FATTI E PAROLE

Transcript

FATTI E PAROLE
fat t i e pa rol e
3
Giovanni Bogani
Faccio cose, vedo gente…
Le parole del cinema
Prefazione di
Fulvia Caprara
apice libri
© 2015 apice libri - Sesto Fiorentino (fi)
isbn
978-88-99176-16-7
www.apicelibri.it
Nessuno è perfetto
di Fulvia Caprara
Come un manuale di sopravvivenza. Come una guida turistica nei luoghi dell’anima, un salvacondotto per venir
fuori dalle situazioni difficili.
Le parole del cinema ci aiutano a vivere, ci sostengono quando l’emozione leva la voce e confonde le idee, ci
ricordano che quelle sensazioni sono state già provate e,
soprattutto, perfettamente comunicate.
“Conosco la vita, sono stato al cinema”, era la scritta sulla
spilla comprata a Francoforte da Giovanni Bogani, autore
di questo libro, raccolta delle frasi celebri dei film: “Con
il cinema impariamo la vita. Impariamo la gioia, l’amore, il dolore, la perdita, la nostalgia… Le frasi dei film ci si
scolpiscono nell’anima. Le parole che gli attori dicono nei
film, le dicono per noi. Se potessimo, le terremmo in un
portafogli per poterle spendere al momento giusto”.
Il lavoro è stato lungo, un viaggio attraverso quasi mille film, ri-guardando sequenze, leggendo sceneggiature,
frugando nella memoria personale: “Ho raccolto tutte le
parole che avrei voluto dire io, ma non ci sono riuscito,
perché in quel momento non mi sono venute”.
D’altra parte a chi potrebbe mai saltare in mente una dichiarazione d’amore originale come quella di Woody Allen
–5–
a Diane Keaton in Io e Annie? “Ma tu mi ami?”, chiede lei.
“Amore è un termine troppo debole. Ecco, io ti str-amo,
ti adamo, ti abramo…”. O appassionatamente pessimista
come quella di Sean Connery a Michelle Pfeiffer in Casa
Russia: “Ti amo. Tutti i miei fallimenti erano la strada
per arrivare a te”.
Sul grande schermo le parole si legano indissolubilmente con le immagini, formano quel fotogramma irripetibile
destinato a riproporsi nelle esistenze di ognuno. A chiunque sarà capitato di ripensare al modo in cui Robert De
Niro risponde a Larry Rapp in C’era una volta in America:
“Che cosa hai fatto in tutti questi anni, Noodles?”. “Sono
andato a letto presto”.
Non era facile organizzare la materia. Bogani ha seguito un suo criterio personale, dividendo la raccolta per
grandi temi, felicità, passione, sdegno, storie e Storia, ma
anche dedicando interi capitoli ad alcuni autori, Truffaut,
Moretti, Verdone e naturalmente Allen, che hanno al loro
attivo un numero particolarmente alto di frasi-culto.
Una sezione speciale, per motivi di nascita (Bogani è
nato a Firenze nel 1963) è occupata dagli autori toscani, da
Giovanni Veronesi a Leonardo Pieraccioni, da Francesco
Nuti a Roberto Benigni: “Non sarà – dice l’autore – il Dolce
Stil Novo come ai tempi di Dante e Cavalcanti, ma i toscani
hanno ancora la penna vivace”. E allora ecco il protagonista del Ciclone: “Ci sono momenti in cui uno vorrebbe
tante cose, che forse il modo migliore di dirle è stare zitto”. E quelle di Gastone Moschin in Amici miei: “Ragazzi,
ma come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non
siamo nati tutti finocchi?”. E di Benigni innamorato, che
–6–
cita Neruda in La tigre e la neve: “Voglio fare con te ciò
che fa la primavera con i ciliegi”.
Certe volte, nel libro, sono riportati interi monologhi
(“D’Alema, reagisci, di’ qualcosa, reagisci, e dai, rispondi,
di’ qualcosa… D’Alema, di’ una cosa di sinistra. Una cosa.
Anche non di sinistra. Di civiltà”), oppure brani di dialoghi,
come quelli allucinati di Pulp Fiction e Fight Club. Ma sono
quasi sempre le affermazioni succinte quelle che meglio
si sono stampate nella memoria di ognuno.
Harvey Keitel che si presenta nel capolavoro tarantiniano: “Sono Wolf. Risolvo problemi”. Robert De Niro
che aggredisce Kevin Costner negli Intoccabili: “Sei solo
chiacchiere e distintivo!”. John Belushi che fiuta l’aria in
The Blues Brothers: “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Ali Mc Graw si dichiara in Love Story:
“Amare significa non dover mai dire ‘mi dispiace’…”.
Certe battute si sono trasformate in minuscoli vademecum: “La cosa più bella quando ci si sente felici – dice
William Hurt al compagno di cella Raoul Julia nel Bacio
della donna ragno – è che sembra che non ci sarà mai più
infelicità”. Poi ci sono le manie che fanno scuola: “Le gambe
delle donne – dice Truffaut per bocca di Charles Denner
in L’uomo che amava le donne – sono come compassi che
misurano il globo terrestre dandogli il suo equilibrio e la
sua armonia”.
E le considerazioni che nessuno avrebbe mai avuto il
coraggio di fare, se non fosse che, per fortuna, al cinema
qualcuno l’ha fatto. Come quando, alla fine di A qualcuno piace caldo, il miliardario Osgood Fielding (Joe E.
–7–
Brown), scoprendo che la sua fidanzata (Jack Lemmon)
è un uomo, risponde con un gran sorriso: “Beh, nessuno
è perfetto”.
–8–
Conosco la vita,
sono stato al cinema.
di Giovanni Bogani
C’era un piccolo aggeggino, che vendevano al museo del
cinema di Francoforte. Una spilla da pochi euro. C’era
scritto: “Ich kenne das Leben, Ich bin im Kino Gewesen”.
Più o meno: “Conosco la vita, sono stato al cinema”.
Lo comprai. Poi l’ho perduto. Ma quella frase no, non
l’ho perduta. Perché con il cinema noi impariamo la vita.
Impariamo la gioia, l’amore, il dolore, la perdita, la nostalgia. Agli attori rubiamo i gesti, con cui vestire i nostri
silenzi. E rubiamo loro le parole, con cui dare un nome a
ciò che sentiamo.
I film ci regalano milioni di parole. Alcune inutili, altre
straordinarie. Che sembrano scritte apposta per noi. Per
quello che siamo, per quello che siamo stati. Per quello
che vorremmo essere.
Sono le parole a fare i film. Sì, possiamo ricordare
un’immagine. Un hotel all’alba immerso nella luce ultravioletta di una metropoli. Un primo piano in cui vedere
tutto l’amore del mondo. Ma le frasi di un film, quando
sono giuste, ci si scolpiscono nell’anima. Le parole che gli
attori dicono nel film, le dicono per noi. Se potessimo, le
terremmo in un portafogli, per poterle spendere al momento giusto. Quando c’è da far innamorare qualcuno, o
–9–
quando è necessario dare un nome a un sentimento. Finché
non inventeranno qualcosa di più perfetto per comunicare agli altri quello che viviamo e quello che sentiamo,
un trasferimento di pensieri, di immagini mentali, direttamente da cervello a cervello, come ora si trasferiscono
i file via web, le parole saranno ancora lo strumento più
prezioso. Le parole dei film sono pezzi di specchio. In cui
vediamo noi stessi. E a volte, in cui vediamo – riflesso –
anche il mondo.
Fanno anche rabbia, le parole del cinema. Nei film,
tutti rispondono nel modo giusto. E invece nella vita tutto è sempre così imperfetto, così interlocutorio: risposte
argute date sempre tardi. Nei film no. Ogni frase è giusta.
Non sembrano parole destinate a sciogliersi in un attimo
suggestivo, caramelle sbriciolate dalla vita.
È impossibile, lo so. È impossibile anche solo vagamente
sperare di trovarle tutte, le frasi più sorprendenti nascoste nei film. Ogni volta che qualcuno in un film ha detto
esattamente quello che sentivamo. Ma che abitava in modo
informe dentro di noi, senza riuscire a venire fuori.
Quindi non le troverete tutte, le frasi più belle dei film.
Perché ognuno ha le sue. E perché i film sono infiniti, infinito è il mestiere di esplorarli. Perché i film scorrono; e
mentre noi vorremmo fermare una parola, sono già andati
avanti. Proprio come la vita, che svolge tranquilla il suo
lavoro. Che è quello di masticare il presente, e trasformarlo in passato.
Ma chi le scrive, le parole dei film? Gli sceneggiatori,
gente sempre un po’ in ombra. Meno famosi degli attori
– 10 –
che quelle parole le pronunceranno. Tipi spesso dimenticati: un pacco di dollari, nei casi migliori, e via.
Me li immagino. Come Jack Nicholson in Shining, ore
e ore a scrivere. E nessuno che deve disturbare. Poi scopri che hanno scritto un milione di volte “il mattino ha
l’oro in bocca”. O che hanno scritto, invece, i dialoghi di
Casablanca, mentre il film già lo stavano girando, e Ingrid
Bergman mentre girava non sapeva se sarebbe finita con
Humphrey Bogart o con Laszlo…
Mi immagino Woody Allen. Uno degli eroi di questo
libro. Che, da ragazzo, vendeva parole quasi a peso, a
manciate, per pochi dollari. Scrivendo discorsi per i comici televisivi; offrendo legna per la grande caldaia della
televisione. Parole che scriveva mentre andava in metropolitana da Brooklyn a Manhattan. Chissà, magari se
le appuntava su foglietti sparsi, magari le perdeva a una
folata di vento, quando il treno entrava sotto, nel ventre
di Manhattan.
Mi immagino le parole improvvisate da attori che non
puoi contenere. Quelle di Totò, spesso inventate sul set.
Quelle di Abatantuono, di Troisi. Di Benigni. Ognuno a
suonare, inimitabile, la sua voce. Una voce impossibile da
catturare completamente, nel bianco e nero di un libro.
Un libro non può catturare uno strizzare d’occhi, la piega delle labbra, il gesto furtivo che accompagna una frase.
Un vestito, un tono di voce, un ritmo nel dire certe frasi.
Però può catturare la cosa più importante: le parole.
– 11 –
In questo libro troverete frasi brevi, dialoghi memorabili,
o anche monologhi che sembrano fiumi in piena. Film che
hanno fatto la storia del cinema e pellicole quasi dimenticate. Troverete in queste pagine cinema d’autore e cinema
popolare, Bergman e Totò insieme, Kubrick e Tarantino.
Perché il cinema è come una grande città, piena di persone. Tanta gente, e tante parole. E tutte insieme fanno il
nostro tempo, e anche – in parte – la nostra vita.
Le parole dei film sono un lungo, lunghissimo concerto
mai finito. Un concerto che dura da cento anni e un milione di film, composto da tanti strumenti quanti sono gli
attori che sono comparsi sullo schermo. Inevitabile che, in
questo enorme romanzo, ci sia scritta anche la vita.
Nell’immenso mosaico delle parole dei film, ci sono
le parole d’amore. La bellissima dichiarazione d’amore
di Harry per Sally, che la ama proprio per i suoi difetti.
E che le dice “quando ti accorgi che vuoi passare il resto
della tua vita con qualcuno, vuoi che il resto della tua vita
cominci il più presto possibile”.
Ecco. Anche se non ci passeremo tutto il resto della vita,
ma solo qualche minuto, lascio che questo libro cominci
il più presto possibile.
– 12 –
La felicità
In un modo o nell’altro, tutti i personaggi di tutto il cinema di tutto il mondo inseguono una sola cosa: la felicità.
Rappresentata da una valigetta piena di dollari o da un
bacio, da un incontro, da un ritorno, da una mèta qualunque, questo non ha importanza. Ma la cercano tutti, prima
dei titoli di coda. Un po’ come nella vita.
Si è infelici con le donne e si è infelici senza. E quindi la
cosa migliore sarebbe di ucciderle appena incomincia
l’infelicità.
Gunnar Björnstrand e Åke Fridell
nel Settimo sigillo di Ingmar Bergman, 1956
La cosa più bella, quando ci si sente felici, è che sembra
che non ci sarà mai più infelicità.
William Hurt al compagno di cella Raul Julia nel
Bacio della donna ragno di Hector Babenco, 1985
Ora so che se dovrò di nuovo andare in cerca della felicità,
non la cercherò più in là della mia stessa casa; perché, se
non la trovo lì, vuol dire che non potrò mai trovarla.
Judy Garland nel finale
del Mago di Oz di Victor Fleming, 1939
– 13 –
“La felicità?”.
“Esiste, le dico”.
“Dove?”.
“Senta. Da ragazzo mi lamentavo sempre con mio padre
perché non avevo giocattoli. Lui mi diceva: questo (indica la testa) è il più grande giocattolo del creato. È qui il
segreto della felicità”.
La ballerina Claire Bloom e il clown Charlie Chaplin
in Luci della ribalta di Charlie Chaplin, 1952
“Se vuoi veramente qualcosa, molla tutto e corri a prenderla”.
Will Smith in Alla ricerca della felicità
di Gabriele Muccino, 2006
“La felicità è reale solo quando condivisa”.
Christopher McCandless
in Into the Wild di Sean Penn, 2007
“Senti, detesto di parlare come le altre mamme, ma comincio a volere un po’ di tempo per me!”.
Il marito di Anne Hathaway, donna in carriera
troppo presa dal suo lavoro, in Lo stagista
inaspettato di Nancy Meyers, 2015
– 14 –
Come hai detto che ti chiami?
“Mi chiamo Bond. James Bond”.
Sean Connery, in un qualunque 007
“Agitato, non mescolato”.
Sean Connery in Agente 007 - Missione
Goldfinger di Guy Hamilton, 1964
– 15 –
Divi & divine
In mille film si parla del lavoro dell’attore. È il cinema che
riflette su se stesso. Il cinema che scruta il grande mistero
del recitare. Essere se stessi, ed essere qualcun altro. Dive
perdute, prigioniere del loro delirio, del loro sogno di un
tempo, come Gloria Swanson in Viale del tramonto. E
poi, divi improbabili. Come i vip secondo Aldo, Giovanni
e Giacomo.
“Ma non mi puoi portare fuori a cena uno che fa le gare
di rutti!”.
“E va beh, una volta che conosciamo un vip lasciamocelo scappare…!”.
Giovanni Storti e Giacomo Poretti in
Chiedimi se sono felice di Aldo, Giovanni & Giacomo
e Massimo Venier, 2000
“Eccomi, De Mille, sono pronta per il mio primo piano”.
L’ex diva Gloria Swanson,
intrappolata nel suo delirio di celebrità,
in Viale del tramonto di Billy Wilder, 1950
“Poi c’era Silvano Ciriago detto Wyoming, per una sua
particolare abilità. Sapeva dire ’Wyoming’ con un rutto!
Sapeva dire anche ‘baule’, ‘aiuole’, ‘Aurelia’ e ‘Palaia’, che
era il paese della su’ mamma…”
Edoardo Gabbriellini descrive i ‘vip’
del suo quartiere in Ovosodo di Paolo Virzì, 1997
– 16 –
“Le va una tazza di tè prima di andarsene?”.
“No”.
“Caffè?”.
“No”.
“Succo di arancia! Forse no... Qualcosa di freddo... Coca?
Acqua? Una disgustosa bevanda zuccherina che dicono
fatta con i frutti della foresta?”.
“No”.
“Vuole qualcosa da mangiare? Qualcosa da mordicchiare...
Albicocche dentro il miele? Perché le fanno, nessuno lo
sa, visto che smettono di sapere di albicocca e prendono
il sapore del miele e se uno vuole il miele va a comprarsi
il miele, invece delle albicocche al miele. Ma comunque
eccole qui, sono sue se vuole!”.
“No”.
“Dice sempre di no a tutto?”
“No!”.
Hugh Grant cerca di trattenere Julia Roberts, diva
in incognito, in Notting Hill di Roger Michell, 1999
“Forse è meglio non raccontare a nessuno questa cosa”.
“Certo, certo, a nessuno. Qualche volta la racconterò a me
stesso, ma stia tranquilla, non ci crederò”.
Hugh Grant a Julia Roberts, appena baciata,
in Notting Hill di Roger Michell, 1999
– 17 –
Tutta colpa della musica
“Il rock mi ha salvato la vita”.
Wim Wenders
“Suona la nostra canzone, Sam, come a quel tempo…”.
Ingrid Bergman al pianista Dooley Wilson
in Casablanca di Michael Curtiz, 1942
“L’hai suonata per lei, ora suonala per me”.
Humphrey Bogart, pochi minuti dopo.
Da notare che nessuno dice “Suonala ancora, Sam”
“Mah… Io non vorrei mai passare il resto della mia vita
a Casablanca, sposata a uno che gestisce un bar! Ti sembrerò snob, ma è così”.
Meg Ryan a Billy Crystal in Harry,
ti presento Sally di Rob Reiner, 1988
“Le canzoni non ti tradiscono. Anche chi le fa può tradirti;
ma le canzoni, le tue canzoni, quelle che per te han voluto
dire qualcosa le trovi sempre lì. Quando tu vuoi trovarle, intatte, non importa se cambierà chi le ha cantate. Se
volete sapere la mia, delle canzoni, delle vostre canzoni
vi potete fidare”.
Luciano Federico
in Radiofreccia di Luciano Ligabue, 1998
– 18 –
“Che cosa è nata prima: la musica o la sofferenza? Ai bambini si tolgono le armi giocattolo, non gli si fanno vedere
certi film per paura che possano sviluppare la cultura della
violenza, però nessuno evita che ascoltino centinaia, anzi,
dovrei dire migliaia di canzoni che parlano di abbandoni,
di gelosie, di tradimenti, di penose tragedie del cuore”.
John Cusack in Alta fedeltà di Stephen Frears, 2000
“Il mondo ti spezza il cuore in ogni modo immaginabile,
questo è garantito. Io non so come fare a spiegare questa
cosa, né la pazzia che è dentro di me e dentro gli altri, ma
indovinate un po’? Domenica è di nuovo il mio giorno
preferito! Penso a tutto quello che gli altri hanno fatto per
me e mi sento tipo... Uno molto fortunato!”.
Bradley Cooper ne Il lato positivo di David O. Russell, 2013
“Ascolta... la senti? La musica! Io la sento dappertutto:
nel vento, nell’aria, nella luce... è intorno a noi, non bisogna fare altro che aprire l’anima, non bisogna fare altro
che ascoltare!”.
Freddie Highmore in La musica
nel cuore di Kirsten Sheridan, 2007
“Se non è mai stata nuova e non invecchia mai allora è
una canzone folk”.
Oscar Isaac in A proposito di Davis
di Joel ed Ethan Coen, 2013
“Io capisco solo la musica. E sai perché la capisco? Perché
la musica non ha bisogno delle parole, né dell’esperienza.
La musica c’è”.
Michael Caine in Youth – La giovinezza
di Paolo Sorrentino, 2015
– 19 –
Donne, donne
Le gambe delle donne, si sa, sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo
equilibrio e la sua armonia. E anche questa, come quelle
che seguono, è una citazione da film.
“Gerry, io sono una donna! Noi non diciamo quello che
vogliamo, ma ci riserviamo il diritto di romperci le palle
se non lo otteniamo. È questo che ci rende così affascinanti… e un tantino pericolose”.
Jeanne Tripplehorn, minacciosa, a John Lynch
in Sliding Doors di Peter Howitt, 1998
“Le donne sono delle maghe?”.
“No, le donne non sono maghe. Però hanno molta immaginazione: quando una donna ti dice ‘ho conosciuto degli
esseri straordinari’, vuol dire semplicemente sono stata a
letto con un sacco di uomini”.
L’attore Jean-Pierre Léaaud
all’aiuto regista Jean-François Stévenin
in Effetto notte di François Truffaut, 1973
“È inutile: è un sesso del tutto diverso!”.
Jack Lemmon a Tony Curtis in A qualcuno
piace caldo di Billy Wilder, 1959
– 20 –
“Del resto è privilegio della donna l’incoerenza: gli uomini che si aspettano della logica dalle donne falliscono
in amore”.
Marlene Dietrich a Melvyn Douglas
in Angelo di Ernst Lubitsch, 1937
“Le donne non chiedono, insinuano”.
John Lynch in Sliding Doors di Peter Howitt, 1998
“Salve, che prendete?”.
“Prendo il numero tre”.
“Io l’insalata dello chef, ma con olio e aceto a parte, e poi
la torta di mele”.
“Chef e torta di mele…”.
“…Ma la torta la voglio riscaldata e non ci voglio il gelato
sopra: lo voglio a lato… E che sia di fragola, non di crema
se possibile, sennò niente gelato, solo panna. Ma panna
vera! Se è in lattina, allora niente!”.
“Neanche la torta?”.
“No, la torta la prendo, ma non riscaldata!”.
“Ah, ah”.
“Beh, che c’è?”.
“Niente, niente!”.
Meg Ryan, la cameriera di un caffè e Billy Crystal
in Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
“Che cosa prende?”.
“Quello che ha preso la signorina”.
Una cliente, dopo l’orgasmo simulato da Meg Ryan
in Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
– 21 –
L’insostenibile bellezza del cinema
“Il cinema è un po’ come l’adulterio. Le storie ti devono
sedurre e tu ti devi poter abbandonare a loro senza pensarci troppo. Cerchi qualcosa di diverso da quello che hai
avuto sempre accanto”.
Pupi Avati
“È buffo come i colori del mondo vero diventano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo!”
Malcolm McDowell in Arancia meccanica
di Stanley Kubrick, 1971
“Forse lo schermo era veramente uno schermo, schermava
noi, dal mondo. Ma ci fu una sera nella primavera del ’68
in cui il mondo finalmente sfondò lo schermo”.
Michael Pitt in The Dreamers di Bernardo Bertolucci, 2003
“Io sono ancora grande, è il cinema che è diventato piccolo”.
Gloria Swanson in
Viale del tramonto di Billy Wilder, 1950
“È un bel film. L’ha visto?”.
“Non vado mai al cinema”.
“Davvero? Perché no?”
“La vita è troppo breve”.
Tim Robbins al telefono con Greta Scacchi
ne I protagonisti di Robert Altman, 1992
– 22 –
“Ero diventato membro di quella che in quei giorni era una
specie di massoneria, la massoneria dei cinefili, quelli che
chiamavamo malati di cinema. Io ero uno degli insaziabili, uno di quelli che si siedono vicinissimi allo schermo.
Perché ci mettevamo così vicini? Forse era perché volevamo ricevere le immagini per primi, quando erano ancora
nuove, ancora fresche, prima che sfuggissero verso il fondo, scavalcando fila dopo fila, spettatore dopo spettatore,
finché, sfinite, ormai usate, grandi come un francobollo
non fossero ritornate nella cabina di proiezione”.
Michael Pitt in The Dreamers
di Bernardo Bertolucci, 2003
– 23 –
L’arte di amare
“Marcello, come here! Hurry up!”
Anita Ekberg ne La Dolce Vita di Federico Fellini, 1960
“Noi ci amiamo ancora?”
“Certo, è la cosa che ci riesce meglio!”
Antoine-Oliver Pilon e Anne Dorval
in Mommy di Xavier Dolan, 2014
“Trasformeremo il caso in destino”.
Maria Schneider in Ultimo tango a Parigi
di Bernardo Bertolucci, 1972
“Tu dovresti essere baciata. E spesso. E da qualcuno che
sa farlo”.
Clark Gable in Via col vento di Victor Fleming, 1939
“Non sai come sono fatti: ti innamori, li ami davvero, pensi
che sia l’idillio più bello dopo quello di Giulietta e Romeo,
e sai che ti succede? Si fanno prestare i soldi per spenderli
con altre donne o per scommettere alle corse... Poi una
mattina ti svegli, lui se n’è andato e il sassofono con lui, e
tutto quello che ti rimane è un paio di calzini vecchi e un
tubetto di dentifricio tutto strizzato”.
Marilyn Monroe in A qualcuno
piace caldo di Billy Wilder, 1959
– 24 –
“Cosa metti nel rossetto per ridurli così? Cloroformio?”
Marilyn Monroe in Gli uomini preferiscono
le bionde di Howard Hawks, 1953
“Adrianaaaaaaaaaaa!!”.
Sylvester Stallone, tumefatto ma in piedi, alla fine
di Rocky di John G. Avildsen, 1976
“Qualunque cosa farai, amala”.
Philippe Noiret in Nuovo cinema Paradiso
di Giuseppe Tornatore, 1988
“Non hai capito una parola del racconto!”.
“È vero. Ma questo non vuol dire che non mi piace. Neanche
te capisco, ma questo non vuol dire che non mi piaci; io ti
amo, però non ti capisco. Cosa ci trovi di strano?”.
Lo scrittore Frank Sinatra e la prostituta innamorata Shirley
MacLaine in Qualcuno verrà di Vincente Minnelli, 1959
“Beh, nessuno è perfetto!”.
Il miliardario scopre che la sua fidanzata è un uomo,
in A qualcuno piace caldo di Billy Wilder, 1959
“Cara, non ti passa mai per la mente che c’è chi se ne infischia dei quattrini?”.
“Non fare la sciocca, stiamo parlando seriamente”.
Jane Russell e Marilyn Monroe in Gli uomini
preferiscono le bionde di Howard Hawks, 1953
– 25 –
“Nessun uomo può essere amico di una donna che trova
attraente: vuole sempre portarsela a letto”.
“Allora stai dicendo che un uomo riesce a essere amico
solo di una donna che non è attraente?”.
“No, di norma vuole farsi anche quella!”.
Billy Crystal a Meg Ryan
in Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
“Se ti chiedessi sull’arte probabilmente mi citeresti tutti
i libri di arte mai scritti… Michelangelo; sai tante cose su
di lui, le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il papa,
le sue tendenze sessuali… tutto quanto vero?!
Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella cappella Sistina; non sei mai stato lì con la testa rivolta verso
quel bellissimo soffitto… mai visto… Se ti chiedessi sulle
donne; probabilmente mi faresti un compendio sulle tue
preferenze; potrai perfino avere scopato qualche volta…
ma non sai dirmi cosa si prova a risvegliarsi accanto a una
donna e sentirsi veramente felici…
Sei uno tosto… Se ti chiedessi sulla guerra probabilmente mi getteresti Shakespeare in faccia, eh?! ‘Ancora una
volta sulla breccia cari amici’… ma non ne hai mai sfiorata una…non hai mai tenuto in grembo la testa del tuo
migliore amico vedendolo esalare l’ultimo respiro mentre
con lo sguardo chiede aiuto…
Se ti chiedessi sull’amore probabilmente mi diresti un
sonetto… ma guardando una donna non sei mai stato del
tutto vulnerabile, non ne conosci una che ti risollevi con gli
occhi, sentendo che dio ha mandato un angelo solo per te,
– 26 –
per salvarti dagli abissi dell’inferno… non sai cosa si prova
ad essere il suo angelo, avere tanto amore per lei, vicino a
lei per sempre, in ogni circostanza, incluso il cancro…
Non sai cosa si prova a dormire su una sedia d’ospedale
per due mesi tenendole la mano, perché i dottori vedano nei tuoi occhi che il termine ‘orario delle visite’ non si
applica a te...
