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Emilio Giordano 173 UNA MEMORIA DI CARTA ALLA RICERCA DELLA REGINA LOANA Si può mai ricordare l amore? È come evocare un profumo di rose in una cantina. Puoi richiamare l immagine di una rosa , non il suo profumo. A. Miller, Dopo la caduta, 1964. proprio nel più crudele dei mesi (come recita il titolo del primo capitolo) che incomincia a dipanarsi la singolare trama dell ultimo romanzo di Umberto Eco1. E non certo casualmente, perché utilizzare en plein air, come significativa alfa del libro, il memorabile incipit della eliotiana Sepoltura dei morti (The Waste Land, 1922) un verso ( Aprile è il mese più crudele ) che il tempo ha trasformato in vero, frequentatissimo topos nei territori sconfinati della Letteratura, bersaglio talvolta anche di qualche irrispettosa variante (due esempi soltanto: Marzo è il mese più crudele, romanzo pubblicato nel 1973 dal triestino Francesco Burdin, e il giallo di Daniele Nepi Agosto è il mese più crudele, 2000) e collocarvi poi, all opposto versante e come irrinunciabile omega, un altro frammento di non minore pregnanza letteraria (quella inattesa figura del sole nero che ha stregato, appunto, l immaginario di tanti poeti: di un Blake o di un Nerval, ad esempio2), è una non dissimulata strategia attraverso la quale lo scrittore rivela, già sulla soglia del testo, come anche il suo nuovo lavoro fatte salve le ovvie novità della fabula vada a collocarsi strutturalmente lungo i medesimi sentieri già percorsi con tanto successo nei precedenti romanzi, dalle avventure medioevali de Il nome della rosa (1980) e di Baudolino (2000) a quelle seicentesche de L isola del giorno prima (1994), senza dimenticare quella sorta di interminabile cavalcata attraverso i secoli che si ritrova fra le pagine de Il pendolo di Foucault (1988). Persiste, insomma, anzi sembra avere qui una forza anche maggiore rispetto al passato, la tensione di Eco verso un romanzo costruito come lo spazio in cui riversare le più diverse forme dello scibile umano, un romanzo enciclopedico che vive soprattutto degli infiniti, memorabili reperti letterari che l uomo ha lasciato nei secoli dietro di sé e che vengono quasi riesumati attraverso la citazione, palese o nascosta, di un titolo, di una frase, di un verso, di una semplice parola: in una delle prime mises en abyme del testo, quasi assalito da una massa confusa di tali lacerti verbali3, è l eroe stesso della vicenda romanzesca a parlare a ragione di enciclopedia 4. Un libro, È Emilio Giordano 174 dunque, che contiene altri libri, o forse borgesianamente il Libro che è tutti i libri, anzi il mondo stesso: e Borges (con le sue illuminanti battute, con i suoi paradossali personaggi), lo si vedrà in seguito, è una presenza tutt altro che celata fra le nuove pagine di Eco. Il quale anche perché memore della lezione dello scrittore argentino indossa qui ancora una volta la veste del coraggioso, paziente esploratore delle più datate convenzioni letterarie, dei luoghi comuni d ogni tipo (storici, geografici, linguistici) usati e usurati da una tradizione vetusta 5, ai quali offre spesso l occasione di mostrare la loro potenziale vitalità in nuovi e più moderni contesti. Romanzo enciclopedico che con terminologia cara al semiologo di Lector in fabula6 postula la presenza di un Autore Modello, da una parte, e di un Lettore Modello, dall altra, cioè di colui che sia portatore, a sua volta, di una irrinunciabile competenza enciclopedica , quasi infinita, che gli consenta di scoprire allusioni e connessioni semantiche anche là dove all autore empirico erano sfuggite 7. Alla nascita di questo singolare lettore, Eco sembra voler offrire un ausilio di non poca importanza raccogliendo, nella parte finale del libro (pp. 447-51), un cospicuo elenco di fonti delle citazioni e delle