Articoli classe III A - Liceo Galilei Ancona

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Articoli classe III A - Liceo Galilei Ancona
ALCUNI ARTICOLIDELLA CLASSE III A 2015-16
Gite scolastiche: Sì o No?
Le gite scolastiche non sono assolutamente da abolire. Sono ormai radicate nelle abitudini della nostra scuola da
tanto tempo e sarebbe sbagliato non dare ai ragazzi la possibilità di partire. Prima di tutto, essendo una delle
finalità delle “gite di istruzione” quella di far conoscere nuove cose agli studenti, eliminandole si toglierebbe ai
ragazzi un ulteriore mezzo di apprendimento.
Grazie alle gite infatti si impara molto sia per quanto riguarda l’ambito artistico, culturale e di altri vari campi. Si
possono conoscere, andando all’estero, le tradizioni di diverse nazioni, ma anche rimanendo nel proprio paese, si
possono scoprire nuove cose.
Un’enorme importanza l’assume inoltre l’ambito sociale. La gita infatti è “in primis” uno strumento con il quale
fare nuove amicizie, conoscersi meglio e anche allontanarsi per un po’ di giorni da casa e dalla vita quotidiana.
Con i viaggi di istruzione si permette ad ogni classe di imparare a stare insieme, passando molto tempo in stretto
contatto anche in situazioni nuove e diverse dal normale.
Ovviamente, come ogni cosa, la gita ha i suoi rischi. La responsabilità dei ragazzi è affidata totalmente ai
professori. Questi mettono tutta la loro buona volontà nel prevenire i pericoli, ma anche gli studenti devono dare il
loro contributo. Gran parte dei tragici incidenti che sono accaduti non è stata colpa dei professori, ma bensì di
ragazzi irresponsabili che non sono riusciti a capire che era il momento di smettere di fare gli stupidi. Ci sono
stati, per esempio, molti episodi di ragazzi ubriachi o drogati. Il problema in questo caso è esclusivamente degli
studenti, educati nel modo sbagliato. D’altronde, come possono succedere in gita, le tragedie possono accadere
anche nella vita di tutti i giorni. Per questo le famiglie devono essere consapevoli di insegnare ai propri figli il
giusto modo di comportarsi. I genitori hanno l’obbligo di conoscere il ragazzo e sapere se è abbastanza
responsabile da non compiere gesti sconsiderati. Anche fare un piccolo controllo al figlio, cercando di trovare
droghe, alcol o oggetti non adatti ad una gita, risulterebbe molto utile per limitare episodi sciocchi.
In conclusione ribadisco che annullare le gite scolastiche sia assolutamente sbagliato. Sarebbe un grossa perdita
per gli studenti, sia culturalmente che socialmente. Per questo motivo il viaggio di istruzione, oramai un elemento
caratterizzante del nostro sistema scolastico, non deve essere abolito.
ALESSANDRO MENNILLI III A (8/3/2016)
Generazione Erasmus, siete pronti a partire?
Erasmus: lo paghi ma ti arricchisce
Il programma Erasmus,acronimo di EuropeanRegion Action Scheme for the Mobility of University Students, è un
programma di mobilità studentesca della Comunità Europea, creato nel 1987. Grazie a questo programma, uno
studente universitario che frequenta il corso triennale o magistrale,un laureando che deve seguire un tirocinio o un
già laureato che deve effettuare il dottorato, hanno la possibilità di farlo all’estero.
Essi possono studiare per un periodo che va da tre a dodici mesi in un’università della città europea che
preferiscono. Al termine del loro percorso di studio poi, gli esami che avranno dato all’estero saranno riconosciuti
dall’università che frequentano in Italia.
Secondo una ricerca condotta da Uniplaces (piattaforma specializzata in prenotazioni di alloggi per studenti
universitari) e riportata poi da “La Stampa”, nel 2015 la meta più gettonata per intraprendere l’Erasmus è stata
Lisbona, seguita da Rotterdam e Valencia. Come è immaginabile infatti, fare un’esperienza di questo genere, per
quanto sia proficua e interessante, potrebbe richiedere una grande spesa. Al contrario, la capitale portoghese offre
un prezzo conveniente per quanto riguarda il costo degli affitti, dei pasti, delle connessioni internet e dei trasporti
pubblici.
