagna di misurazioni proprio sull’impianto Tecnoborgo [VEOLIA, 2007].
L’evidenza di effetti sulla salute conseguenti o associati all’esposizione a particelle
ambientali deriva da diverse linee di ricerca, comprendenti la caratterizzazione delle
particelle, gli studi sui meccanismi di interazione con gli organi bersaglio, in particolare
l’apparato respiratorio e cardiovascolare, studi sperimentali su animali e su colture
cellulari, studi su volontari umani condotti per via inalatoria con miscele o con singole
componenti e studi epidemiologici. Le osservazioni ottenute con i differenti approcci sono
da ritenersi complementari e ciascuno di essi ha precisi limiti e punti di forza.
Mentre gli studi epidemiologici studiano l’associazione fra concentrazioni aerodisperse di
inquinanti (che non corrisponde necessariamente all’esposizione personale), gli studi
tossicologici consentono di fornire una base scientifica di plausibilità biologica alle
osservazioni epidemiologiche.
La maggior parte degli studi sugli effetti sanitari derivanti dall’esposizione al particolato
atmosferico sono stati condotti per verificare effetti a breve termine, quali le variazioni dei
tassi di mortalità nella popolazione generale o della morbilità in categorie considerate
maggiormente suscettibili, ad esempio adulti o bambini asmatici o pazienti affetti da
patologie cardio-respiratorie, monitorando le concentrazioni medie giornaliere o le
variazioni giornaliere delle particelle. Gli studi più datati riguardano misurazioni del PTS
e del PM10, mentre quelli più recenti hanno utilizzato misure della frazione PM2,5 e
ultrafine (PU) caratterizzate individualmente; in quest’ultimo caso, l’approccio generale è
stato quello di confrontare gli effetti della frazione ultrafine con quelli attribuibili alla
frazione fine. I dati ottenuti circa la misura della frazione ultrafine appaiono confrontabili
in diversi paesi occidentali, mentre le misure di PM2,5 presentano differenze elevate.
Benché esista una continuità fra esposizione ed effetti sanitari, spesso si distinguono due
tipologie di possibili effetti, alcuni dei quali si ritiene causalmente associati
all’esposizione a particolato atmosferico:
a)
Effetti a breve termine:
1.
P. Apostoli
mortalità prematura, generale o per cause specifiche;
pag. 74
Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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2.
aggravamento di malattie respiratorie e cardiovascolari, indicate da un
aumento nel numero di ricoveri ospedalieri e ricorsi ai presidi di emergenza
(P.S.);
3.
assenza dalla scuola o dal lavoro;
4.
limitazione delle giornate attive;
5.
aumento del consumo di farmaci specifici;
6.
alterazioni funzionali respiratorie e aumento dei sintomi respiratori;
7.
modificazioni del ritmo cardiaco, per alterato controllo da parte del sistema
nervoso autonomo;
8.
alterazioni della coagulazione ematica e danno endoteliale con aumentato
rischio di trombosi e infarto del miocardio;
9.
aumentata suscettibilità alle infezioni respiratorie;
10.
alterazioni di markers biochimici ematici, aumento della proteina Creattiva, del fibrinogeno e di alcune citochine pro-infiammatorie.
b)
Effetti a lungo termine:
1.
aumentata mortalità per cause respiratorie e cardiovascolari;
2.
aumentata incidenza di patologie respiratorie croniche e riacutizzazioni di
queste (asma, bronchite cronica);
3.
aumentata incidenza di tumori del polmone.
Le evidenze circa i possibili effetti sulla salute conseguenti o associati all’esposizione a
PF/PU derivano da diverse linee di ricerca complementari, principalmente studi
epidemiologici e tossicologici. Gli uni studiano l’associazione fra concentrazioni
aerodisperse di particelle (che non corrisponde necessariamente all’esposizione personale)
ed effetti critici, gli altri forniscono elementi di plausibilità biologica alle osservazioni
epidemiologiche attraverso lo studio dei meccanismi d’azione mediante un approccio
sperimentale.
L’approccio epidemiologico è rivolto allo studio dell’associazione fra variazioni
giornaliere del numero/concentrazione di PU e i tassi di mortalità nella popolazione
generale o della morbilità in categorie considerate suscettibili (adulti o bambini asmatici o
pazienti affetti da patologie cardio-polmonari croniche).
Le evidenze più autorevoli sulla mortalità prematura, sia generale, sia per cause
specifiche, derivano da studi multicentrici Nordamericani [NMMAPS - National
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Morbidity, Mortalità and Pollution Study] [Samet et al., 2000], Europei [APHEA 2]
[Analitis et al., 2006] e Italiani [MISA-2] [Biggeri et al., 2004]. Tuttavia, solamente lo
studio compiuto a Erfurt, in Germania, ha misurato le PU (0,01-0,1 μm), pervenendo a una
stima di rischio (RR) di mortalità totale pari a 1,029 (IC al 95%: 1,003-1,055) e di 1,031
(IC al 95%: 1,003-1,060) per mortalità cardio-respiratoria per un aumento medio del
numero di PU di 9.748 cm-3.
Gli studi di serie temporali (molti dei quali condotti nel programma di ricerca Europeo
ULTRA - Exposure and Risk Assessment for Fine and Ultrafine Particles in Ambient Air),
hanno indagato effetti acuti correlabili a variazioni giornaliere nei livelli di PF e PU. Le
principali evidenze possono essere così riassunte:
1.
esiste un debole effetto delle PF/PU sia sulla mortalità totale sia sulla mortalità per
cause respiratorie e cardiovascolari;
2.
le PF sono tendenzialmente associate con effetti immediati (lag 0-1 giorni)
(prevalentemente respiratori) mentre le PU con effetti tardivi (lag 4-5 giorni)
prevalentemente cardiovascolari;
3.
gli effetti delle due frazioni, ove misurate, appaiono indipendenti e quindi la misura
delle PF non può essere utilizzate come indicatore di esposizione a PU.
Altri effetti a breve termine, osservati in categorie di individui suscettibili, includono:
1.
l’aggravamento di malattie respiratorie e cardiovascolari, indicate da un aumento nel
numero di ricoveri ospedalieri e ricorsi ai presidi di emergenza. In particolare, le
recidive di eventi cardiaci aumentano (RR = 1,026, IC95%: 1,005 – 1,048), come
anche i ricoveri per infarto (RR di 1,058; IC95%: 1,012-1,107) per ogni incremento
giornaliero del numero di PU pari a 10.000 cm-3;
2.
l’aumento dei sintomi (tosse) e alterazioni dei parametri funzionali respiratori negli
adulti asmatici (picco di flusso espiratorio – PEF media = -1,14 l/min; IC95%:
-1,95-0,33 l/min) o del volume espiratorio massimo in un secondo (VEMS) in adulti
affetti da broncopneumatia cronica ostruttiva per incrementi sia delle PU (nei 5
giorni precedenti), sia del PM2,5. L’effetto sarebbe maggiore negli adulti rispetto ai
bambini asmatici;
3.
le modificazioni del ritmo cardiaco per alterato controllo da parte del sistema
nervoso autonomo [studio Europeo ULTRA - Exposure and Risk Assessment for
Fine and Ultrafine Particles in Ambient Air], stimato anche mediante l’impiego di
campionatori personali;
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4.
le alterazioni della coagulazione, di markers biochimici (aumento della proteina Creattiva, del fibrinogeno e di citochine pro-infiammatorie).
