La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 20 gennaio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
I primi correttivi frenano i voucher (M. Veneto)
Due treni veloci al posto degli Intercity (Piccolo)
Candele accese per Giulio in tutta Italia (M. Veneto)
Fincantieri incassa un ordine Carnival per altre due navi (Piccolo)
Due aziende friulane in corsa per rilevare Latterie carsiche (M. Veneto)
I francesi acquisiscono il prosciuttificio Dall'Ava (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
«La crisi sta per finire. Siamo pronti alla sfida?» (M. Veneto Udine, 3 articoli)
I dipendenti delle Uti sul piede di guerra. Proposto uno sciopero (M. Veneto Udine)
Polstrada, scure romana su Amaro (Gazzettino Udine)
Ispettorato del lavoro Uffici aggregati a Udine (Gazzettino Pordenone, 2 articoli)
Sassoli, «serve un piano credibile» (M. Veneto Pordenone)
Ex Sintesi: aperte le buste. I macchinari a un udinese (M. Veneto Pordenone, 2 articoli)
Interporto, arriva la stazione merci (M. Veneto Pordenone)
Le Rsu di Nidec Sole Motors incontrano la civica Pn 1291 (M. Veneto Pordenone)
Caso Sereni Orizzonti, appello dei lavoratori: un dramma la chiusura (M. Veneto Pn)
«Se rispetta le regole la Ferriera di Servola non si può chiudere» (Piccolo Trieste)
Uti in ritardo, welfare prorogato (Piccolo Trieste)
Capelli nel piatto e ritardi. Multe ai big delle mense (Piccolo Trieste)
Il tram entra in officina. Due mesi di lavoro per l’opera di restyling (Piccolo Trieste)
Latterie Carsiche: 30 esuberi, scatta lo sciopero (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Scontro Inail-aziende su premi e rimborsi (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
La Diocesi come l’ufficio di collocamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
I primi correttivi frenano i voucher (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - La nuove regole frenano i voucher. Nell’ultima parte dell’anno la vendita dei
“buoni lavoro” è rimasta sostenuta anche in Friuli Venezia Giulia, ma in flessione rispetto al
passato. Colpa o merito delle nuove regole - contenute nel decreto legislativo 81/2015 entrato in
vigore a metà ottobre 2016 - che hanno imposto l’obbligo di comunicazione preventiva in merito a
orario di lavoro, luogo di svolgimento della prestazione lavorativa e dati anagrafici del lavoratore.
La norma era scatta per contrastare il fenomeno dell’“infortunio del primo giorno”, generato
dall’utilizzo improprio dei voucher a copertura di una prestazione di lavoro in nero. Nel 2016 i
“buoni lavoro” venduti in Fvg «sono stati quasi 6 milioni, +19,6% rispetto all’anno precedente
(+21,4% nel Nordest) - rileva l’Ires del Fvg -. A livello nazionale i voucher venduti sono stati quasi
134 milioni, +23,9%». E ora si vedrà quale destino riserverà loro la annunciata riforma. Nel report
dell’Ires è presente anche l’analisi complessiva del mercato del lavoro regionale fino a novembre
2016 nel quale si conferma la contrazione del ricorso al contratto a tempo indeterminato. Nel
periodo gennaio-novembre 2016, le assunzioni a tempo indeterminato «sono in calo del 36,5%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una flessione più marcata di quella nazionale
(che si è fermata a -32,3%) - spiega il ricercatore Alessandro Russo -. Per contro nello stesso arco
temporale risultano in crescita le assunzioni a termine, +9,3% (+6,7% il dato nazionale) e in
sensibile aumento quelle degli apprendisti (+27,5% in regione, +24,7% in Italia). Quest’ultima
tipologia contrattuale, a seguito del ridimensionamento degli sgravi contributivi, torna ad essere
evidentemente più conveniente per le imprese che intendono assumere giovani lavoratori». Sempre
a livello tendenziale (confronto anno su anno) sono un aumento anche le trasformazioni a tempo
indeterminato dei rapporti di apprendistato, +10,8% in Fvg, mentre diminuiscono quelle dei tempi
determinati, -31,4%. In calo anche le cessazioni nei primi 11 mesi del 2016, in particolare per quel
che riguarda gli apprendisti, -9,9%, mentre la variazione complessiva è pari -1,5%. «Ma la
diminuzione delle interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in calo del 3,2% osserva Russo - non è sufficiente a bilanciare quella delle assunzioni e delle trasformazioni: il saldo
è negativo pari a -311 unità». Questa diminuzione della forma di occupazione più stabile registrata
nel 2016, intacca solo in minima parte la notevole crescita acquisita nel 2015 - con l’entrata in
vigore degli sgravi contributi previsti dal jobs act - che era stata di 12 mila unità a tempo
indeterminato in più tra dicembre 2014 e dicembre 2015». Il bilancio del mercato del lavoro
regionale a fine anno, se verranno confermate le stime dell’Istat, dovrebbe comunque chiudersi in
positivo con un aumento dell’occupazione non trainato dalle assunzioni a tempo indeterminato, ma
dalla crescita delle formule contrattuali a termine.
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Due treni veloci al posto degli Intercity (Piccolo)
di Marco Ballico - I due Intercity Trieste-Venezia cancellati trovano altrettanti sostituti. Debora
Serracchiani e Mariagrazia Santoro tornano dalla missione romana con la buona notizia per gli
utenti penalizzati da lunedì scorso dal doppio taglio dell'Ic 734 con partenza da Trieste alle 22.06 e
arrivo a Mestre alle 0.05 e del 735 in partenza da Mestre alle 5.50 e arrivo a Trieste alle 7.46. Al
loro posto da lunedì prossimo, secondo l'intesa raggiunta coi vertici di Trenitalia e Fs, due treni
regionali veloci. Gli orari? In fotocopia per tempi e fermate (San Donà, Portogruaro, Latisana, San
Giorgio di Nogaro, Cervignano e Monfalcone). L’accordo giunge peraltro nel giorno in cui Stato e
Trenitalia firmano il nuovo contratto di servizio Intercity. I due Intercity Trieste-Venezia, nel
mirino perché non troppo frequentati (a volte non si andava oltre i 40 passeggeri), erano infine stati
tagliati perché non più finanziati dal ministero in una fase in cui si è intervenuti con le forbici anche
in altre parti d'Italia a fronte di un servizio Ic che accumula ogni anno 45 milioni di perdite. Ma
stavolta l'utenza si è ribellata. Hanno protestato comitati e singoli pendolari, professori e studenti,
turnisti e lavoratori diretti a Fincantieri. Non solo perché quei treni non erano più in agenda, ma
anche per quella che è stata considerata una «presa in giro», la sostituzione con un servizio pullman
inutilizzabile. La corriera del mattino, in particolare, è partita questa settimana sempre alle 5.50 da
Mestre, ma è arrivata a Monfalcone alle 8.29 (anziché alle 7.21 dell'IC) e a Trieste alle 8.59
(anziché alle 7.46). Sollecitata pure ieri dal M5S («Serracchiani ricordi a Trenitalia che un anno e
mezzo fa la Regione ha acquistato 8 treni nuovi di zecca e che altri 4 sono in arrivo», così il
capogruppo Cristian Sergo), la presidente ha incontrato, con l'assessore alle Infrastrutture Santoro,
gli ad di Fs Renato Mazzoncini e Trenitalia Barbara Morgante, portando a casa il risultato, a costo
zero per un'amministrazione che già tutela il servizio delle Frecce dirette a Milano e Roma con 3
milioni di euro all'anno. «Il vertice è stato estremamente soddisfacente - il commento di
Serracchiani - si sono colte le necessità del territorio legate a questi due collegamenti. Ed è
importante che il ripristino avvenga senza costi aggiuntivi sia per i cittadini che per la Regione, in
quanto il collegamento farà parte del contratto di servizio tra la Regione e Trenitalia». E dunque,
precisa Santoro, «gli abbonati al trasporto regionale potranno utilizzare la tratta senza aggravio di
costi, mentre in passato, salendo a bordo degli Intercity, avrebbero dovuto acquistare un altro
biglietto». Soddisfazione anche da Morgante: «La soluzione individuata consente di conservare due
collegamenti ferroviari che la Regione e i cittadini ritengono importanti». I più contenti sono però
gli utenti. Tra questi, nei giorni scorsi, erano emerse le storie quotidiane di Nicolò, studente del
Nautico, e Cristiano, del liceo musicale Carducci-Dante, ma anche del professor Graziano Benelli,
docente di francese alla Scuola interpreti dell'Università di Trieste. A loro e a qualche altra decina
di persone quei collegamenti servono eccome. «È stato un lavoro di squadra che ha funzionato»,
sottolinea Erica Del Gobbo, «mamma felicissima» di Nicolò. «Obiettivo raggiunto per il bene di
tanti ragazzi», dice il vicepreside del Nautico Bruno Zvech. «Ripristinando il treno del mattino conclude Santoro - diamo una risposta positiva agli studenti della Bassa friulana che si recano a
scuola a Trieste. Se fosse rimasto il servizio sostitutivo di bus, i ragazzi non sarebbero arrivati in
orario, mentre l'inserimento del regionale veloce permette loro di raggiungere in tempo la
destinazione. Abbiamo inoltre chiesto a Trenitalia di effettuare uno specifico e puntuale
monitoraggio delle frequentazioni sulle fasce orarie interessate da questo servizio, al fine di valutare
i flussi passeggeri con la nuova offerta».
