Capitolo settimo

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Capitolo settimo
182
Capitolo 7
Endomorfismi tra spazi
vettoriali
7.1
Endomorfismi
Definizione 820 Dato uno spazio vettoriale E su un campo K, un endomorfismo di E è un omomorfismo di E in E.
Nota 821 Gli endomorfismi sono quindi particolari omomorfismi. Valgono
quindi per essi i teoremi visti per gli omomorfismi. In particolare, fissata una
base di E, possiamo associare ad ogni endomorfismo di E una matrice quadrata.
Teorema 822 Sia α : E −→ E un endomorfismo dello spazio vettoriale E su
un campo K.
Sia {e1 , . . . , en } una base di E e sia A la matrice associata a α relativamente a
tale base.
Si ha allora:





b1
b1





α (e1 . . . en )  ...  = (e1 . . . en )A  ... 
bn
bn
DIMOSTRAZIONE. È un caso particolare dell’analogo teorema visto nel caso
degli omomorfismi. Teorema 823 Sia α : E −→ E un endomorfismo dello spazio vettoriale E
su un campo K. Sia {e1 , . . . , en } una base di E e sia A la matrice associata ad
α relativamente ad essa.
Sia {e0 1 , . . . , e0 n } un’altra base di E e sia A0 la matrice associata ad α relativamente ad essa. Sia:
(e0 1 . . . e0 n ) = (e1 . . . en )M
183
184
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Si ha allora:
A0 = M −1 AM
DIMOSTRAZIONE. È un caso particolare dell’analogo teorema visto nel caso
degli omomorfismi. 7.2
Algebra degli endomorfismi
Definizione 824 Indichiamo con End(E) lo spazio vettoriale degli endomorfismi di uno spazio vettoriale E su un campo K.
In tale spazio vettoriale introduciamo l’operazione di composizione di endomorfismi.
Nota 825 L’insieme End(E) è quindi dotato di tre operazioni:
l’operazione di addizione tra endomorfismi;
l’operazione di moltiplicazione di un endomorfismo per un elemento di K;
l’operazione di composizione.
Sappiamo che End(E) con le prime due operazioni è uno spazio vettoriale su K.
Sappiamo che l’operazione di composizione ha la proprietà associativa.
Si verifica facilmente (esercizio) che si ha:
(α + β) ◦ γ = α ◦ γ + β ◦ γ ∀α ∈ End(E) , ∀β ∈ End(E) , ∀γ ∈ End(E)
γ ◦ (α + β) = γ ◦ α + γ ◦ β ∀α ∈ End(E) , ∀β ∈ End(E) , ∀γ ∈ End(E)
k(α ◦ β) = (kα) ◦ β = α ◦ (kβ) ∀α ∈ End(E) , ∀β ∈ End(E) , ∀k ∈ K
Definizione 826 Si dice algebra su un campo K uno spazio vettoriale E su
K dotato di un’ulteriore operazione, che indichiamo con il simbolo · e chiamiamo
moltiplicazione, che verifichi le seguenti proprietà:
(a · b) · c = a · (b · c) ∀a ∈ E, ∀b ∈ E, ∀c ∈ E
(a + b) · c = a · c + b · c ∀a ∈ E, ∀b ∈ E, ∀c ∈ E
c · (a + b) = c · a + c · b ∀a ∈ E, ∀b ∈ E, ∀c ∈ E
k(a · b) = (ka) · b = a · (kb) ∀a ∈ E , ∀b ∈ E , ∀k ∈ K
Nota 827 Quindi se E è un algebra, si ha che E con le operazioni di addizione
e di moltiplicazione è un anello.
Nota 828 Abbiamo quindi che, dato uno spazio vettoriale E su un campo K,
lo spazio vettoriale End(E) con l’operazione di composizione tra endomorfismi
è un’algebra.
Teorema 829 Dato un campo K, lo spazio vettoriale M (K, n, n) con l’ulteriore
operazione di moltiplicazione righe per colonne tra matrici è un’algebra.
DIMOSTRAZIONE. Facile esercizio. 7.3. GRUPPO DEGLI AUTOMORFISMI
185
Definizione 830 Date due algebre E e F su un campo K, un omomorfismo
tra algebre è un omomorfismo tra spazi vettoriali che conserva le operazioni di
moltiplicazione. Un isomorfismo tra algebre è un omomorfismo tra algebre che
sia una corrispondenza biunivoca.
Teorema 831 Sia E uno spazio vettoriale su un campo K e sia {e1 , . . . , en }
una sua base. L’applicazione
ψ : End(E) −→ M (K, n, n)
che associa ad ogni endomorfismo la matrice ad esso associata relativamente alla
base scelta è un isomorfismo tra algebre.
DIMOSTRAZIONE. Abbiamo già verificato nel capitolo precedente che l’applicazione ψ è un isomorfismo tra spazi vettoriali. Si deve ora dimostrare che ψ
conserva le operazioni di moltiplicazione. Viene lasciato ciò per esercizio. Nota 832 L’isomorfismo appena definito non è canonico.
7.3
Gruppo degli automorfismi
Definizione 833 Un automorfismo di uno spazio vettoriale su K è un endomorfismo di E che sia un isomorfismo. Indichiamo con Auto(E) l’insieme degli
automorfismi di E.
Teorema 834 L’insieme Auto(E) con l’operazione di composizione è un gruppo non abeliano. Per questa ragione esso viene chiamato gruppo degli automorfismi di E
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Nota 835 Ricordiamo che GL(K, n) è il sottoinsieme di M (K, n, n) dato dalle
matrici invertibili. Con l’operazione di moltiplicazione righe per colonne esso è
un gruppo.
Teorema 836 Sia E uno spazio vettoriale su un campo K e sia {e1 , . . . , en }
una sua base. L’applicazione
ψ : (Auto(E), ◦) −→ (GL(K, n), ·)
che associa ad ogni automorfismo la matrice ad esso associata relativamente alla
base scelta è un isomorfismo tra gruppi.
DIMOSTRAZIONE. La lasciamo per esercizio. Nota 837 Ovviamente l’isomorfismo appena definito non è canonico.
186
7.4
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Endomorfismi diagonalizzabili
Nel paragrafo precedente abbiamo definito gli endomorfismi su uno spazio vettoriale E. Sia η : E −→ E un endomorfismo. Abbiamo visto che, se E ha
dimensione uguale ad n, fissata una sua base, possiamo considerare la matrice associata a η relativamente alla base data. Cambiando la base cambia, in
generale, la matrice associata. Lo scorso anno ci siamo posti il problema di
determinare una base di E in modo tale che la matrice associata ad η relativamente a tale base sia diagonale.
Questo argomento è affrontato in [A.V.] nel paragrafo 10 del capitolo 2 oppure
in [V.C.P.] nei paragrafi 7, 8, 9, 10. Rimandiamo ad essi.
Ricordiamo brevemente alcuni argomenti.
Definizione 838 Sia dato un endomorfismo η : E −→ E. Un vettore 0 6= v ∈ E
si dice autovettore con autovalore λ se η(v) = λv. Sia:
E(λ) = {v ∈ E | η(v) = λv}
Quindi E(λ) è costituito dal vettore
λ. Sappiamo che tale insieme è un
autospazio di η relativo a λ. La
geometrica di λ. La molteplicità
mgη (λ).
nullo 0 e dagli autovettori con autovalore
sottospazio vettoriale di E e viene detto
sua dimensione viene detta molteplicità
geometrica viene indicata con il simbolo
Teorema 839 Un endomorfismo f di uno spazio vettoriale E è diagonalizzabile se e solo se esiste una base di E formata da autovettori di f .
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Teorema 840 Autovettori con autovalori distinti sono linearmente indipendenti.
DIMOSTRAZIONE. Vedere ([A.V.] capitolo 2, paragrafo 10, teorema 10.16.
oppure [V.C.P.] capitolo 5, paragrafo 8, teorema 8.4. Teorema 841 Se un endomorfismo di uno spazio vettoriale di dimensione n ha
n autovalori distinti, allora esso è diagonalizzabile.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Teorema 842 Dato un endomorfismo η : E −→ E si ha che λ1 ∈ K è un
autovalore se e solo se, indicata con A la matrice associata ad η relativamente
ad una base fissata di E, si ha che λ1 è radice del polinomio di grado n in λ
pA (λ) = det(A − λI)
7.4. ENDOMORFISMI DIAGONALIZZABILI
187
Il polinomio pA (λ) si dice polinomio caratteristico della matrice A. Sia
ora B la matrice associata a η relativamente ad un’altra base di E; allora si ha:
pA (λ) = pB (λ)
Quindi il polinomio in questione non dipende dalla scelta della base in E. Possiamo quindi indicare tale polinomio con il simbolo p(λ) e chiamarlo polinomio
caratteristico dell’endomorfismo η.
Inoltre, se λ1 è radice di p(λ) con molteplicità uguale a m, si dice che l’autovalore λ1 ha molteplicità algebrica uguale a m. La molteplicità algebrica viene
indicata con il simbolo maη (λ).
Ricordiamo che, dato un polinomio p(x) ∈ K[x], una sua radice x1 si dice di
molteplicità m se p(x) = (x − x1 )m q(x) con q(x) ∈ K[x] e inoltre p(x) non è
fattorizzato da (x − x1 )m+1 .
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Oppure vedere [A.V.] capitolo 2, paragrafo 10,
teorema 10.15 o [V.C.P.] capitolo 5, paragrafo 9. Nota 843 Osserviamo che, dato un endomorfismo η con autovalore λ, si ha:
E(λ) = ker(η − λI)
Nota 844 Ricordiamo che data A ∈ M (K, n, n), i termini di coefficienti di
grado n, n − 1 e 0 del polinomio caratteristico di A sono dati rispettivamente
da:
an = (−1)n , an−1 = (−1)n−1 tr(A) , a0 = det(A)
dove con tr(A) indichiamo la traccia di A, cioè la somma degli elementi della
diagonale principale della matrice A.
Teorema 845 La molteplicità geometrica di un autovalore è minore o uguale
della sua molteplicità algebrica.
DIMOSTRAZIONE. Vedere [A.V.] capitolo 2, paragrafo 10, teorema 10.22 oppure [V.C.P.] capitolo 5, paragrafo 9, teorema 9.8. Teorema 846 Sia η un endomorfismo di uno spazio vettoriale E su un campo K di dimensione uguale a n. Siano λ1 , . . . , λp gli autovalori distinti e
E(λ1 ), . . . , E(λp ) i relativi autospazi.
Si ha che gli autospazi sono in somma diretta; cioè:
E 0 = E(λ1 ) ⊕ · · · ⊕ E(λp )
dove E 0 non coincide necessariamente con E.
Inoltre l’endomorfismo η è diagonalizzabile se e solo se E coincide con E 0 e quindi se e solo se sono verificate contemporaneamente le seguenti due condizioni:
a) la somma delle molteplicità algebriche degli autovalori è uguale a n (dimensione di E)
b) Per ogni autovalore la molteplicità geometrica coincide con la molteplicità
algebrica.
DIMOSTRAZIONE. Vedere [A.V.] capitolo 2, paragrafo 10, teorema 10.25 oppure [V.C.P.], capitolo 5, paragrafo 8, teorema 8.7. e paragrafo 10, teorema
10.5. 188
7.5
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Matrici simili
Definizione 847 Due matrici A ∈ M (K, n, n) e B ∈ M (K, n, n) si dicono
simili (in simboli A ∼ B) se
∃M ∈ GL(K, n) | B = M −1 AM
Teorema 848 La relazione di similitudine ∼ in M (K, n, n) è una relazione di
equivalenza.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Dal teorema 823 segue:
Teorema 849 Due matrici sono simili se e solo se sono matrici associate ad
uno stesso endomorfismo relativamente a basi eventualmente differenti.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Da ciò segue:
Teorema 850 Matrici simili hanno stesso rango, stesso polinomio caratteristico, stesso determinante e stessa traccia.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Teorema 851 Fissato k ∈ K, l’unica matrice simile alla matrice kI, dove I è
la matrice identica, è la matrice kI stessa.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Definizione 852 Una matrice si dice diagonalizzabile se essa è simile ad una
matrice diagonale.
Diagonalizzare una matrice A significa determinare una matrice A0 simile alla
matrice A e una matrice M tale che A0 = M −1 AM .
Una matrice A ∈ M (K, n, n), può essere pensata come un endomorfismo di K n .
Si può quindi parlare di autovalori, autovettori, autospazi di una matrice.
Esercizio 853 Dimostrare che la matrice seguente è diagonalizzabile in C ma
non in R:
0 1
−1 0
Esercizio 854 Diagonalizzare in R la matrice seguente:


