Tempo presente - FILT CGIL Lombardia
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Pagina 1 O SOMMARIO 2 3 Primo Piano I Change M A R Tempo Presente M 14:57 O 2-12-2008 S nostop numero 61:nostop numero 61 Quale Paese vogliamo che esca dalla crisi Intervista a Franco Nasso, Segretario Generale Filt-Cgil Il mio Vittorio Foa Il “Libro Verde” di Sacconi Patto per la riforma del TPL in Lombardia Per il Gruppo FS una missione d’interesse generale Alitalia – CAI, ora ricostruire Trasporti in Umbria In Linea 23 Qui Comprensorio Sondrio Precarietà e nuove forme di lavoro Migranti e cooperative che operano in un sistema “intossicato” Teatro Forum sui temi della salute e sicurezza Progetti 28 Il Passante Ferroviario, una cerniera tra i progetti del Nodo di Milano Il network aeroportuale I LAN Sguardi e traguardi 34 É l’età giusta per continuare ad imparare Contro la violenza, l’ascolto Finestre “Changeling” di Clint Eastwood CRAL aeroporto di Linate: un’esperienza positiva NOSTOP News 37 40 Il servizio fotografico è stato realizzato da Franco Mammana - [email protected] Ha collaborato Michela Baraldo nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:57 Pagina 2 Primo piano Change P R I M O P I A N O di Nino Cortorillo, Segretario Generale Filt-Cgil Lombardia 2 Change è stata la parola chiave del successo e dell’elezione di Barak Obama a Presidente degli Stati Uniti. Yes we can è la volontà di affermare e credere nella possibilità di un cambiamento. Quanto gli Usa cambieranno e quanto influirà nel cambiamento delle scelte del mondo lo vedremo già nel corso del prossimo anno. Con Obama esce sconfitta la politica di questi otto anni di Bush, sia economica che estera, liberista e insieme interventista. Non è solo il principio dell’alternanza che ha impedito che uno schieramento governasse per più di 12 anni nel dopoguerra, ma la capacità di quel sistema di proporre nuovi leader e classi dirigenti, evitando la cooptazione o la successione. Obama, 24 mesi fa, era pressoché sconosciuto o sembrava una dei tanti concorrenti pronti ad accettare un qualsiasi incarico minore. Ha avuto un consenso crescente, nonostante l’enorme limite di essere un outsider e di essere di colore. La sua elezione è stata paragonata a quella di Nelson Mandela. Ma là era anche un risarcimento storico in un paese ove la popolazione di colore, e non bianca, è oltre il 90%. Qui sono anche i bianchi, gli ispanici e le molte etnie non nere che hanno costruito il suo successo. Un uomo di colore alla Casa Bianca è una rivoluzione dell’umanità che non correrà, però, il rischio di trasformarsi in uno dei tanti orrori della storia. Segna un prima e un dopo nella storia non solo degli Usa, ma del mondo globale, per la carica utopica e insieme reale che ha determinato. Ma è un’elezione dentro quel sistema, che non punta a stravolgerne gli assetti fondamentali. L’apparente dualità tra evento rivoluzionario e l’essere nato dentro e attraverso le regole esistenti, mi sembra sia l’elemento che contraddistingue le attese di molti di noi. L’elezione di Obama coincide con la più grave crisi dell’economia finanziaria degli ultimi decenni. Si tratta anche della prima crisi realmente globale, che non coincide più solo con il Nord America e l’Europa, cioè con quello che, in questa parte del mondo, si autoconsiderava l’intero mondo. In un secolo l’economia occidentale è passata da prevalentemente agricola, a industriale, a dei servizi. Negli ultimi venti anni, le politiche liberiste avevano ipotizzato una progressiva divisione dell’economia tra produzione, inizialmente di basso livello tecnologico, destinata ai paesi a più bassi costi di produzione, Asia e la vecchia Europa orientale, e finanza e servizi nelle mani di Europa e Usa. Ipotizzando, sbagliando, di avere merci a basso costo per i propri mercati e alta capacità di governo del debito pubblico, del credito immobiliare e del consumo. L’incapacità del pensiero liberista, non solo di prevedere quanto avveniva (responsabilità non solo loro), ma anche di dare risposte che non prevedessero l’intervento dello stato o del pubblico ha segnato e segnerà un nuovo equilibrio tra l’economia libera e la necessità di governare le sue dinamiche sottoponendola a nuove regole, più forti e incisive, e nuovi poteri da assegnare ad organismi nazionali e sopranazionali. Se l’intervento a sostegno per salvare banche e finanza è dovuto arrivare da risorse pubbliche e dalle prime scelte fatte dalla politica, è ovvio che starà alla politica riscrivere le nuove regole. Quello che si rischia è che siano i più strenui assertori della creatività finanziaria e degli errori di questi anni a leggere quanto avvenuto, dandogli un significato e risposte conservative. Dire che la globalizzazione è la causa della crisi indurrà a cercare un rifugio nei singoli stati, se non nelle singole regioni, proteggendosi dall’esterno. Lo stesso Tremonti descrive bene quanto è avvenuto con la globalizzazione, ma poi trova la soluzione ideologica in un ritorno ad un’Europa ed ai suoi valori posseduti prima del ’68. Un’ideologia nascente che risponde alla paura, ma in realtà non dà alcuna speranza. Non a caso è permeata non di diritti, ma di carità, non di redistribuzione, ma di aiuto ai poveri. Questa crisi rimetterà al centro non solo come affrontarla nell’immediato, ma ruoli e contenuti delle definizioni classiche di destra e sinistra, del rapporto tra pubblico e privato, tra interessi nazionali e globali, della stessa redistribuzione della ricchezza e delle conseguenze del debito pubblico e privato. Proprio perché non siamo alla crisi finale del capitalismo, come titola ironicamente il libro di Ruffolo “Il capitalismo ha i secoli contati”, ma nemmeno alla fine della globalizzazione, proprio le forze progressiste e di sinistra dovrebbero leggere la realtà e ripensare ad un nuovo assetto economico che guardi a come regolare la finanza e creare una diversa capacità produttiva, ma che abbia come obiettivo le persone, le loro opportunità, le loro speranze di realizzazione. Il change così potente, ed inatteso da noi europei, ma così fortemente voluto dai cittadini americani, che ha portato all’elezione di Barak Obama è la dimostrazione che si può guardare al futuro con speranza. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 3 Tempo presente Quale Paese vogliamo r c e i e s a s c h l a l i c a d La realtà economica e sociale che oggi ci circonda è quella prodotta dagli effetti di una crisi, per molti tratti inedita, di cui, forse, non conosciamo ancora la profondità e le conseguenze che potrà avere non solo nel nostro Paese, ma anche nella divisione internazionale del lavoro e della ricchezza. Una crisi inedita perché non può essere considerata come quelle ricorrenti, cicliche, di aggiustamento del mercato. Da questa crisi è messa in discussione l’idea stessa della capacità di autoregolazione del mercato, con buona pace dei teorizzatori del liberismo e di tutti coloro che sostenevano la fine del ruolo pub- blico e del primato della politica, e che vedevano nella globalizzazione solo un infinito mercato in perenne espansione. Una crisi negli annunci finanziaria: il debito che compra debito, il denaro che produce denaro. E poi, l’inevitabile realtà di una finanza che, da sola, non produce ricchezza, ma producendo debito può invece determinare grandi guasti a quella che ora tutti chiamano economia reale: produzione e servizi, l’economia cioè che ha come centro e motore il lavoro. Sono molte le contraddizioni che fanno esplodere questa crisi, una crisi che ha visto tutti i grandi paesi mobilitati con enormi risorse pubbliche per salvare banche ed assicurazioni: il pubblico nel tempio del mercato. Ora che il pubblico ha provato a mettere al riparo il sistema bancario, molti tornano a dire che bisogna di nuovo lasciare mano libera al mercato e che il pubblico deve ritirarsi. Questa crisi, invece, ripropone con grande forza il tema del ruolo pubblico, di quale intervento, in quali campi e con quali finalità. Ripropone il tema della funzione della politica e del governo internazionale e nazionale dei processi, intanto per le regole nuove che vanno introdotte, ma anche per le funzioni di direzione. Ovviamente il tema non è solo quello di quale “peso” dovrà avere il pubblico nelle banche, e nemmeno l’idea che lo Stato torni ad avere una funzione proprietaria dell’apparato produttivo o dei servizi. Fondamentale è, invece, la necessità che si definiscano nuove regole per proteggere i risparmiatori e per dare certezze alle imprese. Intervento pubblico per noi significa scegliere delle politiche, quali settori difendere - come fanno Francia e Germania – e, insieme, come si garantiscono i servizi e le protezioni sociali. Se dal mondo, ci caliamo nel nostro Paese, nella nostra situazione, il primo elemento che balza agli occhi è l’inadeguatezza delle scelte e delle politiche che il nostro Governo si accinge a mettere in campo. Dopo una manovra estiva di valore triennale, decisa in nove minuti, e dagli effetti depressivi che si scaricano pesantemente sull’economia, fondata inoltre sui tagli al pubblico (scuola, università, ricerca, libro verde), si cerca ora di sostenere - nonostante il mutamento profondo che si è determinato a seguito della crisi finanziaria mondiale - che le scelte in essa contenute continuano ad andare bene, che si era previsto tutto. E’ assolutamente evidente che così non è. In realtà, i problemi che erano già presenti prima di questa crisi, di fronte alla pesantezza del nuovo quadro economico e finanziario, si moltiplicano e si acuiscono sempre di più e in modo drammatico. A partire da quelli produttivi e occupazionali. Una situazione che non abbiamo esitato a definire straordinaria e che, in quanto tale, richiederebbe risposte straordinarie. Di questo non vi è alcuna traccia nella manovra approvata. Soprattutto, il Governo non sceglie un punto di vista strategico di contrasto alla crisi. Non bastano, infatti, gli appelli televisivi del premier a consumare e a non diffondere la paura. C’è bisogno di ben altro. La crisi si contrasta se si danno risposte concrete, se si determinano scelte che permettono ai lavoratori, ai pensionati di essere più tranquilli e quindi di avere più fiducia. Di questo c’è bisogno per far ripartire i consumi e, contemporaneamente, frenare la caduta produttiva. E’ qui il senso della nostra piattaforma, che abbiamo tradotto in sei punti precisi sui quali attendiamo risposte altrettanto precise. Proposte concrete che, come abbiamo detto con chiarezza, sono alla base dello sciopero generale del 12 dicembre. T E M P O Quale Paese avremo di fronte sarà il risultato di scelte di fondo, non solo congiunturali, a partire dall’attuazione di un piano straordinario per le infrastrutture, quelle che creano lavoro e rimettono in moto investimenti, anche nel territorio, e che costituiscono da sempre il motore dello sviluppo. P R E S E N T E di Susanna Camusso, Segretaria Nazionale Cgil 3 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 4 T E M P O P R E S E N T E Tempo presente 4 Si tratta di provvedimenti concreti che traducono l’urgenza di contrastare la crisi economica e sociale, destinando risorse ai lavoratori ed ai pensionati, a partire dalla detassazione della tredicesima, ma che si devono tramutare in risorse strutturali, continuative per gli anni a venire, andando quindi oltre il bonus sulla tredicesima. Quindi interventi duraturi a partire dalla tutela del reddito. Risorse, inoltre, per finanziare gli ammortizzatori sociali, fondi per la cassa integrazione in deroga a copertura dei lavoratori di quei settori che ne sono sprovvisti, e per allargarli soprattutto ai lavoratori precari, con contratto a termine, apprendisti, collaborazioni a progetto, interinali, che sono tra i più esposti alla crisi. E ancora, chiediamo un innalzamento dei tetti economici della cassa integrazione a beneficio del reddito dei lavoratori interessati, perché è difficile vivere per lunghi periodi con 700/800 euro al mese. E poi, sospensione degli effetti della Bossi-Fini nel punto che definisce il legame tra lavoro e permesso di soggiorno proprio per evitare che lavoratori regolari, perdendo il posto di lavoro, si trasformino in clandestini da cacciare. Una piattaforma, la nostra, che guarda al cosa fare perché il nostro Paese, una volta uscito dalla crisi, non sia più povero di prima, con meno industria e meno servizi. Per questo nella piattaforma indichiamo la qualità dell’intervento del credito a sostegno degli investimenti, delle imprese, evitando i finanziamenti a pioggia, ma finalizzandoli alla crescita e allo sviluppo. Sostegno, quindi, alla ricerca pubblica e privata, attraverso contributi mirati, contrastando quei tagli previsti dalla finanziaria che sono in aperta contraddizione con la necessità di determinare un futuro capace di competere sulla via dell’innovazione. Tutto ciò perché crediamo che la fiducia del Paese si ottiene con provvedimenti concreti, capaci di affrontare l’emergenza e, insieme, capaci di indicare quale Paese si vuole che esca dalla crisi. Infatti, quale Paese avremo di fronte sarà il risultato di scelte di fondo, non solo congiunturali, a partire dall’attuazione di un piano straordinario per le infrastrutture, quelle che creano lavoro e rimettono in moto investimenti, anche nel territorio, e che costituiscono da sempre il motore dello sviluppo. Nella crisi non si è tutti uguali: c’è chi ha mezzi e le risorse per affrontarla e chi, invece, può essere pesantemente impoverito. Per ridare fiducia, serve che tutti - a partire dai più deboli - sentano delle risposte, vedano che si sceglie la strada della coesione e dell’inclusione. Nelle risposte che abbiamo avuto finora dal Governo di queste scelte non c’è traccia. Si continuano ad annunciare le stesse misure ed avanzare le stesse proposte; si prefigura solo qualche piccola forma di sostegno a poche famiglie particolarmente disagiate. Ovviamente ben vengano interventi di contrasto alla povertà, ma questi non sono sufficienti ad affrontare la qualità e la pesantezza dei problemi che vivono i lavoratori e che percorrono complessivamente il Paese. Sostenere, come sta facendo il Governo, che non bisogna indicare i tratti reali della crisi, o peggio negarli, significa mettere la testa sotto la sabbia, ottenendo il solo risultato di ritardare i provvedimenti ed aggravare la crisi. Da qui deriva il nostro giudizio negativo in merito ai provvedimenti sulla crisi presi dal governo, venerdì 28. Infatti, i titoli sono quelli indicati anche dalla nostra piattaforma, ma mancano i contenuti, manca la svolta, manca la straordinarietà che la situazione richiede; mancano risposte al lavoro ed ai lavora- Nella crisi non si è tutti uguali: c’è chi ha mezzi e le risorse per affrontarla e chi, invece, può essere pesantemente impoverito. Per ridare fiducia, serve che tutti - a partire dai più deboli - sentano delle risposte, vedano che si sceglie la strada della coesione e dell’inclusione. tori! La manovra è, nei fatti, esigua: 4miliardi e solo di una tantum, senza un disegno per sostenere il lavoro, la produzione e i servizi. Non risponde sui redditi da lavoro dipendente e non sceglie la tutela di tutto il lavoro, anche atipico, con gli ammortizzatori sociali, anzi subordina e condiziona l'intervento pubblico a quello degli interventi bilaterali. Si conferma nella scelta del governo la social card, un aiuto di 40 euro alla spesa dei pensionati “più poveri”. Abbiamo detto più volte come questo provvedimento appaia più come un intervento caritatevole piuttosto che una soluzione adeguata ad affrontare l’autentico disagio sociale che vivono milioni di persone ai limiti della povertà, di pensionate e pensionati che hanno oggi redditi insufficienti a vivere con dignità. Per questo sosteniamo che va, invece, confermata e perseguita la strada di una mensilità in più da corrispondere, strada già scelta con il protocollo sul welfare siglato con il precedente Governo. Ancora, si parla di un bonus per le famiglie numerose più in difficoltà. Ma non c’è invece alcuna risposta ai milioni di lavoratori e di lavoratrici che, nel 2008, hanno pagato 13 miliardi di euro di tasse in più e che continueranno a farlo per i prossimi anni se non interviene una misura di modifica. Le hanno pagate non solo perché, com’è noto, i lavoratori dipendenti e i pensionati non evadono; non solo perché nei fatti la tassazione, anche per effetto dell’incremento di quella locale, è aumentata complessivamente, ma le hanno pagate in più perché l’inflazione che sale agisce negativamente sull’incremento dei redditi. Ebbene, noi diciamo che quei 13 miliardi vanno dati ai lavoratori, attraverso un provvedimento strutturale che potremmo definire anche di restituzione, come soluzione opposta ai semplici tagli, dando così più certezza e la possibilità alle persone di scegliere come programmare i loro consumi e le loro necessità. Per questo, mentre siamo pronti ad apprezzare tutte le risposte positive che verranno, che rappresenterebbero in ogni modo – è bene ricordarlo - il frutto della nostra iniziativa e del nostro impegno volto ad indicare le priorità, ribadiamo che le ragioni che ci hanno portato a proclamare lo sciopero generale del 12 dicembre sono tutte lì, ancora valide, evidenti e necessarie, a partire dalla considerazione che non vi sarà vero contrasto alla crisi se non si rimette al centro il lavoro. Per queste ragioni il nostro impegno in queste ore deve essere orientato alla preparazione dello sciopero. Dalla sua riuscita dipenderà l’esito di un confronto difficile. Quindi una scelta impegnativa che richiede la necessità di andare in tutti i luoghi di lavoro per un confronto e un’informazione capillare di tutti i lavoratori. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 5 Tempo presente l’intervistFranco a Nasso Segretario Generale FILT-CGIL Franco Nasso è il nuovo segretario generale della Filt-Cgil, che conta oltre 147 mila iscritti. Ad eleggerlo, su proposta del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, è stato il Comitato Direttivo della categoria, riunito a Roma il 16 luglio scorso, con 72 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astenuti. Cinquantasette anni, nato a Polistena (RC), laurea in Fisica a Torino, Nasso sostituisce Fabrizio Solari, eletto segretario confederale della Cgil il 16 giugno scorso. Fino ad ora segretario nazionale della Filt, con la delega al trasporto pubblico locale, ferroviario e servizi, Nasso ha iniziato la sua attività sindacale come delegato in ferrovia, è stato poi segretario generale della Filt di Torino e successivamente di quella del Piemonte. ✎ La nuova fase politica, determinata dal cambio di governo e sorretta da un evidente consenso e da una netta maggioranza parlamentare, sembra determinare una modifica del rapporto col sindacato confederale. Come valuti i reiterati accordi che hanno visto posizioni diverse tra noi e Cisl e Uil e quali conseguenze possono avere nella nostra categoria? ❝Gli accordi senza la CGIL, che hanno caratterizzato questi primi mesi del governo Berlusconi, non sono la somma di singoli fatti: non lo sono nel caso dei contratti e non lo sono per quanto riguarda la trattativa confederale sul modello contrattuale. È ormai del tutto evidente che le divergenze tra la Cgil e gli altri riguardano il tentativo, portato avanti, in particolare, dal governo e da Confindustria di cambiare in profondità il ruolo e la stessa natura del sindacato confederale in Italia. Questo disegno dovrebbe realizzarsi attraverso il ridimensionamento dei contenuti della contrattazione accompagnato alla rinuncia, nei rapporti con il governo, al ruolo di rappresentanza generale. Tutto è sostenuto anche da una pretesa “modernità” basata sugli arbitrati e sulla bilateralità, che possono prescindere dal rapporto con gli iscritti e con i lavoratori. Per questa via, scegliendo di sostituire la contrattazione, e il conflitto, con gli arbitrati e il rapporto con i lavoratori con una forma inaccettabile di bilateralità, i contratti nazionali e la contrattazione di secondo livello non garantirebbero più gli strumenti fondamentali per la tutela delle condizioni di lavoro e del reddito. Per queste ragioni, le divergenze contengono questioni di straordinaria rilevanza che non riguardano solo il cambiamento del modello contrattuale che, per la Cgil, deve rafforzare la contrattazione con l’obiettivo di una migliore tutela del reddito, accompagnato alle regole sulla rappresentanza che sono alla base delle proposte della Confederazione. Sono a confronto due idee difficilmente conciliabili, allo stato delle cose, sul futuro del sindacato confederale e sugli stessi strumenti di espressione della democrazia che sarebbero molto limitati e compressi. Questo pericoloso disegno sostenuto dal governo e da molte associazioni datoriali non ha, fino ad oggi, trovato una risposta unitaria adeguata. Anzi, i molti accordi separati e le più o meno convinte adesioni di Cisl e Uil alle decisioni del governo sull’ultima manovra economica contro la crisi dimostrano che non sarà facile ricostruire un confronto basato sul merito delle cose. La vastità e la profondità della crisi dovrebbero indurre i necessari ripensamenti ma, fino ad oggi, non ci sono segnali concreti. Le risposte del governo sono molto insufficienti e si confermano le ragioni dello sciopero generale della Cgil del 12 dicembre. Per quanto riguarda i trasporti, se non si troverà una composizione a livello confederale, in grado di sostenere unitariamente le vertenze generali, le ricadute non mancheranno, anche se potranno essere attenuate da un rapporto con Fit e Uilt che, fino ad oggi, si è mantenuto positivo, essendo basato anche su una consolidata pratica di democrazia sindacale. Quello che potrebbe capitare si è visto chiaramente nella vicenda Alitalia, che ha rischiato di determinare una frattura drammatica, non basata sul merito del confronto con il governo e con Cai, ma su un’adesione alle proposte delle controparti dichiarata dalle altre organizzazioni confederali, a prescindere dai contenuti di merito. In quella vertenza è stato ancora una volta il merito, e l’insostenibilità, nel merito, del primo accordo separato, a ricostruire un’intesa unitaria e a definire i nuovi contenuti dell’intesa, sottoscritta anche dai sindacati autonomi. Non potrà essere sempre così, nonostante la diffusa e solida unitarietà del sindacato nei trasporti. Se il clima generale non migliora, le preoccupazioni per il futuro sono molto forti, anche se faremo di tutto per ridurre e ricomporre, ove nelle nostre possibilità, gli eventuali contrasti che si dovessero presentare. 