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Candele accese per Giulio in tutta Italia (M. Veneto)
di Paola Bolis - La mobilitazione è partita, con l’annuncio sul sito web di Amnesty International
Italia, via Twitter e su altri canali social. La sera del 25 gennaio 2016 Giulio Regeni scomparve al
Cairo, la città dove era impegnato come ricercatore universitario, la città dove fu infine ritrovato
cadavere il 3 febbraio. Mercoledì prossimo, a un anno esatto dall’inizio di questa tragica vicenda,
Regeni sarà ricordato in più piazze d’Italia. A Roma così come a Trento, a Rovigo così come a
Fiumicello, il paese di Giulio. L’obiettivo è quello di dare corso a una «giornata di mobilitazione come scrive Amnesty Italia sul proprio sito - per continuare a chiedere la verità sul brutale omicidio
del ricercatore». Perché con il passare del tempo il rischio - come annotava di recente il senatore
Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani al Senato - il rischio è quello di
«rimanere impastoiati in una palude». A Roma la manifestazione nazionale di Amnesty è in
programma dalle 12.30 alle 14.30 nella Città universitaria della Sapienza: l’iniziativa proseguirà poi
alla sera, in piazza San Lorenzo a Lucina, con una fiaccolata prevista nell’ora simbolo delle 19.41,
in coincidenza con l’ultima telefonata che Giulio fece prima di essere ingoiato nel buio. A quella
stessa ora - questo l’obiettivo - tante candele si accenderanno in varie piazze. A Fiumicello è lo
stesso Comune ad avere organizzato la manifestazione. «Ci ritroveremo davanti al Municipio alle
19, e con l’aiuto dei volontari dell’Auser distribuiremo le candele da accendere alle 19.41», dice il
sindaco di Fiumicello Ennio Scridel. Poi, nella sala parrocchiale, «un momento di riflessione in cui
daremo spazio ai cittadini che vorranno ricordare Giulio». Perché l’iniziativa «è nata dalla comunità
stessa, dalla gente che ci ha fatto sentire l’esigenza di ricordare la data del 25 gennaio». Non è noto
se i genitori di Giulio saranno presenti. Ci saranno sicuramente, invece, i ragazzi del Consiglio
comunale dei giovani di Fiumicello - quello che anche Giulio da ragazzino guidò - il cui “sindaco”
porterà un messaggio di richiesta di verità: perché «noi qui continuiamo a tenere le bandiere a
mezz’asta», chiude il sindaco. Fiaccolate si stanno organizzando per la serata di mercoledì prossimo
anche in altre località del Friuli Venezia Giulia: a Trieste per esempio - racconta Fabio Del Missier
della sezione locale di Amnesty - l’organizzazione «parteciperà autonomamente in piazza Unità
all’iniziativa che sta organizzando il gruppo “Voci fuori dal de-coro”. Ci stiamo preparando per
leggere dei messaggi, visto che Trieste è una città particolare, quella dove Giulio studiò» al liceo
Petrarca. Oltre alle fiaccolate, come si diceva il 25 gennaio la mobilitazione nazionale di Amnesty
International Italia sarà a Roma. Ad aprirla sarà alle 12.30 alla Sapienza dal saluto del rettore
Eugenio Gaudio, a condurla poi sarà Marino Sinibaldi, direttore di Rai Radio 3. Sono previsti fra gli
altri gli interventi di Stefano Catucci, del Senato accademico della Sapienza; di Antonio Marchesi,
presidente di Amnesty International Italia; del senatore Luigi Manconi; di Giuseppe Giulietti,
presidente della Federazione nazionale della stampa italiana; di Carlo Bonini, giornalista de La
Repubblica. Nel corso dell’iniziativa saranno letti degli estratti da scritti e diari di Regeni. Sul
proprio sito Amnesty sta anche raccogliendo delle “dediche” di chi voglia inviare «un messaggio di
vicinanza e affetto» ai genitori di Giulio, Paola e Claudio, «che non si sono mai arresi alle
menzogne, alle verità di comodo e “ambulanti” che nei mesi si sono susseguite» in merito a quanto
successe un anno fa, in Egitto.
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Fincantieri incassa un ordine Carnival per altre due navi (Piccolo)
di Massimo Greco - Era già arrivato l’«aperitivo» con una piccola “passeggeri” da 110 milioni
assegnata alla controllata Vard, che ha bisogno di riempire i bacini. Ma è assai probabile che quella
illustrata ieri sia la prima, grande commessa crocieristica del 2017, a livello mondiale. Se così fosse,
Fincantieri avrebbe iniziato l’anno sotto il migliore auspicio: Carnival, abituale partner armatoriale
del gruppo italiano, ha ordinato due unità, che saranno destinate a due distinti brand della sua flotta.
Monfalcone si occuperà della nave più grande, che rafforzerà il marchio “Princess Cruises” a partire
dal 2022: 145 mila tonnellate di stazza lorda porteranno a spasso per i mari 3660 passeggeri. A
Marghera toccherà una Holland America Line da quasi 100 mila tsl, che sarà in grado di ospitare
2660 crocieristi. Il valore della commessa viene stimato, dalla nota diffusa da Fincantieri, in oltre un
miliardo di euro. Con questi due ulteriori “conferimenti”, i siti produttivi specializzati alto-adriatici
di Monfalcone e di Marghera concentrano complessivamente un programma di 12 navi da crociera,
da costruire da qui al 2022. La metà riguarda lo stabilimento di Panzano. Per Arnold Donald,
amministratore delegato di Carnival Corporation, l’obiettivo è superare gli 11,5 milioni di turisti
trasportati ogni anno dalle diverse compagnie che afferiscono al colosso statunitense. Per Giuseppe
Bono, guida operativa di Fincantieri, è «uno straordinario momento per il comparto crocieristico» e
un’opportunità per il gruppo italiano di incrementare «un portafoglio ordini già da record». Il carico
di lavoro totale, compresa quest’ultima commessa, segna quasi 23 miliardi di euro, che significano
oltre sei anni di lavoro . Certo è che i numeri della collaborazione tra Fincantieri e Carnival sono
molto importanti: durante quasi 27 anni l’azienda tricolore ha realizzato 62 navi per l’armatore di
oltre Atlantico (e altre 11 sono nel “carniere”), per le quali sono stati impiegati oltre 25 miliardi di
dollari. Quando Bono parla di straordinario momento per il mercato della costruzione crocieristica,
pensa a un 2016 conclusosi con 28 ordini (non solo per Fincantieri e conteggiando anche le lettere
d’intento), una cifra che triplica quella risalente al 2013. In tre anni il settore, che proveniva da una
fase molto critica, ha rovesciato la tendenza. Fincantieri ha aperto favorevolmente il 2017 ed ha
chiuso in bellezza il 2016, concretando gli accordi con la Virgin, che affiderà tre navi al sito
genovese di Sestri Ponente. L’azienda navalmeccanica, controllata da Cassa depositi e prestiti, è
attesa adesso da una prova impegnativa: l’acquisizione di Stx France, in accordo con la magistratura
sudcoreana e con il governo francese.
Due aziende friulane in corsa per rilevare Latterie carsiche (M. Veneto)
Alla finestra ci sono la Cepparo lattiero-casearia di Coseano e la Cospalat di Pagnacco. Eppure è
sempre più difficile il salvataggio delle Latterie carsiche. I 58 lavoratori ieri hanno scioperato e
chiedono un incontro alla Regione per mediare con la nuova proprietà, che da dicembre è la
cooperativa Minerva di Savogna d’Isonzo. Un incontro con l’amministrazione Fvg per la trattativa è
fissato martedì pomeriggio a Udine. Lavoratori e sindacati sollecitano la Regione. Nelle ultime
settimane si sono susseguiti incontri infruttuosi tra proprietari e potenziali acquirenti e ieri i
lavoratori hanno di nuovo contestato i dirigenti, chiedendo chiarezza. I passivi accumulati negli
anni sono superiori a quanto messo in campo da Minerva e quindi la porta è aperta a Cepparo e
Cospalat. «Questa è un’azienda della regione, quindi va tutelata e spero trovino degli
ammortizzatori sociali – dice una dipendente –, chi lo scivolo per la pensione o la cassa
integrazione per trovare un’altra collocazione». «Manca un progetto di rilancio – ribadiscono i
sindacati – che salvaguardi i lavoratori». Martedì il prossimo round.
