GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00

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GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Quartet
Anno: 2012. Durata: 98. Origine: Gran Bretagna. Genere: Commedia. Tratto da opera tetarale
omonima di Ronald Harwood. Regia: Dustin Hoffman. Sceneggiatura: Ronald Harwood.
Fotografia: John de Borman.
Attori: Maggie Smith (Jean Horton), Tom Courtenay (Reginald Paget, detto "Reggie"), Billy
Connolly (Wilfred Bond, detto "Wilf"), Pauline Collins (Cecily Robson, detta "Cissy"), Michael
Gambon (Cedric Livingstone), Dame Gwyneth Jones (Ann Langley).
Trama A Beecham House, residenza per musicisti e cantanti lirici in pensione, ferve l'eccitazione
per l'arrivo di una nuova ospite: la celebre Jean Horton. Tra gli ospiti, però, c'è anche chi non è
contento di questo arrivo. Un tempo, infatti, Reginald Paget, Wilfred Bond e Cecily Robson
facevano parte di un quartetto di canto che, dopo l'abbandono della stessa Jean per una carriera da
solista, si è sciolto. Oltretutto, il successo di Jean ha provocato anche il suo divorzio da Reginald.
La forzata convivenza riuscirà a risanare i rapporti tra loro, anche in vista del concerto di gala che si
terrà a breve a Beecham House?
Critica "Melomani, verdiani in prima fila, teatranti, accorrete a vedere un film in cui si parla molto
di 'Rigoletto', ma che sembra invece una tessitura mozartiana di amori, amoretti, ripicche, rimpianti,
tradimenti canori, nostalgie di riflettori e bacchette, quando vita e carriera si mescolano senza
distinzioni. Ispirato pare dalla milanese Casa Verdi, lo sceneggiatore Oscar del 'Pianista', il
drammaturgo di 'Servo di scena', Ronald Harwood immagina Beecham House, casa di riposo
inglese per musicisti dove un giorno arriva una ex diva della lirica che ivi ritroverà l'ex marito, non
ancora riconciliato, e altri due componenti del quartetto di successo dal quale si era distaccata da
solista. (...) In un momento in cui la terza età si è ricavata al cinema uno spazio non solo di 'Cocoon'
('Amour', 'Marigold Hotel', 'E se vivessimo tutti insieme?') questa bellissima ragnatela di gentili
patologie del proscenio e dei tempi perduti, di convivenze ferocemente allegre, di rimpianti
strazianti ma commentati dai songs di Gilbert e Sullivan, ha ispirato Dustin Hoffman debuttante in
regia a 75 anni. (...) Vivacissimo nei contrappunti dialogici e ovviamente con eterne armonie (anche
Sutherland e Pavarotti), il film è una meraviglia di interpretazioni. Prima, Maggie Smith: il piacere
di vederla e ascoltarla è da mettere tra le dieci priorità per vivere di Woody Allen, inserita in un
concerto di gentili voci, mimiche, sguardi e retrosguardi (Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline
Collins e gli altri) in clima british di distinta, selezionata gente che va e che viene, tipo 'Downton
Abbey'. Titoli di coda da non perdere: non sono i soliti ciak scartati ma una proustiana
contrapposizione di foto di personaggi veri e presunti, di ieri e di oggi, in scena e fuori, compreso
un 'Servitore di due padroni'. Una summa di grandi e piccoli rimpianti degli artisti che magari
vivono proprio sul ricordo di una foto." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 24 gennaio 2013)
Note - FILM D'APERTURA ALLA 30° EDIZIONE DEL TORINO FILM FESTIVAL (2012),
PRESENTATO NELLA SEZIONE 'FESTA MOBILE'.
- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2013 COME MIGLIOR FILM DELL'UNIONE
EUROPEA.
GIOVEDÌ 26 SETTEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Treno di notte per Lisbona
Anno: 2012. Titolo Originale: Night Train to Lisbon. Durata: 110min. Origine: Germania.
Genere: Drammatico. Tratto da romanzo omonimo di Pascal Mercier (ed. Mondadori). Regia:
Bille August. Sceneggiatura: Greg Latter, Ulrich Herrmann. Fotografia: Filip Zumbrunn.
Attori:Jeremy Irons (Raimund Gregorius), Mélanie Laurent (Estefania giovane), Jack Huston
(Amadeu de Prado), Martina Gedeck (Mariana), Tom Courtenay (João Eca), August Diehl (Jorge
O'Kelly giovane), Bruno Ganz (Jorge O'Kelly), Lena Olin (Estefania), Beatriz Batarda (Adriana
giovane), Charlotte Rampling (Adriana de Prado).
Trama La monotona e ordinaria vita di Raimund Gregorius, 57enne professore di Latino in una
scuola di Berna, viene completamente sconvolta dall'incontro con una donna misteriosa, salvata da
un tentativo di suicidio. Per seguirla, Raimund prenderà un treno per Lisbona e, giunto in
Portogallo, deciderà di indagare sulle vicende relative ad Amadeu Prado, medico, filosofo e
rivoluzionario vissuto durante il periodo del regime fascista di Salazar, negli anni Settanta.
Incontrando parenti e amici di Prado, Raimund scoprirà un'avvincente storia fatta di amicizie e
affetti, oppressione e rivoluzione, lealtà e tradimento, amore e gelosia...