L’Erasmus però, non offre solo l’opportunità di studiare all’estero, ma anche quella di vivere per la prima volta da
soli in un paese straniero, aiutandoci a diventare più indipendenti e autosufficienti.
Inoltre, questo tipo di soggiorno ci permette di ampliare la nostra cultura ed entrare in contatto con nuove etnie e
tradizioni differenti dalle nostre, dandoci così la facoltà di apprezzarle.
Però bisogna anche dire che, nonostante le università aiutino lo studente coprendo alcune spese, intraprendere
questo tipo di esperienza rimane comunque un “privilegio” di pochi: infatti, per poter aderire a questo progetto,
bisogna avere almeno la media del 28.
Inoltre un altro vantaggio che dà l’Erasmus è quello che, per la ricerca di un futuro lavoro, avere sul curriculum la
presenza di un soggiorno di studio all’estero, aumenta notevolmente le possibilità di trovare un impiego rispetto
ad uno studente che non ha intrapreso quell’esperienza.
Però esso può presentare anche degli aspetti negativi. Ne sono esempi l’allontanamento da casa per un lungo
periodo di tempo e il conseguente distacco dagli amici e dalla famiglia. In compenso a questi “difetti” però, si
imparano un sacco di cose nuove e si arricchisce il proprio bagaglio culturale. Quindi, bisognerebbe
indubbiamente partire e per una volta andare alla scoperta di cose nuove fidandoci pienamente di noi stessi.
Giulia Severini III A (9/2/2016)
Voi giocate e papà esagera con il tifo: siete contenti o vi arrabbiate?
“Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le
guerre come se fossero partite di calcio”
Così Winston Churchill interpretava il nostro modo di vivere il calcio. Certamente sono parole pesanti, sulle quali
occorre riflettere e farsi un esame di coscienza. Nel nostro paese il calcio rappresenta una vera e propria industria,
basti pensare quanti milioni vengono spesi nelle sessioni di calciomercato. Tuttavia il calcio non è soltanto quello
dei grandi palcoscenici, è anche quello provinciale, quello giovanile, insomma quello dei ragazzi, quello dei vostri
figli. È proprio su questo aspetto che vorrei soffermarmi. Da sempre i padri accompagnano i loro bambini
all’allenamento, e assistono alle loro partite nel fine settimana. Per molti papà seguire la squadra del proprio figlio
diventa un vero e proprio hobby. Il problema giunge quando l’agonismo si sposta dal campo agli spalti, il che
succede spesso, troppo spesso. Talvolta infatti i tifosi scordano il loro compito, che è quello di supportare i
giocatori della propria squadra, e non quello di venire alle mani con la tifoseria avversaria. Purtroppo da giocatore
ho sperimentato molte volte un clima di tensione innaturale e eccessivo per una partita di calcio, ma
fortunatamente non ho mai assistito a veri e propri scontri perché l’educazione e la ragione hanno prevalso
sull’istinto, come dovrebbe sempre essere. Ciò che ho potuto invece notare è che la tensione e clima “duro” si
riflettono anche in campo, dove aumenta l’agonismo, tanto che spesso la situazione sfugge di mano ai giovani
arbitri, i quali non sanno più che pesci prendere e falsano inconsapevolmente la partita. In fondo è vero che senza i
tifosi il calcio non vale niente (come sostengono i supporters del Bayern München), ma è altrettanto vero che
l’educazione e la maturità devono essere sempre presenti. Anche sugli spalti di un semplice campo da pallone.
Diego Montemari III A 09/02/2016
Il coraggio di non pagare il “pizzo”: voi ce l’avreste?
Troverei il coraggio di denunciare?