1 0 1
 0 0 0 
1 0 1
Esercizio 855 Determinare i valori dei
seguente matrice è diagonalizzabile in R:

1 a
 0 2
0 0
parametri reali a, b, c per i quali la

b
c 
3
7.5. MATRICI SIMILI
189
Esercizio 856 Determinare i valori del parametro reale h per i quali la seguente
matrice è diagonalizzabile in R:


1 1 0
 0 h 0 
0 0 1
Teorema 857 Gli autovalori di una matrice triangolare sono gli elementi della
diagonale principale della matrice.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Esercizio 858 Diagonalizzare, se è possibile, l’endomorfismo η di R3 [x] definito
da:
η(a + bx + cx2 ) = a + b + c + (2b + c)x + 3cx2
Esercizio 859 Diagonalizzare, se è possibile, l’endomorfismo η di R3 [x] definito
da:
η(a + bx + cx2 ) = a + b + c + (a + b + c)x + (a + b + c)x2
Ci chiediamo come si faccia a vedere se due matrici A e B sono simili.
Abbiamo visto che due matrici sono simili se e solo se rappresentano uno
stesso endomorfismo relativamente a due basi diverse. Questa osservazione ci
permette di dare il seguente:
Teorema 860 Condizione necessaria affinchè le matrici A e B appartenenti a
M (K, n, n) siano simili è che A e B abbiano gli stessi autovalori con le stesse
molteplicità algebriche e geometriche.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Nota 861 Se le due matrici sono diagonalizzabili la condizione di cui sopra è
anche sufficiente. In questo caso infatti le due matrici sono simili ad una stessa
matrice diagonale.
Se una delle matrici è diagonalizzabile e l’altra non lo è, ovviamente le due matrici non sono simili.
Nel caso in cui le due matrici non siano diagonalizzabili, la condizione di cui
sopra non è a priori sufficiente. In 863 daremo due matrici che hanno gli stessi
autovalori con le stesse molteplicità che non sono simili.
Il seguente teorema ci è un po’ di aiuto:
Teorema 862 Se la matrice A è simile alla matrice B, allora, per ogni n ∈ N ,
la matrice An è simile alla matrice B n .
Inoltre, se A e B sono invertibili e sono simili, allora le matrici An e B n sono
simili per ogni n ∈ Z (Ricordiamo che, se n ∈ N , allora la matrice A−n è, per
190
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
definizione, la matrice [A−1 ]n ).
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Da ciò deriva che se per qualche n si ha che la matrice An non è simile alla
matrice B n allora la matrice A non è simile alla matrice B.
Esempio 863 Siano date

0 1 0
 0 0 0
A=
 0 0 0
0 0 0
le matrici:

0
0 

1 
0

0
 0
B=
 0
0
1
0
0
0
0
1
0
0

0
0 

0 
0
Si verifica facilmente che entrambe le matrici hanno come autovalore 0 con molteplicità algebrica uguale a 4 e molteplicità geometrica uguale a 2. Ambedue le
matrici non sono quindi diagonalizzabili. Notiamo che si ha A2 = 0 e B 2 6= 0 e
quindi le matrici A2 e B 2 non sono simili. Da cui segue che le matrici A e B
non sono simili.
Il procedimento di considerare le potenze successive delle matrici A e B ci
permette in alcuni casi di dire se A e B non siano simili, ma non ci consente a
priori di dire se A e B siano simili.
Tra qualche paragrafo daremo un metodo per risolvere il nostro problema
almeno nel caso in cui le matrici siano a coefficienti complessi o reali. Per il
momento ci limitiamo a risolvere alcuni casi particolari. Il metodo usato ci sarà
utile in seguito.
Esempio 864 Vogliamo dimostrare che le seguenti due matrici sono simili nel
campo dei reali:
6
9
0 1
A=
B=
−4 −6
0 0
Si verifica facilmente che ambedue le matrici hanno come autovalore 0 con molteplicità algebrica 2 e con molteplicità geometrica uguale a 1. Esse possono
quindi essere simili.
Sia f : R2 −→ R2 l’endomorfismo associato alla matrice A relativamente alla
base canonica. Se A è simile a B vuol dire che è possibile trovare una base
{v1 , v2 } di R2 tale che la matrice associata a f relativamente ad essa sia B. Ma
allora si avrebbe:
f (v1 ) = 0 , f (v2 ) = v1
Dobbiamo quindi determinare due vettori che verifichino le due condizioni.
Dobbiamo quindi determinare un vettore v2 ∈ ker f 2 − ker f da cui segue
7.6. MATRICI A BLOCCHI
191
v1 ∈ ker f − {0}. Mostriamo che segue anche che i vettori v1 e v2 sono linearmente indipendenti. Sia infatti 0 = av1 + bv2 . Applicando f si ottiene:
0 = f (av1 + bv2 ) = af (v1 ) + bf (v2 ) = bv1 da cui segue, essendo v1 6= 0, che
b = 0. Quindi 0 = av1 ; ma si ha anche v1 6= 0 e quindi a = 0. Lasciamo al
lettore la determinazione di v2 (a tal scopo calcolare A2 ) e quindi di v1 .
7.6
Matrici a blocchi
Purtroppo non tutti gli endomorfismi sono diagonalizzabili. Per alcuni di essi
non esiste una base di autovettori. Esiste però in molti casi una base tale che
la matrice associata all’endomorfismo assuma una forma molto semplice.
Per mostrare ciò dobbiamo introdurre alcuni nuovi concetti.
Definizione 865 Sia A ∈ M (K, p+q, p+q), B1 ∈ M (K, p, p) e B2 ∈ M (K, q, q).
Diciamo che la matrice A è una matrice formata da due blocchi B1 e B2 (in
simboli A = bl(B1 , B2 ), se:
1) la matrice B1 è il minore di A formato dalle prime p righe e colonne,
2) la matrice B2 è il minore di A formato dalle ultime q righe e colonne,
3) tutti gli elementi di A non appartenenti ai due minori B1 e B2 sono uguali a
0.
Esempio 866 La matrice



A=


1
4
7
0
0
2
5
8
0
0
3
6
9
0
0
0
0
0
3
0
0
0
0
2
4






è formata da due blocchi. Uno di ordine 3 e uno di ordine 2.
Esercizio 867 Suddividere in blocchi

1
 0
A=
 0
0
la seguente matrice in due blocchi.

1 0 0
0 0 0 

0 1 1 
0 0 1
Definizione 868 La definizione di matrice a due blocchi si estende a matrici a
n blocchi. Usiamo il simbolo A = bl(B1 , B2 , . . . , Bn ).
Esempio 869 La seguente matrice

0
 0

A=
 0
 0
0
è a tre blocchi.