Critica "Se un professore di filologia classica che vive a Berna, circondato dai libri, che si fa il tè
con la bustina, che gioca a scacchi da solo ed è così soporifero da aver fatto fuggire la moglie, ha
però il viso dolente e stanco di Jeremy Irons, si capisce subito che gatta ci cova: che quella mattina,
andando a scuola sotto la pioggia, la sua vita cambierà: infatti... A 65 anni l'attore inglese ben diretto
dal maestro del ramo Bille August, un po' di polveroso fascino riesce a regalarlo ancora. A patto che
gli si perdoni, in quanto professor Gregorius, il subitaneo incantamento per un vecchio librettino in
portoghese, trovato nel cappotto di un'aspirante suicida da lui salvata e poi scomparsa (...) e che lo
spinge a prendere insensatamente un 'Treno di notte per Lisbona'. Dove l'erudito professore, in
preda forse a passate meravigliose letture di Pessoa, decide di cercare il misterioso scrittore. Bei
palazzi antichi, vecchie cameriere sospettose, Charlotte Rampling, di anziana e orgogliosa
malinconia, sorella dello scrittore-medico-filosofo, il buon prete Christopher Lee, però con lo
sguardo dello stregone del 'Signore degli anelli', che ricorda Amadeu fanciullo, l'oculista Martina
Gedeck che, corteggiando il filologo svizzero con la scusa di un nuovo paio di occhiali, gli apre le
porte del passato e di quel che di quel passato sopravvive. (...) si tratta di un thriller romantico e non
politico, quindi clandestinità, complotti, torture e arresti stanno sullo sfondo (...) L'autore del
romanzo (Mondadori) da cui è tratto il film, con molti cambiamenti soprattutto alla fine, è il
settantenne svizzero Peter Bieri che si firma con lo pseudonimo francese Pascal Mercier. Il libro
tradotto dal tedesco ha vinto da noi il premio Grinzane Cavour. La produzione è tedesco-svizzeraportoghese, il regista è danese, gli attori sono inglesi, svedesi, francesi, tedeschi. Film da comunità
europea, ha anche il pregio di farci rivedere gli esodati del cinema, quelli che in passato erano
considerati grandi attori o addirittura star, e che il tempo ha dolorosamente pensionato." (Natalia
Aspesi, 'La Repubblica', 18 aprile 2013)
Note – PRESENTATO FUORI CONCORSO AL 63° FESTIVAL DI BERLINO (2013)
GIOVEDÌ 03 OTTOBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Il Figlio dell'Altra
Anno: 2012. Titolo Originale: Le fils de l'Autre. Durata: 105min. Origine: Francia. Genere:
Drammatico. Regia: Lorraine Lévy. Sceneggiatura: Nathalie Saugeon, Lorraine Lévy e Noam
Fitoussi. Fotografia: Emmanuel Soyer.
Attori: Emmanuelle Devos (Orith), Pascal Elbé (Alon), Jules Sitruk (Joseph), Mehdi Dehbi
(Yacine), Areen Omari (Leïla), Khalifa Natour (Saïd).
Trama Mentre si prepara a partire per il servizio militare con l'esercito israeliano, Joseph scopre
che suo padre e sua madre non sono i suoi veri genitori, ma che alla nascita è stato scambiato per
errore con Yacine, dato invece a una famiglia palestinese in Cisgiordania. La rivelazione sconvolge
improvvisamente le esistenze di tutte e due le famiglie costrette riconsiderare non solo le rispettive
identità, ma anche i loro valori e le proprie convinzioni.
Critica "Ci sono film che rischiano a ogni passo di finire ostaggio del loro soggetto. Succede
quando il cinema prende di petto la realtà con tutte le sue contraddizioni anziché renderla più
leggibile seguendo le leggi di questo o quel genere, commedia, thriller, melodramma, eccetera.
Quando poi qualcuno porta la macchina da presa in Medio Oriente, i rischi diventano altissimi.
Eppure proprio Israele ci ha dato alcuni dei più bei film di questi anni. Per originalità di scrittura,
densità del tratto, verità dei personaggi. Come se la massa di problemi che pesa su ogni centimetro
di ogni inquadratura costringesse i registi a fare i conti fino in fondo con ciò che riprendono (in
Israele ogni immagine è politica, per definizione). Figuriamoci cosa succede se una regista francese,
ebrea non praticante, decide di aggiornare la favola dei figli scambiati in culla alla situazione
odierna di Israele. Immaginando cosa accadrebbe se un giorno due coppie, una israeliana e una
palestinese, scoprissero che i figli oggi 18enni allevati con tanto amore sono in realtà figli «degli
altri», ovvero del «nemico». (...) La metafora e la predica para-politica sono in agguato. Invece miracolo - il film di Lorraine Lévy non cade in nessuna di queste trappole. E se non sempre vola
altissimo, ci conquista scena dopo scena pedinando in tutta semplicità e con un pizzico di benedetta
ingenuità la vita quotidiana di queste due famiglie, comprensibilmente sconvolte dalla scoperta.