Benché non sia possibile isolare gli effetti delle PU da quello di altri inquinanti, gli
incrementi della concentrazione di PU, espressa in termini numerici (NC0,01-0,1) sarebbero
associati (o causalmente correlati) alle seguenti evidenze ottenute in studi “panel” su
categorie suscettibili:
1.
diminuzione del PEF e aumento del consumo di farmaci per l’asma nei giorni
successivi ad aumenti della concentrazione di PU, con una latenza media di 14
giorni;
2.
aumentato rischio di ischemia cardiaca in pazienti con malattia coronarica stabile
durante l’esercizio fisico. L’effetto stimato delle PU si traduce in un rischio triplo
(OR = 3,14; IC95%: 1,56 - 6,32), indipendente dal PM2,5;
3.
riduzione delle giornate attive [studio Europeo ULTRA];
4.
variazioni della frequenza cardiaca di pazienti con malattia coronarica cronica e
alterazioni della ripolarizzazione cardiaca (riduzione di ampiezza dell’onda T e
variabilità dell’onda T) indicative per un aumentato rischio di insorgenza di aritmie
cardiache fatali. Studi compiuti a Roma, hanno evidenziato associazioni
statisticamente significative fra mortalità coronarica e numero di PU (PNC), PM10 e
CO derivanti da sorgenti mobili, con incrementi fino al 7,6% (IC95%: 2%-13,6%)
per un range interquartile di PNC di 27.790 particelle/cm3; l’effetto era più evidente
negli ultrasessantacinquenni ma non era limitato a un gruppo con una specifica comorbidità.
Le conclusioni dello studio Europeo “ULTRA” suggeriscono che le PU non
rappresenterebbero la principale spiegazione degli effetti acuti attribuibili alla frazione
fine (PM2,5) del particolato, mentre spiegherebbero, in parte, gli effetti del traffico nelle
coorti Europee.
Tuttavia, il ruolo più evidente delle PU rispetto alle PF, nell’associazione con la mortalità
e morbilità cardiovascolari, è in accordo con le attuali conoscenze circa il loro
meccanismo d’azione, che comprende l’attivazione di recettori sensibili agli irritanti e la
genesi di una risposta infiammatoria a livello respiratorio, il passaggio delle particelle
attraverso gli epiteli, l’attivazione endoteliale vascolare e l’aumentata coagulabilità con il
rischio di trombosi intravascolare. I tre principali studi che hanno valutato specificamente
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il ruolo delle PU espresse indicano, tuttavia, un ruolo non trascurabile dell’esposizione ai
coinquinanti, specie gassosi.
I principali limiti dell’approccio epidemiologico risiedono nella mancanza di misure di
esposizione su popolazioni sufficientemente vaste (legato alla necessità di effettuare
misure periodiche nel tempo, sia di parametri clinici, sia ambientali) e nella difficoltà a
ricostruire l’esposizione personale, incluse le sorgenti indoor (scarsa corrispondenza fra le
concentrazioni indoor e outdoor di PU, nonché scarsa correlazione con le PF). Questo si
traduce nella limitata o nulla significatività statistica delle stime di rischio, che includono,
senza superarlo, il valore unitario.
Nonostante sia ampiamente documentato e riconosciuto che i processi di combustione
rappresentano la sorgente principale di particelle aerodisperse, la maggior parte degli studi
epidemiologici non consente di associare in modo immediato gli effetti sanitari ad alcune
componenti o sub-componenti del PM. L’approccio tossicologico ha invece consentito di
studiare in modo più rapido le varie componenti del PM ed esistono ormai evidenze
consolidate circa gli effetti prodotti da diversi tipi di particelle generate da processi di
combustione, quali emissioni diesel, fumi di saldatura, nerofumo e nanoparticelle di ceneri
volatili. Gli studi tossicologici disponibili portano a considerare lo stress ossidativo che
porta alla produzione di intermedi reattivi dell’ossigeno (ROS), il principale meccanismo
responsabile degli effetti tossici delle PU/NP inalate. La cascata di eventi può presentare
differenze in relazione al tipo di particelle, ad esempio se prevalgono le particelle
contenenti elementi metallici di transizione (fumi di saldatura) o di componenti organiche
(nanoparticelle diesel) o le caratteristiche della superficie (carbon black e frazione
nanoparticolata delle ceneri volatili), l’effetto finale è comunque rappresentato da un
processo flogistico.
Le sole caratteristiche dimensionali, indispensabili nell’interazione con i sistemi biologici,
non sono di per sé in grado di condizionare la tossicità, pur producendo una risposta
flogistica polmonare di maggior entità rispetto a PF aventi la stessa composizione chimica
a parità di massa. Poiché a parità di massa la superficie complessiva di un aerosol
costituito da PU è estremamente maggiore, le particelle hanno una maggiore probabilità di
adsorbire e veicolare sulla loro superficie sostanze tossiche di natura organica o
inorganica. Per questo l’area della superficie dell’aerosol è ritenuto la miglior misura
dell’esposizione nel caso degli aerosol formati da particelle relativamente insolubili e
caratterizzati da una massa complessiva trascurabile, ma da un’elevata area superficiale.
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La composizione chimica, in particolare l’abbondanza in composti aromatici ed elementi
metallici di transizione, la presenza di contaminanti di origine batterica o virale, la
reattività chimica, la solubilità dei componenti (che a sua volta condiziona la persistenza)
appaiono essenziali nella modulazione della tossicità e la variabilità di tali caratteristiche
spiegherebbe la variabilità negli effetti sanitari osservati in zone diverse.
Gli studi sperimentali condotti sugli animali e quelli clinico-sperimentali controllati
sull’uomo suggeriscono che la capacità delle PU di indurre effetti nocivi è maggiore di
quella osservata a seguito dell’esposizione a particelle di dimensioni maggiori. Questi
studi non hanno dimostrato con chiarezza un passaggio di particelle insolubili attraverso la
barriera polmonare e una diffusione nella circolazione sistemica, che comunque si ritiene
quantitativamente assai modesta.