1 0 0 0
0 0 0 0 

0 1 0 0 

0 0 0 1 
0 0 0 0
192
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Nota 870 Abbiamo suddiviso la matrice A dell’esempio precedente in tre blocchi. Notiamo che ne avremmo potuto darne anche altre suddivisoni in blocchi.
Avremmo infatti potuto considerare la matrice A suddivisa in due blocchi. Il
primo blocco formato dalle prime tre righe e colonne e il secondo blocco formato dalle ultime due righe e colonne. Un’altra suddivisione di A in due blocchi
è data dal primo blocco formato dalle prime due righe e colonne e il secondo
blocco formato dalle ultime tre righe e colonne.
Definizione 871 Sia η : E −→ E un endomorfismo di uno spazio vettoriale
E su un campo K. Un sottospazio V di E si dice invariante per η se si ha
η(V ) ⊂ V .
Pertanto, se V è un sottospazio invariante per η si può considerare la restrizione
di η a V :
η|V : V −→ V
Chiaramente è un endomorfismo di V .
Teorema 872 Sia E uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo K.
Sia
E = E1 ⊕ E2 ⊕ · · · ⊕ E p
Sia dato poi un endomorfismo
η : E −→ E
tale che
η(Ei ) ⊂ Ei
∀i = 1, . . . , p
Sia data fissata una base di E tale che i primi n1 vettori siano una base di E1 i
successivi n2 vettori siano una base di E2 ecc. Si ha allora:
1) la matrice A associata a η relativamente alla base scelta è una matrice a p
blocchi:
A = bl(B1 , . . . , Bi , . . . , Bp )
Il blocco Bi è la matrice associata a η|Bi .
2) pA (λ) = pB1 (λ) · pB2 (λ) · · · · · pBp (λ).
3) Da ciò segue che λ0 è autovalore di A se e solo se è autovalore di almeno un
blocco Bi .
4) maA (λ0 ) = maB1 (λ0 ) + maB2 (λ0 ) + · · · + maBp (λ0 ).
Cioè la molteplicità algebrica dell’autovalore λ0 di A è uguale alla somma delle
singole molteplicità algebriche λ0 per ogni blocco Bi della matrice A, avendo
avuto cura di porre maBi (λ0 ) = 0 se λ0 non è autovalore per il blocco Bi .
5) Analogamente si ha per le molteplicità geometriche. Cioè:
mgA (λ0 ) = mgB1 (λ0 ) + mgB2 (λ0 ) + · · · + mgBp (λ0 ).
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Si ha anche il viceversa:
7.7. MATRICI DI JORDAN
193
Teorema 873 Sia η un endomorfismo di uno spazio vettoriale E di dimensione
n su un campo K. Se esiste una base di E tale che la matrice associata a η è
una matrice a p blocchi, allora si ha:
E = E1 ⊕ E 2 ⊕ · · · ⊕ Ep
con Ei opportuni sottospazi vettoriali di E invarianti per η.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Teorema 874 Sia A una matrice a blocchi:
A = bl(B1 , . . . , Bi , . . . , Bj , . . . Bp )
e sia A0 la matrice ottenuta da A scambiando tra loro i blocchi Bi e Bj . Cioè:
A0 = bl(B1 , . . . , Bj , . . . , Bi , . . . Bp )
Allora A ∼ A0 .
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. In caso di necessità ispirarsi al
seguente esempio. Esempio 875 Sia

1
 3
A=
 0
0
2
4
0
0
0
0
5
7

0
0 

6 
8

5

7
A0 = 
 0
0
6
8
0
0
0
0
1
3

0
0 

2 
4
Si consideri l’endomorfismo η di uno spazio vettoriale E di dimensione 4 su R
associato a A relativamente ad una base {e1 , e2 , e3 , e4 } di E.
Si verifica facilmente che la matrice associata a η relativamente alla base {e3 , e4 , e1 , e2 }
è la matrice A0 .
Si ha pertanto:


0 0 1 0
 0 0 0 1 

A0 = M −1 AM con M = 
 1 0 0 0 
0 1 0 0
7.7
Matrici di Jordan
Definizione 876 Dato un elemento λ di K, chiamiamo blocco di Jordan
di ordine r con autovalore λ la matrice di ordine r avente tutti gli elementi
appartenenti alla diagonale principale uguali a λ, tutti gli elementi della linea
subito superiore alla diagonale principale uguali a 1 e tutti gli altri elementi
nulli.
194
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Esempio 877 1) Il blocco di Jordan di ordine 1 con autovalore 5 è la matrice:
5
2) Il blocco di Jordan di ordine 2 con autovalore 5 è la matrice:
5 1
0 5
3) Il blocco di Jordan di ordine 3 relativo

5 1
 0 5
0 0
all’autovalore 5 è la matrice

0
1 
5
Nota 878 Ovviamente l’autovalore λ di un blocco di Jordan di ordine r ha
molteplicità algebrica uguale a r e molteplicità geometrica uguale a 1.
Definizione 879 Una matrice di Jordan è una matrice a blocchi
A = bl(B1 , . . . , Bp )
i cui blocchi Bi sono blocchi di Jordan.
Una matrice A simile ad una matrice A0 che sia una matrice di Jordan si dice
jordanizzabile, la matrice A0 si dice forma canonica di Jordan della matrice A.
Esempio 880 a) La matrice

1
A= 0
0
è una matrice di Jordan con un blocco
con autovalore 3 di ordine 1.
b) La matrice

1
 0
B=
 0
0

0
0 
3
1
1
0
con autovalore 1 di ordine 2 e un blocco
1
1
0
0
0
0
1
0
è una matrice di Jordan con due blocchi con
c) La matrice

1 1 0
 0 1 0
C=
 0 0 1
0 0 0

0
0 

1 
1
autovalore 1 di ordine 2.

0
0 

0 
1
è una matrice di Jordan con un blocco con autovalore 1 di ordine 2 e due blocchi
con autovalore 1 di ordine 1.
7.7. MATRICI DI JORDAN
195
Nota 881 Ogni matrice diagonale è una matrice di Jordan formata da blocchi
di ordine 1; viceversa, ogni matrice di Jordan formata da blocchi di lunghezza
1 è diagonale. Da ciò segue che una matrice diagonale è in forma canonica di
Jordan. Inoltre una matrice è diagonalizzabile se e solo se essa è dotata di forma
canonica di Jordan i cui blocchi sono di lunghezza uguale a 1.
Esempio 882 La matrice



D=


1
0
0
0
0
1
1
0
0
0
0
1
1
0
0
0
0
0
1
0
è una matrice di Jordan con due blocchi con
l’altro di ordine 2.
La matrice