Evitando tutte le tentazioni «massimaliste» (...) per affidarsi al buon senso, alla pazienza, alla
speranza custodita naturalmente dalle madri, più che dai padri, e dai figli. Non un capolavoro, ma
un film fragile e insinuante, ravvivato da attori eccellenti, che sceglie e percorre la via del cuore con
coraggio e coerenza." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 marzo 2013)
Note - PRESENTATO AL 30° TORINO FILM FESTIVAL (2012) NELLA SEZIONE 'FESTA
MOBILE'.
GIOVEDÌ 10 OTTOBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
A Lady in Paris
Anno: 2012. Titolo Originale: Une Estonienne à Paris. Durata: 94min. Origine: Francia.
Genere: Commedia drammatica. Regia: Ilmar Raag. Sceneggiatura: Ilmar Raag, Agnès Feuvre,
Lise Macheboeuf. Fotografia: Laurent Brunet.
Attori: Jeanne Moreau (Frida), Laine Mägi (Anne), Patrick Pineau (Stéphane), Ita Ever (Piret
Kalda).
Trama Anne lascia l'Estonia per andare a Parigi ad occuparsi di Frida, un'anziana compaesana che
vive in Francia da molti anni. Ben presto, però, Anne si rende conto di non essere proprio la
benvenuta. Frida, infatti, non perde occasione per scoraggiarla essendo interessata esclusivamente
alle attenzioni di Stéphane, un uomo più giovane di lei con cui in passato ha avuto una relazione,
che a sua volta cerca di convincere Anne a restare per prendersi cura di Frida. Due tipi di diversa
malinconia: una aggressiva, indomita, concentrata sulle pochissime piccole cose su cui non
transigere, l'altra un po' spenta ma ancora curiosa di vita e di quella città che appare come un sogno
avvolto nel buio, da cogliere attraverso lunghe passeggiate.
Critica "Il regista, che si è scritto anche il testo, ha studiato con tatto e con finezza quei due
caratteri seguendone molto da vicino prima i reciproci contrasti poi le graduali evoluzioni positive,
rivolgendo le sue maggiori attenzioni al disegno complesso ma anche sottile della psicologia di
Frida lasciandola ricreare a fondo da Jeanne Moreau. Certo, gli anni le si contano tutti - è nata nel
'28 - ma il carisma celebre della sua voce continua a dare significati profondi a tutta la sua
recitazione. Prima, negli anni Cinquanta, ai tempi di 'LesAmants' di Louis Malle che rischiò
addirittura di far scandalo a una Mostra di Venezia, aveva cupe tensioni erotiche provocate anche
dal fumo, oggi, ci fa ascoltare (nella edizione originale) solo delle inflessioni sensuali con sfumature
roche, frutto sia dell'età sia del suo grandissimo talento, conquistando sempre. Come conquista la
sua mimica, pur logora, e quella sua famosa eleganza che la induce anche qui a indossare quattro o
cinque abiti di classe cui aggiunge, di suo, quelle lunghissime file di perle che io le ho viste tutta la
vita. Non dimentico però di fronte a lei Laine Magi, l'attrice estone. Un viso con silenzi che
parlano." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 16 maggio 2013)
GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
NO - I giorni dell'arcobaleno
Anno: 2012. Titolo Originale: No. Durata: 110min. Origine: Cile. Genere: Commedia
drammatica. Tratto da opera teatrale "Referendum" di Antonio Skármeta.
Regia: Pablo Larraín. Sceneggiatura: Pedro Peirano. Fotografia: Sergio Armstrong.
Attori: Gael García Bernal (René Saavedra), Alfredo Castro (Lucho Guzmán), Antonia Zegers
(Verónica), Luis Gnecco (Urrutia).
Trama Nel 1988, il dittatore cileno Augusto Pinochet, messo alle strette dalle pressioni
internazionali chiede un referendum sulla sua presidenza. I leader dell'opposizione convincono il
giovane e sfrontato pubblicitario René Saavedra a condurre la loro campagna. Con poche risorse e
costantemente sotto il controllo delle autorità, Saavedra e il suo team mettono in atto un audace
piano per vincere le elezioni e liberare il loro paese dall'oppressione.
Critica "Ispirato a un'opera teatrale, 'El plebiscito' - che l'autore Antonio Skàrmeta ha ora tradotto
in romanzo (Einaudi) - 'No. I giorni dell'arcobaleno' ricostruisce l'avventura (vera sia pur
romanzata) nelle sue contraddittorie problematiche: il rifiuto dei più puri e duri ad accettare che una
militanza costata lacrime e sangue sia ridotta a stregua di prodotto commerciale, il violento
contrattacco del regime allarmato dai sondaggi in calo; e in primo piano l'ironico quadretto delle
sedute in cui si dibatte la strategia di 'mercato' atta ad abbattere la dittatura. Il tutto realizzato con
una videocamera. Anni 80, sia per recuperare l'atmosfera d'epoca, sia per integrare il nuovo girato ai
materiali d'archivio. Ma, al di là dell'interesse della tematica (se ne consiglia la visione ai politici di
sinistra), 'No' è un film notevole, calibrato nella regia e felice nella scelta drammaturgica di filtrare
l'intera vicenda attraverso lo sguardo di Saavedra (uno straordinario, sfumato Gael García Bernal):
uomo politicamente apatico che pian piano si coinvolge mettendo a rischio se stesso e la famiglia; e
però, al momento della vittoria, sul suo viso leggiamo il disincanto di chi ha capito quanto i
meccanismi interni alla democrazia possano essere ambigui." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La
Stampa', 9 maggio 2013)
Note - ART CINEMA AWARD ALLA 44. QUINZAINE DES RÉALISATEURS (CANNES
2012).