Non sai cos’è la vera perdita perché questa si verifica solo
quando ami una cosa più di quanto ami te stesso; dubito
che tu abbia mai osato amare qualcuno a tal punto.
Io ti guardo, e non vedo un uomo intelligente, sicuro di
sé, vedo un bulletto che si caga sotto dalla paura.
Ma sei un genio Will, chi lo nega questo? Nessuno può
comprendere ciò che hai nel profondo. Ma tu hai la pretesa di sapere tutto di me perché hai visto un mio dipinto
e hai fatto a pezzi la mia vita del cazzo? Sei orfano, giusto?
Credi che io riesca a inquadrare quanto sia stata difficile la
tua vita, cosa provi, chi sei, perché ho letto Oliver Twist?
Basta questo ad incasellarti? Personalmente, me ne strafrego di tutto questo, perché… sai una cosa?
Non c’è niente che possa imparare da te che non legga in
qualche libro del cazzo. A meno che tu non voglia parlare
di te. Di chi sei. Allora la cosa mi affascina. Ci sto.
Ma tu non vuoi farlo, vero campione? Sei terrorizzato da
quello che diresti. A te la mossa, capo”.
Robin Williams a Matt Damon in Will Hunting –
Genio Ribelle di Gus Van Sant, 1997
– 27 –
“Ti amo. Tutti i miei fallimenti erano la strada per arrivare a te”.
Sean Connery a Michelle Pfeiffer ne La casa Russia
di Fred Schepisi, 1990
“È giusto servirsi delle persone solamente per il proprio
piacere?”
Holger Andersson in Un piccione seduto su un ramo
riflette sull’esistenza di Roy Andersson, 2014
“Pensavo che ti avrei rivisto solo nell’aldilà…”.
Freida Pinto in The Millionaire
di Danny Boyle, 2008
“Da soli si può andare in giro. In due si va sempre da
qualche parte”.
James Stewart e Kim Novak ne La donna che visse
due volte di Alfred Hitchcock, 1958
“Provo per te un affetto senza fine, un affetto impensabile.
È un’angoscia avere in sé un affetto così immenso”.
Gunnar Bjornstrand a Liv Ullman
in Persona di Ingmar Bergman, 1966
“Non sono sicuro di averti dentro di me, né di essere dentro di te, e neppure di possederti. E in ogni caso, non è
al possesso che aspiro. Credo invece che siamo entrambi
– 28 –
dentro un altro essere che abbiamo creato, e che si chiama ‘noi’…”.
Clint Eastwood in I ponti di Madison County
di Clint Eastwood, 1995
“Mi avevi già convinto al ‘ciao’…”.
Renée Zellweger in Jerry Maguire
di Cameron Crowe, 1996
“Ma preparati a incontrare molti politici... Un consiglio. Se
sono di destra tu ridi, ridi su ogni cosa che dicono, perché
a loro piace tanto sembrare simpatici! Se invece sono di
sinistra, tu annuisci in continuazione perché loro hanno
bisogno di sentirsi intelligenti…”.
Anna Foglietta a Paola Cortellesi in Nessuno mi può
giudicare di Massimiliano Bruno, 2011
“Il mio cazzo non è delizioso? Io trovo che sia fottutamente
delizioso. Io trovo che sia un’assoluta opera d’arte, come
un Renoir oppure un Picasso. Un dipinto del mio cazzo
dovrebbe essere esposto al Louvre. Dovrebbero studiare il
mio cazzo nelle scuole d’arte, dovrebbero dedicare intere
lezioni allo studio dei dettagli del suo delizioso splendore.
Dovrebbero studiare il mio cazzo anche nelle ore scientifiche perché sfida la natura. Il mio cazzo è duro, è metallo,
è acciaio, è titanio puro, non si spezza e non si affloscia. Il
mio cazzo può stare dritto tutto il giorno come un bravo
soldato che vuol fare colpo sui proprio superiori. Potesse
vincere una medaglia la vincerebbe, se potessero intitolare
una scuola al mio cazzo sarebbe giusto! Se potesse salvare
– 29 –
dei piccoli somali dalla fame lo farebbe, se potesse vincerebbe con pieno merito il Nobel per la pace e sarebbe
la prima volta che un tale premio venga assegnato ad un
cazzo! Il mio cazzo è da premio Nobel, fa paura, è come
un ghepardo! È agile, è pericoloso, è terribilmente letale!
Dovrebbero scrivere dei sonetti su quanto sia letale il mio
cazzo ghepardo, delle poesie, delle pièces teatrali. Può far
vincere delle guerre, far cadere dei regni perché il mio
cazzo insieme è il fulmine, è il fuoco, è come un vulcano
che erutta continuamente sacro sperma, lava, zucchero,
spezie e tante altre cose… (viene) deliziose. Oh, scusa se
non ti ho avvertito, tesoro”.
Jude Law in Dom Hemingway
di Richard Shepard, 2013
Tutto questo accade in carcere, mentre Jude Law si sta facendo aiutare nelle sue esigenze sessuali da un altro carcerato.
– 30 –
Amori e altri rimedi
“Perché non fanno mai un film su quello che succede dopo
il grande bacio?”.
“Lo fanno: si chiama porno”.
Mila Kunis a Justin Timberlake
in Amici di Letto di Will Gluck, 2011
“Tu sei tutto, Sylvia! Ma lo sai che sei tutto? You are
everything, everything! Tu sei la prima donna del primo
giorno della creazione, sei la madre, la sorella, l’amante,
l’amica, l’angelo, il diavolo, la terra, la casa... ah, ecco cosa
sei, la casa!”.
Marcello Mastroianni ne La Dolce Vita
di Federico Fellini, 1960
“Se un ragazzo si comporta come se non gliene fregasse un
cazzo di te, non gliene frega un cazzo di te davvero”.
Justin Long in La verità è che non gli piaci
abbastanza di Ken Kwapis, 2009
“Sono rientrato a casa e ho trovato Frank, il mio migliore amico, a letto con mia moglie. Gli ho detto: ‘Frank, io
devo! Ma tu?’”.
Billy Crystal all’amico
in Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
– 31 –
“Come sta la tua meravigliosa fidanzata?”.
“Non è più la mia fidanzata!”.
“Ah, peccato... Però, fossi in te non la rimpiangerei. So che
mentre stavate insieme si scopava Toby Dely, nel caso tra
voi fosse finita!”.
“È diventata mia moglie”.
“Eccellente, davvero eccellente. Congratulazioni!”.
Hugh Grant e Simon Kuntz in Quattro matrimoni
e un funerale di Mike Newell, 1994
“Da piccolo mi preoccupavo sempre di cosa avrei fatto da
grande. Sai: quanti soldi avrei guadagnato o se un giorno
sarei diventato uno importante. Quello che desideri di più
al mondo a volte non succede, a volte succede quello che
non ti saresti mai aspettato, come ad esempio lasciare il
mio posto a Chicago e la mia carriera, e decidere di restare
qui e iscrivermi a Medicina. Non solo, incontri migliaia
di persone e nessuna ti colpisce veramente e poi incontri
una persona e la tua vita cambia, per sempre”.
Jake Gyllenhaal a Anne Hathaway
in Amore e Altri Rimedi di Edward Zwick, 2010
“Non accompagno mai le mie fidanzate all’aeroporto
all’inizio di una relazione. Perché col tempo le cose cambiano e tu non le accompagni più all’aeroporto, e io non
voglio sentirmi dire: ‘Come mai non mi accompagni più
all’aeroporto?’”.
Billy Crystal a Meg Ryan
in Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
– 32 –
“Ma fuori dal letto...?”.
“…Nessuno è perfetto!”.
“Nessuna pietà, nessuna pietà!!!!!”.
Aldo Baglio e Giacomo Poretti ripassano le regole
dell’amore sui testi di Teorema di Marco Ferradini in
Chiedimi se sono felice di Aldo, Giovanni & Giacomo e
Massimo Venier, 2000
“Tu ami Drew?”.
“Ascolta, vado pazzo per quel ragazzo, è intelligente, intraprendente, potrebbe portare la Parrish Comunications
nel Ventunesimo secolo e me con lei”.
“Cos’è che non va?”.
“Non è quello che dici di Drew, è quello che non dici... Non
un’ombra di trasalimento, non un bisbiglio di eccitazione.
Questo rapporto ha la stessa passione di una coppia di
nibbi reali. Voglio che qualcuno ti travolga, voglio che tu
leviti, voglio che tu ... canti con rapimento e danzi come
un derviscio”.
“Ah, tutto qua?”.
“Sì. Abbi una felicità delirante o non respingerla”.
“Va bene… ‘Abbi una felicità delirante...’ vedrò di fare il
possibile”.
“Ah ah ah...! Lo so che ti suona smielato, ma l’amore è
passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. Io ti
dico: buttati a capofitto, trova qualcuno da amare alla follia e che ti ami alla stessa maniera. Come trovarlo? Beh,
dimentica il cervello e ascolta il cuore. Io non sento il tuo
cuore. Perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere
se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente... beh, equivale a non vivere. Ma devi tentare,
perché se non hai tentato, non hai mai vissuto”.
– 33 –
“Bravo!”.
“Ah sei una dura!”.
“Scusami… D’accordo, dimmelo di nuovo ma stavolta la
versione breve”.
“Esiste il colpo di fulmine? Sì”.
“Sì”.
Anthony Hopkins e la figlia Claire Forlani
in Ti presento Joe Black di Martin Brest, 1998
“Sfortunatamente io non ho più parole. Spero mi perdonerete se delego i miei sentimenti alle parole di uno splendido poeta omosessuale, Wystan Auden. Dedico questa
poesia al mio Gareth:
Fermate gli orologi, tagliate i fili del telefono e regalate un
osso al cane, affinché non abbai.
Faccia silenzio il pianoforte, tacciano i risonanti tamburi,
che avanzi la bara, che vengano gli amici dolenti.
Lasciate che gli aerei volteggino nel cielo e scrivano l’odioso
messaggio: lui è morto.
Guarnite di crespo il collo bianco dei piccioni e fate che il
vigile urbano indossi lunghi guanti neri.
Lui era il mio nord, era il mio sud, era l’oriente e l’occidente,
i miei giorni di lavoro, i miei giorni di festa, era il mezzodì,
la mezzanotte, la mia musica, le mie parole.
Credevo che l’amore potesse durare per sempre. Beh, era
un’illusione.
Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno.
Buttate via la luna, tirate giù il sole, svuotate gli oceani e
abbattete gli alberi.
Perché da questo momento niente servirà più a niente”.
John Hannah in Quattro matrimoni
e un funerale di Mike Newell, 1994
– 34 –
“Quando una donna ti lascia, tu lasciala andare, perché
se torna sarà tua per sempre”.
Leonardo Pieraccioni in
Una moglie bellissima, 2007
“Ora devo andare...”.
“Io devo restare”.
“È la storia della mia vita”.
“Ah... Anche della mia”.
Catherine Zeta-Jones e Tom Hanks
in The Terminal di Steven Spielberg, 2004
“Anna senti... io sono un tipo con un decente equilibrio e
con poca disinvoltura in amore... ma posso dire di no alla
tua gentile richiesta? Smetterla qui?”.
“Sì, benissimo, ma certo. Beh, me ne devo andare; è stato
bello vederti”.
“La cosa è... che con te corro un grosso pericolo. Sembra
perfetta come situazione, a parte quel tuo brutto carattere.
Ma il mio cuore è relativamente inesperto, ecco, ho paura
che non si riavrebbe, se venissi ancora una volta messo
da parte. Cosa che assolutamente mi aspetto che accada.
Vedi: ci sono tante, troppe foto di te e troppi film. Tu mi
lasceresti e io rimarrei fregato, per dirla tutta”.
“È un no bello deciso, vedo”.
“Io vivo a Notting Hill, tu vivi a Beverly Hills, tutto il
mondo sa chi sei... mia madre ha difficoltà a ricordare il
mio nome!”.
– 35 –
“Bene, bene, ottima decisione. La faccenda della fama non
è una cosa reale, sai... E non dimenticare che sono anche
una semplice ragazza che sta di fronte a un ragazzo e gli
sta chiedendo di amarla... Addio”.
Hugh Grant e Julia Roberts in
Notting Hill di Roger Michell, 1999
“Abbiamo sempre impiegato i nostri momenti più belli a
dirci addio”.
Elizabeth Taylor a Montgomery Clift, condannato
a morte, in Un posto al sole di George Stevens, 1951
“Perché hai l’aria di chi c’è sempre. Perché pensavo non
mi lasciassi mai”.
Johnny Depp in Buon compleanno
Mr. Grape di Lasse Hällstrom, 1993
“Ma perché ‘innamorarsi’ in inglese si dice ‘fall in love’:
cadere in amore?”.
“Perché me lo chiedi?”.
“Perché innamorarsi dovrebbe significare un altra cosa:
essere liberi, volare in alto, scalare una montagna. Ma
non cadere in basso”.
“Ma non è cadere in basso; è cadere e basta. Nel senso di
abbandonarsi, non avere freni, lasciarsi andare”. “No...
no, invece vuol dire precipitare. Andare giù”.
Mary Petruolo all’insegnante di inglese in Questo
piccolo grande amore di Riccardo Donna, 2008
– 36 –
“La vita con Steve è come un salto nel vuoto. Non sai mai
se cadrai in piedi o sbatterai la faccia a terra”.
Anne Dorval in Mommy di Xavier Dolan, 2014
“Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre”.
Robin Williams in L’attimo Fuggente di Peter Weir, 1989
“Sai, a proposito di quella scommessa... conta su di me!”.
“E quali sarebbero i termini?”.
“Se vinco io la tua preziosissima Jaguar diventa mia!”.
“E se vinco io?”.
“Ti darò qualcosa che è la tua ossessione quotidiana da
quando i nostri si sono sposati!”.
“Puoi essere un po’ più specifica?!”.
“Sarò chiarissima: ti scopo fino a farti morire!!”.
“E chi ti dice che accetterò... è una Jaguar del 1956, una
Roadstar!”.
“Accetterai perché sono l’unica ragazza che non hai mai
potuto avere!”.
“Non ci sto”.
“Potrai mettermelo dove vuoi...!”.
“A pensarci bene credo che accetterò”.
Sarah Michelle Gellar provoca Ryan Phillippe
in Cruel Intentions di Roger Kumble, 1995
“Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze
dell’amore”.
Toni Servillo in Le conseguenze dell’amore
di Paolo Sorrentino, 2004
– 37 –
“I timidi notano tutto ma sono molto bravi a non farsene
accorgere”.
Toni Servillo in Le conseguenze dell’amore
di Paolo Sorrentino, 2004
“Un matrimonio non finisce mai solo per un’infedeltà:
quello è un sintomo che qualcos’altro non va”.
“Ah sì? Be’, quel sintomo si scopa mia moglie!”.
L’amico Bruno Kirby e Billy Crystal in Harry,
ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
“Pronto?”.
“Sono io... volevo solo chiederti: come va?”.
“Bene, io sto bene, e tu, come va?”.
“Bene, però ho continui flashback della nostra scopata di
stanotte e voglio che tu sappia che hai un sedere da urlo,
cazzo!”.
“Grazie, però sono in riunione con l’ambasciatore messicano, il direttore di Amnesty International e il sottosegretario
per l’industria e il commercio... e siamo in vivavoce…”.
Renée Zellweger a Colin Firth nel Diario di Bridget
Jones di Sharon Maguire, 2001
“San Valentino. Oggi è una festa inventata dai fabbricanti di
cartoline d’auguri per far sentire di merda le persone”.
Jim Carrey in Se mi lasci ti cancello
di Michel Gondry, 2004
“Vuoi sposarmi?”.
“Non posso, tra un po’ devo uscire...”.
Emily Hamilton a Noah Taylor in E morì con
un felafel in mano di Richard Lowenstein, 2001
– 38 –
Quando chiedere scusa non basta
“Amore perdonami, ho capito solo adesso quanto ti amo,
d’ora in poi farò tutto quello che mi dici”.
“Me lo prometti?”.
“Sì!”.
“Bene! Allora adesso alzati da quella sedia, cammina verso la porta senza voltarti, esci da questa stanza e non farti
mai più vedere!”.
Gwyneth Paltrow e John Lynch
in Sliding Doors di Peter Howitt, 1998
“Ti prego, ti prego, non ci uccidere. Ti prego baby, lo sai
che ti amo. Non avrei mai voluto lasciarti, non è stata colpa mia. Davvero, sono sincero. Quel giorno finì la benzina. Si bucò un pneumatico. Non avevo i soldi per il taxi!
Il mio smoking non era arrivato in tempo dalla tintoria!
Era venuto a trovarmi da lontano un amico che non vedevo da anni! Qualcuno mi rubò la macchina! Ci fu un
terremoto! Una tremenda inondazione! Un’invasione di
cavallette!”.
John Belushi alla fidanzata che ha un fucile in mano,
in The Blues Brothers di John Landis, 1980
– 39 –
Dichiarazioni d’amore
Al cinema dire “ti amo” non basta. Bisogna saperlo dire
ogni volta in modo nuovo.
“Se trovi l’uomo giusto, devi fare qualcosa. Altrimenti se
lo prenderà un’altra donna e tu passerai il resto della vita
a pensare che un’altra ha sposato tuo marito”.
Meg Ryan a Billy Crystal in
Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
“C’ho pensato tanto... e il risultato è che ti amo”.
“Cosa?”.
“Ti amo”.
“E che cosa pensi che ti risponda adesso?”.
“Per esempio: anch’io ti amo”.
“Preferisco: me ne vado”.
“Allora non significa niente per te?”.
“Mi dispiace, Harry. Lo so che questa è la notte di capodanno, lo so che ti senti solo ma tu non puoi arrivare qui,
dire che mi ami e aspettarti che questo risolva tutto. Le
cose non funzionano in questo modo”.
“Beh, e come funzionano?”.
“Non lo so! Ma non in questo modo...”.
“Allora proviamo così: ti amo quando hai freddo e fuori
ci sono 30 gradi, ti amo quando ci metti un’ora a ordinare un sandwich, amo la ruga che ti viene qui quando mi
guardi come se fossi pazzo, mi piace che dopo una giornata
passata con te sento ancora il tuo profumo sui miei golf e
sono felice che tu sia l’ultima persona con cui chiacchiero
– 40 –
prima di addormentarmi la sera. E non è perché mi sento
solo. E non è perché è la notte di capodanno. Sono venuto
stasera perché quando ti accorgi che vuoi passare il resto
della vita con qualcuno, vuoi che il resto della vita cominci
il più presto possibile!”.
“Ecco! Tanto sei il solito imbroglione! Dici cose del genere, e mi spieghi poi come faccio a odiarti io? E invece io
ti odio! Ti odio. Sul serio... ti odio...”.
Billy Crystal a Meg Ryan in
Harry ti presento Sally di Rob Reiner, 1989
“Io non lo so perché ti vogliamo bene…”.
“Perché vi faccio sentire migliori. Di me”.
L’intellettuale in bolletta Fabrizio Bentivoglio
al titolare del bar dove continuano a fargli credito
in Scialla! di Francesco Bruni, 2011
“Non c’e storia più grande della nostra: quella mia e tua,
dell’uomo e della donna. Sarà una storia di giganti: invisibili, riproducibili. Sarà una storia di nuovi progenitori”.
L’angelo caduto Bruno Ganz e Solveig Dommartin nel
Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, 1987
– 41 –
La valigia dell’attore
“Strano come gli attori siano vulnerabili”.
“No, invece è normale. Tutti quanti hanno paura di essere giudicati. Nel vostro mestiere, il giudizio fa parte della
vita, sia nel lavoro che fuori dal lavoro”.
“Eh, già... Quando incontriamo qualcuno ci domandiamo:
cosa pensa di me? Chissà se mi ama... Ma io penso che sia
la stessa cosa per tutti gli artisti. Quando Mozart era bambino, e gli chiedevano di suonare, rispondeva: ‘Ora ti suonerò tutto quello che vuoi, ma prima dimmi che mi ami’”.
“E poi... è il mestiere in cui ci si bacia di più”.
“Lei lo ha notato, vero? Sì, non facciamo che baciarci: pare
che la stretta di mano fu inventata per dimostrare che non
si era armati, che non si era nemici, ma per noi questo non
basta... Bisogna dimostrare che ci si ama: mio tesoro, my
darling, my love, sei magnifica... Se ne ha bisogno”.
Jean-Pierre Aumont e David Markham
in Effetto notte di François Truffaut, 1973
“Lei è l’attrice preferita di Cavalli e segugi. Lei e il Commis­
sario Rex”.
Hugh Grant che intervista Julia Roberts
(fingendosi giornalista di Cavalli e Segugi)
in Notting Hill di Roger Michell, 1999
“Sono a dieta da quando avevo diciannove anni, il che pra-
ticamente vuol dire che sono affamata da un decennio. Ho
avuto una serie di ragazzi poco gentili, uno dei quali mi ha
picchiata. E ogni volta che ho il cuore spezzato la stampa
lo sbatte in prima pagina come fosse un divertimento. E
– 42 –
ci sono volute due alquanto dolorose operazioni per darmi questo aspetto! E un giorno non molto lontano il mio
aspetto cambierà, scopriranno che non sono in grado di
recitare e diventerò una triste e patetica matrona che assomiglia a una che è stata famosa per un po’…”.
Julia Roberts in Notting Hill di Roger Michell, 1999
“Il pubblico non conosce te o il tuo lavoro, amico. Conosce
il tizio vestito da uccello che va a raccontare cazzate vomitevoli al Letterman Show”.
“Be’, scusa se sono popolare, Mike! Sai...”.
“Popolare?! E chi se ne frega! Popolare?! La popolarità è
la cuginetta zoccola del prestigio, amico mio”.
Edward Norton e Michael Keaton in Birdman o
l’imprevedibile virtù dell’ignoranza
di Alejandro González Iñárritu, 2014
“Questo è il tuo primo film?”.
“No, è il ventiduesimo!”.
“Ne hai uno preferito fra i ventidue?”.
“Quello con Leonardo!”.
“Da... Vinci?”.
“DiCaprio!”.
“Ah, certo. Lui è il tuo regista italiano preferito?”.
Hugh Grant a una bambina, già famosa attrice, in
Notting Hill di Roger Michell, 1999
“Perché non ho nessuno rispetto per me stessa?
“Sei un’attrice, tesoro...”.
Naomi Watts e Andrea Riseborough in Birdman o
l’imprevedibile virtù dell’ignoranza
di Alejandro González Iñárritu, 2014
– 43 –
Le ali della libertà
“Non potrei dire chi sono, non ne ho la minima idea! Sono
qualcuno che non ha origini, né storia, né paese e ci tengo! Sto qui, sono libera, posso immaginarmi tutto. Tutto
è possibile. Non ho che da alzare gli occhi e ridivento il
mondo”.
Solveig Dommartin nel
Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, 1987
“Sì, è magnifico vivere di solo spirito, e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l’eternità, soltanto ciò che
è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale
mi pesa. E allora non vorrei più fluttuare così, in eterno:
vorrei sentire un peso dentro di me, che mi levi questa
infinitezza legandomi in qualche modo alla terra, a ogni
passo, a ogni colpo di vento. Vorrei poter dire: ‘ora’, ‘ora’,
e ‘ora’. E non più ‘da sempre’, ‘in eterno’. Non entusiasmarsi solo per lo spirito, ma finalmente anche per un
pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio; mentire, e spudoratamente; e camminando sentire che le ossa
camminano con te; supporre, magari, invece di sapere
sempre tutto... Ah! oh!, ahi!: poterlo dire, finalmente, invece di ‘sì’ e ‘amen’…”.
L’angelo Bruno Ganz nel
Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, 1987
– 44 –
Rovelli del Gulliver
Neologismi, invenzioni lessicali. Fondere, confondere e infine
rifondare il vocabolario. Lo fa Alex di Arancia meccanica,
ma anche il selvatico Abatantuono di Attila flagello di Dio.
“Oh, deliziosa delizia e incanto! Era piacere impiacentito e
divenuto carne. Come piume di un raro metallo spumato, o
come vino d’argento versato in nave spaziale! Addio forza
di gravità. Mentre slusciavo, quali visioni incantevoli...”.
Malcolm McDowell in
Arancia meccanica di Stanley Kubrick, 1971
“A come atrocità, doppia T come terremoto e traggedia, I
come ira di ddio, L come lago di sangue, A come adesso
vengo e ti sfascio le corna!”
Diego Abatantuono in Attila flagello
di Dio di Castellano e Pipolo, 1982
“Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pit, Georgie
e Dim. Eravamo seduti nel Korova milkbar arrovellandoci il Gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova
milk­bar vende “latte più”, cioè diciamo latte rinforzato con
qualche droguccia mescalina, che è quello che stavamo
bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio
dell’amata ultraviolenza”.
Malcolm McDowell in
Arancia meccanica di Stanley Kubrick, 1971
– 45 –
“Sbàbbari, uomini di inaudita viulenza, di inaudita ferocia, figli del Dio Odino, io vi dico, io vostro re, che questa
volta li Romani hanno tirato troppo la corda e quindi io
vi dico che chi la fa l’aspetti è chiaro?”.
“Chiaro!”.
“Sapete voi qual è dei Romani la città diciamo più grassottella, diciamo più prepotente, la più grossa?”.
“Roma!”.
“Bravi, ’nduinato! Romani, Roma: per forza! Ci potevo anche
arrivare da solo. Ma volevo vedere se lo sapevate: Roma...
E io vi dico, sbàbbari, che noi Roma la raderemo al suolo,
noi Roma la metteremo a carne e pesce, noi dove passeremo non crescerà più neanche un filo d’erba, è chiaro?”.
“Chiaro!”.
“E allora sbabbari imo a Roma!”.
“A Roma! A Roma!”.
Diego Abatantuono in
Attila, flagello di Dio di Castellano e Pipolo, 1982
– 46 –
Furiosissimi sdegni
Capita che i protagonisti di un film perdano la calma. A
volte lo fanno in maniera molto creativa. L’ira trasformata
in mantra sublime.