1 1 0 0
 0 1 0 0

E=
 0 0 1 1
 0 0 0 1
0 0 0 0
0
0
0
1
1






autovalore 1 uno di ordine 3 e
0
0
0
1
1






è una matrice di Jordan con due blocchi con autovalore 1, uno di ordine 3 e
l’altro di ordine 2. Essa ha quindi gli stessi blocchi di Jordan della matrice D.
Vogliamo dimostrare che la matrice E è simile alla matrice D. Si consideri
l’endomorfismo f di R5 associato alla matrice D relativamente alla base canonica
{e1 , e2 , e3 , e4 , e5 }. Notiamo che, per passare dalla matrice E alla matrice D,
è sufficiente scambiare tra loro i due blocchi di Jordan. La matrice E quindi
è la matrice associata ad f relativamente alla base di R5 ottenuta dalla base
canonica scambiando tra loro le basi dei due spazi invarianti; in altre parole la
matrice E è la matrice associata ad f relativamente alla base {e4 , e5 , e1 , e2 , e3 }.
Lasciamo come esercizio la determinazione della matrice di passaggio tra le
matrici D e E.
Teorema 883 Se due matrici hanno stessa forma canonica di Jordan a meno
di scambi di blocchi, allora esse sono simili.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Ci chiediamo se ogni matrice A ∈ M (K, n, n) sia dotata di forma canonica
di Jordan.
La domanda è ovviamente equivalente alla seguente domanda:
dato un endomorfismo su uno spazio vettoriale E di dimensione n su un campo K, esiste una base di E tale che la matrice associata all’endomorfismo
relativamente a essa sia di una matrice di Jordan?
Definizione 884 Sia η un endomorfismo di uno spazio vettoriale E. Se esiste
una base di E tale che la matrice associata a η relativamente a tale base è una
matrice di Jordan, l’endomorfismo si dice jordanizzabile e tale base si dice
base di Jordan.
196
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Definizione 885 Una matrice di ordine n a coefficienti in un campo K si dice
avere tutti gli autovalori in K se la somma delle molteplicità algebriche degli
autovalori in K è uguale a n.
Teorema 886 Una matrice di Jordan a coefficienti in un campo K ha tutti gli
autovalori in K.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Teorema 887 Una matrice a coefficienti in un campo K non avente tutti gli
autovalori in K non è jordanizzabile.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Ci chiediamo allora se una matrice avente tutti gli autovalori nel campo
K sia jordanizzabile. Possiamo porci la stessa domanda per un endomorfismo
avente tutti gli autovalori in K.
Cominciamo con lo studiare un particolare tipo di endomorfismi.
7.8
Endomorfismi nilpotenti
Definizione 888 Un endomorfismo η : E −→ E di uno spazio vettoriale E su
un campo K si dice nilpotente se esiste un numero s ∈ N tale che η s sia
l’omomorfismo nullo. Ovviamente, se η s = 0, allora, per ogni m > s, si ha
η m = 0. Dato un endomorfismo nilpotente η, si definisce indice di nilpotenza
il più piccolo q ∈ N tale che η q = 0. Sia ora E di dimensione finita e sia η un
endomorfismo di E nilpotente con indice di nilpotenza q. Fissata una base di E,
sia A la matrice associata ad η relativamente a tale base. Si ha ovviamente che
Aq = 0; inoltre, per ogni p < q, si ha Ap 6= 0. Per tale ragione, data una matrice
A ∈ M (K, n, n), diciamo che essa è una matrice nilpotente con indice di
nilpotenza uguale a q se si ha Aq = 0 e, per ogni p < q, si ha Ap 6= 0.
Teorema 889 Se A è una matrice nilpotente con indice di nilpotenza q e B
è una matrice simile ad A, allora B è una matrice nilpotente con indice di
nilpotenza uguale a q.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Esempio 890 a) Gli endomorfismi nulli (e quindi una qualsiasi matrice nulla)
sono ovviamente nilpotenti con indice di nilpotenza uguale a 1.
b) Gli isomorfismi (e quindi una qualsiasi matrice invertibile) non sono nilpotenti.
c) La matrice
0 1
B=
0 0
è una matrice nilpotente con indice di nilpotenza uguale a 2 (vedere esempio
864). Consideriamo ora la matrice
6
9
A=
−4 −6
7.9. DECOMPOSIZIONE DI FITTING
197
Questa matrice, essendo simile alla matrice data nell’esempio precedente (vedere
esempio 864) è nilpotente con indice di nilpotenza uguale a 2.
Esempio 891 Un blocco di Jordan di ordine n relativo all’autovalore 0 è nilpotente con indice di nilpotenza uguale a n.
Lasciamo la dimostrazione di ciò per esercizio.
Vogliamo dare un algoritmo per verificare se un endomorfismo è nilpotente.
Per far ciò abbiamo bisogno della decomposizione di Fitting.
7.9
Decomposizione di Fitting
Teorema 892 Sia η : E −→ E un endomorfismo di uno spazio vettoriale E di
dimensione n su un campo K.
Per ogni i = 0, 1, 2, . . . consideriamo l’endomorfismo
η i : E −→ E
avendo posto η 0 = idE , η 1 = η , η 2 = η ◦ η, ecc.
1) Per ogni i = 0, 1, 2, . . . si ha ker η i ⊂ ker η i+1 e η(ker η i+1 ) ⊂ ker η i .
2) Poiché ker η i ⊂ E ed E ha dimensione finita, esistono i tali che ker η i = ker η i+1 .
Sia s il minimo di tali interi. Si ha pertanto la seguente successione di sottospazi
vettoriali di E:
{0} = ker η 0 ⊂ ker η ⊂ ker η 2 ⊂ · · · ⊂ ker η i ⊂ ker η i+1 ⊂ · · · ⊂ ker η s = ker η s+1
dove tutte le inclusioni sono proprie.
In particolare, se η è un isomorfismo, si ha {0} = ker η 0 = ker η e quindi s = 0.
3) Si ha η i (E) ⊃ η i+1 (E) e η(η i (E)) = η i+1 (E).
4) Si ha la seguente successione di sottospazi vettoriali di E:
E ⊃ η(E) ⊃ η 2 (E) ⊃ · · · ⊃ η i (E) ⊃ η i+1 (E) ⊃ · · · ⊃ η s (E) = η s+1 (E)
dove tutte le inclusioni sono proprie.
5) Si ha che
η|ker ηs : ker η s −→ ker η s
è un endomorfismo nilpotente con indice di nilpotenza uguale a s.
6) Si ha che
η|ηs (E) : η s (E) −→ η s (E)
è un isomorfismo.
7) Si ha infine:
E = ker η s ⊕ η s (E)
DIMOSTRAZIONE. Si lasciano per esercizio le dimostrazioni di 1),2),3), 4),5)
e 6).
Dimostriamo la 7). Dimostriamo innanzitutto che si ha:
ker η s ∩ η s (E) = {0}
198
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Sia, per assurdo, 0 6= v ∈ ker η s ∩ η s (E). Poiché v ∈ η s (E), dalla 6) segue
0 6= η(v) ∈ η s (E). E quindi iterando 0 6= η s (v). Siamo arrivati ad un assurdo
poiché v ∈ ker η s .
Dobbiamo ora dimostrare che si ha ker η s + η s (E) = E.
si ha dim(ker η s + η s (E)) = dim(ker η s ) + dim(η s (E)) = dim E. Da ciò segue la
tesi. Teorema 893 (Decomposizione di Fitting1 ) Sia η : E −→ E un endomorfismo
di uno spazio vettoriale E di dimensione n su un campo K.
Sia s il minimo intero per il quale si ha ker η s = ker η s+1 . Si ha allora per il
teorema precedente:
E = ker η s ⊕ η s (E)
Sia {v1 , . . . vq } una base di ker η s e {vq+1 , . . . , vn } una base di η s (E). La
matrice associata a η relativamente alla base {v1 , . . . vq , vq+1 , . . . , vn } è del
tipo
B 0
A=
0 C
dove la matrice B è nilpotente mentre la matrice C è invertibile.
DIMOSTRAZIONE. Deriva immediatamente dal teorema precedente. Nota 894 Nel caso in cui l’endomorfismo η sia nilpotente con indice di nilpotenza q, si ha s = q , ker η s = E e η s (E) = {0}.
Nel caso in cui l’endomorfismo η sia un isomorfismo si ha s = 0 , ker η s = {0}
e η s (E) = E.
Nota 895 Abbiamo visto che, dato un endomorfismo η di uno spazio vettoriale
E di dimensione finita, esiste un intero s tale che si abbia:
E = ker η s ⊕ im η s
Bisogna fare attenzione: la formula precedente NON è valida per ogni intero s.
Esercizio 896 Dare un esempio di endomorfismo η di uno spazio vettoriale E
di dimensione finita per il quale NON si abbia:
E = ker η ⊕ im η
Esercizio 897 Dimostrare la verità o falsità della seguente affermazione: Sia
η un endomorfismo di uno spazio vettoriale E di dimensione finita. Allora:
η diagonalizzabile ⇐⇒ E = ker η ⊕ im η
Teorema 898 Sia η un endomorfismo su uno spazio vettoriale E e sia v un autovettore di η con autovalore λ, allora, per ogni i ∈ N , si ha che v è autovettore
di η i con autovalore λi .
1 Hans
Fitting,(1906-1938)
7.9. DECOMPOSIZIONE DI FITTING
199
Se poi η è un automorfismo (cioè un endomorfismo invertibile) allora, per ogni
j ∈ Z si ha che v è autovettore di η j con autovalore λj dove, se i ∈ N , indichiamo con η −i l’automorfismo (η −1 )i e con η 0 indichiamo l’endomorfismo identico.
DIMOSTRAZIONE. Facile esercizio. Teorema 899 Sia η : E −→ E un endomorfismo di uno spazio vettoriale E
di dimensione n su un campo K. Si ha che η è nilpotente se e solo se il suo
polinomio caratteristico p(λ) è uguale a (−1)n λn , cioè se e solo se 0 è autovalore
con molteplicità algebrica uguale a n.
DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo che, se si ha p(λ) = (−1)n λn , allora l’endomorfismo è nilpotente. Supponiamo per assurdo che l’endomorfismo non sia
nilpotente. Applicando la decomposizione di Fitting abbiamo
E = ker η s ⊕ η s (E)
