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N.5 – Maggio 2007 Qualificazione professionale per il cambiamento 2 Editoriale Sandra Casagrande, Ferdinando Castellano, Simona Curci 1. Qualificazione professionale e cambiamento 3 Simona Curci. Laura Santeusanio 2. Cambiamento nel settore un’esperienza di successo finanziario: 8 Elena Cerri, Simona Curci 3. Il retail manager Furla: professionalità e competenze nella gestione dei punti vendita 14 Marco Baffoni intervista il dott. Alfredo Finelli, Direttore Personale & Organizzazione Furla Spa 4. Cambiamento nella sanità pubblica 18 Francesca Bavastrelli, Cristiana Genta Intervista alla dott.ssa Nadia Antonimi, Direttore Amministrativo dell’ASL 2 di Perugia Schematizie n. 05 Aprile 2007 www.schema.it 1/21 EDITORIALE Sandra Casagrande, Ferdinando Castellano, Simona Curci Il cambiamento degli scenari, delle organizzazioni e delle professioni è tema di grande attualità. Schematizie ritorna, offrendo ai propri lettori una riflessione su cosa significhi per le persone che operano nelle organizzazioni condurre in modo consapevole i processi di cambiamento, su quali impatti questi abbiano sulla vita organizzativa e sulle modalità con cui ottenere i risultati che le organizzazioni si attendono nel promuovere il cambiamento. Per implementare cambiamenti che portino a risultati positivi e costituiscano traguardi di successo le organizzazioni costruiscono e attivano piani di sviluppo che supportino le persone nell’innovare le competenze e conseguentemente modificare i loro comportamenti, incrementando le capacità necessarie a sviluppare con maggiore efficacia ed efficienza i processi di business. Modificare i processi di lavoro e cambiare i comportamenti delle persone significa, per un’organizzazione, costituirsi in una learning comunity, che attraverso processi di comunicazione, confronto e sperimentazione sviluppa circuiti di apprendimento ad alta velocità, nei quali si individuano le corecompetence, si costruiscono gli strumenti e si progettano le azioni professionali che permettono alle persone di gestire, nei rinnovati processi, il proprio ruolo in coerenza con gli obiettivi assegnati e i risultati attesi. Il filo rosso che guida la riflessione proposta in questo numero di Schematizie è il tema della qualificazione professionale, intesa come capacità di integrare la specializzazione professionale con una costante attenzione alle competenze necessarie per condurre, governare, gestire sè stessi nelle organizzazioni, le relazioni con gli altri, i processi operativi per il raggiungimento dei risultati. La qualità professionale delle persone e la loro motivazione sono le leve principali su cui agire per avere successo in un contesto di cambiamento. Le organizzazioni vincenti individuano nella professionalità consolidata e nella soddisfazione delle persone i driver che concorrono al raggiungimento degli obiettivi aziendali per la creazione di valore per sé e per i propri clienti. Per rendere più concreto il nostro approccio al tema abbiamo dato alle nostre riflessioni un contesto più definito, utilizzando alcuni esempi di sistemi organizzativi che stanno agendo nel cambiamento, stanno modificando il proprio approccio al business e le competenze, conseguentemente i comportamenti delle persone per affrontare al meglio le sfide competitive nei mercati in cui agiscono. Schematizie n. 05 Aprile 2007 2/21 1. QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE E CAMBIAMENTO Simona Curci, Laura Santeusanio “L’unica cosa permanente è il cambiamento” Eraclito Il cambiamento è un processo continuo che caratterizza la vita di tutti i sistemi biologici e sociali e costituisce il fondamento della dinamica sociale. La costante evoluzione di modelli, forme e processi avviene sia a livello individuale che a livello di gruppi, indipendentemente dall’intenzionalità. Il cambiamento va inteso quindi come un processo che coinvolge tutti gli elementi del sistema in cui si attua e accompagna costantemente lo svolgersi della vita del sistema stesso. Può essere inteso come fenomeno di rottura con il passato oppure come costante evoluzione, in ogni caso si configura come un insieme di azioni concatenate che favoriscono la transizione da uno stato del sistema ad uno differente. Il cambiamento è quindi un fatto inevitabile e sempre presente nella vita delle organizzazioni. “Oggi, nelle organizzazioni, in misura sempre più evidente, non si riesce a distinguere tra cambiamento e stabilità”, sostiene Ferdinando Castellano Amministratore Delegato di Schema, “La vera contrapposizione, nelle organizzazioni, è quella tra cambiamento e consolidamento, perché in un processo di cambiamento è fondamentale essere capaci di innovare le buone pratiche, sviluppare nuove forme di comportamento, consolidando al contempo i valori e i principi senza mai negare se stessi”. Comprendere il cambiamento Sempre più negli ultimi decenni le organizzazioni si sono attrezzate per gestire, governare e affrontare nel modo più efficace i cambiamenti. Sono nati e si sono diffusi modelli concettuali che aiutano a osservare i cambiamenti, coglierne gli aspetti salienti, individuare le variabili organizzative su cui agire per indirizzare il flusso evolutivo verso gli obiettivi strategici dell’organizzazione stessa. La Funzione HR delle diverse aziende è sempre più impegnata a sviluppare e consolidare sistemi di change management che diventano parte del patrimonio di sistemi gestionali attivi in azienda e integrati tra loro. Un sistema di change management consente di rispondere efficacemente a due domande chiave: Cosa determina i cambiamenti in azienda? Come possiamo comprendere e affrontare efficacemente i cambiamenti? Nel determinare le cause che generano i cambiamenti, è possibile distinguere tra fattori esterni e fattori interni. I mutamenti nei mercati, le innovazioni tecnologiche, la concorrenza sempre più pressante, il mutamento nei gusti dei consumatori sono fattori esterni determinati dalle circostanze; ma il cambiamento può nascere anche dall’interno e quindi determinato dalla natura delle risorse umane, da conflitti interni, dalla riduzione/incremento delle vendite, dalle dimissioni di personale. Il più delle volte il mutamento in atto è frutto di un sistema di variabili correlate tra loro, nel quale è difficile separare categoricamente gli elementi esterni da quelli interni. È però necessario che il management faccia uno sforzo di discernimento, provando a disegnare la mappa dei fattori intervenienti. Questo consente infatti di orientare con la maggior chiarezza possibile la lettura delle dinamiche del cambiamento e la definizione degli indirizzi evolutivi. Schematizie n. 05 Aprile 2007 3/21 Il primo passo per governare il cambiamento è quindi avere gli strumenti necessari per analizzarlo e imparare a leggerlo. È possibile considerare un modello di analisi che analizza variabili e componenti organizzative interessate. Le tre variabili considerate sono: durata, che consente di leggere lo stato di transizione utilizzando il tempo come unità di misura, direzione, che analizza gli esiti attesi e reali del processo portata, che quantifica l’intensità del cambiamento in termini di rottura con gli schemi preesistenti Vengono poi definite tre componenti organizzative coinvolte nel cambiamento: l’organizzazione, intesa come sistema di deleghe, responsabilità, strutture, ruoli, luoghi della governance, il business, ossia l’insieme dei prodotti, i mercati in cui opera l’azienda, gli assetti proprietari e gli indirizzi di business definiti la cultura, ovvero il sistema di valori e principi che determinano comportamenti, linguaggio e clima organizzativo. Leggere il cambiamento organizzativo attraverso questo modello consente di modulare il proprio sistema gestionale in base alle diverse tipologie di mutamento. Ad esempio, un cambiamento che interessa solo il business avrà un impatto gestionale diverso rispetto ad un mutamento simultaneo del business e dell’organizzazione. È evidente però che il cambiamento di una componente organizzativa implica sempre future influenze