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I francesi acquisiscono il prosciuttificio Dall'Ava (M. Veneto)
di Maura Delle Case - I francesi di Loste Tradi France, società specializzata nella produzione e
distribuzione diprodotti freschi d’alta gamma, portano a casa la maggioranza della Dok Dall’Ava
spa, storica azienda produttrice del celebrato prosciutto crudo di SanDaniele. Fondata da Natalino
Dall’Ava, che il prosciuttaio iniziò a farlo nel lontano 1955, l’impresa è stata condotta negli ultimi
anni dal figlio Carlo che l’ha fatta crescere esponenzialmente.Fino agliattual i8,5 milioni di euro di
fatturato 2016.Per andare oltre ci vuole però un’alleanza. Un partner forte. Ben piazzato sui mercati
internazionali. Sondati alcuni pretendenti, la scelta dell’imprenditore friulano è caduta nei giorni
scorsi sui cugini d’oltralpe. «Da oggi fratelli» ha commentato ieri Dall’Ava, annunciando la novità
a sorpresa.E’ il suo stile. Deciso, sempre pronto a giocare al rialzo e a rischiare almeno un po’ come
ha dimostrato accostando al business principale diverse altre iniziative economiche.Dentro e fuori il
Friuli. Dal fortunato format delle prosciutterie al forno nelle Valli del Natisone. Passando
naturalmente dal Prosciuttificio che oggi produce circa 30milacosce di San Daniele dop
rigorosamente contrassegnate con il marchio numero 10 del Consorzio di tutela. Nel nuovo
stabilimento, costruito nel 2006, tecnologie all’avanguardia permettono alle cosce di stagionare
come un tempo. Niente aumenti di produzione nei prossimi anni ma una continua ricerca sulla
qualità. E un occhio alla suinicultura. Nei progetti dell’azienda, che oggi saranno portati avanti in
accordo con il socio di maggioranza francese, c’è infatti l’apertura di un proprio allevamento allo
stato brado, perché il 50 per cento della qualità ne è convinto il proprietario arriva proprio dalla
materia prima. Dna da imprenditore quello di Dall’Ava che spiega così la dirompente scelta di far
entrare in società il colosso di Montfort sul Meu, comune della Bretagna da 7 mila anime: «Si tratta
di allargare gli orizzonti, di allearsi per entrare in nuovi mercati e offrire nuove percezioni gustative.
Perché l’unione fa la forza, da soli non si va lontano». La convinzione è frutto del lungo
corteggiamento di ben tre aziende internazionali «interessate al prodotto – spiega Dall’Ava – ma
anche alla mia rete distributiva. Dopo un anno di assidue frequentazioni ho scelto Loste Tradi
France». Un colosso da 12 aziende produttive, 7brand, 350milioni di fatturato ed esportazioni che
toccano 53 Paesi. Con una storia che risale indietro nel tempo fino al 1866 e un paniere che vanta
salsicce, salami, prosciutto cotto, foie gras e un’ampia scelta di prodotti tradizionali e pasticceria.I
numeri sono ancora una volta vertiginosi. Prendiamo ad esempio i soli piatti pronti: di alta cucina,
realizzati in basea 700ricette alla settimanae destinati a 11 mila negozi di gastronomia e macelleria.
Dalpunto di vista dei mercat iDall’Ava va bene in America e naturalmente in Italia, LosteTradi
France ha invece una diffusione capillare in Francia, Regno Unito, Australia, HongKong, Macau,
Malesia, Thailandia, Vietnam, Emirati Arabi. L’obiettivo è quello dimettere a sistema la rete
distributiva andando a garantirsi così nuove quote di mercato. Do ut des. Intanto il nuovo tandem
sta scaldando i motori. Pronto ad assaltare il retail. Insieme al patron della maison francese, Antoine
d’Espous, l’imprenditore italiano è infatti già al lavoro per costruire da un lato la linea italiana dei
prodotti francesi che hanno già fatto la propria comparsa nelle prosciutterie Dok, dall’altra quello
cisalpino dei suoi. «LosteTradi France è entrato in maggioranza nel Prosciuttificio e nella
distribuzioneDall’Ava. Si dice che francesi e italiani siano cugini. Ora siamo fratelli. Due famiglie
si sono unite per creare un grande gruppo. Con un’ambiziosa visione: ilmade in Europe».
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CRONACHE LOCALI
«La crisi sta per finire. Siamo pronti alla sfida?» (M. Veneto Udine)
di Maura Delle Case - «La crisi non è superata. Diciamo che si inizia ad intravedere una luce in
fondo al tunnel ed è ora che ci facciamo la fatidica domanda: siamo pronti? Dopo otto anni di crisi
strutturale siamo in grado di rispondere alla competizione globale?». Il numero uno della Cgil di
Udine, Natalino Giacomini, guarda oltre i numeri. In questi ultimi anni ne ha maneggiati fin troppi,
ma dinnanzi alla sfida della ripresa oggi sembrano non bastare più. Il segretario generale cambia
così lente d’ingrandimento, tentando di veder chiaro in un futuro che si presenta ancora assai
nebuloso. Salvo per qualche certezza (non sempre positiva). «Nell’ultimo anno gli ammortizzatori
sociali si sono ridotti, l’occupazione ha visto frenare la caduta libera degli ultimi anni, ma molti
problemi restano: la mobilità è andata in archivio con il 31 dicembre, la Naspi offre meno garanzie,
la cassa in deroga è bloccata, la disoccupazione giovanile è alle stelle. E quel che preoccupa di più –
afferma Giacomini – è che il 30 per cento dei disoccupati oggi non cerca nemmeno più un lavoro».
Eletto pochi mesi or sono alla guida della Cgil provinciale, Giacomini arriva dal mondo della scuola
che resta, per lui, un osservatorio privilegiato. «La fascia di povertà si è andata sensibilmente
allargando rispetto a un tempo. Agli anziani si sono aggiunte le giovani famiglie che spesso non
sono più in grado di sostenere le spese per i libri, i buoni pasto, gli abbonamenti, i mezzi di
trasporto. Parliamo di famiglie friulane, di casi per nulla isolati e con cui dobbiamo fare i conti.
Urgono soluzioni per far ripartire il mercato del lavoro». In attesa dei dati aggiornati al 2016,
Giacomini passa in rassegna l’andamento dello stock d’imprese nelle ultime annualità. Nel 2013 le
aziende attive in Friuli Venezia Giulia erano 94.900, scese a 92.000 nel 2015. Quel che preoccupa
di più il segretario è però la mancanza dello slancio che ci si aspetterebbe dopo un lungo periodo di
stasi. Se da un lato le iniziative imprenditoriali languono, dall’altro chi sta già in sella attende
anziché attaccare. Ce lo si può permettere nel “new normal”, così gli economisti hanno battezzato il
dopo-crisi economica? Giacomini dà la sua ricetta. E una parola d’ordine: programmazione. Invito
elegante a politica, credito, associazioni datoriali e sindacato a sedersi a uno stesso tavolo per
mettere a punto nuovi strumenti che in parte (da suggeritore) anticipa: «Penso a un massiccio
programma d’interventi e risorse pubbliche capace di dare una scossa (vera) all’economia
dell’intero territorio. Abbiamo l’80% delle scuole senza certificazione statica, un livello altissimo di
vecchi impianti elettrici, molti edifici sono sprovvisti dell’antincendio. Un ragionamento di questo
tipo, se messo in campo, può rilanciare immediatamente edilizia e indotto». «E poi il dissesto
territoriale – continua il sindacalista – : siamo un Paese che si riempie la bocca di prevenzione, ma
che poi, quando arrivano le emergenze, è sempre impreparato. Interventi di questo tipo promettono
un effetto volano capace di rimettere in moto economia e occupazione». Il segretario guarda poi alle
grandi imprese. Quelle che la sfida competitiva l’hanno vinta. Danieli, Eurotech, Lima. «Dobbiamo
fare in modo che le altre possono dotarsi degli strumenti e delle innovazioni necessarie a reggere le
nuove sfide del mercato». Anche nelle zone svantaggiate. «Automotive lighting e altre imprese
hanno dimostrato che si può lavorare, bene, anche in montagna, ma ci vogliono investimenti,
infrastrutture, fisiche e non, come la banda larga, che oggi è vitale».
I modelli ci sono: da Automotive a Lima da Danieli a Solari
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Il “salvagente” cassa integrazione
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I dipendenti delle Uti sul piede di guerra. Proposto uno sciopero (M. Veneto Udine)
di Christian Seu - Dubbi, tanti. E la rabbia, crescente. I dipendenti della neonata Unione territoriale
intercomunale del Friuli centrale sono sul piede di guerra. Diciannove giorni dal battesimo
operativo dell’Uti hanno fatto emergere problematiche e difficoltà che i sindacati sono pronti a
sventolare di fronte al prefetto Vittorio Zappalorto, in un incontro che costituisce l’ultimo
spartiacque prima dello sciopero, spettro più volte agitato ieri a Campoformido, nel corso di una
riunione-fiume convocata da Cisal e Ugl. I dipendenti fin qui coinvolti sono circa 250, quelli che
con il 31 dicembre hanno lasciato i Comuni per i quali prestavano servizio e che hanno aderito
all’Uti (ovvero Campformido, Pozzuolo, Pradamano, Tavagnacco, Tricesimo e Udine). A regime
saranno 1.300 i lavoratori che andranno a comporre la dotazione organica dell’Unione. «La riforma
– ha graffiato Beppino Fabris della Cisal – ha profondamente cambiato la vita dei lavoratori
coinvolti, che in molti casi operano senza sapere quali sono i compiti specifici previsti dal nuovo
aspetto. Il tutto, peggiorando in maniera netta la qualità dei servizi offerti ai cittadini». I casi
paradossali non mancano. C’è l’assistente sociale che appena lunedì si è vista notificare il cambio di
sede lavorativa, da Martignacco a Udine; e gli addetti dello stesso settore, incardinati nei Comuni
“dissidenti” e non aderenti alle Uti, che si sono visti precludere l’utilizzo delle auto di servizio. Il
capitolo forse più spinoso riguarda la Polizia locale. «Ci sono atti – ha spiegato un agente presente
ieri nella sala consiliare di Campoformido, che ha accolto una settantina di dipendenti dell’Uti – di
squisita competenza comunale, come quelli legati all’anagrafe canina o all’occupazione del suolo
pubblico: dobbiamo occuparcene? Ed entro quali confini dobbiamo muoverci?». «E i gonfaloni?
