LA CITTÀ E LE TECNOLOGIE MOBILI DELLA COMUNICAZIONE
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LA CITTÀ E LE TECNOLOGIE MOBILI DELLA COMUNICAZIONE
C. Maria Laudando – Rossella Ciocca (a cura di) La città e le tecnologie mobili della comunicazione Parole e culture in movimento 11 Intersezioni/Intersections Collana di anglistica C. Maria Laudando – Rossella Ciocca (a cura di), La città e le tecnologie mobili della comunicazione Copyright © 2014 Tangram Edizioni Scientifiche Gruppo Editoriale Tangram Srl Via Verdi, 9/A – 38122 Trento www.edizioni-tangram.it – [email protected] Intersezioni/Intersections – Collana di anglistica – NIC 11 Prima edizione: aprile 2014, Printed in EU ISBN 978-88-6458-110-1 Il presente volume è stato sottoposto a valutazione scientifica. Il regolamento e la programmazione editoriale sono pubblicati sul sito dell’editore (www.intersections.it) Direzione Oriana Palusci Comitato scientifico Maria Teresa Chialant, Università degli Studi di Salerno Rossella Ciocca, Università di Napoli ‘L’Orientale’ Lidia Curti, Università di Napoli ‘L’Orientale’ Laura Di Michele, Università degli Studi dell’Aquila Bruna Di Sabato, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli Paola Faini, Università degli Studi Roma Tre Eleonora Federici, Università della Calabria Vita Fortunati, Università degli Studi di Bologna Alba Graziano, Università della Tuscia, Viterbo Gerhard Leitner Faha (Hon.), Freie Universität, Berlin Carlo Pagetti, Università degli Studi di Milano Biancamaria Rizzardi, Università degli Studi di Pisa Margherita Ulrych, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano In copertina: Bianco-Valente, Landungs, 2003, Vutek ultra su Frontlit, cm 200 x 350 Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati dell’Università di Napoli “L’Orientale” Stampa su carta ecologica proveniente da zone in silvicoltura, totalmente priva di cloro. Non contiene sbiancanti ottici, è acid free con riserva alcalina Indice Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione 11 C. Maria Laudando La comunicazione mobile del teatro cinque e seicentesco 35 Mobilità della parola shakespeariana tra stage e page 37 Michele Stanco Città italiane e comunicazione culturale nel teatro shakespeariano 53 Simonetta de Filippis Lontano da Venezia: l’impossibile ritorno a casa di Othello 69 Carlo Pagetti Flussi e traffici della comunicazione culturale nella città del Settecento 85 I periodici come ‘interfaccia’ della Londra primosettecentesca: tecnologie di lettura 87 Carmela Formisano Cultura dello spazio, spazio della cultura: le coffee-houses settecentesche 101 C. Bruna Mancini Idilli teatrali e gingilli tecnologici nei ‘giardini del piacere’ di Londra nel Settecento 117 Claudia Corti Reti editoriali e spazi espositivi della città nell’Ottocento 137 Dickens, la stampa periodica e la rappresentazione della città come commodity spectacle 139 Maria Teresa Chialant Viaggiatori-lettori nella Firenze del Vieusseux, riflessioni su di un tour virtuale (1820-1873) 155 Caterina De Caprio Da Parigi alla provincia 171 Giovannella Fusco Girard Dalla Back Bay alla Bowery: l’itinerario metropolitano di William Dean Howells 187 Ludovico Isoldo Fantasmagorie della città fin-de-siècle e modernista 203 Waste(d) city. H. G. Wells, things and their aftermath 205 Marilena Parlati «Accumulating impressions»: Londra nella scrittura di Ford Madox Ford e Arthur Symons 221 Marina Lops Spazi femminili della metropoli modernista: il cinema e la strada 235 Vittoriana Villa Forme mutanti: le reti connettive della megalopoli virtuale 247 Fascino e paura dell’iperspazio nella narrativa contemporanea 249 Lucia Esposito Cartografie digitali e mappe narrative nella città-mondo contemporanea 265 Alessandra Ruggiero The magic line in Matteo Pericoli’s ‘unfurled cities’ 275 Anna Notaro Il palinsesto urbano tra ‘locative media’ e cartografie migranti 289 