Documento sull`Autismo

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Documento sull`Autismo
DIREZIONE SANITARIA AZIENDALE
Osservatorio sull’Autismo
Documento sull’Autismo
della AUSL RM F
1. Introduzione
Le sindromi autistiche hanno acquisito negli ultimi due decenni una identità nosografica
molto importante. In particolare oggi, quando si parla di autismo ci si riferisce a diverse
sindromi (le sindromi dello spettro autistico), che nella classificazione ufficialmente usata
in Italia, cioè la Classificazione Internazionale delle Malattie ICD 10 dell’OMS, vengono
raggruppate nella categoria F84, “Disturbi Evolutivi Globali”(DEG), a sua volta compresa
fra i “Disturbi dello Sviluppo Psicologico”. I DEG nel manuale di classificazione degli
psichiatri americani DSM IV sono definiti Disturbi Pervasivi dello sviluppo. Della categoria
F84 fanno parte, oltre all’autismo, la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e altri
disturbi evolutivi globali. Tale acquisizione ha consentito la possibilità di definire con
maggiore accuratezza l’entità del Disturbo Autistico non solo da un punto di vista
meramente epidemiologico ma anche nelle sue rilevanze socio-sanitarie.
Tale dato acquisisce una rilevanza clinica, sanitaria e sociale tanto più grande se si tiene
conto del fatto che il Disturbo Autistico non è solo un disturbo infantile (la dizione di
autismo infantile è sparita nel 1997, con la revisione del DSM-III), ma è innanzitutto un
disturbo lifetime. Da qui la necessità di considerare di prendere in carico il paziente
autistico non soltanto al momento della diagnosi, ma anche nelle sue fasi di sviluppo e di
evoluzione della personalità per l’intero arco della sua vita.
2
2. Epidemiologia dell’Autismo
2.1) nel mondo
Le diagnosi di sindromi autistiche sono in fortissimo aumento nei Paesi dove il fenomeno
è posto sotto controllo, mentre in Italia sono ancora disconosciute, dato che le ASL
riconoscono soltanto un terzo-un quarto dei casi che si ritrovano negli USA, in GB e in
Giappone.
L’ultimo articolo è apparso su MMWR, del CDC di Atlanta, il 18 dicembre 2009/
58(SS10);1-20. Catherine Rice et AA: Prevalence of Autism Spectrum Disorders Autism
and Developmental Disabilities Monitoring Network, United States, 2006. L’articolo riporta
dati di prevalenza riferiti al 2006, superiori del 57% rispetto a quelli precedenti, riferiti al
2002. Si giunge allo 0,9% del totale dei bambini americani. Siamo ormai vicini alla
percentuale di uno su cento degli studi di popolazione recenti svolti in un territorio inglese
(Sud Tamigi) da G.Baird e AA, che ha replicato i risultati riscontrati in precedenza in
Giappone. Baird, setacciando a tappeto 56.946 preadolescenti di 9-10 anni, ha ritrovato
affetti da sindromi autistiche l’1,16 per cento, con un intervallo di confidenza C.I. pari a
90,4-141,8 (Lancet. 2006 Jul 15;368(9531):179-81 Evid Based Ment Health. 2007
Feb;10(1):28).
Negli 11 territori degli USA nel 2006 la Rice per il CDC ha trovato che quasi un bambino
su cento all’età di otto anni presenta una delle seguenti sindromi comprese nei DEG
(disturbi evolutivi globali): autismo, Asperger o disturbi dello sviluppo correlati, tutti
compresi nello spettro autistico.
Le diagnosi comprendono tutte le sindromi autistiche, nelle diverse forme di gravità, da
quelle più eclatanti e precoci a quelle più leggere, che si possono diagnosticare soltanto
più tardi.
L’età di 8 anni, scelta dai due studi del CDC, sembra essere adatta per studiare la
prevalenza totale, in quanto un esperto è in grado di cogliervi anche le sindromi di
Asperger.