5 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 6 Tempo presente Per quanto ci riguarda, agiremo in continuità con le regole unitarie condivise in categoria: la discussione di merito sulle vertenze e sui contratti e il coinvolgimento democratico dei lavoratori. Questo può rappresentare una buona risposta unitaria in tempi difficili e anche un contributo, per quello che potremo fare, al confronto più generale.❞ T E M P O P R E S E N T E ✎ Il taglio degli investimenti e del trasferimento delle risorse per i servizi pubblici decisi nella finanziaria si somma a una fase recessiva che investe sia la produzione industriale, sia la capacità di consumo del lavoro dipendente. Questi fattori rischiano di scaricarsi per un lungo periodo sul sistema dei trasporti, acuendo la già difficile situazione e creando i presupposti per un serio problema occupazionale, a iniziare dal lavoro precario e da quello immigrato. 6 ❝I ritardi strutturali e la scarsità delle risorse rendono l’intero sistema particolarmente esposto e bisognoso di un tempestivo intervento, la crisi economica e la contrazione dei consumi si faranno sentire in tempi molto rapidi nel settore. In particolare, il trasporto merci e la logistica, che sono il sensore di primo impatto della crisi, stanno già subendo effetti pesanti e i prossimi mesi si annunciano di grande difficoltà, in particolare nella vasta area di lavoro diffuso e precario, dove sempre più alta è la presenza di lavoratori immigrati. Ma anche per le aziende strutturate che operano nel vasto mondo del trasporto merci, a fronte di prevedibili situazioni di crisi, registriamo interventi inadeguati a sostenere il lavoro e le imprese. Per tutto il settore si confermano le rivendicazioni unitarie di una politica dei trasporti in grado di intervenire attraverso le risorse destinate agli investimenti e al servizio, attraverso le politiche di indirizzo a sostegno di un settore strategico per la tenuta delle attività produttive del paese e per le prospettive di sviluppo futuro, evitando così pesanti conseguenze sociali sull’occupazione e sul reddito dei lavoratori. La crisi rafforza la necessità di un intervento in grado di riequilibrare il sistema dei trasporti, sostenendo il trasporto pubblico delle persone, che registra una straordinaria crescita di domanda a fronte di un’offerta largamente insufficiente e selezionando, in una logica di programmazione e di migliore utilizzo delle risorse, gli interventi nel trasporto merci e nella logistica, nel trasporto aereo e marittimo. Nella manovra economica del governo non c’è traccia di tali interventi e questo individua anche le ragioni specifiche del settore nello sciopero del 12 dicembre.❞ ✎ Il sostanziale fallimento di politiche di programmazione e di regolazione del mercato hanno contribuito ad una crisi che appare più di sistema che delle singole imprese pubbliche operanti nei trasporti. Ritieni sia possibile riproporre, nel confronto con il governo, una strategia complessiva del sindacato confederale su temi quali la programmazione, le infrastrutture, la disciplina della concorrenza, il modello contrattuale e di rappresentanza? ❝Il documento di categoria dell’ultimo congresso della Filt aveva come titolo “Una politica per i trasporti” ed è stato in questi anni il riferimento costante della nostra iniziativa sindacale nel settore. La piattaforma unitaria avanzata al governo Prodi, già nell’estate del 2006, conteneva le rivendicazioni relative agli interventi necessari a ricostruire una politica di sistema nel comparto dei trasporti, con proposte di merito sugli interventi di regolazione del mercato, di destinazione di risorse, insieme alle proposte relative agli assetti contrattuali e alle clausole sociali. Su quella piattaforma abbiamo costruito l’iniziativa unitaria che ha portato allo sciopero generale dei trasporti del 30 novembre del 2007 e al successivo accordo con il governo Prodi del 23 gennaio 2008, poche ore prima della crisi parlamentare che portò alle nuove elezioni. Per la Filt, insieme a Fit e Uilt, quella piattaforma e l’intesa del 23 gennaio rappresentano il punto di attestazione unitario riproposto all’attuale governo, senza molto successo. Nelle decisioni del governo non c’è traccia di una politica di sistema nel settore, mancano interventi di programmazione e gli interventi di regolazione che abbiamo sempre rivendicato. Pertanto, non solo ritengo indispensabile rafforzare l’iniziativa unitaria a sostegno della vertenza ma credo anche che il disastro esistente nel settore dei trasporti non può essere affrontato occupandosi, di volta in volta, delle singole crisi che sono destinate a crescere sempre più nei prossimi mesi ma, viceversa, rimettendo al centro del confronto la ripresa di un’efficace politica dei trasporti con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: governo, regioni, enti locali e parti sociali. In mancanza di questo, nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 7 Tempo presente l’impatto della crisi sarà particolarmente pesante essendo, quello dei trasporti, un settore straordinariamente esposto all’andamento dei cicli economici negativi.❞ ✎ Tutte le imprese pubbliche nazionali (Trenitalia, Tirrenia, le aziende del TPL) sono oggetto di una crisi non congiunturale che chiama ad una responsabilità degli azionisti e del management, ma anche del ruolo svolto dal sindacato. Non ritieni che una lunga fase di ristrutturazioni aziendali, spesso partecipate e condivise anche dal sindacato (vedi la recente e drammatica vicenda di Alitalia) non abbia dato gli esiti attesi e che, pur nell’emergenza attuale, sarebbe necessaria un’analisi più attenta del ruolo e della gestione delle imprese a capitale pubblico nel nostro paese? ❝Nella vertenza aperta con il governo questo tema ha sempre rappresentato una delle questioni centrali da affrontare attraverso una sostanziale rivisitazione del sistema di regole che hanno governato i rapporti tra proprietà pubblica e aziende, in un processo di liberalizzazione e di privatizzazione che hanno fallito clamorosamente gli obiettivi dichiarati e proposti ai cittadini. Le promesse di servizi di migliore qualità, di minor costo attraverso la riduzione delle tariffe e di crescita dell’offerta non si sono realizzate. Qualità, tariffe, livello dell’offerta, tranne poche eccezioni, sono andate esattamente al contrario rispetto alle promesse. In compenso, con l’obiettivo dichiarato di favorire la concorrenza, le aziende pubbliche sono state prima trasformate in SpA e poi sono state oggetto di successivi frazionamenti societari ma, in mancanza di una riforma compiuta, hanno prodotto un sistema che ha vanificato le aspettative e distrutto risorse pubbliche. Sono stati insediati gruppi dirigenti aziendali di nomina politica che hanno privilegiato interessi non sempre coincidenti con quelli dei cittadini e degli utenti e che hanno provocato disastri, già compiuti, come quello di Alitalia o annunciati come le molte altre situazioni di crisi aperte. La vicenda Alitalia rimane un insegnamento esemplare. Se non si vuole distruggere un intero settore produttivo, consegnando la parte buona delle aziende alle grandi compagnie europee, come sta già avvenendo nel trasporto ferroviario, anche gli altri settori dei trasporti devono evitare che il “modello” Alitalia sia l’unica soluzione. Abbiamo rivendicato e proposto regole diverse per le liberalizzazioni, per l’assetto delle imprese, per la tutela del lavoro. Abbiamo avanzato critiche che sono sembrate eretiche nel passato decennio, mentre quasi tutta la politica non ha mai ritenuto necessario intervenire attraverso le regole, assolutamente indispensabili per impedire il disastro che si è determinato, ma che sarebbero state certamente scomode per le molte lobby che sono cresciute nel sistema. Ecco perché, nel confronto con il governo, la questione delle aziende pubbliche e delle regole per le liberalizzazioni assume carattere di straordinaria rilevanza per il futuro del lavoro e dei servizi che i cittadini si attendono.❞ ✎ La Filt ha cercato, dalla sua costituzione nel 1980, di tenere insieme la tutela del lavoro dentro le imprese dei trasporti con una tutela più generale nella società, cercando la sintesi tra sindacato di categoria e confederale. Il venir meno di un’azione riformatrice più ampia rischia, però, di divaricare questi ruoli, spesso sovraesponendo il sindacato dei trasporti a critiche sempre più forti nell’opinione pubblica, esasperata anche dal degrado complessivo della mobilità collettiva. Non credi che, per il sindacato, deve diventare centrale la qualità del servizio di trasporto, il nostro “prodotto”, che è anche la qualità del lavoro realizzato? ❝Abbiamo sempre “investito” sullo sviluppo, sulla qualità del sistema dei trasporti come elemento portante per l’economia del paese, considerando il valore economico del trasporto se inserito in un disegno di equilibrio modale e di sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda il trasporto collettivo delle persone, la crescita qualitativa e quantitativa dell’offerta ha proposto da molti anni il tema della riforma che, a partire dalla sua fondazione, la Filt ha sostenuto e proposto di accompagnare con le politiche contrattuali a tutela del lavoro. Dalla metà degli anni ’90, per la parte riguardante il trasporto regionale e locale, c’è stato un importante tentativo di regolazione attraverso la rottura dei meccanismi consolidati di affidamento diretto che avrebbe dovuto sostenere un diverso assetto delle imprese e lo sviluppo, insieme alle clausole sociali a tutela del lavoro. I diversi governi, le regioni e gli enti locali hanno fatto prevalere gli interessi politici di controllo sulle aziende che, combinati ai gruppi di potere che si sono insediati dentro il cambiamento incompiuto, hanno fatto fallire la riforma e prodotto il disastro di cui parlavamo in precedenza. Per rimettere in moto un processo positi7 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 8 Tempo presente P R E S E N T E In un contesto oggettivamente difficile il settore dei trasporti mantiene sulle piattaforme, sulle iniziative di lotta e ai tavoli di trattativa, una forte connotazione unitaria con le federazioni dei trasporti di Cisl e Uil. Con Fit e Uilt si confermano, nel merito, ampie convergenze negli obiettivi e nella gestione del negoziato. Frutto della volontà e della capacità di tutti di portare a sintesi i diversi punti di vista che, peraltro, fino ad oggi, non registrano scostamenti non conciliabili. Il lavoro di tutti noi è anche quello di sostenere questa situazione unitaria, anche in vista delle impegnative decisioni che dovremo assumere per concludere positivamente le vertenze contrattuali a tutela del lavoro e del reddito dei tantissimi lavoratori interessati.❞ vo, per il sindacato dei trasporti è necessario sviluppare, insieme al lavoro sindacale, le alleanze con i cittadini che chiedono qualità dei servizi senza trovarli e che sono certamente dalla stessa parte del lavoro, in una fase nella quale la domanda di trasporto collettivo è destinata a crescere in conseguenza della crisi. Sul trasporto regionale e locale queste occasioni d’iniziative comuni devono essere promosse a tutti i livelli, con la certezza di costruire un’alleanza positiva basata su interessi convergenti, considerato il valore sociale del trasporto collettivo.❞ ✎ Siamo impegnati nella stagione dei rinnovi contrattuali con piattaforme già presentate (mobilità, trasporto aereo terra) e da presentare (merci) che tentano di unificare interi settori. Di fatto, i lavoratori dei trasporti saranno impegnati, in contemporanea, nella più complessa e articolata vertenza contrattuale mai avvenuta nel settore. T E M P O ❝I trasporti sono interessati da una fase 8 contrattuale straordinaria, in una situazione economica sempre più difficile anche per la preesistente situazione di crisi delle grandi aziende e d’interi comparti del settore. Sono aperte le grandi vertenze contrattuali: il contratto del trasporto aereo terra, dei porti, del trasporto merci, fino al recente avvio del nuovo contratto della mobilità. Avanzano, tra grandi difficoltà, gli obiettivi di unificazione contrattuale, le piattaforme presentate e quelle in fase di avvio fanno i conti con la realtà che si annuncia difficile nei prossimi mesi. Pesa anche l’incertezza sull’esito del confronto confederale sul sistema contrattuale che, in qualche occasione, le controparti usano per differire i tempi del negoziato. ✎ Pur se i trasporti sono identificati con le grandi imprese pubbliche ed i suoi lavoratori, nella realtà un terzo degli iscritti alla Filt e in Lombardia un numero ancora maggiore, operano nel settore merci, soggetto alla più estesa frammentazione e a forme sempre più evidenti di irregolarità, se non lavoro nero. Non ritieni che questo mondo avrebbe bisogno di un’analisi più attenta, ad ogni livello, da parte della nostra organizzazione? ❝In occasione della recente conferenza di organizzazione in molte regioni, e con particolare evidenza in Lombardia, il tema del lavoro diffuso, precario e delle zone di confine con il lavoro nero e con lo sfruttamento del lavoro dei cittadini stranieri è stato oggetto di attenta analisi e di concrete azioni sindacali in condizioni di straordinaria difficoltà. La realtà che emerge in molti casi è veramente insopportabile: non sono solo i contratti a non essere rispettati togliendo diritti fondamentali, spesso le denunce dei lavoratori riguardano vere e proprie violazioni di legge. Abbiamo lavorato in questi mesi, a tutti i livelli, per migliorare e meglio organizzare la risposta sindacale e la nostra iniziativa, a partire dal centro nazionale. I contratti nazionali, la lotta per la loro applicazione insieme alle clausole sociali sono la prima e principale iniziativa. Insieme a questo c’è molto lavoro da fare e riguarda, prima di tutto, la conoscenza delle situazioni produttive che sfuggono alla presenza sindacale e la difficile azione di organizzazione del sindacato in queste realtà molto ostili. Su questo problema lo sforzo politico e organizzativo, non solo in termini di risorse impegnate, riguarda tutti i livelli dell’organizzazione, perché si tratta di rendere disponibili le tutele fondamentali a molti lavoratori che, senza l’azione del sindacato, non troverebbero nessuno dalla loro parte.❞ nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 9 Tempo presente il mio Vittorio Foa “quando si enunciano i diritti di libertà, non se ne dovrebbe parlare in prima persona, bisognerebbe parlare dei diritti di tutti: associando ai diritti un valore collettivo noi possiamo dare loro un senso più alto” V. F. “la libertà è al principio e alla fine di ogni processo di cambiamento. Al principio come presupposto della capacità dell’individuo di progettare; alla fine per garantire l’autonomia individuale e collettiva e farla fiorire” V. F. di Nino Cortorillo Perché negli ultimi anni molti, nella sinistra e nel sindacato, chiedevamo a Vittorio Foa di dare la sua opinione, di interpretare, di sciogliere i nodi di quanto avveniva nel paese, di dare un senso a fatti e trasformazioni che sfuggono ad una chiara e lineare spiegazione? E perché proprio a lui, ormai distante da decenni per scelta e per età dalla politica attiva, e non ai tanti uomini e donne della politica come mestiere che dovrebbero, proprio perché perennemente al centro di dibattiti e confronti, in viaggio continuo per l’Italia e tutte le sue città, con ben altro vigore fisico, capaci di disporre di studi e ricerche su ogni argomento e in ogni momento? Perché, quindi, un uomo che ha attraversato la storia della sinistra, senza esser mai stato comunista, è diventato alla fine della sua vita un riferimento, non per una parte, ma penso per le molte parti che hanno composto o scomposto la sinistra e, addirittura, una sorta di oracolo per molti di noi, ben aldilà della nostra collocazione individuale? A queste domande non so rispondere per gli altri, ma le uso come una chiave per dare una mia risposta, molto parziale e molto soggettiva, anche laddove si tratta di riportare fatti e avvenimenti ormai parte della storia e quindi in teoria razionalizzati. Foa ha attraversato la storia del novecento. Ne è stato parte ed anche protagonista. L’ha attraversata non come un uomo ad un’unica dimensione, ma con la capacità, o forse diversa incapacità, di ridurre la complessità della vita ad un’unica angolazione e lettura. Non ha mantenuto sempre la stessa opinione, è stato contraddittorio, ha riletto proprie decisioni e pensieri riconoscendo limiti ed errori, ma non ha, però, avuto il vizio di ripulirsi dagli sbagli del passato, incolpando altri o trasformandosi nel censore della storia. Come gli apostati, i credenti che cambiano chiesa o gli atei che divengono ferventi credenti. Diceva “il mondo è cambiato così in fretta che sarei uno strano tipo se non fossi cambiato anche io”. Certo ben pochi hanno avuto questo sguardo sulla storia del paese dagli anni venti sino ad oggi, tale da rileggerla e su ogni periodo essere in grado insieme di assumerne i fondamenti, ma anche di smitizzarla, di sottrarsi alle caricature. Roland Barthes dice che ci sono alcuni uomini, e donne, e usa il greco atopos, con il significato di inclassificabile, dotato di una originalità sempre imprevedibile, difficili da definire. Questa originalità, che non ha nulla a che vedere con l’eccentricità, o con la voglia di stupire o di dissacrare al solo fine di ridurre a parole prive di significato ogni discussione, mi sembra sia la sua capacità di non accettare religioni e interpretazioni già definite, in grado forse di fornire risposte, ma incapaci di dare all’azione umana e al suo pensiero un ruolo protagonista. Usa le parole, ma conosce il pericolo che risiede nella radicalità del linguaggio ed è contro una sua semplificazione. Foa è il risultato di una formazione che per fasi successive, ma certo anche 9 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 10 T E M P O P R E S E N T E Tempo presente 10 insieme e intrecciando e sovrapponendo ogni fase della sua vita, è data dall’essere di famiglia ebraica, ma non credente (il nonno era rabbino capo a Torino), antifascista attivo sin dagli anni ’30, incarcerato ed esiliato durante il fascismo, leader della resistenza, di Giustizia e Libertà e poi del Partito d’Azione, membro della Assemblea Costituente, parlamentare del Partito Socialista dal ’53, sindacalista della Cgil con Di Vittorio e segretario della Fiom, candidato nelle liste di Democrazia Proletaria nel 1976, docente universitario di storia, prima di ritirarsi dalla politica attiva e assumere attraverso i suoi libri quel ruolo autobiografico di sé e della nostra storia dove sono convinto risieda il suo lascito migliore. Libri che non ci danno sempre risposte, ma che allargando i suoi dubbi ci aiutano a trovarne di non scontate. Qualunque ruolo abbia assunto nella sua vita, nessuno lo ha visto rifugiarsi nel settarismo o nella certezza di aver trovato ogni risposta. Ogni sua decisione ha dentro la debolezza, o la grandezza, o meglio l’umanità, della propria realizzazione come essere umano, non separando le ragioni soggettive delle scelte dai contenuti delle scelte politiche esterne. Così, quando spiega perché è diventato antifascista, scrive che il fascismo era odioso, ma anche noioso e che la sua era anche una reazione contro una vita già segnata, contro anche un consenso di massa al fascismo che lo faceva sentire solo ed isolato. Il male non era esterno o solo nel fascismo, ma era parte della società. Questo mi ha ricordato un geniale aforisma di Giorgio Gaber che diceva non ho paura di Berlusconi in sé, ma di Berlusconi in me. Un bisogno, quindi, di autoaffermazione personale attraverso l’attività politica. Nel suo agire dentro il fascismo non usa mai il pessimismo che Gobetti rivolge al popolo italiano ed alla borghesia, giudicati spenti e incapaci di reagire. Tanto da, lui liberale, sperare che sia la classe operaia a fare quella rivoluzione liberale che non ha fatto la borghesia che, anzi, ha partecipato all’avvento del fascismo. In Foa il popolo non è mai malato, ma va risvegliato. Usa la ragione, le argomentazioni, ma non l’illuminismo un po’ snob di chi giudica la passività altrui, pretesto spesso della propria inanità. L’accompagnerà sempre questa sua fiducia nel cambiamento possibile, nell’uomo e nella sua volontà. Il suo eroe positivo è il principe Miskyn nell’Idiota di Dostoevskji, l’essere buono contro il male nella vita. E quando deve citare il libro più significativo della sua vita, parla di Guerra e Pace di Tolstoj. Poco politico per molti, ma che ci fa capire anche la sua ricerca ed i suoi riferimenti. Essere antifascisti negli anni ’30 significava sapere che il carcere ed il confino erano una possibilità molto concreta. Magari solo per aver pubblicato un articolo su una rivista. Di sé nel carcere dice “ avevamo l’intima certezza di essere gli unici uomini liberi in Italia” e a chi nel dopoguerra gli chiede di iscriversi all’associazione perseguitati dal fascismo risponde no, qui sì con un egocentrismo caustico e spiazzante, come molte sue risposte, perché “eravamo noi a perseguitare il fascismo”. Si considerava allora un post fascista e non solo un antifascista. Nel carcere prosegue il suo studio, la continua riflessione con gli uomini di Giustizia e Libertà e dalle sue lettere si possono capire i rapporti con la famiglia che mantiene il legame con l’esterno, ma anche con gli affetti con la vita quotidiana che si compie. Lontano da altri eroi risorgimentali nelle carceri che si lamentano della propria condizione e da tante agiogra- fie storiche. E così diverse le sue lettere da quelle di Gramsci che