La mafia esiste da tantissimi anni. Un periodo di soprusi e ingiustizie, che non potevano essere denunciate perché
i diretti interessati venivano messi a tacere attraverso delle minacce o ricorrendo all’uso della forza. Ma qualcosa
sta cambiando. Le persone dopo tante violenze e prevaricazioni hanno deciso di reagire. L’ultimo caso è quello
degli imprenditori di Bagheria, un paesino completamente in mano alla mafia che, esasperati da quella vita, hanno
deciso di mettere la parola fine denunciando ventidue boss mafiosi che sono finiti dietro le sbarre. Cosa gli ha
dato, quindi, il coraggio di farlo? Con questo atto si sono liberati dall’oppressione fiscale, psicologica e fisica, per
ora. Penso che la loro vita cambierà. Verranno perseguitati dai mafiosi e forse dovranno anche vivere sotto scorta.
A mio parere trovare il coraggio di denunciare la mafia è qualcosa di molto difficile. Questi imprenditori, per
essere arrivati a tanto dovevano essere veramente al limite.
Una domanda sorge quindi spontanea: Io farei lo stesso?
Probabilmente no. Soprattutto se avessi una famiglia penso che la paura vincerebbe sul coraggio. Almeno così
farei all’inizio. Ad oltranza, mese dopo mese, anno dopo anno, non ce la farei più. Riflettendoci su, troverei la
forza, ne sono sicuro. Lo farei anche per dimostrare qualcosa al mondo e ai miei cari. Per estirpare il cancro della
mafia serve la collaborazione di tutti e io non potrei tirarmi indietro. Tirando le somme, nel tunnel buio del pizzo
bisogna avere la forza di seguire la luce, per quanto sia debole, fino all’uscita. Non la si può dar vinta alla mafia,
non si può vivere nel silenzio. La mafia va sconfitta, ad ogni costo.
Giacomo Clementi III A (15/11/2015)
La Venere “censurata”: questione di cerimoniale o eccesso di zelo?
Essere italiani. Qualcosa di cui andare fieri?
La visita del presidente iraniano HassanRouhani è stata certamente un avvenimento importante e, a quanto
sembra, lo è stata anche il cerimoniale italiano, vista la considerazione che gli è stata fornita.
Conoscendo la cultura e la religione del premier in visita, è stato deciso di coprire le statue di nudo dei musei
capitolini, che avrebbero potuto disturbare la sensibilità dell’ospite. O almeno così è stato detto dai vari politici e
funzionari; i pensieri della gente, invece, sono stati decisamente e ragionevolmente più coloriti. La notizia è stata
proposta in televisione, sui giornali, su internet e tramite i vari mezzi di comunicazione e quasi tutti ormai la
conoscono. La maggior parte delle persone lo hanno definito un atto da condannare, e non posso che unirmi a
questo punto di vista. Come già sottolineato nei giorni passati, è giusto rispettare le culture degli altri, ma senza
andare contro la propria, a maggior ragione trovandosi nel proprio paese. Coprire le statue sarà pur stato un gesto
di cortesia verso Rouhani, ma non lo è stato per gli italiani, che hanno visto danneggiata la propria tradizione
culturale. E’ inoltre trapelata un’altra possibile notizia. Sembra che le donne impiegate abitualmente in questi
musei, siano state sollecitate a non recarsi sul posto di lavoro il giorno della visita; e se anche questo fosse vero,
sarebbe inaccettabile. Non deve e non può esistere nessun credo, religione, orientamento politico di alcun tipo che,
nel ventunesimo secolo, ponga uno dei due sessi, in questo caso quello femminile, in una posizione di inferiorità
rispetto all’altro. E se ancora ci sono persone convinte di essere migliori soltanto perché nati maschi o femmine,
non vanno assolutamente incoraggiati in alcun modo, piuttosto vanno condannati. Ritengo sia inaccettabile, per un
pugno di dollari, o per miliardi di euro che siano, abbassarsi all’infimo livello di queste persone. La tradizione è