Relativamente alla patogenesi del danno cardiovascolare, il principale effetto correlato
all’esposizione a PM2,5 e a PU, la flogosi polmonare indotta dalle particelle, la flogosi
sistemica, l’accelerazione del processo aterosclerotico, e l’alterazione del sistema nervoso
autonomo possono attualmente essere inquadrati come delle tappe di un unico processo
patogenetico che lega l’esposizione a particolato atmosferico con la mortalità
cardiovascolare. Unitamente alle osservazioni epidemiologiche, si sta quindi affermando
l’evidenza che l’esposizione a particolato, non importa di quale frazione dimensionale, sia
associato non solo con l’aggravamento di malattie preesistenti, ma rappresenti un vero e
proprio fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cronico-degenerative, come
l’aterosclerosi.
Isolare l’effetto delle particelle da quello di altri inquinanti potrebbe apparire quanto mai
opportuno, ma è molto difficile. Nella maggior parte degli studi, l’effetto delle PU non è
isolabile da quello degli altri co-inquinanti generati dal traffico, quali NO, NO2, e CO,
nonché da quello delle PF.
L’inquinamento da PU è solo un aspetto del più complesso problema delle emissioni in
ambiente legate ad attività antropiche. Appare quindi riduttivo focalizzarsi sulla presenza
o sugli effetti di una singola classe di inquinanti, posto che diversi studi condotti anche nel
nostro paese indicano il concorso anche di variabili meteo climatiche, che favorirebbero il
passaggio gas-sol, l’aggregazione, il trasporto a distanza delle PU. Il primo aspetto
spiegherebbe la notevole associazione degli effetti sanitari con le concentrazioni
atmosferiche di CO e di NO2, entrambe correlate a loro volta con le PU da sorgenti di
combustione in prossimità di strade a elevato traffico. Analogamente, non è possibile
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distinguere totalmente gli effetti delle PF da quelli delle PU, anche considerando che
spesso originano dalle stesse sorgenti, presentano dinamiche di formazione e di accumulo
differenti, e hanno evidenziato associazioni con effetti sanitari a diverse latenze.
La maggior parte degli studi sui problemi derivanti dall’esposizione al particolato in
sospensione sono stati condotti per verificare effetti a breve termine, quali le variazioni dei
tassi di mortalità nella popolazione generale o della morbilità in categorie considerate
maggiormente suscettibili di adulti o bambini amatici o di pazienti in seguito ad
esposizioni particolarmente rilevanti verificatisi nello stesso giorno o dopo alcuni giorni di
latenza.
Le osservazioni sono state sintetizzate dall’US EPA e dal WHO.
Gli studi più datati riguardano misurazioni del PTS e del PM10, mentre quelli più recenti
hanno misurato il PM2,5 e particelle ultrafini caratterizzate individualmente.
Gli studi epidemiologici effettuati in diverse parti del mondo hanno dimostrato in maniera
consistente effetti a breve termine (immediati o con una latenza di circa un giorno)
dell’esposizione a particelle sulla mortalità giornaliera [Dockery e Pope, 1994; Schwartz,
1994; Bascom et al., 1996; Katsouyanni et al., 1997; Pope e Dockery, 1999]. Si stima che
un incremento di PM10 di circa 10 mg/m3 sia associato a un aumento proporzionale di
mortalità pari all’8%, ma la mortalità per malattie respiratorie sarebbe intorno al 3% e per
malattie cardiovascolari dell’1,3%. Negli studi in cui sono disponibili misure sia di PM10,
sia di PM2,5, quest’ultimo presentava associazioni di maggior forza con la mortalità.
Con l’aumentare della concentrazione di PU, aumenta la frequenza di sintomi sia delle alte
sia nelle basse vie respiratorie, come anche la tosse; i test di funzionalità respiratoria (PEF,
FEV1 o FVC) solitamente presentano dei decrementi. Alcuni studi sono stati effettuati in
pazienti asmatici, nei quali è stato possibile rilevare un aumento dell’impiego di farmaci in
corso di esposizione.
A Erfurt sono stati seguiti 27 adulti asmatici registrando il picco di flusso espiratorio
(PEF) e i sintomi respiratori quotidianamente durante la stagione invernale 1991-92. La
maggior parte del particolato caratterizzato cadeva nella frazione ultrafine, mentre la
maggior massa di particelle era compresa nel range dimensionale 0,1-0,5 µm; poiché le
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due frazioni non avevano una rappresentatività temporale analoga, è stato possibile
differenziarne gli effetti. Entrambe le frazioni erano associate con una riduzione del PEF,
tosse e stato di malessere, più pronunciati se correlati all’esposizione media dei cinque
giorni precedenti a PU, rispetto alla massa delle PF. Inoltre, gli effetti riportati al numero
di PU erano più marcati rispetto a quelli di particelle inferiori a 10 µm (PM10) [Wichmann,
2000].
Fra ottobre 1996 e marzo 1997, vennero monitorati 58 adulti asmatici residenti a Erfurt,
indagando il consumo di farmaci (corticosteroidi e broncodilatatori), analizzato secondo
un modello di regressione logistica e controllando per possibili interferenti
(temperatura…). Si notò un netto incremento nel consumo di farmaci correlato con
l’esposizione cumulativa a PU e a PF nelle due settimane.
Risultati simili sono stati ottenuti nel corso di studi effettuati in Finlandia [Peters et al.,
2000].
Si può riassumere che esiste un chiaro effetto delle PU sugli adulti asmatici, maggiore
rispetto ai bambini asmatici; sia le PF, sia per le PU sono responsabili di tali effetti, ma le
PU in maggior misura; gli effetti dell’esposizione cumulativa sono significativi dopo
alcuni giorni (5 giorni per i sintomi e 14 giorni per l’incremento del consumo di farmaci
specifici).
Introducendo entrambi i tipi di polveri, gli effetti osservati nello stesso giorno presentano
una maggiore forza dell’associazione con le PF, mentre gli effetti cumulativi sono meglio
correlati con le PU [Peterr et al., 1997].
A seguito di un episodio di inquinamento ambientale caratterizzato da un elevato numero
di particelle verificatosi in Germania nel 1985, nella regione del Reno-Ruhr, venne
osservato un incremento del 19% dei ricoveri ospedalieri di pazienti con patologie
cardiovascolari, un aumento del 25% delle richieste di ambulanze. Le problematiche
presentate dai pazienti consistevano in episodi di insufficienza coronaria (+30%), aritmie
(+49%) e problemi circolatori cerebrali (+57%) [Wichmann et al., 1989].