illustrazioni , con la consapevolezza però che esso non esaurisce certo lo straordinario numero di referenti culturali esibiti, nascosti o manipolati, nel movimento continuo del flusso narrativo: inaspettata generosità dell autore, che forse andrà meglio vista come elemento decisivo di un gioco, quasi di una sfida lanciata ai pochi o tanti lettori modello e fatta di parole e allusioni ben celate nelle pieghe del testo, ma anche di molte accattivanti promesse di un piacere esegetico ormai alla portata di tutti e che, invece, mirano a trarre in inganno chi legge, a rendere meno vigile e attento il suo sguardo8. Nel romanzo intitolato alla misteriosa regina Loana, egli viene messo alla prova fin dai primi capitoli, ricchi come sono di una molteplicità di presenze intertestuali che lo investono senza tregua e senza pietà, con un affollarsi caotico di allusioni e citazioni attraverso le quali è possibile risentire non soltanto le parole di Eliot (il verso famoso, reiterato ancora nel testo, e quelli che parlano di una nebbia bruna di un alba d inverno, / una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta / ch i non avrei mai creduto che morte tanta n avesse disfatta , i quali prelevati dalla medesima Sepoltura dei morti si ritrovano nel romanzo a raccontare di certi passanti sui ponti dell Isola dei Cani , similmente avvolti nella nebbia bruna, ch io non credea che morte tanta n avesse disfatta 9), ma quelle di tanti altri personaggi di piccola o grande notorietà (da Kafka a Simenon, da Leopardi a Campana, da Manzoni a Stevenson, da Pitagora a Oliver Sacks, tanto per ricordarne alcuni). Se il suo sapere enciclopedico avrà superato senza eccessivi problemi questo primo assalto di volti e nomi e parole, allora ogni intrepido e potenziale lettore modello potrà proseguire sicuro lungo i sentieri dei Una memoria di carta alla ricerca della regina Loana 175 successivi capitoli; anzi, in un romanzo che teste un recensore d eccezione proprio perché riccamente illustrato, va non solo letto ma anche visto e, soprattutto, cantato 10, egli sarà forse in grado di ammirare con qualche sorriso una icona importante e ricca di senso, che nel romanzo non è riprodotta, ma incombe come un fantasma dietro ogni parola: l immagine, appunto, dell autore che attraversa ancora una volta gli amati boschi narrativi, raccogliendo per sé una serie innumerevole di cose preziose, e che nel romanzo rivive in colui che, dal silenzio comatoso, risorge con tutte le tracce che il lungo viaggio bibliografico gli ha lasciato nella mente e nel corpo, parlando cioè con le parole di altri11. ********* Lo sguardo interessato di Eco non poteva certo evitare la valenza segreta del numero tre: e infatti, tre sono le parti in cui è diviso il romanzo ( L incidente , pp. 7-79; Una memoria di carta , pp. 83-295; Oi nòstoi , pp. 299-445), che si articola poi per complessivi diciotto capitoli. E, nella inestricabile rete di segni incrociati, un libro che nasce in certa misura dai libri, e che parla di libri, non poteva che affidarsi alla sagacia mimetica di un Giambattista Bodoni: è questo, infatti, il nome pregnante che si ritrova a portare il protagonista, cui il destino ha concesso di vivere talvolta felice proprio in un universo di carta. È commerciante affermato di libri antichi, ma anche provetto bibliografo che ama condurre qualche ricerca su argomenti particolarmente amati: da anni raccoglie frammenti letterari intorno all immagine della nebbia, e non a caso riconoscerà l attento lettore perché essa si rivelerà come uno dei temi centrali del romanzo. Nella cerchia familiare e fra gli amici più cari viene affettuosamente chiamato Yambo, nome che rimanda anch esso al mondo dei libri (pseudonimo del giornalista Enrico Novelli, autore di testi per l infanzia assai popolari, fra i quali il Ciuffettino del 1902 qui