La stima è stata fatta tramite una rassegna retrospettiva delle documentazioni sanitarie e
di quelle delle scuole speciali, tutte le volte che è stato possibile utilizzare questa fonte,
che si è dimostrata superiore alla fonte sanitaria.
I dati sono stati raccolti in undici territori distribuiti in diversi Stati degli USA, dieci dei quali
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coincidenti con quelli della rilevazione del 2002. Nel 2006, su 307.790 bambini di 8 anni
residenti negli 11 territori, 2.757 sono rientrati nelle classificazioni diagnostiche del DSM
IV tr per le categorie: autismo, disturbo pervasivo non altrimenti specificato, Asperger.
La prevalenza media riscontrata è pari allo 0,9 per cento, con I.C. compreso fra 0,860,93.
La prevalenza, misurata fra i quattro e i sei anni, su tutti i nati di varie coorti degli anni
’90 in un’area dell’Inghilterra, Stafford, è risultata essere al livello di 0,6% per tutti i
disturbi dello spettro autistico e di 0,2% per l’autismo tipico1
Da una indagine di popolazione pubblicata nel 2006 da Gillian Baird2 e colleghi del
Newcomen Centre, Guy’s and St. Thomas NHS Foundation Trust di Londra, su 56.946
bambini di 9 e 10 anni3, residenti in dieci distretti a sud del Tamigi, è emerso che i
soggetti con DEG (spettro autistico) erano l’1,1% della popolazione studiata, e tale dato è
confermato da alcuni studi simili svolti in Giappone e dal CDC nel 2006 per 10 località
degli USA, dove è risultato 0,9% su bambini di 9 anni, con un aumento di oltre il 50%
rispetto al 2002. Questo dato non è in contrasto con quello precedente in quanto a 9-10
anni anche le forme di anomalia dell’interazione sociale non associata a disturbi del
linguaggio diventano evidenti ad un’indagine condotta da esperti, in grado di apprezzare
anche le alterazioni fini. Non si dimentichi che, parlando di DEG o di spettro autistico, si
passa senza soluzione di continuo dall’autismo tipico a forme meno gravi e meno tipiche
fino al confine con la normalità, laddove esiste soltanto stravaganza sociale e scarsa
empatia: il confine del patologico non è oggettivamente quantificabile come un valore
soglia di un esame di laboratorio. Inoltre l’organizzazione della rilevazione dei dati in un
sistema sanitario che attivamente ricerca le sindromi differisce da quella di chi si limita a
registrare le diagnosi poste in coloro che vengono portati a visita nei servizi. Così si
spiega come la prevalenza che emerge dagli studi “attivi” su tutta la popolazione sia
molto più elevata di quella che emerge dalla somma delle diagnosi DEG effettuate dopo
attesa “passiva” dai servizi psichiatrici e neuropsichiatrici: la pretesa epidemia crescente
1
Chakrabarti S. e Fombonne E. (2005) Pervasive Developmental Disorders in Preschool Children:
Confirmation of a High Prevalence, Am J Psychiatry; 162, 1133-1141
2
Baird G. et AA (2006) Prevalence of disorders of the autism spectrum in a population cohort of children in South
Thames: the Special Needs and Autism Project (SNAP), Lancet, Jul 15; 368 (9531):210-5, citato in: Hanau C., Mariani
Cerati D. (2006), Le persone comprese nello spettro autistico erano e sono tante, più dell’uno per cento della
popolazione,, Il Bollettino dell’angsa, 19, n. 2-6, 33-4.
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Nati tra il primo luglio del 1990 e il 31 dicembre del 1991, ivi.
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di sindromi DEG in vari Paesi, finora non dimostrata, ha ancora ampi margini di crescita,
in quanto non sono ancora stati raggiunti i livelli di 1,1% riscontrati dalle indagini “attive”.