- PRESENTATO AL 65° FESTIVAL DI LOCARNO (2012) IN 'PIAZZA GRANDE'.
- PRESENTATO AL 30° TORINO FILM FESTIVAL (2012) NELLA SEZIONE 'TORINO
XXX'.
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2013 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.
GIOVEDÌ 24 OTTOBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
A Royal Weekend
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Regia: Roger Michell. Anno: 2012. Titolo Originale: Hyde Park on Hudson. Durata: 94 min.
Origine: Gran Bretagna Genere: Commedia. Sceneggiatura: Richard Nelson. Fotografia: Lol
Crawley. Tratto da omonimo dramma radiofonico.
Attori Bill Murray (Franklin Delano Roosevelt), Laura Linney (Daisy), Samuel West (Bertie),
Olivia Colman (Elizabeth), Elizabeth Marvel (Missy), Elizabeth Wilson (Sig.ra Roosevelt), Eleanor
Bron (Zia di Daisy), Olivia Williams (Eleanor Roosevelt).
Trama Giugno, 1939. Il presidente Franklin Delano Roosevelt si prepara ad ospitare nella sua casa
di Hyde Park on Hudson (nello stato di New York) il Re e la Regina d'Inghilterra. Evento
straordinario, è infatti la prima visita di un monarca regnante britannico in America, ma vista
l'imminente guerra che la Gran Bretagna deve affrontare, i reali stanno disperatamente cercando il
sostegno di FDR e degli Stati Uniti. Sotto gli occhi di Daisy, una conoscente molto vicina a
Roosvelt, si manifesterà così la complessa arte degli affari internazionali gestita dalla signora
Eleanor Roosvelt, dalla madre del Presidente, Sara, e dall'abile segretaria Missy, tutte impegnate nel
rendere il weekend 'reale' indimenticabile.
Critica "La Storia in rosa. Più le cronache traboccano di scandali e bassezze, più il passato diventa,
se non un Eden, un luogo in cui rifugiarsi per mettere in quanto ormai abbiamo alle spalle un
pizzico di fantasia, se non di poesia. Fantasia documentata, beninteso, perché non c'è film ormai che
non sfoggi il suo bravo «tratto da una storia vera». (...) Tratto da uno scintillante copione di Richard
Nelson, impreziosito da un cast straordinario, il film dell'eclettico Michell ('Notting Hill', 'The
Mother', molto altro) ripercorre lo storico weekend intrecciando con finezza e divertimento spesso
irresistibile due piani: da un lato la politica, il protocollo, le ansie anche private dei due reali inglesi
(lui è Giorgio VI, il protagonista del 'Discorso del Re'); dall'altro la famiglia molto allargata di
Roosevelt, che oltre a varie favorite comprende una moglie lesbica e una madre invadente («questa
è casa mia!»). In mani meno abili poteva essere un pasticcio. Invece è uno di quei film che sanno
fare solo gli anglosassoni, rendendo serissime e rivelatrici quelle che sembrano - ma non sono
affatto - frivolezze. Un bel film sul Potere, insomma. Per giunta molto divertente." (Fabio Ferzetti,
'Il Messaggero', 10 gennaio 2013)
GIOVEDÌ 31 OTTOBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
The East
Anno: 2013. Durata: 116min. Origine: Usa. Genere: Drammatico. Regia: Zal Batmanglij.
Sceneggiatura: Zal Batmanglij, Brit Marling. Fotografia: Roman Vasyanov.
Attori: Brit Marling (Sarah), Alexander Skarsgård (Benji), Ellen Page (Izzy), Toby Kebbell
(Doc), Shiloh Fernandez (Luca), Julia Ormond (Paige Williams), Patricia Clarkson (Sharon),
Aldis Hodge (Thumbs).
Trama L'ex agente dell'FBI Sarah Moss sta iniziando una nuova carriera presso la Hiller Brood,
un'elitaria agenzia di spionaggio che protegge senza scrupoli gli interessi della sua esclusiva
clientela. Chiamata a eseguire un ambito incarico, la ragazza si infiltrerà sotto copertura in un
collettivo di anarchici intenzionato a vendicarsi contro le grandi corporazioni, ree di coprire attività
criminali. Determinata, altamente qualificata e piena di risorse, Sarah presto supererà gli iniziali
sospetti e si integrerà con il gruppo, che le permetterà di unirsi a loro nella prossima impresa.
Tuttavia, lavorando a stretto contatto con gli esponenti dell'organizzazione, soprattutto con Benji,
Sarah comincerà a nutrire dubbi sulla moralità della sua reale missione.