sul sistema e quindi successivi mutamenti nelle altre componenti (se introducendo un nuovo prodotto, dovrò pianificare cambiamenti di strutture, processi, ruoli…). È una questione temporale: la simultaneità di cambiamenti implica una maggiore complessità, ma è fondamentale aver chiaro che l’evoluzione dei cambiamenti lungo le tre componenti analizzate è pressochè inevitabile e deve essere prevista, pianificata e gestita. È inoltre fondamentale essere consapevoli del fatto che un cambiamento efficace coniuga necessariamente indicatori relativi all’organizzazione o al business con indicatori di carattere culturale. Il cambiamento della cultura garantisce il reale passaggio al nuovo. A prima vista sembra che il fattore temporale sia fondamentale nel determinare sia la portata che l’esito del cambiamento. Se consideriamo gli esiti di un cambiamento come parametro per definirne l’efficacia, possiamo dire che gli esiti maggiori si riscontrano quando si attua un cambiamento culturale. Il cambiamento culturale è sicuramente quello che richiede più tempo e più fatica. Ma perché questo accade? Perché per cambiare una tecnologia occorre meno tempo che per cambiare la cultura di un’organizzazione? “L’implementazione di una nuova tecnologia o la vendita di un prodotto innovativo rispetto al passato determinano, nelle persone coinvolte nel cambiamento, un mutamento in termini di conoscenze. Ogni individuo, però, contribuisce al successo dell’organizzazione non solo attraverso le sue conoscenze, ma investendo in termini di comportamenti e capacità gestionali. È evidente come sia più facile cambiare le conoscenze delle persone, piuttosto che i comportamenti e le abitudini consolidate.” Questa riflessione ci porta a sottolineare il fatto che in tutte le situazioni, al di là delle specificità degli elementi coinvolti nel cambiamento, le persone costituiscono la variabile fondamentale all’interno del processo di cambiamento e sono in grado di determinarne il successo o l’insuccesso. Schematizie n. 05 Aprile 2007 4/21 Individui e cambiamento Gli individui che vivono il cambiamento organizzativo lo sostengono o lo ostacolano a seconda di quanto si sentano coinvolti, di quanto l’abbiano compreso e abbiano avuto la possibilità di interiorizzarlo. Secondo Kurt Lewin l’organizzazione può essere considerata come una serie di forze favorevoli o contrarie al cambiamento. Lewin afferma che nelle organizzazioni nulla accade quando l’intensità delle due forze si eguaglia, l’unico modo per innovare e crescere è aumentare le forze favorevoli e ridurre quelle contrarie. Il cambiamento organizzativo deve attivare necessariamente cambiamenti a livello individuale al fine di garantire l’effettiva partecipazione di tutte le persone coinvolte. Se è vero che il primo passo per un cambiamento organizzativo è il cambiamento culturale, è necessario creare le condizioni per l’attivazione degli individui. Lewin propone un modello di lettura del cambiamento che si basa sulle tre fasi sequenziali: Unfreezing (scongelamento): situazione di instabilità che genera uno stato di ansia o di insoddisfazione. Quando lo stato di ansia è superiore al normale si avverte il bisogno di cambiare: scongelare significa creare la motivazione e la disponibilità al cambiamento. Changing (trasformazione): in questa fase è necessario aiutare l’individuo a vedere con occhi nuovi. Il cambiamento effettivo può essere visto come “una ristrutturazione cognitiva o una ridefinizione del problema che porta a nuove percezioni, nuove sensazioni, nuovi giudizi e infine a nuovi comportamenti” (E.H.Schein). Refreezing (ricongelamento): il ricongelamento è quella fase che incorpora i nuovi punti di vista. Il ricongelamento avviene quando l’interessato verifica i cambiamenti attraverso l’esperienza. Nelle fasi iniziali del ricongelamento è importante mantenere un continuo rafforzamento del comportamento richiesto in modo da accelerare il processo di apprendimento. Le fasi del cambiamento individuali si replicano nel cambiamento organizzativo e danno origine all’alternanza tra cambiamento e consolidamento di cui parla Ferdinando Castellano all’inizio. Se gli individui sono la variabile fondamentale che agisce nei processi di cambiamento, è quindi fondamentale che essi comprendano il cambiamento e superino i timori ad esso connessi. Per propria natura gli individui sono infatti riluttanti ad accettare il cambiamento, che è visto sempre in relazione alla paura di perdere qualcosa e di non riuscire a trarne un qualche tipo di vantaggio. Ogni individuo in cambiamento teme di perdere il controllo e sente in qualche modo minacciato il proprio sistema di significati e di comportamenti. È quindi importante per l’azienda introdurre il cambiamento nella maniera più chiara possibile, sostenendo l’individuo attraverso processi di comunicazione, formazione e sviluppo. Kotter e Schlesinger propongono una serie di metodi che le aziende possono adottare nell’introduzione al cambiamento: Comunicazione ed educazione: che implica comunicare il cambiamento, renderlo noto, rendere gli individui partecipi, chiarire loro ciò che il cambiamento comporterà. Attraverso la comunicazione le persone sono educate al cambiamento, si abituano cioè a convivere con l’idea che le cose cambieranno. Negoziazione e accordo: questo metodo si adotta quando le persone che saranno coinvolte nel cambiamento potranno perdere qualcosa. In tal caso occorre negoziare, infatti gli individui vogliono capire quale vantaggio potranno avere dal cambiamento, dato che a loro sono noti solo gli svantaggi. Schematizie n. 05 Aprile 2007 5/21 Partecipazione e coinvolgimento: consiste nel coinvolgere gli individui nel cambiamento, renderli attivamente partecipi. In questo modo gli individui sono ascoltati, il loro parere è preso in considerazione e questo aiuta a far ridurre la naturale resistenza che gli individui possono avere nei confronti del cambiamento. Il coinvolgimento degli individui genera il loro impegno nel cambiamento ed aiuta a cancellare le resistenze stesse. “Sicuramente l’elemento fondamentale per gestire efficacemente anche il cambiamento più traumatico sostiene Ferdinando Castellano - è quello di aprire il circuito di comunicazione. La comunicazione deve essere intensa, nella frequenza, ed intensiva nei contenuti. È chiaro che non ci si sta riferendo ad un semplice fenomeno espositivo, ma si sta parlando di circolo comunicativo che prevede quindi una successione di fasi di esposizione, di ascolto, di raccolta di feedback e di elaborazione dei feedback.” Qualificazione professionale per gestire il cambiamento Abbiamo sostenuto la centralità dell’individuo nel determinare il successo dell’organizzazione, nel gestire e fronteggiare i cambiamenti. Abbiamo rimarcato la necessità di supportare gli individui attraverso opportuni sistemi di comunicazione, formazione e sviluppo. Rimane da chiedersi quali competenze le persone possano sviluppare per rispondere al cambiamento. Il primo passo per affrontare e rispondere efficacemente al cambiamento consiste nel comprenderlo. Le persone devono sviluppare capacità di lettura degli scenari e dei sistemi complessi. Al di là delle predisposizioni individuali, la capacità di gestire la complessità, di leggere le relazioni di sistema e di cogliere i segnali deboli può essere sviluppata e consolidata attraverso percorsi di sviluppo che integrino momenti formativi con affiancamenti a colleghi più esperti. Ma per gestire efficacemente un cambiamento organizzativo, date le implicazioni che questo ha, non è sufficiente comprenderlo: bisogna “passare all’azione”. Al di là delle specificità di ogni occupazione esistono delle competenze trasversali che costituiscono dei pilastri per “stare” nel cambiamento. Si tratta di capacità gestionali e relazionali che non riguardano il contenuto specifico del proprio mestiere - cosa faccio - quanto piuttosto le modalità di approccio e comportamento nelle diverse situazioni – come lo faccio. Nel contesto attuale di cambiamento quello che fa la differenza, non è soltanto la competenza tecnica, il saper fare