L’ultimo uomo sulla torre. Discontinuità spaziali e temporalità asincrone a Mumbai 291 Rossella Ciocca «Nothing is what it appears to be»: Bollywood/ Hollywood, Little India, Toronto 307 Oriana Palusci Smart cities tra fantascienza e nuova realtà metropolitana 325 Laura Di Michele Appendice – Nel ventre di Napoli 345 Giuliana Mariniello Ringraziamenti 349 Autrici/Autori 351 La città e le tecnologie mobili della comunicazione Parole e culture in movimento Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione C. Maria Laudando 1. Sulla pelle La decisione di aprire i lavori del convegno in onore di Laura Di Michele con il video Sulla pelle è maturata in modo casuale e fulmineo solo la sera precedente l’inizio dei lavori quando, nel tentativo di placare la forte pressione emotiva dell’attesa, mi ero messa a cercare altre immagini che potessero illustrare il tema prescelto, e così mi sono imbattuta in quest’opera della coppia di artisti Bianco-Valente1, che già ci avevano concesso di utilizzare la loro strepitosa Landungs (2003) per i materiali informativi della nostra manifestazione. Il video, in realtà, mi era già stato segnalato da una carissima amica qualche settimana addietro, ma, come spesso succede, tra una cosa e l’altra, avevo disatteso quel prezioso suggerimento, e adesso mi piace persino pensare che forse era destino che lo dovessi inv ece scoprire quasi un po’ alla cieca sotto l’urgenza della carica affettiva e della tensione nervosa che continuava a salire nel corso di quella tumultuosa vigilia. Il video mi folgorò e ho subito pensato che non poteva esserci tributo a Laura più congeniale che aprire i lavori in suo onore seguendo le sollecitazioni di quella scoperta inattesa e improvvisa piuttosto che limitarmi alla presentazione delle sezioni in cui avevamo articolato il programma. Congeniale, in primo luogo, per la sua spiccata sensibilità a valorizzare l’elemento aleatorio, La coppia Bianco-Valente è formata dagli artisti Giovanna Bianco e Pino Valente, residenti a Napoli, che da anni esplorano nei loro lavori le relazioni tra il tessuto urbano e le nuove tecnologie. Sulla pelle è un loro video del 2010 di 4′18′′, dedicato a Mario Masullo, visionabile all’indirizzo http://www.biancovalente.com/video.htm (ultimo accesso 6.12.2012). 1 11 Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione il dettaglio effimero che quasi magicamente diventa illuminante per l’attivazione di sensi nascosti, di quelle memorie latenti che sempre riaffiorano – e quando meno ce lo si aspetta –, insomma quei ‘momenti di visione’ di woolfiana memoria (ma a sua volta Virginia Woolf aveva, ovviamente, ben presente la qualità visionaria di un poeta e narratore come Thomas Hardy) che illuminano e squarciano la quotidianità e intensificano ogni nostra percezione. Non è un caso che il primo campo di studio che ho avuto il privilegio di condividere con lei sia stata la passione per un autore interstiziale e digressivo come Laurence Sterne – anche in ragione di quella sua personalissima rielaborazione, tra il serio e il faceto, della linea serpentina o serpentinata di William Hogarth –, uno scrittore che non arriva mai alla meta prefissata perché non gli piace di tirar dritto per strade maestre e preferisce lasciarsi andare alla ventura e al rischio di itinerari più inconsueti attraverso vicoli laterali che poi si intersecano con altre viuzze fino a disegnare la famosa pagina marezzata, il motley emblem, che per un verso ammicca alle pose e all’abito del fool shakespeariano, ma nello stesso tempo preannuncia già una sorta di labirinto ante litteram alla Borges. Piccola parentesi nella parentesi, le lezioni di Laura Di Michele erano famose per le sue annotazioni paratestuali – «e su questo si potrebbe aprire una lunga parentesi» – che all’inizio, confesso, risuonavano sempre anche un po’ minacciose e impervie: a partire da una parola apparentemente