un conto, pensare che un sesso sia superiore all’altro è inaccettabile. Capisco che i veli e i burqa e tutti i vari tipi
di coperture, siano ormai diventati una tradizione e che alcune donne musulmane siano persino felici di portarli,
ma sono dell’idea che derivino comunque da qualcosa di sbagliato e che vadano dissociate in ogni modo dalla loro
origine. Anche se sono contrario a questi obblighi per le donne, se fossi nato femmina e mi fossi dovuto recare in
uno stato musulmano, avrei messo il velo, perché come ho già chiarito, bisogna sempre rispettare la cultura altrui,
indipendentemente dalla propria opinione a riguardo. La nostra povera Italia ha però dimostrato, ancora una volta,
di essere pronta a piegarsi alla cultura e al volere degli altri, pur di ottenere qualche tipo di privilegio economico e
politico. Credo sia necessario ancora una volta sottolineare quanto sia stato sbagliato questo gesto, per provare a
non ripeterlo in futuro e mantenere così un po’ di dignità nazionale. Questo mio pensiero, anche se può sembrare
una condanna, non lo è affatto; è piuttosto un’esortazione, per tutti quanti, a sentirci più italiani, e a provare a
tenerci stretta la nostra cultura, senza svenderla per il vile denaro.
La nostra tradizione va difesa, rispettata e mostrata con onore al mondo, e non coperta, per nessun motivo.
Sentiamoci quindi, tutti quanti, più italiani e uniti sotto questa bellissima nazione che porta con sé un immenso e
magnifico bagaglio culturale
Ritengo dunque che coprire le statue non sia stato un atto di cortesia, ma solamente un eccesso di zelo da
condannare e se poi, come detto prima, fosse vera anche la faccenda delle donne invitate a rimanere a casa, penso
che essere italiano sarebbe più un disonore che qualcosa di cui andare orgogliosi.
Giacomo Clementi III A (9/2/16)
Foto e immagini su Facebook: come vi comportate?
Avviso ai naviganti
Nel mondo in cui viviamo, dove ormai anche il mio prozio possiede un account Facebook, sarebbe conveniente
cominciare a comprendere i meccanismi che governano il mondo di internet. Se infatti una fetta sempre più larga
della nostra vita privata viene resa pubblica (anche in maniera indiretta), è giusto cominciare a pensare alle
conseguenze di alcune azioni che molti considerano ormai quotidiane.
Tutto ciò che entra in rete è infatti destinato a rimanere in circolo “eternamente”, soprattutto se si tratta di file
multimediali come foto e video. Internet non è in realtà quello che la maggior parte di noi vede, quella è solo la
superficie. Esiste un parte detta “deep web”, che in realtà rappresenta la quasi totalità dei dati del mezzo (ciò che è
visibile attraverso motori di ricerca come Google è solo l’1%). Entrandovi sprovveduti delle giuste precauzione ci
si espone ad un enorme rischio, in quanto è molto facile cadere in mano di hacker.
Qui risiedono,oltre a pagine web “normali”(circa) , tutti gli affari loschi come il commercio di droghe e armi,
nonché di siti pedo-pornografici.
Ed è proprio in questi ultimi che le foto di vostra figlia finirà se la pubblicate sui social senza le opportune
precauzioni. Tuttavia queste non assicurano la completa salvezza della foto. Infatti per essere sicuri che non
vadano a finire in certi posti, non si dovrebbero pubblicare affatto. Inoltre, siti del genere non esistono solo nel
deep web, ma anche, in maniera di gran lunga minore, nella superficie che noi navighiamo ogni giorno.
Quindi, cari genitori, pensate bene a quello che fate voi e i vostri figli su Internet e riflettete prima di caricare una
vostra immagine: alcune foto vanno lasciate nell’album di famiglia.
Giovanni Recchi III A (8/3/2016)
Qual è il vostro prof del cuore?
Let’slearn!
Vorrei cominciare questo post parlando della figura dell’insegnante. Del mestiere che fa o che dovrebbe fare.