Durante questo episodio la concentrazione di inquinanti aumentò anche ad Ausburg, ma
senza raggiungere i livelli di allarme delle direttive antismog tedesche. I dati di PTS,
l’unico tracciante da inquinamento particellare misurato, probabilmente includevano
anche una frazione numericamente consistente di particelle fini che erano trasportate verso
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la città di Ausburg dai venti occidentali [De Leeuw et al., 1989]. I dati sulla viscosità
plasmatica disponibili in questi pazienti anche in seguito consentirono di confermare
l’ipotesi di Seaton et al. [1995], secondo cui il particolato atmosferico poteva influenzare
negativamente le proprietà reologiche del sangue. In effetti venne osservato un incremento
della viscosità plasmatica, triplicato oltre il 95° percentile dei valori di riferimento, un
valore compatibile con un aumentato del rischio di incidenti cardiovascolari (infarto
miocardico) [Peters et al., 1999a-c; Koenig et al., 1998]. L’aumento della viscosità
plasmatica osservato trova spiegazione nella flogosi polmonare innescata dalla
deposizione di particelle con la conseguente produzione di fattori pro-coagulativi
[conclusioni dello studio MONICA – Monitoring of trends and determinants in
cardiovascular disease – condotto ad Ausburg, in Germania].
In tempi successivi, venne analizzato nella coorte di Ausburg la proteina C-reattiva (CRP)
come marker sensibile di flogosi sistemica, danno tissutale e fattore di rischio per infarto
del miocardio, e venne evidenziata una stretta correlazione con gli episodi di
inquinamento ambientale da particolato [Peters et al., 1999; Koenig et al., 1998]. La
frequenza cardiaca è stata considerata un indicatore indipendente di controllo esercitato
dal sistema nervoso autonomo sulla funzionalità miocardica. Durante l’episodio di
Ausburg citato venne osservata una variazione dei parametri autonomici con un
incremento della frequenza cardiaca media [Peters et al., 1999]. Questo effetto funzionale
appariva particolarmente pronunciato fra gli individui caratterizzati da elevati valori di
viscosità plasmatica [Peters et al.,] e si associava a un incremento della pressione arteriosa
[Ibald-Mulli et al.,].
Altri studi compiuti negli Stati Uniti hanno messo in evidenza un incremento della
frequenza cardiaca e della variabilità del battito cardiaco in rapporto con l’esposizione a
particelle ambientali. La variabilità del battito cardiaco venne studiata mediante
l’applicazione del registratore Holter per 24 ore con registrazione della frequenza a
intervalli di 5-6 minuti. Venne osservata una diminuzione nella deviazione standard
dell’intervallo R-R [Liao et al., 1999; Pope et al., 1999a,b]. Tuttavia, i risultati differivano
rispetto alle misure che selezionano le porzioni del simpatico e del sistema parasimpatico
del SNA. Pope [2000] ipotizzò un’influenza sia delle metodologie di registrazione, sia una
variabilità nella composizione delle miscele ambientali.
A Boston vennero studiati un centinaio di pazienti portatori di defibrillatori per valutare
l’associazione fra concentrazione di inquinanti ambientali e scariche fornite dal
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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dispositivo a causa dell’insorgenza di tachiaritmie o episodi di fibrillazione ventricolare e
fu evidenziata una correlazione fra scariche fornite e concentrazioni di PM2,5 e di NO2
ambientali [Peters et al., 2000].
La maggior parte delle ricerche documentano conseguenze funzionali di PU sul sistema
cardiovascolare, quali aritmie e alterazioni della coagulazione. I mediatori prodotti dalla
flogosi polmonare, di grado elevato e persistente, potrebbero influenzare l’attività
cardiaca, la viscosità ematica e la coagulazione, ma è verosimile che le particelle che
migrano dal polmone verso il circolo sistemico possano influire direttamente o
indirettamente sull’emostasi e sull’integrità cardiovascolare.
Dati recenti indicano un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo (SNA) in seguito
ad inalazione di PU. L’attivazione di riflessi neurali può alterare il tono vascolare e, in
determinate circostanze, contribuire all’instabilità della placca e allo sviluppo di aritmie
cardiache: tali effetti possono spiegare, ad esempio, l’aumentata incidenza di infarti del
miocardio osservata in seguito ad episodi di inquinamento atmosferico. Un’ulteriore
azione potrebbe essere rappresentata dall’attivazione delle proteine della fase acuta, che
comprendono sia indici di flogosi sistemica, sia fattori della coagulazione e che
rappresentano un ben noto fattore di rischio per lo sviluppo di arteriosclerosi.
In alcune città europee (Parigi, Londra) è stata studiata la frequenza di ricorsi ai medici di
famiglia o al servizio di emergenza degli ospedali da parte di pazienti asmatici o con
patologie croniche dell’apparato respiratorio o malattie cardiovascolari. I risultati di questi
studi, basati su segnalazioni indipendenti dei medici di medicina generale, indicherebbero
un coinvolgimento ancora superiore di soggetti rispetto a quanto indicato dal numero di
ricoveri ospedalieri, un indicatore che sottostima la reale portata delle conseguenze
osservate in soggetti con patologie respiratorie [US EPA, 2004].
Lo studio europeo maggiormente rilevante e autorevole è l’APHEA study, condotto in 15
città europee. Sia le particelle, sia altri traccianti dell’inquinamento sono risultati associati
all’incremento dei ricoveri ospedalieri per COPD e asma [Anderson et al., 1997; Schouten
et al., 1996; Spix et al., 1998; Sunyer et al., 1997]. Studi ulteriori compiuti a Parigi e a
Birmingham hanno confermato tali osservazioni. In particolare, merita di essere ricordato
lo studio statunitense “NMMAPS study“ (National Morbidity, Mortalità and Pollution
Study), condotto in 14 città, che ha indicato come effetto principale connesso
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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all’inquinamento da particelle l’aumento di ricoveri ospedalieri per cause respiratorie,
seguito in ordine di frequenza dalle cause cardiovascolari [Samet et al., 2000].
La maggior parte degli studi condotti nel Nord America supportano il legame fra
particolato aerodisperso e mortalità giornaliera [US EPA, 1996; WHO, 1996].
Studi successivi hanno considerato l’esposizione ad altre frazioni, in particolare il PM2,5 e,
in alcuni casi, le PU [US EPA, 2004]. Limitatamente agli studi condotti in Europa, la
relazione fra particelle e altri inquinanti e mortalità è stata oggetto dello studio APHEA
[Katsouyanni et al., 1997]. Gli effetti evidenziati appaiono più rilevanti nelle città
occidentali rispetto all’Europa centro-orientale. In aggiunta, venne notato un maggior
contributo dell’NO2 nelle città caratterizzate da più elevate concentrazioni di particelle,
indicando che gli effetti a breve termine dell’SO2 sulla mortalità fossero dovuti ad altri
componenti del traffico veicolare [Touloumi et al., 1997]. Venne notata una prevalenza di
cause respiratorie rispetto a quelle cardiovascolari sulla mortalità.
Lo studio APHEA 2, esteso a 29 città europee, ha inequivocabilmente evidenziato effetti
attribuibili all’esposizione a particelle simili a quelli dell’APHEA. Gli effetti delle
particelle erano più evidenti nelle città di maggiori dimensioni, caratterizzate da livelli più
elevati di SO2, dai climi più caldi e a bassa mortalità basale; queste caratteristiche
peculiari di ciascuna città possono contribuire a spiegare la variabilità osservata. In
particolare, gli autori hanno interpretato gli effetti combinati dell’SO2 e del particolato
come un’indicazione di maggior tossicità delle particelle prodotte dal traffico veicolare
[Katsouyanni et al., 2001].