Critica "Brit Marling recita e scrive un bel thriller di Batmanglji dove da agente privata s'infiltra tra
terroristi anarchici contro le corporation. Ma chi sono i veri killer? Peggio fondare o sfondare una
banca? chiedeva Brecht. Sulla scia dei nuovi hobos che viaggiano sui tetti del treno e
dell'anticonsumismo, 'The East' intreccia un super intrigo dove ci sono insoliti sospetti, in cerca di
etica sociale. Chi vivrà vedrà, ma il film è sostenuto." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 4
luglio 2013)
Note – PRESENTATO AL SUNDANCE FILM FESTIVAL 2013
GIOVEDÌ 07 NOVEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Confessions
Anno: 2010. Titolo Originale: Kokuhaku. Durata: 106min. Origine: Giappone. Genere:
Drammatico. Tratto da romanzo "La confessione" di Kanae Minato (ed. Giano). Regia: Tetsuya
Nakashima. Sceneggiatura: Tetsuya Nakashima. Fotografia: Masakazu Ato.
Attori: Takako Matsu (Yuko Moriguchi), Masaki Okada (Yoshiteru), Yoshino Kimura (Madre di
Naoki).
Trama Moriguchi, un'insegnante delle medie distrutta dal dolore per la perdita “accidentale” della
figlioletta di quattro anni, torna a scuola dopo un periodo di lontananza. Ben presto, la donna si
convince che a provocare la morte della bambina siano stati due suoi studenti e, in cerca di
vendetta, tenterà di estorcere loro una confessione. Dopo l'annuncio shock che getta nel panico gli
alunni, il punto di vista rispetto all'accaduto inizia a spostarsi dall'insegnante al resto della classe. E
a ogni giro di boa, la verità assume sfumature sempre più sfaccettate e sinistre.
Critica "(...) un film cupo, dal linguaggio eclettico e ricco di virtuosismi, appropriato per una storia
su cui aleggia una costante sensazione (è rimarcata dalla scelte della fotografia giocate sulle
variazioni del grigio) di sfacelo e di morte. Una storia, nel corso della quale, fra dissolvenze
incrociate, flashback e flashforward, a volte con ritmo serrato, a volte in «slow motion», si forma
un'atmosfera straniante potenziata (vi concorre l'impiego di particolari obiettivi) e coesa dal
commento musicale che include le note di «Little Flowers» dei Radiohead e di componimenti di
Haendel. (...) una riuscita struttura a incastro, in un insieme di voci, da cui si coglie il malessere di
un universo adolescenziale disorientato, in balia di psicosi autodistruttive, fantasticante (ma non
solo) atti di rivalsa, pronto ad attuare «candidamente» soluzioni estreme nei confronti anche dei
propri parenti, figure assenti o iperprotettive. Senza assumere atteggiamenti moralistici, in
'Confessions' Nakashima, oltre a notazioni sul sistema formativo giapponese e sul suo fallimento,
inanella temi consueti al cinema nipponico (dalla perdita dei valori tradizionali al bullismo, dalla
dissoluzione dell'istituto familiare all'ossessione dei giovani per il suicidio) e firma una «sinfonia al
nero», in cui una sconfinata sottesa pietà si alterna all'incombente tremore, alla paura «che brucia
l'anima», una sinfonia sul dolore, sulla colpa e sulla punizione, con momenti toccanti, con uno
stupendo inatteso finale." (Achille Frezzato, 'L'Eco di Bergamo', 19 maggio 2013)
Note – CANDIDATO ALL'OSCAR 2011 COME MIGLIOR FILM STRANIERO
GIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Promised Land
Anno: 2012. Durata: 106min. Origine: Usa. Genere: Drammatico. Regia: Gus Van Sant.
Sceneggiatura: John Krasinski e Matt Damon. Fotografia: Linus Sandgren
Attori:Matt Damon (Steve Butler), John Krasinski (Dustin Noble), Frances McDormand (Sue
Thomason), Rosemarie DeWitt (Alice), Hal Holbrook (Frank Yates), Scoot McNairy (Jeff Dennon).
Trama Steve Butler, agente di vendita per una società energetica, arriva nella cittadina rurale di
McKinley con la collega Sue Thomason: la città è stata colpita duramente dalla crisi economica e i
due esperti nelle vendite sono convinti che gli abitanti di McKinley accetteranno di buon grado
l'offerta della società, decisa ad acquisire i diritti di trivellazione nelle loro proprietà. In realtà,
quello che sembrava un lavoro facile e di breve durata, si trasforma per i due venditori in un affare
molto più complicato del previsto a causa delle obiezioni sul progetto sollevate dal rispettabile e
autorevole insegnate locale Frank Yates e dall'intervento dell'attivista ambientale Dustin Noble...
Critica "La crisi vista dall'America profonda in una commedia politica così nitida e ben scritta che
sembra venire dagli anni 30 (è un complimento, oltre che una coincidenza fra le due epoche). Più
che a Gus Van Sant, per la regia finissima ma tutta di servizio, 'Promised Land' appartiene infatti ai
protagonisti e sceneggiatori Matt Damon e John Krasinski, impegnati a contendersi i favori degli
abitanti di un paesino della Pennsylvania dove il tempo sembra essersi fermato. (...) La morale del
film, in questo molto contemporaneo, è che nulla e nessuno è ciò che sembra: tanto che la minaccia
al paesaggio diventa metafora di una mutazione ancora più profonda, che investe gli americani
insieme al loro paese. Il grande pubblico Usa non ha gradito il ritratto. Quello europeo potrebbe
apprezzarne la sottigliezza. E un'amarezza che non esclude affatto il sentimento, anzi." (Fabio
Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 febbraio 2013)
Note - MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA INTERNAZIONALE AL 63° FESTIVAL
DI BERLINO (2013).