piana e poco significativa (chi potrà mai scordare «gentlewoman» in Moll Flanders o «scaffold» di quel primo memorabile corso sulle histories shakespeariane?) si dipanavano spesso vertiginose digressioni e mappe intertestuali che approdavano tutte nello stesso fatidico punto: «e su questo si potrebbe fare una splendida tesi…». Ma se le circostanze fortuite che avevano portato alla scoperta del video bene si sposavano con i suoi insegnamenti ‘shandiani’ e ‘woolfiani’ a voler cogliere anche i più minuti guizzi visionari della vita quotidiana, ritornando al video in sé, Sulla pelle, intanto già dal titolo immediatamente e prima di tutto mi permetteva di toccare le corde emozionali – quelle sottili nuances temperamentali paradossalmente effimere eppure tenaci, persistenti e sempre in qualche misura incontrollabili – che sono in gioco in ogni evento e tanto più in un evento denso di memorie e di attese come quello. L’opera di Bianco-Valente era poi particolarmente congeniale alla doppia anima del nostro convegno, perché non solo il video 12 C. Maria Laudando è di fatto un tributo alla città di Napoli e al ricordo commosso di un artista amico della coppia, ma è concepita e realizzata in un felicissimo connubio di implicazioni tecnologiche e affettive: infatti si snoda visivamente nella sua disarmante ma geniale semplicità come un palinsesto di frammenti che si stratificano l’uno sull’altro, sovra-iscrivendo sempre sulla stessa pagina di taccuino le impressioni di diari di viaggio, lettere, saggi e romanzi che in tre secoli sono fluite dalla penna di diversi intellettuali, scrittori e scrittrici sulla metropoli partenopea. E accanto, o meglio, insieme all’immagine della mano che scrive e della pagina che si va addensando (Fig. 1), scorre la partitura delle voci, dei suoni e dei rumori: un intreccio sapiente tra la rielaborazione sonora di alcuni campioni lasciati da Mario Masullo, l’amico prematuramente scomparso, e la registrazione spiazzante delle voci di altri amici che leggono al telefono le righe dei testi che intanto la mano scrive caparbiamente sullo stesso foglio2. Fig. 1: Bianco-Valente, Sulla pelle, 2010, Video, 4’18”, Sound Design di Andrea Gabriele, Veduta dell’installazione presso la ex Manifattura Tabacchi, 2012, Torino (IT). 2 La simultaneità tra la voce che legge e la mano che scrive si presta perfettamente a illustrare quella circolarità e reciprocità tra scrittura e lettura che ritorna spesso nelle sue riflessioni critiche, come nel bel saggio dedicato a Virginia Woolf “Leggere la scrittura/Scrivere la lettura” (Di Michele 2001b). 13 Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione Pur mettendo in gioco diversi schermi e filtri di mediazione, l’interazione ben calibrata tra mani, voci, corpi e i diversi dispositivi tecnologici intensifica anziché disperdere l’impatto emozionale su chi ‘guarda-e-ascolta’. Il gesto della scrittura disegna così gradualmente una sorta di surreale paesaggio urbano – e dell’anima di una città e di chi ci vive –, un agglomerato denso e viscerale che si ispessisce impregnandosi sempre di più anche delle diverse grane e coloriture delle voci che leggono, mentre in sottofondo cresce pian piano il volume di grida, rumori di strada, e un mix di campioni/suoni sperimentali (a cura di un altro amico artista, Andrea Gabriele) che lasciano un’eco irrequieta, profonda. Quasi sinistra. Per farla breve, tutto il processo di composizione e, parallelamente, quello di fruizione del video invitano a riflettere su una serie di aspetti che Laura Di Michele ha da sempre privilegiato nella sua attività scientifica e didattica: prima di tutto l’idea di palinsesto declinata artisticamente, tecnologicamente, affettivamente, a diversi livelli, nell’intreccio di parola e immagine, di parola letta a voce alta e di parola letta silenziosamente, di parola scritta sulla pagina e di parola registrata su un