invece sono attraversate da solitudine, rancori, paure verso il partito. Eppure le lettere di Foa e di Gramsci dal carcere, insieme al Manifesto di Ventotene di Spinelli, restano tra gli scritti più importanti della sinistra italiana. Come se, da quel luogo chiuso e lontano, fosse possibile leggere e comprendere meglio che stando nella realtà. Come se la distanza sia la premessa a una riflessione più intima e vicina alle cose ed invece la prossimità lasci solo il frastuono e l’incapacità dell’ascolto e dell’approfondimento. Lo sorregge un’attesa positiva e non si sente mai uno sconfitto e, non a caso, usa l’incipit di Vico per dire, certo del carcere e del fascismo, ma forse di ogni situazione futura che ha vissuto, “paion traversie e sono opportunità”. La sua capacità di decifrare percorre la resistenza, liberato dal carcere nel 1943, e la fase costituente. Bisogna immaginare uomini e donne di credi politici ed ideologici così diversi e avversi, in un mondo che si spezzava tra ovest ed un est creato nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 11 Tempo presente sulle cartine geografiche, con letture della società opposte ed un’Italia poverissima, composta in prevalenza da analfabeti e contadini e ridotta a macerie. Eppure ne esce la Costituzione, scritta da uomini che sanno che, per non far ripiombare il paese in una democrazia limitata o nella guerra civile, serve avere valori fondanti riconosciuti da cattolici ed atei, da liberali, socialisti e comunisti. La scelta di entrare nel sindacato e nella Cgil è anche frutto della sconfitta delle sinistre e della dissoluzione del Partito d’Azione in cui militava. Di quegli anni resta il suo legame, più che per il politico, per l’uomo Di Vittorio che ha sempre giudicato il maestro più importante avuto. Amava il personaggio, la sua umanità, la capacità di immedesimarsi negli altri. In molte cose sembrava l’opposto. Uno della Torino colta e borghese, l’altro contadino che studia da solo la sera. Uno intellettuale e riflessivo, l’altro stratega e insieme istintivo e passionale. In realtà, due uomini di una sinistra non settaria e capace di cercare le risposte non nelle ideologie. Foa fa risiedere, infatti, nella libertà, nella possibilità delle persone di valorizzare se stessi anche attraverso il lavoro e di creare più giustizia e di avere opportunità, e non nella ideologia, nemmeno in quella classista e comunista, l’interpretazione del proprio agire. È nettamente contrario ad un’analisi che vede nelle ricorrenti crisi del capitalismo un preludio per un nuovo impoverimento di massa e per la sua caduta. Interpreta, invece, con ragione, ogni crisi come una dinamica di trasformazione economica e dei rapporti sociali e di produzione che porteranno ad un nuovo equilibrio. Proprio in questo passaggio è centrale l’azione del sindacato e il ruolo dell’azione dei lavoratori. Anzi, di fronte alla crisi sostiene che non ci si deve chiudere, ma bisogna allargare la partecipazione e il confronto. Vede trasfigurare nella sua vita due concetti a lui cari, quello di nazione in fascismo e quello di classe nei comunismi totalitari. Però, quando il comunismo cade nel 1989 e insieme si trascina la fine del PCI è lui, mai comunista, che si domanda del perché del silenzio dei comunisti. Del perché una storia che ha coinvolto un terzo degli italiani sia rimasta senza voce, come un lutto. Non vuole che rinasca, ma non capisce come sia stato possibile cancellare la passione e il sentimento di molti. Chiede agli ex comunisti che al silenzio segua la parola, unica via per comprendere. Ed è questo che, forse unito ad una grande presunzione della propria capacità di convincere l’altro, lo porta, fatto assolutamente raro, ad aver fiducia nei cambiamenti delle opinioni dei suoi avversari. Foa, a chi gli chiede se crede alla destra che non è più fascista, risponde che è contro una visione biologica della politica, che inchiodi le persone per sempre ad un’idea. E, invece di fare paragoni impropri tra Berlusconi e Mussolini, è capace di vedere gli effetti devastanti sulla società di una democrazia televisiva, dell’annullamento del significato delle parole, dello svuotamento della storia. Mi convince l’idea che il pericolo non si presenta mai con lo stesso volto. Potrei aggiungere che, se cambia la malattia, deve cambiare la medicina, ma se anche la malattia sembra simile ad un’altra forse è il malato che è cambiato, oppure dovremo servir- “per Vittorio la storia siamo davvero noi, un noi grande che accoglie infinite diversità di idee, di culture, di popoli. E da questo grande noi può scaturire ogni giorno l’impensabile, quello che chi legge il mondo solo attraverso i numeri, le statistiche, le macrograndezze economiche, non riesce nemmeno a immaginare.” Andrea Ranieri ci del progresso della scienza. Di fronte al vuoto della partecipazione, ai rischi possibili, a chi gli chiede conferma che si stiano perdendo i valori, lui reagisce e sostiene che di esempi le persone hanno bisogno. Esempi che valgono più di valori che, per quanto importanti, sono astratti e non possono essere riproposti. Direi che i valori sono freddi e gli esempi sono caldi. Affronta, a quasi cent’anni, il futuro come proiezione non meccanica del passato. Si interroga sempre su quanto avvenuto ed è pieno di curiosità su quello che sarebbe stato. Lo si vedeva parlare ed argomentare con lucidità, con la certezza che alla fine del discorso l’interlocutore sarebbe certo convinto, ma pure silenzioso nell’ascolto, attento a cogliere sfumature, per poi replicare riconoscendo nuove verità e proprie contraddizioni. È una fiducia illimitata nel dialogo e in se stesso. Quando ripensa al passato delle lotte e alla condizione operaia, a chi gli chiede qual è stata la conquista più importante, una volta dice il frigorifero e un’altra l’automobile. Ed è capace di rileggere la distanza tra quanto le persone sentivano come bisogni materiali immediati e quanto l’ideologia guardava ad altro. Uno dei suoi libri più belli e noti, Il cavallo e la torre, è tutto giocato sul titolo che presuppone una concezione non meccanica dei rapporti sociali, politici e tra le persone. A chi come un moto perpetuo, una ripetizione schematica che non richiede alcuna partecipazione attiva delle persone, propone la mossa della torre, sempre prevedibile, propone invece la mossa del cavallo, che richiede invenzione, capacità di spiazzare l’avversario. Io penso, però, che Foa pensasse alla mossa del cavallo anche come capacità di spiazzare la propria parte. In fondo, nella nostra scacchiera della politica e della vita della sinistra e del sindacato, lui ha interpretato, o scelto, l’imprevedibilità del cavallo. “Vittorio Foa, lo ha detto lui stesso, era un uomo che aveva nostalgia solo del futuro, e proprio per questo era così libero e nuovo nel riflettere sul passato e sul presente.” A. R. 11 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 12 Tempo presente “Il Libro Verde di Sacconi” Attenti all’imbroglio! ! T E M P O P R E S E N T E di Fulvia Colombini, Segretaria Cgil Lombardia 12 Il Libro Verde, dal suggestivo titolo “ La vita buona nella società attiva”, è stato pubblicato, il 25 luglio scorso, dal Ministero del Welfare che ha dichiarato di volerlo sottoporre a tre mesi di “ascolto” prima che il contenuto diventi “Libro Bianco” e quindi norma di legge. I tre mesi sono trascorsi, senza che le parti sociali siano state convocate per una prima discussione. Evidentemente, per il Governo, l’ascolto si concretizza nel fatto che, se qualcuno avesse eventualmente delle osservazioni da fare, può inviarle per posta senza sapere se saranno tenute in considerazione, esaminate, valutate, accolte o respinte. Il primo problema è quindi rappresentato dall’inesistenza di relazioni sindacali e di possibilità di confronto nel merito di contenuti tanto importanti perché prefigurano un cambio di modello per il sistema di welfare: la salute, l’assistenza, la previdenza, il lavoro. Dal punto di vista temporale, il Libro Verde si colloca nel contesto di alcuni provvedimenti già varati e altri che saranno approvati entro la fine dell’anno in corso, collegati alla legge finanziaria. La legge 133/2008, sulla quale la Cgil ha espresso un parere negativo, contiene le norme per la tassazione separata dei premi aziendali, anche erogati unilateralmente dal datore di lavoro e la detassazione del lavoro straordinario con un’eventuale loro estensione anche al lavoro pubblico. Sta per essere varata la riforma del processo del lavoro con pesantissime limitazioni al ruolo del giudice e l’inserimento di una regolamentazione molto estensiva sulla certificazione dei rapporti di lavoro, come misura alternativa al ricorso alla magistratura. La “controriforma della scuola” del Ministro Gelmini, già operativa per quanto riguarda il primo livello di istruzione, con il ritorno al maestro unico e l’abolizione del tempo pieno, la riforma del sistema universitario già delineata nei suoi contenuti che, oltre alla riduzione dei finanziamenti, inserisce la possibilità di privatizzazione Il Libro verde prefigura un sistema di welfare che da universalistico diventerebbe negoziale e dove il singolo dovrebbe cercare la soddisfazione ai propri bisogni rivolgendosi al mercato. La Cgil, invece, chiede di mettere al centro del sistema di welfare la persona, studiando risposte adeguate e flessibili ai bisogni e che tengano conto della mutata realtà sociale, ripristinando l’universalità dei diritti. degli atenei, sono punti di snodo del complessivo disegno delineato dal Libro Verde. I provvedimenti economici già assunti dal Governo prevedono inoltre, per il prossimo triennio, un taglio di 9 miliardi di Euro per il Servizio Sanitario Nazionale. Il Libro Verde si colloca al crocevia di una strategia complessiva, collegata anche al tema del Federalismo, che sarà trattato in Parlamento nei prossimi mesi: al centro del dibattito governativo sembra collocarsi in modo prevalente il tema dell’attribuzione delle imposte in ragione del principio leghista, per noi inaccettabile, che le imposte appartengono al territorio dove sono raccolte e che il potere legislativo autonomo delle Regioni debba essere aumentato a scapito sia dello Stato centrale sia delle altre autonomie locali, Province e Comuni. Entrando, invece, nel vivo dei contenuti del Libro possiamo affermare che alcune osservazioni preliminari e di principio sono condivisibili, come il riconoscimento della mancanza di una visione strategica d’insieme delle politiche sociali ed il richiamo alla necessità di integrare le politiche socio-assistenziali con quelle sanitarie e del lavoro, evitando il pericolo di frammentare i bisogni e le risposte, come pure la sottolineata necessità di tenere insieme sviluppo sociale, valorizzazione della persona e sviluppo economico. Ma a queste condivisibili premesse generali fa riscontro, in modo del tutto incoerente, la proposta che lo Stato si ritiri sempre più dalla tutela pubblica universale, a vantaggio di soluzioni diversificate nel territorio ad opera dell’azione “complice” delle parti sociali, attraverso la contrattazione del welfare e la diffusione della cogestione dei servizi sia riguardanti il lavoro, sia sociali, assistenziali e sanitari. Sono enfatizzate tutte le difficoltà economiche e organizzative dei diversi comparti del welfare italiano (lavoro, sanità, assistenza, previdenza, salute e nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 13 Tempo presente sicurezza nel lavoro) per spingere verso il risultato sopra descritto. Si indica la privatizzazione di tutti i servizi come la modalità più indicata per guadagnare efficienza e ridurre i costi di gestione, collegata alla campagna contro “i fannulloni” rivolta al pubblico impiego. Le grosse incongruità presenti nel mondo del lavoro come il lavoro nero, il lavoro grigio, l’evasione fiscale e contributiva sono fatte risalire ad un eccesso di vincoli in generale, ma soprattutto verso l’impresa, che deve essere alleggerita di obblighi e regole, valorizzando invece, come risolutore di tutti i problemi, il metodo della bilateralità tra Associazioni imprenditoriali e Organizzazioni sindacali per tutta una nuova gamma di compiti che vanno da intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, certificazione dei rapporti di lavoro, validazione della congruità contributiva, a formazione, politiche attive del lavoro, gestione bilaterale degli ammortizzatori sociali. Quindi, eliminazione delle norme obbligatorie e delle sanzioni conseguenti, in caso di inadempienza, in cambio di una promessa di cogestione dei processi tra sindacati e aziende. Anche i casi di crisi aziendale e i flussi economici in ribasso o in rialzo dovrebbero essere gestiti in modo bilaterale attraverso gli ammortizzatori sociali. L’idea contenuta nel testo è quella di un sindacato che cambia la natura del suo operato e le modalità della propria rappresentanza. Nel testo sono contenute analisi tese a dimostrare l’insostenibilità della spesa pubblica nella sanità, per la quale si prevede addirittura, entro il 2050, un raddoppio di spesa in rapporto al Pil. Risulta evidente che questa drammatizzazione mira a ridurre il finanziamento pubblico e a dare nuovo impulso a fondi integrativi e assicurazioni sia in materia sanitaria che previdenziale, facendole diventare le materie principali della contrattazione nazionale o aziendale. Anche in questo contesto entrerebbe in gioco la bilateralità per la gestione di detti fondi. Per quanto riguarda le pensioni si afferma che anche i recenti interventi legislativi non sarebbero in grado di stabilizzare la spesa nel tempo e quindi è messo in discussione il principio, ottenuto con il Governo Prodi, che tutte le nuove pensioni di coloro che oggi sono giovani e hanno contratti flessibili, precari o discontinui non potranno essere inferiori al 60%. Si prefigura che le parti sociali diano vita ad un sistema di relazioni fondato sulla “complicità tra capitale e lavoro” superando l’antagonismo originario e scoprendo i vantaggi della partecipazione azionaria dei lavoratori nella propria impresa. Si prefigura un sistema di welfare che da universalistico diventerebbe negoziale e dove il singolo dovrebbe cercare la soddisfazione ai propri bisogni rivolgendosi al mercato e valutando anche le possibilità offerte dalla propria famiglia. Il ruolo delle donne, che in questi anni sono entrate in massa nel mercato del lavoro, tornerebbe ad essere principalmente legato ai bisogni di cura. Le donne sarebbero compensate magari attraverso voucher o buoni sociali. In Lombardia conosciamo bene questo tipo di politica, per esempio nella sanità, che nel tempo ha aumentato i costi senza che sia migliorato il livello di salute della popolazione e il grado di efficienza dei servizi. La nostra richiesta di mettere al centro del sistema di welfare la persona, studiando risposte adeguate e flessibili ai bisogni e che tengano conto della mutata realtà sociale, è stravolta indirizzando il cittadino verso una risposta privatistica a discapito dell’universalità del diritto. In linea con quanto sopra esposto, nel Libro Verde scompare qualsiasi riferimento sul Fondo Nazionale della nonautosufficienza che il Governo precedente aveva introdotto e cominciato a finanziare. Stessa sorte tocca alla legge 328/2000 (legge Turco) sulle tutele sociali e sull’assistenza. Si attendeva dal Governo il varo dei Liveas (livelli essenziali di assistenza sociali), che avrebbero delineato il quadro dei diritti sociali esigibili da ogni cittadino e, invece, si procede esattamente all’inverso, facendo diventare tutti i diritti di cittadinanza, sociali, del lavoro incerti e non più universali. Oggi ci confrontiamo con un nuovo problema che sta diventando, di giorno in giorno, sempre più drammatico: la crisi economica che si sta trasformando in recessione produttiva, in blocco generale dei consumi e perdita di posti di lavoro. Il ricorso agli ammortizzatori sociali sta aumentando in misura esponenziale e, alla luce di tutto ciò, le proposte contenute nel libro Verde diventano ancor più inadeguate e inaccettabili. La Cgil ha presentato la sua piattaforma di richieste contro la crisi, a sostegno dell’occupazione, dei redditi da lavoro e da pensione dichiarando uno sciopero generale per il 12 dicembre prossimo. Oggi è il momento di essere uniti, di partecipare alle lotte anche per scongiurare riforme che hanno il solo scopo di eliminare tutele, ridurre diritti e abbassare le regole democratiche del nostro paese. 13 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 14 Tempo presente Patto per la riforma del TPL in Lombardia di Oriella Savoldi, Segretaria Cgil Lombardia T E M P O P R E S E N T E L’avvio di una riforma condivisa, che risponda in modo adeguato ed efficace alle esigenze di mobilità dei cittadini, necessita di maggiori risorse per migliorare la puntualità e aumentare i passeggeri. 14 La firma sindacale del Patto per la riforma del Trasporto Pubblico Locale dell’11 Novembre 2008 chiede una riflessione che vada oltre il giudizio, in sintesi positivo, che l’ha determinata. Provo a formularla in ascolto della mia esperienza, quella di una donna, sindacalista che è arrivata a un Tavolo di confronto solo nella fase finale. Intanto è bene sapere che il Patto sarà alla base del processo di riscrittura della legge regionale attualmente in vigore (LEGGE 22/98) e che è il risultato della negoziazione - fin dove è stata possibile - tra i diversi interessi, anche contrapposti, dei protagonisti che hanno partecipato al tavolo di confronto: Regione, Province, Comuni, Associazioni dei consumatori, Associazioni dei pendolari e Organizzazioni sindacali di categoria e confederali. Segna una tappa che ha registrato alcune novità di comportamento e che chiederà attenzione a quelle che si determineranno per realizzare quanto in esso è stato condiviso per migliorare il servizio pubblico di trasporto. La novità è la stessa apertura di un tavolo allargato di confronto da parte della Regione Lombardia; una novità fortemente sollecitata sin dall’inizio dalle OO.SS., orientate a superare la pratica di incontri bilaterali fra la Regione e i diversi soggetti interessati, dei quali erano restituiti riassunti in cui troppo restava non detto, molto lasciato nell’ambiguità o al gioco di chi era intenzionato a scaricare responsabilità. Si è trattato, dunque, di un confronto più trasparente, molto faticoso, che non ha escluso, fra le quinte, incontri e contatti soprattutto là dove si è trattato di ricercare mediazioni. Ha obbligato all’ascolto paziente di tutti i partecipanti e ha lasciato senza velo protagonismi, forzature, rendite di posizione, difficoltà a costruire alleanze. Evidente è stato il rischio, sempre presente, che andasse smarrito l’orizzonte di miglioramento che il confronto si proponeva e, al contempo, quello che i costi maggiori necessari per realizzarlo fossero scaricati sulle spalle di pendolari, lavoratori, utenti e cittadini, uomini e donne che fruiscono del servizio e che già contribuiscono a sostenerlo. Rischi, il cui contrasto, ad onor del vero, ha impegnato fino all’ultimo la Cgil e la sua categoria. Questo percorso andrebbe valutato in modo più approfondito di quanto io possa qui affrontare, per coglierne limiti e possibilità. La circolarità del confronto, infatti, se da una parte ha evitato l’indifferenza spesso riservata alle posizioni sindacali da parte della Regione, o “scontri bilaterali”, dall’altra non ci ha risparmiato forzature e sicuramente ha offerto un’ampia platea ad una Giunta Regionale che, pur favorendo il confronto durato più di un anno, non ha mai rinunciato ad esercitare tutto il suo potere, compreso quello basato sulla minaccia di chiudere la borsa lasciando senza trasferimenti enti locali e imprese. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 15 Tempo presente COSA PREVEDE IL PATTO Nella prima sezione, decide la distribuzione delle risorse statali e regionali destinate al TPL e alla riforma, cifre imponenti, da capogiro, ma che restano insufficienti: 88 milioni di corrispettivi statali aggiuntivi per il 2008, 17 milioni di corrispettivi regionali destinati a Province e Comuni capoluogo per compensare la quota IVA sugli stessi, per la copertura di nuovi servizi aggiuntivi e per le sanatorie di contenziosi tra gli enti e le aziende di gestione, più una quantità determinata in misura pari al tasso relativo al patto di stabilità previsto dalle Leggi Finanziarie dello Stato, a titolo di adeguamento annuale. A queste risorse si aggiungono 118 milioni, dei quali 103 statali, destinati a finanziare l’ammodernamento del piano rotabile. Nella seconda sezione il Patto delinea gli aspetti della Riforma, dichiarata fin dall’inizio quale obiettivo principale. Essi sono stati costruiti nella comune convinzione che l’attuale sistema lombardo non funziona, mettendo a confronto sistemi di trasporto europei, ritenuti funzionanti. Sarebbe stato preferibile, invece, partire dall’analisi dettagliata dei nodi, degli intoppi, dei limiti del TPL esistente per indagarne l’origine, le responsabilità e per individuare i rimedi necessari e gli interventi utili a risolverli. L’indagine sull’esistente avrebbe permesso di cogliere che all’origine di tante disfunzioni c’è una mancata comunicazione e collaborazione fra enti “proprietari”, enti gestori e imprese che, in virtù della legittima autonomia decisionale, si muovono all’interno di una dinamica competitiva tutta schiacciata su potere e ripartizione di risorse, perdendo di vista le esigenze di buon funzionamento del servizio. Confrontare modelli può portare anche alla scelta del migliore, ma resta il fatto che disfare e rifare modelli è oneroso e, soprattutto, non mette al riparo dalla riproduzione di quel modo di operare e di quei rapporti che sono causa del cattivo funzionamento del sistema. Il modello di riforma delineato, tutto da realizzare nei suoi molteplici obiettivi, prevede la riduzione a 7 degli attuali 22 bacini, e la creazione di Agenzie, a totale controllo pubblico, composte dalle Province e dai Comuni capoluogo, cui parteciperà anche la Regione, che avranno compiti di programmazione, regolazione e controllo del servizio svolto dalle aziende cui questo sarà affidato. L’ipotesi di riferimento consiste nella ripartizione del territorio lombardo in 7 bacini: Bergamo; Brescia; Como-Varese; Cremona-Mantova; Milano-Monza; Lecco-Sondrio; Lodi-Pavia. Fra i risultati importanti, realizzati nel Patto grazie alla tenuta sindacale che ci ha contraddistinti, c’è l’impegno per le Agenzie ad una consultazione preventiva degli utenti e delle organizzazioni sindacali su temi quali i contenuti dei contratti di servizio, sulla programmazione dei servizi e sulle tariffe. Altro risultato, che costituisce un vero avanzamento nella civiltà dei rapporti a questo livello è l’introduzione della clausola sociale già nei bandi di gara per l’affidamento del servizio, che impegna le imprese che subentreranno al mantenimento dei livelli occupazionali e all’applicazione del CCNL e degli integrativi. Quanto alle politiche tariffarie, campo sensibile per le ricadute sui redditi dei lavoratori pendolari e degli utenti, ci siamo impegnati per salvare un ambito negoziale in materia di adeguamenti annuali, invece degli automatismi che al tavolo, su proposta dell’assessorato, trovavano ampio apprezzamento. In particolare, per l’anno 2009, abbiamo ridimensionato le attese della Regione di un aumento straordinario del 10%, riducendolo ad una quantità intorno al 5%, quale risultato della sommatoria dello 0,75% del tasso di inflazione, già stabilito dalla legge regionale vigente e di ulteriori punti percentuali, ma legati ad obiettivi di miglioramento concreto del servizio. Sugli obiettivi non nascondo di aver espresso perplessità, in particolare per quello che prevede, cosa paradossale, l’aumento delle tariffe in caso di miglioramento della puntualità dei treni. Risultato rilevante e positivo è l’aver subordinato l’applicazione della percentuale di aumento che si determinerà per il 2009 ad una valutazione dell’impatto sociale della crisi generale in atto. Per concludere, posso tranquillamente affermare che ha pagato l’aver puntato con pazienza e determinazione ad obiettivi di rispetto e garanzie concrete per coloro che fanno riferimento a noi, ed alla costruzione di spazi negoziali anche per il futuro. Abbiamo sancito la via della negoziazione, invece di meccanismi che si sarebbero rivelati dannosi per i lavoratori dipendenti dei servizi di trasporto e per gli utenti pendolari. Abbiamo definito un argine di difesa e di possibilità, rispetto ad indirizzi legislativi destinati ad orientare i comportamenti in un campo pieno di interessi diversi e spesso contrapposti, nel quale stare in un rapporto di fiducia è davvero problematico. Questo è tanto più vero in un tempo nel quale far funzionare bene le cose pubbliche sembra un obiettivo più sbandierato che realmente perseguito e troppe situazioni di difficoltà cadono nell’indifferenza. Le partite restano aperte e sono chiaramente collegate alle politiche nazionali di redistribuzione della ricchezza e di tutela dei redditi, in una fase di crisi acuta e di maggiore sofferenza per chi vive del proprio lavoro: condizioni mai perse di vista nel discutere e nel firmare, garantendoci spazi che vanno ben oltre le molte dichiarazioni apparse sui quotidiani. Per leggere il testo del Patto: www.filt.lombardia.it PRINCIPALI OBIETTIVI DELLA RIFORMA: ✔ l’incremento del numero dei passeggeri trasportati entro il 2015 di almeno il 30% in area urbana e almeno il 20% a livello regionale; ✔ lo sviluppo di nuovi servizi di TPL e l’incremento dell’offerta di treni km del 20%; ✔ il miglioramento della puntualità del servizio ferroviario regionale di almeno il 3% entro il 2010 e del 5% entro il 2015; ✔ il miglioramento della velocità commerciale dei mezzi su gomma del 10% entro il 2011; ✔ la riduzione dell’indice di soppressione del servizio del 50% entro il 2011 e del 90% entro il 2015; ✔ la riduzione dell’età media del parco mezzi (treno/gomma) di almeno il 20% entro il 2011 e del 40% entro il 2015; ✔ l’integrazione tariffaria sull’intera regione (unico titolo di viaggio per tutti i vettori, utilizzabile sia su gomma che su ferro) prevedendo di realizzarla entro il 2009 nell’area milanese servita dalle linee S ed entro il 2010 in tutta la regione; ✔ l’istituzione, entro il 2010, di un sistema di tariffe differenziate e incentivanti per utenti svantaggiati, ragazzi, studenti, anziani, gruppi familiari e per fasce orarie di utilizzo; ✔ la sperimentazione, entro il 2010, di nuove forme innovative di bigliettazione e di miglioramento del servizio informativo che incentivino la mobilità e l’utilizzo del TPL. 15 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 16 Tempo presente Per il Gruppo FS una missioned’interesse generale T E M P O P R E S E N T E di Alessandro Rocchi, Segretario Nazionale Filt-Cgil 16 Il confronto avviato con il Gruppo FS, il 2 settembre scorso, è giunto ad un bivio e si colloca in un quadro in cui la crisi finanziaria, commerciale, industriale e produttiva nella quale versa da tempo FS è soggetta a più variabili ed esposta a possibili diversi esiti. Per la Filt-Cgil l’accordo va fatto presto, ritardarlo ulteriormente è un errore. Accordo presto, perché… Azienda “integrata” e unitarietà di Gruppo. Qualsiasi ipotesi di prospettiva di FS, come azienda “integrata” e Gruppo unitario, passa attraverso le decisioni che Governo e Parlamento assumeranno sulla “missione” di interesse generale per il Paese assegnata all’impresa pubblica di trasporto ferroviario e sulla capacità reale dell’azienda di assolvere a tale “missione”. Certo, non sarà questo accordo a dare risposte visto che, invece, è l’attuale impostazione della manovra di finanza pubblica predisposta dal Governo a negarle. Fare l’accordo, però, potrà privare il dibattito su questi temi di possibili strumentalizzazioni. Attività industriali e livelli occupazionali. Nell’azienda “integrata” appena descritta la manutenzione dell’infrastruttura e dei rotabili rappresenta il “cuore” delle attività industriali. Anche in queste settimane, invece, procede la progressiva contrazione delle attività manutentive svolte direttamente da FS. Per questo, occorre un intervento urgente e coerente sui livelli occupazio- nali, sulle nuove competenze professionali e sui nuovi modelli organizzativi degli interventi. Innovazione tecnologica, sicurezza dell’esercizio, organizzazione del lavoro. Il sistema ferroviario italiano è prossimo ad una vera e propria “metamorfosi” tecnologica. Questo processo è spesso descritto da FS e dagli organi di informazione con toni “propagandistici”, trascurando la necessaria attenzione che, su questi temi, va dedicata al lavoro. Attenzione per la qualità e la quantità della prestazione lavorativa, per i contenuti professionali, per i modelli organizzativi dei cicli produttivi e di esercizio, per la sicurezza del lavoro, per un’evoluzione dei regolamenti di esercizio che, oltre alla tecnologia disponibile, risulti coerente con le concrete condizioni di intervento del fattore umano, allo scopo di garantire alla circolazione ferroviaria elevati standard di sicurezza. Anche in questo caso, l’accordo definibile in questa fase non darebbe soluzione ai problemi aperti, ma risulterebbe assai utile per evitare soluzioni che, nella migliore delle ipotesi, domani potrebbero essere intempestive. La crisi delle relazioni sindacali. La crisi è dimostrata da più elementi: scarsa efficacia delle relazioni sindacali nazionali; sostanziale svuotamento di quelle di livello decentrato; cronica conflittualità territoriale che produce risultati negoziali inadeguati. La Filt-Cgil ritiene che occorre verificare le possibilità di ripristinare condizioni relazionali minimamente efficaci e, in prospettiva, individuare correttivi ed adeguamenti per il modello relazionale aziendale. In questo senso, l’accordo, rappresenterebbe un utile segnale positivo e un banco di prova importante. Il punto sul negoziato A partire dal 2 settembre, si è sviluppato il negoziato per la definizione di un accordo su: manutenzione rotabili e infrastrutture; riassetto organizzativo RFI; equipaggio treno; navigazione; organizzazione manovra di RFI; assistenza e vendita. Vediamolo in sintesi. Manutenzione Rotabili. Attualmente risulta esternalizzato il 34% circa del totale delle lavorazioni programmate. Al momento, si lavora intorno ad un’ipotesi che, entro il 2009, dovrebbe riportare nel perimetro di Trenitalia almeno un 8% di ore lavorate, a particolare contenuto professionale, su tecnologie avanzate e su mezzi in scadenza di garanzia. In tale ambito, inoltre, s’ipotizza la progressiva “traslazione” dal 2° al 1° livello di una serie di attività (quasi 140 mila ore) rientranti nel cosiddetto “progetto di manutenzione per moduli”. Se realizzata, tale ipotesi: attesterebbe intorno al 26% le attività manutentive esternalizzate (su valori, cioè, analoghi a quelli del 2004); riporterebbe nel perimetro FS la quasi totalità delle lavorazioni “pregiate” e di quelle su tecnologie innovative; produrrebbe un apporto occupazionale netto di almeno 700 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 17 Tempo presente unità lavorative “dirette” in più di quelle impiegate oggi. Riorganizzazione RFI. Allo stato del confronto, si ipotizzala un’unica Direzione Compartimentale ubicata in ognuna delle attuali 15 sedi e 13 COER, localizzati a Torino, Milano, Genova, Venezia, Verona, Bologna, Pisa, Firenze, Roma, Napoli, Reggio C., Bari, Palermo. Nella nuova Direzione Compar timentale confluirebbero le attuali attività della D.C. Infrastruttura e quelle dell’attuale D.C. Movimento che non transiterebbero nel COER, compresi quindi le Unità Territoriali e i Reparti territoriali movimento. I COER, invece, sarebbero posti in linea direttamente con la sede centrale. Questo macro-modello organizzativo sarebbe successivamente oggetto di un’ulteriore fase di confronto per definire la riarticolazione delle nuove Direzioni Compartimentali. Tuttora aperta è, infine, la definizione di COER anche per la sede di Cagliari. Manutenzione Infrastrutture. Allo stato del confronto, si è delineata un’ipotesi che rinvierebbe ad una fase immediatamente successiva l’esame analitico delle azioni necessarie per incrementare la capacità manutentiva direttamente realizzata da RFI. Intanto, però, l’azienda ha prospettato uno sviluppo degli investimenti, con l’acquisto di macchine operatrici per cantieri meccanizzati e, quindi, la reinternalizzazione di quote di attività nel rinnovo deviatoi, nella sostituzione rotaie, nel livellamento sede e nella sostituzione linea di contatto, i cui livelli di esternalizzazione sono oggi attestati, rispettivamente, al 65%, al 79%, al 55% e al 27%. Un percorso così delineato richiede, però, adeguati apporti di organico da immettere in ogni caso. Su questo punto, le distanze sono tuttora significative, perchè FS quantifica tali primi apporti in sole 350 unità (di cui 240 per la rete tradizionale e 110 per l’attivazione della nuova linea Milano-Bologna). Equipaggio treno. La prolungata ricognizione svolta a partire da inizio settembre – seguita a quella già tenutasi tra il febbraio e l’aprile scorsi - ha consentito di approfondire ed integrare i termini del problema. La Filt-Cgil ritiene che, dal confronto fin qui svolto, sia confermata la necessità di seguire con grande attenzione gli sviluppi che le implementazioni tecnologiche in atto produrranno nel prossimo futuro. Al contempo, però, la Filt-Cgil ritiene anche che le due fasi di confronto finora sviluppate abbiano reso disponibili elementi di conoscenza sufficienti per la definizione di una prima fase operativa di concreta verifica in esercizio delle nuove tecnologie e della relativa regolamentazione di esercizio. In tal senso, il confronto può proseguire per esaminare le condizioni operative e di utilizzazione del modulo di condotta ad “agente solo” su un limitato numero di treni della Divisione Passeggeri Regionale, da individuare, anche attraverso una verifica congiunta territoriale, tra quelli già attualmente effettuati con modulo di equipaggio ad “agente unico”, su linee e mezzi forniti delle dotazioni tecnologiche richieste, mentre i servizi interessati potrebbero restare collocati nei normali turni di lavoro di Personale di macchina e Personale di bordo. Tale prima fase operativa – da monitorare costantemente attraverso apposite sedi miste di verifica, sia territoriali che nazionale, in primo luogo incaricate di seguire le condizioni di affidabilità delle tecnologie impiegate - andrebbe attivata a norme contrattuali (sia di settore che aziendali) costanti ed avendo un arco temporale definito in qualche mese, per confluire successivamente, accertatene le risultanze, nel nuovo quadro normativo definibile in occasione della trattativa contrattuale di settore ed aziendale. Navigazione. E’ stata conseguita un’attestazione condivisa su diversi punti oggetto del negoziato, ma permangono notevoli distanze sulla prospettiva dei collegamenti con la Sardegna. Manovra. Le principali questioni organizzative sulle attività di manovra transitate in RFI ad inizio 2008 sono sostanzialmente definite. Si tratta della collocazione, nella DCM, delle modalità organizzative di gestione delle locomotive e del mantenimento delle competenze dei guidatori, attraverso l’implementazione del SAMAC presso la Direzione Movimento. Per quanto finora ipotizzato, sarebbero invece affidate ad una fase successiva di confronto due questioni. La prima, riguarda le gare sulle attività di manovra di cui si prevede il mantenimento dell’esternalizzazione, dopo la proproga a giugno 2009, decisa da RFI, degli affidamenti “ereditati” da Trenitalia. Inoltre, su questo aspetto, da parte sindacale è stata ribadita la richiesta di inserire nei bandi una clausola di tutela occupazionale ed un’altra che imponga l’applicazione del CCNL delle Attività Ferroviarie. La seconda questione, invece, riguarda una serie di aspetti di “confine” tra RFI e Trenitalia, nell’intorno dei quali quest’ultima sta aumentando le esternalizzazioni. Vendita e Assistenza. Tra gli argomenti oggetto del confronto risulta essere quello dove maggiori rimangono le distanze tra le parti. Le modifiche apportate da Divisione Passeggeri Nazionale Internazionale all’originario progetto di inizio 2008 sono solo parzialmente positive e permangono troppe incertezze sulla prospettiva del settore. Divisione Passeggeri Regionale, invece, è sostanzialmente “prigioniera” dei “Cataloghi” presentati alle Regioni, per cui si è a tutt’oggi in una situazione di stallo a causa della mancata risposta, da parte delle amministrazioni regionali, alle condizioni proposte dal Catalogo. In sintesi, diversi sono i ritardi e le difficoltà, mentre per DPR, in particolare, si conferma una totale assenza di strategia. 17 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 18 Tempo presente T E M P O P R E S E N T E Alitalia - CAI, ora ricostruire 18 di Mauro Rossi, Segretario Nazionale Filt-Cgil Con le intese di Palazzo Chigi di settembre, con gli accordi del 31 ottobre e del 14 novembre, con l’ok dell’Europa e con la decisione del governo di autorizzarne la vendita, si è finalmente chiusa una fase della durissima vicenda Alitalia; ora se ne apre una nuova. Ci siamo lasciati alle spalle gli “ultimatum” ed il diabolico countdown verso il fallimento della più importante azienda di trasporto aereo della storia del nostro Paese. Si è cosi scongiurato l’esteso dramma sociale rappresentato dalla chiusura per fallimento di Alitalia con la conseguente drammatica crisi occupazionale che si sarebbe abbattuta sull’intera industria del Trasporto Aereo. Si sono fatti i conti con uno scenario orribile, nelle peggiori condizioni, le più anomale mai vissute nel settore, con l’ansia di migliaia di lavoratrici e lavoratori e con il pesante senso di responsabilità di chi doveva necessariamente fare tutto il possibile per evitare il disastro che è stato davvero sfiorato. Si è riusciti a salvare una parte importante del perimetro delle attività svolte dall’azienda fallita, ad avere una strumentazione di sostegno al reddito di sette anni, unica nel paese, a mantenere viva la speranza di moltissimi precari che per primi hanno pagato la crisi e rischiato di venir esclusi per sempre. Si è, inoltre, resistito ad un’onda anomala che si poneva l’obiettivo di spazzare via per sempre diritti, tutele e addirittura il modello tradizionale di relazioni tra sindacato e impresa. Non può essere sfuggito il legame stretto tra la controriforma della contrattazione di idea governativa e gli atti messi in campo nella vicenda Alitalia - Cai. Una vertenza molto dolorosa che ha determinato la necessità di gestire comunque un elevato numero di esuberi e gli effetti negativi sull’indotto che, per di più, ha sofferto anche il blocco dei pagamenti da parte della gestione dell’amministrazione straordinaria del Commissario. Ci vorrà molto tempo per uscire da ciò che il fallimento di Alitalia ha comportato nel settore. Usciamo comunque da una fase in cui abbiamo dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato il bisogno, la capacità di saper gestire questioni delicatissime con serietà e competenza riconosciute, con un livello di coinvolgimento e consenso di tutto rispetto, un valore proprio della nostra Organizzazione, delle tante compagne e compagni su tutto il territorio nazionale che hanno saputo fornire un contributo determinante. Ci siamo riusciti malgrado tutto, con atti concreti, alla luce del sole, con la forza delle nostre posizioni che molti nel paese hanno tentato in modo reiterato di strumentalizzare con l’obiettivo, purtroppo sempre più vivo, di isolare la nostra organizzazione. L’accordo di chiusura delle procedure permetterà di garantire ai lavoratori interessati un periodo di quattro anni di cigs e tre di mobilità con un reddito, grazie al fondo speciale di sostegno del trasporto aereo, pari all’80%. A seguire, con i tempi tecnici necessari e con stretto riferimento alla data di partenza delle operazioni targate nuova Alitalia, prevista per il 1 dicembre e poi slittata al 12 dicembre, si avvieranno le assunzioni, inizialmente pari ad un numero minimo di 10150 lavoratrici e lavoratori ex alitalia (alitalia, alitalia express, volare, air europe), un numero che sale ai 12639 comprendendo gli organici in capo ad Airone, secondo i criteri previsti dagli accordi. Questo numero di “assunti” è destinato a salire con il passare nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 19 Tempo presente delle settimane e nel prosieguo delle attività, in virtù delle scadenze dei contratti a termine di Airone; della differenza oggettiva che separa la programmazione teorica delle attività e lo svolgimento pratico delle stesse, considerando il reale rapporto che esiste tra attività svolte e numero di addetti necessari. Inoltre, le assunzioni dovranno essere sottoscritte inizialmente tutte a tempo pieno per una previsione di legge relativa agli sgravi contributivi. In seguito, la normale dinamica che vede incontrarsi le reciproche esigenze del singolo lavoratore e dell’azienda circa la trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part time tornerà ad essere tradizionale, “liberando” nuovo spazio per addetti da recuperare dal bacino della cigs. Inoltre, Airone in queste ore dovrebbe passare di proprietà dal Gruppo Toto a CAI. Solo dopo tale passaggio sarà possibile verificare tempi e modalità dell’integrazione e capire se mai ci sarà completamente, visto che si deve dare per scontato fin da ora un periodo in cui le due aziende della stessa proprietà proseguiranno un cammino parallelo seppur con una stessa regia. Si apre ora una nuova fase, ora è il tempo di ricostruire un’azienda capace di competere e crescere. Un’azienda “normale” che sappia cogliere le opportunità e accrescere le proprie quote di mercato. Un’azienda capace di generare redditività e, dal nostro punto di vista, ridistribuire ricchezza. Sarà molto importante per noi la garanzia di una precondizione: la lenta e paziente ricostruzione del rapporto positivo con i clienti, da un lato e con lavoratrici, lavoratori ed Organizzazioni Sindacali che li rappresentano, dall’altro. La nuova Alitalia non potrà fare a meno di loro: il cliente esterno (il passeggero) e quello interno (il lavoratore) sono in egual misura i riferimenti primari. Curare con la necessaria attenzione le lacerazioni degli ultimi mesi su entrambi i fronti, investire in questo lavoro di cura è il primo e più importante banco di prova cui è sottoposta la nuova realtà del trasporto aereo italiano. Se si vuole davvero vincere la sfida e dare prospettiva a quanti, purtroppo in cigs o precari, non saranno immediatamente inseriti nell’organico dipendenti della nuova alitalia, se si vuole perseguire l’obiettivo di tornare a contare su una grande Compagnia Aerea nazionale di riferimento per il Paese, non si può, non si deve, ricadere negli errori criminali del passato che hanno segnato la fine di Alitalia. Credo sia corretto iniziare da noi. Il rapporto tra azienda e sindacati dovrà essere davvero chiaro. Azzerare ogni rischio di collusione e cogestione tanto care ad un numeroso elenco di associazioni professionali partorite e cresciute dalla vecchia Alitalia che aveva appaltato loro la delega alla ”gestione del bisogno” dei lavoratori. Il modello delle relazioni industriali e sindacali dovrà essere maturo, concreto e dotato di strumenti che rendano efficace il confronto ed il perseguimento dei reciproci obiettivi che, in un’azienda sana, possono anche essere convergenti. Sia chiaro, il sindacato rappresenta interessi di parte: tutele e diritti del lavoro. Non deve avere smanie gestionali, ma prefiggersi il miglioramento delle condizioni di lavoro e l’accrescimento dei livelli occupazionali. Tutto ciò è reso più semplice in un’azienda sana, ancor più facile se chiude bilanci floridi. Il vertice aziendale deve comprendere, in tutta fretta, che la fase anomala che ha governato le relazioni ed inciso sul disequilibrio negoziale è definitivamente alle spalle. Sappia investire nelle relazioni e nei lavoratori. L’azienda, per avere e garantire un futuro, avrà da subito bisogno di una squadra manageriale all’altezza, dotata di specifiche competenze. Nella vecchia