determinati prodotti, il conoscere determinate tecnologie, quanto piuttosto il modo in cui si gestisce il ruolo e la propria professionalità all’interno di sistemi relazionali complessi con i clienti e con i colleghi. Lavorare con le persone in un contesto che cambia significa prima di tutto costruire relazioni di fiducia a tutti i livelli, sia con coloro che necessitano di un sostegno per implementare, sponsorizzare, comunicare il cambiamento sia con coloro che hanno bisogno di capire il cambiamento e imparare a viverlo nella maniera più efficace. La costruzione di rapporti di fiducia è fondamentale poiché consente di consolidare quei principi e quei valori che permettono di avere dei punti di riferimento stabili mentre tutto intorno cambia. Pertanto si va delineando un ruolo sempre più strategico per alcune competenze trasversali, che tradizionalmente sono state considerate “di secondaria importanza”. Storicamente la cultura organizzativa italiana ha portato ad una grande focalizzazione sull’eccellenza tecnica, tralasciando talvolta gli aspetti “soft” dell’agire professionale. Ad oggi assumono un’importanza strategica: Schematizie n. 05 Aprile 2007 6/21 il riconoscere gli altri come risorsa, ossia la capacità di vedere nell’organizzazione un sistema di competenze, comportamenti e qualità che insieme concorrono al successo dell’organizzazione stessa e di ciascun individuo che ne fa parte. Ogni persona può essere fonte di ricchezza per la propria professionalità nel momento in cui l’individuo supera la paura del conflitto e della competizione e vede l’altro come parte integrante di un sistema. “Io posso sviluppare le mie competenze e crescere nel cambiamento solo se lo faccio insieme alle persone che con me stanno creando e gestendo il cambiamento stesso”; la passione per il lavoro, intesa come capacità di attribuire un significato al proprio agire professionale che vada al di là dei confini del ruolo e riconosca il contributo che dà all’organizzazione, al suo successo e alla sua sopravvivenza. Significa sentire “propria” l’azienda in cui si lavora, muoversi in coerenza con gli sviluppi e le esigenze sempre nuove che si delineano, spingere per la crescita individuale e organizzativa; la consapevolezza delle proprie capacità, potenzialità e dei propri limiti. Essere consapevoli del proprio valore professionale consente di stare nel cambiamento riconoscendo che il cambiamento esiste e che per vivere il cambiamento senza farsi sopraffare è necessario sapersi reinventare, gestendo efficacemente il proprio sviluppo professionale e accettando talvolta i propri errori; la flessibilità intesa non solo come repentina risposta a modificazioni contestuali ma come modo di vivere e gestire il proprio sviluppo personale e professionale, come spinta a sviluppare competenza professionale per anticipare i cambiamenti. Il coinvolgimento attivo delle persone è la migliore strategia gestionale che l’organizzazione possa attuare, proponendo sfide continue finalizzate ad acquisire le capacità trasversali che consentono di guardare oltre, di allargare la visione delle cose per uscire dai vincoli che il cambiamento sembra imporre e rendere flessibile la propria area di azione. L’attenzione e la cura nei confronti della propria professionalità, delle proprie conoscenze e capacità è la migliore risposta che un individuo possa dare al cambiamento, per non essere mai impreparato e cogliere le migliori opportunità anche quando a prima vista sembra impossibile vederne. Schematizie n. 05 Aprile 2007 7/21 2. CAMBIAMENTO NEL SETTORE FINANZIARIO: UN’ESPERIENZA DI SUCCESSO Elena Cerri, Simona Curci Negli ultimi anni fusioni, integrazioni, accorpamenti di grandi e piccoli operatori del mercato finanziario sono all'ordine del giorno sulle prime pagine dei quotidiani italiani. Le grandi aziende del settore che già storicamente costituivano i leader sul territorio italiano si sono poste sempre più frequentemente l’obiettivo, a breve o a lungo termine, di essere altrettanto vincenti e competitive nel più esteso e complesso mercato europeo. Tale ambizione ha fatto sì che istituti di credito e assicurativi di piccole dimensioni, seppur di successo, abbiano dovuto “piegarsi” più o meno volentieri alla volontà dei più grandi, per garantirsi un futuro nello scenario di mercato che si sta delineando: pochi operatori di grandi dimensioni, capaci di competere a livello europeo. I grandi player del settore attivi a livello nazionale hanno così iniziato ad acquisire realtà aziendali locali e piccole reti di vendita di estensione regionale e a farne talvolta (spesso solo temporaneamente) un proprio feudo, quasi indipendente che della nuova “casa madre” rispecchia poco; più spesso accade che la realtà acquisita divenga volutamente un’estensione dell’azienda che ne è entrata in possesso. Oltre all’acquisizione di piccole aziende da parte di grandi operatori, sta accadendo sempre più spesso anche che questi ultimi decidano di unire le proprie risorse per affrontare la sfida a livello europeo. Quello che risulta da uno scenario così caratterizzato è la nascita di grandi gruppi finanziari di standing europeo, per i quali la prima vera grande sfida diviene la gestione del cambiamento a cui hanno dato vita. Ridefinire strutture e processi organizzativi in funzione di nuovi obiettivi strategici, operazione già di per sé complessa e impegnativa da tutti i punti di vista, soprattutto per realtà di enormi dimensioni come quelle cui stiamo facendo riferimento, non è sufficiente: infatti, per garantire continuità di performance organizzative di successo, è necessario anche e soprattutto che le risorse umane che operano in queste grandi realtà in trasformazione riescano a seguire, vivere, interiorizzare ed interpretare la nuova cultura aziendale che si è delineata. In assenza di tale sinergia tra persone e organizzazione, gli sforzi dell’azienda su tutti gli altri fronti sono destinati ad essere vani: ciò che fa da collante, da snodo tra le nuove strutture organizzative, i ruoli ridefiniti, i nuovi processi organizzativi e le competenze tecniche necessarie al successo è la risorsa umana, la sua percezione, interpretazione ed azione. Facendo riferimento alle risorse umane di un’organizzazione, l’eccellente livello di competenze tecniche è requisito necessario ma non sufficiente per raggiungere i risultati in linea con quanto atteso dall’azienda: ciò che permette agli ingranaggi dell’organizzazione di ruotare nella giusta direzione e al giusto ritmo sono le competenze trasversali, che consentono agli individui di agire al meglio il ruolo ad essi assegnato, finalizzandolo a obiettivi chiari e condivisi, inserendolo in un processo di lavoro, attribuendogli un significato in relazione allo scenario di mercato. Ecco perché quando si verificano cambiamenti per un’organizzazione, il coinvolgimento degli individui è la chiave per rendere le trasformazioni in atto azioni di successo organizzativo: le risorse umane non devono infatti essere considerati spettatori passivi del cambiamento, ma, al contrario, attori protagonisti che, in sinergia con i vertici dell’organizzazione, costruiscono, interpretano e trasmettono la nuova cultura aziendale. Schematizie n. 05 Aprile 2007 8/21 Il contesto A settembre del 2006 Schema è stata contattata dalla Responsabile delle Formazione di un nuovo grande gruppo finanziario italiano per costruire un percorso di inserimento in azienda. La richiesta di intervento nasce dalla necessità di creare integrazione culturale all’interno del Gruppo, allineare le conoscenze organizzative delle persone appartenenti all’azienda e di conseguenza consolidare il background alla base di eventuali percorsi di sviluppo di competenze nei singoli ruoli. Il Gruppo finanziario cui stiamo facendo opera nel settore assicurativo e fa della previdenza il suo core business. Il Gruppo prende vita dall’integrazione di realtà aziendali già vincenti e consolidate sul territorio italiano, mercato all’interno del quale ricoprono appunto posizioni di leadership. Con questo nuovo Gruppo finanziario si concretizza la visione di