Una sindrome autistica non associata a ritardo mentale né a disturbi del linguaggio, che
pone gravi problemi soprattutto in età adulta, è stata riconosciuta come entità nosologica
compresa nei DEG (F84.4) ed è stata chiamata “sindrome di Asperger” dal nome del
pediatra austriaco precedentemente richiamato4; solitamente questa sindrome non viene
certificata come disabilità negli allievi delle scuole, in quanto non provoca problemi di
profitto scolastico, e si sottovaluta la sua rilevanza per l’inclusione nella società degli
adulti.
2.2) in Italia
In Italia la prevalenza dell’autismo è ancora oggi ampiamente sottostimata, come risulta
dall’indagine compiuta dall’USR della regione Emilia-Romagna e Fondazione Pini
nell’anno scolastico 2005-2006 dalla quale risulta che fra gli allievi frequentanti le scuole
dell’Emilia Romagna i certificati DEG (gruppo F84) sono lo 0,13%.
Nella terza rilevazione compiuta dall’USR dell’Emilia Romagna sui dati dell’anno
scolastico 2007-2008, si è ritrovata una frequenza di 0,16% di allievi certificati con
sindromi autistiche su tutti gli allievi, mentre il picco si è verificato nelle scuole primarie,
ove la frequenza saliva a 0,21%, scendendo al minimo nella secondaria di secondo
grado, con 0,09%.
Dallo studio di Besana in Piemonte risulta nella fascia 0-18 anni un tasso di prevalenza
pari a 0,72 su 1000 e nella fascia 5-9 anni, un tasso di prevalenza pari a 1,03 su 1000.
Un elemento di grave criticità è la scomparsa degli autistici nelle statistiche volte a
rilevare la prevalenza di autismo in età adulta. In Emilia-Romagna la frequenza sulle
rispettive coorti di età passa dal picco di 1,63 su mille fra 4 e 5 anni di età a 0,05 su mille
fra i 18 e i 29 anni, per poi tendere a zero oltre i trent’anni. Pertanto fra i disabili intellettivi
adulti risulta una quota di autistici assolutamente trascurabile. Tale tendenza si conferma
in una ricerca compiuta su sei regioni italiane (Abruzzo, Veneto, Emilia Romagna,
Calabria, Marche e Umbria) nell’ambito di una ricerca finalizzata del Ministero della
Salute. E’ chiaro che gli adulti né guariscono né muoiono, ma perdono soltanto la
4
Asperger H. (1944) Die Autistiche Psychopaten im Kindesalter. Archiv fur Psychiatrie und Nervenkrankheiten, 117,
76-136
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caratterizzazione nosologica: questo fenomeno può avere conseguenze negative, in
quanto le esigenze abilitative e di gestione quotidiana restano molto diverse da quelle di
altre persone con disabilità mentale e pertanto non possono essere rispettate se questi
adulti vengono considerati genericamente “handicappati gravi adulti”. Infine questo
derubricamento dal sanitario al sociale può facilitare il disinteresse degli psichiatri adulti,
che tendono a dichiararli estranei alle loro competenze.
Un osservatorio sull’autismo non può prescindere da tali considerazioni di natura
epidemiologico-statistica, né può astenersi dal fornire un suo specifico contributo, senza
sovrapporsi agli istituti che già operano in tal senso.