Ezechiele 25,17: “Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla
tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel
nome della carità e della buona volontà conduce i deboli
attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il
pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E
la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno, su coloro che si proveranno
ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli. E tu
saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò
calare la mia vendetta sopra di te”.
Samuel L. Jackson prima di aprire il fuoco su dei ragazzini
terrorizzati in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Ora, sono anni che dico questa cazzata, e se la sentivi
significava che eri fatto. Non mi sono mai chiesto cosa
volesse dire, pensavo che fosse una stronzata da dire a
sangue freddo a un figlio di puttana prima di sparargli.
Ma stamattina ho visto una cosa che mi ha fatto riflettere. Vedi, adesso penso, magari vuol dire che tu sei l’uomo
malvagio e io sono l’uomo timorato, e il signor 9 mm, qui,
lui è il pastore che protegge il mio timorato sedere nella
valle delle tenebre. O può voler dire che tu sei l’uomo timorato, e io sono il pastore, ed è il mondo ad essere mal– 47 –
vagio ed egoista, forse. Questo mi piacerebbe. Ma questa
cosa non è la verità. La verità è che tu sei il debole, e io
sono la tirannia degli uomini malvagi. Ma ci sto provando, Ringo, ci sto provando, con grande fatica, a diventare
il pastore”.
Samuel L. Jackson riflette su Ezechiele 25,17 nel finale
di Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Se io, Aguirre, voglio che gli uccelli cadano fulminati, gli
uccelli devono cadere stecchiti dagli alberi. Sono il furore
di Dio, la terra che io calpesto mi vede e trema”.
Klaus Kinski in Aguirre furore di Dio
di Werner Herzog, 1972
“Sì… vaffanculo anche tu. Affanculo io? Vacci tu! Tu e tutta questa merda di città e di chi ci abita. In culo ai mendicanti che mi chiedono soldi e che mi ridono alle spalle.
In culo ai lavavetri che mi sporcano il vetro pulito della
macchina. In culo ai sikh e ai pakistani, che vanno per le
strade a palla con i loro taxi decrepiti… puzzano di curry
da tutti i pori; mi mandano in paranoia le narici… aspiranti terroristi, e rallentate, cazzo!
In culo ai ragazzi di Chelsea, con il torace depilato e i
bicipiti pompati, che se lo succhiano a vicenda nei miei
parchi e te lo sbattono in faccia sul Gay Channel. In culo
ai bottegai coreani, con le loro piramidi di frutta troppo
cara, con i loro fiori avvolti nella plastica: sono qui da 10
anni e non sanno ancora mettere due parole insieme. In
culo ai russi di Brighton Beach, mafiosi e violenti, seduti
nei bar a sorseggiare il loro tè con una zolletta di zucchero
– 48 –
tra i denti; rubano, imbrogliano e cospirano… tornatevene
da dove cazzo siete venuti!
In culo agli ebrei ortodossi, che vanno su e giù per la 47a
nei loro soprabiti imbiancati di forfora a vendere diamanti
del Sudafrica dell’apartheid. In culo agli agenti di borsa di
Wall Street, che pensano di essere i padroni dell’universo;
quei figli di puttana si sentono come Michael Douglas/
Gordon Gekko e pensano a nuovi modi per derubare la
povera gente che lavora.
Sbattete dentro quegli stronzi della Enron a marcire per
tutta la vita… E Bush e Chaney non sapevano niente di
quel casino?! Ma fatemi il cazzo di piacere! In culo alla
Tyco, alla ImClone, all’Adelphia, alla WorldCom.
In culo ai portoricani: venti in una macchina, e fanno crescere le spese dell’assistenza sociale… e non fatemi parlare
dei pipponi dei dominicani: al loro confronto i portoricani
sono proprio dei fenomeni”.
In culo agli italiani di Benson Hurst con i loro capelli
impomatati, le loro tute di nylon, le loro medagliette di
Sant’Antonio, che agitano la loro mazza da baseball firmata
Jason Giambi, sperando in un’audizione per I Soprano. In
culo alle signore dell’Upper East Side, con i loro foulard
di Hermes e i loro carciofi di Calducci da 50 dollari: con le
loro facce pompate di silicone e truccate, laccate e liftate…
Non riuscite a ingannare nessuno, vecchie befane!
In culo ai negri di Harlem. Non passano mai la palla, non
vogliono giocare in difesa, fanno cinque passi per arrivare
sotto canestro, poi si girano e danno la colpa al razzismo
– 49 –
dei bianchi. La schiavitù è finita centotrentasette anni fa.
E muovete… le chiappe, è ora!
In culo ai poliziotti corrotti che impalano i poveri cristi e
li crivellano con quarantuno proiettili, nascosti dietro il
loro muro di omertà. Avete tradito la nostra fiducia! In
culo ai preti che mettono le mani nei pantaloni di bambini innocenti. In culo alla Chiesa che li protegge, non
liberandoci dal male.
E dato che ci siamo, ci metto anche Gesù Cristo. Se l’è cavata con poco. Un giorno sulla croce, un weekend all’inferno, e poi gli alleluja degli angeli per il resto dell’eternità.
Provi a passare sette anni nel carcere di Otisville!
In culo a Osama Bin Laden, ad Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo.
In nome delle migliaia di innocenti assassinati, vi auguro
di passare il resto dell’eternità con le vostre settantadue
puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno. Stronzi cammellieri con l’asciugamano in testa, baciate le mie nobili
palle irlandesi!
In culo a Jackob Elinsky, lamentoso e scontento. In culo a
Francio Slaughtery, il mio migliore amico, che mi giudica
con gli occhi incollati sulle chiappe della mia ragazza. In
culo a Naturelle Riviera: le ho dato la mia fiducia e mi ha
pugnalato alla schiena, mi ha venduto alla polizia… maledetta puttana!
In culo a mio padre, con il suo insanabile dolore: beve
acqua minerale dietro il banco del suo bar, vendendo
whisky ai pompieri inneggiando ai Bronx Bombers. In
– 50 –
culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera
di Astoria agli attici di Park Avenue, dalle case popolari
del Bronx ai loft di Soho, dai palazzoni di Alphabet City
alle case di pietra di Park Slope e a quelle a due piani di
Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare. Che gli
incendi la distruggano. Che bruci fino a diventare cenere,
e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna
infestata dai topi.
No, no, in culo a te, Montgomery Brogan. Avevi tutto e
l’hai buttato via, brutto testa di cazzo!”.
Edward Norton allo specchio
in La 25° ora di Spike Lee, 2002
“Bottana industriale!”
Giancarlo Giannini rivolto a Mariangela Melato
in Travolti da un insolito destino nell’azzurro
mare d’agosto di Lina Wertmuller, 1975
“Anche qui un Cristo in croce! E te pareva. Cristo è peggio
della Coca-cola!”.
Giancarlo Giannini nell’isola deserta di Travolti
da un insolito destino nell’azzurro mare
d’agosto di Lina Wertmuller, 1975
– 51 –
Io, l’altro: Fight Club
È violento, ma anche esistenziale; segnato dall’icona sexy
Brad Pitt, ma anche introspettivo, e capace – tra un’inquadratura e l’altra – di riflessioni sulla vita contemporanea,
sulla vita da single a cui tutti siamo spinti. Sul fatto che, in
fondo, nessuno conosce davvero se stesso.
Tutte le citazioni si riferiscono al film Fight Club di David
Fincher, 1999.
“La pubblicità ci mette nell’invidiabile posizione di desiderare auto e vestiti, ma soprattutto possiamo ammazzarci
in lavori che odiamo per poterci comprare idiozie che non
ci servono affatto”.
“È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qual-
siasi cosa”.
“Le cose che possiedi finiscono col possederti”.
“Siamo i figli di mezzo della storia, senza scopo né posto.
Non abbiamo la Grande guerra, né la Grande depressione. La nostra grande guerra è spirituale, la nostra grande
depressione è la nostra vita”.
“Sa perché mettono le maschere ad ossigeno sull’aereo?”.
“Per poter respirare…”.
(Fa segno di no con la testa). “No. L’ossigeno ti fa sballare. In un’emergenza catastrofica uno fa grandi respiri di
paura. A un tratto diventi euforico, docile, accetti il tuo
– 52 –
destino. Guardi qui”. (Mostra il cartoncino delle istruzioni
in caso di emergenza, con le figurine stilizzate). “Atterraggio
d’emergenza sull’acqua a seicento miglia all’ora. Sguardo
assente: calmi come le vacche indù”.
Brad Pitt a Edward Norton
“Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che
hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei
la canticchiante e danzante merda del mondo!”.
“Ti svegli all’aeroporto di Seattle, San Francisco, Los
Angeles, all’aeroporto di Chicago, Dallas, di Baltimora,
Pacifico, Montagne rocciose, Midwest, perdi un’ora, guadagni un’ora. Questa è la tua vita e sta finendo un minuto
alla volta…”.
“Come tanti altri anch’io ero diventato schiavo della ten-
denza al nido Ikea. Se vedevo qualcosa di ingegnoso, come
un tavolinetto a forma di Yin e Yang dovevo averlo... sfogliavo quei cataloghi e mi chiedevo quale salotto mi caratterizza di più come persona”.
“Siamo i sottoprodotti di uno stile di vita che ci osses-
siona”.
“Omicidi, crimini, povertà, queste cose non mi spaven-
tano. Quello che mi spaventa sono le celebrità sulle riviste, la televisione con 500 canali, il nome di un tizio sulle
mie mutande, i farmaci per capelli, il viagra, l’arredatrice,
poche calorie, Marta Stewart... Fanculo Marta Stewart…
Marta sta lucidando le maniglie sul Titanic... va tutto a
fondo bello...”.
– 53 –
I crocevia della storia
“Non ti ho chiesto la tua storia. Ti ho chiesto chi sei tu”.
“Ma io sono la mia storia”.
Hanns Zischler e Rudiger Vogler in Nel corso
del tempo di Wim Wenders, 1976
“E chi voleva quest’aeroporto? L’Alitalia? L’aeronautica
militare? No, nessuno lo voleva qui a punta Raisi l’aeroporto! E basta guardare sopra le vostre teste per capire
perché... perché c’è ’sta montagna acussì alta, perché c’è
rischio di andarci a sbattere contro a ’sta montagna... ma
qui volevano farlo e qui l’hanno fatto! Non c’era nessuna
ragione logica tranne quella di comprare i vostri terreni
a pochi piccioli e rivenderli all’aeroporto guadagnandoci
sopra cento volte!”.
I cento passi di Marco Tullio Giordana, 2000
“Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno
gli sciacalli, le iene. E tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli
o pecore, continueremo a crederci il sale della terra”.
Burt Lancaster nel
Gattopardo di Luchino Visconti, 1963
“...Questa mattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio di chiusura della campagna elettorale. Non ci sarà
nessun comizio, non ci saranno più trasmissioni.
Peppino non c’è più, Peppino è morto, si è ucciso.
– 54 –
Sì, non sorprendetevi, è andata proprio così! I carabinieri
lo dicono, lo dice il magistrato... hanno trovato un biglietto:
‘voglio abbandonare la politica e la vita...’ questa sarebbe
la prova del suicidio, la dimostrazione...
E lui per abbandonare la politica che cosa fa? Va alla ferrovia, picchia la testa contro un sasso, macchia di sangue
tutt’intorno, poi si avvolge nel tritolo e salta per aria sui
binari… suicidio! Come l’anarchico Pinelli, che vola giù
dalla finestra della questura di Milano, come l’editore
Feltrinelli che salta su un traliccio dell’Enel...
Questo leggerete sui giornali, questo vedrete alla televisione... Anzi, non vedrete proprio niente... Perché questa mattina giornali e televisione parleranno di un fatto molto più
importante: del ritrovamento a Roma dell’onorevole Aldo
Moro, ammazzato come un cane dalle Brigate rosse.
E questa è una notizia che fa impallidire tutto il resto,
per cui: chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia! Chi se ne fotte di questo Peppino Impastato! Adesso
spegnetela questa radio, giratevi dall’altra parte. Tanto
si sa come va a finire, si sa che niente può cambiare. Voi
avete dalla vostra la forza del buonsenso... quella che
non aveva Peppino... Domani ci saranno i funerali...Voi
non andateci... lasciamolo solo!
E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la
vogliamo! Non perché fa paura ma perché ci dà sicurezza,
perché ci identifica, perché ci piace! Noi siamo la mafia! E
tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei
stato un ingenuo, un nuddo mescato cun niente!”.
Claudio Gioé nei Cento passi
di Marco Tullio Giordana, 2000
– 55 –
Insert Coen
I fratelli più creativi del cinema di Hollywood. Joel ed Ethan
Coen. Democratici, ebrei, progressisti, giocherelloni, matti
ma anche capaci di interrogarsi sull’assurdità della vita: da
Blood Simple a Non è un paese per vecchi, passando per
le nevi di Fargo, e per il ciondolare esistenziale del drugo
Lebowski.
“Non mi piace che tu vada in giro a importunare i nostri
cittadini, Lebowski. Col tuo cognome da mezza sega, con
la tua faccia da mezza sega, con i tuoi modi da mezza
sega... e non mi piaci tu... mezza sega!!! Sono stato abbastanza chiaro?”.
“Mi spiace, non stavo ascoltando!”.
Un agente a Jeff Bridges
nel Grande Lebowski di Joel Coen, 1998
“Ecco, la settimana scorsa hanno scoperto una coppia, in
California, che affittava camere ai vecchietti, poi li ammazzava, li seppelliva in giardino, e intascava le loro pensioni.
Ah, e prima li torturava, non so perché, forse il televisore
si era guastato”.
Lo sceriffo Tommy Lee Jones in Non è un paese
per vecchi di Joel e Ethan Coen, 2007
– 56 –
Hai un momento, Dio?
Il cinema racconta la vita, la morte, il paradiso che può attendere, gli ascensori per l’inferno. E si interroga – specialmente con i suoi autori più acuminati – sull’Ultimo Mistero.
“Io non credo in Dio, ma se ci credessi sarebbe un chitarrista nero e mancino”.
Michael Pitt in The Dreamers
di Bernardo Bertolucci, 2003
“L’Inferno è svegliarsi ogni dannata mattina e non sapere perché esisti”.
Mickey Rourke in Sin City di Robert Rodriguez, 2005
“Ma se non esiste Dio, la vita non avrebbe alcun significato. Perché dovremmo continuare a vivere? Perché non
suicidarsi?”.
“Beh, non facciamo gli isterici. Potrei sbagliare: io oggi mi
uccido e domani Lui concede un’intervista…”.
Diane Keaton e Woody Allen
in Amore e guerra, 1975
“Ma lassù l’Onnipotente / guarda, tace e face niente?”.
Vittorio Gassman in Brancaleone
alle crociate di Mario Monicelli, 1970
“Perché non posso uccidere Dio dentro di me? Perché egli
continua a vivere in questo modo doloroso e umiliante
– 57 –
anche se io lo maledico e voglio strapparmelo dal cuore?
Perché, nonostante tutto, egli è un’illusoria realtà ch’io
non posso scuotere da me? Mi ascolti?”.
“Ti ascolto”.
“Io voglio la conoscenza, non la fede, non supposizioni,
la conoscenza. Voglio che Dio tenda la sua mano verso di
me, si riveli e mi parli”.
“Ma egli rimane zitto”.
“Lo chiamo nel buio, ma sembra come se non ci fosse
nessuno”.
“Forse non c’è nessuno”.
“Allora la vita è un atroce orrore. Nessuno può vivere in
vista della morte, sapendo che tutto è il nulla”.
Bengt Ekerot (la Morte) a Max von Sydow
nel Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, 1957
“La vita non sarà immensa, ma almeno vale la pena di
viverla”.
Bill Nunn ne La leggenda del pianista sull’oceano
di Giuseppe Tornatore, 1998
“Quando sono venuto qui l’ultima volta da Los Angeles
George Clooney era seduto due file più avanti in aereo
con un bel paio di gemelli ai polsi e quel mento del cazzo. A un certo punto c’è stata una turbolenza veramente
terribile. E l’aereo non faceva che vibrare e scuotersi. E
erano tutti in lacrime. Piangevano. Piangevano e pregavano. Tutti. Io me ne stavo seduto, loro piangevano. Io
stavo seduto e pensavo ‘Oh, mamma. Domattina quando
Sam aprirà il giornale vedrà la faccia di Clooney in pri– 58 –
ma pagina, non la mia.’… Lo sapevi che Farrah Fawcett è
morta esattamente lo stesso giorno di Michael Jackson?
Non è pazzesco?”.
Michael Keaton in Birdman, o l’imprevedibile virtù
dell’ignoranza di Alejandro González Iñárritu, 2014
“Mamma diceva sempre che i miracoli accadono tutti i
giorni”.
Tom Hanks in Forrest Gump
di Robert Zemeckis, 1994
“Vorrei sapere: senza fede, senza ipotesi. Voglio la certezza. Voglio che Iddio mi tenda la mano e scopra il suo
volto nascosto, e voglio che mi parli. Il suo silenzio non
ti parla? Lo chiamo e lo invoco, e se egli non risponde io
penso che non esista.
Forse è così, forse non esiste.
Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine: nessuno
può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo nel Nulla, senza speranza.
Molta gente non pensa né alla morte né alla vanità delle
cose”.
Max von Sydow nel Settimo sigillo
di Ingmar Bergman, 1956
“Moriamo. Moriamo. Moriamo ricchi di amanti e di tribù, di gusti che abbiamo inghiottito, di corpi che abbiamo
penetrato risalendoli come fiumi, di paure in cui ci siamo
nascosti come in questa caverna stregata. Voglio che tutto
– 59 –
ciò resti inciso sul mio corpo. Siamo noi i veri paesi, non
le frontiere tracciate sulle mappe”.
Kristin Scott Thomas ne Il paziente inglese
di Anthony Minghella, 1996
“Allora è così. Di colpo, tutto si ferma.. È questo morire?
Non rivedrete più quelli che amate, non rivedrete più
quelli che vi amano. Se è questo morire, è proprio la tragedia che dicono…”.
Garance Le Guillermic ne Il riccio
di Mona Achache, 2009
“È strano che il mondo si trovi all’interno del nulla.
Insomma, tu hai il cuore, l’anima dentro di te; i bambini
stanno dentro le loro mamme; i pesci stanno dentro il mare.
E il mondo? Il mondo si trova dentro un niente”.
Dexter Gordon all’amico François Cluzet
in Round Midnight di Bertrand Tavernier, 1986
“Sono anni che tutti mi chiedono perché non torno a
scrivere un nuovo romanzo. Ma guarda ’sta gente, ’sta
fauna. Questa è la mia vita, non è niente. Flaubert voleva
scrivere un romanzo sul niente, non c’è riuscito. Ci posso
riuscire io?”.
Toni Servillo ne La grande bellezza
di Paolo Sorrentino, 2013
“Ci sono molti modi di morire, il peggiore è continuando
a vivere”.
Sean Penn in This Must Be the Place
di Paolo Sorrentino, 2011
– 60 –
“Qual è la più grande ambizione della sua vita?”.
“Divenire immortale; e poi morire”.
Jean Seberg e Jean-Pierre Melville in Fino all’ultimo
respiro di Jean-Luc Godard, 1960
“Io vorrei essere immortale”.
“Pure io. Ma non per sempre, però”.
Bertrand Blier e Alberto Sordi
in Una botta di vita di Enrico Oldoini, 1988
“Chi veglia su di lei? Gli angeli? Dio? Satana? Oppure…
oppure il nulla? Il nulla, ve lo dico io”.
“No, non può essere!”.
“Guardate i suoi occhi: la sua torpida coscienza si sta accorgendo del nulla, del nulla che ormai la sommerge”.
“No…”.
“E noi siamo qui incapaci di fare qualcosa, perché vediamo ciò che vede lei, e il nostro terrore è uguale al suo, e
nessuno la aiuta”.
Gunnar Bjornstrand e Marx von Sydow
guardano la strega Maud Hansson bruciare sul rogo
nel Settimo sigillo di Ingmar Bergman, 1956
“Ti voglio dare una piccola informazione confidenziale a
proposito di Dio: a Dio piace guardare! È un guardone
giocherellone! Riflettici un po’: lui dà all’uomo gli istinti...
ti concede questo straordinario dono e poi che cosa fa? Te
lo giuro che lo fa per il suo puro divertimento, per farsi il
suo bravo, cosmico, spot pubblicitario del film! Fissa le regole in contraddizione. Una stronzata universale! Guarda,
ma non toccare... tocca, ma non gustare... gusta, ma non
– 61 –
inghiottire. E mentre tu saltelli da un piede all’altro lui
che cosa fa? Se ne sta lì a sbellicarsi dalle matte risate.
Perché è un moralista, un gran sadico! È un padrone assenteista! Ecco che cos’è! E uno dovrebbe adorarlo? No,
mai! Io sto qui con il naso ben ficcato nella terra e ci sto
dalla notte dei tempi”.
Al Pacino in L’avvocato del diavolo
di Taylor Hackford, 1997
“La Basilicata esiste. È un po’ come il concetto di Dio: ci
credi o non ci credi”.
Rocco Papaleo nel suo Basilicata coast to coast, 2010
“Perché non la smetti di fare domande?”.
“No, non la smetterò. Tanto, nessuno ti risponde”.
Bengt Ekerot e Max von Sydow nel Settimo sigillo
di Ingmar Bergman, 1956
– 62 –
La vita è bella
“Rosabella”.
Orson Welles in Quarto potere di Orson Welles, 1941
Kane, interpretato da Orson Welles, pensa all’unica cosa
che lo ha veramente fatto felice: la slitta con cui giocava
nella sua infanzia.
“Vuoi vedere la cosa più bella che ho filmato?
Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica e
c’è elettricità nell’aria, puoi quasi sentirla e questa busta
era lì… Danzava con me come una bambina che mi supplicasse di giocare… per 15 minuti…
È stato il giorno in cui ho capito che c’era tutta un’intera
vita dietro ogni cosa e una incredibile forza benevola che
voleva sapessi che non c’era motivo di avere paura, mai.
Vederla sul video è povera cosa lo so, ma mi aiuta a ricordare… ho bisogno di ricordare… A volte c’è così tanta
bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla.
Il mio cuore sta per franare”.
Il ragazzino Wes Bentley a Thora Birch
in American Beauty di Sam Mendes, 1999
“Ho sempre sentito dire che ti passa davanti agli occhi
tutta la vita nell’istante prima di morire. Prima di tutto,
quell’istante non è affatto un istante, si allunga, per sempre... come un oceano di tempo.
Per me fu lo starmene sdraiato al campeggio dei boy scout
– 63 –
a guardare le stelle cadenti, le foglie gialle degli aceri che
fiancheggiano la nostra strada, le mani di mia nonna e
come la sua pelle sembrava di carta... e la prima volta
che da mio cugino Tony vidi la sua nuovissima Firebird.
E Jamie... e Jamie... e Caroline.
Potrei essere piuttosto incazzato per quello che mi è successo, ma è difficile restare arrabbiati quando c’è tanta
bellezza nel mondo. A volte è come se la vedessi tutta insieme... ed è troppa. Il cuore mi si riempie come un palloncino che sta per scoppiare e poi mi ricordo di rilassarmi e smetto di cercare di tenermela stretta, dopo scorre
attraverso me come pioggia ed io non posso provare altro
che gratitudine... per ogni singolo momento della mia
stupida piccola vita.
Non avete la minima idea di ciò di cui sto parlando... ne
sono sicuro. Ma non preoccupatevi... un giorno l’avrete”.
Kevin Spacey in American Beauty
di Sam Mendes, 1999
“Oh, andiamo, gente! Non siate patetici! Smettetela di
vedere il mondo dallo schermo di un cellulare! Vivete
davvero!”
Edward Norton in Birdman o L’imprevedibile virtù
dell’ignoranza di Alejandro González Iñárritu, 2014
– 64 –
Il profumo del ricordo selvatico
Non solo con i flashback, ma anche e soprattutto con le parole, il cinema evoca i ricordi dei personaggi, le madeleines
esistenziali di ognuno.
“Lo ricorderò, questo momento: il silenzio del crepuscolo,
il profumo delle fragole, la ciotola del latte, i vostri visi
colti su cui discende la sera, Michael che dorme sul carro,
Jof e la sua lira… Cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo delicatamente,
come se fosse una coppa di latte appena munto che non
si può versare, e sarà per me un conforto, qualcosa in cui
credere”.
Max von Sydow nel Settimo Sigillo
di Ingmar Bergman, 1957
“Il problema è che passiamo troppo velocemente dall’età
in cui diciamo ‘farò così’ a quella in cui diremo ‘è andata
così’…”.
Sean Penn in This Must Be the Place
di Paolo Sorrentino, 2011
“Mi chiesi se un ricordo è qualcosa che hai o qualcosa che
hai perduto”.
Gena Rowlands nel finale
di Una donna di Robert Altman, 1988
– 65 –
“Perdo l’orientamento, perdo degli oggetti, perdo il sonno, ma soprattutto: perdo i ricordi. In tutta la mia vita ho
accumulato una massa di ricordi che sono diventati in un
certo senso i più preziosi di tutti i miei averi: la sera in cui
ho conosciuto mio marito, la prima volta in cui ho tenuto
tra le mani un libro, la nascita dei miei figli, le amicizie
che ho fatto, i viaggi per il mondo... Tutto quello che ho
accumulato nella vita, tutto quello per cui ho lavorato con
tanto impegno, ora inesorabilmente mi viene strappato
via. Sto lottando per restare parte della realtà, per restare
in contatto con quella che ero una volta”.
Julianne Moore in Still Alice di Richard Glatzer
e Wash Westmoreland, 2014
“Sai cosa farò? Prenderò tutta questa negatività e la userò
come carburante per trovare il lato positivo! È questo che
farò! E non è una stronzata, non è una stronzata. Ci vuole
impegno e questa è la verità!”
Bradley Cooper ne Il lato positivo
di David O. Russell, 2013
“Non è stato lui Charlie, sei stato tu!
Quella sera al Garden, ti ricordi? Venisti nel mio spogliatoio e mi dicesti: ‘Figliolo, non è la tua serata. Abbiamo
venduto l’incontro a Wilson’. Te lo ricordi? Lo potevo
fare a pezzi Wilson! Da quella sera non ho combinato
più niente, Charlie. Ero arrivato in cima a una montagna
e sono finito a valle.
Tu eri mio fratello... tu mi potevi aiutare di più... Ah, no.
Mi dovevi aiutare un poco di più. Avresti dovuto difen– 66 –
dere tuo fratello un po’ di più, invece di farmi andare al
tappeto per quattro schifosi soldi ’e merda...