un uomo, AD del Gruppo, che ha in mente di creare un importante player nel mercato previdenziale europeo: quello che è immediatamente evidente nell’approcciare il management del Gruppo è proprio il carisma, l’entusiasmo e la capacità di trasmettere la fiducia nel progetto da parte dell’AD alla sua prima linea e, in un processo a cascata che coinvolge persone e investe nella comunicazione, a tutto il Gruppo. Quello che nasce come un progetto di un singolo uomo diventa quindi ben presto il progetto di molti, tutti coloro che, convinti e motivati decidono di farne parte. La nascita del nuovo Gruppo porta con sé da un lato l’integrazione di società diverse, ciascuna delle quali legata ad una determinata storia e cultura e dall’altro dà l’avvio ad una massiccia campagna di assunzioni che possa rispondere alla creazione delle posizioni organizzative nate dall’istituzione della capogruppo e da precise scelte di investimento nelle società controllate in base alle linee guida strategiche definite dalla holding. Lo scenario dell’Azienda al momento del contatto con Schema è perciò di dinamismo e cambiamento continuo: la nuova società è in start up, tutto è in via di definizione a partire dalle strutture organizzative fino ai processi di lavoro e ai ruoli e Schema, nel suo ruolo di società di consulenza, è chiamata a leggere quanto sta avvenendo, rielaborarlo insieme al management del Gruppo e supportarlo nel fornire ai nuovi dipendenti un punto di riferimento condiviso da cui partire. Infatti sia per le risorse che fanno parte delle realtà già esistenti all’interno del gruppo, sia per le nuove risorse provenienti da altre aziende, l’allineamento culturale costituisce il punto di partenza per vivere ed interpretare il proprio ruolo professionale all’interno della nuova realtà organizzativa ed in linea con le attese dei vertici, che rischierebbero altrimenti di disperdersi all’interno di tanta eterogeneità. Schema avvia quindi la progettazione di un intervento rivolto ai professionisti di tutte le aree aziendali di sede e di rete, con la finalità di valorizzare la ricchezza delle diverse esperienze e professionalità “raccolte” nel Gruppo e trasmettere loro una cultura aziendale condivisa in cui potersi esprimere in coerenza con le attese dell’azienda. Questa sembra infatti essere la strategia vincente fronteggiare e ottimizzare i cambiamenti che un tale scenario aziendale comporta. La costruzione del percorso La trasmissione di una cultura aziendale richiede come condizione indispensabile quella di conoscerla profondamente: per poterlo fare Schema ha cercato di viverla e respirarla fin dall’inizio avviando una forte collaborazione con diverse figure aziendali. Schematizie n. 05 Aprile 2007 9/21 La progettazione del percorso di sviluppo ha richiesto una fase preliminare di analisi dei documenti aziendali (mission, vision, organigrammi, funzionigrammi, processi e procedure, modelli di business, dati di mercato e di posizionamento…) e della rassegna stampa raccolta dalla nascita del Gruppo fino ai suoi primi passi: queste attività avevano come obiettivo la lettura del contesto aziendale e la raccolta delle informazioni necessarie per comprendere e “sentire” la cultura dell’organizzazione. In collaborazione con la Responsabile della Formazione sono state inoltre realizzate dalla consulenza interviste alla prima linea dell’AD del Gruppo: i Direttori delle principali funzioni aziendali e altre figure chiave, con l’obiettivo di organizzare le informazioni in base alle linee guida dei vertici aziendali e costruire una base sulla quale realizzare il materiale informativo relativo all’Azienda. Per garantire omogeneità nella tipologia dei contenuti raccolti è stata preparata una traccia di intervista che sintetizzasse le aree tematiche da affrontare durante gli incontri con coloro che, per il ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione, avrebbero rappresentato e trasmesso più facilmente di altri gli elementi chiave della cultura aziendale che si stava costruendo. Si è quindi realizzato un processo di co-costruzione dell’intervento formativo tra committenza e consulenza: la grande collaborazione e disponibilità di entrambe le parti ha permesso infatti di condividere e di progettare tutto il percorso con la Direzione Risorse Umane ed in particolare con la Responsabile della formazione. Naturalmente alla raccolta ed analisi dei documenti aziendali e alle interviste è seguita la progettazione del processo di lavoro vero e proprio. Trasmettere i valori distintivi di una cultura aziendale e al contempo costruire insieme alla persone la cultura stessa richiede di attivare un processo di apprendimento che vada al di là della semplice acquisizione di contenuti e passi attraverso il pieno coinvolgimento delle persone. Il primo passo è stato quello di definire un modello di lettura dell’organizzazione in cambiamento che costituisse il “file rouge” del processo di apprendimento. L’organizzazione viene esplorata gradatamente attraverso tre livelli di lettura: Lo scenario in cui si colloca, inteso come insieme dei processi di business in riferimento allo specifico settore di appartenenza, ai prodotti e alle strategie La cultura organizzativa, ossia l’insieme della missione, dei valori e del sistema di governance che guida l’agire organizzativo Il modello organizzativo, ovvero i processi di lavoro e la struttura entro cui ciascuna persona si muove nello svolgimento del proprio ruolo. Il modello consente di impostare un percorso formativo di tre giornate che andrà a ripercorrere i tre livelli di analisi attraverso una modalità di lavoro coinvolgente, basata sul confronto attivo tra i partecipanti e la rielaborazione condivisa delle tematiche affrontate. SETTORE PRODOTTI VISIONE DI BUSINESS Scenario Cultura MISSION VALORI GOVERNANCE MODELLO ORGANIZZATIVO Sistema Impresa PROCESSI Schematizie n. 05 Aprile 2007 10/21 La strutturazione del processo d’aula ha dato avvio alla preparazione dei materiali di supporto al processo di apprendimento: sono state costruite le presentazioni, si sono create schede di lavoro ad hoc per le attività individuali e in sottogruppo, sono stati scelti filmati significativi per l’analisi dei tratti culturali, accompagnati da griglie strutturate per l’osservazione. Tutto il processo di progettazione ha visto un grande supporto e disponibilità anche da parte della Direzione Comunicazione e Immagine del Gruppo, che, oltre ad aver fornito alla consulenza documenti aziendali interni molto significativi dal punto di vista della lettura della cultura dell’organizzazione, ha rivisto insieme a Schema tutti i materiali relativi al profilo dell’Azienda per garantire ancora una volta la completa coerenza con i messaggi aziendali. L’intervento realizzato Il percorso di sviluppo si è articolato in tre giornate consecutive ciascuna ispirata ai tre temi chiave che costituiscono il modello di lettura dell’organizzazione che si è scelto di utilizzare come filo rosso dell’intero percorso: la prima giornata si focalizza sulla cultura dell’organizzazione e sugli indicatori che la costituiscono: mission, valori e governance; la seconda giornata è dedicata allo scenario e perciò a tutto quello che in qualche modo influenza la cultura di un’organizzazione: i prodotti offerti, i canali distributivi utilizzati, la visione di business e il settore in cui l’azienda opera, caratterizzato da fattori come la natura dei prodotti/servizi offerti, dal livello di saturazione, dal posizionamento dei competitor. La terza ed ultima giornata entra nel vivo di ciò che invece è influenzato più o meno direttamente dalla cultura aziendale: il sistema impresa, ovvero il modello organizzativo e i processi di lavoro che permettono il funzionamento dell’organizzazione. Il percorso offre un’occasione di lavoro strutturato e metodologicamente guidato per rispondere insieme a tre domande chiave: chi siamo? esplorando l’organizzazione i partecipanti hanno modo di conoscerne l’identità e la cultura e di iniziare a farla propria; dove operiamo? Analizzando la realtà in cui l’organizzazione si inserisce