3. Integrazione in rete dei servizi socio-sanitari e costruzione dei percorsi
assistenziali “ lifetime”
Il Ministero della Salute ha istituito nel 2007 un tavolo nazionale di lavoro sull’autismo che
ha prodotto un documento nel marzo 2008 che contiene un complesso di
raccomandazioni. Ne riportiamo qui le più importanti: “1. Distribuire uniformemente a
livello territoriale gli interventi di base per poter rispondere ai bisogni del bambino e
dell’adulto con autismo e delle famiglie nel contesto naturale di vita. 2. Garantire le
essenziali attività di supporto, sia diagnostiche che di trattamento e verifica dei risultati…
3. Favorire la crescita di percorsi di continuità, sia diagnostica che di presa in carico e
trattamento, tra servizi di Neuropsichiatria Infantile e quelli di psichiatria degli adulti
accrescendo le competenze dei dipartimenti di Salute mentale, potenziando gli ambiti
comuni di lavoro. 4. Finalizzare i raccordi operativi con la rete pediatrica e con la
medicina di base a rispondere anche ai bisogni di salute dei singoli pazienti. 5. Offrire
una risposta concreta per l’intero ciclo della vita dei pazienti orientando l’integrazione dei
servizi sanitari, educativi e sociali nei loro rapporti reciproci e nelle loro connessioni con
le iniziative delle Associazioni delle Famiglie, del privato e del Privato Sociale”. Il
Ministero ha indicato alcune buone prassi ed ha devoluto all’ISS il compito di stilare le
linee guida di intervento, desumendole dalla letteratura internazionale, che verranno
presentate a metà ottobre 2010.
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E’ evidente come le raccomandazioni prima descritte, per la loro forza euristica ed
operativa, siano completamente condivisibili. Di queste il punto 5 ci sembra
particolarmente importante in quanto, nonostante la maggior consapevolezza delle
caratteristiche del fenomeno, non ci sono grandi progressi nell’ambito delle terapie
farmacologiche o comunque nella conoscenza delle cause biologiche.
La diagnosi di una sindrome autistica resta basata unicamente su sintomi rilevabili con la
semplice osservazione (salvo il caso della sindrome di Rett, per la quale sono già stati
ritrovati tre difetti genetici in grado di provocare quel fenotipo). Quando viene ritrovato un
difetto preciso, il caso viene derubricato dal gruppo F 84 e viene incluso nel rispettivo
gruppo patogenetico, aggiungendo semmai alla diagnosi ritrovata “con comportamento
autistico”. Sono state recentemente scoperte più di una decina di cause organiche rare,
che separatamente si associano a una sindrome autistica per un totale di casi non
superiore al 20%. Per il resto la causa non è rilevabile neppure dopo l’esecuzione di un
ampio protocollo di esami, come quello suggerito nelle linee guida sull’autismo emanate
dalla Regione Emilia Romagna nel 2004 (Paola Giovanardi et AA) che tuttavia raramente
vengono effettuati. In futuro l’espansione della ricerca sulle moltissime malattie rare oggi
non conosciute o non diagnosticate potrà rilevare quelle che si associano all’autismo. La
recente estensione a tutti i neonati nel Lazio dello screening con l’esame definito Tandem
Mass, che già ora è in grado di riconoscere oltre quaranta patologie metaboliche rare,
potrebbe essere utilmente estesa anche ai bambini con disabilità privi di diagnosi
etiologica, per i quali ci si attende una percentuale ben maggiore di quella sui bambini
apparentemente sani.
Indipendentemente dalla causa, la conoscenza delle specificità del funzionamento della
mente delle persone con autismo è certamente migliorata anche grazie alle strategie
educative efficaci per fare acquisire delle abilità utili nella vita quotidiana e per ridurre i
comportamenti indesiderabili. L’intervento deve essere precocissimo, intensivo e
strutturato, come dimostrano le ricerche sui risultati dei metodi comportamentali che di
recente hanno avuto conferme anche da studi randomizzati condotti in USA da Sally
Rogers e Collaboratori.
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4. L’Osservatorio sull’autismo: compiti e finalità:
Per quanto detto fin’ora le funzioni Statistico epidemiologiche risultano prioritarie.