ricordato) . La vicenda romanzesca si apre in un giorno preciso (25 aprile 1991) e rimane poi tutta ancorata allo spazio temporale del secolo scorso: con una scelta decisa della contemporaneità più o meno vicina, che rappresenta uno dei segni più evidenti dello scarto voluto da Eco rispetto agli altri suoi romanzi. E si apre in una clinica milanese, dove il quasi sessantenne io narrante (che è Yambo-Bodoni medesimo), degente a seguito di un misterioso incidente che lo ha condotto ad uno stato comatoso, si risveglia lentamente e ad una secca domanda del medico curante, lo strano dottor Gratarolo ( E lei come si chiama? , p. 7) scopre con stupore di aver dimenticato ogni cosa del suo passato, anzi la sua stessa identità, l affettuosa consorte, le due figlie, perfino gli amati nipotini: ad ogni domanda, infatti, risponde con parole non sue, ma con frammenti rubati ai più diversi e spesso Emilio Giordano 176 inusitati orizzonti testuali. Così, dal buio sognante del coma si trova proiettato in una nebbia che gli ha cancellato dalla mente la memoria autobiografica, il passato e in qualche modo anche il futuro12. In una bustina di Minerva fra le più interessanti e pubblicata a poca distanza di mesi dall uscita del romanzo13 , Eco si soffermava sui meccanismi attraverso i quali la cultura, sottoposta ad una inevitabile opera di selezione, si trasmette di generazione in generazione: La cultura, quel complesso di idee, nozioni, dati, memorie che chiamiamo Enciclopedia, è la somma di tutte le cose che una data società (o l umanità nel suo complesso) ha deciso di ricordare. Ma essa non agisce solo da contenitore. Agisce anche da filtro. La cultura è anche capacità di buttar via ciò che non è utile o necessario. La storia della cultura e della civiltà è fatta di tonnellate di informazioni che sono state seppellite. Spostando, poi, lo sguardo sul funzionamento della mente umana, sull analogo suo procedimento selettivo dei ricordi, evocava a mo d esempio proprio un famoso personaggio borgesiano: Ricordate quel personaggio di Jorge Luis Borges, Funes el Memorioso: ricordava tutto, ogni foglia che aveva visto su ogni albero, ogni parola che aveva udito nel corso della sua vita, ogni refolo di vento che aveva avvertito, ogni sapore che aveva assaporato, ogni frase che aveva udito. Eppure (e proprio per questo) era in pratica idiota, bloccato dalla sua incapacità di selezionare e di buttare via. Il nostro inconscio funziona perché butta via. E, ritornando più recentemente sullo stesso argomento, il medesimo Eco ha parlato addirittura della urgenza di costruire un arte della dimenticanza come contraltare delle molteplici arti mnemoniche nate nel tempo14. Di questo pressante invito al buon uso della memoria (e della dimenticanza), Yambo-Bodoni è in qualche modo figlio degenere, un cattivo e paradossale esempio che si muove fra due estremità inconciliabili: egli è un anti-Funes che certo, non per sua scelta ha provato dolorosamente tutto il potere di un ars oblivionalis praticata senza limite alcuno; ma è, insieme, anche un redivivo Ireneo Funes che ha sviluppato in maniera ipertrofica una particolare memoria, quella che gli consente di ricordare ogni parola dei libri più amati (la memoria semantica, o pubblica), con il rischio non improbabile di poterlo diventare un giorno in tutto e per tutto anche sul versante della propria memoria autobiografica. È lui stesso che ne parla più avanti, mentre è impegnato a recuperare la sua parte di vita perduta: Se volevo rifare tra quelle carte tutto me stesso, sarei diventato Funes el Memorioso, avrei vissuto momento per momento tutti gli anni dell infanzia, ogni Una memoria di carta alla ricerca della regina Loana 177 stormire di foglie ascoltato di notte, ogni profumo di caffellatte annusato alla mattina. Troppo15. Il ritorno a casa, il rivedere