nastro, di oralità e scrittura, delle ‘arti consorelle’, insomma della fertile contaminazione tra testi letterari, arti visive e nuovi media3. Ma elemento altrettanto centrale è la mobilità e la fisicità che si impongono in ogni ‘senso’: la mano che si muove, la voce che parla, l’occhio che guarda, la pelle che vibra. Nell’amplificazione di questi movimenti minimi come registrare un’impressione, una voce, un appunto – movimenti ripetitivi eppure sorprendenti, banali e insieme visionari –, il video esalta la mobilità quotidiana che costituisce la linfa segreta della vita e della scrittura/lettura di una città, quella linfa che poi innerva e alimenta innumerevoli altri rivoli di comunicazione. La città appunto come palinsesto mobile, che si muove attraverso i corpi e le storie dei suoi abitanti e attraverso gli strumenti tecnologici che in modo sempre più sofisticato e vertiginoso incessantemente tessono e disfanno reti affettive e comunicative. Sì, proprio la L’attenzione per le tecnologie della scrittura e della lettura rappresenta un’altra dimensione distintiva della sua analisi critica: qui mi limito a ricordare i suoi contributi sulla epistolarità della scrittura romanzesca di Sette e Novecento in due importanti volumi a sua cura: “Lettera e racconto” in Questioni di genere (1993) e “Il possesso delle lettere” in Proprietarie (con Angiolina Arru e Maria Stella 2001a). 3 14 C. Maria Laudando città e le tecnologie mobili della comunicazione: il titolo e il tema che avevamo scelto per la nostra manifestazione in suo onore perché riprendeva un progetto inter-universitario che lei stessa aveva ideato nel 2007 e che costituisce senza dubbio ancora oggi una delle cifre più rappresentative della sua progettualità scientifica e didattica. Anche adesso che ci accingiamo a dare alle stampe gli Atti di quell’iniziativa e la tensione emotiva di quella vigilia ha da tempo ceduto il posto a una più composta tranquillity di wordsworthiana memoria, pure la magia che lega quel video a quell’evento nel ricordo persiste: perché l’intensità emozionale e narrativa di quel video e della sua scoperta mantiene intatta la sua forza evocativa e dirompente di apertura tanto ai temi del Convegno quanto alle sue sfide progettuali, portando immediatamente in superficie, sulla pelle di tutti coloro che vi parteciparono insieme a lei, il denso e straripante sottotesto affettivo di quella indimenticabile due-giorni, che per un altro gioco di casualità e destino finì per svolgersi nel luogo più congeniale, a Palazzo Giusso nell’Aula intitolata a “Fernando Ferrara”. 2. Un campo di frontiera Per chi ha avuto il privilegio di partecipare alle attività scientifiche e didattiche promosse e coordinate da Laura Di Michele, la scelta di renderle omaggio attraverso il tema della città e le tecnologie mobili della comunicazione, per quanto necessariamente riduttivo rispetto all’ampiezza e alla complessità dei suoi interessi, presenta, tuttavia, il vantaggio di declinare non solo idealmente ma concretamente nel suo vissuto, e con immediata evidenza, l’inscindibilità di teoria e prassi, di ‘politica’ e ‘poetica’4, che ha Penso, ovviamente, al titolo del volume La politica e la poetica del mostruoso (Di Michele, a cura di, 2002a), che raccoglie i risultati di un ampio progetto Prin (1999) da lei coordinato, Immagini e raffigurazioni del mostruoso nella letteratura e nella cultura inglese e angloamericana su cui ritornerò più avanti; ma anche a un saggio più recente, “Piacere, politica, poetica. Le tre ‘p’ della letteratura” (2008), in cui la coppia di ‘politica’ e ‘poetica’ è affiancata dalla terza ‘p’ del ‘piacere’ e in cui la magistrale messinscena di Falstaff e del giovane Hal nella taverna londinese della “Testa di cinghiale” è assunta a modello della circolarità e reciprocità relazionale dell’insegnare-e-imparare. 