Chi li scorterà?», ha domandato un poliziotto. E un altro agente ha spiegato di non essere riuscito a
ottenere tre giorni di ferie, dopo la mancata risposta del dirigente responsabile. E resta in piedi
anche la questione della sala operativa della Polizia locale di Udine: il turno notturno è coperto da
un unico agente, l’unico peraltro in servizio al comando; agente che è chiamato a controllare 36
monitor (collegati ad altrettante telecamere di sorveglianza) e rispondere alle chiamate in arrivo alla
centrale operativa, costretta ad allertare Polizia o Carabinieri in caso di necessità. «Si poteva partire
con i dipendenti in comando o in distacco, come fatto da altre Uti – ha indicato Ottavia Mondolo
(Cisal) –. A Udine si è deciso invece di puntare sul trasferimento immediato dei dipendenti dai
Comuni all’Uti del Friuli centrale, probabilmente anche per logiche politiche.. In questi giorni,
intanto, i lavoratori sono contattati singolarmente per siglare i contratti individuali: il consiglio è di
verificare con attenzione termini di trattamento economico e orari». E non mancano anche qui i
dilemmi: «Saranno garantiti il salario accessorio e le relative indennità? E chi lo pagherà, le Uti o il
Comune di provenienza dei dipendenti?».
Polstrada, scure romana su Amaro (Gazzettino Udine)
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Ispettorato del lavoro Uffici aggregati a Udine (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto - Pordenone perde anche l'Ispettorato del Lavoro. Mentre la Provincia viene
spacchettata pezzo dopo pezzo - e mentre resta l'incertezza sul futuro della Prefettura, nonostante le
conferme governative - si riduce un fondamentale presidio istituzionale sul territorio: la direzione
dell'Ispettorato del Lavoro. Gli uffici pordenonesi, che da un paio d'anni hanno sede al Bronx nello
stesso stabile dell'Inail, dallo scorso primo gennaio sono passati sotto la direzione dell'Ispettorato di
Udine. Tra qualche giorno lascerà il proprio incarico la direttrice Nicolina Cavallaro che ha guidato
la Direzione provinciale del lavoro negli ultimi tre anni aumentando i controlli a favore della lotta al
lavoro nero. Al suo posto non arriverà più un direttore: la struttura dell'Ispettorato pordenonese
(dodici ispettori, oltre al nucleo dei carabinieri che si occupa delle materie legate al lavoro) sarà alle
dipendenze di Udine. Come dire: la struttura rimane, ma rischia di perdere l'autonomia nella guida
che ha avuto per lunghi anni fino a oggi. La riforma a livello nazionale cambia il nome a quella che
fino a dicembre era la Direzione provinciale del lavoro facendo tornare nella denominazione
dell'ente il vecchio Ispettorato. Parallelamente alla riforma nazionale in regione Friuli Venezia
Giulia si è proceduto alla riorganizzazione del servizio con l'accorpamento in un unico Ispettorato
del lavoro di Udine-Pordenone. Di fatto gli ispettori pordenonesi potranno essere chiamati a operare
anche nel territorio udinese e viceversa. Una situazione - non mancano i timori da parte degli
addetti - che potrebbe portare a una perdita di quell'autonomia decisionale e operativa che ha
caratterizzato a lungo l'Ispettorato territoriale del lavoro.
L'anno scorso era avvenuta l'unificazione della sede di Gorizia con Trieste. Per la provincia di
Pordenone si tratta però di una situazione piuttosto diversa visto il numero di imprese che operano
(sono oltre diciottomila le imprese nel Friuli occidentale) e il tipo di tessuto economico-produttivo
della provincia richiedono una guardia piuttosto alta sul fenomeno dell'irregolarità e del lavoro
nero. Un sistema imprenditoriale fatto anche di moltissime piccole e microimprese, oltre che di un
settore del terziario piuttosto sviluppato e la presenza di un certo numero di cantieri, necessità di un
adeguato sistema di controlli. Nell'ultimo anno la lotta all'irregolarità in materia di lavoro e di
rispetto degli orari è stata incrementata: sul campione di aziende ispezionate (719 sono state
complessivamente le visite ispettive) oltre la metà hanno presentato situazioni di irregolarità. «La
struttura - sostiene la direttrice Nicolina Cavallaro, che si trasferirà nella sede regionale dell'ente a
Trieste - con i dodici ispettori, costretti anche a svolgere tutta l'attività amministrativa oltre alla
vigilanza, è molto efficiente. Nonostante le difficoltà di organico l'operatività di tutti gli addetti ha
consentito di portare la nostra attività in vetta alla classifica nazionale. Ringrazio inoltre tutti gli enti
e le istituzioni del territorio con i quali in questi anni abbiamo instaurato ottimi rapporti e efficaci
protocolli di intervento comune».
Lo scorso anno 700 ispezioni. Metà delle aziende fuori norma
testo non disponibile
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Sassoli, «serve un piano credibile» (M. Veneto Pordenone)
«Apprendiamo con soddisfazione dalla stampa che il 2017 si apre all’insegna dell’ottimismo per il
Gruppo Sassoli, che ha illustrato i piani della società ad Aviano e Villotta: peccato che lo stesso
ottimismo non si evidenzi nei siti di Lavinox e Sigma Re. L’annuncio dell'azienda ha il sapore di
buon proposito che si fa a inizio anno, sapendo che non si realizzerà». Parole di Maurizio Marcon
(Fiom Cgil), che si chiede «come il Gruppo intenda fare di tutto per rilanciare i siti. Ci piacerebbe
sapere con quali strategie e investimenti. Quando sarà definito un piano credibile, rispettato nelle
tempistiche e effettivamente finanziato?». Finanziato è la parola magica, secondo Marcon:
«Ricordiamo che oggi il maggior finanziatore del Gruppo sono i dipendenti, che hanno accettato
che con il loro Tfr Sassoli rilevasse la fallita Lavorazioni Inox, che metà addetti dell'ex Nuova Infa
finisse in mobilità e che le spettanze venissero rateizzate (nonostante gli accordi, non ne sono
ancora entrati completamente in possesso)». «Non va scordato che il Gruppo si dimentica da
gennaio 2016 di fare versamenti ai fondi pensionistici complementari, trattenendo ma non versando
anche la quota a carico del lavoratore – ha concluso Marcon –. Apprendiamo comunque con
sollievo che la mancata presenza dei Sassoli agli incontri coi sindacati è legata al costante
peregrinaggio alla ricerca di finanziamenti e non da mancata volontà». (g.s.)
Ex Sintesi: aperte le buste. I macchinari a un udinese (M. Veneto Pordenone)
di Guglielmo Zisa - L’imprenditore udinese Gianni Bucino si è aggiudicato dal concordato Ame srl
in liquidazione per 310 mila euro, il primo dei due lotti messi all’asta ieri da Norberto Paronuzzi,
commercialista con studio a Pordenone, il liquidatore giudiziale del concordato preventivo dell’ex
Sintesi. A illustrare l’esito della gara è stato Luigi Pitton, professionista spilimberghese, già
componente del consiglio direttivo di Sintesi e attuale portavoce di Ame. L’asta. Nell’asta di ieri a
Pordenone (tre le offerte pervenute) s’è proceduto con la formula della procedura competitiva.
Prevedeva la vendita di due lotti: il primo, costituito da macchinari e attrezzature conservati nell’ex
magazzino adibito a carico e scarico delle merci, è stato aggiudicato all’imprenditore di San
Giovanni al Natisone. Si partiva da una base d’asta di 163 mila euro. Del lotto fanno parte
macchinari vari e attrezzature, autoveicoli, carrelli elevatori, scaffalature, stampi, arredi e macchine
d’ufficio, nonchè materiale di risulta. «Tutti materiali e attrezzature, compreso l’impianto di
verniciatura, che diverranno di proprietà effettiva di Buccino tra dieci giorni, come previsto dalla
legge: dopodiché una volta trascorsi i termini previsti dalla legge, il nuovo acquirente sarà libero di
disporne come meglio crede» commenta Pitton. Parole che lasciano trapelare come, nelle intenzioni
del nuovo acquirente, potrebbe non esserci la volontà di fare ripartire l'azienda ma di rimettere
quanto acquisito sul mercato, il che allontana sempre più l'ipotesi di una riavvio della produzione
nello stabilimento in zona industriale del Cosa. La società. Per l'ex Ame si tratta in ogni caso di una
sostanziosa iniezione di liquidità che, in qualche modo, va a rinvigorire il capitale del concordato
preventivo, risicato al massimo dopo aver avviato almeno una parziale pulizia delle vasche
dell'impianto di cromatura a spese degli ex dipendenti.Lavoratori che tuttora attendono il
pagamento di tfr e contributi: finalmente potrebbero veder entrare nelle loro tasche le ultime
spettanze. Al momento certo è che dalla vendita sono rimasti esclusi i beni e i materiali facenti parte
dell’impianto di cromatura, sottoposto a provvedimento di sequestro penale da marzo dello scorso
anno. Vicenda che trascinerà nuovamente il Comune di Spilimbergo in tribunale, visto che qualche
settimana fa Ubi leasing spa, proprietaria dei muri dell’ex Sintesi, ha fatto ricorso al Tar contro
l’ordinanza municpale che intima alla proprietà di impegnarsi, per le vie brevi, alla pulizia e allo
smaltimento dei rifiuti ammassati nei capannoni, compresa la bonifica dell’impianto di cromatura,
oltre alla restituzione di decine di migliaia di euro di Imu mai versata.