i volti più cari, lo sfiorare gli oggetti forse più gelosamente difesi, e poi l usuale lavoro dell antiquario, il sorriso della bella segretaria Sibilla, e ancora le tante nozioni intorno alla tripartizione della stessa memoria (implicita, semantica e autobiografica), al funzionamento particolare di quest ultima16: niente riesce a spezzare l incanto che ha come bloccato la mente di Yambo. A lui ormai è rimasta soltanto una singolare memoria di carta e ad essa affida la sua estrema speranza17. Del resto Paola, la moglie, glielo dice in modo brutale: Sfrutta la carta, visto che le madeleines non ti dicono niente. Non sei Proust, va bene 18. Bisogna, dunque, partire: lasciare per qualche tempo Milano, dove egli finirebbe per accettare un giorno il passato che gli costruiscono gli altri, con i loro ricordi e le loro parole. Così, il romanzo della memoria (e sulla memoria) diventa anche racconto di un viaggio, con tutta la consapevolezza della sconfinata vecchiaia del topos, ma se quando uno scrive ha giustamente notato Eco in una intervista dedicata all officina del suo quinto romanzo19 inizia a pensare che non è bravo come Omero, allora non scrive più. Un poco di sfacciataggine ci vuole . Quello di Yambo è innanzitutto un viaggio reale che ha come meta un piccolo paese di campagna, Solara, collocato fra Langhe e Monferrato, che custodisce nella grande casa paterna, ma anche nell aria, nel paesaggio, nella nebbia che improvvisamente copre le strade, le tracce che gli anni dell infanzia e dell adolescenza hanno lasciato dietro di sé: luogo che forse possiede la chiave segreta per ridare vita alla sua memoria spezzata. La ossessiva esplorazione di stanze e solai, di vecchie collezioni di riviste e giornali, di romanzi e poesie, di libri forse intensamente amati in giorni lontani o soltanto distrattamente sfogliati, di vecchie canzoni riascoltate su un rumoroso grammofono, e soprattutto di serie nutrite di molti fumetti (un immenso materiale, di cui una piccola parte è riprodotta fra le pagine del libro, sì da farne un curioso romanzo illustrato, al modo forse dei romanzi popolari dell amato Ottocento), è ansiosa ricerca di un varco, della sua desiderata, proustiana madeleine che faccia riemergere all improvviso il passato. A differenza di un altro celebre smemorato della letteratura il Vel caninov protagonista del romanzo di Dostoevskji L eterno marito (1870), il quale ricordava soltanto episodi lontani nel tempo20 Yambo non viene colpito neppure dalle foto che gli mostrano se stesso bambino, i genitori sorridenti che lo lasciarono orfano in modo drammatico sul finire degli anni liceali, il quasi leggendario nonno, giornalista antifascista e poi eccentrico libraio; e neppure dalle parole di Amalia, l anziana e fedele governante che non perde occasione per aiutarlo a ricostruire episodi, Emilio Giordano 178 sciogliere dubbi, decifrare dei segni di quegli anni lontani. Ma il suo è anche un simbolico, rapido e intenso viaggio attraverso l immaginario di una società quella fascista, colta soprattutto nel suo momento finale così come esso si è depositato sui fogli di libri e giornali, nelle note di ingenue o più minacciose canzoni, nelle coinvolgenti avventure dei fumetti più strani, nei volti e nei gesti di attori e attrici lievemente ammiccanti su locandine dagli intensi colori: uno sguardo, insomma, sulla iconografia di una ideologia pervasiva e totalitaria, che diventa si è notato una gigantesca ricostruzione di cultura generazionale anni 30- 40 21. Viaggio, però, anche dell autore medesimo, che messa da parte per un attimo la sua riconosciuta carica umoristica e giocosa, o almeno limitandone, in qualche momento, il raggio d azione sembra qui abbandonarsi ad una segreta e insospettata vena malinconica, teso com è pure lui a riconquistare proustianamente il proprio tempo