Il termine docente (derivante dal latino “docentem” accusativo di “docens” che è a sua volta il participio presente
del verbo “dŏcēre” nel significato di: far sapere, ammaestrare, insegnare) viene utilizzato spesso come sinonimo
di insegnante. Rispetto a quest’ultimo, tuttavia, il termine docente un riferimento alla generica attività di
insegnamento.
Questo è tratto da wikipedia, e spiega minimamente ciò che un’insegnante dovrebbe fare.
Minimamente, poiché per me, oltre a insegnarti una materia, La maestra, con la “L” maiuscola, dovrebbe darti
anche indicazioni sulla vita che affronterai.
Detto ciò, credo che una qualsiasi nostra professoressa che ci abbia insegnato qualcosa ci abbia cambiato la vita.
“Cambiare la vita” sono dei bei tre paroloni, soprattutto per un ragazzo del liceo. Però è così.
Questa è la fase della vita dove secondo me si cambia di più, dove decidi cosa vorrai fare.
Quindi un’insegnante ricopre un ruolo non fondamentale, ma di più.
Nel mio caso, nel corso della mia “carriera” scolastica ho incontrato vari professori.
Sono passato da alcuni che ritenevo (scusate per la parola) totalmente imbecilli ad alcuni, che seppur molto severi,
rispettavo, anzi, rispetto ancora.
Una di queste si chiama Patrizia (la chiamo con il nome perché è delle elementari, e quindi non ricordo il
cognome). Era la mia insegnante di matematica, ma i numeri non furono l’unica cosa che mi insegnò.
Era già una donna quasi anziana, ma, ogni volta che entrava in classe, ci entrava con il sorriso.
Mi ricordo che era lei la responsabile del teatro. Ci fece inoltre cominciare l’attività di “botanica”.
Consisteva nel piantare dei semi per farli crescere, ma, a me, ancora nessuno aveva detto come si faceva.
Mi ha lasciato un bel ricordo dell’infanzia, un ricordo che mi porterò dietro per sempre, spero.
Ma, come ho detto in precedenza, qualcunaltro ha sì cambiato qualcosa in me, ma in negativo.
L’anno scorso, per esempio, da Settembre a fine Novembre circa, ho avuto una professoressa di informatica che
non mi ha insegnato niente (non ha caso è andata via dopo due mesi e mezzo).
Mi ha fatto fare un passo indietro.
Non sono un ragazzo eccellente a scuola, però adesso so che ho dei professori che mi possono insegnare.
A me, quindi, non resta che imparare.
Federico Tamburi (17/12/15)
Idoli musicali di oggi: chi, secondo voi, è in grado di essere veramente
rivoluzionario?
-We can be Heroes, for ever and ever
Purtroppo è ben risaputo che le star e gli idoli più grandi della musica tendono a “durare poco”. Spesso si tratta di
cattiva sorte o di una vita passata godendosi la propria fortuna, senza autocontrollo. Droga, Alcohol e sesso sono
stati elementi quotidiani per tutti i grandi della musica, soprattutto a inizio carriera. Kurt Cobain, Freddie
Mercury, SydBarret, Jim Morrison, Elvis Presley, Jimi Hnedrix, gli artisti della lista della morte “club 27″, ovvero
il gruppo di tutti i musicisti deceduti all’ età di 27 anni, hanno lasciato il mondo prematuramente, lasciando però
qualcosa che sarebbe servito a ricordarli per sempre.
E’ possibiledimenticarsi “Bohemian rhapsody”, “Hearth shaped box” o “light my fire”? La risposta è no, anche
per i giovani di oggi. Si tratta dei tipici pezzi che oggi è possibile sentire alla radio, in un film, in un videogioco.
Chiunque abbia più di 25 anni riconoscerebbe questi pezzi all’ istante, ma anche per i giovani d’ oggi, “Starman di
David Bowie è “quella canzone orecchiabile che sento ogni tanto, ma della quale non so il nome”. E’ questo ciò
che rende un qualsiasi musicista un “Idolo della musica”: il fatto che a distanza di 5, 10, 50 o 300 anni, la sua
musica, la sua voce, siano ancora riconoscibili.