4 15 Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione scandito ogni fase della sua formazione e produzione di instancabile discente e docente, di raffinata studiosa ed esploratrice, o, meglio ancora, di flâneuse curiosa, a un tempo ironica e appassionata, della lingua, della letteratura e della cultura inglese. Allieva di Fernando Ferrara, ha partecipato di fatto al suo progetto temerario e per certi versi anche utopico di profondo rinnovamento degli studi e degli insegnamenti dell’anglistica nell’alveo squisitamente interdisciplinare della ‘comunicazione’ culturale e ‘sul campo’ scomodo e marginale di due città come L’Aquila e Napoli e dei rispettivi atenei, e ‘tra’ queste due città e le altre città e università del Sud in un rigoroso e paziente lavoro quotidiano di diversi decenni, nel fertile e sempre generoso interscambio intellettuale con colleghe e colleghi, e con studentesse e studenti tutti. È il nomadismo sempre più consapevole tra questi due territori ‘di frontiera’ – da un lato, un austero avamposto tra le montagne e, dall’altro, il frastuono assordante della metropoli partenopea – che segna in modo indelebile e circolare il percorso scientifico e didattico di Laura Di Michele e ne scandisce ogni tappa5. Il lavoro sul campo da una città all’altra e in costante dialogo con le città (Londra innanzi tutto, ma naturalmente anche Stratford-upon-Avon e Birmingham, negli anni cruciali della fondazione dei Cultural Studies di Richard Hoggart, Raymond Williams e Stuart Hall, e, in anni più recenti, la cittadina gallese di Aberystwyth) e l’altrove di una cultura straniera, di cui ha contribuito a tradurre, ricostruire e ridefinire innumerevoli aspetti, paesaggi, scorci e, naturalmente, generi, testi, voci e corpi, sempre interrogando i confini visibili e meno visibili del canone e della tradizione (ma forse qui ormai è d’obbligo il plurale: dei canoni e delle tradizioni). La città e le tecnologie mobili della comunicazione evocano quindi subito e indissolubilmente non solo la duplice impronta, aquilana e napoletana, della sua formazione accademica, del suo lungo apprendistato e della sua piena appartenenza alla scuoMi approprio qui delle riflessioni che Carlo Pagetti sviluppa nel suo commosso tributo a Ferrara, “Fernando Ferrara e Raymond Williams: due ‘signalmen’” (1998:219-30) sottolineando la consonanza tra l’anglista italiano e lo studioso gallese nella loro valorizzazione del ‘sense of place’ e del territorio ‘di frontiera’. Credo, si possano opportunamente estendere anche all’intensità e alla forza ispiratrice sottese all’itinerario accademico di Laura Di Michele tra L’Aquila e Napoli. 5 16 C. Maria Laudando la innovatrice di Fernando Ferrara, ma anche una delle chiavi, se non la chiave interpretativa portante di quell’approccio così straordinariamente nuovo e moderno, di provare a leggere i testi letterari in termini di ‘comunicazione’ culturale e di prassi sociale – un vero e proprio laboratorio rivoluzionario nel cuore delle città marginalizzate del Sud, foriero di nuove e vincenti metodologie critiche e di sperimentazioni didattiche altrettanto all’avanguardia tanto sul piano scientifico che ‘tecnologico’: basti pensare a quelle unità audio-visive che si producevano con il coinvolgimento attivo degli studenti e delle studentesse nei Laboratori linguistici dell’allora Istituto Universitario Orientale già dai primi anni Ottanta. Questo spiega perché sin dagli inizi è la città con le sue contraddizioni e rimozioni, con le sue vivide stratificazioni di sogni e di paure, di memorie e di cancellature, che s’impone alla sua attenzione di studiosa e alla sua sensibilità di flâneuse come punto fermo (anzi, mobile) di riferimento, come ineludibile termine di confronto di qualunque campo di ricerca, quand’anche si trattasse di autori e di testi lontanissimi dal presente, perché il primo compito del progetto innovativo degli studi culturali cui aderisce esige il ‘dialogo’ con