e da cui è determinata la cultura, i partecipanti collocano il proprio agire professionale in un contesto più ampio uscendo dai confini ristretti del proprio specifico ruolo; come lavoriamo? focalizzandosi sul modello organizzativo adottato dall’azienda e sui processi di lavoro che definiscono le modalità di lavoro in linea con la cultura che caratterizza l’organizzazione stessa, le persone attribuiscono significato al proprio agire professionale all’interno della cornice costruita nell’arco delle tre giornate. Utilizzare un tale modello di lettura dell’organizzazione permette da un lato di cogliere gli elementi salienti per valutare se esista un cambiamento e di che portata esso sia e dall’altro di conoscere il perimetro in cui muoversi ed agire il proprio ruolo professionale con la sicurezza di poter monitorare la coerenza tra il proprio operato e quanto atteso dall’organizzazione: “stare nell’organizzazione” significa in effetti prima di tutto agire in sinergia con la cultura aziendale che la caratterizza. Nonostante i temi trattati durante il percorso siano necessariamente di natura informativa, nella realizzazione del percorso si è riusciti a limitare i momenti informativi al minimo indispensabile, privilegiando l’interazione e il lavoro di gruppo. L’obiettivo è stato infatti quello di poter trasmettere anche attraverso il percorso stesso uno dei valori chiave che contraddistinguono la storia e la cultura del Gruppo: Schematizie n. 05 Aprile 2007 11/21 l’integrazione. In questo senso ampio spazio è stato lasciato ad esercitazioni ed attività ludiche che permettessero lo scambio e la condivisione di professionalità, culture di mestiere, linguaggi diversi che devono essere agiti in un contesto comune. Con questo percorso si è avviato un processo fondamentale per il successo dell’organizzazione: la costruzione di una nuova cultura aziendale condivisa e coerente con le linee strategiche aziendali e con i cambiamenti organizzativi in corso. L’aula in cui si svolge il percorso diventa da questo punto di vista una sorta di laboratorio della cultura, in cui si raccontano i tratti salienti della cultura dell’organizzazione e al tempo stesso si mette in campo quella dei partecipanti, come a confrontarle, valorizzando ciò che di coerente già esiste e condividendo attraverso il gruppo modalità diverse di vivere ed interpretare una stessa realtà. Quello che in questo modo si riesce a costruire e a trasmettere non è tanto la somma delle singole culture presenti nell’organizzazione, ma qualcosa di completamente nuovo, che saggiamente recupera e valorizza quanto di buono già esiste nelle diverse culture non semplicemente “sommandole”, ma integrandole. Per usare una metafora, è come se dalla miscela di colori diversi si riuscisse ad ottenere qualcosa che non è semplicemente un “melange”, ma un nuovo colore, differente e unico, che non è immaginabile guardando solo ai colori originari. Il modello Schema Schema propone un modello di intervento che si configura come supporto metodologico alle aziende nelle quali è in atto o sia pianificato un cambiamento strutturale e culturale. In particolare il modello ruota intorno a tre cardini: 1. co-design: la collaborazione con la committenza nella costruzione del percorso si configura come occasione per l’azienda di costruire e razionalizzare la propria cultura. Soprattutto nelle realtà caratterizzate da grandi mutamenti organizzativi può infatti succedere che i primi tratti della nuova cultura non siano ancora definiti come tali nonostante siano già attivi più o meno direttamente. In questi casi committenza e consulenza si trovano a disegnare insieme una cultura aziendale esplicitandone valori e tratti distintivi a partire da analisi mirate di documenti aziendali e incontri con il top management e opinion leader dell’organizzazione. La collaborazione tra Schema e la realtà d’intervento diviene allora non solo indispensabile per la costruzione dell’intervento stesso, ma anche un momento di co-costruzione di cultura che arricchisce le esperienze di entrambi gli attori che vi partecipano: da un lato infatti l’azienda ha l’occasione di ragionare, razionalizzare ed esplicitare i propri tratti culturali con il supporto metodologico di Schema e dall’altro la consulenza approfondisce la propria conoscenza dell’azienda cliente, garantendole così un servizio ancora migliore. 2. logica processuale: l’intervento è progettato e realizzato in modo che nulla sia lasciato al caso. Ogni giornata è la fase di un processo di lettura, comprensione ed interiorizzazione della cultura aziendale; lo stesso processo è replicato all’interno di ogni singola giornata, in modo che tutte le attività, gli input teorici e i momenti di riflessione siano funzionali all’entrare nella nuova cultura e a gettare le basi per esserne fruitori e ambasciatori. L’obiettivo di costruzione e condivisione della Schematizie n. 05 Aprile 2007 12/21 cultura guida ogni parola, ogni interazione e ogni attività, collocandole in un processo di apprendimento che coinvolge attivamente ogni persona, facendola sentire protagonista della costruzione di qualcosa di nuovo. 3. valore delle competenze trasversali: nella convinzione che l’essere esperti in un determinato know how non sia l’unico fattore di successo professionale, Schema si impegna nella valorizzazione delle competenze trasversali come leva che fa funzionare in modo ottimale le conoscenze tecniche. Da questo punto di vista le competenze trasversali permettono di approcciarsi al lavoro in modo costruttivo e di utilizzare il proprio know how in coerenza con le attese aziendali e il contesto in cui vengono messe in gioco. Le persone sono quindi soggetti attivi dell’organizzazione, senza le quali le conoscenze tecniche non potrebbero essere espresse: rendono perciò possibile il vero cambiamento quando sono coinvolte dall’azienda come attori protagonisti, quando si permette loro di comprendere che il lavoro che svolgono quotidianamente, e soprattutto la modalità in cui lo svolgono, non è fine a se stesso, ma si inserisce in un grande progetto del cui successo loro sono parte attiva ed indispensabile. Schematizie n. 05 Aprile 2007 13/21 3. IL RETAIL MANAGER FURLA: PROFESSIONALITÀ E COMPETENZE NELLA GESTIONE DEI PUNTI VENDITA Marco Baffoni intervista Alfredo Finelli, Direttore Personale & Organizzazione Furla Spa Furla Spa è un’azienda fondata nel 1927, in forte crescita, divenuta leader nei prodotti di pelletteria e accessori moda all’interno del settore fashion. È organizzata con oltre 250 punti monomarca in 73 Paesi, dove è presente sul mercato con oltre un milione di borse prodotte ogni anno, ma anche gioielli, orologi e calzature. Questo permette di raggiungere oggi un fatturato di 128 milioni di euro all’anno, dieci volte più di quindici anni fa. Nella sede principale a Villa Bellaria (nelle immediate vicinanze del centro di Bologna) lavorano 250 persone, che diventano 634 se si considerano le 6 filiali world wide (Gran Bretagna, Francia/Germania, Far East, Giappone e Stati Uniti). Quali sono gli elementi distintivi che caratterizzano le attività e il ruolo della Funzione Human Resources nel settore della moda, in un mercato caratterizzato da rapidissimi cambiamenti? Sicuramente la maggiore peculiarità è il forte contatto diretto col business che si richiede in questo settore anche agli specialisti nella gestione e sviluppo delle risorse umane. La strategia HR per chi opera nella moda si colloca all’interno di una strategia aziendale più ampia: le strategie, i piani di budget e gli indici di redditività sono i driver dell’azione di ogni HR Manager che sempre più spesso è chiamato ad essere un vero e proprio Business partner per l’Azienda. La sfida è organizzare un proprio piano di lavoro che sia di reale supporto al raggiungimento degli obiettivi di business. È possibile individuare alcune caratteristiche core che in Furla trasversalmente delineano le professionalità sia di coloro che operano in sede sia di chi è impegnato nei punti vendita? Abbiamo individuato 4 elementi core per chi lavora nella nostra