Per fortuna a questa misteriosa piaga mietitrice di artisti alcuni riescono a scappare, almeno per un pò.“Il
marziano” Dave Jones è uno di questi.
Ben 50 anni di musica, 50 anni di album di successo mondiale, 50 anni di “Tormentoni” e versi che continueranno
a riecheggiare per sempre, almeno questo si spera, ma in realtà è già accaduto.
“And the stars look very different, today!” -Space Oddity (1966)
Michele Di Nuzzo (21/01/16)
Videogiochi vietati ai minori: sono davvero “pericolosi”?
Videogiochi. Davvero trasformano in criminali?
Videogiochi vietati ai minori. Sicuramente l’indicazione data è capace di rendere subito l’idea di che classe di
contenuti stiamo parlando: violenza, combattimenti e scenari surreali resi con una crudezza a volte forse anche
eccessiva. Gli studi sul fenomeno dell’influenza che i videogames possono avere in particolare sui giovanissimi
hanno apportato, giustamente, che questi ultimi spesso riproducono azioni e gesti appresi dai suddetti giochi
elettronici, che sia per scherzo come anche più seriamente.
E’ proprio per questo che diversi servizi come la PEGI (Pan European Game Information) sono incaricati di
classificare i contenuti del titolo, indicando i punti che un consumatore può quindi controllare prima dell’
acquisto. Ma se, come accade spessissimo in Italia, un genitore inesperto acquista per il proprio figlio un
videogioco del quale sono ben esposti i contenuti violenti e poi, solo dopo aver visto il figlio giocarci ed essersi
accorto della classificazione del titolo, denuncia la corruzione violenta dei videogiochi nei minori? Non è anche
colpa del genitore stesso? Purtroppo ci sono stati anche casi recenti di violenze domestiche o addirittura omicidi
volontari da parte di minori intorno ai 12-16 anni, ai quali solo dopo lunghissime sessioni il gioco è stato sottratto
causando una loro reazione violenta. Anche in questo caso il genitore vedendo il figlio rimanere “attaccato” alla
console o a qualsiasi altro apparecchio dedito alla riproduzione di titoli videoludici per 5 ore o più, non avrebbe
potuto semplicemente ordinare al ragazzo di “staccare” prima?
Ma anche semplicemente trovare un qualsiasi videogioco classificato come “18+” in casa di un criminale porta
automaticamente in prima pagina il titolo “I videogiochi lo hanno trasformato in un criminale” o “Si allenava a
fare il killer con i suoi videogames”. In praticamente tutti i casi si è rivelato trattarsi in realtà di un individuo con
seri problemi psichici, a cui le vendite sarebbero dovute essere vietate.
Bastano pochi semplici accorgimenti per evitare che i videogames causino furie di violenza nei loro consumatori:
un’ ovvia supervisione da parte dei genitori sui contenuti prima dell’ acquisto, evitare di vendere ad individui
mentalmente instabili copie di titoli classificati come cruenti e soprattutto semplice regolazione nell’ uso da parte
del consumatore, e non costringendo un negozio di videogiochi a chiudere perché vendeva giochi che
“corrompevano i ragazzi” come è accaduto in provincia di Lugano, dove recentemente la chiesa locale ha sfrattato
l’ attività, causando una rivolta dall’ intera comunità di ”gamers” Internazionale, o la presa di mira da parte di
persone inesperte di un titolo in particolare, presentandolo come esempio generale dei titoli videoludici odierni e
causando rivolte di genitori spesso con lo stesso livello di conoscenza nel campo videoludico.
Michele Di Nuzzo (10-1-15)
Il coraggio di non pagare il “pizzo”: voi ce l’avreste?