I dati di mortalità sono stati raccolti per un periodo di 3,5 anni a Erfurt, in Germania
(agosto 1995 - dicembre 1998). I certificati di morte ottenuti dalle autorità sanitarie sono
stati aggregati in serie temporali e confrontati con i dati sul PM2,5 e PM10, sul numero e
sulla massa, distinguendo sei classi comprese fra 0,01 e 0,5 mm. Tutte le particelle
presentavano un’incidenza stagionale maggiore in inverno, un effetto del giorno della
settimana (40% inferiore durante il fine settimana), un palese incremento nel corso delle
ore di punta. L’associazione con la mortalità è stata analizzata utilizzando la regressione di
Poisson, con modelli generalizzati additivi per consentire le correzioni necessarie per i
fattori di confondimento. Sono stati riscontrati evidenti incrementi della mortalità sia per
tutte le cause, sia per le cause cardio-respiratorie, in associazione col particolato ultrafine
(diametro 0,01 – 0,1 mm) espresso in termini di numerosità, dopo correzione per stagione,
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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epidemie influenzali, giorno della settimana e condizioni meteorologiche. È stato stimato
un RR di mortalità totale pari a 1,031 (IC al 95%: 1,003-1,055) per un aumento delle PU
di 9.748 cm-3 e un RR per mortalità cardio-respiratoria pari a 1,031 (IC al 95%: 1,0031,060). Non è stato evidenziato alcun significativo aumento del rischio di aumentata
mortalità con il particolato fine espresso in massa. [Stolzel et al., 2006].
Le associazioni fra la concentrazione in numero e in massa delle particelle è stata
osservata in diverse classi dimensionali e sono stati riscontrati sia effetti immediati (lags di
0 o 1 giorni) sia ritardati (lags di 4 o 5 giorni). È stata evidenziata una tendenza agli effetti
immediati della concentrazione in massa (corrispondente alle frazioni di maggior diametro
aerodinamico) e una tendenza agli effetti più tardivi del numero di particelle
(corrispondenti alle frazioni dimensionalmente inferiori). Va tuttavia detto che questo
profilo non può essere chiaramente distinto, tant’è che i modelli che considerano i giorni
da 0 a 5 evidenziano risultati simili. Gli effetti maggiori sono a carico della mortalità
totale e per cause cardiovascolari (effetti tardivi) e respiratorie (effetto precoce).
Lo studio NMMAPS condotto negli Stati Uniti ha investigato gli effetti del particolato e di
altri inquinanti sulla mortalità di 20 e, successivamente, di ben 90 città [Samet et al.,
2000]. Lo studio ha messo in evidenza un incremento della mortalità generale simile a
quello dei risultati dello studio APHEA e talvolta inferiore. Gli effetti di maggiore
intensità attribuiti alle particelle erano maggiormente evidenti nelle città del Nord-Est,
seguiti dalle città industrializzate del Midwest e della California del sud. L’incremento
della mortalità cardiovascolare e respiratoria era particolarmente elevato e l’analisi
differenziata delle diverse tipologie di inquinanti indicava un contributo trascurabile
rispetto al cosiddetto “particle effect”.
L’esperienza di altre aree geografiche, come il bacino Reno-Ruhr, non fa che confermare
queste osservazioni, attribuendo al particolato un ruolo patogenetico maggiore rispetto al
SO2. Gli studi compiuti a Erfurt dal 1980 e in Turingia dal 1985 al 1989 hanno messo in
evidenza il ruolo delle dimensioni aerodinamiche delle particelle [Spix et al., 1993 e 1996;
Wichmann et al., 1995 e 1996]. In particolare, lo studio di Wichmann del 2000 ribadisce
l’associazione fra mortalità e dimensioni nello studio di Erfurt effettuato dal 1995 al 1998,
intesi sia in termini di massa, sia di dimensioni; le manifestazioni immediate (entro un
giorno) e gli effetti ritardati (entro 4-5 giorni dopo l’esposizione a inquinanti) apparivano
meglio correlati con la massa delle particelle (e quindi con quelle fini), mentre gli effetti
tardivi erano meglio correlati con il numero di particelle (quindi le ultrafini).
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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Dagli studi di mortalità si può desumere che:
-
esiste un debole effetto delle particelle sulla mortalità totale come anche sulla
mortalità per cause respiratorie e cardiovascolari;
-
sia le PF che PU presentano un effetto;
-
gli effetti si manifestano sia a brevissimo termine (lag: 0-1 giorni), sia più
tardivamente (lag: 4-5 giorni) e possono essere combinati in effetti cumulativi;
-
si conferma una lieve tendenza all’associazione delle PF con effetti immediati e
delle PU con gli effetti tardivi;
-
si conferma una tendenza alla mortalità per cause respiratorie quale effetto
immediato e una mortalità per cause cardiovascolari come effetto tardivo;
-
gli effetti appaiono indipendenti [Wichmann et al., 2000a].
L’interpretazione degli studi sugli effetti a breve termine non è agevole, considerando i
seguenti punti:
1.
Si dovrebbe assumere che la “mortalità prematura” rappresenti un fenomeno reale.
La premorienza considerata nei primi studi di mortalità con elevate concentrazioni
di classici inquinanti era compresa fra una e due settimane. Gli studi più recenti
hanno invece evidenziato che questi inquinanti possono determinare una riduzione
dell’aspettativa di vita nell’ordine di mesi o anni. Per questo motivo gli studi sugli
effetti a breve termine non sono sufficientemente predittivi degli effetti a lungo
termine.
2.
Nella maggior parte degli studi di mortalità e di morbilità, la relazione con la massa
delle particelle sospese appariva sia senza una latenza o dopo una breve latenza. Gli
studi sulle PU hanno indicato che gli effetti compaiono dopo una latenza di alcuni
giorni, ma tali acquisizioni necessitano di ulteriori conferme. In generale,
considerando una media cumulativa di cinque giorni si ottengono delle stime di
effetti ancora superiori rispetto a quelli ottenibili su singoli giorni.
3.
Il problema dei potenziali fattori di confondimento legati alle variazioni
meteorologiche è stato accuratamente considerato da US EPA [1996 e 2004]; la
conclusione è che in nessun caso gli effetti sanitari possono essere attribuiti alle
condizioni meteo climatiche, anche se è importante tener conto dell’influenza della
temperatura e dell’umidità al fine di ottenere dei dati validi. Tuttavia, gli effetti
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sanitari sono comparsi sia a basse sia ad alte temperature stagionali. Negli studi di
mortalità deve essere considerato anche il ruolo dell’epidemia influenzale.
4.