la realtà densa e pulsante delle città in cui si muove. C’è un passo che dedica a una stampa di Hogarth del 1741, The Enraged Musician, che mi sembra sotto questo rispetto illuminante (Di Michele 1999:12): Qui si vede il musicista che – distolto dalla sua arte solitaria ma “aulica”, disturbato dai suoni, dai rumori e dalle “grida” dei venditori ambulanti che riempiono la strada di Londra e da coloro che variamente la popolano – si affaccia alla finestra della stanza in cui tenta disperatamente di concentrarsi per comporre e suonare musica melodiosa per violino. Egli si rifiuta – sembra voler suggerire con un pizzico di malignità Hogarth – di prendere lo spunto da quella discorde polifonia emessa da strumenti musicali differenti ma anche da attrezzi, giocattoli e giochi, da voci umane, dimesse e sgraziate, ma reali e quotidiane, autenticamente in grado di additare sentieri innovativi per la orchestrazione di una musica davvero “moderna”, rivolta a un pubblico che sia il più vasto e composito possibile. L’artista non può chiudersi in un suo universo singolare e addirittura ostile a quello che è “lì fuori”: non può vietarsi di ascoltare-e-di-vedere quanto gli accade intorno: non può relegare la sua esperienza alla tradizione sia pure 17 Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione autorevole del passato; deve invece tuffarsi a capofitto nel mondo che è lì, oltre il riquadro della sua finestra. Ora, se questa apertura critica a valorizzare l’attualità e la complessità di quello che è e accade ‘lì fuori’ segna indubbiamente anche i suoi due primi e imponenti lavori, L’educazione del sentimento (1977) e La scena dei potenti (1988)6, è al volgere degli anni Novanta che il tema della città da, e accanto a, una funzione ora di contesto e arena, ora di cornice e palcoscenico della comunicazione culturale e della prassi sociale, si sposta al centro stesso della sua riflessione didattica e scientifica. Il punto di svolta è naturalmente il grande progetto del corso monografico ideato e svolto con Ferrara nell’a.a. 1989-1990 dedicato alle Immagini della città di Londra, che «avrebbe dovuto produrre […] un volume di circa 700 pagine e un videodisco contenente un ampio repertorio di immagini, monumenti e filmati di eventi e spettacoli» (Ferrara 1992:7), e di cui rimane una traccia preziosa nel più agile testo che reca programmaticamente lo stesso titolo. Qui il contributo di Laura Di Michele si concentra sull’ambizioso disegno pedagogico che disciplina la ricca testualità del tessuto urbano di Londra nel corso dell’Ottocento eleggendo il British Museum a ‘tempio’ metropolitano del sapere, vale a dire come monumento e fondamento istituzionale del programma imperiale della nazione inglese. Vagliando e facendo sempre dialogare tra loro una molteplicità di avvenimenti, documenti e testi d’ogni sorta (dai diari alle guide popolari, dalle incisioni di Doré alle prime inchieste sociologiche, per non parlare dei più famosi saggi letterari e trattati estetici dell’epoca) si traccia così una mappatura puntuale Si tratta di due volumi seminali che affrontano da una prospettiva critica rigorosamente interdisciplinare una mole impressionante, accanto ai testi canonici, di materiali paratestuali e allora ritenuti marginali dei canali e dei codici della comunicazione culturale nelle due epoche interessate: i nodi problematici veicolati dal ‘personaggio’ all’interno del romanzo sentimentale, politico e gotico nel corso del ‘lungo’ Settecento inglese e le complesse articolazioni ideologiche e spettacolari (‘performative’, si direbbe oggi) del teatro storico-politico e popolare dell’età elisabettiana. Non a caso, il Settecento e gli studi shakespeariani, come è già ampiamente noto, rappresentano due campi della sua ricerca altamente qualificanti e costantemente presenti che sono solo sfiorati nello spazio limitato di questa Introduzione. 