Siamo eroi
“Un eroe è colui che fa ciò che può. Gli altri non lo fanno.” (RomainRolland)
Una frase all’apparenza molto semplice quella dello scrittore francese, che esalta i valori del suo modello di eroe e
allo stesso tempo punta il dito contro coloro che non provano ad esserlo. Ma coloro che possiedono superpoteri o
che hanno vinto guerre armate di dimensioni epocali non sono gli unici paladini: considerare eroi anche persone
normali, le quali hanno combattuto fisicamente o non contro la criminalità organizzata (nota come Mafia) è un
ottimo modo per sostenerli ed allo stesso tempo ringraziarli per il loro lavoro.
Quello della malavita è un fenomeno che colpisce una grande parte del mondo e sembra avere avuto origini nel
territorio siciliano. I criminali, con a capo il proprio boss, marcano un territorio nel quale il loro potere predomina
su quello della giustizia, delle forze dell’ordine. In poche parole vige la legge del più forte. La mafia è basata su
prepotenza, violenza e paura. Costringe i concittadini a pagare il pizzo, ovvero una quota da pagare rivolta agli
imprenditori in cambio della “protezione” dell’attività. In Italia la criminalità organizzata è concentrata nella parte
meridionale, e sono poche le persone libere che hanno il coraggio di affrontare, anche a costo della vita,
quest’organizzazione.
Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di omertà? Si tratta di un vero e proprio silenzio indotto dai mafiosi sui
testimoni di un crimine. E’ un fenomeno molto sviluppato basato sulla paura, ovvero sulla miglior arma del
criminale.
In un futuro non molto lontano, se riuscissimo a sconfiggerla definitivamente, ovviamente avremmo un
grandissimo vantaggio sui delinquenti. Riuscire a non pagare il pizzo, per esempio, è un passo, anzi, un obiettivo
che ogni uomo sottomesso dalla mafia deve prendere in considerazione per il bene di se stesso e della comunità.
Naturalmente, se fossi nei panni di coloro che subiscono queste ingiustizie, proverei a ribellarmi in modo
adeguato alla situazione, in quanto la libertà è nella natura dell’uomo e sarebbe per me insopportabile essere
sottomesso.
Ognuno di noi è un eroe dentro: sono le nostre azioni a determinare se esserlo realmente o meno.
Giacomo Fiorini (14/11/15)
Regala un libro a un detenuto: vi piace l’idea?
Una piccola libertà personale
I delinquenti, in seguito al compimento di un reato per il quale è prevista una pena detentiva, vengono trasferiti in
carcere, dove vengono privati della libertà personale. La galera è il luogo dove scontare la propria pena. Una sorta
di Purgatorio terrestre, dove i detenuti si cimentano in tranquille attività per trascorrere la punizione: c’è chi
prende parte a corsi di recupero sociale, c’è chi svolge attività ricreative come la pittura o la scrittura e c’è chi
legge.
Avete mai sentito parlare di “Libro sospeso”? E’ una pratica che consiste nel comprare in biblioteca a proprie
spese un volume in più per uno sconosciuto. Molto simile al sistema del “Caffè sospeso”, secondo il quale un
cliente paga, oltre alla propria consumazione, un caffè per offrirlo a qualsiasi altra persona, come un senzatetto o
un amico. Il libro sospeso, in seguito all’iniziativa “Liberi di leggere” nata dalla libreria Fanucci a Roma, ha
iniziato a girare anche nelle biblioteche delle carceri italiane. Massimiliano Timpano, uno dei librai della libreria
Fanucci, racconta come è nata l’iniziativa: «Mi è arrivato un messaggio da un amico, Michele Gentile, libraio a
Polla, in Campania. Mi ha detto che stava cominciando ad allargare la pratica del libro sospeso a un carcere
minorile. Da lì abbiamo pensato di provare questa iniziativa sul piano nazionale».
E’ sicuramente un ottima idea, non solo sul piano culturale dei prigionieri, e quindi di una piccola parte della
nostra società, ma anche dal punto di vista morale: poter donare un libro ad uno sconosciuto in difficoltà, che lotta
ogni giorno contro l’inerzia fisica e mentale circondato da quattro mura grigie, è senza dubbio una buona opera.