con η s (E) 6= {0}. Sia A la matrice associata a η relativamente ad una base
scelta come nella decomposizione di Fitting (vedi teorema 893). Per ipotesi
abbiamo che la matrice A ha 0 come unico autovalore. La matrice A è formata
dai blocchi B e C (vedi teorema 893). Ma allora, per il teorema 872, si ha che
0 è autovalore della matrice C. Ma ciò non è possibile poiché la matrice C è
invertibile. Siamo arrivati ad un assurdo. Pertanto η è nilpotente.
Dobbiamo ora dimostrare che, se η è nilpotente, allora esso ha come unico autovalore 0 con molteplicità algebrica uguale a n.
Si può dimostrare (noi omettiamo questa dimostrazione) che un endomorfismo
nilpotente abbia tutti gli autovalori in K. Supponiamo che uno di questi autovalori, sia esso λ, sia non nullo. Sia v un autovettore con autovalore λ. Ma
allora si avrebbe, per il teorema 898, η i (v) = λi v 6= 0 per ogni i ∈ N . Ma ciò è
assurdo poiché η è nilpotente. Definizione 900 Sia η : E −→ E un endomorfismo e sia
E = ker η s ⊕ η s (E)
la sua decomposizione di Fitting. Supponiamo che ker η s 6= {0}. Il sottospazio ker η s è dato da tutti i vettori v tali che η i (v) = 0 per qualche i. Esso
viene chiamato autospazio generalizzato di η relativo all’autovalore 0. I
suoi vettori non nulli vengono chiamati autovettori generalizzati relativi
all’autovalore 0.
Teorema 901 Sia η : E −→ E un endomorfismo e sia
E = ker η s ⊕ η s (E)
la sua decomposizione di Fitting. La dimensione di ker η s , autospazio generalizzato di η relativo a 0, è uguale alla molteplicità algebrica dell’autovalore 0.
DIMOSTRAZIONE. Usando i simboli introdotti nel teorema 893 abbiamo che
il polinomio caratteristico pA (λ) della matrice A è uguale a
pB (λ) · pC (λ) = (−1)q λq pC (λ)
200
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Poiché 0 non è radice del polinomio pC (λ), abbiamo q = dim ker η s è uguale alla
molteplicità algebrica dell’autovalore 0. Teorema 902 Sia η : E −→ E un endomorfismo e sia vr ∈ ker η r − ker η r−1 .
Sia vr−1 = η(vr ).
Sia poi vr−2 = η(vr−1 ) = η 2 (vr ).
E cosı̀ via, fino a:
v1 = η(v2 ) = η r−1 (vr ).
Si ha, per ogni i = 1, . . . , r − 1:
vr−i ∈ ker η r−i − ker η r−i−1 .
Inoltre i vettori vr , . . . , v1 sono linearmente indipendenti.
La successione degli r vettori viene chiamata catena di autovettori generalizzati relativi all’autovalore 0, di lunghezza r.
DIMOSTRAZIONE. Il fatto che si abbia vr−i ∈ ker η r−i − ker η r−i−1 viene lasciato per esercizio.
Dimostriamo che i vettori vr , . . . , v1 sono linearmente indipendenti. Sia:
ar vr + · · · + a1 v1 = 0
Applichiamo a questo vettore l’endomorfismo η r−1 . Otteniamo:
0 = η r−1 (ar vr + · · · + a1 v1 ) = ar v1
Ne segue, poiché v1 6= 0, che si ha ar = 0.
Si ha pertanto:
0 = ar−1 vr−1 + · · · + a1 v1
Applicando a quest’ultimo vettore l’endomorfismo η r−2 e ragionando come sopra
otteniamo ar−1 = 0.
Iterando il ragionamento otteniamo:
ar = ar−1 = · · · = a1 = 0
Da cui la tesi. Teorema 903 Sia η : E −→ E un endomorfismo e sia
E = ker η s ⊕ η s (E)
la sua decomposizione di Fitting. La massima lunghezza delle catene di autovettori generalizzati relativi all’autovalore 0 è uguale a s.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. 7.10
Autospazi generalizzati
Definizione 904 Sia η : E −→ E un endomorfismo su uno spazio vettoriale
E di dimensione n su un campo K e sia λi un suo autovalore. Consideriamo
7.10. AUTOSPAZI GENERALIZZATI
201
l’endomorfismo ηi = η − λi I e consideriamo la decomposizione di Fitting di ηi .
Abbiamo
E = ker ηisi ⊕ ηisi
Abbiamo inoltre la seguente successione di sottospazi vettoriali di E:
{0} = ker ηi0 ⊂ ker ηi = E(η, λi ) ⊂ ker ηi2 ⊂ · · · ⊂ ker ηisi = ker η si +1
dove tutte le inclusioni sono proprie.
Il sottospazio ker ηisi è dato da tutti i vettori v tali che ηij (v) = 0 per qualche j.
Esso viene chiamato autospazio generalizzato di η relativo all’autovalore
λi e viene indicato con il simbolo E 0 (η, λi ). I suoi vettori non nulli vengono
chiamati autovettori generalizzati relativi all’autovalore λi . L’intero si
viene chiamato indice dell’autovalore λi e viene indicato con il simbolo i(λi ).
Nota 905 La definizione appena data è una generalizzazione della definizione
di autospazio generalizzato relativo all’autovalore 0.
Teorema 906 Sia η : E −→ E un endomorfismo, sia λi un suo autovalore e
sia E 0 (η, λi ) l’autospazio generalizzato di η relativo a λi . Si ha che E 0 (η, λi ) è
invariante per η.
DIMOSTRAZIONE. Ovviamente E 0 (η, λi ) è invariante per ηi .
Dimostriamo che esso è invariante per η. Sia v ∈ E 0 (η, λi ). Si ha:
ηi (v) = η(v) − λi v = w ∈ E 0 (η, λi )
Ne segue:
η(v) = w + λi v ∈ E 0 (η, λi )
poiché E 0 (η, λi ) è un sottospazio vettoriale. Teorema 907 Sia η : E −→ E un endomorfismo e sia λi un suo autovalore. Si
ha che la dimensione di E 0 (η, λi ), autospazio generalizzato di η relativo a λi , è
uguale alla molteplicità algebrica dell’autovalore λi .
DIMOSTRAZIONE. Omessa. Teorema 908 Sia η : E −→ E un endomorfismo, sia λi un suo autovalore e
sia ηi = η − λi I. Sia vr ∈ ker ηir − ker ηir−1 .
Sia vr−1 = ηi (vr ).
Sia poi vr−2 = ηi (vr−1 ) = ηi2 (vr ).
E cosı̀ via, fino a:
v1 = ηi (v2 ) = ηir−1 (vr ).
Si ha, per ogni j = 1, . . . , r − 1:
vr−j ∈ ker ηir−j − ker η r−j−1 .
Inoltre i vettori vr , . . . , v1 sono linearmente indipendenti.
La successione degli r vettori viene chiamata catena di autovettori generalizzati relativi all’autovalore λi , di lunghezza r.
DIMOSTRAZIONE. Applicare all’endomorfismo ηi la dimostrazione fatta in
902. 202
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Teorema 909 Sia η : E −→ E un endomorfismo e sia λi un suo autovalore.
La massima lunghezza delle catene di autovettori generalizzati relativi a l’autovalore λi è uguale all’indice i(λi ) dell’autovalore λi .
Si ha inoltre
i(λi ) ≤ ma(λi )
DIMOSTRAZIONE. La dimostrazione della prima affermazione viene lasciata
per esercizio.
La dimostrazione della seconda affermazione segue dalla prima affermazione e
dal fatto che una catena di lunghezza r di autovettori generalizzati determina
r vettori linearmente indipendenti dello spazio E 0 (η, λi ) il quale ha dimensione
uguale a ma(λi ). Teorema 910 Sia η : E −→ E un endomorfismo di uno spazio vettoriale di
dimensione uguale a n su un campo K.
Siano λ1 , λ2 , . . . , λp i suoi autovalori.
Siano E 0 (η, λ1 ), E 0 (η, λ2 ), . . . , E 0 (η, λp ) i suoi autospazi generalizzati.
Si ha:
E 0 = E 0 (η, λ1 ) ⊕ E 0 (η, λ2 ) ⊕ · · · ⊕ E 0 (η, λp )
dove il sottospazio E 0 di E non coincide necessariamente con E.
DIMOSTRAZIONE. Omessa. 7.11
Forma canonica di Jordan
Siamo vicini alla nostra meta: dimostrare che, per ogni endomorfismo η : E −→
E di dimensione n su uno spazio vettoriale K avente tutti gli autovalori in K,
esiste una base di E tale che la matrice associata ad η relativamente a tale base
sia una matrice di Jordan.
Nota 911 Sia η : E −→ E un endomorfismo di uno spazio vettoriale di dimensione uguale a n su un campo K avente tutti gli autovalori in K.
Siano λ1 , λ2 , . . . , λp i suoi autovalori distinti.
Si ha:
E = E 0 (η, λ1 ) ⊕ E 0 (η, λ2 ) ⊕ · · · ⊕ E 0 (η, λp )
Inoltre, se si sceglie una base di E tale che i primi n1 vettori siano una base di
E 0 (η, λ1 ), i successivi n2 vettori siano una base di E 0 (η, λ2 ) e cosı̀ via, si ha che
la matrice associata a η relativamente ad essa è una matrice a p blocchi
A = bl(B1 , B2 , . . . , Bp )
Consideriamo ora, per ogni intero i = 1, 2, . . . , p, l’endomorfismo
ηi |E 0 (η,λi ) : E 0 (η, λi ) −→ E 0 (η, λi )
Si tratta di un endomorfismo nilpotente.
Supponiamo di aver determinato una base di Jordan per ηi |E 0 (η,λi ) . La matrice
7.11. FORMA CANONICA DI JORDAN
203
Bi00 associata a ηi |E 0 (η,λi ) relativamente a tale base è quindi una matrice di
Jordan. I suoi blocchi sono blocchi di Jordan relativi all’autovalore 0. Poiché si
ha η = ηi + λi I, la matrice associata a η|(E 0 (η,λi ) relativamente alla base di cui
sopra è data da B 0 = B 00 + λi I. Essa è pertanto una matrice di Jordan. I suoi
blocchi sono blocchi di Jordan relativi all’autovalore λi (esercizio).
Da tutto ciò segue che, se siamo in grado di determinare una base di Jordan per
un endomorfismo nilpotente, siamo in grado di determinare una base di Jordan
per qualsiasi endomorfismo di uno spazio vettoriale su un campo K avente tutti
gli autovalori in K.
Esempio 912 Prima di dare l’algoritmo per la determinazione di una base di
Jordan per un endomorfismo nilpotente vogliamo analizzare il comportamento di
un endomorfismo associato ad una matrice di Jordan nilpotente. Sia η : E −→ E
l’endomorfismo associato alla seguente matrice di Jordan