Ma non lo capisci? Io c’avevo un avvenire... io ero un combattente nato... io potevo diventare qualcuno...
Tu m’hai fatto diventare un povero disgraziato... questa è
la verità! Sei stato tu, Charlie... Sei stato tu, Charlie!”.
Robert De Niro, pugile fallito,
in Toro scatenato di Martin Scorsese, 1980
“Ma non è questo. È questione di classe! Potevo diventare
un campione. Potevo diventare qualcuno, invece di niente,
come sono adesso”.
Marlon Brando in Fronte del porto di Elia Kazan, 1954
– 67 –
La collina delle illusioni perdute
Da cui si rotola giù, prima o poi.
C’è anche chi i ricordi li perde, a intervalli di quindici minuti,
in un supplizio di Sisifo mnemonico. Il film Memento evoca
situazioni reali di perdita di memoria: come il caso del Lost
Mariner raccontato da Oliver Sacks nel libro L’uomo che
scambiò sua moglie per un cappello.
“Non riesco a ricordare di dimenticarmi”.
Guy Pearce in Memento di Christopher Nolan, 2000
“Devo credere in un mondo fuori dalla mia mente, devo
convincermi che le mie azioni hanno ancora un senso,
anche se non riesco a ricordarle. Devo convincermi che,
anche se chiudo gli occhi, il mondo continua ad esserci...
Allora sono convinto o no che il mondo continua ad esserci? ...c’è ancora? ...sì. Tutti abbiamo bisogno di ricordi
che ci rammentino chi siamo, io non sono diverso... Allora,
a che punto ero?”.
Guy Pearce in Memento di Christopher Nolan, 2000
“Ricordati: la cosa più triste nella vita è il talento sprecato”.
Robert De Niro a Francis Capa
in Bronx Tale di Robert De Niro, 1993
– 68 –
“Tu perché non hai più scritto un libro?”
“Perché so’ uscito troppo spesso la sera”.
Sabrina Ferilli e Toni Servillo
ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino, 2013
“Che hai fatto in tutti questi anni, Noodles?
“Sono andato a letto presto”.
L’incontro, dopo tanti anni, tra Larry Rapp e
Robert De Niro in C’era una volta in America
di Sergio Leone, 1984
Ovviamente quest’ultima è anche una citazione di Proust.
“Ora ti faccio una delle domande più rivelatrici… Dove
ti vedi tra dieci anni?”.
“Cioè a ottant’anni…?”.
Il giovane addetto al personale a Robert De Niro
ne Lo stagista inaspettato di Nancy Meyers, 2015
– 69 –
Grandi abbuffate
“Vorrei che potessimo parlare più a lungo, ma sto per avere
un vecchio amico per cena stasera. Addio…”.
Anthony Hopkins a Jodie Foster nel Silenzio
degli innocenti di Jonathan Demme, 1991
“Ahò! Maccarone, m’hai provocato e io te distruggo! ...
Adesso maccarone, io me te magno, aamm! ...So’ amerecano io... Verme, io me te magno!”.
Alberto Sordi in Un americano
a Roma di Steno, 1954
“Gli americani ci hanno colonizzato il subconscio”.
Rudiger Vogler in Nel corso del tempo
di Wim Wenders, 1976
– 70 –
Nel corso del tempo
Il cinema è fatto di tempo, si muove nel tempo. Spesso racconta il tempo. Attimi fuggenti, ricordi sepolti nel passato,
il tempo che va, il tempo che ritorna, gli infiniti del tempo.
Personaggi che si tuffano nel presente, altri che si rifugiano nel passato, ritorni al futuro. Il tempo è il cuore del cinema.
“Non voglio novità, colpi di scena. Voglio che tutto rimanga
così per sempre. Anche se ‘per sempre’ non esiste”.
Luca Argentero in Saturno Contro
di Ferzan Özpetek, 2007.
“Bravo, così me piaci, quando ridi me stai più simpatico.
Ah Robbè, che te frega delle tristezze, lo sai qual è l’età più
bella? Te lo dico io qual è! È quella che uno c’ha. Giorno
per giorno. Fino a quanno schiatta, se capisce”.
Vittorio Gassman nel Sorpasso di Dino Risi, 1962
“Sai che ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni! Perché penso che è passato un altro giorno; dopo
mi commuovo, perché penso che son solo... un puntino
nell’universo. I tramonti mi piacerebbe vederli con mia
madre e una donna che amo, magari. Poi invece le notti
mi piacerebbe passarle da solo.. da solo, insomma, magari con una bella troia, che è meglio che da solo! Ce l’ hai
ancora di quella roba che ha lasciato il turco? ‘Nònso’, si
chiamava... Se le cose andassero sempre così, che ti por– 71 –
tano via le armi e ti lasciano sta roba qua... si vivrebbe
meglio... no?”.
Diego Abatantuono (massaggiato da Ugo Conti
e incline alla malinconia), in Mediterraneo
di Gabriele Salvatores, 1991
“A volte penso che questo sia il nostro vero errore: credere di avere tutto il tempo che vogliamo. Che il tempo in
realtà non esista...”.
Debra Winger nel Tè nel deserto
di Bernardo Bertolucci, 1990
“Una vita sola è troppo poco... una vita sola non mi basta,
se fai i conti bene non sono neanche tanti giorni: troppe
cose da fare, troppe idee”.
Diego Abatantuono filosofeggia
in Mediterraneo di Gabriele Salvatores, 1991
“Ho trascorso tutte le estati della mia vita a fare propositi
per settembre, ora non più. Adesso trascorro l’estate a ricordare i propositi che facevo e che sono svaniti, un po’ per
pigrizia, un po’ per dimenticanza. Che cosa avete contro la
nostalgia, eh? È l’unico svago che ci resta per chi è diffidente verso il futuro. L’UNICO. Senza pioggia, agosto sta
finendo, settembre non comincia e io sono così ordinario.
Ma non c’è da preoccuparsi, va bene. Va bene così”.
Carlo Verdone ne La grande bellezza
di Paolo Sorrentino, 2013
– 72 –
“L’angoscia del tempo che passa ci fa parlare del tempo
che fa”.
Artus de Penguern nel Favoloso mondo
di Amélie di Jean-Pierre Jeunet, 2001
“Obbligo o verità?”
“Verità”
“Che cosa vorresti fare con me?”
“Vorrei strapparti gli occhi e metterli al posto dei miei.
Per poter vedere questa strada con gli occhi di quando
ero ragazzo!”.
Edward Norton e Emma Stone in Birdman o
l’imprevedibile virtù dell’ignoranza
di Alejandro González Iñárritu, 2014
“Io ogni tanto me lo immagino, sai? Lì nel deserto ghiacciato della sua vecchiaia. D’improvviso ritrovare i passi
lievi della bellezza per riuscire a sfiorarla, stringerla con
un unico preciso gesto. Un miracolo! Tutti ci meriteremmo
un miracolo così. Ce lo dovrebbero concedere nell’ultimo
istante in cambio del morire, in onore di questo nostro
paziente, splendido morire”.
John Hurt in Lezione ventuno
di Alessandro Baricco, 2008
“Hai aspettato molto?”.
“Tutta la vita”.
Elisabeth McGovern e Robert De Niro al loro
primo appuntamento da adulti in C’era una volta
in America di Sergio Leone, 1984
– 73 –
“Ricordati che devi morire”.
“Come?”.
“Ricordati che devi morire”.
“Va bene”.
“Ricordati che devi morire!”
“Sì, sì, no, mo’ me lo segno proprio... Non vi preoccupate...”.
Massimo Troisi con un frate in Non ci resta
che piangere di Massimo Troisi e Roberto Benigni, 1985
“Finirò sepolta nel settore singles sconosciuti nel cimitero!”
“Beh, questa parte la puoi cancellare! Sarai sepolta con me
e Dorothy, c’è ancora posto con noi nel cimitero…”.
Robert De Niro consola Anne Hathaway
in Lo stagista inaspettato di Nancy Meyers, 2015
“Tu dici che stai aspettando qualcosa. E io dico a te: ‘Sì,
sì. Tutti aspettano’”.
“Tu cosa aspetti?”
“Te. Io aspetto te”.
Catherine Zeta-Jones e Tom Hanks
in The Terminal di Steven Spielberg, 2004
– 74 –
The Big Kahuna
E ora preparatevi. L’avete sempre sentito nominare, ma
questo monologo è la madre di tutti i monologhi. Se avete
visto il film, meglio. Se non lo avete visto, godetevi queste
parole. Tutto quello che vorresti sapere sulla vita, e non
hai mai osato chiedere. Il corrispettivo – nel cinema – della Lettera al figlio di Rudyard Kipling nella letteratura. Se
non l’avete mai letta, andate a cercare anche quella. Vale
la pena.
“Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare. Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una
volta appassite. Ma credimi, tra vent’anni guarderai quelle
tue vecchie foto. E in un modo che non puoi immaginare
adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico
avevi! Non eri per niente grasso come ti sembrava. Non
preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati, ma sapendo
che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per
risolvere un’equazione algebrica. I veri problemi della vita
saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate
per la mente. Di quelle che ti prendono di sorpresa alle
quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa’ una cosa, ogni giorno che sei spaventato. Canta. Non
esser crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente
che è crudele col tuo. Lavati i denti. Non perder tempo
con l’invidia. A volte sei in testa. A volte resti indietro. La
corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.
– 75 –
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti. Se ci
riesci veramente dimmi come si fa. Conserva tutte le vecchie lettere d’amore, butta i vecchi estratti conto.
Rilassati.
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua
vita. Le persone più interessanti che conosco, a ventidue
anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni
più interessanti che conosco ancora non lo sanno. Prendi
molto calcio. Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no. Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant’anni. Forse ballerai con lei al
settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso,
ma non rimproverarti neanche. Le tue scelte sono scommesse. Come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi. Senza
paura e senza temere quel che pensa la gente. È il più
grande strumento che potrai mai avere. Balla. Anche se
il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno. Leggi le
istruzioni, anche se poi non le seguirai. Non leggere le riviste di bellezza. Ti faranno solo sentire orrendo.
Cerca di conoscere i tuoi genitori. Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre. Tratta bene i tuoi fratelli. Sono il migliore legame con il passato e quelli che più
probabilmente avranno cura di te in futuro.
– 76 –
Renditi conto che gli amici vanno e vengono. Ma alcuni,
i più preziosi, rimarranno. Datti da fare per colmare le
distanze geografiche e di stili di vita, perché più diventi
vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da
giovane. Non fare pasticci coi capelli, se no quando avrai
quarant’anni sembreranno di un ottantacinquenne. Sii
cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli
è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo
per più di quel che valga. Ma accetta il consiglio... per
questa volta”.
Danny DeVito (fuori campo)
in The Big Kahuna di John Swanbeck, 1999
– 77 –
Attimi
“Cogli l’attimo, cogli la rosa quand’è il momento”. Perché
il poeta usa questi versi? Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi. Perché, strano a dirsi, ognuno di noi in questa stanza
un giorno smetterà di respirare: diventerà freddo e morirà.
Adesso avvicinatevi tutti, e guardate questi visi del passato: li avrete visti mille volte, ma non credo che li abbiate
mai guardati. Non sono molto diversi da voi, vero? Stesso
taglio di capelli, pieni di ormoni come voi e invincibili,
come vi sentite voi. Il mondo è la loro ostrica. Pensano di
esser destinati a grandi cose come molti di voi. I loro occhi
sono pieni di speranza: proprio come i vostri.
Avranno aspettato finché non è stato troppo tardi per tirar fuori dalle loro vite una virgola di ciò di cui erano capaci? Perché vedete, questi ragazzi ora sono concime per i
fiori. Ma se ascoltate con attenzione li sentirete bisbigliare
il loro monito. Coraggio, accostatevi! Ascoltate! Sentite?
‘Carpe diem’. Cogliete l’attimo, ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita!”.
Robin Williams ne
L’attimo Fuggente di Peter Weir, 1989
“Sai quando qualcuno ti dice ‘cogli l’attimo’? Non lo so,
io invece credo che succeda il contrario: nel senso che è
l’attimo che coglie noi. – Sì, lo so, è una costante. L’attimo
è come, è come se fosse sempre ora, no?”.
Zoe Graham e Ellar Coltrane in Boyhood
di Richard Linklater, 2014
– 78 –
“Certe volte non scatto, se mi piace il momento, piace a
me, a me soltanto, non amo avere la distrazione dell’obbiettivo, voglio solo restarci, dentro”.
Sean Penn ne I sogni segreti
di Walter Mitty di Ben Stiller, 2013
“Che stupidi che siamo, quanti inviti respinti, quante
parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. Tante
volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo
nemmeno”. Stefano Accorsi ne Le fate ignoranti
di Ferzan Ozpetek, 2001
“Wow! Dopo che saltai, mi venne in mente che la vita è
perfetta. La vita è il massimo, piena di magia, bellezza, opportunità, e televisione. E sorprese... un sacco di sorprese,
sì. E poi c’è quella cosa che tutti vogliono tanto, ma che
riescono a provare solo quando non c’è più. Tutto questo
mi ha colpito, perché forse non si riesce a capirle bene
certe cose quando si è ancora, insomma, vivi...”.
La voce fuori campo di Jeremy Davies mentre
sta gettandosi giù dal Million Dollar Hotel
di Wim Wenders, 2000
“Ci sono pianti che possono cambiare il corso della vita...
pianti che una volta sentiti non li cancelli più dalla memoria”.
Jason Patric in Sleepers di Barry Levinson, 1996
– 79 –
“Buongiorno, e casomai non vi rivedessi: buon pomeriggio, buonasera e buonanotte”.
Jim Carrey in The Truman Show
di Peter Weir, 1998
“Il tempo è un grande autore. Trova sempre il perfetto
Finale”.
Charlie Chaplin nel suo Luci della Ribalta, 1952
“La vita si gioca in un colpo solo... il resto è attesa”.
Matt Damon ne Il Giocatore di John Dahl, 1998
“La vita è avere coraggio e affrontare l’ignoto”.
Kristen Wiig ne I sogni segreti
di Walter Mitty di Ben Stiller, 2013
“Rambo, come vivrai?”.
“Giorno per giorno”.
Sylvester Stallone in Rambo 2 - La Vendetta
di George Pan Cosmatos, 1985
“Non so se avrò tempo di scrivere altre lettere, perché
forse sarò troppo impegnato a cercare di partecipare.
Quindi, se questa dovesse essere l’ultima lettera, voglio
che tu sappia che non stavo per niente bene prima di cominciare il liceo e tu mi hai aiutato. Anche se non sapevi
di cosa parlavo o non conoscevi nessuno che aveva questi
problemi, non mi hai fatto sentire solo. Perché io so che
– 80 –
ci sono persone che dicono che queste cose non esistono.
Perché ci sono persone che quando compiono diciassette
anni, dimenticano com’era averne sedici. So che queste un
giorno diventeranno delle storie e che le nostre immagini
diventeranno vecchie fotografie e noi diventeremo il padre
o la madre di qualcuno. Ma qui, adesso, questi momenti
non sono storie, questo sta succedendo. Io sono qui e sto
guardando lei. Ed è bellissima. Ora lo vedo, il momento
in cui sai di non essere una storia triste. Sei vivo. E ti alzi
in piedi e vedi le luci sui palazzi e tutto quello che ti fa
restare a bocca aperta. E senti quella canzone, su quella
strada, con le persone a cui vuoi più bene al mondo. E in
questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito”.
Logan Lerman in Noi siamo infinito
di Stephen Chbosky, 2013
“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse”.
Robin Williams in L’attimo Fuggente
di Peter Weir, 1989
“New York Herald Tribune! New York Herald Tribune!”.
Jane Seberg in A bout de souffle
di Jean-Luc Godard, 1960
– 81 –
Good Morning, Vietnam
“Mi piace l’odore del napalm al mattino”.
Robert Duvall in Apocalypse Now
di Francis Ford Coppola, 1979
“L’orrore! L’orrore!”.
Marlon Brando in Apocalypse Now
di Francis Ford Coppola, 1979
“Goooood morning, Viet-naaaaam!”.
Robin Williams in Good Morning, Vietnam
di Barry Levinson, 1987
– 82 –
Vite spericolate
Il cinema propone sempre vite “diverse”. Se fossero uguali
alle nostre in tutto e per tutto, non ci sarebbe bisogno di andare al cinema. Ma in alcuni film, propone delle vite un po’
più diverse. All’inseguimento di estasi artificiali o naturali,
di comunioni mistiche con la natura, con l’universo tutto,
o vite alternative alla spenta borghesia italiana degli anni
’70, come in Radiofreccia.
“Ciccio, la radio è un hobby... Potevi essere maniaco dei
francobolli o dei pesci gatto o di che cazzo ne so... Dai,
avrai comunque le tue 300 mila lire al mese, cambierai la 127 ogni tre anni, ti sposerai Ilaria perché quelli
come te sposano sempre quella che hanno conosciuto
alle medie”.
“Cosa vuol dire, quelli come me?”.
“Vuol dire quelli come te, i figli, un maschio e una femmina,
se ti va male due e due, a cinquant’anni la casetta tua con
tutte le grate alle finestre per paura degli zingari, tromberai
Ilaria solo una volta al mese quando sarete ciucchi.
E poi due passi la domenica mattina, i tortelli alla vigilia,
qualche petardino a capodanno, le barzellette al bar in
dialetto e l’italiano davanti al capo, Novantesimo minuto
vita natural durante, la 127 lavata il sabato per portare
fuori la famiglia la domenica, una vita di straordinari per
comprarti lo Zodiac per le gite sul Po e 3 o 4 hobby nuovi
perché sennò il tempo libero ti ammazza... Gran sballo:
– 83 –
quelli come te sono anche capaci di fare volontariato alla
Croce rossa”.
“Quelli come me, a quelli come te li mandano affanculo!”.
Luciano Federico in Radiofreccia
di Luciano Ligabue, 1998
“E dove sono i pezzi mancanti?”.
“Li abbiamo mangiati, amico. Prima che la mia donna
lo facesse arrivare qui dentro lo ha immerso nell’acido
liquido. Lsd, amico. È da mesi che ci lecchiamo l’Impero
Britannico; vuoi volare? Scegli un paese”.
“Non mi dare l’Irlanda del Nord, non voglio fare un brutto viaggio!”
“Prova il Nepal amico, ti porterà sull’Himalaya!”.
Daniel Day-Lewis in Nel nome del padre
di Jim Sheridan, 1993
“Caro diario, sono felice solo in mare, nel tragitto tra un’i­
so­la che ho appena lasciato e un’altra che devo ancora
raggiungere”.
Nanni Moretti in Caro diario, 1993
“Scegliete la vita, scegliete il lavoro, scegliete la carriera,
scegliete la famiglia. Scegliete un maxi televisore del cazzo,
scegliete la lavatrice, macchine, cd, apriscatole elettrico.
Scegliete la buona salute, il colesterolo basso, la polizza a
vita, un mutuo a interessi fissi. Scegliete la casa, gli amici, scegliete la moda casual, valige in tinta. Scegliete un
salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del
– 84 –
cazzo, scegliete un fai da te e chiedetevi chi cacchio siete
la domenica mattina.
Scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e
lo spirito con i quiz, mentre vi ingozzate di schifezze da
mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia
in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per
gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché
dovrei fare una cosa così, io ho scelto di non scegliere la
vita, ho scelto qualcos’altro. Le ragioni?
Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando ha
l’eroina!”.
Ewan McGregor
in Trainspotting di Danny Boyle, 1996
“La gente pensa che si tratti di miseria, disperazione, morte, merdate del genere, che pure non vanno ignorate. Ma
quello che la gente dimentica è quanto sia piacevole, se
no noi non lo faremmo, non siamo mica stupidi, almeno
non fino a questo punto.
Prendete l’orgasmo più grosso che avete mai provato,
moltiplicatelo per mille e neanche allora ci siete vicini.
Quando ti buchi hai una sola preoccupazione: farti.
Quando non ti buchi di colpo devi preoccuparti di tutta una
serie di cazzate: non hai i soldi, non puoi sbronzarti; hai i
soldi, bevi troppo; non hai una passera, non scopi mai; hai
una passera, rompe le palle. Devi pensare alle bollette, al
mangiare, a qualche squadra di merda del cazzo che non
– 85 –
vince mai, ai rapporti umani e a tutte quelle cose che non
contano quando hai un’onesta e sana tossicodipendenza.
L’unico svantaggio, perlomeno lo svantaggio più grosso
è che devi sciropparti una serie di stronzi che ti dicono:
‘neanche morto mi avvelenerei il corpo con quella merda’… ‘sprechi la vita avvelenandoti con quella merda’…
‘Tutte le occasioni che avevi, figliolo, le hai buttate via per
riempirti le vene con quello schifo’…”.
Ewan McGregor in Trainspotting
di Danny Boyle, 1996
“Eccoti qui: decidi che la fase dell’eterna adolescenza è finita e che è ora di crescere e crescerai. E allora tutto cambia e questa volta cambierà. Avrai una casa più grande, la
piscina, il garage col posto auto, il prato sempre curato,
il portico fiorito e le porte smaltate, il cane che chiamerai
Marx e la barca che chiamerai Giulia, avrai la salute assicurata, la vita assicurata, il frigorifero sempre pieno per non
sentirti povero, un tappeto etnico per continuare a sentirti giovane e finestre da cui entra sempre il sole... E allora
avrai la tua famiglia felice, i tuoi bambini in salute e lei,
avrai lei che ti ricorda tutte le cose belle che avete avuto...
Non è questo che avevi sempre sognato?”.
Stefano Accorsi in L’ultimo bacio
di Gabriele Muccino, 2001
“C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa
di cambiare la propria situazione perché è condizionata
dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma
– 86 –
in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste
nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo
dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove
esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere
un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni
giorno sotto un sole nuovo e diverso… Non dobbiamo che
trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un’esistenza non convenzionale”.
Emile Hirsch in Into the wild di Sean Penn, 2007
“Molti uomini hanno una vita di quieta disperazione: non
vi rassegnate a questo, ribellatevi, non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno. Osate cambiare, cercate nuove strade”.
Robin Williams in L’attimo Fuggente
di Peter Weir, 1989
– 87 –
Il cinema ha l’oro in bocca
All work and no play make Jack a dull boy
All work and no play make Jack a dull boy
All work and no play make Jack a dull boy…
Jack Nicholson batte a macchina il suo “romanzo”
in Shining di Stanley Kubrick, 1980
Uno dei momenti più spaventosi del film. Wendy Torrance
(Shelley Duvall) cammina lentamente nella Colorado Room,
dove suo marito Jack Nicholson ha lavorato, febbrilmente,
senza posa, al suo nuovo romanzo. Ci sono centinaia di fogli
battuti a macchina. Probabilmente il romanzo è quasi finito.
Ma, per la sorpresa – e l’orrore – di Wendy, ogni riga di ogni
foglio battuto a macchina da Jack ripete solo quella frase.
E mentre la colonna sonora sale di volume, Wendy viene
sorpresa da Jack che le sussurra calmo: “Ti piace?”.
All work and no play make Jack a dull boy è un proverbio.
Completamente fuori luogo, o forse no: contiene un riferimento al nome del personaggio. E un riferimento al lavoro
ossessivo, che in fondo è anche il problema di Jack. Ma nei
vari paesi in cui il film è uscito, Jack ha battuto a macchina frasi diverse.
Kubrick, si sa, era un tremendo perfezionista. Ha pensato
che lo shock della scena si sarebbe perso, se il pubblico avesse
dovuto leggere la frase tradotta in un sottotitolo. E allora,
ha scelto lui stesso le “traduzioni” del proverbio.
– 88 –
In italiano, la frase diventa “Il mattino ha l’oro in bocca”.
Fu scelta dallo stesso Kubrick. Kubrick scelse anche le frasi
per i doppiaggi del film nelle altre lingue.
In tedesco è “Was du heute kann besorgen, das verschiebe
nicht auf Morgen”
(Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi).
In francese è “Un tiens vaut mieux que deux tu l’auras”
(potremmo dire: Meglio un uovo oggi che una gallina domani).
In spagnolo è “No por mucho madrugar amanece màs
temprano”
(Hai voglia a svegliarti prima, non farai sorgere prima il
sole).
Nelle scene in cui si sente Jack battere a macchina ma non
vediamo ciò che scrive, Kubrick ha registrato il suono di un
dattilografo che effettivamente batte a macchina le parole
“All work and no play make Jack a dull boy”. Questo perché
ogni tasto di una macchina da scrivere suona leggermente differente dagli altri, e lui voleva assicurare un senso di
autenticità alla scena.
Phil Buehler, un fan di Stephen King (e di Kubrick) ha pubblicato il libro che Jack Torrance stava scrivendo. Un libro
di 80 pagine che contiene solo la frase “All work and no
play make Jack a dull boy”, con le parole organizzate graficamente in modo diverso in ogni pagina, così da formare
zigzag o spirali. Le prime dieci pagine del libro duplicano
immagini del manoscritto di Jack Torrance tratte dal film.
Poi Phil ha proseguito da solo.
– 89 –
Pulp e Cult
Pulp Fiction è ormai, e probabilmente per sempre, un cult.
L’equilibrio perfetto di violenza che dà i brividi e di gioco infantile, che fa sempre in modo che tutto non sembri proprio
vero. Personaggi duri, violenti, ma anche ironici. Capaci
di parlare di panini dei fast food prima di compiere una
strage. Dialoghi che sembrano interminabili sui massaggi
ai piedi, improbabili citazioni bibliche. Un mondo a misura di fumetto, nel quale vivremmo volentieri, noi ragazzi
cresciuti tra fumetti, telefilm e musica pop.
“Come ti chiami?”.
“Butch”.
“E che cosa significa?”.
“Sono americano, dolcezza, i nostri nomi non vogliono
dire un cazzo”.
Angela Jones e Bruce Willis in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“Rivolterò il mondo per trovarlo. E anche se andasse in
Indocina, uno dei nostri starà nascosto in una ciotola di
riso pronto a sparargli nel culo”.
Ving Rhames in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“Stai per esplodere?”.
“Sì, sto per esplodere!”.
“E io sono un fungo atomico sterminatore, figlio di put– 90 –
tana. Ogni volta che le mie dita toccano cervelli divento
Superfly TNT, divento i cannoni di Navarone, infatti che
cazzo ci sto a fare qui dietro, sei tu che devi pensare al
cervello. Scambiamoci il posto, io pulisco i finestrini e tu
raccogli il cranio di questo stronzo!”.
Samuel L. Jackson e John Travolta
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Tu ora vai fuori e dici ‘Buonanotte, ho passato una bellissima serata’, apri la porta, entri in macchina, vai a casa,
ti fai una sega, e finisce la storia”.