Difatti censire il dato reale dei casi che afferiscono nel territorio della AUSL RM F diviene
strategico per l’Azienda sanitaria. A tal riguardo l’Osservatorio si avvarrà dei Servizi della
ASL, di esperti del settore e di Istituzioni Nazionali e Regionali. Tra gli obiettivi si
evidenzia la creazione di un registro dei casi e un registro di malattia. A questo riguardo Il
Prof. Carlo Hanau porterà un contributo rilevante ed ampio. Le altre funzioni
di
prevenzione secondaria e di formazione comportano l’individuazione precoce dei casi
da parte dei pediatri di libera scelta, grazie al supporto degli operatori scolastici e la
cooperazione con neuropsichiatri infantili adeguatamente formati e con psichiatri nei casi
adulti di loro precipuo interesse. A tal scopo si adotteranno check list (come la C.H.A.T.)
specifiche in caso di sospetto diagnostico, da somministrare verso il diciottesimo mese di
età. Ciò consentirà l’invio precoce allo specialista dei casi evidenziati per un
approfondimento accurato. Tale fase presuppone che venga predisposto e realizzato un
piano formativo obbligatorio per i pediatri di libera scelta e della ASL.
Per i genitori: i disturbi autistici attualmente risentono di un vuoto di conoscenze e di
orientamento. Non è infatti difficile da notare la presenza di un dislivello, di un margine
che si sta sempre più allargando, tra il progresso delle competenze tecnico-scientifiche
su tale patologia e il livello di informazione nell’opinione pubblica. Tale gap formativo
costituisce un grave limite per una serie di ragioni: innanzitutto, una mancata
informazione su tale patologia all’interno delle famiglie costituisce uno dei motivi di ritardo
nella diagnosi precoce, in quanto viene posticipato, talvolta in maniera importante, il
consulto presso lo specialista adatto e quindi risulta procrastinato l’incipit del percorso
terapeutico. Inoltre, l’ignoranza della patologia al livello dell’opinione pubblica e lo stigma
sociale che ne consegue (sembrando un bambino sano ci si aspetta da lui
comportamenti normali) può rappresentare un ostacolo aggiuntivo per una già difficile
integrazione sociale del paziente. Da qui sorge la necessità di individuare degli specifici
percorsi di formazione e divulgazione dell’universo autistico rivolti sia alle famiglie sia alle
scuole, al fine di incrementare il livello di conoscenza, nonché di diminuire lo stigma che
sovente si crea intorno al paziente autistico fin dalla scuola. A tal proposito l’osservatorio
potrà concordare con i singoli distretti scolastici degli incontri aperti a tutti, studenti,
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genitori, insegnanti, incontri coordinati da un’ équipe di esperti del settore, sia psicologi
che psichiatri, che siano in grado di spiegare, con un linguaggio non tecnicistico, “il
mondo autistico” a chi di questo mondo vede solo gli aspetti di esclusione sociale. Un
capitolo specifico di questi programmi saranno le azioni formative sui casi, nella forma
integrata del parent and teach training. A questi progetti formativi potranno collaborare
anche le istituzioni universitarie: Università di Tor Vergata, Università di Modena e
Reggio Emilia, anche in
teleconferenza. La funzione di orientamento comporta
l’abilitazione degli sportelli ASL alle competenze sull’Autismo. In linea con quanto già
sottolineato riguardo la presenza di tale gap divulgativo all’interno dell’opinione pubblica,
una delle iniziative su cui l’Osservatorio sull’Autismo dovrà impegnarsi è quello
d’integrare negli sportelli esistenti della ASL le competenze specifiche per dare risposte
informative sull’Autismo, a cui possano rivolgersi sia i pazienti, che le famiglie. La
funzione di coordinamento nell’Osservatorio si avvale di una doppia cabina di regia.