Disinteresse per i marchi: aperta l'asta
Testo non disponibile
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Interporto, arriva la stazione merci (M. Veneto Pordenone)
di Piero Tallandini - Sono cominciati i lavori per la realizzazione del nuovo terminal ferroviario di
750 metri nell’area interportuale di Pordenone, opera attesa da tempo. I primi treni potranno
utilizzarlo già da settembre. Ma le buone notizie, per il futuro sviluppo dell’area logistica
pordenonese, non si fermano qui. L’ultimo incontro tecnico che ha coinvolto anche Regione, Rfi
(Rete ferroviaria italiana) e Comune, ha sancito un ulteriore e decisivo passo in avanti per la
realizzazione delle ulteriori strutture previste: ovvero, la vera e propria stazione merci, che
completerà e potenzierà il nuovo terminal con doppi binari in ingresso e in uscita, verso Udine e
verso Venezia-Treviso, e un ulteriore binario di manovra. In tutto si potrà arrivare a un investimento
complessivo di 30 milioni di euro. All’incontro, oltre a Giuseppe Bortolussi, amministratore
delegato di Interporto-Centro Ingrosso spa, hanno partecipato la Regione, con l’assessore alle
Infrastrutture Maria Grazia Santoro, il Comune, con l’assessore all’Urbanistica Cristina Amirante,
Rfi con una delegazione guidata da Gianpiero Strisciuglio (Direzione commerciale ed esercizio
rete) e Mauro Zinnanti (Direzione Centrale Infrastrutture e Territorio). «Già a settembre di
quest’anno – ha annunciato Bortolussi – il nuovo terminal sarà operativo e partiranno i primi treni.
Ciò sarà possibile anche grazie a un accordo che prevede un primo intervento di Rfi per
l’elettrificazione all'innesto dei binari della linea principale con la linea interna dell’ Interporto.
L’obiettivo è ridurre notevolmente i costi per le operazioni di manovra, in modo da attrarre il
maggior numero di traffico possibile». Per il terminal, i cui lavori sono divisi in tre lotti, vengono
investiti 15 milioni di euro, risorse di Interporto Spa. Nel corso dell’incontro, come detto, passi
avanti anche in vista della realizzazione delle ulteriori strutture per le quali è previsto il supporto
finanziario da parte di Rfi e Regione. A Rfi è stato chiesto il sostegno per realizzare le strutture che
porteranno a potenziare l’area del nuovo terminal permettendo all’interporto pordenonese di
diventare un’autentica stazione principale per le merci, un fiore all'occhiello per l’intero territorio
regionale. Una stazione di livello europeo che sarà contraddistinta da elevatissimi standard
tecnologici. L'assessore Santoro si è resa disponibile a verificare la possibilità di finanziare il
completamento anche della rotaia di manovra. Queste ulteriori opere porterebbero a 30 milioni
l’investimento totale. Amirante si è impegnata a promuovere una conferenza di servizi per
accelerare gli interventi e a stipulare una convenzione con Rfi e Interporto per l’utilizzo delle aree
di sedime necessarie. «Siamo molto soddisfatti di questo risultato – ha affermato Bortolussi –.
Abbiamo trovato un’intesa con tutti gli enti coinvolti e abbiamo dato un segnale importante
avviando i lavori per il terminal, dimostrando che il potenziamento della nostra area interportuale
sta andando avanti in modo concreto e spedito».
Le Rsu di Nidec Sole Motors incontrano la civica Pn 1291 (M. Veneto Pordenone)
Oggi le rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) di Nidec Sole Motors di Pordenone illustreranno la
preoccupante situazione che sta attraversando l’azienda della Comina al gruppo consiliare di
opposizione Pordenone 1291. L’incontro si terrà nella sede cittadina della Cgil. «Abbiamo ritenuto
necessario – hanno fatto sapere in una nota le Rsu di Cgil e Uil – portare anche all’esterno dello
stabilimento la discussione sullo stato dell'arte del sito, per verificare se è interesse di territorio e
istituzioni mantenere in vita la fabbrica della Comina, che produce reddito nel Pordenonese e dà
lavoro a 380 addetti». Le Rsu hanno ricordato che «Nidec sta mettendo in campo una competizione
europea al ribasso, per la produzione di motori per il settore dell'elettrodomestico, tra lo
stabilimento di Pordenone e gli altri siti ubicati nell’Europa orientale, tra cui quello romeno.
L’azienda – hanno aggiunto i sindacati a commento della vertenza Nidec Sole Motors – sta
chiedendo ai lavoratori di supportare tale strategia senza né ricompense né prospettive certe per il
futuro». Ecco quindi che diventa necessario, secondo le Rsu di Fiom Cgil e Uilm Uil, fare scendere
in campo le istituzioni. (g.s.)
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Caso Sereni Orizzonti, appello dei lavoratori: un dramma la chiusura (M. Veneto Pordenone)
di Donatella Schettini - Hanno scritto al vicesindaco di Aviano, Sandrino Della Puppa, i 40
dipendenti della casa di riposo Sereni Orizzonti per chiedere di ripensare la decisione di chiudere la
struttura in quanto considerata conclusa la sperimentazione avviata cinque anni fa. L’Azienda
sannitaria, dal canto suo, convocherà a breve un incontro con le case di riposo della provincia per la
ricollocazione degli ospiti. I dipendenti. I dipendenti di Sereni orizzonti dicono di non comprendere
la decisione del Comune: «Non riusciamo a capire perché la convenzione non possa essere
rinnovata. Sappiamo tutti che se c’è la volontà di farlo si può fare. Si dica, piuttosto, quali sono i
costi per il Comune se rimaniamo aperti e quali i vantaggi se chiudiamo, forse riusciremo a capire
questa decisione. Alcuni di noi sono avianesi: è difficile comprendere perché chi dovrebbe
proteggerci non fa altro che creare problemi e preoccupazioni. È difficile dormire la notte pensando
che fra meno di tre mesi non potremo più garantire uno stipendio alle nostre famiglie, si parla tanto
di ripresa, ma i posti di lavoro non ci vengono offerti tutti i giorni». Si osserva: «Per alcuni di noi lo
stipendio che proviene da Sereni Orizzonti è l’unica fonte di guadagno in famiglia». Gli ospiti.
L’attenzione si sposta sugli ospiti. «In questi giorni assistiamo a scene strazianti: persone in lacrime
che vengono portate in altre strutture, ma che vorrebbero rimanere qui – sottolinea i personale – Per
un anziano ogni cambiamento è fonte di notevole stress, e se il cambiamento non è richiesto il
disagio raddoppia». Si aggiunge: «Facciamo un lavoro delicato, poco considerato, anzi molto
sottovalutato. Ma lo facciamo con il cuore perché ognuno di noi, a suo modo, è affezionato agli
ospiti e ai loro parenti più stretti, e cerca di fare in modo che il soggiorno sia il più piacevole
possibile». L’azienda. La società Sereni Orizzonti, si evidenzia, è disponibile a fare un consistente
investimento per costruire o ristrutturare un’altra struttura in zona: «Se si potesse rimanere qui
finché ciò non sia avvenuto ci sarebbe tranquillità per tutti: per noi che manterremmo il posto di
lavoro, per i nostri ospiti che manterrebbero le figure di riferimento abituali e per i parenti, che non
dovrebbero più preoccuparsi di trovare un altro luogo per i propri cari». Nel frattempo la Aas ha
deciso di convocare una riunione con le case di riposo provinciali per valutare la disponibilità di
posti per gli ospiti. Che rischiano di andare ad aumentare le liste di attesa.