organizzazione. Innanzitutto ad ogni professionista si richiede flessibilità, intesa come capacità di adattarsi rapidamente al cambiamento di contesto e di decisioni intraprese. Il mondo fashion è sottoposto a continui e rapidi mutamenti di scenario ed ogni variazione impatta sulle decisioni da intraprendere, in tutte le aree dell’Azienda, sia nella sede centrale, che perifericamente e negli store. In secondo luogo è essenziale per Furla la passione per il proprio lavoro. Chi lavora nella nostra Azienda deve costantemente trasmettere entusiasmo e coinvolgimento per il proprio lavoro, senza fermarsi di fronte agli ostacoli e cercando di rimuovere eventuali barriere. Inoltre la natura sperimentale di molte soluzioni da intraprendere impone un approccio innovativo, inteso come capacità di sviluppare pensiero creativo e laterale di fronte a problemi e scelte nel day by day. Infine per la nostra organizzazione è essenziale la condivisione delle informazioni just in time, sviluppando un sistema di comunicazione organizzativa all’interno dell’Azienda, su ogni scelta rilevante per gli stakeholder. Schematizie n. 05 Aprile 2007 14/21 A partire da questi quattro elementi avete declinato anche delle competenze trasversali da esercitare in ciascun profilo di ruolo? Certamente, abbiamo alcune skill indispensabili e trasversali ad ogni profilo di ruolo. In Furla, per lavorare in un contesto in rapido cambiamento, occorre essere persone: - super easy: di facile accessibilità, non problematiche, reattive e positive anche sostenendo elevati carichi di lavoro e sotto pressione. - disponibili a job enlargement occasionali, dovendo in molti casi andare oltre la mera aria prescrittiva nell’esercizio del proprio ruolo. - disponibili a job rotation: essendo spesso border line tra un ruolo e l’altro, è necessario sapersi adattare a differenti situazioni mutanti. - inclini ad assumersi dei rischi. Nel mondo fashion le decisioni non si possono rimandare; occorre quindi fare determinate scelte senza rimanere in stand by. Persone risk adverse possono rallentare i processi e lasciare decisioni in sospeso: ciò è quanto di più dannoso possa accadere! Queste competenze sono determinanti nella selezione delle persone che operano nei punti vendita? Sì. In ogni specifica situazione naturalmente andiamo poi a customizzare le skill necessarie a partire dalle indicazioni della Line: per ex su un punto vendita di nuova apertura, si identificano anche le consuetudini locali, i gusti femminili, il livello di reddito e di autonomia finanziaria delle donne, si crea insomma uno standard di cliente atteso. I dati elaborati oltre a dare preziose indicazioni per definire l’assortimento, ci indirizzano nell’orientare la selezione del personale degli store. In questa fase di start up dei punti vendita il ruolo dell’HR Manager è quello di vero business partner del Retail Manager. Quali sono attualmente i key role su cui concentrate maggiore attenzione in fase di selezione, gestione e sviluppo delle vostre risorse? Il profilo più importante è quello del Retail Manager, strategico nei nostri processi di lavoro e vero e proprio snodo nella rete vendita. Poiché circa il 70% del fatturato di Furla arriva da negozi monomarca, è fondamentale coordinare lo sviluppo degli store. In Furla esistono due profili di Retail Manager a seconda della tipologia di negozio con cui interfacciarsi. Nei negozi diretti, che rappresentano il 35% del totale a livello worldwide, operano Retailer che hanno un’assunzione di rischio elevata ed esercitano una forte leadership sugli Store Manager. Infatti, pur avendo lo Store Manager grande autonomia, è il Retail Manager che definisce l’assortimento e il buying di tali negozi: gestisce perciò direttamente il territorio e le persone, ed assume decisioni in termini di prodotti, location e prezzo. A questa prima figura di Retail Manager è richiesta visione del business, capacità gestionali e assertività e stile direttivo nelle relazioni. Differente e più complesso è invece il profilo del Retail Manager che opera nei negozi monomarca ma di tipologia franchising. Il Retailer, dovendosi interfacciare con imprenditori, titolari dei punti vendita, clienti non end users Furla, ha la necessità di accreditarsi quale vero e proprio consulente Furla dell’imprenditore, diventando un punto di riferimento per quello che riguarda il visual merchandising, le vetrine, il lancio del prodotto e l’analisi analisi delle performance del prodotto. A questa figura di Retail Schematizie n. 05 Aprile 2007 15/21 Manager si richiedono forti capacità relazionali, nell’ascoltare il cliente, negoziare e essere un service per l’imprenditore. La sfida del Retail Manager è quella di ricercare soluzioni in grado di creare valore sia per l’organizzazione che per l’imprenditore al quale offre un servizio, generando reciproca soddisfazione. Di quali attività si occupano queste tipologie di Retail Manager? Il Retail Manager Furla svolge sia attività di buying che quelle di “Retail operation”, non avendo (diversamente dalle grandi griffe del lusso) due figure distinte su tali processi. Il Retail Manager perciò deve avere la capacità di assortire e fare gli ordini. Al contempo, si occupa di conoscere al meglio le collezioni, di suggerirne gamma e ampiezza, di fare analisi di dettaglio del punto vendita (sell in, sell through, sell out, rotazione magazzini, scontrino medio), di decidere inizio saldi, di gestire il riassortimento. Abbiamo constatato spesso la difficoltà di riunire in un unico profilo questi due ambiti di competenze che il mondo del lusso distingue: rappresenta sicuramente un job enlargement. Ad aumentare la complessità del ruolo di Retailer va sottolineato che questo profilo vale a livello world wide e, inevitabilmente, occorre accentuare poi determinati aspetti a seconda della specifica area geografica in questione. Immagino non sia semplice il recruiting di tali figure… …è durissimo! nella fase di selezione e nel percorso di sviluppo gradiamo maggiormente persone che sappiano approcciare l’area del Retail operation perché la parte di buying la riescono ad acquisire più facilmente attraverso la presentazione della collezione, le preview, il sistema informatico, la formazione costante che svolgiamo. Data la difficoltà di trovare sul mercato figure con questo tipo di professionalità, attiviamo percorsi di crescita interni. L’esperienza positiva realizzata nel giugno 2006 con Schema ne è stato un esempio. Abbiamo lavorato per costruire un Team Retail, aiutando gli specialisti di Retail vivere il cambiamento nell’esercizio del loro ruolo, diventando dei gestori di Retail. Inoltre cerchiamo di proporre a neo laureati e neo masterizzati un’esperienza formativa on the job unica nel settore, con grandi possibilità di apprendimento e crescita per gli high potential. La nostra Direzione Retail cura molto questa dimensione e siamo riusciti ad attivare sulla fascia delle new entry una vera e propria swimming pool. Naturalmente poi il livello di drop out ci crea qualche problema ma stiamo cercando rafforzando le nostre azioni di retention. Quali azioni di retention svolgete sulle fasce di key people e key role? Innanzitutto abbiamo un sistema di compensation, integrato da benefit ad personam per le risorse strategiche. Inoltre offriamo misure d’attenzione particolari per il personale femminile (74% del totale) cercando laddove è possibile di garantire un equilibrio tra vita professionale e familiare, utilizzando con grande premura tutti gli istituti previsti per la gestione delle maternità. Purtroppo devo evidenziare che chi come noi fa impresa “al femminile” non riceve in cambio una sana attenzione dalle Istituzioni. Schematizie n. 05 Aprile 2007 16/21 In termini di formazione avete dei percorsi di strutturati e dell’aree tematiche core per sostenere la attuale fase di cambiamento che coinvolge Furla? Sui professionisti high potential che operano nel retail l’offerta formativa si concentra sui temi di natura commerciale, senza trascurare tuttavia alcuni approfondimenti sulle capacità manageriali gestionali e relazionali. Un’importanza