GIOVEDÌ 21 NOVEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Nella casa
Anno: 2012. Titolo Originale: Dans la maison. Durata: 105min. Origine: Francia. Genere:
Drammatico. Tratto da liberamente tratto dalla pièce teatrale "Il ragazzo dell'ultimo banco" di
Juan Mayorga. Regia: François Ozon. Sceneggiatura: François Ozon. Fotografia: Jérôme
Alméras.
Attori: Fabrice Luchini (Germain), Ernst Umhauer (Claude Garcia), Kristin Scott Thomas
(Jeanne), Emmanuelle Seigner (Esther), Denis Ménochet (Rapha Artole padre), Bastien Ughetto
(Rapha Artole figlio).
Trama Il professore Germain insegna letteratura in un liceo di provincia, crede nel potere della
parola, darebbe un braccio per essere uno scrittore di talento. Figuriamoci cosa succede quando fra i
temi dei suoi sciaguratissimi allievi ne trova uno che, letto ad alta voce, cattura all'istante lui e sua
moglie. Chi ha scritto quelle parole così acute e pungenti? Chi è Claude, quel liceale inteligente e
perverso che descrive con tanta acre esattezza l'interno borghese del suo compagno di classe
Raphael detto Rapha? Il professore, invece di osservare la giusta distanza tra docente e allievo, si
lascia irretire dall'invidiabile talento del ragazzo e decide di incoraggiarlo, senza tuttavia rendersi
conto che il suo intervento scatenerà una serie di eventi incontrollabili.
Critica "E il cinema francese, così bello quando è bello. 'Nella casa' per tematica e struttura è un
film per intenditori, ma lo consigliamo a tutti perché di fronte alla qualità bisogna pure aprirsi al
nuovo e prendere dei rischi. La qualità di cui parliamo è, ovviamente, quella specifica del cinema
che si potrebbe - come hanno insegnato Hitchcock, Chabrol o Polanski - tradursi nel termine
«manipolazione». (...) attori in stato di grazia come Luchini e Scott Thomas si trasformano ora in
voyeurs morbosi, ora in parassiti dell'immaginazione, ora in psicanalisti impietosi dell'irrisa ed
esorcizzata «classe media». Il regista, appunto, sembra sovrintendere a un teatrino già manovrato da
un drammaturgo occulto, il feuilleton quotidiano di una famiglia anormale nella sua normalità.
Proprio come quelle del professore e forse di tutti noi spettatori. Altro che storie vere (che noia),
'Nella casa' è un piccolo capolavoro che ci parla dell'artificio, dell'immaginazione, dell'evasione, in
una parola della creazione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 aprile 2013)
Note – PREMIO MIGLIOR FILM E MIGLIORE SCENEGGIATURA AL FESTIVAL DI
SAN SEBASTIAN 2012
GIOVEDÌ 28 NOVEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
L'intrepido
Anno: 2013. Durata: 104min. Origine: Italia. Genere: Commedia drammatica. Regia: Gianni
Amelio. Sceneggiatura: Gianni Amelio, Davide Lantieri. Fotografia: Luca Bigazzi.
Attori: Antonio Albanese (Antonio Pane), Livia Rossi (Lucia), Gabriele Rendina (Ivo Pane),
Alfonso Santagata (Il Boss), Sandra Ceccarelli (l'ex-moglie).
Trama Immaginiamo che esista un nuovo mestiere e che si chiami "rimpiazzo". Immaginiamo che
un uomo senza lavoro lo pratichi ogni giorno, questo mestiere. E dunque che lavori davvero oltre
misura e che sia un uomo a suo modo felice. Lui non fa altro che prendere, anche solo per qualche
ora, il posto di chi si assenta, per ragioni più o meno serie, dalla propria occupazione ufficiale. Si
accontenta di poco, il nostro eroe, ma i soldi non sono tutto nella vita: c'è il bisogno di tenersi in
forma, di non lasciarsi andare in un momento, come si dice, di crisi buia. Immaginiamo poi che
esista un ragazzo di vent'anni, suo figlio, che suona il sax come un dio e che aspira ad una carriera
di musicista. E immaginiamo Lucia, inquieta e guardinga, che nasconde un segreto dietro la sua
voglia di farsi avanti nella vita. A contatto con la fragilità di questi due giovani, risalterà ancora di
più lo spirito di sopravvivenza e di umanità del protagonista Antonio.
Critica "Gianni Amelio per la sesta volta a Venezia dove, grazie a 'Così ridevano', si è meritato nel '98 il
Leone d'oro. Adesso ci propone una storia che, nonostante un finale implicitamente quasi lieto, è abbastanza
dolente e sconfortata, pur facendo qua e là anche sorridere con letizia partecipe. (...) Un film quasi amaro.