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«Se rispetta le regole la Ferriera di Servola non si può chiudere» (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana - «Possiamo anche ritenere che una Ferriera a Trieste non vada bene, ma se
un’azienda privata rispetta le prescrizioni che le sono state poste, ha tutto il diritto di svolgere la
propria attività». È il succo di un primo giudizio dato dalla Commissione Industria del Senato nella
conferenza stampa al termine della visita fatta ieri allo stabilimento e di una serie di audizioni. A
formularlo è stato il presidente Massimo Mucchetti (Pd), che era accompagnato da soli altri tre
componenti: Salvatore Tomaselli (Pd), Bernabò Bocca (Fi-Pdl) e Gianni Pietro Girotto (M5S). «Lo
abbiamo fatto rilevare anche al sindaco e al segretario comunale - ha precisato Mucchetti sottolineando che solo se le prescrizioni sono eluse in modo patente si può giungere a una chiusura
d’autorità. Ma il sindaco ci ha manifestato la volontà politica di arrivare alla chiusura dell’area a
caldo prendendo iniziative che non ci sono state riferite». Oltre alle voci di prefetto, Regione,
sindacati e Confindustria, la commissione ha raccolto in audizione anche i pareri di associazioni
ambientaliste e comitati di residenti, critici nei confronti della presenza dello stabilimento. «Ci sono
state riferite preoccupazioni che è giusto tenere da conto - ha aggiunto - ma non sono ben
quantificate. Considerato che l’Arpa sta facendo i controlli, le valutazioni non devono partire da
posizioni politico-emozionali che possono sempre avere un quid di strumentale, ma basarsi
sull’acquisizione di dati certi, rilevati scientificamente da un soggetto pubblico che non deve fare il
tifo per nessuno, ma rappresentare la verità oggettiva». Per l’azienda è stato sentito l’amministratore
delegato di Finarvedi, Mario Caldonazzo. «Il cavalier Giovanni Arvedi lo incontreremo domani a
Cremona - ha aggiunto Mucchetti - doveva essere a Trieste, ma è stato convocato dal ministro per lo
sviluppo economico Carlo Calenda con il quale ritengo abbia parlato anche di Servola». Sullo
sfondo c’è l’acquisizione dell’Ilva di Taranto, il più grande stabilimento siderugico europeo. «Non
possiamo dire che impatto avrà Taranto su Trieste, dipenderà dall’andamento della domanda di
prodotti siderurgici - ha specificato il senatore -. Servola funziona nell’ambito del Gruppo Arvedi:
produce ghisa che consente di migliorare la qualità dell’acciaio prodotto dai forni elettrici di
Cremona, ma qui ha iniziato a operare anche l’area a freddo che perfeziona i coils che vengono da
Cremona. L’ingresso di Arvedi, dapprima al 10% e poi forse con una quota un po’ superiore,
nell’ambito dell’Ilva potrà portare a intese più forti tra i due Gruppi. Nella cordata di Arvedi il 35%
lo avrà Jindal e il rimanente 55% gli altri due partner italiani: la Cassa depositi e prestiti e Del
Vecchio. La seconda cordata in corsa per l’Ilva è quella di Arcelor-Mittal, ma parte sfavorita perché
quella italo-indiana ha in progetto di produrre a Taranto 8 milioni di tonnellate annue di prodotti
contro i 6 dell’altra che metterebbe in atto forti tagli occupazionali». A esprimersi sul futuro del
complesso triestino, anche un altro componente della commissione del Senato, Salvatore
Tommaselli, anch’egli del Pd: «La chiusura della sola area a caldo pare difficilmente sostenibile per
chi ha un ciclo produttivo integrato. Un’azienda che viene, investe e accetta i limiti previsti dentro
un processo industriale integrato o fa tutto o niente, non può limitarsi a una parte sola. Ecco perchè
auspichiamo che i vari soggetti discutano tra di loro: società civile, ammininistrazioni locali e
azienda. E se ci si sono parti dell’Aia da rivedere, la si riveda in maniera concorde». «Questa
giornata - ha concluso Mucchetti - ci è servita a capire la consistenza del lavoro fatto da Arvedi a
Trieste e le prospettive che questo lavoro apre alla luce di Taranto che costituirà il perno dell’intera
industria siderugica italiana. Sono impegnati a vario titolo anche soldi pubblici ed è responsabilità
di governo e parlamento verificare l’uso che di queste risorse viene fatto, considerato che
l’orientamento del governo e della maggioranza è promuovere lo sviluppo industriale che deve
includere anche la siderurgia, nel quadro della compatibilità ambientale, ma senza alcuna
preconcetta ostitità ideologica verso l’industria pesante. Leggera o pesante che sia, l’industria se
rispetta le regole, va bene. Non vogliamo un’Italia fatta soltanto di pizzerie e di alberghi, perché è
dall’industria che viene la spinta alla ricerca e innovazione e quei Paesi che avevano puntato tutto
sui servizi, come Gran Bretagna e Stati Uniti - ha concluso Mucchetti - è all’industria che ora
stanno tornando».
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Uti in ritardo, welfare prorogato (Piccolo Trieste)
di Massimo Greco - Uti sì, Uti no, Uti boh. L’Unione territoriale intercomunale tarda la
carburazione e la struttura amministrativa municipale deve arrangiarsi. Lo fa con un tradizionale
espediente, quello della proroga. Uno degli ultimi, interessanti provvedimenti-tampone, adottati
dalla macchina di piazza Unità, riguarda la determina 3928/2016 dedicata alle “convenzioni per
l’inserimento di utenti portatori di disabilità psico-fisica presso centri socio-educativi e soluzioni
abitative protette”. Un tema delicato, che coinvolge l’ente pubblico, le famiglie, il sistema
associativo impegnato nel settore. La proroga, a cura dell’Area servizi e politiche sociali, è scattata
lo scorso 1° gennaio a valere fino al 30 giugno: la spesa è importante e ammonta a 2,6 milioni di
euro. L’atto dirigenziale richiama chiaramente il disagio di una situazione ancora in alto mare.
Risulta problematico - riporta la determina - definire alcuni elementi tecnici relativi alla
predisposizione degli affidamenti: per esempio, il numero dei beneficiari, il valore globale degli
appalti in relazione al numero di prestazioni da erogare, la disciplina dei rapporti con gli altri
Comuni che entreranno nell’Uti. Che fare? «E’necessario - argomentano gli uffici dell’Area a
pagina 2 - procedere alla proroga delle convenzioni/contratti in atto per le gare per le quali non si è
ancora conclusa la procedura necessaria per l’individuazione dei nuovi contraenti, per un periodo
non superiore ai sei mesi». Allora avanti per un semestre avvalendosi dei soggetti con cui nel 2014
erano state stipulate convenzioni allo scopo di supportare l’utenza disabile. La determina elenca le 9
strutture chiamate agli straordinari: “Il Cenacolo”, “Cest”, “Ceo Mitja Cuk”, “I Girasoli”, “Anffas”,
“Duemilauno”, “La Fonte”, “Piccolo Rifugio”, “Lybra”. Tutte hanno garantito la continuità di
servizio fino alla definizione di un nuovo atto alle stesse condizioni previste dalla convenzione
risalente al 2014, che aveva coperto il periodo dal gennaio 2015 al dicembre 2016. Non è casuale
che la determina richiami la legge regionale 164 del novembre 2016, intitolata “Soppressione delle
Province del Friuli Venezia Giulia”, in quanto essa prevede l’avvio della riorganizzazione del
servizio sociale dei Comuni e - come si diceva - la stessa istituzione dell’Uti. Il messaggio degli
uffici comunali - in ambasce non solo per l’incertezza del quadro normativo e finanziario non solo
per quel che concerne il Welfare - è evidente. Da qui a giugno è auspicabile che la vicenda Uti
volga al chiarimento, perchè alcuni settori implicano una capacità di spesa e di programmazione che
va articolata a livello intercomunale. Dal primo gennaio 2017 le funzioni esercitate direttamente
dall'Uti si limitano alla programmazione e pianificazione territoriale e alla pianificazione di
Protezione civile. In forma “associata” vengono gestiti i servizi finanziari contabili e controllo di
gestione, le procedure, la statistica, il catasto, i servizi informativi e i servizi sociali. Già, i servizi
sociali, ma - come dimostra il documento comunale sulla disabilità - solo in teoria. D’altronde non è
nemmeno chiaro dove avrà sede l’Uti. E quali amministrazioni vi aderiranno.
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Capelli nel piatto e ritardi. Multe ai big delle mense (Piccolo Trieste)
di Massimo Greco - La pizza ritarda? Multa. Nel cibo un frammento metallico? Multa. Un pelo o un
capello nei pressi dell’insalata? Multa. Saranno state le polemiche sugli appalti delle mense ancora
risalenti all’epoca cosoliniana, saranno le recenti tensioni sulla composizione più o meno “etnica”
dei menu destinati ai giovani gourmet, sarà l’impegno per stanare i “portoghesi” che usurpano il
vassoio: insomma, da parte dell’amministrazione comunale triestina sembra essersi alzata l’asta
dell’attenzione nei confronti dell’alimentazione collettiva di propria competenza. Al punto che tre
delle primissime determine (gli atti firmati dai dirigenti) datate 2017 hanno riguardato l’applicazioni
di penali per altrettanti “disservizi” in tema di mense scolastiche: sono la 4, la 5, la 42. Tre episodi
distinti descritti e “puniti” dallo stesso dirigente, Manuela Salvadei, responsabile dei Servizi
educativi integrati all’interno della maxi Area educazione-università-ricerca-cultura-sport: si sono
verificati in dicembre nelle giornate del 7, del 14, del 22. Narriamoli seguendone l’ordine
cronologico, si noterà che i testi dei provvedimenti riportano una trama sostanzialmente analoga. Il
primo è accaduto nella scuola primaria “V. Longo” in via Commerciale: un insegnante comunicava
l’avvenuto rinvenimento da parte di un alunno di «un corpo estraneo”, identificato come un capello
o un pelo, nel piatto che ospitava pizza e insalata. Piatto preparato in questo caso dalla Dussmann.