6 18 C. Maria Laudando e persuasiva della Londra museale nei tre quartieri strategici di Kensington, St. James e Bloomsbury che celebrano in campi diversi ma complementari il patrimonio classico e moderno, umanistico e scientifico della capitale. La parte conclusiva del lungo saggio si sofferma quindi sulle controverse istanze democratiche e sull’incidenza del Museum e in particolare della sua famosa Sala di lettura (quella Reading Room che ritorna, per esempio, di continuo nella scrittura woolfiana) come luoghi radicati nella memoria collettiva7. E sia che dalla topografia educativa della Londra vittoriana si passi alle molte insidie e ibridazioni di quella settecentesca che rinasce, come la fenice, dalle ceneri del Grande Incendio, sia che si risalga ancora più indietro all’energia carnevalesca delle viuzze labirintiche, delle piazze e delle taverne elisabettiane (su tutte, ovviamente quella “Testa di cinghiale” immortalata da Shakespeare nella prima parte di Henry IV), o si esplori invece la dimensione multiculturale del linguaggio pubblicitario della metropoli contemporanea (Di Michele 2002b), lungo i due decenni che vanno dagli anni Novanta al presente, la città (soprattutto Londra, ma non solo) continua a rappresentare uno spazio e un fulcro creativo e critico di intensa frequentazione, sia all’interno delle sue attività didattiche che in quelle più strettamente legate alla sua progettualità scientifica. Sarebbe qui impossibile darne un resoconto puntuale, ma vanno almeno ricordate alcune ‘immagini’ congiunturali che si sono impresse con particolare nitore: partendo dal ‘suo’ Settecento alla mente si affaccia subito l’altra Londra della satira scribleriana (1995) vista cioè dalla prospettiva a un tempo straniante e privilegiata di Orlando, la protagonista androgina del romanzo eponimo di Virginia Woolf; e ancora In linea di ideale continuità si pone “La biblioteca luogo di formazione di ruoli sessuali e ruoli sociali” (2009) che rientra in un altro progetto Prin di ampio respiro da lei coordinato sull’acculturazione sociale e sessuale nella letteratura di formazione di area anglofona (2003); ma è tutta la sua produzione più recente a dedicare una serie significativa di saggi alla cultura scientifica e alle questioni di ‘genere’ dell’Ottocento: “L’ombra di Darwin fra Edmund e Philip Gosse” (2011), “Figure vittoriane di autore” (2012a), “Matrimonio e divorzio nella narrativa vittoriana” (2012c), e, in alcuni casi, privilegiando apertamente la teatralizzazione o la testualità (mostruosa) della vita urbana: “Shakespeare in Dickens fra teatro e racconto” (2014) e “Nineteenth-Century London as Monstrous Body” (in stampa). 7 19 Introduzione – La città e le tecnologie mobili della comunicazione la Londra «città-mercato del mondo intero» (1998:215) che è sì celebrata dall’ottica paternalistica e coloniale di ‘Mr. Spectator’ ma anche ironicamente de-familiarizzata dallo sguardo di fittizi mandarini cinesi nella voga dei racconti ‘orientali’. Né meno indelebile si staglia la città prepotentemente moderna degli «oggetti, paesaggi, figure […] off limits» che ispira la nuova ‘grammatica visiva’ di Hogarth di cui già si è fatto cenno (1999:9), per ritornare ancora su un’altra faccia di quella Londra, la metropoli spietata e cenciosa dis-velata attraverso le memorie/tracce lacunose e incerte di quegli schiavi e quelle prostitute che esercitavano una fascinazione profonda sul nuovo pubblico rampante (i lettori-espettatori e le lettrici-e-spettatrici) di un (de) Foe (1996b) o di un Hogarth per l’appunto (2005a e 2006). Altrettanto ricca e significativa appare la sua produzione sulla città mostruosa che scaturisce – all’interno di un più ampio progetto Prin (1999) – dalla complessa interazione di ben sette gruppi di ricerca e quindi dalle molteplici sollecitazioni di diverse metodologie e prospettive critiche: innanzi tutto la cura del volume dedicato