perduto. In una intervista di qualche anno fa, Eco non negava la presenza di componenti autobiografiche nei suoi romanzi, recando ad esempio il ragazzo tredicenne che, nel Pendolo di Foucault, suona la tromba ai funerali dei partigiani ( Non ho fatto altro che parlare di me stesso: sono io che, bambino, ragazzo di dodici, tredici anni, suonavo davvero la tromba ai funerali dei partigiani ), aggiungendo poi altri personali ricordi legati alla sua piemontesità , alla nebbia bellissima dei suoi paesi, alla famiglia, all amato nonno tipografo e socialista22: particolari che si ritrovano tutti, pur con qualche variante, accanto a molti altri spesso di esibita evidenza, in questo romanzo (si pensi, appunto, alla figura del nonno, o all episodio del Vallone, pp. 361sg., che vede protagonista Yambo ragazzo come guida dei partigiani), che è decisamente il più autobiografico fra quelli scritti da Eco, dove l invenzione più divertente e degna di nota è forse l avere affidato a uno smemorato la funzione di guida attraverso il labirinto segreto del proprio passato. Così, dietro i passi di Yambo che varca la soglia del corpo centrale della casa23 e che viola poi anche gli altri santuari, la camera della sorella, quella dei genitori con il grande letto che probabilmente accolse la sua venuta nel nostro mondo, la piccola stanza che lo aveva ospitato negli anni prima che venisse a morire ogni rapporto con Solara, lo studio del nonno stranamente privo di libri (quando un vecchio muore, si sa, brucia pure la sua biblioteca mentale e reale), tutte le camere insomma che sebbene leggermente mutate erano forse vissute da allora in trepida attesa di un desiderato ritorno; dietro il suo sguardo che rivede con strano stupore le tantissime cose conservate nell immenso solaio e nella cappella murata (scatoloni senza fondo delle meraviglie da cui emergono, quasi riesumati, giocattoli e libri, giornali e dischi, e tant altro ancora); dietro le sue mani che sfogliano pagine di romanzi o fumetti che mostrano i segni di altre, reiterate letture del ragazzo che fu: ebbene, dietro il personaggio inventato e i suoi gesti, il lettore maturo Una memoria di carta alla ricerca della regina Loana 179 dovrà vedere anche altri passi, un altro sguardo, altre mani, dei gesti davvero reali, sebbene compiuti sotto la nebbia di un estremo pudore. E la misteriosa fiamma che spesso si accende nel corpo di Yambo24, quando la sua mano o i suoi occhi sfiorano inavvertitamente un oggetto (l illustrazione di un romanzo o di un fumetto, lo spartito di una canzone, la rapida fuga di un barbagianni, ad esempio) e che forse rappresenta il sottile diaframma dietro il quale (più che altrove) preme con forza il passato, racconta pure sull altro versante i rari, miracolosi momenti nei quali gli anni perduti, metaforicamente sepolti per sempre in solai, in stanze deserte e in scatoloni di carta, ritornano a visitare dolcemente l autore con bagliori improvvisi, con la conseguente illusione di una desiderata ma non possibile ripetizione del tempo vissuto: fino all incontro con il fumetto dal quale il romanzo prende il suo titolo, un albo di Cino e Franco del 1934 intitolato appunto La misteriosa fiamma della regina Loana, rimasto tenace nella mente di Yambo per la dolcezza del suono delle parole riprodotte in copertina, e per quella magica fiamma che aveva il potere nell avventura lì raccontata di far ritornare alla luce il passato, ogni perduta felicità. ********** Un quaderno di brutte poesie, inevitabile tributo ai primi ardori della sua adolescenza, è la scoperta più importante di Yambo, perché essa con un procedimento quasi da romanzo giallo si rivela un elemento decisivo per indirizzare la vicenda romanzesca verso la sua conclusione e per comprendere meglio la sua fase iniziale. La misteriosa ragazza che le aveva ispirate