Quel lavoro precario del protagonista Amelio ce lo ha proposto, in una Milano di periferia, algida e spesso
piovosa, nell'ambito di mestieri quasi sempre durissimi, lasciando che vi ponga mano un Antonio che,
nonostante tutto, per la sua innata bontà, è spesso sereno se non proprio ottimista, anche se, a farcene
intendere certe desolazioni segrete, in una scena conclusiva di un episodio viene rappresentato in mezzo al
buio, con lo schermo che via via gli si restringe attorno, come nei finali di certi film di Chaplin. E a Chaplin
non si può non pensare incontrando nei panni di quel protagonista il nostro grande Antonio Albanese
prodigo, ad ogni scena, di una mimica in grado di disporre di una infinità di sfumature sottili, ora ironiche,
ora afflitte, ora colme di tenerissimo affetto. Mentre attorno gli fan corona le immagini stupende fra l'azzurro
e il grigio di un direttore della fotografia come Luca Bigazzi. Ad ogni film sempre più suggestive." (Gian
Luigi Rondi, 'Il Tempo', 5 settembre 2013
Note – PRESENTATO IN CONCORSO ALLA 70° MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE
CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2013).
GIOVEDÌ 05 DICEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Il caso Kerenes
Anno: 2013. Titolo Originale: Pozitia copilului. Durata: 112min. Origine: Romania. Genere:
Drammatico. Regia: Calin Peter Netzer. Sceneggiatura: Razvan Radulescu, Calin Peter Netzer.
Fotografia: Andrei Butica.
Attori:Luminita Gheorghiu (Cornelia Kerenes,la madre), Bogdan Dumitrache (Barbu, il figlio),
Ilinca Goia (Carmen), Natasa Raab (Olga Cerchez).
Trama Nonostante la sua posizione nell'alta borghesia rumena, Cornelia, 60enne architetto
professionista, è profondamente infelice: il suo unico figlio, Barbu, 34 anni, sta combattendo con
tutte le sue forze per rendersi indipendente da lei. Il ragazzo, infatti, è andato a vivere per conto suo,
è indipendente e ha una ragazza che ovviamente non soddisfa gli standard della madre. Tuttavia,
quando Cornelia scopre che Barbu ha causato un tragico incidente e rischia il carcere, il suo istinto
materno la spinge ad usare ogni sua competenza, conoscenza e denaro per salvarlo, convinta anche
che questo porterà al riavvicinamento da parte del figlio, che è in stato di shock...
Critica "Impietoso il cinema rumeno nel fare i conti con la sua realtà non solo postcomunista: il
nuovo cinema ha espresso con grande stile violenze e soprusi di vario tipo, una delle cinematografie
più premiate degli ultimi anni. Anche questo ha ricevuto il prestigioso Orso d'oro a Berlino, titolo
originale 'Pozitia copilului', «la posizione del bambino», che indica il termine con cui un referto di
polizia indica la posizione in cui è stato rinvenuto un corpo, o la posizione del feto, ma anche, in
senso metaforico, la posizione mentale del protagonista; un premio meritato grazie alla forza
dell'interpretazione e di intreccio condotto fino allo spasimo. (...) 'Il caso Kerenes' entra negli
ambienti protetti della borghesia con il tono del racconto morale. In linea con i dettami europei e
internazionali, anche qui il denaro è la chiave di volta sociale e la famiglia Kerenes sa come
servirsene, anche se di fronte all'euro è piuttosto impotente. La corruzione degli ambienti pubblici
qui non è protagonista, è data quasi per scontata, appena accennata, come a fare da tessuto
connettivo del racconto. (...) Il perno della storia è proprio Luminita Gheorghiu, che troviamo in
parecchi film della nuova onda rumena a partire da 'Train de vie' (il regista era stato assistente di
Mihaileanu), in una prova d'attrice che si espande in ogni scena, madre possessiva, madre
castratrice, che tutto vuole sapere e organizzare. (...) Le riprese crude del nuovo cinema rumeno
gettano ombre sui personaggi e per quasi tre quarti del film non ci avviciniamo al cuore della
tragedia, alla famiglia che ha perso il figlio. L'abilità di Netzer è proprio quella di convogliare
emotivamente, dopo il dispendio di energie organizzatrici, la forza drammatica che consiste
nell'incontro con i genitori del bambino, nel doloroso confronto tra le due madri. (...)" (Silvana
Silvestri, 'Il Manifesto', 13 giugno 2013)
Note - ORSO D'ORO E PREMIO FIPRESCI AL 63° FESTIVAL DI BERLINO (2013).
GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
Re della terra selvaggia
Anno: 2012. Titolo Originale: Beasts of the Southern Wild. Durata: 92min. Origine: Usa.
Genere: Drammatico. Tratto da pièce teatrale "Juicy and Delicious" di Lucy Alibar. Regia: Benh
Zeitlin. Sceneggiatura: Lucy Alibar e Benh Zeitlin. Fotografia: Ben Richardson
Attori:Quvenzhané Wallis (Hushpuppy), Dwight Henry (Wink), Levy Easterly (Jean Battiste),
Lowell Landes (Walrus).
Trama Hushpuppy è una bambina di 6 anni che vive nella comunità soprannominata Bathtub (La
Grande Vasca), una zona paludosa su un delta del Sud degli Stati Uniti. Suo papà, Wink, sta
cercando di prepararla a cavarsela anche senza di lui e quando una serie di eventi - una misteriosa
malattia del padre, le temperature che aumentano, il ghiaccio che si scioglie e un gruppo di creature
preistoriche, gli Aurochs, fanno la loro comparsa - Hushpuppy decide di partire per andare alla
ricerca della madre scomparsa, di cui ha solo vaghi ricordi...