a Londra e le altre. Immagini della metropoli di fine Ottocento (2002c) in cui il suo contributo specifico suggerisce fin dal titolo un esercizio creativo e critico di flânerie, “Per le vie di Londra”, ma anche il saggio sulle geografie metropolitane della paura (con Alessandra Ruggiero 2002a) all’interno del manuale sul mostruoso, dedicato alle città di Londra e New York, in cui la sua sezione londinese lascia suggestivamente scorrere – come in una visione ‘panoramica’ – tutta la storia della nazione inglese dalla prospettiva dei soggetti sorvegliati e repressi, a un tempo ‘attori-e-spettatori’, dalla Rivolta dei Contadini ai ‘non-luoghi’ apocalittici della fantascienza del nuovo millennio. Le due metropoli ritornano a confronto anche in un volume successivo, che nasce da un progetto didattico con due colleghe dell’ateneo aquilano e che già dal titolo NY-LON gioca con le sigle aeree «in cui si dipana il viaggio identitario e inter- o trans-culturale» tra le due città (Di Michele, Scannavini, Villa 2007a:1). Anche in questo caso, la sua ‘Londra sotterranea’ offre una esplorazione panoramica, ma in profondità, della testualità urbana, una sorta di avventura archeologica che lascia affiorare strati sempre più antichi eppure sempre precariamente presenti: così la metropolitana è vissuta come viaggio rituale e ‘iniziatico’ – familiare e straniante – nelle viscere della città 20 C. Maria Laudando attraverso l’intensità visionaria delle linee percorse da Seamus Heaney in District and Circle, che invita a «uno scavo quasi onirico e freudiano nel profondo di ciascuno di noi» (Di Michele 2007a:163) o come laboratorio multiculturale per i racconti londinesi di Doris Lessing; mentre la seconda parte del saggio ripercorre l’animato dibattito sulla recente ricostruzione di quei «teatri del sottosuolo», il Rose e il Globe, che sono riemersi «dalla zona ‘proibita’ del Cinquecento, quella di Southwark e delle Liberties» (173). Infine, pur nei limiti vistosamente angusti di questa presentazione, non si può non ricordare la cogenza intellettuale (ed esistenziale) di un tema come la città e le tecnologie mobili della comunicazione all’interno del XXV Convegno dell’Associazione dell’Anglistica Italiana da lei organizzato nel settembre 2011 presso la sede dell’Università dell’Aquila allora ancora provvisoriamente dislocata in un ex stabile industriale di Bazzano. Un Convegno che temerariamente ha voluto nella sua città, ancora profondamente ferita dal terremoto di ‘quel crudele’ aprile del 2009 perché continuasse e continui a rivendicare – nonostante il disperante persistere di quelle macerie allora come oggi – uno spazio comunitario e un’azione condivisa di rigenerazione. Un Convegno impensabile che alla furia rovinosa del sisma e alla miopia ben più rovinosa e corriva delle responsabilità umane risponde ancora una volta come scelta di campo e su un campo di frontiera. Queste le parole di apertura che accolsero con la sua schiva e consueta generosità la comunità scientifica dell’Anglistica italiana e internazionale lì raccolta: We re-write and re-generate a text in the process of linguistic, literary and cultural transformations. And this is also an aspect we, in L’Aquila, decided to highlight in the program and in the posters of the Conference even through the choice of images of parts and bits of the capital city of Abruzzo after and before the earthquake. But, what we wanted to suggest was that it was absolutely impossible to reconstruct the whole territory purely and simply: in-between the opposite and binary images there was, there is and should be a complex process of change and regeneration: transformation and reconstruction go hand in hand with the past, the traditions, the memory and history of the place, the people as individual and collective identities, and also with the regenerative idea of the future as utopian and positive vision. 21