Yambo non lo ricorda, ma è l amico più caro che gli racconta tutta intera la storia aveva un nome dolcissimo, Lila (Sibilla) Saba (che ricorda non solo nel suono quelli di Lia del Pendolo di Foucault e di Lilia dell Isola del giorno prima), coetanea frequentatrice dello stesso liceo: scintilla inconsapevole di un amore indicibile, fatto di sguardi più che di parole, di ingenue trovate per mettersi in mostra e superare un antagonista che si immaginava più fortunato (come nel Pendolo, la vicenda di Jacopo Belbo che suona la tromba per conquistare Cecilia), lei era all improvviso scomparsa, trasferitasi all estero insieme all intera famiglia, e nessuno ne aveva avuto più alcuna notizia. Tu l hai solo vista e ci sei rimasto secco. Tipo Dante e Beatrice 25, gli ricorda l amico, e Yambo a sua volta registrando nella mente le sue parole: Poi, diceva Gianni, sembrava proprio che andando all università avessi dimenticato tutto, tra il primo anno e la laurea avevo avuto due ragazze, e dopo avevo incontrato Paola. Lila avrebbe dovuto restare un bel ricordo di adolescenza, Emilio Giordano 180 come accade a tutti. E invece l avevo inseguita per tutto il resto della mia vita [ ]. In un momento di debolezza avevo confessato a Gianni che, attraverso tante avventure, cercavo in ogni donna il volto di Lila. Avrei voluto vederla almeno una volta prima di morire, non mi importava come fosse diventata26. Nella fitta selva di topoi impavidamente esplorata in questo romanzo, Eco insomma ne riprende uno dei più consumati dall uso, pur se affascinante: quello del primo amore, l amore platonico non ricambiato e che diventa malinconico desiderio, nostalgia di un bene perduto che può riempire una intera esistenza. E non ricorre certo al suo risaputo umorismo, ai registri stilistici della sua ironia, per offrirne una più divertente e quasi blasfema variante, ma gli ridà vita per l ennesima volta con tutto il pathos e la serietà che il tema richiede, collocandolo anzi proprio al centro della sua storia. È questa la parte più coinvolgente del romanzo di Eco, degna di ben figurare nella ideale galleria che raccoglie le versioni più memorabili del topos: dove si legge, per ricordare qualche esempio famoso, di Tonio Kröger stregato per sempre dalla bionda Inge e di Alessio Mainardi dalla misteriosa Giovanna27. Mi ero affannato per quarant anni intorno ad un fantasma 28, pensa l ancora smemorato Yambo, quando l amico gli racconta esitante la conclusione drammatica dell intera vicenda: la ragazza morta poco dopo il trasferimento in Brasile, a diciott anni d età. Probabile causa a suo tempo del primo incidente , la reiterata notizia della sorte di Lila (più che il fortuito ritrovamento della rarità bibliografica shakespeariana) gli provoca forse anche il secondo, precipitandolo in un coma che però gli ridà la memoria come d incanto. Tra deliri borgesiani (ricorda o sogna di ricordare? o sogna di sognare? o è lui ad essere sognato?) e una proliferazione di topoi (è un sepolto vivo che assiste ai propri funerali?), il nuovo Yambo non è in grado di controllare la sua memoria: i ricordi si affollano in modo confuso, come oggetti che escono a caso dalla nebbia. Tuttavia, anche con l aiuto dei tantissimi segni archiviati dalla sua memoria di carta, egli riesce finalmente a ricomporre un affresco ordinato di tutti gli eventi, pubblici e privati, della sua vita. Ogni gesto riprende così il suo posto, ogni volto ritorna a parlare il suo segreto linguaggio, solo il volto di Lila Yambo non lo ricorda e non ne possiede neppure una foto non vuole più apparire, nonostante i suoi richiami pressanti. Nel raccontare la breve stagione d amore, così come rivive nella ormai declinante memoria di Yambo malato, l autore squaderna pure (quasi da semiologo attento) i pensieri sepolti, le solitarie disperazioni e dolcezze, i