Alitalia, grazie alla politica, ciò era assente da anni. Non si deve sprecare tempo. La nuova Alitalia deve sapersi strutturare per gestire la complessa fase di avvio e rendere possibile la programmazione della fase di sviluppo delle attività. Sciogliere in tempi rapidissimi il nodo del partner industriale che renda possibile fruire da subito dei benefici derivanti dall’essere all’interno di un’alleanza globale. Lo si faccia guardando agli interessi dell’azienda, alla qualità di sinergia disponibile e, soprattutto, con chi possa favorire una crescita dimensionale compatibile che poggi sulla pari dignità industriale. La nuova Alitalia deve comprendere in fretta l’importanza di partecipare alla vita politica del settore entrando in un’associazione datoriale e contribuendo al superamento di una serie di errori commessi dai diversi segmenti di questa industria da sempre divisa ed in lotta, mai capace di costruire una posizione di sintesi tra gli interessi dei diversi protagonisti ridotti oggi, dopo aver colpevolmente impoverito il mercato, alla stentata sopravvivenza, se non in preda a crisi conclamate. La politica del paese ed il Governo nazionale hanno recitato un ruolo inadeguato nella storia di Alitalia. L’inadeguatezza è stata evidente fino agli ultimi giorni della compagnia di bandiera. Il Governo ha svolto un ruolo anomalo, platealmente di parte, nella gestione della procedura di acquisizione da parte di CAI. Dovrebbe essere impegnato, a differenza del passato, non nel “saccheggio” di Alitalia, ma nella definizione di politiche di sistema che guardino finalmente ad una realtà del trasporto aereo che ha raggiunto un livello maturo di liberalizzazione e che pone quindi l’esigenza di revisione delle regole, con esplicito riferimento al sistema aeroportuale, alle licenze, agli enti regolatori, alla tematica degli slot e della loro assegnazione, agli aiuti indebiti alle low cost. Un salto di qualità indispensabile per l’industria aeronautica per porre le imprese italiane alla pari con quelle europee. Magari inserita in una generale “Politica dei trasporti” che, forse, è illusorio attendersi da un governo come questo ma che è necessario continuare a rivendicare. Torniamo però al cambiamento di fase e all’inizio di un percorso di confronto più tradizionale, dove le parti possano abbandonare l’approccio anomalo segnato da una vertenza che tutti hanno giudicato drammatica ed irripetibile. La decisione di avviare con l’azienda un’attività di monitoraggio congiunto per garantire la massima trasparenza nell’applicazione delle intese e verificare gli effetti diretti sulle condizioni di lavoro, prevenendo ogni occasione di possibile conflitto è stata una scelta opportuna. La sottoscrizione degli ultimi accordi segna l’avvio della nuova azienda e, quindi, della fase applicativa delle intese. Poteva rappresentare, e può rappresentare ancora, un’occasione e un’opportunità di riflessione anche per le associazioni professionali che non hanno condiviso il percorso. Infatti, se le posizioni fin qui assunte guardavano al merito, oggi c’è la prova dell’efficacia degli accordi sottoscritti da tutti – anche da loro - a Palazzo Chigi. Se, invece, le ragioni del dissenso sono da ricercarsi altrove e cioè nel tentativo di salvaguardare un improprio ruolo di cogestione, figlio della tradizione Alitalia, si deve comprendere che ciò non è più tollerabile. Sono convinto, però, che strumentazioni e demagogia cesseranno, riportando al centro del dibattito il lavoro e le sue condizioni. Resta da verificare, e questo è compito di ciascuno di noi, che la “nuova dirigenza” della “nuova Alitalia” sia immediatamente impegnata alla corretta applicazione delle intese ed ancor più, ad un’intensa fase di confronto e verifica per accompagnare la fase delicata di start up. Se l’avvio delle operazioni porterà con sé la cancellazione di una filosofia di approccio sbagliata, che ha guidato il vertice CAI in tutta la fase appena chiusa, sarà un bene per tutti. Questi ultimi giorni fanno pensare che ciò sarà possibile, ne siamo convinti perché in un contesto normale l’efficacia e la buona qualità delle relazioni sindacali sono patrimonio importante per qualsiasi azienda. Noi saremo li, a presidiare il terreno di confronto, a costruire con la nostra quota di responsabilità il nuovo cammino della Compagnia aerea nazionale di riferimento e dell’industria del trasporto aereo nazionale, con molti impegni da assolvere, tra gli altri, quello di guardare ai molti in CIGS e ai molti precari cui rendere possibile il rientro in azienda. 19 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 20 Tempo presente T E M P O P R E S E N T E ..in.umbriaTrasporti.in.umbriaTrasporti.in.umbriaTrasporti. 20 Obiettivo: infrastrutture efficienti e a misura dei bisogni collettivi di Ulisse Mazzoli, Segretario Generale Filt-Cgil Umbria Lo stato delle infrastrutture L’Umbria, dal punto di vista delle infrastrutture, sconta ancora un ritardo storico, che la porta ad essere sostanzialmente isolata dalle regioni confinanti. Dal punto di vista delle infrastrutture stradali, la regione è solamente “sfiorata” dall’autostrada A1 nel tratto FabroAttigliano; pertanto l’unica vera arteria è la vituperata E45, oggetto di attenzione a livello nazionale per il degrado in cui versa. Se, da una parte se ne parla, ad ogni cambio di governo, come una priorità del paese, ipotizzandone la trasformazione in autostrada a pedaggio, dall’altra non si riesce a garantirne la funzionalità, a causa delle limitate risorse economiche a disposizione dell’ANAS e della situazione del tratto appenninico tosco-emiliano, oggetto di una vera ricostruzione dei viadotti esistenti. Per quanto riguarda la trasformazione in autostrada della E45, ferma restando la necessità di non penalizzare la popola- zione residente con il pagamento del pedaggio, questo progetto, più volte riproposto, sconta sia i costi elevatissimi, dovuti anche all’impossibilità di ampliare alcuni tratti, costringendo i progettisti a deviare il tracciato in vari punti, che i tempi di realizzazione biblici. In merito al resto della rete viaria, se i collegamenti con la Toscana sono accettabili, grazie anche al completamento del raccordo autostradale PerugiaValdichiana-Siena, scontano un ritardo abissale sia il collegamento con le Marche (vedi la Perugia – Ancona e la Foligno – Macerata), sia i collegamenti con il Lazio (vedi la Terni – Rieti). Dal punto di vista delle infrastrutture ferroviarie, l’Umbria sconta la configurazione a binario unico delle due tratte di RFI che la attraversano: la Foligno – Perugia – Terontola (utilizzata essenzialmente come metropolitana di superficie); la Foligno – Falconara (inserita nella linea Roma – Ancona). Queste due tratte hanno ancora un elevato numero di passaggi a livello, che generano insicurezza per i cittadini e ritardi nella circolazione dei treni. Inoltre, l’Umbria non solo è “sfiorata” dall’alta velocità ma, addirittura, ne è sostanzialmente penalizzata in quanto, dal prossimo gennaio, i collegamenti ferroviari sulla Foligno – Roma saranno deviati dalla “direttissima” (la linea ad alta velocità Orte – Roma) sulla vecchia linea, con conseguente dilatazione dei tempi di percorrenza e penalizzazione dei pendolari umbri diretti verso la capitale. Infine, per il trasporto aereo, grazie al potenziamento dell’aeroporto di Perugia (aerostazione e pista) che ha permesso la realizzazione di accordi commerciali con alcune compagnie aeree (di cui alcune low cost) e l’istituzione di nuovi collegamenti all’interno e con l’estero, si sta registrando un aumento significativo dei passeggeri, con evidenti benefici sia per la popolazione umbra, sia per il turismo, risorsa primaria di questa regione. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 21 Tempo presente i. Le problematiche aperte del TPL La domanda crescente di mobilità espressa dai cittadini, soprattutto all’interno delle aree urbane, chiama in causa il ruolo strategico del trasporto pubblico nel contrastare l’uso dell’auto privata e nel migliorare la qualità della vita nelle città. Ancora gli ultimi dati a disposizione mostrano un aumento della percentuale degli spostamenti effettuati con il mezzo privato e una parallela riduzione di quelli effettuati con i mezzi pubblici. Le conseguenze, in termini di costi ambientali ed economici, hanno assunto grande rilevanza e sono quotidianamente denunciate. Tale tendenza, ormai di lungo termine, evidenzia la debolezza del settore del TPL, l’inadeguatezza delle politiche urbane e della mobilità, l’insufficienza delle risorse messe a disposizione del settore sia sotto il profilo dell’esercizio, sia degli investimenti e l’incertezza e la contraddittorietà dei quadri normativi. Relativamente all’evoluzione della normativa di riferimento sarebbe auspicabile una ridefinizione di regole certe per l’attuazione del processo di liberalizzazione del settore. Le aggregazioni societarie Con particolare riguardo al settore del TPL, si registra un’importante iniziativa della Regione Umbria, tesa a favorire il processo di aggregazione tra le aziende pubbliche, inclusa la Ferrovia Centrale Umbra, e costituire una holding regionale del trasporto pubblico. La questione delle aggregazioni e fusioni societarie si pone, a livello nazionale, a fronte di una frammentazione delle imprese che non si riscontra, invece, in Europa. D’altra parte, come accaduto in altri settori economici, laddove i mercati si aprono e si liberalizzano, le aziende crescono di dimensione per fronteggiare la concorrenza e aumentare la capacità competitiva. In tale direzione va registrata l’autonoma iniziativa delle aziende pubbliche e private che ha portato nel 2002 alla costituzione del CUT (Consorzio Umbro Trasporti) con lo scopo di creare sinergie e economie nella gestione di servizi e nelle forniture comuni. Il CUT in diverse circostanze è divenuto positivo interlocutore degli Enti programmatori dei servizi di TPL in rappresentanza delle Aziende consorziate. La costituzione di una società in ambito regionale favorirebbe certamente una riduzione dei costi di gestione attraverso le sinergie di tipo strutturale, tecnologico e professionale. Si semplificherebbero e snellirebbero gli organi societari amministrativi, si determinerebbero economie di personale soprattutto a livello tecnico-amministrativo e tra i quadri intermedi e dirigenziali. Nel luglio 2006, è stato sottoscritto un Protocollo di Intesa tra Regione Umbria, Provincia di Perugia, Provincia di Terni, Comuni di Perugia, Terni, Spoleto, ovvero tra tutti gli Enti proprietari delle aziende, “per la riorganizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale”. Il protocollo prevede la necessità di: “riequilibrare la compartecipazione ai servizi di TPL di tutti gli Enti Locali e della Regione per nuove esigenze venutesi a creare e per ottimizzare l’utilizzazione delle risorse; istituire una struttura organizzativa (holding o altra struttura societaria o associativa) per la gestione di alcuni comparti dei servizi di TPL da parte delle singole imprese affidatarie che sia agile, flessibile, capace di recepire i bisogni e di rispondere velocemente alle esigenze dell’utenza; sviluppare e diffondere i sistemi di trasporto collettivo, risparmiando risorse importanti - economiche, ambientali e sociali - affinché tutti possano usufruirne in uguale misura”. Inoltre, si conviene che la nuova organizzazione societaria o associativa di coordinamento di alcune attività delle aziende di TPL umbre (APM, ATC, Spoletina, FCU) dovrà: 1) disporre di notevole autorità nel perseguimento degli obiettivi, allo scopo di assicurare i servizi di trasporto ed accrescere le opportunità e l’offerta di TPL, garantendo contestualmente la sicurezza, la qualità e l’efficienza, operando nel rispetto dell’ambiente, per favorire lo sviluppo sociale ed economico del territorio; 2) garantire la coerenza delle strategie aziendali con la programmazione regionale e di bacino, ma anche assicurare la gestione di servizi comuni, delle risorse umane e finanziarie in virtù della collaborazione di tutte le competenze specialistiche presenti nel gruppo; 3) perseguire azioni di miglioramento del servizio contenendo la spesa. Il Processo di aggregazione, per avere successo, dovrà tenere conto che le attuali aziende rappresentano un importante patrimonio di storia, di economia, di relazioni, di identità con i territori e le città in cui operano. Così come non può trascurarsi il fatto che tra le aziende umbre esistono notevoli differenze in termini dimensionali, operativi, di assets strumentali e patrimoniali, nonché di presenze sui mercati nazionali e di potenzialità di sviluppo delle attività caratteristiche e di quelle complementari. Con larga approssimazione e nella ipotesi migliore, si può stimare però nell’ordine dei 2 milioni di euro l’economia conseguibile dal sistema delle Aziende pubbliche di TPL. Risorse cioè sufficienti a coprire il deficit strutturale del settore in Umbria tra costi e ricavi al lordo dei corrispettivi. Le principali aziende umbre di Tpl ■ L’Azienda Perugina della Mobilità (APM s.p.a.), nata dalla fusione di ASP e ATAM nel 1996, è una società per azioni a intero capitale pubblico, di cui il 54,01% della Provincia di Perugia e il 45,99% del Comune di Perugia. Gestisce complessivamente circa 12,5 milioni di chilometri tra servizi urbani (7,4 milioni) e extraurbani (5,1 milioni). Il servizio urbano è effettuato nelle città di Perugia, Assisi, Città di Castello, Gualdo Tadino, Gubbio e Todi. ■ L’Azienda Trasporti Consorziali (ATC) s.p.a. è una società per azioni a intero capitale pubblico suddiviso tra Comune di Terni 35%, Provincia di Terni 17,6% e il rimanente 47,4% tra 30 Comuni della Provincia. Gestisce un totale di circa 8,24 milio- 21 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 22 T E M P O P R E S E N T E Tempo presente 22 ni di chilometri di cui 3,42 per i servizi urbani nei comuni di Terni, Narni, Orvieto, Amelia. ■ La Società Spoletina di Imprese Trasporti s.p.a. (SSIT s.p.a.) è una società per azioni posseduta per il 50% dalla Provincia di Perugia e per il 50% dal Comune di Spoleto. Gestisce complessivamente per i servizi urbani e extraurbani 5,82 milioni di chilometri. I servizi urbani sono effettuati nelle città di Spoleto e Foligno per un totale di 3,28 milioni di chilometri. ■ La Ferrovia Centrale Umbra rientra tra le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate per la ristrutturazione alle Ferrovie dello Stato s.p.a. dalla legge 662/1996. Le funzioni e i compiti di programmazione inerenti a tali ferrovie, al pari dei servizi di TPL su gomma, sono stati trasferiti alle Regioni (D.Lgs.n. 422/97), che dunque subentrano allo Stato quali concedenti. Le funzioni e compiti sono conferiti sulla base di accordi di programma tra Stato e Regioni, accordi che definiscono, in particolare, il trasferimento dei beni, degli impianti e dell’infrastruttura a titolo gratuito alle regioni. La Regione Umbria attua e norma i servizi di TPL ferroviari con la legge regionale n. 37/ 98 e costituisce la FCU s.r.l. a partire dall’1 gennaio 2001. Il Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT) attribuisce al trasporto ferroviario una funzione fondamentale nei collegamenti tra i centri regionali ricompresi nelle direttrici Sansepolcro Città di Castello - Perugia -Todi - Terni e Terni - Spoleto - Foligno - Perugia, nonché una funzione di metropolitana di superficie nei capoluoghi provinciali Perugia e Terni. I servizi offerti da FCU sono costituiti da 1.700.000 km circa eserciti mediante quaranta treni e il numero dei passeggeri trasportati, prevalentemente lavoratori pendolari e studenti è di 1.320.000. Le risorse per il TPL È noto che le risorse destinate al TPL attraverso l’istituzione dei fondi regionali trasporti (1996) si sono rivelate strutturalmente insufficienti rispetto alle esigenze del settore. Pur tra notevoli differenze tra aziende e tra regioni, si è rilevato costante lo squilibrio economico – finanziario delle gestioni dei servizi minimi. Solo le integrazioni regionali e la copertura dei disavanzi da parte degli Enti locali hanno permesso la sopravvivenza del comparto. Se una specificità va segnalata per quanto riguarda l’Umbria, è che più delle inte- grazioni sono stati i risultati di efficientamento realizzati dalle aziende e dai lavoratori a consentire il mantenimento per estensione e il miglioramento per qualità dei servizi di TPL. Le integrazioni degli Enti locali si sono determinate prevalentemente per servizi aggiuntivi locali. Attribuire al settore del TPL un ruolo strategico per contrastare l’uso dell’auto privata e migliorare la qualità della vita nelle città, richiede una diversa attenzione da parte delle Istituzioni e un gettito di risorse stabile nel tempo. Solo interventi strutturali e di lungo periodo possono consentire alle aziende di programmare investimenti, incrementare qualità ed efficacia del servizio prestato. A dimostrazione di quanto critica sia la situazione finanziaria delle aziende, per quanto riguarda le risorse destinate alle compensazioni di parte corrente relative agli obblighi di servizio pubblico, si può confrontare l’andamento dello stanziamento regionale del Fondo Regionale Trasporti dal 1996 al 2006: a fronte di un incremento monetario del 9,85% dello stanziamento regionale, l’inflazione è cresciuta del 23% e l’inflazione di settore del 39%. Se consideriamo il valore rivalutato dello stanziamento regionale esso diminuisce nel periodo del 10,69%, in valori assoluti di 4,72 milioni di euro. A tale situazione relativa ai flussi finanziari di parte corrente va aggiunta la considerazione che, per gli investimenti necessari al rinnovo dei mezzi, le aziende concorrono ormai direttamente con quote rilevanti di autofinanziamento. Sul fronte dei ricavi da tariffe si rileva che in Umbria esse sono aumentate mediamente tra il 10% e il 15%, come a livello nazionale. Nonostante il modesto incremento delle tariffe, il rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi in Umbria supera abbondantemente la soglia del 35%, indice questo della buona produttività aziendale. L’accentuato divario tra l’andamento dei fondi regionali e le dinamiche inflattive soprattutto di settore è eloquente delle sempre più gravi condizioni economiche finanziarie e di operatività delle aziende, sia in Umbria sia a livello nazionale. L’auspicata riforma strutturale del settore e un quadro rinnovato dei meccanismi economico-finanziari endogeni al sistema rappresentano ormai condizioni ineludibili per il mantenimento e lo sviluppo di un essenziale servizio pubblico a disposizione dei cittadini. Conclusione Dopo anni di discussione sulla necessità di una razionalizzazione del sistema delle imprese umbre che operano nel sistema della mobilità, finalmente, si è avviato un percorso che porterà alla costituzione di un’unica azienda regionale per la gestione del TPL, che potrà favorire i necessari processi di integrazione sia modale che tariffaria ed una più efficace organizzazione degli orari e della rete. Il percorso vedrà in ogni modo una fase intermedia, alla quale si sta lavorando, che è rappresentata da una holding regionale del TPL con due società operative: una per la provincia di Perugia, costituita dalla fusione di APM, SSIT ed FCU; l’altra per la provincia di Terni costituita da ATC. La costituenda holding regionale del TPL è per noi un primo passo propedeutico alla costituzione dell’Azienda Regionale della Mobilità, obiettivo che la nostra federazione rincorre in Umbria da più di un decennio. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 23 In linea di Giorgio Nana, Segretario Generale Filt-Cgil Sondrio La Valtellina, da tanto tempo, sta aspettando una strada idonea ad avvicinarla all’area milanese. Non è più accettabile che, nel 2008, occorrano mediamente tre ore per percorrere i 130 chilometri che separano Sondrio dal capoluogo lombardo. La strada statale 38 che, partendo da Colico arriva fino allo Stelvio, è rimasta, salvo il tratto del lago, sostanzialmente quella degli anni cinquanta. Oggi quella strada è del tutto inadeguata ad un traffico che è, nel frattempo, quintuplicato. Oltretutto, la scorribilità dell’unica significativa via che attraversa la Valle è ulteriormente rallentata dal moltiplicarsi degli svincoli e degli accessi. Ogni capannone, ogni attività produttiva o commerciale ha accesso diretto alla statale, rallentando un traffico già problematico e creando innumerevoli punti critici e di pericolo reale. Scontiamo, oggi, la poca oculatezza progettuale del passato. Invece di intervenire con piccole tangenziali per bypassare i centri maggiori, riducendo così buona parte del problema, si è pensato di costellare il tracciato di innumerevoli “rotonde” ricavate alla meno peggio in un territorio già urbanizzato e perciò, spesso, inidonee soprattutto per il traffico pesante e che contribuiscono ad alimentare, di sabato o di domenica sera, code impressionanti. Tutto ciò compromette l’offerta turistica della Valtellina, rendendola meno appetibile rispetto ad aree più lontane dal capoluogo lombardo, ma ormai raggiungibili in minor tempo e senza lo stress del ritorno che brucia quel po’ di rilassatezza acquisita sui campi da sci. Le prospettive rischiano di non migliorare a breve la situazione perché l’Amministrazione provinciale ha puntato tutto su una “mega strada” (pare che in provincia non si conoscano le sagge “vie di mezzo”) che rischia di ingoiare la gran parte delle risorse disponibili in meno di una decina di chilometri d’asfalto. Se il tema della mobilità su ruota si presenta così, non meglio sta il trasporto su ferro. I treni, che per la tratta Milano-Lecco viaggiano ad una media di 130-150 chilometri orari, a causa di innumerevoli inadeguatezze della linea, percorrono il tratto successivo che li porta a Sondrio a non più di 75 chilometri l’ora. Così, la loro competitività con l’auto è perdente, anche perché le carrozze sono spesso indecenti dal punto di vista igienico. Non ci si può del resto meravigliare: alcuni anni fa, gli addetti alle pulizie dei treni in valle erano 17-18, oggi sono 7 e, calcolando ferie e malattia, tante volte lavorano in 5. A Sondrio transitano circa 40 treni al giorno, pertanto si riesce a malapena a svuotare i posacenere! Anche il personale dipendente dalle ferrovie è radicalmente diminuito: negli anni ottanta l’organico era di 600 lavoratori, oggi è di poco superiore ai 120. La conseguenza di questa “cura da cavallo” è che manutenzione e sicurezza sono sempre più a rischio. Per non parlare, poi, di chi intende percorrere in treno lunghi tragitti. Se vuol essere certo di tornare in Valle in tempi decenti deve portarsi a Milano l’auto perché, se gli capita di partire da Roma dopo le 15,30, rischia di non avere più il treno da Milano che lo riporta in Valtellina. E’ solo da aggiungere che i treni che partono da Milano verso Sondrio hanno il capolinea a Tirano. Qui, proprio a fianco della stazione delle Ferrovie dello Stato, c’è quella del famoso “trenino rosso del Bernina” che, arrampicandosi lungo le montagne ed affacciandosi a paesaggi di grande suggestione, raggiunge, dopo aver superato il passo, St. Moritz. In quel di Tirano, a pochi passi di distanza c’è, quindi, l’esempio di come fare del treno un mezzo di locomozione moderno, confortevole e gradevole, anche per il solo fatto che non devi attraversare tre vagoni alla ricerca di un sedile che non sia imbrattato. Per consentire a noi tutti di avere un servizio ferroviario degno di un paese civile, basterebbe un po’ di senso civico da parte dei viaggiatori e qualche scelta politica a favore del trasporto pubblico da chi ne ha la responsabilità. I N QUI COMPRENSORIO SONDRIO L I N E A Territorio e mobilità teemi caldi 23 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 24 In linea Precarietà e nuove forme di lavoro I N L I N E A La disarticolazione del settore della logistica ed i fenomeni di esternalizzazione creano condizioni di precarietà occupazionale e di vera e propria “invisibilità”della catena logistica, rendendo invisibili le specificità, il valore aggiunto, del lavoro dei salariati anche quando è ben evidente che lavorano nel processo produttivo, nella filiera della logistica. Una delegazione della Filt Lombardia, composta da Paola Bentivegna e Domenico Molino, ha partecipato ad un interessante seminario internazionale, il 16 e 17 ottobre a Grenoble (Francia), avente ad oggetto la Precarietà del Lavoro, che ha posto a confronto le organizzazioni sindacali di quattro regioni europee (Rhone-Alpes, Lombardia, Catalogna, Baden Wurttemberg) sui temi della precarietà, in quattro specifici settori: servizi alla persona, turismo, poli di competitività, logistica. Il seminario, organizzato in quattro gruppi di lavoro, ha permesso un proficuo confronto e l’individuazione di alcuni elementi di sintesi che possono costituire embrione di azione comune sul piano europeo. La delegazione Filt ha preso parte ai lavori del gruppo di lavoro sulla logistica. L’interessante dibattito ha registrato gli interventi, le analisi e le esperienze dei sindacati francesi, italiani, spagnoli e tedeschi, disegnando uno scenario di differenziazione soprattutto legislativa. La relazione conclusiva del gruppo di lavoro logistica, che riportiamo in sintesi, crediamo esprima bene il lavoro svolto e le prospettive che si aprono. E’ stata presentata dal professore Thomas Brugnot, docente Università Lione 2. (Traduzione di Domenico Molino) L’atelier (gruppo di lavoro) ha permesso di mettere in evidenza che, nonostante le specificità nazionali, la situazione delle quattro regioni presenta una grande similitudine. Uno sforzo di analisi condivisa è dunque necessario ed utile attraverso degli scambi bilaterali e multinazionali, anche calendarizzati per il futuro. In primo luogo, vanno riportate le difficoltà emerse dall’analisi odierna, comune ai quattro paesi, prima di evidenziare le linee di convergenza che possono servire da base alle azioni sindacali comuni. Le difficoltà di un’analisi comparata Il principale ostacolo all’elaborazione di una diagnosi condivisa sta nell’indeterminatezza dei contorni produttivi che circonda il settore della logistica e che lo rende spesso difficilmente identificabile. Senza soffermarsi sulle questioni di definizione, possiamo semplicemente evidenziare la profonda disarticolazione di questo 24 settore. Nei differenti paesi la funzione della logistica si scompone in più segmenti. O meglio, spesso è collegata ad attività propriamente industriali o del terziario (piattaforme alimentari, per esempio.) e quindi non costituisce di per sé un vero e proprio settore della supply-chain. Ci sono alcune specificità nazionali che è stato possibile rilevare e vale la pena evidenziare. A titolo di esempio: mentre gli interventi dei rappresentanti sindacali per le regioni del Rhone-Alpes e Lombardia hanno presentato un’analisi abbastanza simile, l’Italia si distingue per forme di lavoro che non troviamo in Francia, come le cooperative costituite da soci lavoratori. Inoltre, in questo settore, la Lombardia si caratterizza soprattutto per un problema di part-time o contratti a termine, mentre la precarietà in Rhone Alpes si trova soprattutto espressa nel lavoro interinale (somministrato). nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 25 In linea Ipotesi di lavoro I punti comuni dell’analisi La situazione della logistica nelle quattro regioni presenta caratteristiche comuni, per certi aspetti notevoli: ❖ una forte espansione del settore rilevata nelle differenti regioni, in contrasto con i dati economici, di sviluppo e di mercato, diseguali e disomogenei; ❖ una forte tendenza alla esternalizzazione delle funzioni logistiche ed al ricorso al sub-appalto; ❖ una massiccia precarizzazione degli addetti in questo settore che tocca, in modo particolare, le donne, i giovani, gli immigrati; ❖ difficoltà ad organizzare i lavoratori con l’azione sindacale a causa della scomposizione del settore e della massiccia presenza del sub-apppalto. Il gruppo pone, quindi, come prima ipotesi di lavoro, il problema della sindacalizzazione dei lavoratori anche attraverso un’azione sindacale nel territorio su una dimensione territoriale che permetta di pesare sulle relazioni industriali. L’altro grosso capitolo di lavoro è quello del governo dei rapporti tra committenza e sub-appalto. Il problema della responsabilità dell’impresa committente rispetto alle condizioni di lavoro presso le aziende sub-appaltanti è qui emerso con chiarezza. Il sindacato deve agire con l’obiettivo di responsabilizzare la committenza. In questo senso interessante è stato l’intervento dei rappresentanti catalani che hanno segnalato l’evoluzione legislativa nel loro paese, tendente a creare obblighi per le imprese nel contesto della domanda e negoziazione dei contratti tra le stesse. Le organizzazione sindacali devono, dunque, provare a fare pressione sulla politica per ottenere obblighi e vincoli di garanzia per i salariati nei contratti di sub-appalto (clausola sociale). In ultimo, i partecipanti al gruppo di lavoro hanno sottolineato l’interesse per questo genere di scambi tra organizzazioni sindacali europee per la costruzione di un’azione sindacale comune. Alcuni compagni hanno evidenziato la situazione delle grandi multinazionali presenti nei differenti paesi e si sono rammaricati per i pochi scambi tra i sindacati. che vivono le stesse realtà produttive. Un compagno ha manifestato la necessità di appropriarsi della Direttiva Europea sui comitati d’impresa per migliorare gli scambi tra organizzazioni sindacali. Senza tradire lo spirito del dibattito, possiamo concludere che gli scambi del gruppo di lavoro logistica sono stati ricchi di positività e hanno fornito interessanti elementi di conoscenza ma che, tuttavia, necessitano di un’analisi più approfondita, utile per sviluppare dei progetti comuni europei di azione sindacale. I punti base di riflessione Sulla base di queste analisi, qualche spunto di riflessione può essere stabilito. La disarticolazione del settore ed i casi di esternalizzazione creano dei fenomeni di “invisibilità” del lavoro logistico propriamente detto, così come rendono invisibili le specifità del lavoro dei salariati anche quando è ben evidente che lavorano nel processo produttivo della logistica. Possiamo convenire che le organizzazioni sindacali hanno dunque un ruolo importante: ricostruire innanzitutto la filiera del lavoro e la sua tracciabilità; ripartire dalla realtà del lavoro per identificare e far emergere i vincoli di subordinazione esistenti; mettere le mani sulle realtà del processo di precarietà riaffermando e ricostruendo rapporti di forza positivi per il lavoro attraverso la contrattazione collettiva. 25 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 26 In linea Migranti e cooperative che operano in un sistema “intossicato” I N L I N E A di Vincenzo Mazzeo, Responsabile Progetto C.O.S.I’. Filt-Cgil Lombardia 26 Nelle ultime settimane, si sono moltiplicate una serie di iniziative che hanno lo scopo di conoscere meglio la realtà e la presenza dei “migranti” nel nostro Paese. Ultimi in ordine di tempo, ma di rilevante importanza, sono stati la presentazione del Rapporto annuale della Caritas e il convegno tenuto dall’Osservatorio sulle Cooperative della Direzione provinciale del lavoro di Milano. Queste iniziative, da diverse angolazioni, hanno analizzato questa “risorsa” preziosa e in alcuni casi essenziale rappresentata da persone che hanno storie personali e di gruppo diverse tra loro. Anche il sindacato, sta affrontando questo argomento. La CGIL, dopo l’assemblea organizzativa di inizio anno, ha moltiplicato i propri sforzi per migliorare le conoscenze specifiche tra i numerosi “migranti” che si sono iscritti al nostro sindacato. Fatte le dovute proporzioni, il Progetto C.O.S.I’. (Centro Orientamento Sindacale Immigrati), voluto e finanziato dalla Cgil e dalla Filt, rientra nel contesto di queste iniziative. Il camper appositamente attrezzato, il materiale sindacale che stiamo distribuendo e i contatti personali che stiamo effettuando, ci hanno aperto uno “squarcio” su una realtà: quella delle cooperative della logistica e della “grande distribuzione” dove è massiccia la presenza di lavoratori/lavoratrici migranti. I tre obbiettivi principali del progetto C.O.S.I’. sono: far conoscere il sindacato e i propri diritti; creare una rete di delegati che sia propedeutica alla formazione di nuovi dirigenti sindacali; contrastare il lavoro illegale. Questi punti si stanno faticosamente concretizzando con un lavoro impegnativo: abbiamo percorso fino a questo momento oltre 3000 chilometri, effettuato una sessantina di presidi davanti a piattaforme della logistica e della “grande distribuzione”; diffuso circa 3500 volantini, iscritto un centinaio di nuovi soci/e, e aperto numerose vertenze individuali di carattere economico. Credo che siamo a una svolta: il passaggio da una fase di conoscenza e di tutele individuali, a una di elaborazione di vertenze sindacali collettive ai vari livelli. Il Direttivo Regionale della Filt/Cgil Lombardia, il 2 dicembre, si è svolto nelle immediate vicinanze di una delle più grandi “piattaforme Logistiche” di una multinazionale olandese del trasporto merci, per dare visibilità ai nostri obiettivi. Si tratta di intervenire in un contesto, quello delle cooperative, che avrebbero dovuto essere uno strumento nobile, creato per realizzare la piena partecipazione delle persone in ambito lavorativo. La realtà, invece, è costituita, da un “mondo” pesantemente “intossicato” con aziende e “personaggi” che non hanno niente a che spartire con i valori e i presupposti fondativi del movimento cooperativistico. In questo nostro “giro” con il camper, abbiamo trovato realtà dove si consumano con estrema crudeltà, violenze fisiche e psicologiche inimmaginabili. Sono negati non solo i diritti previsti dalle normative del lavoro, ma anche quelli della dignità umana, con la presunzione di avere dei “sottoposti” considerati veri e propri schiavi, ai quali si può richiedere qualsiasi “prestazione”. Questa denuncia non vuole essere l’ennesimo accorato grido di dolore di un “uomo bianco”, europeo, che vuole salvare la sua anima, oppure di una persona particolarmente sensibile e impressionabile. L’obbiettivo è quello di conoscere le condizioni “date” nelle quali il sindacato, per quanto di sua competenza, deve intervenire. Infine, voglio sottolineare lo straordinario impegno delle compagne dell’apparato tecnico della Filt-Cgil di Milano, i funzionari/e del Dipartimento Merci e logistica e dei comprensori interessati, degli oltre 50 delegati/e, alcuni anche migranti, che si stanno prodigando per la buona riuscita di questa iniziativa. Queste sono le risorse che stiamo mettendo in campo per migliorare le condizioni lavorative dei migranti. In questo clima di intolleranza e violenza il ruolo del sindacato deve essere quello di garantire i diritti, per impedire un arretramento generale delle condizioni di vita e di democrazia non solo dei lavoratori/lavoratrici migranti ma anche di quelli italiani. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 27 In linea Teatro Forum sui temi della salute e sicurezza di Alessandra Milesi e Luigi Pirola La Cgil sperimenta un nuovo metodo di formazione per RLS. Circa un anno fa, la Cgil Lombardia ha voluto sperimentare una nuova modalità di formazione per RLS (Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza). Noi, designati dalla Filt Lombardia, siamo stati due dei fortunati partecipanti a questa “avventura” che si é svolta in dieci intense giornate e si é conclusa con una rappresentazione Forum il 25 gennaio scorso, data in cui il pubblico é stato il vero protagonista, intervenendo e collaborando nella ricostruzione delle scene presentate. Ricordiamo ancora i primi giorni in cui ci siamo incontrati: eravamo poco più di venti persone, provenienti da realtà totalmente diverse, che non avevano mai avuto a che fare con il teatro e, soprattutto, che non sapevano dove ci avrebbe portato un simile corso. Rui Frati, il regista parigino di origini brasiliane contattato dalla Cgil, si é rivelato da subito un vero maestro ed ha saputo creare sintonia tra i partecipanti... noi... semplici Rls che vivono quotidianamente le frustrazioni e le difficoltà di un ruolo così importante e così articolato. Ecco l’unica cosa che ci accomunava: l’essere Rls. Durante i tanti momenti di confronto é scaturita un’analisi profonda di come sia complicato al giorno d’oggi avere a che fare con gli organi istituzionali (Asl, Direzione provinciale del lavoro), con le figure collegate alla prevenzione aziendale (Medico competente, RSPP, Datore di Lavoro) e con i lavoratori. E ancora, come sia impegnativo dover tenere a mente le tante regolamentazioni (prima il D.lgs. 626/94, ora il nuovo Testo Unico), appurare che negli ambienti di lavoro le regole siano rispettate, assicurarsi che i lavoratori siano sensibilizzati e capiscano che la loro salute e la loro sicurezza sono cose importanti da non sottovalutare e, infine, denunciare con forza i datori di lavoro che, per risparmiare qualche soldo, non forniscono i Dispositivi di Protezione Individuale o, addirittura, fanno rischiare letteralmente la vita dei lavoratori. Abbiamo anche constatato che non sempre il Rls é supportato dalle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, laddove ci sono due figure distinte, ma questa volta, durante il corso, é stata proprio la Cgil “il sindacato” a porre attenzione su un nuovo metodo di lavoro, risollevando un po’ il nostro senso di abbandono e ridandoci fiducia . Attraverso veri e propri laboratori teatrali, abbiamo inscenato alcuni momenti di vita lavorativa, dove noi Rls siamo alle prese con situazioni conflittuali, talvolta anche interiori. E’ forte la rabbia quando ci si sente impotenti di fronte alla superficialità della gente, o di chi non considera la sicurezza un argomento abbastanza importante. Grazie al lavoro svolto, siamo riusciti ad esternare la nostra rabbia e a renderla energia positiva, per noi e per gli altri. Abbiamo provato, insomma, a guardare le cose da un diverso punto di vista e a cambiare i finali tentando un risultato migliore, che non ci facesse sentire soli e inutili. Non ci é stata consegnata una bacchetta magica, ma un metodo di lavoro, utile e utilizzabile nelle nostre giornate e soprattutto condivisibile con coloro che fanno parte del settore. Il forum é andato benissimo, così bene che è già partita la seconda edizione. D’accordo, poi, con la Filt Lombardia, riproporremo la rappresentazione agli Rls dei trasporti. Speriamo che ci sia curiosità e voglia di venire a sentire quel che abbiamo da dirvi, a modo nostro, e soprattutto che abbiate voglia di dire come la pensate. Condividere un metodo di comunicazione come quello che Rui ci ha insegnato é importantissimo perché non si deve mai perdere di vista l’obiettivo finale: la vita delle persone é la cosa più importante, il lavoro la nobilita, quindi non deve rappresentare un rischio quotidiano (non dimentichiamo che, ancora oggi, almeno 3 persone al giorno muoiono per incidenti sul lavoro), bensì il modo per farci guadagnare onestamente le nostre giornate in sicurezza. 27 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 28 Progetti Il Passante Ferroviario, una cerniera tra i progetti del Nodo di Milano P R O G E T T I di Michele Marzano, Direttore Compartimentale Infrastruttura Milano - RFI 28 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 29 Progetti “Milano è la piattaforma ferroviaria più importante d’Italia, il primo punto di connessione tra la rete locale e quella europea, attraversato dai più importanti Corridoi internazionali. Il nostro obiettivo è specializzare in modo ottimale il traffico del Nodo di Milano. E con il Passante abbiamo realizzato la base fondamentale che consentirà un’espansione dei servizi, sia regionali che Alta Velocità, evitando i colli di bottiglia infrastrutturali, aumentando la frequenza dei treni e specializzando sempre più le linee all’interno del Nodo”. (Mauro Moretti, Ad Gruppo FS) La città di Milano ospiterà nel 2015 l’Esposizione Universale, un appuntamento prestigioso che permetterà alla città e all’intera regione lombarda di essere al centro del contesto internazionale e delle grandi direttrici individuate dalla Comunità Europea, quali il Corridoio 5 Lisbona – Kiev e quelle Nord/Sud Rotterdam- Genova e Berlino – Roma. Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha in corso un impegnativo programma di potenziamento infrastrutturale e tecnologico che permetterà, una volta concluso, di disporre di una rete ferroviaria moderna con significativi aumenti della capacità di offerta e specializzazione del traffico. Le linee guida dei vari interventi, pianificati e in corso di realizzazione da parte di Rete Ferroviaria Italiana, la società del Gruppo FS che gestisce l’infrastruttura, prevedono percorsi riservati ai diversi flussi di traffico (passeggeri e merci) con risoluzione delle interferenze, evitando che l’aumento del traffico merci finisca per aggravare la saturazione dei nodi urbani e delle linee afferenti. In Lombardia la rete ferroviaria è strutturata con più linee a forte traffico promiscuo provenienti dai capoluoghi di provincia e convergenti sulla città di Milano, dove la circolazione ferroviaria vede la coesistenza di traffici locali, regionali e internazionali sia merci che passeggeri, con conseguente gestione del servizio onerosa e qualità percepita inferiore alle attese della clientela. L’esigenza di modificare questo modello monocentrico, trasformando il sistema ferroviario da “attestato” in stazioni quali Milano Centrale e in parte Milano Porta Garibaldi, in “passante”, collegando in sotterranea le linee esistenti è alla base del progetto del Passante Ferroviario di Milano. Tale intervento consiste nella realizzazione di una nuova linea ferroviaria a doppio binario, per un’estesa di circa 16 Km, tra le stazioni di Milano Certosa e Milano Porta Vittoria, dove si dirama o verso Bivio Lambro (direzione Venezia) o verso la stazione di Milano Rogoredo (direzione Bologna /Genova). Tale progetto è inserito nel più ampio programma di sistemazione e potenziamento delle linee ferroviarie afferenti al capoluogo, Programma Nodo di Milano, articolato in diversi progetti. Ai progetti in corso o da avviare a breve sulla rete ferroviaria convenzionale, si aggiungono la realizzazione del Sistema Alta Velocità/Alta Capacità, che da dicembre 2008 collegherà Milano con Bologna/Roma ed entro la fine del 2009 con la città di Torino, oltre al progettato prolungamento dell’asse veloce in direzione di Venezia e la realizzazione del Terzo Valico per collegare l’area lombarda con la città di Genova. Pertanto, l’inserimento della città di Milano nel sistema AV/AC e il prossimo completamento del Passante permetteranno, in sinergia con altri progetti in corso, di garantire una mobilità su ferro, dalla scala internazionale/nazionale a quella urbana, adeguata alle richieste di trasporto pubblico generate dall’Esposizione Universale del 2015. Questi elencati di seguito sono i principali progetti di investimento, pianificati da RFI in Lombardia, per il traguardo del 2015. Nuova linea AV/AC Milano – Bologna E attualmente in corso la fase di pre esercizio, l’attivazione della linea è prevista per il 14 dicembre 2008. Sono state condotte con i convogli ETR 500 Ypsilon 1 e 2 di Rete Ferroviaria Italiana le verifiche e validazioni dei sistemi tecnologici di segnalamento (gestione della via e distanziamento treni), le corse prova con risalita di velocità per certificare l’infrastruttura alla velocità di esercizio di 300 km/h. Sono funzionanti gli impianti di trazione elettrica e le tecnologie di distanziamento, basate sull’innovativo sistema di segnalamento ERTMS/ETCS livello 2 – il più avanzato attualmente in Europa – e sull’innovativo apparato ACC Multistazione. La linea Alta Velocità/Alta Capacità Milano - Bologna si sviluppa per 182 chilometri (cui vanno aggiunte le 2 tratte di approccio ai nodi di Milano e Bologna) ed è collegata alla rete esistente attraverso 8 interconnessioni, lunghe complessivamente 28 chilometri. Complessivamente 210 km di armamento (traversine, binari e ballast), sistema di alimentazione elettrica