particolare riveste inoltre la formazione agli economics e al Controllo di Gestione, svolta con i Retailer, per sensibilizzare queste figure al metodo, all’attenzione ai numeri ed al monitoraggio degli indici di redditività dei punti vendita. La maggior parte degli interventi la svolgiamo in Azienda, con il supporto di personale interno. Solo per alcune iniziative strategiche, come quelle svolte con Schema ci rivolgiamo a partner esterni e grandi brand della formazione. Schematizie n. 05 Aprile 2007 17/21 4. IL CAMBIAMENTO NELLA SANITÀ PUBBLICA Francesca Bavastrelli, Cristiana Genta PREMESSA Lo scenario socioeconomico e demografico del nostro paese sta cambiando notevolmente in questi anni, il progresso scientifico e l’innovazione tecnologica stanno diventando fattori chiave di successo in molti settori, tutto questo comporta un evidente impatto anche nel settore della sanità, sia pubblica che privata. Obiettivo di questo contributo è fornire una breve sintesi del trend di cambiamento cui si sta assistendo, evidenziando come i differenti fattori siano tra loro correlati. Il settore sanitario nel corso degli anni è stato soggetto ad una serie di riforme volte ad incrementare l’efficienza ed a migliorare la qualità delle sue prestazioni. Con la riforma sanitaria del 1978 viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione di trattamenti uniformi estendendo l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini e garantendo loro modalità di trattamento uguali per tutti, anche grazie alla globalità del servizio, che deve fornire interventi di prevenzione, cura e riabilitazione. I livelli di competenza si dividono su base nazionale, regionale e territoriale ed i finanziamenti, determinati annualmente vengono ripartiti tra le regioni che, loro volta, li ridistribuiscono alle varie unità sanitarie locali. La dirigenza medica viene deresponsabilizzata dagli incarichi di carattere gestionale e non è chiamata a rispondere dei risultati conseguiti. Tale approccio non permetteva di governare l’intero sistema organizzazione ed è per questo motivo che nasce l’esigenza di decentrare maggiore autonomia e responsabilità a livello regionale e locale. In quest’ambito si inserisce il processo di riforma che ha avuto origine con il D. LGS. N°502/92 e N° 517/93. Ispirandosi ai principi della regionalizzazione, dell’aziendalizzazione e della responsabilizzazione, il processo di riordino del S.S.N. ridefinisce l’assetto istituzionale, gestionale e organizzativo del sistema. Con questa riforma avviene il superamento delle convenzioni con le strutture private e l’adozione dell’accreditamento come prerequisito per l’esercizio di attività sanitarie. I cittadini possono scegliere liberamente se rivolgersi a strutture pubbliche o private e per garantire loro la qualità dell’assistenza si prevede in via ordinaria l’adozione di procedure di verifica e revisione della qualità delle prestazioni; i rapporti tra Servizio sanitario nazionale e Università diventano tali da includere la formazione universitaria del personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione. È evidente in tutto questo l’evolversi delle competenze richieste a chi opera nel settore, sia per quanto attiene le conoscenze che per quanto concerne le capacità e qualità da esprimere nell’esercizio della propria professionalità. Infine, con il D. LGS. 299/99, si accentua ulteriormente il cambiamento in atto negli ultimi anni, rafforzando ulteriormente la natura “aziendale” delle aziende sanitarie, in termini di struttura, processi, ruoli e competenze necessarie. A questi cambiamenti nella normativa si affiancano quelli a livello istituzionale, sociale ed organizzativo. Per quanto attiene il primo livello, l’accentuarsi della competizione tra le strutture sanitarie pubbliche e private sottolinea la libera scelta da parte del cittadino di individuare i soggetti che ritiene più idonei a soddisfare le sue esigenze di tutela. Lo sviluppo di logiche competitive stimola poi la ricerca di livelli di efficienza ed efficacia sempre più elevati, di innovazione e miglioramento continuo. I cambiamenti a livello sociale che impattano maggiormente sono quelli inerenti l’invecchiamento della popolazione e l’evolversi della suo fabbisogno di salute; l’evoluzione delle tecnologie e della ricerca in campo medico, che consentono di allungare la durata e la qualità della vita; l’evoluzione informatica e Schematizie n. 05 Aprile 2007 18/21 quella della situazione socio – culturale, sempre più alle zone rurali si sostituiscono infatti quelle urbane, quasi tutte ormai facilmente raggiungibili. Si inizia a discutere su temi quali la bioetica e la genetica, prima sconosciuti ai più. Tutto questo non può che comportare un cambiamento anche a livello organizzativo delle strutture sanitarie, che si avvicinano alla popolazione, diventano maggiormente flessibili, riconoscono una maggiore autonomia ai territori e vedono la nascita di nuovi ruoli organizzativi. Si è così assistito al passaggio da un’azienda orientata alla produzione (di un prodotto o un servizio) ad un’organizzazione performance-oriented, in cui la qualità del servizio erogato e la customer satisfaction sono divenute parte integrante dell’attività della struttura, in cui viene esercitato un maggior controllo sulla performance e viene promossa la crescita professionale degli individui. L’azienda sanitaria diventa un sistema policentrico, altamente specialistico, regolato da criteri che garantiscano la qualità delle prestazioni, viene introdotto un sistema di valutazione delle persone e cambiano le competenze richieste nell’esercizio dei differenti ruoli. Quanto fin qui esposto evidenzia come le esperienze pregresse siano state oggetto di apprendimento: imparare dai propri successi e dai propri errori per costruire modelli organizzativi adeguati a rispondere alle esigenze di un contesto in evoluzione. Il tema è quello dello sviluppo di processi di apprendimento organizzativo, elemento indispensabile per innovare e garantire prestazioni adeguate ai cittadini. Per consentire un approfondimento dei temi trattati, di seguito viene riportata l’intervista effettuata alla dott.ssa Nadia Antonimi, Direttore Amministrativo dell’ASL 2 di Perugia. INTERVISTA DOTT.SSA ANTONINI o Le aziende sanitarie, sono state investite in questi ultimi anni da una serie di dinamiche riconducibili a pressioni ambientali esterne (cambiamento istituzionale, modifiche del quadro normativo, dinamiche socioeconomiche, progresso scientifico e innovazione tecnologica, diffusione della sanità privata) che hanno inciso significativamente sulle caratteristiche gestionali e organizzative e ne hanno influenzato il processo di evoluzione. Quali sono, a suo avviso, gli elementi che caratterizzano lo scenario della Sanità Pubblica? Cosa sta cambiando rispetto al passato? Il principale cambiamento è il Federalismo fiscale, gli accordi firmati con il governo comportano, infatti, una maggiore responsabilizzazione dei soggetti regionali. Le modifiche introdotte con il patto sulla salute implicano poi delle penalizzazioni per le Regioni che non rispettano i patti di stabilità. In questo quadro di riferimento va contestualizzata anche la recente normativa che ha stanziato delle risorse a supporto delle regioni maggiormente indebitate. Il tema è sempre quello della gestione delle risorse economiche, che non sono illimitate; i conti pubblici sono in una situazione di grande difficoltà, non ci sono risorse consistenti per affrontare i nuovi scenari anche nelle Regioni, come l’Umbria, ove i conti sono in ordine. La Regione Umbria in questi ultimi anni si trova ad affrontare due questioni di grande importanza: la prima concerne l’innovazione tecnologica, che impone una continua e costante evoluzione correlata ad una riorganizzazione dei punti di erogazione in modo da ottimizzare dal punto di vista quali quantitativo gli investimenti. A questo proposito noi, in Umbria, stiamo utilizzando molte risorse per riorganizzare l’area ospedaliera. La seconda questione riguarda invece l’invecchiamento della popolazione. L’allungamento