John Travolta allo specchio in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“Stai bene?”.
“No amico, mai stato così lontano dallo star bene”.
Bruce Willis e Ving Rhames in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“Sono Wolf. Risolvo problemi”.
Harvey Keitel in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“Non odi tutto questo?”
“Odio cosa?”
“I silenzi che mettono a disagio. Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a
nostro agio?”
“Non lo so. È un’ottima domanda”.
– 91 –
“È solo allora che sai di aver trovato qualcuno speciale:
quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace”.
Uma Thurman a John Travolta
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Dunque, esaminiamo la situazione: normalmente le vostre budella si ritroverebbero sparpagliate nel locale, ma
per caso mi avete trovato in un periodo di transizione,
perciò non voglio uccidervi, voglio aiutarvi”.
Samuel L. Jackson al rapinatore Tim Roth
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
La forza dei periodi di “transizione”…
“Forza, entriamo nei personaggi”.
Samuel L. Jackson a John Travolta, dopo aver parlato
del più e del meno e prima di uccidere tre ragazzini
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Dobbiamo togliere la macchina dalla strada, gli sbirri
tendono a notare cose tipo guidare una macchina inzuppata di sangue”.
Samuel L. Jackson e John Travolta
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Voglio farti una domanda, quando sei arrivato qui hai
visto per caso scritto davanti a casa mia ‘deposito di negri morti’?”.
“Jimmy, lo sai che non è questo”.
– 92 –
“No no rispondi, hai visto per caso scritto davanti a casa
mia ‘deposito di negri morti’?”.
“No, non l’ho visto”.
“E sai perché non l’hai visto?”.
“Perché?”.
“Perché conservare i negri stecchiti non è affatto il mio
campo! È questo il motivo!”.
Quentin Tarantino e Samuel L. Jackson
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Ma porca puttana, che cazzo stai facendo con questo
asciugamano?!!?”.
“Mi stavo asciugando le mani”.
“Ma di solito uno se le lava prima!”.
“Ma hai visto che me le sono lavate!”.
“Ho visto che te le sei bagnate”.
“Le stavo lavando, questa schifezza è difficile da togliere,
se ci fosse della pietra pomice avrei fatto di meglio”.
“Però io ho usato lo stesso sapone e quando ho finito l’asciugamano non assomigliava a un maxi assorbente!”.
John Travolta e Samuel L. Jackson zuppi di sangue
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“E adesso?”.
“Ora ti dico adesso cosa. Chiamerò due tizi strafatti di crack
per fare un lavoretto in questo cesso, con un paio di pinze
e una buona saldatrice. Hai sentito quello che ho detto,
pezzo di merda? Con te non ho finito neanche per il cazzo.
Ho una cura medioevale per il tuo culo. Due cose. Uno non
raccontare questa storia. Questa cosa resta tra me, te, e il
– 93 –
merdoso che presto vivrà il resto della sua stronza breve
vita fra agonie e tormenti, il violentatore”.
Ving Rhames, ovvero Marsellus Wallace appena
scampato alle sevizie di Zac e del suo amico, a Bruce
Willis in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Non è neanche lo stesso campo da gioco, cazzo. Ora senti,
forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio, ma sai...
toccare i piedi di sua moglie e infilarle la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso campo da gioco, non è lo
stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport”.
Samuel L. Jackson a John Travolta
in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, 1994
“Che moto è?”.
“Non è una moto, è un chopper...”.
“E di chi è questo chopper?”.
“È di Zed...”.
“Chi è Zed?”.
“ Zed è morto, baby... Zed è morto...”.
Bruce Willis e Maria de Medeiros in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“Quando sarai grande, se la cosa ti brucerà ancora e vorrai
vendicarti, io ti aspetterò”.
Uma Thurman in Kill Bill
di Quentin Tarantino, 2003
– 94 –
De Niro non trova l’auto nel parcheggio, mentre sta fuggendo
con un sacchetto pieno di soldi. Bridget Fonda lo stuzzica.
“Santo cielo, voi due siete i più gran coglioni che ho incontrato nella mia vita… ora è chiaro perché finivi dentro!
È in questa fila? Ci sta? Lewis… Lewisssssss… È in questa
fila? O in quella accanto? Ma sei sicuro? O è un’altra allucinazione? Forse il sole ti ha dato…”.
“Ehi… Dacci un taglio, d’accordo? Tieni chiusa quella
bocca”.
“Ehi ma…”.
“Non voglio sentire neppure una cazzo di parola, chiaro?”.
“D’accordo, Lewis…”.
[Lui le spara due colpi, uccidendola] Lewis trova l’auto.
“Visto? È dove dicevo io…”.
Robert De Niro uccide Bridget Fonda
in Jackie Brown di Quentin Tarantino, 1997
Le donne in genere non capiscono questa scena. Spiegazione:
se lui, esasperato, le dice “stai zitta”, e glielo dice con un tono
che non ammette repliche, lei deve stare zitta. E basta. Non
deve dire “d’accordo”, perché in quel modo parla. E invece deve stare zitta! È semplice. Le donne non la capiscono,
questa scena...
“Prova a fare una mossa falsa e ti ritrovi il cervello sulle
mie tende”.
Pam Grier in Jackie Brown di Quentin Tarantino, 1997
– 95 –
“Per te è stato bello come lo è stato per me?”.
Michael Madsen mentre sta torturando un poliziotto
in Le Iene di Quentin Tarantino, 1992
“Oh cazzo, dimenticavo. Non sempre, ma a volte quella
troia ha la fica più asciutta di un bidone di sabbia”.
Michael Madsen a proposito di Uma Thurman in coma,
in Kill Bill di Quentin Tarantino, 2003
“Questa è una merdosissima realtà della vita, ma è una
realtà della vita davanti alla quale il tuo culo deve essere
realista”.
Ving Rhames a Bruce Willis in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
“È solo una curiosità: a che serve una borchia sulla lingua?”.
“È sensuale, aiuta la fellatio!”.
John Travolta e Rosanna Arquette in Pulp Fiction
di Quentin Tarantino, 1994
– 96 –
Hard boiled
Detective, poliziotti, investigatori, sceriffi, stelle e stellette:
il cinema da sempre racconta guardie e ladri.
“Gli faremo un’offerta che non potrà rifiutare”.
Marlon Brando in Il padrino di Francis Ford Coppola, 1972
“Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster. Per
me fare il gangster è sempre stato meglio che fare il presidente degli Stati Uniti”.
Ray Liotta in Goodfellas – Quei bravi ragazzi
di Martin Scorsese, 1990
“Accontentati tu! Io prendo tutto, tutto quello che posso”.
“E che cosa vuoi tu?”.
“Il mondo, chico. E tutto quello che c’è dentro”.
Al Pacino in Scarface di Brian De Palma, 1983
“Non mi chiami ‘figliolo’: io sono un avvocato e un ufficiale della Marina degli Stati Uniti, e lei è in arresto, gran
figlio di puttana!”
Tom Cruise a Jack Nicholson
in Codice d’onore di Rob Reiner, 1992
“Sei solo chiacchiere e distintivo! Chiacchiere e distintivo!!”.
Robert De Niro a Kevin Costner che lo ha arrestato
ne Gli intoccabili di Brian De Palma, 1987
– 97 –
La solitudine dei primi
“E Laika, il cane spaziale? L’hanno infilata in uno Sputnik
e l’hanno messa nello spazio; per sapere come stava, le
hanno messo dei fili nel cervello e nel cuore. Non penso
che stesse tanto bene. Per cinque mesi ha dovuto girare
in tondo lassù, finché sono finite le provviste ed è morta
di fame. È importante sapere certe cose, perché uno, così,
ci può fare un confronto”.
Il piccolo Anton Glanzelius pensa che c’è sempre
di peggio, in La mia vita a quattro zampe
di Lasse Haellstroem, 1985
“La solitudine mi ha perseguitato per tutta la vita, dappertutto. Nei bar, in macchina, per la strada, nei negozi,
ovunque. Non c’è scampo: sono nato per essere solo”.
Robert De Niro
in Taxi Driver di Martin Scorsese, 1976
“È come se la vita di ognuno di noi fosse relegata in un
limbo e fosse inaccessibile agli altri”.
Ellar Coltrane in Boyhood
di Richard Linklater, 2014
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”.
John Belushi in The Blues Brothers
di John Landis, 1980
– 98 –
“Mi sono giustificato con me stesso in tante maniere diverse, non era niente di che, solo un piccolo tradimento,
o... i nostri rapporti erano cambiati, sapete, cose così... ma
ammettiamolo: li avevo bidonati, i miei cosiddetti amici.
Di Begbie non me ne fregava un cazzo, e Sick Boy avrebbe
fatto lo stesso con me se c’avesse pensato per primo, di
Spud, beh, d’accordo per Spud mi dispiaceva, non aveva
mai fatto del male a nessuno lui.
Allora perché l’ho fatto? Potrei dare un milione di risposte
tutte false. La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò, è l’ultima volta che faccio cose come
questa, metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto,
scelgo la vita.
Già adesso non vedo l’ora, diventerò esattamente come
voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la
lavatrice, la macchina, il cd e l’apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima
casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te,
telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco,
orario d’ufficio, bravo a golf, l’auto lavata, tanti maglioni,
Natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui
morirai”.
Ewan McGregor in Trainspotting
di Danny Boyle, 1996
“Se decidi davvero di diventare qualcuno, lo diventi”.
Jack Nicholson in The Departed
di Martin Scorsese, 2006
– 99 –
“Tutta quella città... non si riusciva a vederne la fine...
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto
molto bello, su quella scaletta... e io ero grande con quel
bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che
sarei sceso, non c’era problema. Non è quello che vidi che
mi fermò, Max. È quello che non vidi. Puoi capirlo?
Quello che non vidi... In tutta quella sterminata città
c’era tutto tranne la fine. C’era tutto. Ma non c’era una
fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto ciò. La fine
del mondo. Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I
tasti finiscono. Tu lo sai che sono ottantotto, su questo
nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli ottantotto tasti la musica che puoi
fare è infinita.
Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se tu. Ma se
io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non
finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai...
Quella tastiera è infinita, e se quella tastiera è infinita allora
su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare.
Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte
su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come
fate voi laggiù a sceglierne una. A scegliere una donna.
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da
guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo addosso
che nemmeno sai dove finisce, e quanto ce n’è. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla,
quell’enormità, solo a pensarla? A viverla...
– 100 –
Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo
passava, ma non più di duemila persone per volta. E di
desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano
stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la
tua felicità su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato a vivere in questo modo. La terra... è una
nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È
un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una
musica che non so suonare. Non scenderò dalla nave. Al
massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti,
io non esisto nemmeno”.
Tim Roth in La leggenda del pianista sull’oceano
di Giuseppe Tornatore, 1998
“Se gli imbecilli potessero volare, avremmo risolto il pro-
blema del traffico”.
Michael Douglas in Matrimonio impossibile
di Andrew Fleming, 1979
“In caso di depressurizzazione mettere la maschera sul
viso per nascondere l’espressione terrorizzata agli altri
passeggeri”.
Madagascar 2 di Eric Darnell, 2008
– 101 –
Ameli-ste
“Ai tabacchi c’è Georgette: la malata immaginaria. Quando
non ha l’emicrania, ha il nervo sciatico infiammato. Non
le piace la frase: ‘Sia benedetto il frutto del ventre tuo’.
Ecco Gina: collega di Amélie. Sua nonna era guaritrice.
Le piace scrocchiarsi le ossa. Serve un Kirsch al lampone
a Hipolito: lo scrittore fallito. A lui piace soprattutto vedere in tv un torero che si fa incornare.
Il tizio che li osserva truce è Joseph: un amante geloso
respinto da Gina. Passa le giornate a spiarla per vedere
se c’è un altro. La sola cosa che gli piace è schiacciare le
palline della plastica da imballo.
In ultimo c’è Philomène: l’hostess. Amélie le tiene il gatto
Rodrigue quando lei parte. A Philomène piace: il rumore
della ciotola sul pavimento. A Rodrigue invece piace: essere
presente quando si raccontano le favole ai bambini”.
Voce narrante in Il favoloso mondo di Amélie
di Jean-Pierre Jeunet, 2011
Non è proprio bello, definire le persone per quello che amano? Per le loro piccole manie, per le loro idiosincrasie, per
gli angoli del vivere nei quali si sentono impercettibilmente felici?
– 102 –
Io non ho paura
“Ma è sicuro?”,
Laurence Olivier a un terrorizzato Dustin Hoffman sulla sedia
del dentista ne Il maratoneta di John Schlesinger, 1976
“Il problema è che abbiamo paura: basta guardarci.
Viviamo con l’incubo che da un momento all’altro tutto
quello che abbiamo costruito possa distruggersi. Con il
terrore che il tram su cui siamo possa deragliare. Paura
dei bianchi, dei neri, della polizia, dei carabinieri.
Con l’angoscia di perdere il lavoro ma anche di diventare
calvi, grassi, gobbi, vecchi, ricchi. Con la paura di perdere i treni, di non arrivare in orario agli appuntamenti.
Paura che scoppi una bomba, di rimanere invalidi, paura
di perdere un braccio, un occhio, un dito, un dente, un
filo, un foglio. Un foglio su cui avevamo scritto una cosa
importantissima.
Paura dei terremoti, paura dei virus, paura di sbagliare,
paura di dormire. Paura di morire prima di aver fatto tutto
quello che dovevamo fare. Paura del vicino di casa, paura
delle malattie, paura di non sapere cosa dire.
Paura delle donne, paura degli uomini, paura dei germi,
dei ladri, dei topi e degli scarafaggi. Paura di puzzare,
paura di votare, di volare. Paura della folla, paura di fallire, paura di cadere, di rubare, di cantare. Paura della
gente. Paura degli altri”.
Fabio De Luigi in Happy Family
di Gabriele Salvatores, 2010
– 103 –
“La mia salute è durata più dei miei soldi. Chi l’avrebbe
immaginato?”
Michael Keaton in Birdman o l’imprevedibile virtù
dell’ignoranza di Alejandro González Iñárritu, 2014
“Riposatevi ora, la nave sarà pronta per venerdì. Se vedo
voi o uno dei vostri amici prima di allora, la signorina
Finneran sarà vittima di una violenza raccapricciante
prima di morire, come del resto succederà a suo padre,
signor Hockney. E a suo zio Randall in Arizona, signor
Kint. Mi limiterò a castrare David, il nipote del signor
McManus. Sono stato chiaro?”.
Pete Postlethwaite ne I Soliti sospetti
di Bryan Singer, 1995
“Ha trovato tanta pioggia sulla strada? Ho visto che viene da Dallas…”.
“E a te che cosa importa da dove vengo, (pausa) amico?”.
“Io… Non volevo offenderla”.
“Non volevi offendermi?”.
“Era solo per ingannare il tempo. Se non vuole accettare le mie scuse, non so che altro dirle, signore. C’è qualcos’altro?”.
“Non lo so. C’è altro?”.
“C’è qualcosa che non va?”.
“In che senso? In generale? È questo che mi stai chiedendo?”.
“Beh, adesso dovrei incominciare a chiudere”.
“A che ora chiudete?”.
– 104 –
“Adesso”.
“Adesso non è un’ora. A che ora chiudete?”.
“Adesso… dopo il tramonto”.
“Non sai di che cosa stai parlando, vero?”.
Javier Bardem, killer psicopatico, e l’anziano gestore
di un drugstore in Non è un paese per vecchi
di Joel e Ethan Coen, 2007
“Qual è la cosa più grossa che hai perso a testa o croce?”.
“Scusi?”.
“La cosa più grossa che hai perso a testa o croce?”.
“Non lo so, non saprei dire”.
“Scegli”. (getta la monetina in aria)
“Per cosa?”.
“Scegli e basta!”.
“Beh… Dovrei almeno sapere che cosa c’è in ballo”.
“Devi scegliere tu. Non posso scegliere per te”.
“Non sono giocatore”.
“Sì invece. Te la stai giocando da quando sei nato. Solo
che non lo sapevi. Sai che data c’è in questa moneta?
1958. Ha viaggiato 22 anni per arrivare fin qui. E adesso
è testa o croce”.
“Che cosa posso vincere?”.
“Tutto. Puoi vincere tutto. Scegli”.
“Testa allora…”.
[pausa]
“Ben fatto. Non la mettere in tasca, amico. È il tuo porta– 105 –
fortuna. In tasca si mescolerebbe con le altre, diventerebbe
una moneta qualunque. E di fatto, lo è”.
Javier Bardem, killer psicopatico,
e l’anziano gestore di un drugstore in Non è un paese
per vecchi di Joel e Ethan Coen, 2007
Noi spettatori sappiamo che Javier Bardem uccide facilmente, nei modi più impensati. E sappiamo che la vita del
gestore dell’emporio è appesa a un filo. Ma anche lui, oscuramente, lo percepisce. Quello che dà i brividi è esattamente
quello che non viene detto.
– 106 –
Nel nome del padre
“Ciao, papà... sai, mi ricordo una vita fa... quando ero
poco più alto di un metro, pesavo al massimo 30 chili,
ma ero ancora tuo figlio. Quei sabato mattina che andavo
a lavorare col mio papà e salivo su quel grande camion
verde. Mi sembrava che quello fosse il camion più grande dell’universo, papà. Mi ricordo quant’era importante il
lavoro che facevamo... e che, se non era per noi, la gente
sarebbe morta di freddo.
Per me tu eri l’uomo più forte del mondo, papà. Ti ricordi quei filmini quando mamma si vestiva come Loretta
Young? E i gelati, le partite di football, Wayne e Tonno?
Il giorno che partii per la California per poi tornare a casa
con l’FBI che mi dava la caccia, e quell’agente dell’FBI che
dovette mettersi in ginocchio per mettermi le scarpe, e tu
dicesti ‘Quello è il tuo posto figlio di puttana: ad allacciare
le scarpe a George’.
Quella sì che fu bella.... Fu veramente speciale. Ricordi,
papà? E quella volta che mi dicesti che i soldi non sono la
realtà? Beh, vecchio mio, oggi ho quarantadue anni, e alla
fine ho capito quello che tentavi di dirmi... tanti anni fa....
ora finalmente l’ho capito... Sei il migliore, papà. Avrei solo
voluto fare di più per te. Avrei voluto avere più tempo...
Comunque... Che tu possa avere il vento in poppa, che il
sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti
in alto a danzare con le stelle... Ti voglio bene, papà. Un
bacio. George”.
Johnny Depp in Blow di Ted Demme, 2001
– 107 –
Almeno credo
“Buonanotte... qui è Radio Raptus... e io sono Benassi...
Ivan. Forse lì c’è qualcuno che non dorme, beh comunque
che ci siate oppure no, io c’ho una cosa da dire. Oggi ho
avuto una discussione con un mio amico; lui... lui è uno
di quelli bravi, bravi a credere a quello in cui gli dicono di
credere. Lui dice che se uno non crede in certe cose non
crede in niente. Beh non è vero. Anch’io credo.
Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith
Richards. Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese. Credo
che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e
un padre che siano decenti con lui, almeno finché non si
sta in piedi.
Credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez
non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre, belle in maniera diversa. Credo che non sia tutto
qua, però prima di credere in qualcos’altro bisogna fare
i conti con quello che c’è qua, e allora mi sa che crederò
prima o poi in qualche Dio.
Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecentomila al mese, però credo anche che se non
leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente
cambieranno le cose. Credo che c’è un buco grosso dentro,
ma anche che il rock n’ roll, qualche amichetta, il calcio,
qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici
ogni tanto questo buco me lo riempiono.
– 108 –
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila
abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e
credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché
comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita
degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve
molta energia”.
Stefano Accorsi in Radiofreccia
di Luciano Ligabue, 1998
– 109 –
La legge del desiderio
“Oh, mia Lolita, io non ho che le parole da far giostrare
sulla scena!”.
James Mason in Lolita di Stanley Kubrick, 1962
“Amare significa non dover mai dire ‘mi dispiace’…”.
Ali McGraw in Love Story di Arthur Hiller, 1970
“Ti amo”.
“Sprecare l’amore per un vecchio?”.
“L’amore non è mai sprecato”.
Claire Bloom e Charlie Chaplin in Luci della ribalta
di Charlie Chaplin, 1952
“Perché niente è perso per sempre, in questo mondo c’e
una sorta di progredire doloroso: desideriamo ciò che
abbiamo lasciato indietro, e sogniamo ciò che è avanti. O
almeno credo che sia così!”.
Julianne Moore in Still Alice di Richard Glatzer
e Wash Westmoreland, 2014
“In Thailandia? Con Daniel Cleaver? Quello ti si scopa
prima che l’aereo decolli!”.
L’amica di Bridget in Che pasticcio Bridget Jones
di Beeban Kidron, 2004
– 110 –
A che ora è la fine del mondo
“Sta arrivando la fine del mondo Mal”.
“Sono gli angeli, Mickey, stanno scendendo dal Paradiso
per noi. Ti vedo cavalcare un grande cavallo rosso, hai le
redini in mano e frusti i cavalli, fremono, nitriscono e hanno la schiuma alla bocca, vengono verso di noi... e vedo il
futuro... non c’è morte perché io e te siamo angeli”.
“Questa è poesia, bellissima...”.
Woody Harrelson e Juliette Lewis in Assassini nati –
Natural Born Killers di Oliver Stone, 1994
“Ma come ti è venuto in mente di fare un incidente pro­
prio oggi?”.
“No, è che domani avevo un impegno…”.
Eleonora Abbagnato e Valentino Picone
in Il 7 e l’8 di Giambattista Avellino, 2007
“Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata
la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e
il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato
e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove,
c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che
questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco.
Sì, è solo un trucco”.
Toni Servillo ne La grande bellezza
di Paolo Sorrentino, 2013
– 111 –
L’amore è una cosa meravigliosa
“Mia madre non aveva mai tempo per me. Insomma,
quando si è il figlio di mezzo in una famiglia di 5 milioni
non ricevi nessuna attenzione”.
Z in Z La Formica di Eric Darnell e Tim Johnson, 1998
“Non sei niente per me se non puoi essere tutto”.
Amy Adams in American Hustle – L’apparenza
inganna di David O. Russell, 2014
“L’amore ti fa venire voglia di essere una persona migliore.
Ma forse l’amore, il vero amore, ti dà anche la possibilità
di essere esattamente la persona che sei”.
Rosamund Pike in Gone girl – L’amore bugiardo
di David Fincher, 2014
“Ci sono persone magnifiche su questa terra, che se ne
vanno in giro travestite da normali esseri umani”.
Mary Stuart Masterson in
Pomodori verdi fritti di Jon Avnet, 1991
“Sii gentile con le persone quando sei in cima, perché potresti ritrovarle nella discesa... e tu dovresti saperlo più
di ogni altro”.
Judi Dench in Philomena di Stephen Frears, 2013
– 112 –
“Perchè tutti noi scegliamo sempre persone che ci trattano come nullità?”.
“Accettiamo l’amore che crediamo di meritare...”.
Emma Watson e Logan Lerman in Noi siamo infinito
di Stephen Chbosky, 2013
– 113 –
Arte & artisti
“Il cinema non lavora mai sulla verità. E la verità di chi,
poi? Il cinema è finzione. Pretendere che un tuo film possa diventare la rappresentazione più completa del genere
umano è qualcosa di assurdo e impossibile”.
Emir Kusturica
“Io non capisco che razza di arte è la tua: astrattista, futurista, esistenzialista?”.
“La mia arte è assenteista, cioè vale a dire: nelle mie opere
manca sempre qualche cosa... Vedi questa?”.
“Cos’è? Un cippo funerario?”.
“Profano! Questa è una ‘Madre con il bambino che piange’”.
“E dov’è la madre?”.
“La madre è uscita: ecco perché il bambino piange”.
“Sì, va beh, ma io non vedo neanche il bambino”.
“Ma il bambino è sciocco: è corso dietro alla madre”.
Totò in Totò cerca moglie
di Carlo Ludovico Bragaglia, 1950
“Qui nessuno lavora più, tutti fanno qualcosa di artistico”.
Sean Penn in This Must Be the Place
di Paolo Sorrentino, 2011
“L’arte di sopravvivere è un’avventura che non finisce mai”.
Christian Bale in American Hustle – L’apparenza
inganna di David O. Russell, 2014
– 114 –
“Cerco sempre di essere ‘vero’ nei confronti della storia.
Voglio essere come un buon giornalista che si avvicina
senza preconcetti a un soggetto, stando ad ascoltare quello
che mi racconta la gente. La verità del film nasce in quei
dialoghi, in quegli appunti tratti dalle conversazioni. Il
segreto è ascoltare gli altri come vorremmo essere ascoltati noi”.
Ken Loach
– 115 –
Lauree in lettere
“Signorina, veniamo noi con questa mia addirvi – addirvi!
Una parola! – che, scusate se sono poche, ma settecento
mila lire noi ci fanno specie che quest’anno c’è stato una
grande moria delle vacche come voi ben sapete.
Questa moneta la servono con l’insalata a che voi vi consolate dai dispiacere che avrete perché dovete lasciare nostro nipote che gli zii che siamo noi medesimo di persona
vi mandano questo perché il giovanotto è studente che
studia che si deve prendere una laura, che deve tenere la
testa al solito posto cioè sul collo.
Salutandovi indistintamente! I fratelli Caponi (che siamo
noi, i fratelli Caponi)”.
Totò e Peppino De Filippo in Totò, Peppino e la
Malafemmina di Camillo Mastrocinque, 1956
Quasi trent’anni dopo, un’altra lettera. E un’altra coppia.
“Caro Savonarola... Santissimo Savonarola, quanto sei bello, quanto ci piaci a noi due! Scusa le volgarità eventuali.
Santissimo, potresti lasciar vivere Vitellozzo, se puoi, eh...
Savonarola, e che è? Oh! Oh!... Diamoci una calmata, eh,
oh!... e che è?
Qua pare che ogni cosa, ogni cosa uno non si può muovere che questo o quello, pure per te, oh!! Noi siamo due
personcine perbene che non facciamo male a nessuno,
che non farebbero male nemmeno a una mosca, figuria– 116 –
moci a un santone come te. Anzi, no, anzi, varrai più di
una mosca!
Noi ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi,
senza chiederti nemmeno di stare fermo, puoi muoverti
quanto ti pare e piace e noi zitti sotto... Scusa per il paragone tra la mosca e il frate, non volevamo minimamente
offendere... I tuoi peccatori di prima, con la faccia dove
sappiamo, sempre zitti, sotto.
Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere
di Massimo Troisi e Roberto Benigni, 1985
“Ma che, sai anche il cingalese?”.
“Eh beh, una volta che sai il sanscrito, tiri giù tutto l’albero…”.
I due benzinai laureati in Smetto quando voglio
di Sydney Sibilia, 2014
– 117 –
Una ciotola di risa
“Ma cos’hai nella testa? Le scimmie urlatrici?”.
Giovanni Storti ad Aldo Baglio in Chiedimi
se sono felice di Aldo, Giovanni & Giacomo
e Massimo Venier, 2000
“Acqua gassata, acqua gassata a garganelle...!”.
Giovanni Storti ad Aldo Baglio in Chiedimi
se sono felice di Aldo, Giovanni & Giacomo
e Massimo Venier, 2000
“In Africa, tutte le mattine, quando sorge il sole, una gazzella muore. Si sveglia già morta, perché si vede che non
stava molto bene il giorno prima e allora... comunque,
sempre in Africa, tutte le mattine, quando sorge il sole, un
leone appena si sveglia comincia a correre per evitare di
fare la fine della gazzella che è morta il giorno prima.
E poi, correndo, vede che c’è la gazzella morta il giorno
prima lì e dice ‘Che cosa corro a fare? Mi fermo e gli do
due mozzicate’. Comunque, dove voglio arrivare? Non è
importante che tu sia un crotalo o un pavone. L’importante
è che se muori, me lo dici prima”.
Aldo Baglio a Marina Massironi in Così è la vita
di Aldo, Giovanni & Giacomo e Massimo Venier, 1998
“In America ancora lavorate per vivere? Noi in Italia ab­
biamo smesso negli anni Ottanta!”.
Salvo Ficarra in Anche se è amore non si vede
di Ficarra e Picone, 2011
– 118 –
L’arte della fuga
“Erano aaanni che non facevo una vacanza così!”.
“Cos’erano?”.
“Aaaaanni...”.
Fabrizio Bentivoglio in Marrakech Express
di Gabriele Salvatores, 1989
In realtà è difficile restituire, sulla pagina, quel “aaaaanni”
ghignato da Fabrizio Bentivoglio, subito preso in giro da
Abatantuono & co. Ma quanta nostalgia, quanta voglia di
giovinezza in quell’“erano aaaanni...”.
“A noi ci ha rovinato il cristianesimo, come cultura. Una
volta avevamo le terme, i massaggi... Adesso cosa abbiamo? Le pizzerie!”.
Diego Abatantuomo in Marrakech Express
di Gabriele Salvatores, 1989
“Dedicato a tutti quelli che stanno scappando”.
Didascalia finale di Mediterraneo
di Gabriele Salvatores, 1991
– 119 –
Così lontano, così vicino
“Io ne ho viste, di cose, che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei
bastioni di Orione… E ho visto i raggi B balenare nel buio
vicino alle porte di Tannhauser. E tutti questi momenti
andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire…”.
Il replicante Rutger Hauer nel finale
di Blade Runner di George Ridley Scott, 1982
La madre di tutte le frasi celebri nei film. Leggenda vuole
che non fosse prevista in sceneggiatura, e che l’avesse improvvisata Rutger Hauer. In realtà, Hauer modificò leggermente il testo dello sceneggiatore David Webb Peoples,
aggiungendo le parole “come lacrime nella pioggia”. Nel
film, non c’è nessun elemento che possa farci capire cosa
possano essere i raggi B o le porte di Tannhauser. Per questo, per questo suo mistero, la frase è così bella.
“E.T. – telefono – casa!”.
E.T. l’extra-terrestre di Steven Spielberg, 1982
“Houston, abbiamo un problema!”.
Tom Hanks in Apollo 13 di Ron Howard, 1995
– 120 –
You’ve Got a Friend
“Non bastano tutti i cammelli del deserto per comprarti
un amico”.
Proverbio arabo in didascalia all’inizio di Marrakech
Express di Gabriele Salvatores, 1988
“Louis, credo che questo sia l’inizio di una bella amicizia”.
Humphrey Bogart a Claude Rains
in Casablanca di Michael Curtiz, 1942
Humphrey Bogart era un abile scacchista. Qui gioca sul set di
Casablanca.
– 121 –
“Caro George, ricorda che nessun uomo è un fallito se ha
degli amici”.
L’angelo Harry Travers lascia a James Stewart
una dedica nel libro Le avventure di Tom Sawyer alla
fine de La vita è meravigliosa di Frank Capra, 1946
“Se sono così cattivo con te, allora perché sei ritornato?”.
“Perché gli amici fanno così... si perdonano l’un l’altro”.
Shrek a Ciuchino in Shrek di Andrew Adamson
e Vicky Jenson, 2001
Il bidello squadra Luca stancamente, poi torna a guardare
fuori dalla finestra il Tevere impetuoso, che sfiora l’arcata
dei ponti. Sospira:
“Magari tracimasse, così stiamo tutti a casa”.
Luca annuisce in silenzio. Poi, dopo qualche istante:
“Che vuol dì ‘tracimasse’?”.
Filippo Scicchitano e il bidello in Scialla!
di Francesco Bruni, 2011
“Dunque: noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo
andare, per dove dobbiamo andare. Sa, è una semplice
informazione!”.
Totò e Peppino a un vigile urbano milanese
in Totò, Peppino e la malafemmina
di Camillo Mastrocinque, 1956
– 122 –
I film toscani
Nel cinema italiano, sono molti gli artigiani di parole che
vengono dalla Toscana. Erano toscani i più grandi sceneggiatori della commedia italiana: Leo Benvenuti e Piero
De Bernardi, che hanno scritto Amici miei e altri centocinquanta film, ma anche la regina Suso Cecchi d’Amico,
unica donna in un mondo molto maschile, come quello del
cinema del dopoguerra. Toscano di elezione Furio Scarpelli.
Toscano, di Viareggio, Mario Monicelli.
E si arriva al presente, o al passato più prossimo. Francesco
Nuti da Prato, Alessandro Benvenuti da San Francesco di
Pontassieve, Paolo Virzì da Livorno, come il suo compagno
di penna Francesco Bruni. E Roberto Benigni, il più grande
inventore di favole: clown divino nato a Misericordia, vicino Arezzo, e cresciuto alla casa del popolo di Vergaio. E
poi Leonardo Pieraccioni, Massimo Ceccherini. Lo sceneggiatore e regista Giovanni Veronesi, che da solo ha scritto
mezzo cinema italiano dagli anni ’80 a oggi: dai film di Nuti,
a quelli di Pieraccioni, ai suoi Manuali d’amore.
Non sarà un Dolce stil novo come ai tempi di Dante e Ca­
valcanti. Ma i toscani hanno ancora la penna vivace. E,
spesso, intinta nel veleno dell’ironia più feroce, dell’amarezza
che tinge la comicità. E soprattutto, hanno talento. Il cinema
italiano nasce ancora, in gran parte, dai loro computer. E
allora, proviamo a leggere alcune delle loro frasi.
Abbiamo tenuto un monologo un po’ “hard”, quello del Cioni
Mario in Berlinguer ti voglio bene. Perché lì – a nostro
modo di vedere – non c’è blasfemia, ma lo sgomento vero
di fronte alla realtà ineluttabile della morte.
– 123 –
Francesco Nuti
Capace di discutere per ore se chi tace acconsente, oppure
stia semplicemente zitto. Capace di ragionare sull’appartenenza politica degli insaccati. E di dire che è stato lasciato
dalla ragazza, ma perché l’ha deciso lui. Straordinario.
“Son contento per te, son contento per lui. Siamo un grup-
po di persone contente”.
Francesco Nuti in Son contento
di Maurizio Ponzi, 1983
“Chi tace acconsente…”.
“No-o! Chi tace sta zitto!”.
“Chi tace acconsente!”.
“Nooo!! Chi tace sta zitto!”.
Dialogo con il barista Novello Novelli in Madonna che
silenzio c’è stasera di Maurizio Ponzi, 1983
“Ma perché t’ha lasciato?”.
“Chi?”.
“La tua ragazza”.
“Ah, Maria. Beh, Maria m’ha lasciato… perché a un certo
punto io ho deciso. Cioè, ho deciso che lei mi lasciasse.
Cioè: è lei che mi ha lasciato, però l’ho deciso io”.
Francesco Nuti a un bambino in Madonna che
silenzio c’è stasera di Maurizio Ponzi, 1983
– 124 –
“E se loro mangiano la locomotiva? Noi zitti zitti si mangia la bicicletta di Fausto Coppi!”.
Francesco Nuti al figlio in Tutta colpa
del Paradiso di Francesco Nuti, 1985
“La mortadella è buonissima, non c’è niente da fare, è
proprio buona.
La mortadella è comunista. Il salame, socialista.
Il prosciutto è democristiano. La coppa… liberale.
Le salsicce, repubblicane.
Il prosciutto cotto è fascista!”.
Nuti con Antonio Petrocelli in Caruso Pascoski
di Francesco Nuti, 1988
– 125 –
Leonardo Pieraccioni
Variazioni sul tema dell’amore. Scritte con la complicità di
Giovanni Veronesi.
“Ci sono momenti in cui uno vorrebbe dire tante cose che
forse il modo migliore per dirle è stare zitto”.
Leonardo Pieraccioni ne Il ciclone, 1996
“Il ciclone, quando arriva, ’un t’avverte. Passa, piglia e
porta via. E a te ’un ti resta che rimanere lì, bono bono, a
guardare e a capire che se ’un fosse passato, sarebbe stato
parecchio, ma parecchio peggio.
Leonardo Pieraccioni ne Il ciclone, 1996
“L’amore non si dimostra per come saprai amare la persona cara, ma da come la saprai perdonare”.
Leonardo Pieraccioni in Una moglie bellissima, 2007
“I giorni indimenticabili nella vita di un uomo sono 5 o 6
in tutto. Gli altri fanno solo volume”.
Leonardo Pieraccioni in I laureati, 1995
“La mia famiglia era talmente povera che si vedeva anche
l’arcobaleno in bianco e nero”.
Leonardo Pieraccioni in Fuochi d’artificio, 1997
– 126 –
“Che vuol dire ‘catalana’?”.
“Sarà un modo di dire, una cosa che non esiste, come
Atalanta o Sampdoria”.
Massimo Ceccherini ne Il ciclone, 1996
“Tappami Levante, tappami!”.
“Vien fuori di lì, ma che c’hai sempre voglia di scherzare?”.
“No, voglio morire! Se stanotte non ne trombo neanche
una, voglio morire!”.
Massimo Ceccherini e Leonardo Pieraccioni
ne Il ciclone, 1996
“E forse gli amori migliori sono proprio questi. Quelli che
sembra possa succedere chissà che e poi invece non succede nulla…”.
Leonardo Pieraccioni ne Il ciclone, 1996
– 127 –
Amici miei
Non un regista, in questo caso – anche se il regista c’è, ed
è il mitico Monicelli – ma un film. Diventato cult. Rimasto
tale. Con il suo secondo episodio ad aggiungere perle, il terzo a iniziare il declino, e il quarto, 35 anni dopo, a… Beh,
lasciamo stare.
“Vedi Rambaldo? La Madonna mi ha ascoltata…”.
“O brutta cretina! E la Madonna, per fare restare vergine
una come te, affoga tutta Firenze?”
Gastone Moschin in Amici miei atto II
di Mario Monicelli, 1982
“La supercazzola brematurata con scappellamento a destra, come fosse Antani”.
Ugo Tognazzi in Amici miei di Mario Monicelli, 1975
“E io rimasi a chiedermi se l’imbecille ero io, che la vita la
prendevo tutta come un gioco, o se era lui, che la prendeva come una condanna ai lavori forzati, o se lo eravamo
tutti e due”.
Philippe Noiret in Amici miei atto II
di Mario Monicelli, 1982
“Anch’io ho sofferto. Ho sofferto come un cane per quasi
tre quarti d’ora…”.
Adolfo Celi in Amici miei di Mario Monicelli, 1975
– 128 –
“Bisogna saper guardare in faccia la realtà. È stato un sogno, un sogno molto bello e basta. Tu hai diciotto anni,
io ne ho cinquantadue. Non è per quei trentaquattro anni
di differenza, che poi sarebbero il meno, è che il nostro
amore non può avere nessun avvenire... Coraggio Titti, è
meglio che ci leviamo il coltello dalla piaga e non ci pensiamo più. Addio, Titti…”.
“Addio bucaiolo, ci si vede domani al solito posto!”.
“A che ora?”.
“A mezzogiorno, come sempre”.
Ugo Tognazzi a Silvia Dionisio in Amici miei
di Mario Monicelli, 1975
“Ragazzi, ma come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma
perché non siamo nati tutti finocchi?”.
Gastone Moschin in Amici miei di Mario Monicelli, 1975
“Basta così, mi seguano al commissariato!”.
“No, attenzione, no! Pattene soppalcate secondo l’articolo 12, abbia pazienza, sennò posterdati per due anche un
pochina antani prefettura!”.
Ugo Tognazzi a un vigile in Amici miei
di Mario Monicelli, 1975
– 129 –
Mario Monicelli
Il più grande di tutti. Schietto, nella vita e nei film. Abbiamo
scorporato Amici miei perché è un caso a parte. Ma di film
memorabili, e di frasi memorabili, ne dobbiamo tante a lui,
artigiano di lungo corso del cinema, maestro senza averne
mai l’aria, uomo coraggioso.
“Sono sempre i più meglio che se ne vanno”.
“Eh, è la vita: oggi a te, domani a lui”.
Totò ne I soliti ignoti, 1958
“Che ci volete fare: io so io, e voi nun siete un cazzo!”.
Alberto Sordi ne Il marchese del grillo, 1981
“Brigadiere! Come vede… si lavicchia!”.
Totò maschera la sua ‘lezione di scasso’
con un finto bucato ne I soliti ignoti, 1958
– 130 –
Paolo Virzì
Livornese, sanguigno, ma anche letterario. Fa film popolari e sentimentali come se fossero grandi romanzi ottocenteschi. Lui, figlio di carabiniere siciliano, cresciuto nei
quartieri popolari della città più anarchica della Toscana,
scrive insieme a Francesco Bruni, livornese – ma dei quartieri “borghesi”, tende a dire Virzì. Insieme, sono una coppia
formidabile di scrittori per il cinema. Francesco Bruni ha
esordito alla regia, con ottimi risultati, con Scialla. Nelle
loro sceneggiature ironia e destino, leggerezza e struggimento, letteratura e vita vera si fondono in un modo, con
un equilibrio, un tagliente, allegro e disperato sentimentalismo che è una delle cose migliori del cinema italiano degli
ultimi vent’anni. Per me, s’intende.
“Vivevo in un mondo che non accettava sfumature: un
dubbio esistenziale in più, un congiuntivo di troppo e venivi etichettato a vita come finocchio!”.
Edoardo Gabbriellini in Ovosodo, 1997
“È una mamma molto importante. A me ha rovinato la
vita, a lei anche. E se magari vieni a conoscerla, la rovina
anche a te. Non si sa mai...”.
Valerio Mastandrea in La prima cosa bella, 2010
“Scusi, lei chi è?”.
“Tommaso Paladini signora, questa è la 5a A, vero? Che
– 131 –
faccio, entro? Entro. Oh! Sedia comoda, vista pineta, io
sono a posto, per me potete anche continuare…”.
L’ingresso nel film, e nel cinema,
di Marco Cocci in Ovosodo, 1997
“Mio fratello Ivano è in gran forma. I medici si sono arresi
all’evidenza: uno psichiatra svizzero sta studiando il suo
caso. Ha preso l’abitudine di uscire, e passa i pomeriggi
al Corso grande insieme ai suoi amici africani. Pagherei
per sentire quello che si dicono! Ma soprattutto come, in
che lingua! Ho anche pensato: forse non è ritardato, ma
solo straniero”.
Edoardo Gabbriellini in Ovosodo, 1997
“Almeno tu fossi diventato ricco e famoso…”.
“Invece, povero, e ignoto”.
“Scemo…!”.
“Nemmeno. Normale, che è peggio”.
Claudia Pandolfi a Valerio Mastandrea
in La prima cosa bella, 2010
– 132 –
Camere con vista
Dagli anni ’80 ad oggi, è stato un susseguirsi di film anglosassoni ambientati a Firenze, o fra le colline toscane.
Spesso con protagoniste romantiche signore inglesi: come
in Camera con vista o in Ritratto di signora. Altre volte, era
la guerra a fare da protagonista, come nel Paziente inglese.
Mettiamo alcune frasi anche da questi film che hanno fatto
la storia del cinema in Toscana.
“Non trova che, alla prima visita a Firenze, uno dovrebbe
avere una camera con vista?”.
Helena Bonham-Carter
in Camera con vista di James Ivory, 1985
“Sarebbe stato bello incontrarsi prima…”.
“Anche di un giorno, sì”.
Julie Christie a Omar Sharif
nel Dottor Zivago di David Lean, 1965
“Tutta la nostra vita è un atto di separazione, dobbiamo
solo trovare il modo di darci il giusto addio!”.
Irrfan Khan in Vita di Pi di Ang Lee, 2012
“Senti! Autentico profumo di Firenze! Inspira, mia cara.
Ogni città, lasciamelo dire, ha il suo odore peculiare”.
Judi Dench in Camera con vista
di James Ivory, 1985
– 133 –
“Il momento più bello del bacio secondo me è quando
vedi il suo viso che si avvicina al tuo e capisci che stai per
essere baciata. Quell’attimo, quell’attimo prima, è una
cosa stupenda”.
Voce narrante in Ritratto di signora
di Jane Campion, 1996
“Amore mio, ti lascio prima che mi lasci tu, prima che tu
cessi di desiderarmi: perché allora non ci resterebbe che
la tenerezza, e so che non sarebbe sufficiente. Me ne vado
prima di essere infelice. Porto con me il sapore dei nostri
abbracci; porto con me il tuo odore, il tuo sguardo, i tuoi
baci; porto con me il ricordo dei più begli anni della mia
vita, quelli che tu mi hai dato. Ti ho sempre amato, non
ho amato che te. Me ne vado perché tu non mi dimentichi
mai più, Matilde”.
L’ultimo biglietto della suicida Anna Galiena
a Jean Rochefort ne Il marito della parrucchiera
di Patrice Leconte, 1990
“Un ballo, uno sguardo, un bacio, sono occasioni uniche.
E basta una sola sciocchezza per fare la differenza tra un
‘e vissero felici e contenti’ e ‘oh, è solo un tale, che ho visto non so dove, una volta…’. Chiaro?!”
Will Smith in Hitch – Lui sì che capisce le donne
di Andy Tennant, 2005
“Che bene ti farebbe, piangere?”.
“Mi farebbe sentire come prima di conoscere te... Non mi
hai solo seccato le lacrime, mi hai inaridito l’anima”.
John Malkowich e Barbara Hershey
in Ritratto di signora di Jane Campion, 1996
– 134 –
Roberto Benigni
Il più istintivo, irriverente, geniale, travolgente, inarrestabile. Dagli inizi negli anni ’70, fino ai vertici di poesia di La
vita è bella, premiato con l’Oscar, e di La tigre e la neve.
La metà delle sue frasi più belle, però, è impossibile metterle. Al turpilometro superano di gran lunga i limiti. Ma
quando si accende di amore, di voglia di catturare l’universo tutto con le parole, la sua rabbia si trasforma in un
sentimento immenso, che coinvolge e abbraccia ogni cosa
vivente al mondo.
“Un regista deve affrontare l’infinito, perché la macchina
da presa può stare ovunque, per far esplodere il vulcano
di cose che c’è nella storia che si vuole raccontare”.
Roberto Benigni
“La natura ci insegna / sia su’ monti, sia a valle / che si
po’ nasce’ bruchi / pe’ diventa’ farfalle // Noi semo quella
razza / che ll’è tra le più strane / che bruchi siamo nati /
e bruchi si rimane”.
Berlinguer ti voglio bene
di Giuseppe Bertolucci, 1977
“Basta con la tombola! Sospensione di’ ricreativo, principia
i’ curturale. Seduti, perdio! Ed ecco i’ titolo e i’ tema di’
dibattito: ‘Pole la donna permettisi di pareggiare coll’omo?
No!’ Si principia il dibattito…”.
Sergio Forconi in Berlinguer ti voglio bene
di Giuseppe Bertolucci, 1977
– 135 –
“Uno lavora tutta la settimana per aspetta’ la domenica
per divertirsi, e la domenica ’un vede l’ora di arrivare al
lunedì per lavorare. Bella soddisfazione!”.
Carlo Monni in Berlinguer ti voglio bene
di Giuseppe Bertolucci, 1977
“Mammina!”.
“Mario, tu mi fai effetto all’intestino! Anche Iddio unn’è
punto giusto! M’ha portato via a quattr’anni la tu’ sorellina,
l’era la mi’ felicità, l’era un angelo! Te, le provai tutte pe’
abortire, un ci fu verso! Tu sei voluto nascere per forza!
Ecco, sei contento?”.
Roberto Benigni e Alida Valli in Berlinguer
ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, 1977
“Dimenticavo di dirle…”.
“Dica”.
“Che ho una voglia di fare all’amore con lei che non si può
immaginare. Ma questo non lo dico mai a nessuno, soprattutto a lei, mi dovrebbero torturare per farmelo dire”.
“Dire cosa?”.
“Che ho voglia di fare l’amore con lei, ma non una volta
sola, tante volte; ma a lei non lo dirò mai, solo se diventassi
scemo le direi che farei l’amore anche ora, qui davanti a
casa per tutta la vita”.
Roberto Benigni a Nicoletta Braschi
in La vita è bella di Roberto Benigni, 1997
“Voglio fare con te ciò che fa la primavera coi ciliegi”.
Roberto Benigni, citando Pablo Neruda
in La tigre e la neve di Roberto Benigni, 2005
– 136 –
“Su su... svelti eh, svelti, veloci... Piano, con calma. Non
v’affrettate, eh. Poi non scrivete subito poesie d’amore,
eh! Che sono le più difficili.
Aspettate almeno un’ottantina d’anni! Scrivetele su un
altro argomento, che ne so su... su... il mare, il vento, un
termosifone, un tram in ritardo, ecco, che non esiste una
cosa più poetica di un’altra, eh? Avete capito? La poesia
non è fuori, è dentro! Cos’è la poesia? Non chiedermelo
più, guardati nello specchio: la poesia sei tu!”.
Roberto Benigni, monologo sulla poesia
in La tigre e la neve di Roberto Benigni, 2005
Possono arrotolare tutto il cielo. Se lei non c’è. Benigni arriva a dire le cose più romantiche della storia del cinema.
Ain’t no sunshine when she’s gone.
“Se muore lei, per me tutta questa messa in scena del
mondo che gira, possono anche smontare, portare via,
schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un
camion col rimorchio, possiamo spengere questa luce
bellissima del sole che mi piace tanto... ma tanto... lo sai
perché mi piace tanto? Perché mi piace lei illuminata
dalla luce del sole, tanto... Portar via tutto questo tappeto, queste colonne, questo palazzo... La sabbia, il vento,
le rane, i cocomeri maturi, la grandine, le sette del pomeriggio, maggio, giugno, luglio, il basilico, le api, il mare, le
zucchine... le zucchine...”.
Roberto Benigni in La tigre e la neve
di Roberto Benigni, 2005
– 137 –
“Perché i cani e gli ebrei non possono entrare, babbo?”.
“Eh, loro gli ebrei e i cani non ce li vogliono. Eh, ognuno fa
quello che gli pare, Giosuè. Là c’è un negozio, c’è un ferramenta, loro per esempio non fanno entrare gli spagnoli e
i cavalli... e là c’è un farmacista: ieri ero con un mio amico, un cinese che c’ha un canguro, dico ‘Si può entrare?’,
dice ‘No, qui i cinesi e i canguri non ce li vogliamo’. Eh,
gli sono antipatici. Oh, che ti devo dire?”.
Roberto Benigni e le leggi razziali spiegate al figlio
in La vita è bella di Roberto Benigni, 1997
E qui la rabbia antica, medievale, terrena e sanguigna del
primo Benigni, quello che ancora vede la vita, e la morte,
come un ribollire di maledizioni che cadono sulle spalle
dell’uomo. È la rabbia primordiale dell’uomo che non si
sottomette al suo destino, che è il destino di tutti. Sembrano
solo parolacce, ma è un grido lanciato direttamente verso
il silenzio di Dio.
“La merda della maiala degli stronzoli nel culo delle poppe pien di piscio co’ gli stronzoli che escan dalle poppe de
budelli de’ vitelli con le cosce della sposa che gli sorte fra
le cosce troppe seghe dentro il cazzo
troppi cazzi dentro il culo che gli spuntan dalle cosce che
gli tornan dalle gambe con la mamma ni’ ppompino della nonna che gli schianta da il su’ corpo che gli leccano la
schiena poi gli sputa ne’ coglioni e gne lecca ni’ ggroppone co’ schiantassi tra le zolle che si striscia’n mezz’all’erba
che le mamme tutte gnude che si struscian dalle file e si
sgroppan con la schiena co’ le poppe sbatacchiate senza
latte che si scopran tra le mucche che si infila che gli sorte
’n mezz’all’erba che gni gira ’mmezz’a’denti
– 138 –
che gli sputa quand’è ’n terra e gli mettano le seghe nella fica e si gode tutti insieme e si gode tutti insieme e lo
guardan da lontano co’ i ’ggroppone ’nsudiciato e le cosce
la su’ sposa co’ i’mmarito i’pparente gliene schianta gni
piglia d’ipparente
con la carne dentro il corpo co’ i’ ccorpo nella carne e la
mamma sdraiata tra le zolle che gli mena le zolle che gli
tornan sulla terra e gni schiantano ’parenti glene le’ano
tre vorte gliene sortano diciotto...”.
Roberto Benigni dopo che ha appreso la notizia della
morte di sua madre in Berlinguer ti voglio bene
di Giuseppe Bertolucci, 1977
– 139 –
Giovanni Veronesi
Ne ha scritti tanti, di film. Aveva vent’anni quando bussò
alla porta di Francesco Nuti e gli disse: io voglio lavorare
con te. E lo fece, per quindici anni, scrivendo tutti i suoi film.
Poi quelli di Leonardo Pieraccioni, e quelli che ha diretto lui
stesso. Un film insieme a Carlo Verdone, che poi ha diretto
nei Manuali d’amore.
“Sei milioni di italiani guardano il Grande fratello, siamo
tutti dei coglioni?”.
“Sì!!!”.