A causa delle correlazioni esistenti fra concentrazioni giornaliere di particolato
sospeso e inquinanti in fase gassosa, che possono essere causati dal tempo o dalla
presenza di una comune sorgente, si ritiene che l’approccio che mira a definire gli
effetti di singoli inquinanti sia ancora problematico, benché di grande importanza.
Un metodo affidabile consiste nel confrontare la forza delle associazioni fra gli
effetti e i singoli inquinanti, come anche utilizzare modelli che considerino
contemporaneamente gli effetti di gruppi di contaminanti. Lo studio NMMAPS,
riportato da Samet et al. [2000, parte I e II] esemplifica questo possibile approccio.
Gli autori hanno esaminato gli effetti sanitari dell’ozono, del NO2, del SO2 e del CO
insieme al PM10. L’inclusione nel modello delle componenti gassose modifica solo
parzialmente le stime di rischio per le particelle in confronto con i modelli basati sui
singoli inquinanti. Al contrario, le stime dell’effetto dei gas che erano aumentate nel
modello a un solo inquinante, si riducevano quando le particelle venivano assunte
nel modello. Quindi può essere escluso il confondimento delle stime di rischio
attribuibile alle particelle operato dall’inclusione nel modello degli inquinanti
gassosi.
5.
Alcuni paesi, quali la Germania (e l’Australia), hanno indagato anche l’effetto del
biossido di zolfo oltre a quello delle particelle. I risultati degli studi di mortalità
della coorte di Erfurt forniscono una buona base per affrontare questa problematica,
in quanto coprono un lungo periodo di tempo nel corso del quale si sono verificati
cambiamenti profondi nella composizione degli inquinanti e nelle loro
concentrazioni. Mentre le stime degli effetti attribuibili a incrementi di 10 mg/m3 del
PTS non hanno praticamente subito modificazioni dal 1988 al 1998, l’effetto
attribuibile al biossido di zolfo è diminuito di un fattore 43.
6.
Le particelle ultrafini, il biossido di zolfo e il monossido di carbonio hanno
evidenziato profili simili. Le loro concentrazioni subiscono variazioni trascurabili
fra estate e inverno, ma le fluttuazioni nel corso della settimana sono pronunciate,
con concentrazioni maggiori nel fine settimana. Questo suggerisce che la fonte
comune sia costituita principalmente dal traffico veicolare. Tutti gli inquinanti citati
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erano correlati con effetti sulla mortalità caratterizzata da una latenza di diversi
giorni.
7.
È importante sapere se le particelle sono di origine naturale (crosta terrestre) o
derivano da fonti antropogeniche. La distinzione può essere effettuata nel corso delle
tempeste di sabbia. Gli studi compiuti da Schwartz et al. [1999] negli USA non
hanno documentato incrementi nella mortalità anche in presenza di elevate
concentrazioni di particelle. Gli studi compiuti in Utah [Pope et al., 1999] hanno
raggiunto conclusioni simili. Laden at al. [2000] ha analizzato il ruolo delle
particelle naturali come proporzione del particolato fine, studiandone la
composizione elementare. L’analisi della regressione ha portato a dimostrare il
contributo prevalente sulla mortalità legato all’incremento delle particelle fini
derivanti da sorgenti mobili, seguito da un debole effetto delle particelle derivanti
dalla combustione di carbone, mentre nullo è l’effetto sulla mortalità attribuibile alle
particelle derivanti dalla crosta terrestre.
8.
La maggior parte degli studi epidemiologici non consente di stimare una soglia o un
valore soglia per il particolato sospeso. La problematica è stata ampiamente discussa
nell’indagine NMMAPS [Samet et al., 2000a-b; Daniels et al., 2000]. L’esistenza di
un valore soglia è stato analizzato sulla base dei dati ottenuti in 20 grandi città degli
Stati Uniti, impiegando differenti approcci e modelli per l’analisi delle relazioni
dose-risposta e la stima del rischio. È stato evidenziato che i risultati riguardanti sia
la mortalità totale, sia quella per cause cardio-polmonari sono descritte al meglio da
un modello lineare senza soglia. Tuttavia, la mancanza di una soglia stimata per la
popolazione generale non è in contraddizione con l’esistenza di una soglia a livello
individuale. Schwartz et al. [1994] hanno discusso il fatto che è praticamente
impossibile trovare un valore soglia valido per l’intera popolazione, anche se
esistono diversi valori soglia per i singoli individui; inoltre, occorre considerare che
la variabilità interindividuale nell’esposizione non viene adeguatamente riflessa dai
dati delle centraline di monitoraggio poste sul territorio.
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10. Conclusioni
1-
Il profilo sanitario della provincia di Piacenza pubblicato nel 2002 e le notizie
raccolte nei diversi incontri con i Dirigenti della Sanità Pubblica dell’AUSL di
Piacenza non hanno tratteggiato una situazione epidemiologica tale da evidenziare
particolari patologie nella popolazione nel suo complesso o in suoi sottogruppi tali
da consigliare una specifica attività di monitoraggio per il futuro.
2-
L’impianto di Tecnoborgo SpA, anche nell’ipotesi di un suo adeguamento come
confermato dai dati delle ultime campagne di controllo a loro volta rafforzative delle
previsioni della VIA, come tutti gli impianti d’incenerimento di nuova concezione,
emette sostanze di riconosciuta pericolosità, ma a concentrazioni non dissimili – in
alcuni casi inferiori – a quelle di altre fonti emissive della stessa area (traffico,
insediamenti industriali). I dati di letteratura, anche se non sufficienti e non
conclusivi, mostrano che i maggiori rischi per la salute sono associati alle emissioni
da discariche illegalmente utilizzate e siti di abbandono illegali, da impianti
d’incenerimento con tecnologie obsolete, da siti di abbandono e dalle combustioni
incontrollate di rifiuti: gli inceneritori moderni correttamente condotti sono esclusi
da questo gruppo di situazioni pur a rischio dubbio.
3-
I nuovi problemi, ai quali non sono state date ancora risposte adeguate e per i quali
deve essere trovato un accordo relativo ai sistemi che siano in grado di fornire
risposte in modo adeguato, riguardano la misura della compromissione aggiuntiva
del territorio che questi impianti determinano. In particolare è ormai accettato che i
tradizionali sistemi e mezzi epidemiologici, data la difficoltà di porre in evidenza
rischi che, per bassa intensità dell’esposizione, si collocano ai limiti delle capacità di
risoluzione dell’epidemiologia o, forse, sono già oltre gli stessi, presentano un
dubbio rapporto costo-beneficio. La ricerca si è quindi orientata verso metodologie
di risk assessment, che sono tuttavia ancora bisognose di consolidamento
metodologico. Le stesse considerazioni si applicano alla misura di biomarcatori di
esposizione, anche se finora, quando correttamente applicati (vedi vari punti
paragrafo dell’aggiornamento bibliografico specifico) non hanno messo in evidenza
alterazioni significative.