0 1 0 0 0 0 0 0 0
 0 0 1 0 0 0 0 0 0 


 0 0 0 0 0 0 0 0 0 


 0 0 0 0 1 0 0 0 0 



A=
 0 0 0 0 0 1 0 0 0 
 0 0 0 0 0 0 0 0 0 


 0 0 0 0 0 0 0 1 0 


 0 0 0 0 0 0 0 0 0 
0 0 0 0 0 0 0 0 0
relativamente alla base di Jordan {v1 , . . . , v9 }. Notiamo che si ha la seguente
successione di sottospazi vettoriali (sopra ogni sottospazio abbiamo scritto la
sua dimensione) e di catene di autovettori generalizzati:
0
{0}
0
0
0
0
<
4
⊂ ker η
←− v1
←− v4
←− v7
←− v9
<
7
⊂ ker η 2
←−
v2
←−
v5
←−
v8
<
⊂
←−
←−
9
ker η 3
v3
v6
Indichiamo con F3 il sottospazio vettoriale avente come base {v3 , v6 }. Si ha:
E = ker η 2 ⊕ F3
Consideriamo il sottospazio vettoriale η(F3 ). Esso ha come base {v2 , v5 }.
Consideriamo il sottospazio vettoriale G2 avente come base {v8 }. Si ha:
ker η 2 = ker η ⊕ η(F3 ) ⊕ G2
Sia F2 = η(F3 ) ⊕ G2 . Esso ha come base {v2 , v5 , v8 }. Consideriamo il sottospazio vettoriale G1 avente come base {v9 }. Si ha:
ker η = η(F2 ) ⊕ G1
204
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Tutto ciò ci dà un’idea sull’algoritmo per la determinazione di una base di
Jordan.
Teorema 913 Sia η : E −→ E un endomorfismo nilpotente su uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo K. Esiste allora una base di Jordan per η.
DIMOSTRAZIONE. Consideriamo la seguente successione di sottospazi vettoriali di E:
{0} = ker η 0 ⊂ ker η ⊂ · · · ⊂ ker η s−1 ⊂ ker η s = ker η s+1 = E
dove tutte le inclusioni sono proprie.
Sia Fs un supplementare di ker η s−1 in kers = E. Cioè:
E = ker η s−1 ⊕ Fs
Supponiamo che si abbia m = dim Fs . Consideriamo una base di Fs . Indichiamo con vs , v2s , . . . , vms i vettori di tale base. Consideriamo le m catene di
autovettori generalizzati determinate da questi m vettori:
v1
vs+1
..
.
v(m−1)s+1
←−
←−
v2
vs+2
..
.
←− v(m−1)s+2
←− . . .
←− . . .
..
.
←−
←−
vs−1
v2s−1
←−
←−
vs
v2s
←− . . .
←−
...
vms−1
←−
...
vms
Si può dimostrare, noi non lo facciamo, che questi vettori sono linearmente
indipendenti. Consideriamo ora il sottospazio vettoriale η(Fs ). Esso ha come
base {vs−1 , v2s−1 , . . . vms−1 } (esercizio) e si ha η(Fs ) ∩ ker η s−2 = {0}.
Si consideri il sottospazio vettoriale Gs−1 di ker η s−1 tale che si abbia:
ker η s−1 = ker η s−2 ⊕ η(Fs ) ⊕ Gs−1
Si consideri una base di Gs−1 e si considerino le catene di autovettori generalizzati determinate dai vettori della base scelta di Gs−1 .
Sia Fs−1 = η(Fs ) ⊕ Gs−1 .
Si consideri ora il sottospazio vettoriale Gs−2 di ker η s−2 tale che si abbia:
ker η s−2 = ker η s−3 ⊕ η(Fs−1 ) ⊕ Gs−2
Si consideri una base di Gs−2 e si considerino le catene di autovettori generalizzati determinate dai vettori della base scelta di Gs−2 .
Si continui ad operare in questo modo. Otteniamo cosı̀ una base di Jordan per
η. Esempio 914 Consideriamo l’endomorfismo η : E −→ E associato alla seguente matrice


0 1 1 0
 0 0 1 0 

A=
 0 0 0 0 
0 0 0 0
7.11. FORMA CANONICA DI JORDAN
205
relativamente ad una base {e1 , . . . , e4 } di E.
Vogliamo determinare una base di Jordan per η.
Notiamo che la matrice è triangolare superiore. Pertanto i suoi autovalori sono
gli elementi della diagonale principale di A. Essendo questi ultimi tutti uguali
a 0, si ha che l’endomorfismo η è nilpotente.
Notiamo che si ha rkA = 2. Pertanto si ha dim ker η = 4 − 2 = 2.
Per determinare la successione dei nuclei di η i consideriamo le immagini successive dei vettori della base considerata. Abbiamo
e1
e2
e3
e4
−→
−→
−→
−→
0
e1
e1 + e2
0
−→ 0
−→ e1
−→ 0
Da tutto ciò deriva:
dim η 2 (E) = 1 =⇒ dim ker η 2 = 4 − 1 = 3
dim η 3 (E) = 0 =⇒ dim ker η 3 = 4 − 0 = 4
Abbiamo pertanto la seguente successione di nuclei (sopra abbiamo scritto le
loro dimensioni) e le seguenti catene di autovettori generalizzati:
0
<
2
{0} ⊂ ker η
0 ←− v1
0 ←− v4
<
3
⊂ ker η 2
←−
v2
<
⊂
←−
4
ker η 3
v3
Abbiamo quindi una catena di lughezza 3 e una catena di lunghezza 1. Ne segue
che la matrice associata a η relativamente alla base {v1 , v2 , v3 , v4 } è:


0 1 0 0
 0 0 1 0 

A0 = 
 0 0 0 0 
0 0 0 0
Abbiamo pertanto:
A0 = M −1 AM
La matrice M è la matrice di passaggio dalla base {e1 , e2 , e3 , e4 } alla base
{v1 , v2 , v3 , v4 }. Dobbiamo perciò determinare quest’ultima base.
Determiniamo innanzitutto il vettore v3 . Dobbiamo scegliere un vettore appartenente a ker η 3 − ker η 2 . Analizzando le successive immagini dei vettori della
base {e1 , e2 , e3 , e4 } ci rendiamo conto che possiamo porre
v3 = e3
La scelta dei vettori v2 e v1 è ora obbligata: sono le successive immagini di v3 .
Abbiamo pertanto:
v2 = η(v3 ) = e1 + e2
v1 = η 2 (v3 ) = e1
206
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Dobbiamo ora scegliere il vettore v4 . Esso deve appartenere a ker η e deve essere
linearmente indipendente da v1 . Possiamo pertanto porre:
v4 = e4
La matrice M è quindi data da:

1
 0

 0
0
1
1
0
0
Esempio 915 Vogliamo jordanizzare la

2
A= 2
1
0
0
1
0

0
0 

0 
1
seguente matrice:

0 0
2 0 
3 2
Sia η l’endomorfismo di uno spazio vettoriale E di dimensione 3 su R associato
alla matrice A relativamente alla base {e1 , e2 , e3 }.
L’endomorfismo η ha come autovalore λ1 = 2 con molteplicità algebrica uguale
a 3.
Calcoliamo innanzitutto l’autospazio di η. Si ha:
E(η, λ1 ) = ker(η − λ1 I)
La matrice associata a η1 = η − λ1 I relativamente alla base data è:


0 0 0
A1 =  2 0 0 
1 3 0
Quindi il vettore e3 forma una base per E(η, λ1 ).
Notiamo che la matrice A1 è nilpotente. Determiniamone una base di Jordan.
Per far ciò usiamo il solito metodo. Calcoliamo innanzitutto la matrice A21 .
Svolgendo i calcoli si nota che essa ha rango uguale a 1. La dimensione di kerη12
è quindi uguale a 2. A questo punto è inutile calcolare A31 : sappiamo già che essa
è la matrice nulla (esercizio: perchè?). Abbiamo quindi la seguente successione
di sottospazi vettoriali (abbiamo scritto sopra ad essi la loro dimensione) e la
seguente catena di autovettori generalizzati:
0
<
1
{0} ⊂ ker η1
0 ←−
v1
<
2
⊂ ker η12
←−
v2
<
⊂
←−
3
ker η13 = E
v3
dove le frecce rappresentano l’endomorfismo η1 .
Prendiamo un vettore v3 ∈ ker η13 − ker η12 .
Analizzando la matrice A21 si nota che possiamo porre v3 = e1 . Poniamo poi
7.11. FORMA CANONICA DI JORDAN
207
v2 = η1 (v3 ) = 2e2 + e3 e v1 = η12 (v3 ) = 6e3 . Abbiamo ottenuto una base di
Jordan per l’endomorfismo η1 . La matrice associata ad η1 relativamente a tale
base è la matrice:


0 1 0
∼
A1 =  0 0 1 
0 0 0
Inoltre
∼
A1 = C
con
−1
A1 C

0 0
C= 0 2
6 1

1
0 
0
Si ha inoltre
η = η1 + λ1 I
e quindi la matrice associata all’endomorfismo η relativamente alla base appena
ottenuta è:



 

0 1 0
1 0 0
2 1 0
∼ ∼
A=A1 +λ1 I =  0 0 1  + 2  0 1 0  =  0 2 1 
0 0 0
0 0 1
0 0 2
∼
Abbiamo ottenuto una matrice di Jordan A simile alla matrice A; si ha infatti:
∼
−1
A= C AC
Esempio 916 Sia dato lo spazio vettoriale E su R avente come base
{e1 , e2 , e3 , e4 , e5 }
Sia η : E −→ E l’endomorfismo definito da:
η(e1 ) = e1 , η(e2 ) = e1 + e2 , η(e3 ) = e1 + e3
η(e4 ) = e1 + e2 + e4 , η(e5 ) = e1 + e2 + e3 + e5
Vogliamo determinare, se esiste, una base di Jordan per η.
Si vede immediatamente che la matrice associata a η relativamente alla base
assegnata è


1 1 1 1 1
 0 1 0 1 1 



A=
 0 0 1 0 1 
 0 0 0 1 0 
0 0 0 0 1
Questa matrice è triangolare superiore. I suoi autovalori sono gli elementi della
diagonale principale. Pertanto η ha 1 come autovalore con molteplicità algebrica
208
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
uguale a 5. Esiste quindi una base di Jordan per η. Consideriamo l’endomorfismo η1 = η − I.La sua matrice associata relativamente alla base assegnata
è