Impossibile verificare a posteriori - argomenta la dottoressa Salvadei - quando il pelo/capello sia
atterrato tra pizza e insalata. La fattispecie implica un’inadempienza sulla quale pende una sanzione
di 3 mila euro, che l’amministrazione ha ritenuto di ridurre a 500 euro (più 2 di bollo) «in via
equitativa», vista la buona volontà mostrata dall’appaltatore «per l’applicazione dei necessari
correttivi». Il secondo fatto ha riguardato il “sis” Padoa in via Archi. Stavolta la penale è toccata
alla ditta Camst. Nel corso del pranzo ammannito il 14 dicembre scorso, il personale comunicava in
questo caso l’avvenuto rinvenimento da parte di un alunno di un «corpo estraneo» identificato in un
frammento metallico sotto a un panino depositato sulla tavola. Impossibile accertare la provenienza
dell’oggetto - scrive la determina - ma non sono accoglibili le giustificazioni della Camst.
L’applaltatore però ha escluso che il corpo estraneo fosse riconducibile allo stabilimento di
fornitura, per cui anch’esso ha ottenuto le attenuanti generiche con una penale da 500 euro (più il
bollo) in luogo della sanzione da 3 mila euro. La terza infrazione è più lieve e infatti è stata
sanzionata con una penale di minore entità. Il calendario segnava un post-solstiziale 22 dicembre, in
retta d’arrivo verso Natale. Tant’è che era in programma il menu-festa, ordinato ancora in data 26
novembre, affinchè non vi fossero malintesi. Il luogo del l’inadempienza cambia: è la scuola
d’infanzia “Il Giardino Incantato”, situato nella via dedicata allo storico triestino Pietro Kandler. I
panini vennero consegnati regolarmente - ricostruisce la determina - al contrario la pizza fu erogata
dalla Camst alle ore 12.50 quando il pranzo era iniziato a mezzogiorno in punto. Le mancate
consegne prevedono una sanzione di ben 4 mila euro per ogni giornata “fallata”: stavolta il danno è
stato arginato sia pure in ritardo, di conseguenza la dottoressa Salvadei si è limitata a imporre una
mite penale ammontante a 200 euro (più il bollo). Le penali saranno ritenute direttamente sul
corrispettivo. Ricordiamo che Camst, insieme alle coop La Quercia e Basaglia, si è aggiudicato nel
luglio 2015 l’appalto quinquennale di pasti freschi/caldi e gestione sale mensa per oltre 17 milioni
(lotto 1). Nell’ottobre 2015 Dussmann ha vinto la gara per somministrazione di derrate, gestione
cucine comunali e sale mense (lotto 2) fino al 2020 per oltre 20 milioni.
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Il tram entra in officina. Due mesi di lavoro per l’opera di restyling (Piccolo Trieste)
di Gianpaolo Sarti - Un restauro, più che una riparazione. Un lavoro da artigiani, più che da
ingegneri. Il tram di Opicina, dopo mesi di pit stop, entra finalmente in officina. Uno dei due mezzi
coinvolti nell'incidente della scorsa estate, il numero 404, si trova in un capannone, a Trieste, pronto
per essere rimesso a nuovo con pezzi creati appositamente a mano. Anche perché sul mercato
ricambi per vetture storiche del genere non esistono. La ditta che si è aggiudicata l'appalto è la
Euro&Promos, società con sede a Udine. La gara ha un valore di circa 95 mila euro: serviranno a
sistemare il telaio, le parti in legno della cabina (da ricostruire interamente), il tetto, la carrozzeria,
l'impianto elettrico e pneumatico. L'azienda, che ha il compito di riconsegnare la vettura
esattamente come si presentava prima del sinistro, sta ricostruendo le parti danneggiate seguendo la
documentazione fotografica fornita dalla Trieste Trasporti. Che, peraltro, nel capitolato ha
espressamente chiesto che l'intero intervento di recupero sia svolto entro un raggio di 100
chilometri dalla città, in modo da tenere sotto controllo l’operazione. L’azienda ha già iniziato e ne
avrà per due mesi abbondanti. Tra la fine di marzo e gli inizi di aprile, salvo intoppi, il tram sarà
pronto. Discorso lievemente diverso per l'altro mezzo, la vettura 405, che sta concludendo lo step
progettuale. Sarà predisposto a giorni. Solo a quel punto la società di trasporti potrà preparare
un'altra gara di appalto, simile alla precedente, per assegnare la seconda riparazione. Si parla
comunque di tempi abbastanza contenuti: a fine febbraio l'iter burocratico dovrebbe essere
concluso. Tirando le somme, la 405 sarà pronta entro maggio, se non già ad aprile. Questo però non
significa che il servizio potrà ripartire subito. Tutt'altro: prima di rivedere i tram in strada servirà il
nulla osta dell'Ustif (Ufficio speciale trasporti a impianti fissi, organismo del ministero dei
Trasporti). Il via libera però prevede anche alcuni interventi lungo la linea che collega piazza
Oberdan a Opicina: stando a quanto è stato possibile sapere, il tratto andrebbe sistemato per ragioni
di sicurezza e ammodernamento, proprio per arginare il rischio di incidenti. Ma la Trieste Trasporti
non ha ancora ricevuto indicazioni in merito. Il servizio, quindi, resta bloccato, anche con i tram a
posto. «Per quanto riguarda i lavori sulle carrozze - conferma il presidente della Trieste Trasporti
Piergiorgio Luccarini - dobbiamo fare i pezzi su misura, visto che i ricambi per vetture così antiche
e particolari purtroppo non ce ne sono in giro. È tutto un lavoro di legno e meccanico, piuttosto
complesso e artigianale. Ma il vero problema - chiarisce il numero uno della società - è
l’autorizzazione dell’Ustif per ritornare a funzionare. Ad oggi siamo ancora fermi, attendiamo
disposizioni precise per la linea perché probabilmente sarà necessario realizzare alcune opere di tipo
infrastrutturale. Non sappiamo ancora quali, però, vedremo. Noi nel frattempo ci diamo da fare sulle
vetture da riparare, con i lavori e con l'assegnazione del nuovo appalto per l'altro mezzo. Non
vediamo l'ora di rivedere i tram funzionanti e di restituirli alla città».
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Latterie Carsiche: 30 esuberi, scatta lo sciopero (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Uno sciopero di otto ore per dire no allo spettro di 30 esuberi. È quello promosso ieri dai 58
lavoratori delle Latterie Carsiche di Villesse. Con l'appoggio dei sindacati hanno organizzato un
presidio vicino all'ingresso dell'azienda. L’iniziativa deriva dalla rottura del tavolo delle trattative
tra le due controparti in seguito alla decisione dei vertici di affittare il ramo produttivo, scelta che
porterebbe appunto al licenziamento di 30 dipendenti, più della metà della forza lavoro delle
Latterie. Un dramma per altrettante famiglie, quindi: per questo motivo tutti i lavoratori hanno
deciso di incrociare le braccia, atto che sarà ripetuto martedì quando alle 14.30 nella sede della
Regione a Udine ci sarà un nuovo incontro tra le parti in presenza degli assessori regionali
Bolzonello, Shaurli e Panariti. Le ultime novità non sono state positive: si pensava che il cambio al
vertice dell'azienda avvenuto un paio di mesi fa (dalla famiglia Pelloni il cui capostipite Gualtiero
creò l'azienda nel 1970 a Duino, per poi trasferirla nel 2006 a Villesse, alla cooperativa Minerva)
potesse portare un sospiro di sollievo dopo mesi di incertezze per i lavoratori, ma ora è la nuova
proprietà che a causa dei problemi di liquidità dell'azienda stessa ha deciso di affittarne il ramo
produttivo. Una virata che però avrà conseguenze drammatiche, come detto, per più di metà del
personale delle Latterie: l'ipotesi licenziamento (e con le leggi in vigore riguardo all'affitto del ramo
produttivo, non è possibile ricorrere alla cassa integrazione straordinaria) è dunque dietro l'angolo
purtroppo, ma i sindacati non ci stanno e ieri mattina durante lo sciopero hanno convocato
un'assemblea con tutti i lavoratori. «Abbiamo spiegato quale sia la situazione al momento - spiega
Enrico Coceani della Flai Cgil - adesso c'è questa speranza data dalla riunione convocata nella sede
della Regione a Udine martedì: in quell'occasione cercheremo con l'aiuto degli assessori regionali di
trovare delle soluzioni. I lavoratori saranno presenti con un presidio fuori dalla struttura a far sentire
la loro voce. La situazione è delicata, siamo molto preoccupati: si parla di 30 licenziamenti, non è
poco. E non dobbiamo dimenticare che per chi verrebbe licenziato non ci sarebbe nemmeno il
salvagente della cassa integrazione, solamente il sussidio di disoccupazione». E c'è da affrettare i
tempi: «Si perché chi è interessato all'affitto del ramo produttivo - conferma Coceani - vuole
stringerli: ma noi non possiamo permettere che 30 famiglie restino senza il principale reddito da un
giorno all'altro». Un piccolo spiraglio: «Dei tre stipendi mancanti due sono stati pagati - conclude
Coceani - ne manca solo uno che, ci hanno assicurato, verrà pagato a breve».(m.f.)