sentieri patetici che il topos medesimo letterario, ma appartenente anche all esistenza di ognuno, in qualche misura ha da sempre sfiorato. Anche Lila è nata da un libro 29: ogni primo amore nasce forse da universi Una memoria di carta alla ricerca della regina Loana 181 di carta, dove il lettore si ritrova, talvolta, a proiettare le sue prime passioni in quelle di qualche fantasma che vive d inchiostro. Quello che ha segnato il destino di Yambo, è un libro davvero famoso, il Cyrano de Bergerac (1897) di Rostand, già letto e riletto tante volte che alla fine sarà andato in pezzi 30 ricorda e di esso una scena precisa, laddove l amata Rossana bacia per la prima e l ultima volta il morente Cyrano: Questo ultimo bacio era bello perché nell istante stesso in cui lo riceveva Cyrano moriva, e dunque Rossana gli sfuggiva ancora una volta, ma è proprio di questo che, immedesimato nel personaggio, m inorgoglivo. Spiravo felice senza aver toccato l amata, lasciandola alla sua condizione celestiale di sogno incontaminato. Con il nome di Rossana nel cuore, non mi restava che darle un volto. È stato quello di Lila Saba [ ] l ho vista un giorno scendere la scalinata del liceo, e Lila è diventata mia per sempre31. E poi, un altro ricordo, il Cyrano rappresentato a teatro per tutta la scuola, che Yambo segue commosso, con la ragazza che gli siede proprio davanti: Non so più dire come fosse la Rossana che agiva sul palcoscenico, perché io avevo la mia Rossana di spalle e di sbieco [ ]. Quando Rossana si è chinata a baciare la fronte di Cyrano, io ero una sola cosa con Lila. In quel momento, anche se non lo sapeva, lei non poteva non amarmi. E infine, Cyrano aveva atteso anni e anni sino a che lei capisse. Potevo attendere anch io. Per quella sera, ero asceso a pochi passi dall Empireo32. La gestualità struggente di ogni primo amore, non solo del primo amore di Yambo-Bodoni, ripropone qui insomma ancora una volta i suoi personaggi, le sue antiche e note movenze: un volto celestiale di fanciulla, un desiderio che non trova parole, fuga di lei e rimpianto in chi resta. C è anche chi (sfortunatamente, per lui) il primo amore non lo lascia fuggire, magari lo sposa, ma la sua esistenza diventa così un purgatorio, talvolta un inferno. La vita di Yambo, come ritorna per l ultima volta nella sua mente che si sta a poco a poco spegnendo, ha avuto dunque un privilegio: un sogno incontaminato inseguito negli anni, scudo prezioso contro la prosaicità di ogni cosa; un paradiso brevemente sfiorato e perduto (ma la felicità non consiste nel carpire qualche piccola ingannevole vicinanza all oggetto amato , come aveva scoperto Tonio Kröger?). Un privilegio che è pure dannazione e condanna, perché in esso la dolcezza si lega al dolore, il desiderio alla nostalgia e al rimpianto, il sentimento d amore mai spento alla gelosia più inesprimibile. Forse qualcuno ti disfiorerà, / bocca di sorgiva. / Qualcuno che non lo saprà, / un pescatore di spugne, / avrà questa perla rara 33: non è un caso, dunque, se questi versi di Cardarelli (da Adolescente, 1913) si leggono in uno dei capitoli iniziali del romanzo. Come non Emilio Giordano 182 casualmente ripensando l intera vicenda alla luce, appunto, delle epifanie finali la misteriosa fiamma visita per la prima volta il corpo dello smemorato Yambo proprio quando la sua memoria di carta evoca alcuni versi di una famosa, popolare canzone degli anni quaranta ( In cerca di te , incisa nel 1945 da Nella Colombo), versi addirittura immortali (come li ha definiti un recensore coetaneo di Eco: il già menzionato Asor Rosa), che parlano, appunto, della impossibilità di cancellare dalla mente il primo amore ( Io tento invano di dimenticar / il primo amore non si può scordar / è scritto un nome, un nome solo in fondo al cuor / ti ho conosciuto ed ora so che sei l amor, / il