Una cabina strategica ed organizzativa ed operativa, con funzioni direzionali,
decisionali, di coordinamento e di organizzazione dei tempi di realizzazione del
cronoprogramma delle attività prefissate, nonché dei rapporti con le varie realtà
professionali singole o istituzionali, anche con finalità di verifica e di un gruppo tecnico
scientifico che sarà diversificato in relazione agli obiettivi prefissi di cui ai punti
precedenti. Sarà preciso dovere della cabina strategica mantenere contatti con il
pubblico, le istituzioni e con la rete di imprese disposte a collaborare su progetti concreti
di miglioramento delle abilitazioni, compresa la terapia occupazionale. La seconda
cabina di regia ha un carattere meramente tecnico scientifico e si dovrà avvalere della
collaborazione di numerose eccellenze, sia cliniche che universitarie, in campo statistico
e neuropsichiatrico. L’obiettivo di tale cabina sarà quello di fornire un supporto a carattere
scientifico all’attività dell’Osservatorio attraverso una serie di strumenti: la promozione di
formazione specifica e richiesta, di convegni o eventi culturali rivolti sia a un pubblico
specialistico che non sull’argomento oppure l’individuazione di nuovi “bisogni non
soddisfatti” nell’ambito delle patologie dello spettro autistico, ovvero tutto ciò che resta
ancora da migliorare e per il quale non si è ancora in grado di fornire nessun tipo
risposta. Può essere previsto un comitato di partecipazione a cura delle Associazioni
maggiormente rappresentative. Le finalità divulgative. Tra i compiti dell’Osservatorio vi
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sono quelli di utilizzare i mezzi di comunicazione, mediante conferenze stampa, seminari
e convegni che mirino a far conoscere le finalità e le attività del’Osservatorio all’opinione
pubblica e alle istituzioni. Dopo un anno di attività, sarà obiettivo dell’ équipe quello di
mostrare i primi dati relativi a dodici mesi di lavoro, allo scopo di evidenziare in maniera
trasparente i risultati ottenuti, ma soprattutto di rinnovare annualmente i nuovi impegni e
le nuove necessità che si possano ripresentare.
5. Sviluppo del modello dell’Osservatorio sull’autismo: bisogni di personale e
risorse economiche
Il modello operativo, organizzativo e funzionale proposto dalla AUSL RM F prevede nella
fase di avvio la possibilità di realizzare un Osservatorio sull’Autismo ad iso-risorse,
avviando virtuosi processi di collaborazione ed integrazione tra Dipartimenti, Servizi ed
Operatori. Ovviamente abbiamo piena consapevolezza che per uno sviluppo ottimale
della cura a questi utenti è necessario avere a disposizione neuropsichiatri, assistenti
sociali e altre figure professionali in numero adeguato rispetto alla popolazione attraverso
contratti specifici. Inoltre si ritiene utile avere una dotazione di risorse economiche che
affronti in modo positivo le questioni nodali della formazione e della comunicazione.
Senza operatori sanitari e sociali, familiari, docenti competenti ed aggiornati risulta molto
difficile far evolvere la rilevazione e il trattamento dei DEG.
Un altro settore che si ritiene strategico è quello della residenzialità, difatti i bisogni non
soddisfatti connessi con l’abitare, avviano il paziente autistico verso le istituzioni per
utenti con disabilità, interrompendo un percorso di crescita che, in molti casi, consente
una qualità di vita migliore. A noi appare molto importante che si inizi a parlare di
strutture assistenziali, alle loro tipologie e all’aggiornamento del 424/2006, per definire
meglio gli spazi di cura che devono essere organizzati sula base dei processi percettivi e
cognitivi di questi utenti. La Regione Lazio può dare un contributo decisivo a queste
problematiche già nel prossimo assestamento di bilancio, su proposta della Giunta in
sede di Consiglio Regionale attraverso un provvedimento straordinario. Ovviamente le
risorse del Servizio Sanitario Regionale e dell’Assessorato alle Politiche Sociali possono
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trovare, su questo ambito, azioni di sinergia e di finalizzazione che poi sarebbero il
riferimento operativo anche nel fattivo lavoro con i Servizi Sociali e gli Accordi di
Programma dei Comuni.
Civitavecchia, 06.05.2010
Si ringrazia vivamente il Gruppo di lavoro sull’autismo che, in tempi rapidissimi, ha
consentito l’elaborazione di questo documento.
Il Direttore dell’Osservatorio sull’Autismo
AUSL RM F
Dott. Giuseppe Quintavalle
06.05.2010
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