Michele Placido e Margherita Buy al figlio
in Genitori & figli: agitare bene
prima dell’uso di Giovanni Veronesi, 2010
“Col motorino ci metto più tempo perché, con la mia faccia, la polizia mi ferma ogni cento metri”.
Massimo Ceccherini in Lucignolo di Massimo
Ceccherini (sceneggiatura di Giovanni Veronesi), 1999
“L’amore è un sentimento imprevedibile, puoi stare anni
accanto a una persona senza accorgerti di lei e in un attimo può diventare il centro della tua esistenza”.
Manuale d’amore di Giovanni Veronesi, 2005
“No, no Ernesto, non mollare adesso eh! Regalaci ancora
un’immagine”.
– 140 –
“Ma che ne so Fulvio, che ne so... Io non avevo mai tradito
mia moglie e da quel giorno non l’ho fatto più, però, ogni
tanto, quando litighiamo e ho voglia di sentirmi un po’
infedele, vengo qua, su in questa terrazza, prendo un lenzuolo e me lo metto in testa, poi recito quella poesia. ‘C’è
la neve nei miei ricordi / c’è sempre la neve / e mi diventa
bianco il cervello / se non la smetto di ricordare’”.
Il dj Claudio Bisio a Carlo Verdone
in Manuale d’amore 2 – capitoli successivi
di Giovanni Veronesi, 2007
“Quando un tuo amico è innamorato non sai mai cosa
dirgli... perché la verità è che gli innamorati non ascoltano nessuno”.
Manuale d’amore di Giovanni Veronesi, 2005
“Ciao, sono quello della figura di merda di ieri, sono venuto a farne un’altra”.
Manuale d’amore di Giovanni Veronesi, 2005
– 141 –
Improbabili frasi da film
mai sentite nella vita reale
Quante volte il cinema suona ridicolo, spesso per colpa di
una traduzione che ci consegna frasi che non diremmo mai?
Chi di noi ha detto “abito a pochi isolati da qui”?
“Presto! Segua quella macchina!”.
“Andrà tutto bene”.
“Dio, ma ti sei bevuto il cervello?”.
“Se solo provi a torcerle un capello…”.
“Qualcosa non va, agente?”.
“E tu credi veramente che io mi beva questa storia?”.
“Abito a pochi isolati da qui…”.
“Ma di che accidenti parli?”.
“Voglio la tua lettera di dimissioni sulla mia scrivania entro domattina”.
“Dannazione! Questo non servirà a riportarla indietro!”.
“Lo stiamo perdendo!”.
“Ehi, amico, non ti scaldare!”.
“Restate calmi e nessuno si farà del male...”.
“Spero che tu abbia una buona scusa per spiegarmi quello
che è successo”.
“Non riuscirò mai a perdonarmi per quello che è successo... Avrei dovuto esserci io al suo posto...”.
“Ma cosa ne è stato di quello che eravamo un tempo?”.
“Ehi amico, non hai sentito cosa ha detto la signorina?
Levati di torno”.
“Puoi dirlo forte!”.
“Adesso ti lascio andare, ma qualsiasi cosa tu faccia non
urlare!”.
“Si può sapere che ti prende?!”.
– 142 –
Uomini che amano
le donne: François Truffaut
“Si rammenta quando, diversi anni fa, sono uscite le minigonne? Gli uomini erano come impazziti. Ma io ero
piuttosto preoccupato, perché ho pensato: beh, a questo
punto non possono più accorciare, e dovranno per forza
allungare”.
Charles Denner a Genevieve Fontanel
ne L’uomo che amava le donne, 1977
“Ma cos’hanno queste donne in più di quelle che conosco?
Proprio questo... sono delle sconosciute”.
Charles Denner ne L’uomo che amava le donne, 1977
“Le gambe delle donne sono come dei compassi che misurano il globo terrestre in tutti i sensi, dandogli il suo
equilibrio e la sua armonia”.
Charles Denner ne L’uomo che amava le donne, 1977
“Il tempo inferisce colpi duri. I nostri volti non si sciupano
presto come quelli dei pugili, ma è la stessa cosa. Succede
a me come a tutti. Rifiuto la degradazione della vita, o
piuttosto: non accetto che l’amore vi si adatti”.
Charles Denner ne L’uomo che amava le donne, 1977
“Tu hai avuto poche donne, io ho avuto molti uomini, facciamo una buona media, faremo una discreta coppia”.
Jeanne Moreau in Jules et Jim, 1962
– 143 –
“In fondo non so se ce l’ho con te più per il male che ti ho
fatto che per quello che tu hai fatto a me”.
Gérard Depardieu a Fanny Ardant
in La signora della porta accanto, 1981
“Sono io che ti amavo. Tu eri innamorato: non è la stes-
sa cosa”.
Fanny Ardant a Gérard Depardieu
in La signora della porta accanto, 1981
– 144 –
Il mestiere del regista
“Che cos’è un regista?”
“Un regista è uno a cui vengono fatte in continuazione
domande... domande su qualsiasi cosa... A volte lui sa la
risposta, a volte no...”.
François Truffaut in Effetto notte, 1973
“Da bambino ero convinto che un regista avesse in testa tutto il suo film ancora prima di realizzarlo. Più vado
avanti, più mi accorgo che invece il mio mestiere assomiglia molto a quello di scavare una galleria insieme a un
gruppo di persone”.
Carlo Mazzacurati
“Fare film è come scendere giù in una miniera. Una volta
che hai iniziato le riprese è come se avessi dato il tuo saluto metaforico alla luce del sole e al mondo esterno. Non
li rivedrai fino a quando il film non arriverà nelle sale”.
John Schlesinger
“Io, prima di cominciare a girare, desidero soprattutto fare
un film che sia bello. Non appena sorgono le prime grane
devo ridurre le mie ambizioni, augurandomi che io riesca
a finire il film. Verso la metà della lavorazione faccio un
esame di coscienza, e mi dico: potevi lavorare meglio, potevi dare di più, ora ti resta l’altra metà per rimetterti in
pari, e da quel momento cerco di rendere più vivo tutto
ciò che si vedrà sullo schermo”.
François Truffaut in Effetto notte, 1973
– 145 –
“Dirigere un film è un mestiere sopravvalutato. Devi solo
dire sì o no, che altro devi fare? Niente. Maestro, questo
lo vuole rosso? Sì. Verde? No. Più comparse? Più rossetto? Sì, no, sì, no… questo è dirigere!”
Judi Dench in Nine di Rob Marshall, 2009
“E il regista… Il regista è uno stronzo a cui voi permettete
di fare tutto!”.
Margherita Buy in Mia madre di Nanni Moretti, 2015
“Ho letto nei «Cahiers du Cinéma» che un regista è come,
come un guardone, un voyeur. È come se la macchina da
presa fosse il buco della serratura della porta dei tuoi genitori. E tu li spii, e sei disgustato, e ti senti in colpa... ma
non puoi fare a meno di guardare. Fare i film è come un
reato. Un regista è come un criminale. Dovrebbe essere
illegale”.
Michael Pitt in The Dreamers
di Bernardo Bertolucci, 2003
“Mi sembrava di avere le idee così chiare. Volevo fare un
film onesto, senza bugie di nessun genere. Mi pareva di
avere qualcosa di così semplice, così semplice da dire, un
film che potesse essere utile un po’ a tutti, che aiutasse a
seppellire per sempre tutto quello che di morto ci portiamo
dentro. E invece io sono il primo a non avere il coraggio
di seppellire proprio niente. Adesso ho la testa piena di
confusione, questa torre tra i piedi... chissà perché le cose
sono andate così. A che punto avrò sbagliato strada? Non
ho proprio niente da dire, ma lo voglio dire lo stesso”.
Marcello Mastroianni in 8 ½ di Federico Fellini, 1963
– 146 –
“Secondo te chi è più infelice, uno sceneggiatore o un critico cinematografico?”.
“Le loro mogli”.
Jean-Louis Trintignant e Milena Vukotic
in La terrazza di Ettore Scola, 1980
– 147 –
Woody Allen
Il piccolo uomo con gli occhiali ci assomiglia tanto. Ci assomiglia quando si innamora delle donne, ci assomiglia
quando si sente ridicolo, ci assomiglia quando si interroga
su che cosa sia tutto questo gran giocattolo che chiamiamo
vita. Mescola citazioni colte a giochi infantili, Kierkegaard
e i fratelli Marx, Bergman e Fellini, ma anche la yiddische
mama, la mamma ebraica impicciona e affettuosa. La vita è
un grande caos dove tutti ci muoviamo, leggermente ridicoli.
E lui lo sa, e ce lo viene a dire. Con parole sempre nuove.
“Il cinema è per me una distrazione. Faccio film perché
altrimenti non saprei cosa fare e come distrarmi. Così ho
combattuto le ansie, le paure, il terrore. Trovo che il mio
caso sia simile a quello dei pazienti di alcuni manicomi:
se li tengono occupati a dipingere o a intrecciare cestini di paglia è meglio per tutti, perché così sono tutti più
rilassati. Così è per me. Tenermi occupato per un anno,
lontano dal mondo reale, è terapeutico. Non si tratta di
soldi. Lo faccio per me”.
Woody Allen spiega perché fa cinema
“Sei così farisaico!”.
“Beh, ma noi siamo persone, solo esseri umani, sai: tu ti
credi Dio!”.
“Io... beh… beh… io… a qualche modello dovrò pure ispirarmi!”.
Michael Murphy e Woody Allen
in Manhattan, 1979
– 148 –
“Ma tu mi ami?”.
“Amore è un termine troppo debole per... Ecco io ti straa­
mo, ti adamo, ti abramo”.
Woody Allen a Diane Keaton in Io e Annie, 1977
“Senti, tu sei la risposta di Dio a Giobbe: sai, avresti messo fine a tutte le discussioni tra loro. Dio avrebbe indicato te e detto: ‘Faccio tante cose tremende, ma ne so fare
anche come questa, sai’. E Giobbbe avrebbe detto: ‘Okay,
hai vinto’…”.
Woody Allen a Mariel Hemingway
in Manhattan, 1979
“Frattanto si era fatto tardi e tutt’e due dovevamo andare per i fatti nostri. Ma era stato molto bello, rivedere
ancora Annie, dico bene? Mi resi conto di quanto era in
gamba – stupenda – e, sì, era un piacere... solo averla
conosciuta...
E allora io ripensai a quella vecchia barzelletta, quella in
cui c’è questo tizio che va dallo psichiatra e gli fa: ‘Dottore,
mio fratello è pazzo. Crede d’essere una gallina’. E allora
il dottore gli dice: ’Ma perché non lo rinchiude in manicomio?’. E quel tale gli risponde: ‘Già! Ma poi dopo,
l’ovetto fresco, a me, chi me lo fa?’. Insomma, mi pare
che è proprio così, grosso modo, che la penso io, riguardo
ai rapporti umani. Mi spiego, sono del tutto irrazionali e
pazzeschi e assurdi, ma… mi sa tanto che li sopportiamo
perché, hm... tutti quanti... più o meno ne abbiamo bisogno, dell’ovetto fresco”.
Woody Allen in Io e Annie, 1977
– 149 –
“Ho una concezione molto pessimistica, io, della vita. Devi
saperlo, questo, sul mio conto, se dobbiamo frequentarci,
mi spiego. Io... secondo me... io ritengo che la vita sia divisa
in due categorie: l’orribile e il miserrimo. Sono queste le
due categorie. Orribile sarebbero, non so, hm... i casi più
gravi, mi spiego? Tutti i ciechi, gli storpi e così via”.
“Sì”.
“Non so... Non lo so mica, come tirano avanti. Per me è
qualcosa di stupefacente. Mi spiego? Miserrimo sono tutti
gli altri. È tutto, tutto qui. Quindi, quando pensi alla vita,
devi ringraziare il cielo se sei soltanto miserrimo, perché
è... è una grossa fortuna... essere... essere miserrimo”.
Woody Allen a Diane Keaton in Io e Annie, 1977
“Vai dallo psichiatra?”.
“Sì, da 15 anni. Gli concedo un altro anno ancora e poi
vado a Lourdes”.
Woody Allen a Diane Keaton in Io e Annie, 1977
“Ehi, non denigrare la masturbazione... È sesso con qualcuno che amo!”.
Woody Allen a Diane Keaton in Io e Annie, 1977
“Abe, hai visto la dentiera di mamma? Non riesce a trovarla…”.
“Ah, ho visto che i ragazzi ci giocavano a hockey”.
“Giocavano a hockey con la dentiera di mamma?”.
“Sì, ha quasi la stessa misura del dischetto”.
Julie Kavner e Josh Mostel in Radio Days, 1987
– 150 –
“Colui che disse: ‘Preferirei essere fortunato piuttosto che
abile’ aveva capito tutto della vita. Le persone non vogliono
accettare il fatto che gran parte della nostra vita dipenda
dalla fortuna. È spaventoso pensare quante siano le cose
che sfuggono al nostro controllo”.
Jonathan Rhys-Meyers in Match Point, 2005
“Sto seguendo un caso interessante: ho in analisi due
coppie di gemelli siamesi che soffrono di sdoppiamento
della personalità. Sto per essere pagato da otto persone
in una volta sola”.
Woody Allen in Zelig, 1983
“Non sono un tipo simpatico, la simpatia non è mai stata
una priorità per me e per essere chiari questo non è un
film da ‘oh quanto mi sento bene’. Se siete di quegli idioti
che devono sentirsi bene, beh, fatevi fare un massaggio
ai piedi.
Ma qual è il significato di tutto? Niente! Zero! Nulla! Tutto
finisce in niente, anche se non mancano gli idioti farfuglianti; non parlo di me, io la visione ce l’ho, sto parlando di voi, dei vostri amici, dei vostri colleghi, dei vostri
giornali, della tv. Tutti molto felici di fare chiacchiere,
completamente disinformati. Morale, scienza, religione,
politica, sport, amore, i vostri investimenti, i vostri figli, la
salute... Cazzo, se devo mangiare nove porzioni di frutta e
verdura al giorno per vivere, non voglio vivere!
Io detesto la frutta e la verdura e i vostri omega 3 e il tapis roulant e l’elettrocardiogramma e la mammografia e
– 151 –
la risonanza pelvica e... o mio Dio, la colonscopia... e con
tutto ciò arriva sempre il giorno in cui vi ficcano in una
scatola e avanti con un’altra generazione di idioti, i quali
vi diranno tutto sulla vita e decideranno per voi quello
che è appropriato.
Mio padre si è suicidato perché i giornali del mattino lo
deprimevano, e lo potete biasimare? Con l’orrore, la corruzione e l’ignoranza e la povertà e i genocidi e l’Aids e
il riscaldamento globale e il terrorismo e quegli idioti dei
valori della famiglia e quei maniaci delle armi. ‘L’orrore’
dice Kurz alla fine di Cuore di Tenebra, ‘l’orrore’, e beato
lui: non distribuivano il «Times» nella giungla. Eh, se no
l’avrebbe visto l’orrore.
Ma che si può fare? Leggete di qualche massacro nel
Darfur o di uno scuolabus fatto esplodere e attaccate ‘oh
mio Dio l’orrore!’. E poi girate pagina e finite le vostre
uova di gallina ruspanti, perché tanto che si può fare, si
è sopraffatti.
Anche io ho tentato di suicidarmi, ovviamente non ha funzionato. Ma perché mai volete sentire queste cose? Cristo,
avete già i vostri di problemi! Sono sicuro che siete ossessionati da un gran numero di tristi speranze e sogni, dalle
vostre prevedibilmente insoddisfacenti vite amorose, dai
vostri falliti affari. Ah se solo avessi comprato quelle azioni, se solo avessi comprato quella casa anni fa, se solo ci
avessi provato con quella donna, se questo, se quello...
Sapete una cosa? Risparmiatevi i vostri ‘avrei potuto’ o
‘avrei dovuto’. Come mia madre mi diceva sempre ‘se mia
nonna avesse le ruote sarebbe una carrozza’. Mia madre
– 152 –
le ruote non le aveva, aveva le vene varicose, eppure la signora ha partorito una mente brillante. Mi hanno preso in
considerazione per il Nobel per la fisica, non l’ho ottenuto,
però si sa, è tutta politica come ogni altra finta onorificenza. Detto tra noi, non crediate che io sia amareggiato per
qualche batosta personale. Per gli standard di un’insensata
e barbarica civiltà, sono stato piuttosto fortunato.
Ho sposato una bella donna che era ricca di famiglia, per
anni abbiamo vissuto a Birdman Place, insegnavo alla
Columbia, teoria delle stringhe. La mia storia è ‘Basta che
funzioni’. Insomma, basta non fare del male a nessuno, basta rubacchiare un tantino di gioia in questo crudele uomo
mangia uomo inutile e buio caos. Ecco la mia storia”.
Larry David in Basta che Funzioni, 2009
“Mia moglie mi ha lasciato, che tu ci creda o no. Diceva
che ero immaturo, e non sarei mai cresciuto. Io avrei potuto confutare, sai, ma ho alzato la mano e lei non mi ha
interrogato”.
Woody Allen in Scoop, 2006
“Le tue labbra dovrebbero stare al Louvre”.
Woody Allen in Harry a pezzi, 1997
“Le due parole che uno desidera di più sentirsi dire... ‘Ti
amo?’ Assolutamente no: ‘È benigno’…”.
Woody Allen in Harry a pezzi, 1997
– 153 –
“Non sono i sei milioni di ebrei che mi preoccupano, è che
i record sono fatti per essere battuti”.
Woody Allen in Harry a pezzi, 1997
“Con chi devo andare a letto per avere un vodka Mar­
tini?”
Cate Blanchett in Blue Jasmine, 2013
“Provi ad avvicinarsi alla contessa e io la faccio a pezzi!”.
“Se un uomo mi dicesse quello che lei mi ha detto lo ucciderei!”.
“Ma io sono un uomo!”.
“Beh, intendevo un uomo un po’ meno alto...”.
Woody Allen in Amore e guerra, 1975
“Se viene fuori che c’è un Dio, io non credo che sia cattivo, credo che il peggio che si possa dire di lui è che è un
disadattato”.
Woody Allen in Amore e guerra, 1975
“Il sesso è stata la cosa più divertente che ho fatto senza
ridere”.
Woody Allen in Amore e guerra, 1975
“Amare è soffrire. Se non si vuol soffrire, non si deve amare. Però allora si soffre di non amare. Pertanto amare è
soffrire, non amare è soffrire, e soffrire è soffrire. Essere
felice è amare: allora essere felice è soffrire. Ma soffrire ci
– 154 –
rende infelici. Pertanto per essere infelici si deve amare.
O amare e soffrire. O soffrire per troppa felicità. Io spero
che tu prenda appunti…”.
Woody Allen in Amore e guerra, 1975
“Secondo te la fisica quantistica ha la risposta? Scusa, ma
a che cosa mi può servire che tempo e spazio siano esattamente la stessa cosa? Cioè, chiedo a uno che ora è e lui
mi risponde ‘6 Chilometri’. Ma che roba è?”.
Woody Allen in Anything Else, 2003
“Che Dio mi fulmini adesso se mento!”.
“Tu sei ateo, Harry!”.
“Beh... siamo soli nell’universo, vuoi darmi la colpa anche di questo!?”.
Woody Allen e Amy Irving in Harry a pezzi, 1997
“Sei il più grande amatore che ho avuto!”.
“Beh... Io mi alleno tanto da solo”.
Woody Allen in Amore e guerra, 1975
“Leonard Zelig veniva spesso picchiato dai genitori. La
famiglia Zelig abitava sopra a un bowling, ma erano
spesso gli avventori del bowling a protestare per il troppo rumore”.
Woody Allen in Zelig, 1983
– 155 –
“Presto avremo un bambino”.
“Scherzi?”.
“No, avrò proprio un bambino: me l’ha detto il dottore...
sarà il mio regalo per Natale!”.
“Ma a me bastava una cravatta!”.
Woody Allen in Prendi i soldi e scappa, 1969
“L’Onnipotente non gioca a dadi con l’universo”.
“È vero: Dio gioca solo a rimpiattino”.
Woody Allen in Mariti e mogli, 1992
“Beh, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale
la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Beh, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di
vivere. E cosa? Ok. Per me... io direi... per Groucho Marx
tanto per dirne una, e Willie Mays e... il secondo movimento della sinfonia Jupiter... Louis Armstrong, l’incisione
Potato Blues... i film svedesi naturalmente... l’Educazione
sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra,
quelle incredibili... mele e pere di Cézanne, i granchi di
Sam Wo, il viso di Tracy...”.
Woody Allen pensa alle cose per cui vale la pena vivere.
E quando nomina il viso di Tracy, lascia perdere tutto
e attraversa mezza New York per ritrovarla.
In Manhattan, 1979
“Dio ci mette alla prova!”.
“Ma non poteva darci una prova scritta?”.
Woody Allen in Amore e guerra, 1975
– 156 –
“Milioni di libri sono stati scritti su ogni argomento possibile e immaginabile da tutti questi sapientoni ma, alla
fine, nessuno ne sa più di me sui grossi interrogativi della
vita. Mi sono informato su Socrate. Ebbene, se la faceva
con i ragazzini di Atene. Cosa cavolo ha da insegnarmi?
Poi Nietzsche e la sua, la sua teoria dell’Eterno Ritorno.
Secondo lui, la vita che viviamo, poi dovremo riviverla tale
e quale per tutta l’eternità. Bell’affare! Ciò vuol dire che
mi toccherà assistere di nuovo, infinite volte, alle Follie
sul Ghiaccio. No, non ne vale la pena”.
Woody Allen in Hannah e le sue sorelle, 1986
“È molto, molto difficile mettere d’accordo cuore e cervello. Pensa che, nel mio caso, non si rivolgono nemmeno
la parola”.
Woody Allen in Crimini e misfatti, 1989
“Non fissarmi così con quei grandi occhi! Gesù, sembri
uno di quei bambini scalzi della Bolivia in cerca di adozione!”.
Woody Allen dopo aver lasciato la fidanzata
Mariel Hemingway in Manhattan, 1979
“Io penso sempre a scopare ogni donna che incontro, ecco...
Dovunque: in banca, un’estranea. Vedo una sull’autobus
e penso: ‘Come sarà nuda? chissà se me la posso fare...’.
Insomma, è una follia: io vedo dei tizi che conosco che
fanno gli avvocati, i medici, hanno famiglia, casa e non
sono così. Ecco, il presidente degli Stati Uniti vuole for– 157 –
se scopare ogni donna che vede, eh? Cioè... ho sbagliato
esempio, ecco”.
Woody Allen in Harry a pezzi, 1997
“Facciamolo in qualche modo strano che avresti sempre
voluto fare ma nessuna ha mai voluto”.
“Sono scioccato! Ma che razza di discorsi per una bambina della tua età!”.
“Beh?”.
“Allora prendo il mio equipaggiamento da sub e ti faccio
vedere io!”.
Woody Allen a letto con la fidanzata diciassettenne
Mariel Hemingway in Manhattan, 1979
“Capitolo primo. ‘Adorava New York. La idolatrava smi-
suratamente...’.
No, è meglio ‘la mitizzava smisuratamente’, ecco. ‘Per lui,
in qualunque stagione, questa era ancora una città che
esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di
George Gershwin...’.
No, fammi cominciare da capo... Capitolo primo. ‘Era
troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto: trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. Per lui New York significava
belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi
navigazione...’.
Eh no, stantìo, roba stantìa, di gusto... insomma, dai, impegnati un po’ di più... da capo.
– 158 –
Capitolo primo. ‘Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente
a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la
città dei suoi sogni in una...’.
Non sarà troppo predicatorio? Insomma, guardiamoci in
faccia: io questo libro lo devo vendere. Capitolo primo.
‘Adorava New York, anche se per lui era una metafora
della decadenza della cultura contemporanea. Com’era
difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla
droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine,
immondizia...’.
Troppo arrabbiato. Non devo essere arrabbiato. Capitolo
primo. ‘Era duro e romantico come la città che amava.
Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma
pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre...’.
No, aspetta, ci sono: ‘New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata...’”.
Woody Allen in Manhattan, 1979
“Una volta che ti pompano 200 volt nel corpo, hai la ten-
denza a passare il resto della vita in un posacenere”.
Woody Allen in La maledizione
dello scorpione di giada, 2001
“Io ti volevo restituire questa lettera. È la mia unica let-
tera d’amore. È bellissima. Peccato che io sia la persona
sbagliata. Ma forse fa lo stesso. L’avevo copiata quasi tutta
– 159 –
da James Joyce. Non ti eri chiesta il perché di tutti quei
riferimenti a Dublino?”.
Woody Allen a Mia Farrow
in Crimini e misfatti, 1989
“Hai da fare venerdì sera?”.
“Oh, beh, no”.
“Oh, scusa, aspetta…ho da fare io. Cosa fai sabato sera?”.
“Oh, no, niente, io…”.
“Stai andando a ruba a quanto sento”.
“Lo so…”.
“Cos’è, hai un principio di lebbra?”.
Woody Allen e Diane Keaton in Io e Annie, 1977
“Io ho un pessimo ricordo dell’università di New York...
Era... Successe che fui sbattuto fuori il primo anno perché
copiavo agli scritti di metafisica: sapete, stavo sbirciando
nell’anima del compagno accanto a me”.
Woody Allen in Io e Annie, 1977
“C’è poi... c’è quell’altra battuta importante per me attri-
buita a Groucho Marx... ma io credo che risalga a Freud,
quando parla del motto di spirito e dei suoi rapporti con
l’inconscio. Dice... cito a memoria... dice... parafraso...
dice: ‘Non accetterei mai di far parte di un circolo che accettasse fra i suoi soci uno come me’. Questa è la battuta
chiave della mia vita d’adulto per quanto riguarda i miei
rapporti con le donne”.
Woody Allen in Io e Annie, 1977
– 160 –
“La sapete quella delle due vecchie signore in villeggiatura sui monti Catskills e una dice: ‘Mamma, come si mangia male in questo posto!’. ‘Oh sì, il vitto è uno schifo, e
oltretutto ti danno porzioni così piccole!’. Beh, questo è
essenzialmente quello che io provo nei riguardi della vita:
piena di solitudine e squallore, di guai, di dolori, di infelicità... e oltretutto dura troppo poco...”.
Woody Allen in Io e Annie, 1977
“Ho paura, non voglio uscire”.
“Ma se è per questo che siamo stati addestrati!”.
“Sì, ma chissà che cosa troveremo là fuori!”.
“Hai visto i plastici del corso, no?”.
“Sì, ma… si sentono strane cose, sapete?”. Come queste
pillole che prendono le donne, o… o che nostri interi contingenti si schiacciano con la testa contro muri di gomma!”.