0 1 1 1 1
 0 0 0 1 1 



B=
 0 0 0 0 1 
 0 0 0 0 0 
0 0 0 0 0
La matrice B è nilpotente. Cerchiamo una base di Jordan. Dobbiamo calcolare
i nuclei. Calcoliamo pertanto le immagini successive, attraverso η1 , dei vettori
della base assegnata:
e1
e2
e3
e4
e5
−→
−→
−→
−→
−→
0
e1
e1
e1 + e2
e1 + e2 + e3
−→ 0
−→ 0
−→ e1
−→ 2e1
−→
−→
0
0
Ne deduciamo:
dim η1 (E) = 3 =⇒ dim ker η1 = 5 − 3 = 2
dim η12 (E) = 1 =⇒ dim ker η12 = 5 − 1 = 4
dim η13 (E) = 0 =⇒ dim ker η1 = 5 − 0 = 5
Abbiamo pertanto la seguente successione di nuclei e le seguenti catene di
autovettori generalizzati:
0
<
2
{0} ⊂ ker η1
0 ←−
v1
0 ←−
v4
<
4
⊂ ker η12
←−
v2
←−
v5
<
⊂
←−
5
ker η13
v3
Abbiamo quindi una catena di lughezza 3 e una catena di lunghezza 2. Ne segue
che la matrice associata a η1 relativamente alla base {v1 , v2 , v3 , v4 , v5 } è:


0 1 0 0 0
 0 0 1 0 0 


0

B =
 0 0 0 0 0 
 0 0 0 0 1 
0 0 0 0 0
Abbiamo pertanto:
B 0 = M −1 BM
La matrice M è la matrice di passaggio dalla base {e1 , e2 , e3 , e4 , e5 } alla base
{v1 , v2 , v3 , v4 , v5 }. Dobbiamo perciò determinare quest’ultima base.
Determiniamo innanzitutto il vettore v3 . Dobbiamo scegliere un vettore appartenente a ker η13 − ker η12 . Analizzando le successive immagini dei vettori della
base {e1 , e2 , e3 , e4 , e5 } ci rendiamo conto che possiamo porre
v3 = e5
7.11. FORMA CANONICA DI JORDAN
209
La scelta dei vettori v2 e v1 è ora obbligata: sono le successive immagini,
attraverso η1 , di v3 . Abbiamo pertanto:
v2
v1
= η1 (v3 )
= η12 (v3 )
= e1 + e2 + e3
= 2e1
Dobbiamo ora scegliere il vettore v5 . Indichiamo con F3 il sottospazio vettoriale
generato da v3 .
Il vettore v5 deve appartenere a ker η12 − (ker η1 ⊕ η1 (F3 )).
Consideriamo pertanto una base di ker η1 e una base di η1 (F3 ). Possiamo scegliere le seguenti basi:
{e1 , e3 − e2 } base di ker η1
{e1 + e2 + e3 } base di η1 (F3 ).
Dobbiamo quindi determinare un vettore appartenente a ker η12 che sia linearmente indipendente dai vettori:
e1 , e3 − e2 , e1 + e2 + e3 Possiamo pertanto porre:
v5 = e5 − 2e4
Poniamo infine
v4 = η1 (v5 ) = e3 − e1 − e2
La matrice M è quindi data da:

2
 0

 0

 0
0
1
1
1
0
0
0 −1 0
0 −1 0
0 1
0
0 0 −2
1 0
1






Da tutto ciò segue:
A0 = M −1 AM
dove A0 = B 0 + I e quindi:



A0 = 


1 1 0
0 1 1
0 0 1
0 0 0
0 0 0
0 0
0 0
0 0
1 1
0 1






Esempio 917 Vogliamo determinare, se esiste, la forma canonica di Jordan
della seguente matrice:


1 0 0 0 0
 1 2 1 1 1 



A=
 0 0 2 0 1 
 0 0 0 1 0 
1 0 0 1 1
210
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Consideriamo l’endomorfismo η : E −→ E associato alla matrice A relativamente ad una base
{e1 , e2 , e3 , e4 , e5 }
Esso ha come autovalori λ1 = 1 con molteplicità algebrica 3 e λ2 = 2 con
molteplicità algebrica 2 (fare i conti). Poiché A ha tutti gli autovalori in R la
matrice A e jordanizzabile. Sappiamo che si ha:
E = E 0 (η, λ1 ) ⊕ E 0 (η, λ2 )
dove i due autospazi generalizzati hanno dimensione uguale alle molteplicità
algebriche dei loro rispettivi autovalori.
Per determinarli consideriamo innanzitutto l’endomorfismo η1 = η − λ1 I.
Svolgendo i calcoli (esercizio) si nota che si ha la seguente successione di nuclei
(come al solito abbiamo posto sopra ad essi le loro dimensioni) e le seguente
catene di autovettori generalizzati relativi all’autovalore λ1 :
0
<
{0} ⊂
0 ←−
0 ←−
2
ker η1
v1
v3
<
⊂
←−
3
ker η12 = ker η13
v2
Svolgendo i calcoli (esercizio) vediamo che possiamo porre:
v2 = e3 − e4
v1 = η1 (v2 ) = e3 − e5
v3 = e1 − e4
Consideriamo ora l’endomorfismo η2 = η − λ2 I.
Svolgendo i calcoli (esercizio) si nota che si ha la seguente successione di nuclei
(come al solito abbiamo posto sopra ad essi le loro dimensioni) e la seguente
catene di autovettori generalizzati relativi all’autovalore λ2 :
0
<
{0} ⊂
0 ←−
1
ker η2
v4
<
⊂
←−
2
ker η22 = ker η23
v5
Svolgendo i calcoli (esercizio) vediamo che possiamo porre:
v5 = e3
v4 = η2 (v5 ) = e2
Da tutto ciò segue che si ha:
A0 = M −1 AM
7.11. FORMA CANONICA DI JORDAN
211
dove



A =


0
1
0
0
0
0
1
1
0
0
0
0
0
1
0
0

0 0
0 0 

0 0 

2 1 
0 2



M =


0
0
1 0
0
0
0 1
1
1
0 0
0 −1 −1 0
−1 0
0 0
0
0
1
0
0






Teorema 918 Sia η : E −→ E un endomorfismo jordanizzabile. Sia A0 la
forma canonica di Jordan dell’endomorfismo η. Sia λ un autovalore di η. Allora:
1) la molteplicità geometrica di λ è uguale al numero di blocchi di Jordan relativi
a λ di una qualsiasi matrice di Jordan associata all’endomorfismo η.
2) l’indice di λ è uguale al massimo ordine dei blocchi di Jordan relativi a λ
della matrice A0 .
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Esercizio 919 Determinare tutte le forme canoniche di Jordan delle matrici
nilpotenti di ordine 2.
Esercizio 920 Determinare tutte le forme canoniche di Jordan delle matrici
nilpotenti di ordine 3.
Esercizio 921 Dimostrare che non esiste alcuna matrice A di ordine 3 tale che
si abbia:
rk(A) = 2
A2 = 0
Esercizio 922 Determinare tutte le forme canoniche di Jordan delle matrici
nilpotenti di ordine 4.
Esercizio 923 Dimostrare che, se A ∈ M (K, n, n) e A è nilpotente, allora
An = 0.
Esercizio

0
 0

 0
0

0
 0

 0
0
924 Jordanizzare

0 1 2
0 0 3 

0 0 0 
0 0 0

2 1 0
0 0 2 

0 0 2 
0 0 0
le seguenti matrici nilpotenti:



0
0 0 0 1
 0
 0 0 0 0 



 0
 0 0 0 0 
0 0 0 0
0



0
0 1 1 1
 0 0 1 1 
 0



 0 0 0 1 
 0
0
0 0 0 0
Esercizio 925 Jordanizzare la seguente

0 1 1
 0 0 0

 0 0 0

 0 0 0
0 0 0
matrice nilpotente:

1 1
1 1 

0 1 

0 0 
0 0
0
0
0
0
1
0
0
0
7
0
0
0
1
1
0
0

0
1 

0 
0

0
0 

0 
0
212
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Esercizio 926 Jordanizzare la seguente matrice


3 1 1 0
 0 3 1 0 


 0 0 3 0 
0 0 0 3
Esercizio 927 Jordanizzare la seguente matrice:


1 1 1 1
 0 1 1 1 


 0 0 1 1 
0 0 0 1
Esercizio 928 Jordanizzare la seguente matrice:


1 1 1 0
 0 1 1 1 


 0 0 1 1 
0 0 0 1
Esercizio 929 Jordanizzare le seguenti matrici:
2 2
5 7
6 8
0 2
0 5
0 6
Esercizio 930 Jordanizzare le seguenti matrici:
 
 

1
2 2 2
1 1 1
 0 1 1   0 2 2   0
0
0 0 2
0 0 1
1
0
4
1
2
1
0

0
0 
1
Esercizio 931 Jordanizzare

1 1
 0 1

 0 0
0 0
le seguenti

1 0
2 0 

1 1 
0 0
matrici:

1 1
 0 1

 0 0
0 0
0
0
1
0

1
1 

1 
0
Esercizio 932 Jordanizzare

1 1
 0 1

 0 0
0 0
le seguenti

0 0
0 0 

1 0 
1 1
matrici:

2 0
 2 2

 0 0
0 0
0
0
2
0

0
0 

2 
2
Esercizio 933 Jordanizzare

3 2
 0 3

 0 0
0 0
le seguenti

0 0
0 0 

3 0 
5 3
matrici:

4 0
 7 4

 0 0
0 0
0
0
4
1

0
0 

0 
4
7.12. ANCORA SULLE MATRICI SIMILI
213
Esercizio 934 Jordanizzare le seguenti matrici al variare del parametro a ∈ R:

 
 

1 a a
a a 0
a 0 0
 0 1 a   0 a a   a a 0 
0 0 1
0 0 a
a a a
Esercizio 935 Jordanizzare le seguenti matrici al variare del parametro a ∈ R:

 
 

a 0 a
0 a 0
a
0 0
 0 a 0   0 a a   2a
a 0 
0 0 a
0 0 a
3a 4a a
Esercizio 936 Determinare la forma canonica A0 di Jordan della seguente
matrice:


1 1 1 1 1
 0 1 1 0 1 



A=
 0 0 1 1 1 
 0 0 0 1 1 
0 0 0 0 1
Determinare quindi l’insieme
V = {M ∈ GL(R, 5) |M −1 AM = A0 }
Determinare infine la cardinalità dell’insieme V .
Esercizio 937 Sia A una matrice triangolare superiore avente tutti gli elementi
della diagonale uguali, tutti gli elementi della linea subito superiore alla diagonale prinicipale diversi da zero. Dimostrare che A è simile ad una matrice di
Jordan formata da un solo blocco.
Definizione 938 Ad ogni endomorfismo jordanizzabile (e quindi ad ogni matrice quadrata jordanizzabile) sono associati i numeri:
1) gli autovalori λ1 , . . . , λp ;
2) le molteplicità algebriche degli autovalori;
3) le molteplicità geometriche degli autovalori;
4) gli indici degli autovalori;
5) gli ordini dei singoli blocchi di Jordan.
Tutti questi numeri vengono detti numeri di Jordan dell’endomorfismo.
7.12
Ancora sulle matrici simili
Nota 939 I numeri di Jordan dipendono esclusivamente dall’endomorfismo. Si
ha quindi che, se due matrici rappresentano lo stesso endomorfismo relativamente a basi diverse, allora esse hanno gli stessi numeri di Jordan.
Abbiamo quindi:
214
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Teorema 940 Due matrici, ambedue jordanizzabili, sono simili se e solo se esse
hanno gli stessi numeri di Jordan.
DIMOSTRAZIONE. Esercizio. Esercizio 941 Verificare se

0 1
 0 0
A=
 0 0
0 0
le seguenti matrici sono simili


0 0
0 1 0
 0 0 1
0 0 

B=
 0 0 0
1 0 
0 0
0 0 0
in R:

0
0 

0 
0
Esercizio 942 Dimostrare che la seguente matrice, per qualsiasi valore dei parametri a e b in R, è simile ad una matrice di Jordan formata da un solo blocco
di Jordan:


a 1 b
 0 a 1 
0 0 a
Esercizio 943 Verificare

1
 0
A=
 0
0
se le seguenti matrici


1 1 1

2 1 1 
 B=

0 2 1 
0 0 2
sono simili in R:

2 0 0
1
0 1 1
2 

0 0 2 10 
0 0 0
2
Esercizio 944 Dividere l’insieme formato dalle seguenti
equivalenza relative alla relazione di similitudine in R:





5 0 0
5
5 1 0
A= 0 5 0  B= 0 5 1  C= 0
0 0 8
0
0 0 8





5 1 0
8 0 0
5
D= 0 5 0  E= 0 5 1  F = 0
0 0 8
0 0 5
0





5 0 0
5 5 5
5
G= 5 5 0  H= 0 5 5  L= 0
5 5 5
0 0 5
0
matrici in classi di

1 0
5 0 
0 8

1 0
5 1 
0 8

1 0
8 0 
0 8
Esercizio 945 Determinare, se esistono, due matrici che non siano simili e
che abbiano gli stessi autovalori, con la stessa molteplicità algebrica, stessa
molteplicità geometrica e con gli stessi indici.
Definizione 946 Un campo K si dice algebricamente chiuso se ogni polinomio di grado n a coefficienti nel campo ha n radici in K contate con la loro
molteplicità algebrica.
Teorema 947 Il campo C dei numeri complessi è algebricamente chiuso.
DIMOSTRAZIONE. Omessa. 7.12. ANCORA SULLE MATRICI SIMILI
215
Teorema 948 Ogni matrice a coefficienti in un campo algebricamente chiuso
è jordanizzabile.
DIMOSTRAZIONE. Lasciata per esercizio. Nota 949 Dal teorema 940 segue che, quando abbiamo due matrici jordanizzabili, siamo in grado di dire se esse siano simili.
In particolare, dato un campo K algebricamente chiuso, siamo in grado di dire
se due matrici a coefficienti in K siano simili.
Purtroppo non tutti i campi sono algebricamente chiusi. Il campo dei reali, per
esempio, non è algebricamente chiuso.
Esercizio 950 Dimostrare che, se due matrici sono una jordanizzabile e l’altra
non jordanizzabile, allora esse non sono simili.
Nota 951 Date due matrici entrambe non jordanizzabili, non sappiamo in
genere dire se esse siano simili.
In particolare, il campo R dei numeri reali non è algebricamente chiuso.
Non ogni matrice di Jordan a coefficienti in R è jordanizzabile. Date quindi due
matrici A e B di M (R, n, n) non jordanizzabili in R, non sappiamo dire se esse
siano simili in R. Sappiamo però dire se esse siano simili in C. Ci viene in aiuto
il seguente:
Teorema 952 Siano A ∈ M (R, n, n) e B ∈ M (R, n, n). Si ha:
A ∼ B in R (esiste cioè M ∈ GL(R, n) tale che M −1 AM = B) ⇐⇒
⇐⇒ A ∼ B in C (esiste cioè N ∈ GL(C, n) tale che N −1 AN = B).
DIMOSTRAZIONE. Omessa. Chi è interessato può leggere la parte finale del
paragrafo 11 del capitolo 2 di [A.V.] dedicata alla forma canonica reale di Jordan.
Nota 953 Siano A ∈ M (R, n, n) e B ∈ M (R, n, n). Il teorema precedente ci
permette di utilizzare il seguente algoritmo per vedere se A e B sono simili in
R.
1) Consideriamo le jordanizzate in C di A e B. Siano esse A0 e B 0 .
2) Calcoliamo per mezzo di esse i numeri di Jordan di A e B.
3) Le matrici A e B sono simili in C (e quindi in R) se e solo se esse hanno gli
stessi numeri di Jordan.
Esercizio 954 Determinare la forma canonica di Jordan in R (o, male che
vada, in C) della seguente matrice:

3
A= 0
0

0
0
2 −1 
2
4
216
CAPITOLO 7. ENDOMORFISMI TRA SPAZI VETTORIALI
Esercizio 955 Verificare se

0 −1
 1
0

A=
0
0
2
0
le seguenti matrici sono simili in R:



0
0
0 −1 1
0

0
0 
0 0
1 
 B= 1

 0
0 −1 
0 0 −1 
1
0
0
0 1
0
Esercizio 956 Verificare se

0 −1
 1
0
A=
 0
0
2
0
le seguenti matrici sono simili in


0
0
0 1
1
 −1 0
0
0 
0
 B=
 0 0
0 −1 
0
1
0
0 0 −1
Esercizio 957 Verificare se le seguenti matrici



0 −1 0 0
0
 1

0 0 0
0 





0 0 0 −1  B = 
A= 0

 0

0 0 1 10 
0
0 1 1
1
1 −1
1
0
1
1
0
0
0
0
Esercizio 958 Siano date le

1 2
 0 1
A=
 0 0
0 0
1
2
0
0
seguenti matrici:


0 0

0 0 
 B=

1 0 
1 1
R:

0
1 

1 
0
sono simili in R:
0
1
0
0
0
0
10
0
0
0
0
1
0
0 0
0 0
0 0
1 10
0 1







0
0 

1 
1
Verificare se esse sono simili in R.
Esercizio 959 Sia A ∈ M (K, n, n). Dimostrare che le matrici A e tA hanno gli
stessi polinomi caratteristici.
Esercizio 960 Sia A ∈ M (K, n, n). Dimostrare che le matrici A e tA hanno
gli stessi autovalori con le stesse molteplicità algebriche e le stesse molteplicità
geometriche.
Suggerimento: per dimostrare che gli autovalori di A e tA hanno le stesse
molteplicità geometriche, dimostrare che rkA = rktA.
Esercizio 961 Sia A ∈ M (K, n, n) una matrice avente tutti gli autovalori in
K. Dimostrare che le matrici A e tA hanno gli stessi numeri di Jordan.
Suggerimento: per ogni autovalore λi di A, dimostrare che si ha, per ogni j ∈ N ,
rk(A − λi )j = rk(tA − λi )j .
Esercizio 962 Sia A ∈ M (K, n, n) una matrice avente tutti gli autovalori in
K. Dimostrare che le matrici A e tA sono simili.
7.13. BIBLIOGRAFIA
7.13
217
Bibliografia
1) G.Accascina, V.Villani Esercizi di algebra lineare, ETS.
Nei capitoli 2 e 4 sono proposti e risolti molti esercizi sugli endomorfismi di
spazi vettoriali.
2) I.Cattaneo Gasparini Strutture algebriche, operatori lineari, Veschi.
La fine del quarto capitolo e buona parte del quinto capitolo sono dedicati agli
endomorfismi di spazi vettoriali.
3) P.Maroscia Problemi di geometria, Masson editoriale Veschi.
Nei capitoli 6 e 7 sono proposti e risolti molti esercizi sugli endomorfismi di
spazi vettoriali.