Riguardo alle scelte letterarie dei carcerati, in galera si preferiscono argomenti come l’amore, la filosofia e la
religione. Infatti, come il giornalista Adriano Sofri ha scritto sul quotidiano “La Repubblica” quasi due anni fa: “I
detenuti chiedono soprattutto libri sulle questioni ultime: religione e filosofia. Cercano soprattutto storie d’amore,
su cui vagare, e imparare a scrivere lettere d’amore”. Non si può certo biasimarli: condannati ad un’esistenza
solitaria e vuota, trovano sollievo nelle risposte che offrono le credenze e superstizioni popolari e dopo le
trasferiscono su un piano personale. Grazie a ciò i detenuti riescono ad evadere spiritualmente dalle sbarre ed a
riacquistare una misera, ma non trascurabile, porzione di libertà che assaporavano in passato.
Nei piani di legge italiani, si è anche parlato di sconti di pena per i prigionieri in seguito alla lettura di libri.
Personalmente, nonostante io incoraggi la lettura e la divulgazione dei volumi anche nei penitenziari, trovo che
questa proposta sia eccessiva. La lettura è un piacere, non un obbligo. La sola possibilità di arricchire la propria
cultura e di trascorrere il tempo in compagnia di un buon libro dovrebbe essere un privilegio per i detenuti. C’è un
motivo se questi uomini hanno perso la libertà e quindi, per il rispetto di tutto e tutti, la loro punizione deve
rimanere invariata.
Giacomo Fiorini (5-5-16)
Cosa sapete sui “paradisi fiscali”? Siete favorevoli o contrari?
Cresce il divario tra i ricchi e i poveri…ne seguirà un arresto?
Secondo i dati forniti dall’Oxfam, una ONG di Londra, attualmente 7 600 miliardi di dollari di ricchezze private
sono depositati nei paradisi fiscali. Inoltre negli ultimi 5 anni, durante la crisi, mentre i super ricchi hanno
aumentato il loro capitali del 44%, e chi era già povero ha perso il 41% dei suoi averi. I principali paradisi fiscali
sono Andorra, Hong Kong, Bahrein e la Svizzera.
Aprire un conto bancario in uno di questi “paradisi” è una tecnica di elusione fiscale che, a differenza
dell’evasione, non è punibile penalmente. Questo, è al quanto strano considerato che entrambe le tecniche
vengono usate per l’occultamento della materia imponibile. L’elusione fiscale è uno dei problemi principali che
sta colpendo la società globale.
Al contrario di quanto viene logico pensare, infatti, quei ricchi che dovrebbero rimettere in moto l’economia
mondiale sono i primi a truffarla non pagando obblighi fiscali. Questi potrebbero essere utilizzati per il
miglioramento di varie situazioni all’interno degli stati stessi o nei paesi più poveri.
L’elusione fiscale dovrebbe essere controllata con regole più severe che permettano il recupero, almeno parziale,
delle somme di denaro. Essa infatti, è una truffa vera e propria ai danni dello stato che ricade sui singoli cittadini
che si lamentano, giustamente, di un servizio pubblico scadente o della mancanza di agevolazioni fiscali per la
popolazione in uno stato più “sfortunato”.
Altrettanto sconcertante è il fatto che le stesse persone che usufruiscono di questi paradisi fiscali si lamentino sulle
risorse scadenti dello stato. Se ci si interroga sul perché l’elusione fiscale non sia considerata un reato, è evidente
che coloro i quali commettano tale reato hanno nelle proprie mani il potere e con i soldi hanno corrotto, e
corrompono, il sistema legislativo.
In tutto questo viene da chiederci: “E noi, cittadini comuni, cosa possiamo fare? Sono e saranno sufficienti
opposizioni e proteste o è necessario che qualcuno “dall’alto” prenda una posizione a nostro favore?
Daniele Staffolani (9/2/16)