della speranza di vita comporta una rivisitazione completa del ciclo diagnostico terapeutico che implica un impegno finanziario notevole e richiede una maggiore organizzazione dei servizi, soprattutto per quanto concerne le cure primarie e la gestione delle cronicità. In alcune Regioni i margini di razionalizzazione della spesa si stanno velocemente riducendo, la comprensione tra i differenti interlocutori diventa sempre più difficile, occorre quindi individuare velocemente una soluzione o il concetto di solidarietà tra le Regioni (quelle che da anni lavorano Schematizie n. 05 Aprile 2007 19/21 sulla razionalizzazione e quelle che hanno da compiere più strada su questo tema) verrà messo a rischio. Bisogna passare al razionamento delle prestazioni? Sicuramente diventa importante effettuare una revisione sull’appropriatezza, sui costi dei livelli essenziali di assistenza e sulla loro comparabilità, questo al fine anche di regolamentare il rapporto tra le Regioni. Altre tematiche che stanno caratterizzando il cambiamento nello scenario sono quelle inerenti la medicina predittiva e la genomica, che stanno dando adito ad un ampio dibattito in merito, ad esempio, alla bioetica ed all’accanimento terapeutico. È difficile definire altri scenari. La realtà è che la vita si è notevolmente allungata e questo comporta un necessario adattarsi della spesa sanitaria. A questo proposito diventa importante analizzare il rapporto tra spesa pubblica e spesa privata, per capire dove e perché il cittadino subentra e se una tassa di scopo può rispondere alle sue esigenze. La risposta come sempre è correlata al servizio offerto, deve esserci un rapporto costo/benefici. o Lo scenario italiano sta cambiando da un punto di vista sociale, anagrafico e culturale, come questo impatta sulla domanda del cliente e, conseguentemente, sul servizio offerto? In Umbria c’è un’offerta varia di servizi che, tuttavia, deve essere continuamente monitorata al fine di adattarla alle esigenze della evoluzione della domanda con un’attenzione alla sostenibilità economica. È fondamentale il concetto della presa in carico, bisogna diversificare i servizi e avvicinarli ai fruitori trovando il giusto connubio tra delocalizzazione dei servizi e loro livello qualitativo, fortemente condizionato dal bacino di utenza e dalla casistica trattata. In questo senso la ditalizzazione, la trasmissione a distanza ed, in generale l’informatizzazione aiutano a trovare il giusto equilibrio. I principali servizi richiesti dal cittadino riguardano: l’assistenza domiciliare integrata (infermieristica e riabilitativa), i servizi per gli anziani, i servizi ambulatoriali specialistici (diagnostici e terapeutici) ed un efficace servizio di dimissione protetta. Permane una domanda di istituzionalizzazione (soprattutto nelle zone dove vi è una minore presenza della rete primaria familiare). Nella realtà umbra si è cercato di integrare le cure ospedaliere e quelle territoriali, anche domiciliari per rendere sempre più efficace il trattamento dei pazienti che necessitano di continuare il percorso terapeutico iniziato presso la struttura ospedaliera. La presa in carico del paziente significa anche assicurare continuità all’iter terapeutico assistenziale per stabilizzare i risultati conseguiti e favorire il recupero funzionale. Nella Regione Umbria hanno avuto successo gli ospedali di distretto in cui i medici di medicina generale, sotto la propria responsabilità, ricoverano i propri pazienti che, ai fini terapeutici, abbisognano di cure da svolgere, più appropriatamente, in una struttura con presenza infermieristica. In Umbria c’è storicamente una forte rete di servizi territoriali “classici” che mantengono tuttora la loro validità e sono, come ovvio soggetti ad una continua rivisitazione in relazione alle esigenze espresse dal territorio di riferimento. Maggiori sono le difficoltà economiche e sociali del territorio, più sono richiesti questi servizi, con un conseguente aumento del livello di complessità. o Quali sono, a suo avviso, gli impatti di questi cambiamenti sulla struttura dell’ASL, sulla sua gestione e sull’interpretazione dei ruoli? Bisogna continuamente inventarsi nuovi modelli organizzativi e di gestione del servizio, non bisogna irrigidirsi su modelli precostituiti. Nella Regione Umbria ci sono cicli di programmazione regolari, c’è la consapevolezza che non ci sono mai dei punti di arrivo. Per offrire un buon servizio occorre poi che i processi di lavoro siano condivisi con i professionisti. Anche l’area centrale (burocratica/amministrativa) sta cambiando rispetto al passato, divenendo sempre più di accompagnamento all’erogazione dei servizi. Di contro anche nella nostra Regione sono in atto dei processi di aggregazione amministrativa delle aziende per la gestione di procedure Schematizie n. 05 Aprile 2007 20/21 comuni. La figura del direttore generale assume sempre di più il connotato di un professionista atto a declinare il concetto di fare sistema sviluppando il coinvolgimento di tutti gli attori: una condivisione del progetto con i differenti professionisti con le Istituzioni locali e con le altre Aziende della Regione. o Sempre più, anche nella Sanità pubblica, sembra evidenziarsi la necessità di consolidare e sviluppare nuove competenze relativamente, ad esempio, a: controllo di gestione, pianificazione strategica, gestione manageriale. Qual è la sua opinione al riguardo? Quali sono le competenze da sviluppare in futuro? La gestione di budget non può diventare un’ossessione per i professionisti ma un’opportunità se sostenuta da adeguata motivazione. Bisogna insistere sul criterio della sostenibilità economica del sistema. È su questo aspetto che vanno valorizzati i medici della sanità pubblica che supportino i professionisti delle varie discipline e li aiutino nell’acquisizione della consapevolezza. In questi ultimi anni, inoltre, si è osservata una notevole crescita del comparto. I servizi sanitari funzionano di più e meglio se al loro interno si è in grado di valorizzare tutte le competenze presenti e non solo le competenze mediche. Le competenze da sviluppare nel futuro credo quindi che siano quelle necessarie a garantire la sostenibilità economica del sistema, la valorizzazione delle professionalità presenti, la responsabilizzazione dei centri di spesa. La responsabilizzazione facilita la razionalizzazione del sistema e un uso appropriato delle risorse. o Cosa ci si aspetta da un manager nella Sanità pubblica? Quali sono le aspettative dell’azienda e quali quelle del cittadino? In cosa si differenzia da una manager che opera nella Sanità privata? Cambia l’approccio più che la tecnica: se deve essere avviato un nuovo servizio, il manager che opera nella Sanità pubblica deve affrontare il problema del rapporto costi/benefici, deve valutare il costo rispetto al fatturato, ma deve essere aperto ed attento ad avviare un dialogo costruttivo con la realtà territoriale di riferimento e non ha il problema di fare profitto. Nella Sanità pubblica, i soldi spesi bene non danno un utile, ma consentono di avviare nuovi servizi. Comunque nella realtà umbra il settore privato è complementare a quello pubblico, non è aggressivo o speculativo ed ha confini ben delineati e accettati. C’è, di fatto, e nelle regole condivise, un’accettazione reciproca basata su ambiti chiari di intervento. o In sintesi, dunque, quali ritiene siano i fattori chiave di successo nella Sanità pubblica? Ritengo che i principali fattori di successo siano: la sensibilità alle istanze sociali ed alla centralità della persona; la flessibilità; considerare l’azienda pubblica come se fosse una cosa propria, questo implica una costante lotta agli sprechi ed un’amministrazione oculata; la consapevolezza che le risorse umane a disposizione devono essere utilizzate al meglio; l’attenzione all’organizzazione, occorre, infatti, mandare alla struttura organizzativa messaggi non equivoci, coerenti e trasparenti per quanto attiene il programma, il metodo, lo stile, il rapporto con le differenti professionalità. Schematizie n. 05 Aprile 2007 21/21