Critica "«Lo spirito indomito che impregna tutta la Louisiana del sud è ciò che mi ha reso
dipendente da questa terra. Sono venuto per una visita che sarebbe dovuta durare due mesi. Sono
passati sei anni, e non ho alcuna intenzione di ripartire. Qui si trova la culla di una specie in via di
estinzione: quella delle persone più tenaci che io conosca in America. Ed è stata la loro fierezza a
condurmi a questa storia». Benh Zeitlin, regista esordiente, spiega così la genesi del 'Re della terra
selvaggia', opera cinematografica rivelazione del 2012, premiata al Sundance, a Cannes e in altri
prestigiosi festival internazionali, candidata a quattro Oscar (...). E solo partendo da questa
premessa - il sud della Louisiana non è solo un luogo ma uno stile di vita - si può comprendere fino
in fondo questo straordinario lavoro, sicuramente non convenzionale, di quelli che o si amano o si
detestano. Un film poetico, grazie a una magica alchimia che mescola sentimenti profondi e forza
della natura. Siamo nella terra di Katrina, un luogo segnato dalla potenza degli elementi. E in un
tempo di cambiamenti climatici. Ghiacci che si sciolgono, uragani, maree, tutto contribuisce a
trasmettere la sensazione che un giorno, inevitabilmente, questo mondo sarà cancellato dalla mappa
geografica. E il film di Zeitlin s'interroga sul modo in cui le persone che qui vivono da sempre
reagiranno di fronte all'imminente catastrofe, su come potranno trovare la forza di vedere morire la
loro terra senza perdere la speranza, aggrappandosi alla famiglia e agli affetti. (..) Un film che
racconta un mondo estremo, reso però magico dallo sguardo innocente e disincantato di una
bambina costretta a crescere troppo in fretta. È lei il re che ci guida teneramente nella sua terra
selvaggia." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 17 febbraio 2013)
Note - PREMIO FIPRESCI E MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA ECUMENICA AL
65° FESTIVAL DI CANNES (2012), SEZIONE 'UN CERTAIN REGARD'.
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2013 PER: MIGLIOR FILM, REGIA, ATTRICE
PROTAGONISTA (QUVENZHANÉ WALLIS) E SCENEGGIATURA NON ORIGINALE.
GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 2013 ore 16.00 e ore 21.00
La cuoca del presidente
Anno: 2012. Titolo Originale: Les saveurs du Palais. Durata: 95min. Origine: Francia. Genere:
Commedia. Tratto da liberamente ispirato alla vita di Danièle Mazet-Delpeuch. Regia: Christian
Vincent. Sceneggiatura: Étienne Comar e Christian Vincent. Fotografia: Laurent Dailland.
Attori:Catherine Frot (Hortense Laborie), Jean d'Ormesson (Il Presidente), Hippolyte Girardot
(David Azoulay), Arthur Dupont (Nicolas Bauvois).
Trama Hortense Laborie, rinomata cuoca che vive nel Périgord, regione nella Francia sud-ovest,
riceve a sorpresa l'incarico di responsabile della cucina personale del Presidente all'Eliseo. Giunta a
Palazzo, Hortense si attirerà le gelosie degli altri chef, ma riuscirà a imporsi grazie alla sua indole
forte, al suo temperamento e alla genuinità della sua cucina, che in poco tempo conquista il
Presidente. Nonostante il successo dei suoi piatti, però, Hortense dovrà superare molti ostacoli.
Critica “La cuoca del presidente è liberamente ispirato alla vita di Danielle Mazet-Delpeuch, chef a
servizio di Francois Mitterrand tra il 1988 ed il 1990. Nel ruolo principale, Catherine Frot, nota per i
numerosi personaggi del cinema francese(…), dà vita ad una caratterizzazione sfaccettata a cui la
commedia deve gran parte del suo successo. Per interpretare il presidente della Repubblica, il film
fa debuttare sul grande schermo lo scrittore Jean d'Ormesson, che incarna con passione un capo di
Stato schivo, un po' misterioso, malinconico. Tra il presidente e la cuoca nasce un' intesa immediata,
basata sulla comune passione per le ricette della tradizione, capaci di riportare in vita ricordi
d'infanzia, un po' come la madeleine di Proust. La relazione tra i due personaggi non và al di là delle
conversazioni su temi gastronomici e il film nel suo insieme non fa nessun accenno alla politica.
L'assenza di ambizioni in questo senso non nuoce, al contrario conferisce al film leggerezza e ne fa
una commedia gradevole. (…) delizierà in particolar modo gli appasionati di cucina per le scene di
preparazione dei pasti, le scenografie, i costumi ma anche per l'attenzione prestata al linguaggio,
capace di esaltare ogni ricetta con la scelta delle parole giuste per descrivere le pietanze. Non a
caso, il film fa esplicito riferimento al libro di Edouard Nignon elogio della cucina francese, un
libro di ricette che la protagonista legge ad alta voce con lo stesso piacere con cui si leggerebbe una
raccolta di poesie (…).” (Silvia Angrisani,'VivilCinema', n° 6 - 2012)