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Scontro Inail-aziende su premi e rimborsi (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau - Premi assicurativi all’Inail e istanze di rimborso, scoppia il caso con la diatriba tra
diverse aziende e operatori dell’Isontino e di Monfalcone e l’Inail di Trieste. «Se l’azienda versa
meno del dovuto l’Inail insorge, chiede di reintegrare la cifra e poi scatena controlli, ispezioni e
kulte - accusano gli imprenditori - se invece l’azienda sbaglia in eccesso e versa di più del dovuto,
l’Inail non restituisce la somma. Un fenomeno frequente tra le imprese che spesso perseverano per
anni inconsapevoli del danno che si autoinfliggono». Una situazione complessa, molto burocratica,
quasi kafkiana, esplosa in diverse aziende del territorio che si sono rivolte pure a Confindustria
Venezia Giulia che si è mobilitata e ha inviato una lettera al direttore regionale dell’Inail Fabio Lo
Faro. E proprio da quest’ultimo giunge anche la spiegazione “tecnica” di questa situazione con
precise indicazioni in cui si rammenta che in realtà se ci sono degli sbagli «ci sono delle
compensazioni» che possono essere fatte l’anno seguente quando si deve pagare il premio
assicurativo in anticipo. E comunque l’Inail, precisa una nota «tratta le istanze di rimborso nel
rispetto delle disposizioni di legge, dopo aver effettuato i necessari controlli amministrativi, a
seguito dei quali vengono effettuati rimborsi di eccedenze versate ogni qualvolta ne ricorrano i
presupposti normativi». Il problema è che mentre da un lato le stesse aziende invocano, per ottenere
giustizia, il Codice civile, l’Inail fa presente che nel suo caso ci sono delle «leggi speciali». Il
problema è che l’Inail è come un’assicurazione alla quale i datori di lavoro sono obbligati a
sottostare per assicurare i dipendenti contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Ma
non funziona come assicurazione privata perchè è “pubblica”. Ogni anno, entro il 16 di febbraio il
datore di lavoro attraverso un complicato calcolo (bisogna considerare il numero dei dipendenti, le
ore lavorate, le retribuzioni dell’anno precedente, i rischi delle lavorazioni che vengono effettuate e
altro) che tecnicamente si chiama “autoliquidazione”, determina il premio da pagare. Entro il 28
febbraio poi si deve presentare la dichiarazione telematica delle retribuzioni. Poi il premio può
essere pagato in quattro rate trimestrali, la prima entro il 16 febbraio. La denuncia delle aziende?
«Succede, con frequenza non marginale - spiegano - che a fronte di un’erronea comunicazione da
parte del datore di lavoro (la più comune quando si dichiarano in aticipo più lavoratori di quanti
mpoi vengono utilizzati realmente), lo stesso datore sia sottoposto al pagamento di un premio
superiore al dovuto e oggettivamente indebito». L’errore più frequente è chiamata "regolazione
passiva”. E qui le imprese invocano il codice civile. In base a questo «colui che ha fatto un
pagamento totalmente o parzialmente non dovuto «ha diritto a ripetere (essere rimborsato) ciò che
ha pagato». Le imprese banalizzano per rendere l’idea: «Talvolta succede che si paghi come se si
avesse dieci auto e invece ce ne sono 5». Secondo le imprese e gli operatori il rimborso non avviene
e «considerando gli ostacoli posti da Inail, rimane solo la strada del ricorso in giudizio». Spesso
molti, considerato il “calvario” della giustizia rinunciano e perdono i soldi. Una questione messa in
rilievo da Confindustria Venezia Giulia all’Inail che spiega che si tratta spesso di premi corrisposti
totalmente o parzialmente in eccesso negli anni passati. «Casi - aggiunge Confindustria - di fronte ai
quali c’è il rigetto delle istanze di rimborso ricondotto all’errore da parte dell’azienda». E non c’è
solo questo, le imprese denunciano anche pressioni e controlli dell’Inail talvolta «eccessivi» e multe
salate in caso di errori. Cosa che non avviene al contrario (se l’azienda sbagliando paga di più). Lo
stesso Inail però risponde e spiega (la questione è molto tecnica ed è tecnica anche la risposta) che
«i crediti derivanti dall’autoliquidazione dei premi vengono usualmente utilizzati dalle ditte a
comensazione degli importi a debito». Come dire che se si è pagato di più lo scorso anno ci si
regola e si paga di meno il successivo compensando le cifre. Le cifre, spiega l’Inail vengono
restituite in caso di chiusura dell’azienda. Poi «nel dettaglio» il diritto al «rimborso» dei premi
pagati in eccedenza viene comunque «vagliato alla luce della normativa generale e delle
disposizioni speciali» dettate da appositi articoli che parlano delle «modalità di applicazione della
tariffa». Si può chiedere rettifica del premio, si avrà un «rimborso dei premi eventualmente pagati
in eccesso» insiste l’Inail, ma comunque tutto si ricalcola compensando con i «futuri premi
assicurativi». Una questione complicata e non affatto chiusa: l’Inail in ogni caso si è detta
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«disponibile ad approfondire con le associazioni di categoria e le aziende nell’ottica della
trasparenza».
La Diocesi come l’ufficio di collocamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Tra bollette che devono essere onorate, beni di prima necessità che non si
riescono ad acquistare perché non c’è lavoro, situazioni di disagio sociale conclamato, le parrocchie
goriziane si ritrovano a fare anche da... ufficio di collocamento. Già, perché grazie a un efficace
progetto, attuato dalla Caritas diocesana, nel corso dell'anno hanno trovato un'occupazione
temporanea quasi 60 persone disoccupate. Una gocca nel mare, si dirà, ma un'iniziativa concreta in
una città che non brilla per opprtunità lavorative. Il "Fondo Famiglie in salita", attuato per mezzo
della Caritas diocesana, con la collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, si è
recentemente arricchito di una nuova iniziativa di impegno sociale con il progetto "Dignità e
Operosità". L'iniziativa si propone di venire incontro alle persone disoccupate che, per età avanzata
o perché demotivate da lunghi periodi di inattività, hanno difficoltà a trovare lavoro e ad essere
inserite in un contesto di impresa profit. Nel corso del 2016, l'impegno economico a favore di
famiglie bisognose tramite il “Fondo straordinario famiglie in salita” della "Diocesi di Gorizia" per
mezzo della Caritas diocesana onlus, è ammontato ad 149.965,00 euro. Questo progetto è reso
possibile soltanto grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia che ha
sostenuto l'iniziativa con un finanziamento a fondo perduto di 50.000 euro e dall'8 per mille a
disposizione dell'Arciciocesi di Gorizia per le opere di carità pari a 80.000 euro a cui si aggiungono
offerte di singoli cittadini e di istituzioni. Il progetto "Dignità e Operosità", in particolare, ha
permesso l'inserimento di persone disoccupate in lavori di manutenzione del verde e degli arredi
urbani grazie all'associazione "La Ginestra Onlus" che si è assunta l'incarico di datore di lavoro. Il
progetto è stato possibile grazie ai Comuni di Gorizia, Gradisca d'Isonzo, Romans d'Isonzo,
Cormòns e Sagrado che hanno rinnovato la convenzione per l'inserimento di queste persone in
lavori socialmente utili. E a queste municipalità si sono aggiunti quest'anno i Comuni di Medea, San
Lorenzo Isontino, Farra e Aquileia. La durata complessiva dell'intervento del progetto "Dignità e
Operosità" è di cinque mesi con una retribuzione mensile lorda, pagata in Vaucher, di 500 euro per
50 ore mensili. L'inserimento totale nel progetto "Dignità e Operosità" in collaborazione con i
Comuni sopracitati dal dicembre 2015 al novembre di quest'anno 2016 è stato di 58 interventi per
un totale di spesa a fine programma di euro 99.398,50. L'azione del progetto "Fondo Straordinario
famiglie in salita" ha permesso l'inserimento lavorativo in aziende di altre 17 persone di cui il 80%
di cittadinanza italiana e il 20% straniera. Di queste 16 persone, 9 sono state inserite in aziende no
profit e 7 in imprese profit. Il costo complessivo per l'intervento in favore di questi lavoratori è di
euro 45.436,08. Importante il commento del diacono Renato Nucera, responsabile del Fondo
Famiglie in Salita. «Siamo sempre consapevoli di essere poca cosa in rapporto alle mille difficoltà
che ci sono in questo periodo storico e che si fanno sempre più impellenti ma il nostro spirito è
quello di essere segno, segno di vicinanza e solidarietà con chi è meno fortunato. Soltanto
ritornando a sentimenti di solidarietà reciproca potremo superare le difficoltà ed essere più forti».
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