e tecnologie. Investimento complessivo circa 6.900 milioni di euro. Nuova linea AV/AC Milano - Torino Fra Novara e Milano i lavori procedono a pieno ritmo, entro aprile 2009 sarà ultimato, comprese prove e tarature, l’attrezzaggio tecnologico di distanziamento basato sul sistema di segnalamento innovativo ERTMS/ETCS livello 2 ed entro maggio 2009 sarà avviata la fase di pre-esercizio. L’intera linea AV/AC Torino – Milano sarà attiva a partire dalla fine del 2009, insieme all’intero sistema AV/AC sull’asse Torino - Salerno. Dal 7 febbraio 2006, in concomitanza con le Olimpiadi invernali di Torino, sono già operativi gli 84 km di linea AV/AC fra Torino e Novara. Il tracciato è lungo circa 125 km, di cui 84 da Torino a Novara e 41 da Novara a Milano. Si estende per 4/5 nel territorio piemontese (province di Torino, Vercelli, Novara per un totale di 98 km) e per 1/5 in quello lombardo (provincia di Milano, 27 km). Investimento complessivo circa 7.800 milioni di euro. 29 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 30 Progetti P R O G E T T I Passante Ferroviario di Milano Per il completamento a Sud/Est del Passante ferroviario di Milano (in esercizio dal 1997) sono stati completati e attivati, a giugno 2008, gli interventi del ramo Milano Porta Vittoria - Milano Rogoredo, su binari tronchi attestati a Rogoredo. E’ già in esercizio dal 2004 il ramo Milano Porta Vittoria - Bivio Lambro (direzione Venezia). Il 30 novembre 2008 è stata attivata la cosiddetta fase “passante-passante”, sempre in stazione di Rogoredo, che permetterà il collegamento diretto con le direttrici Bologna e Genova. Sei sono le fermate intermedie realizzate - fra Milano Certosa (FS)/Milano Nord Bovisa (FNM) - a Nord/Ovest - e Milano Porta Vittoria (a Sud/Est): Milano Villapizzone, Milano Lancetti (dove confluisce la linea FNM proveniente da Milano Nord Bovisa), Milano Porta Garibaldi passante, Milano Repubblica, Milano Porta Venezia, Milano Dateo. Il Passante, specializzato per i collegamenti ferroviari comprensoriali e regionali, consente di evitare che questo flusso di traffico confluisca, in superficie, sulle linee dedicate anche alla lunga percorrenza, migliorando al tempo stesso il servizio in ambito urbano. Un sistema di mobilità che, conclusa l’opera, con una maggiore disponibilità di treni nelle ore di punta e la conseguente riduzione di traffico veicolare privato vedrà: l’incremento dei viaggiatori, grazie alla maggiore capacità del nodo; l’istituzione di nuovi servizi comprensoriali urbani; l’interconnessione della rete FS con quella FNM e il potenziamento dell’interscambio ferro/ferro con la rete metropolitana. La realizzazione ha riguardato anche gli impianti di Controllo Centralizzato del Traffico (CTC), di radiopropagazione in galleria e del sistema di supervisione degli impianti tecnologici non ferroviari relativi alle stazioni/fermate lungo la tratta. L’investimento a carico di RFI è di circa 160 milioni di euro. Potenziamento infrastrutturale e tecnologico di Milano Rogoredo Sono in corso gli interventi per la riorganizzazione del sistema stazione (Piano regolatore generale – PRG - ferroviario) di Milano Rogoredo. In particolare, è in corso la realizzazione 30 AV/AC Milano - Bologna sia la rete convenzionale. L’investimento complessivo è di circa 193 milioni di euro. Nuova fermata Rho Fiera Milano delle opere di scavalco delle linee “Genova” e “Merci Dedicata”, a Sud della stazione; di interconnessione del binario Nord/Sud della linea Milano Genova; del nuovo cavalcavia Pontinia, per l’inserimento nell’area urbana della linea AV/AC Milano – Bologna in coerenza con la viabilità cittadina. Per la parte tecnologica, nel 2006 è stato attivato l’Apparato Centrale Computerizzato (ACC) per la gestione ed il controllo della circolazione ferroviaria e l’attrezzaggio della Sottostazione elettrica (SSE). Il completamento di tutti gli interventi pianificati a Milano Rogoredo è previsto per il primo semestre 2009. A regime il terminal ferroviario disporrà di 13 binari, 8 “passanti” e 5 “di testa”, specializzati per il traffico del Passante ferroviario di Milano e della linea Milano – Mortara. Inoltre, la nuova stazione, attrezzata con marciapiedi alti, pensiline e sottopassi, servirà sia il traffico della nuova linea E’ in corso la realizzazione della nuova fermata di Rho-Fiera, a servizio del nuovo Polo Fieristico di Milano. In particolare, i cantieri in corso sono quelli per le opere civili della fermata e per le adiacenti infrastrutture ferroviarie della nuova linea AV/AC Milano – Torino di scavalco delle linee esistenti Milano – Novara e Milano – Domodossola. La fermata, oltre a costituire la stazione porta ovest del Nodo di Milano per il sistema alta capacità ed il servizio ferroviario regionale, avrà funzione di interscambio sia con la rete metropolitana (prolungamento linea 1), sia con la mobilità su gomma pubblica e privata, grazie ad un parcheggio ed un terminale bus che saranno realizzati a nord delle linee ferroviarie, area dove sorgerà la zona espositiva dell’Expo 2015, che avrà nella fermata la prima porta di accesso con mezzi pubblici. La fermata è costituita da sei binari, serviti da quattro banchine lunghe 450 metri in parte coperte da pensiline lunghe circa 160 metri, e da un atrio al piano inferiore, collegato direttamente tramite corridoi sotterranei con l’interscambio a nord e la stazione della metropolitana e la fiera a sud, concepito come un grande “sottopasso attrezzato” al di sotto della sede ferroviaria. E’ programmata un’apertura anticipata e provvisoria della fermata dal 29 novembre all’8 dicembre in occasione della manifestazione Artigianato in Fiera, mentre il completamento dei lavori è fissato per la primavera 2009. Investimento complessivo circa 80 milioni di euro. Raddoppio linea Milano – Lecco Con l’attivazione del 29 luglio u.s. dell’ultimo tratto di linea a doppio binario in variante fra Olgiate ed Airuno (4 chilometri, una galleria), il raddoppio della linea Milano – Lecco è stato completato. Nel dicembre 2007, infatti, è entrato in esercizio il raddoppio fra CarnateUsmate e Cernusco-Merate (5 km) ed il 20 aprile 2008 la tratta Cernusco-Olgiate (4 km). Il potenziamento della Milano – Lecco ha nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 31 Progetti visto interventi anche per i sistemi tecnologici (nuovo ACEI di Carnate; nuovo BA per il distanziamento in sicurezza dei treni e nuove sottostazioni elettriche per fornire energia ai treni a Carnate Usmate e Lecco Maggianico). L’intera linea, poi, è attrezzata con il Sistema di Controllo della Marcia del Treno (SCMT). Con l’ultimazione dei lavori saranno possibili incrementi dei collegamenti fra Milano e Lecco. Sensibili i vantaggi in termini di regolarità della circolazione e maggiore velocità commerciale dei treni. Nella programmazione degli interventi particolare attenzione è stata rivolta anche ai collegamenti viari e al decongestionamento sui principali assi viari: 14 passaggi a livello sono stati eliminati e sostituiti con opere stradali alternative. L’investimento complessivo è di circa 230 milioni di euro. Nuova linea Milano Centrale Aeroporto Milano Malpensa E’ in corso la realizzazione di una nuova linea, fra le stazioni di Milano Centrale e Milano Nord Bovisa (rete Ferrovie Nord Milano) per il collegamento ferroviario fra Milano Centrale e l’aeroporto intercontinentale di Milano Malpensa. Il progetto, inglobando il terminal viaggiatori di Milano Porta Garibaldi - nodo di interscambio ferro/ferro con la rete metropolitana cittadina ed il Passante ferroviario - nella rete dei collegamenti con l’hub aeroportuale, crea anche un ulteriore collegamento fra le due principali stazioni cittadine (Centrale e Garibaldi). A Milano Centrale i primi binari, saranno quelli dedicati ai treni per l’Aeroporto di Malpensa. Il progetto prevede un servizio cadenzato di due treni/ora, per senso di marcia, per 18 ore al giorno e la copertura dell’intero percorso in circa 50 minuti. Il collegamento fra la principale stazione ferroviaria milanese (frequentata mediamente da circa 320 mila passeggeri al giorno) e l’hub aeroportuale (che dista 45 chilometri) rappresenta uno dei tasselli fondamentali per il sistema di accessibilità all’aeroporto. Attualmente, infatti, il servizio ferroviario da Milano per Malpensa è garantito solo dalle Ferrovie Nord Milano, con partenza dalla stazione di Milano Cadorna. L’investimento complessivo previsto è di 70 milioni di euro. Raddoppio linea Milano - Mortara Sono in corso i lavori per il raddoppio della linea Milano – Mortara. Gli interventi di potenziamento infrastrutturale sono così articolati: nell’anno 2009 il raddoppio del tratto di linea Milano San Cristoforo – Albairate/Vermezzo (ex Cascina Bruciata), nel 2010 il potenziamento del collegamento da Milano Porta Romana a Milano San Cristoforo. Durante i lavori saranno soppressi tutti i passaggi a livello (sostituiti con sottopassi e caval- cavia) e potenziati gli impianti tecnologici della linea (nuovi apparati ACEI, di alimentazione elettrica e sistema di distanziamento dei treni). Sono inoltre previsti i raddoppi delle tratte Parona Lomellina – Mortara (2014) e Cascina Bruciata - Parona Lomellina (2019). L’investimento complessivo è di circa 600 milioni di euro. Potenziamento tecnologico del nodo di Milano Il nodo di Milano è interessato da numerosi progetti di potenziamento infrastrutturale e tecnologico. Oltre alla funzione di “perno” della futura rete AV/AC, all’incrocio tra le linee Torino – Milano Venezia e Milano – Roma – Napoli Salerno, le linee del nodo dovranno assorbire ulteriori quote di traffico derivanti dal potenziamento dei valichi del Gottardo e Sempione, dal raddoppio della linea Milano - Lecco e Milano Mortara, dal traffico generato dall’aeroporto di Malpensa e dai nuovi impianti di manutenzione rotabili. E’ già finanziata la prima fase degli interventi di adeguamento tecnologico. In particolare del Sistema di Comando e Controllo (SCC) della circolazione. L’SCC è la più avanzata tecnologia di gestione del traffico in uso in campo ferroviario e integra quattro sottosistemi: oltre al controllo della circolazione, l’esame diagnostico in tempo reale degli apparati, la telesorveglianza delle stazioni e le informazioni al pubblico. Tutti gestiti da un unico Posto centrale, una vera e propria “cabina di regia” che gestirà un’area estesa centinaia di chilometri. L’attivazione dell’SCC permetterà di aumentare la potenzialità infrastrutturale, velocizzare il traffico nel nodo di Milano e specializzare i tratti di linea per flussi di traffico omogenei. Inoltre, è previsto l’upgrading dei sistemi di controllo e gestione del traffico ferroviario nelle stazioni (ACC ed ACEI) e di distanziamento in sicurezza dei treni. Completano il quadro dei principali interventi programmati da RFI per l’anno 2015, la realizzazione del nuovo collegamento tra le stazioni di Arcisate e di Stabio in territorio elvetico, il potenziamento della linea Rho – Gallarate e un programma di interventi diffusi sul territorio per riqualificare le principali stazioni della Lombardia. Questo ambizioso programma, oltre che essere rivolto a soddisfare la crescente domanda di trasporto su ferro nell’area lombarda e a far fronte alle esigenze di Expo 2015, rappresenta la sempre maggiore attenzione del Gruppo FS all’ambiente con l’adozione di tecnologie avanzate, per tendere ad una mobilità ad impatto zero. 31 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 32 Progetti Il network aeroportuale I LAN T I Le opportunità di sviluppo turistico per la Valtellina e la Valchiavenna P R O G E T di Tatina Cini, Gruppo CLAS - CERTeT Università Luigi Bocconi 32 I LAN (Italian Light Airport Network) costituisce un’interessante novità nel panorama aeroportuale italiano. Si tratta di un’associazione di aeroporti minori, fondata il 14 settembre 2006 dalle società di gestione degli scali di Trento, Sondrio, Pantelleria, Tronto e Frosinone oltre che dal Consorzio di Sviluppo Industriale della Provincia di Matera e da FILAS (Finanziaria Laziale di Sviluppo). In un secondo momento, hanno inoltre aderito, in qualità di soci ordinari, gli aeroporti di Albenga, Biella, Foggia, Parma, Verona Boscomantico e Vicenza. L’obiettivo generale di I LAN è la definizione di una rete di scali di rilevanza regionale che si posizionino come infrastrutture di volo intermedie, tra le aviosuperfici e i grandi aeroporti, offrendo collegamenti scheduled point to point e svolgendo funzioni di snodo logistico; tali tipologie di scalo sono già ampiamente riconosciute e normate in molti Paesi europei, tra cui Germania, Francia e Inghilterra, e nel Nord America. Rispetto alle grandi infrastrutture, la proposta di I LAN prevede per gli aeroporti minori vincoli strutturali e gestionali inferiori e, in particolare, la sperimentazione di sistemi innovativi di navigazione e di procedure di avvicinamento caratterizzati da costi di installazione e di gestione contenuti, quali i sistemi satellitari GNSS, le procedure baro-VNAV, GBAS e RNP. Tra le finalità più specifiche, I LAN evidenzia: ● l’incentivazione del dialogo con gli enti del controllo aereo, in qualità di unico interlocutore degli aeroporti minori; ● la collaborazione dei soci alla definizione di una nuova normativa che ne identifichi e ne tuteli il ruolo; ● la promozione congiunta di attività di ricerca e di sviluppo in campo aeronautico; ● l’adozione di nuove tecnologie e l’armonizzazione dei relativi standard tecnici e qualitativi. L’autorizzazione concessa da ENAC allo scalo di Sondrio, nell’aprile 2006, per lo svolgimento dell’attività commerciale di trasporto pubblico passeggeri è strettamente connessa all’ingresso di Aviovaltellina, la sua società di gestione, nella rete I LAN e alla conseguente apertura di nuove prospettive di sviluppo per il territorio. Un primo tentativo di collegamento da/verso Roma con aerei da 9 posti, avviato nell’estate 2007, è fallito a causa dell’impossibilità di praticare il volo strumentale sullo scalo, con conseguenti interruzioni del servizio per insufficienza della visibilità e, dunque, una sostanziale incertezza dei collegamenti programmati e una perdita di domanda locale, in particolare business. L’esperienza maturata, l’analisi critica nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 33 Progetti dell’assetto infrastrutturale e gestionale di altri scali I LAN e la determinazione delle Amministrazioni Pubbliche a potenziare l’aeroporto di Sondrio, considerato un importante volano di crescita locale, hanno indotto Aviovaltellina a realizzare un Piano di Sviluppo dell’infrastruttura. L’aviosuperficie di Sondrio è attualmente dotata di una pista pavimentata della lunghezza di 1.050 m. e della larghezza di 23 m.; oltre a presiedere la gestione del volo sportivo mediante un proprio aeroclub e a ospitare una scuola di volo e saltuariamente voli privati, lo scalo costituisce la base operativa del Servizio Sanitario 118 e del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). L’infrastruttura dispone, infatti, di una piazzola notturna e la posizione baricentrica di Sondrio rispetto alle Alpi la rende un luogo strategico per i collegamenti aerei ed elicotteristici della Protezione Civile. Le limitazioni operative emerse nell’estate 2007 suggeriscono i seguenti interventi nel breve-medio periodo: ● una pista della lunghezza di almeno 1.200 m. operativi, corretti a livello del mare e per l’effetto delle temperature, dotata delle relative strisce e aree di sicurezza di fine pista ● un’aerostazione con caratteristiche in linea con le nuove funzioni ● nuovi impianti, tra cui luci pista e dispositivi di radioassistenza per l’avvicinamento ● nuovi hangar ● una sistemazione dei piazzali e del layout dell’aeroporto ● un’estensione del servizio di antincendio e di soccorso ● una riorganizzazione di servizi di handling e di security ● la previsione di un adeguato personale di gestione della complessiva attività aeroportuale. Il nuovo assetto infrastrutturale e gestionale consentirà all’aeroporto di accogliere velivoli commerciali con una capacità di 40-70 passeggeri e aerei business da 9-19 posti, pensati soprattutto per le connessioni con Roma, con un raggio massimo di azione pari a 2 ore di viaggio. Il ramo economico maggiormente interessato a un potenziamento dello scalo di Sondrio è senza dubbio costituito dal turismo; la disponibilità di uno strumento di accessibilità al territorio più efficiente (in termini di tempo, costo, frequenza, qualità, affidabilità e sicurezza) rispetto alle attuali alternative di trasporto, essenzialmente terrestri e alquanto difficoltose, rappresenta, infatti, un requisito fondamentale sia per offrire migliori condizioni di viaggio agli attuali turisti, sia per attrarre visitatori da mete montane concorrenti, sia infine per generare nuova domanda nazionale ed estera. La percezione è che oggi i turisti stranieri arrivino soprattutto in modo indipendente, con auto propria; nel caso dei gruppi, il viaggio è tendenzialmente organizzato in pulmino. Chi utilizza l’aereo privilegia gli aeroporti di Malpensa, Linate e Orio al Serio, orientandosi su Saint Moritz, Innsbruck, Zurigo, Bolzano e Friedrichschafen nel caso in cui la destinazione sia l’Alta Valtellina e, in particolare, Livigno; esistono poi servizi pubblici autostradali tra il territorio di Sondrio e gli aeroporti di Malpensa e Orio al Serio, con utenza scarsa. L’obiettivo che l’aeroporto di Sondrio deve perseguire per uno sviluppo stabile e duraturo coincide dunque con l’attrazione sia di una quota consistente della prima categoria di turisti (coloro che utilizzano l’auto propria o il pullman), sia di chi attualmente atterra in scali concorrenti. Riguardo tale ultima classe di turisti, una certa difficoltà sussiste soprattutto nei confronti di coloro che sono diretti a Bormio o Livigno, data la necessità di ulteriori 2-3 ore di viaggio via strada per raggiungere la destinazione, che rende gli aeroporti attualmente utilizzati più appetibili. Tale osservazione conferma l’opinione diffusa secondo cui lo scalo di Sondrio dovrebbe essere considerato una infrastruttura complementare a quella di Saint Moritz, oltre che uno strumento di collegamento con la Svizzera; l’aeroporto d’Oltralpe non è, infatti, in grado di accogliere aviazione di linea e regolare e il tunnel di collegamento con l’Italia è aperto solo dalle 8 alle 20. D’altra parte, l’ampliamento dello scalo non costituisce una condizione sufficiente per lo sviluppo dell’area in termini turistici. Molti e diversi sono, infatti, gli aspetti che concorrono a definire l’appetibilità di un territorio: la pregevolezza della meta (in termini ambientali, artistici, culturali, enogastronomici), l’entità e il livello qualitativo delle forme ricettive, la promozione congiunta e sistemica delle attrattive locali e, naturalmente, la sua raggiungibilità e percorribilità interna. Per quanto concerne quest’ultimo aspetto, la difficoltà dei collegamenti tra Bassa e Alta Valtellina suggerisce, tra le altre soluzioni, la creazione di un centro integrato aeroportuale-eliportuale che consenta di effettuare spostamenti rapidi ed efficienti nel territorio e costituisca una piattaforma per le connessioni elicotteristiche con Milano e Roma. 33 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 34 Sguardi e traguardi É l’età giusta per continuare ad imparare S G U A R D I E T R A G U A R D I di Elisabetta Donati, docente Università di Torino 34 Imparare non è solo andare a scuola o il sapere formalizzato nei titoli di studio, ma la capacità di vivere ogni esperienza come un’opportunità di apprendimento, per conoscere meglio se stessi e gli altri nel mentre si è impegnati nel lavoro, nella cura, nel tempo libero, nello studio. APPUNTI DA UN PERCORSO DI RICERCA L’allungamento delle speranze di vita è un mutamento che sta mostrando aspetti imprevisti della realtà. È un processo che si sta compiendo, dal punto di vista demografico, in modo rapido e diffuso, mentre le attività di innovazione sociale, organizzativa ed economica appaiono ancora incerte ad affiancarne il passo. Che conseguenze possiamo trarre del fatto che l’invecchiamento dura tutta la vita e modifica tutte le sequenze, comprime alcune fasi, ne dilata altre, o addirittura le rallenta? Che le abilità di cui disponiamo nelle età avanzate hanno la loro genesi nelle età più giovani? E che ad invecchiare non sono solo gli individui ma anche le società? Sono finestre aperte per l’esercizio della nostra immaginazione. La Fondazione Asm di Brescia è impegnata da anni in attività di ricerca per una migliore comprensione di questi processi1, osservando alcuni aspetti della nostra vita quotidiana, e trovare traccia di questi sommovimenti che mutano i confini dei calendari sociali e individuali, e che impegnano le persone a venire a patti con le nuove età. Attualmente sta realizzando, sempre avvalendosi dell’apporto di esperte della società Pari e Dispari, una ricerca-azione dal titolo: “La società della conoscenza non invecchia. Lifelong learning nel territorio bresciano”, i cui risultati crediamo possano essere interessanti anche per altre realtà territoriali. Siamo immersi in un mondo in cui le possibilità di conoscere diventano sempre maggiori: non a caso si parla di “società della conoscenza” (Unesco, 2005) come prospettiva che dovrebbe permettere agli individui di espandere le loro risorse e capacità lungo tutto il corso della vita e, di conseguenza, produrre anche l’espansione delle capacità della nostra comunità. Significa che “imparare-apprendere” è insieme una necessità ed una scelta per tutti. Una necessità data dalla quantità di informazioni e dalla velocità dei mutamenti che ci circondano, che è necessario possedere per non essere esclusi dal cambiamento, ma anche una scelta per vivere con la propria testa, mettendosi in gioco e non avendo paura di pensare (L. Balbo, 2008). Imparare non è solo andare a scuola, e non è solo il sapere formalizzato nei titoli di studio, ma la capacità di vivere ogni esperienza come un’opportunità di apprendimento, per conoscere meglio se stessi e gli altri nel mentre si è impegnati nel lavoro, nella cura, nel tempo libero, nello studio. Come si prepara una comunità ad un obiettivo di crescita delle competenze nelle pratiche quotidiane; quale attenzione si riserva ai bisogni di apprendimento, alle esigenze di crescita e di formazione nei vari contesti, lavorativi, formativi, associativi? Utilizzando riferimenti alla letteratura, nazionale europea ed internazionale, sono state condotte delle interviste a vari attori2 del territorio bresciano, che hanno portato in evidenza alcuni risultati. Continuare ad apprendere rappresenta un’opportunità ancora poco riconosciuta per favorire l’invecchiamento attivo e la disponibilità degli individui ad investire le loro capacità per capire meglio, per esercitare i propri diritti, per partecipare, e questo nel mentre invecchiano. Pur nella ricca articolazione di presenze e di attività di produzione di benessere nella comunità bresciana, il mondo del volontariato stenta ad intercettare le domande di protagonismo e di utilità sociale dei nuovi pensionati e pensionate. Identificato come un ambito per investimenti di carattere solidale, ma rappresentato soprattutto come un modo per occupare il tempo libero delle persone mature, il volontariato non riesce a trarre vantaggio dalle mutate e arricchite risorse dei soggetti adulti, in termini di migliori credenziali formative, di pregresse esperienze lavorative, di consolidate risorse economiche, di buone condizioni di salute. È come se la conoscenza non fosse ancora veicolata come un valore che qualifica la scelta dell’impegno di chi fa volontariato. Il mondo del lavoro registra diverse criticità connesse all’invecchiamento della manodopera. Gli occupati e le occupate più adulti hanno conosciuto in questi decenni le profonde tra- 1- Nel 2000 la Fondazione ha promosso una ricerca sui percorsi di vita dei 60-70 enni. La ricerca è stata pubblicata nei quaderni della Fondazione Asm di Brescia, con il titolo: Il futuro accanto. Nuove età per donne e uomini, 2002. Nel 2004 ha finanziato la sperimentazione di percorsi di bilancio di competenze e accompagnamento alla pensione dei lavoratori e delle lavoratrici di una grande azienda bresciana, con il titolo “Cosa farò da grande?” che sono stati realizzati con la consulenza di Pari e Dispari. 