vero amor, il grande amor ): una ingenua canzone le cui note, alla fine, sembrano quasi accompagnare la lenta conclusione del lungo romanzo. Capisce in un ultimo barlume di lucidità qualcosa, forse il senso della vita, ma appena lo seppe, cessò di saperlo 34: nella descrizione della fine di Martin Eden rivissuta a Solara, nella sua memoria di carta, era già prefigurata anche quella di Yambo. Una volta scoperto infatti il senso della sua vita, della vita e dei suoi paradossi (inseguire per sempre il fantasma di un volto, di un corpo che appartiene, invece, al suo irripetibile tempo!), anch egli sa che tra breve cesserà di saperlo : il viso della bella qual sole, bianca come la luna 35 non riappare, Yambo non può mutare a posteriori la direzione lungo la quale il suo destino si è consumato. Al posto di lei, la nebbia, il sole nero, la morte. EMILIO GIORDANO Università di Salerno __________ NOTE 1 Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana, Milano: Bompiani, 2004, pp. 454. Sarà indicato, in seguito, con RL. 2 Cfr. Maria Luisa Belleli, Il sole nero dei poeti, Caltanissetta: Sciascia, 1975. 3 Da Ernesto Sabato e la donzelletta vien dalla campagna (RL, p. 22) ad Alessandro e il nodo gordiano (ibidem, p. 23). 4 L enciclopedia mi cadeva addosso a fogli sparsi e mi veniva da battere le mani come in mezzo ad uno sciame d api (ibidem, p. 23). 5 Enzo Golino, Carosello barocco , La Repubblica, 4 ottobre 1994: si tratta di una recensione a L isola del giorno prima (1994), che contiene osservazioni critiche valide anche per il lettore del nuovo romanzo di Eco. Dello stesso Golino, comunque, cfr. la breve scheda ad esso dedicata: Alla ricerca del ricordo perduto , L Espresso, 17 giugno 2004, p. 114. 6 Milano: Bompiani, 1979 (cfr. pp. 60-62). 7 È una rapida descrizione del lettore preteso dal joyciano Finnegans Wake, che si ritrova in Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano: Bompiani, 1994, p. 134. Una memoria di carta alla ricerca della regina Loana 8 183 Su questo aspetto del romanzo, cfr. Remo Ceserani, Così Umberto Eco gioca a mosca cieca con i lettori , Il Manifesto, 25 giugno 2004. 9 RL, p. 9. 10 Alberto Asor Rosa, Umberto Eco. Il libraio Yambo e la biblioteca della sua infanzia , La Repubblica, 10 giugno 2004. 11 Mi chiamo Arthur Gordon Pym (RL, p. 7); Chiamatemi Ismaele (ibidem, p. 10). 12 Vedo nebbia anche davanti, non solo dietro (ibidem, p. 31). 13 Cfr. Umberto Eco, L immensità dell irrilevanza , L Espresso, 16 dicembre 2004, p. 258. 14 Cfr. Come perdere la memoria , La Repubblica, 20 maggio 2006. 15 RL, p. 155. 16 Non pensi alla memoria come a un magazzino dove lei deposita i ricordi e poi li ripesca (ibidem, p. 28), gli dice il suo medico, ma nelle Confessioni di S. Agostino lo smemorato aveva letto proprio di caverne incalcolabili della memoria (ibidem, p. 40). 17 Le citazioni sono i miei fanali nella nebbia (ibidem, p. 65). 18 Ibidem, p. 74. 19 Cfr. È stata una bella ossessione , La Repubblica, 10 giugno 2004. 20 O, magari, da un altro più recente smemorato letterario, il Samson Greene che almeno conservava i ricordi dei primi dodici anni della sua vita (cfr. il romanzo di Nicole Krauss Un uomo sulla soglia, Milano: Guanda, 2006). 21 Cfr. Alberto Asor Rosa, Il libraio Yambo e la biblioteca della sua infanzia , cit. 22 Cfr. Umberto Eco, Tenero è il maestro , La Repubblica, 29 settembre 1994. 23 Era rimasto sempre chiuso, ma come un santuario (RL, p. 84). 24 Nel romanzo è definita con lievi tachicardie, subitanei rossori (ibidem, p. 118). 25 Ibidem, p. 285. 26 Ibidem, p. 289. 27 Ci riferiamo, ovviamente, ai romanzi Tonio Kröger (1903) di Thomas Mann e Il garofano rosso (1948) di Elio Vittorini. 28 RL, p. 290. 29 Ibidem, p. 402. 30 Ibidem, p. 402. 31 Ibidem, p. 404. 32 Ibidem, p. 411. 33 Ibidem, p. 59. 34 Ibidem, p. 132. 35 Ibidem, p. 444.