Lo spermatozoo Woody Allen agli altri spermatozoi in
Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso
e non avete mai osato chiedere, 1972
“Ma certo che Dio esiste: siamo fatti a sua immagine”.
“E io sarei a sua immagine? Guardami: credi che Lui porti
gli occhiali?”.
“Non con quella montatura”.
Diane Keaton e Woody Allen in Amore e guerra, 1975
“Dovrei fare un lavoro per cui mi sentissi portato: non so,
come donare sperma per la fecondazione artificiale...”.
Woody Allen in Il dittatore dello
Stato libero di Bananas, 1971
– 161 –
“lo credo nell’intelligenza dell’universo, con l’eccezione di
qualche cantone svizzero”.
Woody Allen in Il dormiglione, 1973
“Quand’ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una
decina di volte. Ma io sono sempre riuscito a trovarli”.
Woody Allen in Zelig, 1983
– 162 –
Carlo Verdone
Ci sono dei fuoriclasse. Carlo Verdone è uno di questi. Se il
cinema non esistesse, sarebbe stato un autore di commedie
per il teatro. Se non esistesse neanche il teatro, sarebbe uno
scrittore. Il suo gusto per la parola, per i ritratti delle aberrazioni umane – anche e soprattutto attraverso una frase, un
tic verbale, un modo di parlare – è fuori dall’ordinario.
“Senti, fa’ ’na cosa... allunga la mano sul mio comodino...
prendi mezza pasticca delle mie... taaaa ficchi n’bocca e
dormi... prendine mezza eh, sennò entri n’coma...!!!”.
Carlo Verdone al telefono con la moglie di fronte agli
amici in Compagni di scuola di Carlo Verdone, 1988
“Scusa cara, mi dai qualche secondo di concentrazione
onde avere un’eccellente erezione?”.
Carlo Verdone, nei panni dell’insopportabile Raniero
Cotti Borroni, si rivolge alla moglie Veronica Pivetti
all’inizio della prima notte di nozze
in Viaggi di nozze di Carlo Verdone, 1995
“C’è un piccolo problema che credo sia il caso di parlarne.
Tu sei clitoridea o vaginale?”.
“Ma che razza di domanda è? Io non lo so! Ma scusa, è
come se mi chiedessi se sono di destra o di sinistra!”.
“Fosca, permettimi una domanda. Tu ami il love talking?
Ti piace sentirti dire alcune porcate durante l’atto?”.
“Assolutamente no!”.
– 163 –
“Va bene. Diamo inizio ugualmente alla nostra performance!”.
Carlo Verdone e Veronica Pivetti
in Viaggi di nozze di Carlo Verdone, 1995
“Magda, tu mi adori?”.
“Sì...”.
“E allora lo vedi che la cosa è reciproca?”.
Irina Sanpiter e Carlo Verdone in Bianco, rosso
e Verdone di Carlo Verdone, 1981
“Pronto, parlo col servizio percorribilità strade? Ah buongiorno, senta io sono un socio ACI numero di tessera
917655 barra UT come Udine Torino; la disturbavo per
avere qualche delucidazione dato che mi devo recare a
Roma a votare.
Senta, ho sentito dal bollettino dei naviganti che è in arrivo
un’area depressionaria di 982 millibar, e questo purtroppo mi è anche confermato da un fastidiosissimo mal di
testa che sopraggiunge ogni qualvolta c’è un brusco calo
di pressione; d’altro canto, caro amico, questo è il prezzo
che dobbiamo pagare noi meteoropatici. Senta, io le domandavo questo, secondo lei, partendo fra circa... 3 minuti
e mantenendo una velocità di crociera di circa 80/85 chilometri orari... secondo lei faccio in tempo a lasciarmi la
perturbazione alle spalle diciamo nei pressi di Parma?”.
“ Ma va a cagher!”.
“Pronto, pronto? ACI, pronto? Che strano, dev’essere caduta la linea...”.
Carlo Verdone al telefono con un operatore ACI
in Bianco, rosso e Verdone di Carlo Verdone, 1981
– 164 –
“Ma senti un po’, tu che le studi ’ste cose: ma se pò essere
allergici a ’na donna come ’n so, al polline, alle fragole,
all’aragosta… se pò?”.
“Purtroppo sì”.
Carlo Verdone e Athina Cenci
in Compagni di scuola di Carlo Verdone, 1988
“Comunque quando torno ti giuro che se quando sono
sotto casa te trovo alla finestra, co’ qua’a vestagliaccia che
m’aspetti, io ti prendo a selciate, va’ bbene?”.
Carlo Verdone al telefono con la moglie ossessiva
in Compagni di scuola di Carlo Verdone, 1988
“Ho sbagliato festa! Ho sbagliato villa... Infatti me coincideva tutto: er cancello, er chiosco, er vialetto... Solo che
quando so’ entrato m’è preso un colpo, perché ho visto
duscento teste bianche, tutti vecchi, co’e rughe in faccia
me so’ detto: ‘Ammazza come ce siamo ridotti!’”.
“Fine, molto fine”.
“Sì, veramente di classe”.
Carlo Verdone al telefono con Angela Finocchiaro
in Compagni di scuola di Carlo Verdone, 1988
“Ma quali strafiche? Ma quali strafiche? Quali? Ma se
erano orribili all’epoca del liceo, pensa adesso che so’ diventate queste no?”.
Carlo Verdone al telefono con la moglie
in Compagni di scuola di Carlo Verdone, 1988
– 165 –
“E come ’o famo?”.
“’O famo strano!”.
“180?”.
“220! Te va?”.
“Me piace!”.
Carlo Verdone e Claudia Gerini (in macchina)
in Viaggi di nozze di Carlo Verdone, 1995
“Che stai a fa’, Iva’?”.
“No, è che nun riesco a individua’ ’o stadio!”.
Carlo Verdone e Claudia Gerini (sulla terrazza
dell’albergo a Firenze, Verdone è in piedi su una sedia)
in Viaggi di nozze di Carlo Verdone, 1995
“Se t’uscisse fori ’n maschio... ’o vorrei chiamà... o Alan...
o Kevin... mejo Kevin”.
“’O fai pe’ Costne’?”.
“Ma più che pe’ Costne’ ’o faccio perché è un nome che
me da ’n senso de rispetto, capito?. ’O senti come nome,
c’ha possenza, capito?...”.
“Kevin!”.
Carlo Verdone e Claudia Gerini
in Viaggi di nozze di Carlo Verdone, 1995
“Io non capisco perché hai due cellulari”.
“Uno è per il lavoro e uno per la famiglia”.
“Insomma due cose che non ci sono più”.
Carlo Verdone e Silvio Muccino
in Il mio miglior nemico di Carlo Verdone, 2006
– 166 –
“Avevo pensato a delle mimose… a mamma piacevano
tanto”.
“Ma guardi che è un funerale, mica ’a festa d’aa donna!”.
Carlo Verdone al funerale della madre
in Manuale d’amore 2 (Capitoli successivi)
di Giovanni Veronesi, 2007
“E allungaje ’e gambe, aristendije ’e gambe, aritiraje ’e
gambe, aricoprije ’e gambe... io jee tajerei quee gambe!”.
Carlo Verdone in Bianco, rosso e Verdone
di Carlo Verdone, 1981
“Scusa, donde està Otello della Giuventùs?”.
“Otello?”.
“De la Giuventùs”.
“Da’ ’a Juventus?!? In che senso?”.
Carlo Verdone a una passante
in Un sacco bello di Carlo Verdone, 1980
“Ma amore i ladri non fanno rumore... non c’è al mondo
un ladro che fa rumore... mhmhm... Adesso sta a di’ che
ce so’ i ladri perché è mezz’ora che non sente rumori... ma
guarda ch’è ’na cosa... Amore... pinguino...”.
Carlo Verdone al telefono con Angela Finocchiaro
in Compagni di scuola di Carlo Verdone, 1988
“Fulvio… Quegli occhi. Quel paio d’occhi che brillavano…
Sembravano due fari. Due torce. E quel sorriso così… Così
accecante… Sembrava… Sembrava di vedere il sole quan– 167 –
do lei rideva. Credimi. Fulvio quando un uomo si sente
addosso quello sguardo… quell’espressione… ma è inevitabile che gli esploda qualche cosa dentro. Tu pensi che
io c’ho avuto soltanto un infarto ma io ce ne ho avuti tre..
quattro... non lo so nemmeno io quanti ce ne ho avuti… Il
primo sicuramente quando ci siamo visti la prima volta.
Poi il secondo quando m’ha accarezzato… e il terzo quando ci siamo baciati. Stavo per rimetterci le penne Fulvio…
lo sai… Però se qualcuno mi facesse la fatidica domanda:
‘Ernesto, ne è valsa la pena??’, io risponderei: ‘Ne è valsa
la pena!! Ne è valsa veramente la pena!!’”.
Carlo Verdone in Manuale d’amore 2
di Giovanni Veronesi, 2007
– 168 –
Ecce Nanni. Moretti
“La sera del 28 marzo, del 1994, dopo la vittoria della destra, per la prima volta in vita mia mi feci una canna”.
Nanni Moretti in Aprile, 1998
“Speriamo che nostro figlio non diventi un attore!”.
“Silvia, ma che discorsi fai… speriamo che non diventi un
attore... noi gli impediremo di fare l’attore!”.
Silvia Nono e Nanni Moretti in Aprile, 1998
“D’Alema, reagisci, di’ qualcosa, reagisci, e dai, dai, rispondi,
di’ qualcosa. Dai, di’ qualcosa, dai rispondi! Non ti far mettere in mezzo sulla giustizia proprio da Berlusconi! D’Alema,
di’ una cosa di sinistra. Una cosa. Anche non di sinistra.
Di civiltà. D’Alema, dì una cosa. Di’ qualcosa. Reagisci!”.
Nanni Moretti esasperato mentre guarda
Porta a Porta in Aprile, 1998
“Muscoli!!! ...Così non ti vengono quelle spallucce vittimiste dei tennisti italiani, che perdono sempre per colpa
dell’arbitro, del vento, della sfortuna, del net... sempre
per colpa di qualcuno, mai per colpa loro”.
Nanni Moretti al figlio in Aprile, 1998
“No veramente non... non mi va. Ho anche un mezzo ap-
puntamento al bar con gli altri. Senti, ma che tipo di festa
è? Non è che alle dieci state tutti a ballare i girotondi e io
– 169 –
sto buttato in un angolo... no. Ah no, se si balla non vengo.
No, allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se
vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?
Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di
profilo, in controluce. Voi mi fate ‘Michele vieni di là con
noi, dai’ e io ‘andate, andate, vi raggiungo dopo’. Vengo,
ci vediamo là. No, non mi va, non vengo”.
Nanni Moretti in Ecce bombo, 1978
“Io mi aspettavo di più”.
“Non ti è piaciuta la squadra, ti aspettavi di più dai ragazzi?”.
“No… la squadra, la partita… è andata come è andata. Mi
aspettavo di più dalla vita”.
Nanni Moretti e Silvio Orlando
in Palombella rossa, 1989
“Senti, m’ero dimenticato: che lavoro fai?”.
“Beh, m’interesso di molte cose: cinema, teatro, fotografia, musica, leggo…”.
“E… concretamente?”.
(a voce bassa) “Non so che cosa vuol dire”.
“Come: cioè, che lavoro fai?”.
“Nulla di preciso”.
“Va beh, come campi?”.
“Ma te l’ho detto: giro, vedo gente, mi muovo, conosco,
faccio delle cose…”.
“E l’affitto?”.
“Beh, vivo con mio fratello e non lo pago”.
“Va beh, i vestiti?”.
– 170 –
“Eh, un amico per esempio che va a Londra, gli dico di
portarmi delle cose, degli abiti…”.
“Va beh: il mangiare??”.
“Mi ospitano molto spesso”.
(Moretti, esasperato) “Questa sigaretta qui?”.
“Ho incontrato un amico stamattina, mi ha dato due pacchetti di queste…”.
Cristina Manni e Nanni Moretti in Io sono
un autarchico, 1976. Da quel momento,
“faccio cose, vedo gente” è diventato un modo per
indicare chi fa della vaghezza la sua religione di vita.
“È triste morire senza figli”.
L’ultima frase di Nanni Moretti alla fine di Bianca, 1984
– 171 –
Novantesimo minuto
“Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose. Dopo un po’ ti si mescola tutto in testa e
non riesci più a capire se la vita è una merda perché l’Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato a vedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono incazzato per l’Arsenal
quando avrei dovuto incazzarmi per altre cose, ho preteso
troppo dalla gente che amo... Ok, va bene tutto, ma non lo
so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro.
Come fai a capire quando mancano 3 minuti alla fine e
stai 2-1 in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte
quelle facce, migliaia di facce, stravolte, tirate per la paura,
la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza
nient’altro nella testa. E poi il fischio dell’arbitro e tutti
che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al
centro del mondo e il fatto che per te è così importante,
che il casino che hai fatto è stato l’elemento cruciale in
tutto questo, rende la cosa speciale; perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori e se tu non ci fossi stato
a chi fregherebbe niente del calcio?
E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di
coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in
gennaio e che male c’è in questo?... anzi è piuttosto confortante, se ci pensi”.
Colin Firth in Febbre a 90° di David Evans, 1997
“Ogni domenica puoi vincere o perdere. La questione è:
sei capace di fare entrambe le cose da uomo?”.
Al Pacino in Ogni maledetta domenica
di Oliver Stone, 1999
– 172 –
“Nessuno dei momenti che la gente descrive come i mi-
gliori della propria vita mi sembrano analoghi. Dare alla
luce un bambino dev’essere straordinariamente emozionante, ma di fatto non contiene l’elemento cruciale della
sorpresa, e in tutti i casi dura troppo a lungo; la realizzazione di un’ambizione personale – una promozione, un
premio, quello che vuoi – non presenta il fattore temporale dell’ultimo minuto, e neppure l’elemento di impotenza che provai quella sera. E cos’altro c’è che potrebbe
dare quella subitaneità? Una grande vincita al totocalcio,
forse, ma la vincita di grosse somme di denaro va a toccare una parte completamente diversa della psiche, e non
ha niente dell’estasi collettiva del calcio. E allora non c’è
proprio niente che possa descrivere un momento così. Ho
esaurito tutte le possibili opzioni. Non riesco a ricordare
di aver agognato per due decenni nient’altro (cos’altro c’è
che sia sensato agognare così a lungo?), e non mi viene
in mente niente che abbia desiderato da adulto come da
bambino. Siate tolleranti, quindi, con quelli che descrivono un momento sportivo come il loro miglior momento in
assoluto. Non è che manchiamo di immaginazione, e non
è nemmeno che abbiamo avuto una vita triste e vuota; è
solo che la vita reale è più pallida, più opaca, e offre meno
possibilità di frenesie impreviste.
In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa
squadra massacriamo di fatica noi stessi per un centimetro,
ci difendiamo con le unghie e coi denti per un centimetro,
perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti
quei centimetri il totale farà la differenza tra la vittoria e
la sconfitta, tra vivere e morire!”.
Al Pacino, monologo nell’intervallo della partita decisiva
in Ogni maledetta domenica di Oliver Stone, 1999
– 173 –
Alla fiera del West
“Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col
fucile, quello con la pistola è un uomo morto”.
Gian Maria Volonté a Clint Eastwood
in Per un pugno di dollari di Sergio Leone, 1964
“Hai notato come sono differenti le gambe delle donne?
Certo. Alcune arrivano su su fino al sedere. Altre si fermano parecchio più sotto…”.
David warner e Jason Robards
in La ballata di Cable Hogue di Sam Peckinpah, 1970
“Vorrei dell’acqua, se non vi dispiace”.
“Acqua? Vedete, qui è dal tempo del Diluvio universale
che nessuno ha più voluto saperne, dell’acqua…”.
Claudia Cardinale e Lionel Stander
in C’era una volta il West di Sergio Leone, 1968
“Qui siamo nel West, dove, tra la leggenda e la realtà,
vince la leggenda”.
James Stewart in L’uomo che uccise
Liberty Valance di John Ford, 1962
“Perduto qualcosa?”.
“Un calzino”.
“Meglio così, soldato. In questo modo hai ridotto il tuo
bucato della metà”.
Soldato blu di Ralph Nelson, 1970
– 174 –
Pot pourri
Qui di seguito troverete tutte le frasi che non hanno trovato
posto nelle precedenti categorie…
“Ricordati: la cosa più triste nella vita è il talento sprecato”.
Robert de Niro a Francis Capa
in Bronx Tale di Robert De Niro, 1993
“Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero? Invece
no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni che
vanno in giro per la strada, ve lo dico io!”.
Qualcuno volò sul nido del cuculo
di Miloš Forman, 1975
“Io ritengo giusto avere uno scopo, compiere un qualche
cosa, convincersi che la vita abbia un senso.
Avere qualcosa a cui aggrapparsi in ogni evenienza è necessario, significare qualcosa per gli altri...”.
Bibi Andersson in Persona
di Ingmar Bergman, 1966
“Forse si diventerebbe persone migliori se ci si accontentasse di essere come si è”.
Bibi Andersson in Persona
di Ingmar Bergman, 1966
– 175 –
“Sorrida, è da Mister Sorriso, 4 e 98 prego...”.
“Vuole anche la salsa Sorriso?”.
“No, no, a dire la verità vorrei compilare una domanda
di impiego”.
“Non ci sono posti da dirigente, solo al bancone”.
“Bene, cerco il minor cumulo possibile di responsabilità”.
Kevin Spacey sta per riformulare le sue aspettative di
carriera in American Beauty di Sam Mendes, 1999
“Qualcosa mi ha disturbato, non so bene cosa, ma qual-
cosa mi ha disturbato...”.
Sean Penn in This Must Be The Place
di Paolo Sorrentino, 2011
“Non sto cercando me stesso. Sono in New Mexico, non
in India...”.
Sean Penn in This Must Be The Place
di Paolo Sorrentino, 2011
“Sto cercando di far mettere insieme una ragazza triste
con un ragazzo triste, ma forse tristezza e tristezza non
sono compatibili”.
Sean Penn in This Must Be The Place
di Paolo Sorrentino, 2011
“La solitudine è il luogo dei risentimenti”.
Sean Penn in This Must Be The Place
di Paolo Sorrentino, 2011
– 176 –
“Torna presto che senza di te non riesco a vivere”.
“Non è vero, però sei carina a dirlo”.
Frances McDormand a Sean Penn
in This Must Be The Place di Paolo Sorrentino, 2011
“A Jamal Malik manca una risposta per vincere 20 milioni
di rupie. Come ha fatto?
A: Ha imbrogliato.
B: È fortunato.
C: È un genio.
D: Era scritto.
D: Era scritto. Il significato è che tutto ciò che è successo,
l’incontro con il suo attore preferito, la banconota da 100$,
il nome del poeta e tutto il resto era destino. Era scritto
nelle stelle che lui avesse quelle esperienze perché solo
quelle esperienze lo avrebbero portato alla felicità”.
Voce fuori campo in The Millionaire
di Danny Boyle, 2008
“Una volta Hemingway ha detto: ‘Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso’. Condivido la seconda
parte”.
Morgan Freeman alla fine di Se7en
di David Fincher, 1995
– 177 –
Il gran finale
“Ma dici a me? Ma dici a me?
Ma dici a me?
Ehi, con chi stai parlando… dici a me!?
Beh, non ci sono che io qui…
Ma con chi credi di parlare tu?”
Robert De Niro con se stesso allo specchio
in Taxi Driver di Martin Scorsese, 1975
In molte classifiche stilate da critici, spettatori, produttori,
questa è citata come la frase più celebre e più efficace della
storia del cinema. De Niro la dice a se stesso, allo specchio,
puntando(si) una pistola contro, e facendo le prove generali di una strage. In originale, per chi volesse saperlo, è:
“You talkin’ to me?”.
– 178 –
Una canzone
Mi è successo un po’ come a quel frate del Nome della
Rosa, che pensava con brandelli di frasi pescate chissà
dove, e parlava in quattro o cinque lingue diverse, e nella
sua testa si agitava un cacciucco di citazioni dalle Sacre
scritture, dai testi dei Padri della Chiesa, eccetera. Beh, a
me succedeva lo stesso con le frasi dei film.
Mentre stavo scrivendo questo libro, le parole del cinema mi stavano talmente assediando che ho deciso di farci
una canzone. Per liberarmene. Per farle incontrare fra di
loro. Se volete, la canzone la trovate su Youtube, suonata solo con chitarra e voce. Le parole ve le metto qui. Ma
ognuno, volendo, può inventare le sue.
Tutte le parole del cinema
mi vengono a trovare di notte
quando i rumori del mondo
spariscono come per sempre
Tutte le parole del cinema
Mi vengono a bussare alla porta
tutte le parole del cinema
frugano nei miei silenzi
Io ne ho viste di cose
che voi umani non immaginereste
Mi chiamo Bond, James Bond
Sono Wolf, risolvo problemi
– 179 –
E dai, famolo strano
che domani è sempre un altro giorno
che nome perfetto Lolita!
Buongiorno principessa!
Tutte le parole del cinema
Tutte le parole del cinema
Per fare il più lungo dei viaggi
Tutte le parole del cinema
Per vivere davvero
Tutte le parole del cinema
Per riempire i miei silenzi
Tutte le parole del cinema
Per non sentire che non ci sei
Tu fai cose, vedi gente
io sono solo chiacchiere e distintivo
Sono un uomo da marciapiede
suona ancora la nostra canzone
E facciamoci del male
e supercazzole prematurate
e amare significa non dover
mai dire mi dispiace …
Tutte le parole del cinema!
E il mattino ha sempre l’oro in bocca
Ma adesso è l’ora del lupo
E ora che il gioco si fa duro
Dobbiamo iniziare a giocare
– 180 –
E gioco a scacchi con la mia vita
E scrivo per Cavalli e segugi
Vorrei dirti “È la stampa, bellezza”
E che sono del Washington Post…
Ma tutte le parole del cinema
Non bastano a vivere un giorno in più
Tutte le parole del cinema
Non sanno dirmi come fare
Quando vorrei dirti che
Ti cerco da tutta una vita
E anche se non ti ho mai incontrata
Chissà, forse sei esistita
Tutte le parole del cinema!
Ringrazio Bertilla Polverini, che mi ha aiutato a rileggere il testo, e che mi ha dato preziosi suggerimenti su
nuove citazioni.
Ringrazio, di cuore, coloro che mi hanno regalato una o
più frasi, che volteggiavano nella loro memoria di spettatori. Francesco Bruni, Riccardo Stuto, Antonio Pirozzi,
Jacopo Storni, Duccio Biagiotti, Mauro Conciatori, Elisa
Bertini, Elena Vacirca, Andrea Monzani, Elizabeth Rasicci,
Nicola Pecci, Francesca Pandolfi, Laura Berardi, Chiara
Casini, Manuela Nastri, Silvia Bilotti, Lia Guerrini, Marco
Fallanca, Lorenzo Guidi, Maria Losito, Giovanni Mattioli,
Susanna Mollica e tutti gli altri che ho perso per strada.
– 181 –
Giovanni Bogani
Nato a Firenze nel 1963, Giovanni Bogani è il critico cinematografico del quotidiano «La Nazione», ed è giornalista di
cinema per il network QN, che raccoglie «La Nazione», «Il
resto del Carlino» e «Il Giorno». Collabora anche con il quotidiano «Il Messaggero» e con la testata online MyMovies.
Insegna sceneggiatura presso la scuola di cinema Immagina
di Firenze, ed è stato direttore del festival cinematografico
Terra di Siena.
Ha pubblicato il volume Peter Greenaway per Il Castoro; ha
curato l’edizione italiana del Dizionario dei film di Georges
Sadoul, e ha pubblicato per Cult il manuale di sceneggiatura
Ciak, si scrive. Ha pubblicato saggi sul cinema di Wenders,
Tarkovskij, Ejzenstejn, e sui rapporti tra Calvino e il cinema. Vive a Firenze.
Di Giovanni Bogani sono usciti presso Cult i romanzi L. e
Amore a ore.
Altri romanzi di Giovanni Bogani usciti presso Edimond:
Berliner Blues, Non aprire mai e Per tutto il tempo che ci
resta. Per Edizioni della Meridiana è uscito il romanzo
India Song.
– 182 –
Indice
Nessuno è perfetto di Fulvia Caprara
Conosco la vita. Sono stato al cinema di Giovanni Bogani
La felicità
Come hai detto che ti chiami?
Divi & divine
Tutta colpa della musica
Donne, donne
L’insostenibile bellezza del cinema
L’arte di amare
Amori e altri rimedi
Quando chiedere scusa non basta
Dichiarazioni d’amore
La valigia dell’attore
Le ali della libertà
Rovelli del Gulliver
Furiosissimi sdegni
Io, l’altro: Fight Club
I crocevia della storia
Insert Coen
Hai un momento, Dio?
La vita è bella
Il profumo del ricordo selvatico
La collina delle illusioni perdute
Grandi abbuffate
Nel corso del tempo
The Big Kahuna
Attimi
Good Morning, Vietnam
Vite spericolate
Il cinema ha l’oro in bocca
Pulp e cult
Hard boiled
– 183 –
5
9
13
15
16
18
20
22
24
31
39
40
42
44
45
47
52
54
56
57
63
65
68
70
71
75
78
82
83
88
90
97
La solitudine dei primi
Ame-liste
Io non ho paura
Nel nome del padre
Almeno credo
La legge del desiderio
A che ora è la fine del mondo
L’amore è una cosa meravigliosa
Arte & artisti
Lauree in lettere
Una ciotola di risa
L’arte della fuga
Così lontano, così vicino
You’ve Got a Friend
I film toscani
Francesco Nuti
Leonardo Pieraccioni
Amici miei
Mario Monicelli
Paolo Virzì
Camere con vista
Roberto Benigni
Giovanni Veronesi
Improbabili frasi da film mai sentite nella vita reale
Uomini che amano le donne. François Truffaut
Il mestiere del regista
Woody Allen
Carlo Verdone
Ecce Nanni. Moretti
Novantesimo minuto
Alla fiera del West
Pot pourri
Il gran finale
98
102
103
107
108
110
111
112
114
116
118
119
120
121
123
124
126
128
130
131
133
135
140
142
143
145
148
163
169
172
174
175
178
Una canzone
Ringrazio...
179
181
– 184 –
Realizzazione editoriale
apice libri
Caratteri
-Bauer Bodoni di Linotype® e Cambria di Microsoft
per la copertina
-Georgia di Microsoft® per il testo
-Myriad Pro di Adobe per il marchio apice libri
Carta
Fedrigoni® Arcoprint
Stampa
Tipografia abc di Sesto Fiorentino, novembre 2015