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4-
Lo studio promosso da ENVIROS-DEFRA per il Ministero dell’Ambiente dell’UK,
mentre esclude effetti significativi su mortalità e ricoveri per patologie croniche in
particolare quelle legate all’esposizione a diossine e furani generati da processi
termici, come quelli degli inceneritori, evidenzia potenziali effetti acuti minori,
come quelli sull’apparato respiratorio con conseguente aumento nell’uso di farmaci
specifici (possibile rapporto con le emissioni di particolato).
Sono stati individuati i seguenti fattori da tenere in considerazione quando si
debbano trarre conclusioni sugli studi degli effetti da IRSU:

accuratezza delle statistiche sulla salute;

accuratezza delle diagnosi di cancro;

potenziali fattori confondenti;

variabili legate all’inceneritore (tipo di rifiuti trattato, condizioni
meteorologiche e geografiche, controllo delle emissioni).
Il Comitato ha concluso che “ogni potenziale rischio di tumore dovuto alla
residenza (per periodi di più di 10 anni) vicino a IRSU è eccessivamente basso e
probabilmente non misurabile con le più moderne tecniche”. Gli eccessi misurati in
alcuni studi sono dovuti a fattori confondenti di tipo socioeconomico e non
associati agli IRSU. Ha inoltre concluso che non vi era necessità di ulteriori studi
sull’incidenza di tumori in popolazioni residenti vicino a IRSU.
5-
Le conclusioni dello studio francese InVIS riportato appaiono più problematiche.
Infatti, pur mettendo in evidenza rischi relativi significativi per alcuni tipi di tumori
in gruppi e sottogruppi di esposti a inquinanti prodotti da inceneritori, ne evidenzia
da una parte il livello molto basso e la presenza di dati contrastanti tra gruppi e
sottogruppi di esposti, dall’altra ne sottolinea la non considerazione di importanti
fattori di rischio, primo tra tutti il fumo di sigaretta ed enfatizza il limite della non
esatta quantificazione dell’esposizione. Ripercorrendo gli elementi già riportati, si
può sintetizzare:

una
correlazione
positiva
statisticamente
significativa
(ancorché
estremamente debole con RR = 1,06 tra l'esposizione agli inceneritori e
l'incidenza: “tutti i tipi di tumore” tra le donne (IC95%: 1,01-1,12, p=
0.01); per “cancro al seno” nelle donne: RR = 1,09 (IC95%: 1,01-1,18, p =
0.03); sempre con RR debole (1,12) per “linfomi maligni non-Hodgkin”
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Impatto sulla salute dell’incenerimento dei RSU
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(LMNH) per entrambi i sessi (IC95%: 1,00-1,25, p = 0,04); LMNH nelle
donne con RR = 1,18 (IC95%: 1,01-1,38, p = 0.03); e mieloma multiplo
negli uomini con RR = 1,23 (IC95%: 1,00-1,52, p = 0.05);

associazioni non significative anche se vicine alla significatività per
sarcoma dei tessuti molli per entrambi i sessi, con RR = 1,22 (IC95%: 0,981,51, p =0.07), cancro al fegato per entrambi i sessi, con RR = 1,16
(IC95%: 0,99-1,37, p = 0,07), mieloma multiplo, per entrambi i sessi, con
RR = 1,16 (IC95%: 0,97-1,40, p = 0,10);

non mostra significativa associazione tra l'esposizione agli inceneritori e il
rischio: “tutti i tipi di tumori” negli uomini; cancro ai polmoni nelle donne
e uomini; cancro alla vescica nelle donne e negli uomini; leucemia acuta e
cronica con leucemia linfoide - donne e uomini;

la scelta dei periodi di latenza d’insorgenza di tumori potrebbero, se troppo
brevi, portare a una sottovalutazione di RR calcolato in un periodo di
osservazione troppo precoce.
I punti di forza di questo lavoro sono le grandi dimensioni della popolazione
studiata, la coerenza con i risultati trovati in letteratura. Tuttavia, lo studio soffre di
limiti comuni a qualsiasi studio di tipo ecologico, ossia la descrizione di
esposizione a scala collettiva e la mancanza di informazioni sui fattori di rischio
(storia residenziale, esposizione professionale, fumo, il consumo di alcol e farmaci,
etc.). Questa mancanza di informazioni a livello individuale potrebbe generare
errori di classificazione che su bassi numeri di eventi può risultare particolarmente
grave.
In questo studio non è stato possibile prendere in considerazioni altri fattori di
rischio noti per essere fortemente associati con l'incidenza di alcuni tumori, come il
consumo di tabacco e alcol, l’esposizione professionale, eventuali cure mediche.
Allo stesso modo non è nota la storia residenziale delle persone, né le loro
abitudini alimentari e l'origine degli alimenti consumati.
La mancanza della storia residenziale può avere portato a errori nella
classificazione tra esposti e non esposti, in particolare tra i pazienti affetti da
tumore il cui stato di esposizione è stato determinato in base all'indirizzo di
residenza al momento della diagnosi.
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Questo studio non è quindi in grado di stabilire un nesso causale tra l'esposizione
alle emissioni degli inceneritori e l'incidenza dei tumori. Tuttavia, esso fornisce
prove convincenti sull’impatto degli scarichi di rifiuti sulla salute pubblica, anche
se basato su una situazione non attuale (inceneritori vecchio-tipo) e può fornire
utili elementi per le indagini attuali.
Importante appare la conclusione circa future iniziative di controllo specie
epidemiologico: gli autori concludono che dato il basso RR osservato non vi è
alcuna necessità di proporre misure specifiche per lo screening o il monitoraggio
dell’esposizione umana.
6-
Non vi è dubbio che l’impegno profuso dal gruppo di ricerca che ha studiato i
possibili effetti sulla salute umana dell’impianto di Coriano (Forlì), per
competenza assoluta dei ricercatori coinvolti e similitudini di situazioni e
popolazioni indagate, deve essere valorizzato al massimo.
Anche in questo caso le conclusioni: “Non si sono osservati danni complessivi alla
salute nella popolazione correlati a esposizioni attribuibili agli impianti di
incenerimento” sono rese più caute e problematiche da una serie di osservazioni a
partire, come atteso, da quelle centrali della qualificazione e quantificazione
dell’esposizione: “Non sono disponibili informazioni sulle esposizioni ambientali
negli anni passati e su potenziali fattori di confondimento (esposizioni
professionali, abitudini al fumo) che potrebbero in parte spiegare i risultati
osservati”.
Tuttavia, si osserva che, analizzando le singole cause, sono stati riscontrati alcuni
eccessi di mortalità e incidenza per alcune cause da considerare con maggiore
attenzione. Infatti, è stato riscontrato nelle donne un eccesso di mortalità per i
tumori dello stomaco, del colon retto, della mammella e per tutti i tumori. I dati di
incidenza mostrano, invece, un eccesso solo per i tumori del colon-retto. Si
sottolinea comunque che tutti gli eccessi tumorali di cui sopra si riscontrano
esclusivamente nelle donne e non negli uomini.
Inoltre, l’analisi per livello di esposizione evidenzia un eccesso di mortalità per
sarcoma dei tessuti molli (STM), quando si considerano congiuntamente uomini e
donne. Tuttavia il numero di casi osservati è limitato (tre casi nel livello di
esposizione più elevato), trattandosi di una forma tumorale rara la cui diagnosi ha
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grandi problemi di validità, come dettagliatamente descritto nella relativa
esposizione.
Lo studio presenta diversi elementi di forza, dovuti principalmente all’elevata
qualità delle informazioni raccolte e all’uso di modelli di dispersone come
indicatore di esposizione, che lo rendono innovativo e di particolare interesse in
campo scientifico.
Tuttavia è necessario sottolineare anche i principali limiti di questo lavoro, peraltro
valutati in fase di progettazione. Essi sono:

l’uso di dati misurati recentemente per definire i gradienti di esposizione
ambientale nel passato (si sono attribuiti agli anni precedenti dati
ambientali e meteo climatici misurati nel 2003-2004);

la difficoltà di ricostruire la storia abitativa della popolazione prima del
1990;

la mancanza di informazioni individuali su condizioni occupazionali e
socioeconomiche, e su esposizioni a fattori di rischio individuali (fumo,
alcol, etc.).
7-
Un tema che, come detto, negli ultimi anni è balzato all’attenzione della pubblica
opinione
e
della
comunità
scientifica,
non
senza
alcune
punte
di
spettacolarizzazione, riguarda i possibili effetti delle nanopolveri o meglio delle
particelle ultrafini (PU), a volte collegate preferenzialmente con i grandi impianti
di incenerimento o di produzione energetica.
Le conclusioni dello studio Europeo “ULTRA” suggeriscono che le PU non
rappresenterebbero la principale spiegazione degli effetti acuti attribuibili alla
frazione fine (PM2,5) del particolato, mentre spiegherebbero, in parte, gli effetti del
traffico nelle coorti Europee.
Tuttavia, il ruolo più evidente delle PU rispetto alle PF, nell’associazione con la
mortalità e morbilità cardiovascolari, è in accordo con le attuali conoscenze circa il
loro meccanismo d’azione, che comprende l’attivazione di recettori sensibili agli
irritanti e la genesi di una risposta infiammatoria a livello respiratorio, il passaggio
delle particelle attraverso gli epiteli, l’attivazione endoteliale vascolare e
l’aumentata coagulabilità con il rischio di trombosi intravascolare. I tre principali
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studi che hanno valutato specificamente il ruolo delle PU indicano, tuttavia, un
ruolo non trascurabile dell’esposizione ai co-inquinanti, specie gassosi.
Anche in questo caso i principali limiti dell’approccio epidemiologico risiedono
nella mancanza di misure di esposizione su popolazioni sufficientemente vaste
(legato alla necessità di effettuare misure periodiche nel tempo sia di parametri
clinici, sia ambientali) e nella difficoltà a ricostruire l’esposizione personale,
incluse le sorgenti indoor (scarsa corrispondenza fra le concentrazioni indoor e
outdoor di PU, nonché scarsa correlazione con le PF). Questo si traduce nella
limitata o nulla significatività statistica delle stime di rischio, che includono, senza
superarlo, il valore unitario.
8-
Le conclusioni dell’Associazione Italiana di Epidemiologia del maggio 2008
possono essere assunte come essenziali nell’inquadramento delle problematiche
sanitarie correlate alla gestione dei rifiuti urbani e assimilabili, confrontando i
rischi rappresentati dalle diverse opzioni e quelli rappresentati dal trattamento negli
inceneritori di ultima generazione. A questi non sono associabili evidenze di
patologie soprattutto tumorali, fata salva la precisazione che i tempi di
osservazione dalla loro entrata in funzione sono relativamente brevi.
A causa del poco tempo trascorso dall’introduzione delle nuove tecnologie
d’incenerimento e a causa della difficoltà di condurre studi di dimensioni
sufficientemente grandi da rilevare eventuali effetti delle nuove concentrazioni dei
tossici emessi, non sono a oggi disponibili evidenze chiare di rischio legato agli
impianti di nuova costruzione.
La frequente presenza nelle aree di localizzazione degli inceneritori di altri
insediamenti industriali, di arterie viarie ad alto traffico, di insediamenti
residenziali di popolazioni socialmente ed economicamente svantaggiate pone
problemi nuovi, problematici per gli usuali strumenti dell’indagine epidemiologica,
a quanti cercano di individuare gli effetti sanitari specifici delle emissioni dei nuovi
inceneritori.
Data la difficoltà di porre in evidenza rischi che, per bassa intensità
dell’esposizione,
si
collocano
ai
limiti
delle
capacità
di
risoluzione
dell’epidemiologia (e forse oltre) e dato quindi il dubbio rapporto costo-beneficio
delle indagini epidemiologiche convenzionali, la ricerca si è orientata verso
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metodologie di risk assessment, che sono tuttavia ancora bisognose di
consolidamento metodologico. Le stesse considerazioni si applicano alla misura di
biomarcatori di esposizione, anche se finora, di regola, non hanno messo in
evidenza alterazioni significative.
Per il superamento dei limiti degli studi finora condotti è raccomandato: l’uso di
modelli evoluti di dispersione degli inquinanti basati sulle più recenti tecnologie
GIS; l’attivazione di studi prospettici possibilmente multicentrici, con particolare
attenzione al controllo sistematico del confondimento; l’uso di procedure di
biomonitoraggio, in particolare sui gruppi più vulnerabili (bambini, donne in
gravidanza, malati cronici); la sperimentazione di studi di risk assessment.
Sia per i piani di sorveglianza, sia per gli studi analitici è raccomandata la
costituzione di comitati di esperti di provata competenza e in assenza di conflitto
d’interesse, cui demandare la progettazione delle osservazioni, le verifiche in corso
d’opera e la divulgazione dei risultati.
Nota finale
Resta la chiusura della questione AUSL, prendendo atto che non vi sono localmente
possibilità di condurre studi, anche per la molto verosimile bassa / molto bassa numerosità
dei campioni e che il tentativo fatto (dopo 4-5 mesi) si è risolto con una richiesta a noi di
informazioni sulle patologie che definirei, per il quieto vivere, surreale. Chiederei anche a
chi ha svolto a suo tempo il risk assessment per il VIA, di rifare le valutazioni con lo
stesso modello alla luce dei dati reali degli ultimi controlli ambientali e delle normative
più recenti su diossine citate anche dagli epidemiologi.
P. Apostoli
pag. 95
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