2- Sono stati intervistati rappresentanti delle Associazioni di volontariato, dell’Associazione Industriali Bresciani, dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, delle circoscrizioni comunali, delle Università popolari, dell’Università statale di Brescia. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 35 Sguardi e traguardi sformazioni del sistema produttivo: molti fra loro si sono trovati direttamente coinvolti nei processi di riorganizzazione industriale che hanno modificato ritmi, qualità e contenuti delle mansioni. Hanno mediamente imparato molto, pur essendo in genere esclusi dalle politiche di formazione. Nello stesso tempo vi sono opportunità non ancora adeguatamente utilizzate, come i Fondi paritetici Interprofessionali3. Interpellando i soggetti che erogano corsi per gli adulti (enti locali, scuole, associazioni) si nota che la ricchezza dell’offerta non è valorizzata da un esplicito orientamento di educazione permanente. Manca una cultura delle transizioni che dia valore ai passaggi evolutivi degli individui nel corso della loro esistenza: le transizioni nel lavoro, da lavoro a pensione, nella vita personale e familiare, nelle relazioni con la sfera pubblica. Ciò vanifica la possibilità per l’adulto che rientra in formazione di guardare alla propria esperienza in una prospettiva di investimento per il futuro e di riformulazione del proprio progetto di vita. ESPERIENZE INTORNO A NOI Vi sono dunque molti spazi aperti per diffondere pratiche di “lifelong learning”: azioni che poggiano su convenzioni di fiducia fra cittadini che vogliono investire nel proprio patrimonio di esperienza e conoscenza e le istituzioni che possono renderli attori più consapevoli e valorizzati nelle loro scelte. Nel corso di un seminario di approfondimento, promosso dalla Fondazione Asm, sono state richiamate le cornici entro cui si può concretamente operare perché si “continui ad imparare”, permettendo ad un maggior numero di persone di rientrare in formazione, a condizione di ampliare l’offerta formativa, diversificarla e renderla più vicina ai loro bisogni. L’Unione europea ha riconosciuto che “occorre che ogni cittadino possieda le conoscenze necessarie per vivere e lavorare in questa nuova società dell’informazione”4 e ha individuato le competenze di base da fornire lungo tutto l’arco della vita: competenze in materia di tecnologia dell’informazione, lingue straniere, cultura tecnologica, imprenditorialità e competenze sociali. In Italia l’accordo del 2 marzo 20005, approvato dalla Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie, prevede l’articolazione di un sistema di educazione degli adulti che coinvolga amministrazioni pubbliche, istituzioni scolastiche, forze sociali, associazionismo, attraverso lo strumento dei “Comitati locali”. La Regione Lombardia ha approvato una legge (n. 19/2007) in materia di istruzione e di formazione che prevede, tra le altre finalità, l’educazione degli adulti a livello formale, informale e non formale. Alcune amministrazioni locali, come ad esempio la Provincia di Cremona, il Comune di Roma, hanno avviato azioni di ricerca per il funzionamento dei comitati locali che integrino i tre sottosistemi: sistema scolastico, formazione professionale, educazione non formale. Anche le forze sociali e l’associazionismo possono giocare un ruolo rilevante, soprattutto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori più adulti e verso pensionati e pensionate. E’ il caso di Fondazione Sodalitas6 che, attraverso una rete di volontariato manageriale, presente in 19 città italiane, promuove la responsabilità sociale di impresa. Con oltre 900 buone prassi già realizzate, valorizza le competenze e le conoscenze acquisite (imprenditoriali, professionali, culturali) dai volontari e dalle volontarie e le mette a disposizione di vari progetti di innovazione e cooperazione a vantaggio delle comunità. Il Gruppo Femminile Plurale7 dell’Associazione industriali bresciani ha avviato in alcune imprese l’innovazione nell’organizzazione del lavoro per il mantenimento e la maggior valorizzazione delle risorse umane degli over 50 e per favorire le loro esigenze di conciliazione a favore di genitori anziani o figli disabili. La Carta d’identità UniAuser è un documento rivolto alle Università popolari e al mondo dei circoli Auser8 per riconoscere che l’apprendimento e la cultura sono chiavi fondamentali per le azioni quotidiane di un volontariato che opera come parte di un sistema integrato di educazione per l’intero arco della vita. Le università popolari e della terza età riconoscono che ogni cittadino ha il diritto di informarsi, aggiornarsi, conoscere e mirano a tradurre in pensiero ed operatività le capacità e le competenze dei volontari. Per sostenere gli investimenti dei cittadini e delle cittadine nel loro patrimonio di esperienza e conoscenza, affinché resti vivo e fruibile anche come bene pubblico, occorre dare un valore più esplicito e positivo al continuare ad imparare. All’ente locale spetta prioritariamente il compito di sostenere queste esperienze del vivere quotidiano per evitare che nascano senza storia e senza equità9. Sostenuta da questa consapevolezza, la Fondazione Asm di Brescia si è impegnata a creare le condizioni per promuovere un clima di confronto e dialogo che valorizzi e faccia comunicare le risorse e le disponibilità emerse dai vari interlocutori coinvolti nel progetto perché Brescia diventi anche una “città della conoscenza solidale”. Un impegno, questo, ed un auspicio che ci auguriamo si compia nell’interesse di tutta la comunità. 3- L’art.118 della L. 388/2000 (come modificato dall’art. 48 della L.289/2002), ha previsto l’istituzione di Fondi paritetici interprofessionali nazionali, costituiti attraverso accordi interconfederali, stipulati tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, allo scopo di favorire lo sviluppo della formazione professionale continua 4- Commissione delle Comunità Europee, Proposta di raccomandazione del parlamento Europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, Bruxelles, 2005 5- La nuova Educazione degli adulti, Conferenza Stato-Regioni, documento approvato nella seduta del 2 marzo 2000 6- Per maggiori informazioni sulla Fondazione: www.sodalitas.it 7- Per conoscere le iniziative del Gruppo Femminile Plurale dell’Associazione Industriale Bresciani: sito Aib Femminile Plurale 8- La Carta d’identità UniAuser è stata presentata nel corso della festa: “La città che apprende” organizzata da Auser a Milano lo scorso giugno. 9- Lo ha ribadito il Presidente della Commissione consiliare servizi sociali del Comune di Brescia intervenuto al seminario. Per maggiori dettagli si rimanda al documento che raccoglie gli atti del seminario: “E’ l’età giusta per non invecchiare. Prospettive e strategie durante l’arco della vita”, Fondazione Asm, ottobre 2008. 35 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 36 Sguardi e traguardi Contro la violenza, l’ascolto S G U A R D I E T R A G U A R D I Ascoltare l’altro significa riconoscerlo come soggetto che ha identità e dignità, ricco della sua differenza di pensiero, scelte, valori. 36 di Nadia Ferracini e Mirella Casati- Sportello Donna Filt-Cgil Lombardia No alla Legge 133, giù le mani dalla scuola, un boato irrompe nelle piazze da Roma a Bologna, Firenze Milano, Palermo, Lecce e così via, non c’è luogo che non sia attraversato da giovani e, per la prima volta dopo gli anni ‘70, dai non più giovani. Padre e figli, madre e figlie, alunni e insegnanti in un unico grande dolore: lo smantellamento del futuro italiano. Avrei potuto parlarvi di altro, delle continue statistiche che vedono in aumento le violenze perpetrate su donne soprattutto in ambito privato, ma credo che mai tema sia giunto così puntuale come orologio svizzero a minare e massacrare il concetto stesso di indipendenza, che ricadrà come una mannaia sul futuro dei giovani e sul presente delle donne. Minare la scuola riducendo le opzioni significa ridurre i nostri figli ad uno stato di negazione del conoscere e condurli per mano al servilismo che è figlio dell’ignoranza, non concedendo loro quel substrato di effettiva coscienza che permetterà una libera consapevolezza. Ridurre il tempo pieno perché di 24 ore di scuola dell’obbligo si è già legiferato, significa mettere in condizione la maggior parte delle donne di fare una scelta senza ritorno: la rinuncia al proprio lavoro, alla propria indipendenza, alla propria autonomia. E’ un attacco frontale, senza precedenti, nella storia della nostra Repubblica che tocca a 360 gradi tutta la società civile lavoratrice. Un paese che si ritiene civile investe, o crea le condizioni per investire, su temi e politiche che sono la base dello sviluppo di una società: la famiglia, la ricerca, i giovani, le donne. Da noi avviene l’esatto contrario: la famiglia sta vivendo una fase di impoverimento senza precedenti, la ricerca non ha mai avuto nel nostro paese risorse vere che le permettessero un reale sviluppo, oggi con la nuova riforma siamo a un taglio del già non sufficiente. Sui giovani si fa, anziché una politica di riforma tesa al rilancio, un disinvestimento smantellando la scuola pubblica nella sua complessità. Le donne non hanno mai avuto la degna considerazione in questo paese. Lo dimostrano le politiche di genere e le leggi mai attuate su molestie, mobbing, stalking; lo dimostrano le mancate risorse finanziarie mirate alle milioni di donne sole che crescono figli, in continua difficoltà sociale e lavorativa. Lo dimostrano i contratti di lavoro troppo spesso gestiti da uomini che, nonostante siano mariti, padri, figli, non hanno la giusta sensibilità o capacità di inserire politiche contrattuali che colgano le difficoltà delle loro mogli, madri e figlie. Lo dimostrano le aziende, quotidianamente, quando negano il part-time a una lavoratrice rientrata dalla maternità perché, a differenza di altri paesi europei, il parttime generalmente utilizzato da donne in Italia è un lavoro di serie B. E potremmo andare avanti all’infinito perché le donne in questo amato stramaledetto paese non sono una risorsa ma un problema. Non ascoltare la parte maggioritaria del paese, rappresentata dalle donne, è già un atto di violenza. Non adeguare lo stato normativo e giuridico alla loro tutela e difesa, è violenza assoluta. E allora, grazie, grazie alla nostra capacità di metterci in gioco, grazie alle giovani, alle loro madri, alle donne del corpo docente, che a fianco degli uomini mi ha permesso per un lungo momento di ritornare fermamente a credere che siamo necessariamente parte del futuro di questo paese. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 37 Finestre Un appello alla resistenza CONTRO l’arroganza del potere Changeling, (USA 2008) Regia di Clint Eastwood con Angelina Jolie, John Malkovich Clint Eastwood, a 78 anni, ci ha donato un ennesimo splendido film, dando prova ancora una volta della sua tenacia tutt’altro che invecchiata nel dare battaglia, da cavaliere solitario, all’ingiustizia e al sopruso dei potenti nei confronti dei deboli. Il nuovo film, Changeling, nelle sale italiane dal 14 novembre, si ispira ad una vicenda effettivamente avvenuta: un terribile caso di cronaca nera che colpì Los Angeles nel marzo del 1928 e che l’ex giornalista nonché sceneggiatore del film, J. Michael Straczynski, scoprì assolutamente per caso, quando un amico del Los Angeles Time lo avvertì che il giornale stava per distruggere tutto il proprio archivio cartaceo. Fu così che ritornò alla luce la vicenda di una donna coraggiosa e testarda, Christine Collins (impersonata da Angelina Jolie), che si trova a combattere una battaglia disperata contro la polizia di Los Angeles, tanto inefficiente quanto corrotta. Christine, impiegata presso una compagnia telefonica, madre single, vive da sola con suo figlio di dieci anni. Un giorno, al ritorno dal lavoro, non trova più a casa il suo piccolo. Dopo mesi di angoscia, la polizia l’avvisa che il bimbo è stato ritrovato. Ma, quando glielo mostrano, non lo riconosce: non è suo figlio. L’opinione pubblica è in allarme per i molti casi di bambini scomparsi e non più ritrovati e la polizia, sotto attacco da parte della stampa per i suoi metodi violenti e corrotti, avendo bisogno di vantare almeno un successo, non ascolta le rimostranze di Christine ed insinua che la donna non voglia più riconoscere il figlio per potersi dare alla bella vita. Poi, quando lei trova aiuto in un predicatore assai popolare – il reverendo Briegleb (John Malkovich), che tuona in chiesa e alla radio contro gli sbirri corrotti – la polizia cerca di farla passare per pazza, con la complicità del piccolo impostore, che continua a fingere con ostinazione di essere suo figlio. E’ internata in un manicomio, dove trova altre ricoverate per ordine della polizia, come lei: ci sono medici compiacenti, che ricattano le internate, sottoponendole perfino all’elettrochoc pur di piegarle. Christine non si piega: continua a rifiutarsi di confermare che quello è suo figlio. Poi, mentre l’opinione pubblica comincia a sostenerla, è arrestato un maniaco, Jason Butler Harner, che rapiva bambini, li portava nella sua fattoria e poi li uccideva con efferatezza. Da alcune testimonianze risulta che anche il bambino di Christine è stato rapito dal mostro: non si saprà mai se sia stato ucciso o sia riuscito a fuggire. Dunque, non si può dire che il film abbia un lieto fine. Ma, almeno, a Christine è resa giustizia: i vertici della polizia sono condannati e sostituiti, il maniaco è impiccato. Il coraggio e l’ostinazione di Christine non son stati vani: continuerà a cercare per tutta la vita il suo bambino, ma almeno ha fatto in modo che storie come la sua non possano più ripetersi. Angelina Jolie impersona Christine con intensità e anche una certa fissità d’espressione, che le è stata rimproverata da una parte della critica, finisce per trasformarsi, come ha scritto Lietta Tornabuoni su La Stampa del 14.11.08, in un elemento di fascino. Ma, oltre alla bravura degli attori, è tutto il film, con il suo ritmo classico e la regia impeccabile di Clint Eastwood, che riesce a coinvolgere emotivamente il pubblico fino alla commozione più intensa, lanciando senza ambiguità un messaggio attuale sempre, ma tanto più oggi nel nostro paese (si pensi ai gravissimi fatti di Bolzaneto e al relativo processo): non arrendersi mai davanti all’ingiustizia e all’arroganza del potere, difendere i propri diritti a qualunque costo, non per sé stessi soltanto, ma nell’interesse di tutti e della democrazia. Quello che nel film appare, però, determinante per il buon esito della battaglia è l’indignazione collettiva, che si diffonde quando l’opinione pubblica è messa a conoscenza della vicenda. E purtroppo è proprio la capacità di indignarsi che oggi qui da noi sembra scarseggiare, come se si fosse sedimentata una sorta di assuefazione all’ingiustizia: questo è certo il maggior rischio per la democrazia. F I N E S T R E di Osvaldo Cisternino 37 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 38 Finestre CRAL aeroporto di Linate: un’esperienza positiva F I N E S T R E di Milena Chiappani, Consigliere CRAL Aeroporto Linate 38 Un anno fa la nostra lista “Alleati per il CRAL” ha ottenuto alle elezioni il maggior numero di consiglieri e, insieme a componenti di altre liste, abbiamo iniziato un percorso basato sul dialogo e su un programma condiviso. Ricostruire ciò che da tempo è stato abbandonato richiede energia, creatività e tanto impegno, ma ridare al CRAL nuova vita è l’obiettivo che ci siamo prefissati. Siamo sempre più determinati ad uscire dagli schemi che hanno contrassegnato le politiche di gestione del CRAL negli anni passati. Spesso ci troviamo di fronte a modalità che sentiamo estranee e superate e che ostacolano il programma di rinnovamento. Il nostro gruppo è composto da persone attive e motivate da diverse sensibilità, ma uniti nella precisa volontà di dare sempre più risalto alla cultura della solidarietà, dell’inclusione, dell’offerta di opportunità culturali. L’altra motivazione che ci muove è il disinteresse e la più totale trasparenza. Le nostre molteplici iniziative sono state accolte dai soci con entusiasmo e grande aspettativa: gite culturali, concerti, corsi di pianoforte, di Yoga, di inglese ed italiano per straneri, fino ad organizzare un gruppo di acquisto solidale. I vari settori di intervento sono affidati a diverse persone che assumono la responsabilità di svilupparli ed organizzarli nel rispetto del programma. Abbiamo puntato sul contenimento dei costi, fatto che ci ha consentito di creare attenzione ed interesse tra i lavoratori, dando loro la possibilità di accedere a molteplici attività culturali, ricreative e turistiche. Ci siamo ispirati a concetti di fondo molto semplici: ● ricercare i servizi da proporre ai soci all’origine; per esempio, acquisendo vuoto su pieno per tutta la stagione turistica strutture per le vacanze siamo in grado di dimezzare i prezzi rispetto a quelli proposti al pubblico; ● rivolgersi alle strutture di promozione, come la Consulta culturale e la Fitel, per ricercare il più possibile veicoli di accesso ai circuiti di biglietteria, ottenendo più agevolazioni; in questo modo abbiamo acquistato 40 abbonamenti in 8 teatri diversi a prezzi convenzionati, consentendo a 230/250 persone, nell’attuale stagione teatrale, l’accesso a poltronissime nei migliori teatri, a prezzi ribassati del 30%. Ci dedichiamo alla promozione di attività con nuovi investimenti, come l’acquisto di biciclette per grandi e bambini per le passeggiate all’idroscalo. La riduzione dei costi dei servizi e delle iniziative culturali è stata possibile anche utilizzando le risorse derivanti dai proventi delle attività commerciali. Puntiamo ad un forte coinvolgimento dei soci: sia sul piano pratico, offrendo reali forme di risparmio, sia sul piano emotivo. Stiamo lavorando per contattarli con un’informazione mirata, sia attraverso locandine affisse nei reparti sia attraverso news veicolate con mailing list o messe sul nostro sito internet, che siamo riusciti a far inserire nella rete intranet aziendale. Nel momento che viviamo, povero di attività volte al sociale e, al contempo, intriso di slogan vuoti di significato, riteniamo che le nostre iniziative, rivolte a recuperare un rapporto con lavoratrici e lavoratori, possono rappresentare una concreta azione di proselitismo e di riavvicinamento alla funzione molteplice che ha il sindacato. L’obiettivo è far rinascere un’attività svuotata dagli egoismi di parte, dimostrando come le organizzazioni sociali possono ricostruire il valore dell’unità su basi nuove, ripartendo da esigenze reali e dai bisogni individuali e collettivi. Siamo molto convinti che il nostro lavoro sia necessario ed utile ai lavoratori, all’impresa ed allo stesso sindacato. Abbiamo bisogno, però, di risorse in termini di tempo, poiché quest’attività non può più reggersi solo sull’utilizzo del tempo libero. Quindi, riteniamo fondamentale permettere al Cral di disporre di permessi retribuiti, sul modello di quelli sindacali, senza i quali, pur con tutta la buona volontà, non sarà possibile mantenere gli attuali livelli di impegno. Tutti i consiglieri, pur essendo in produzione ed a volte oberati anche da impegni sindacali, sono riusciti a trasformare il Cral ed i risultati pensiamo siano sotto gli occhi di tutti i dipendenti. Inoltre, la componente femminile eletta nella nostra lista è molto attiva, sia nel consiglio sia nel comitato direttivo, pur se è costretta a ritagliare per quest’attività molto tempo, sottraendolo al già ridotto tempo personale che rimane dopo il lavoro e gli impegni della famiglia. Strutturato e costruito un programma per i soci del CRAL di Linate, si tratta ora di realizzare una sinergia con altri CRAL e strutture analoghe per permettere lo scambio di esperienze e, laddove possibile, anche di servizi. Per chi volesse vedere il nostro lavoro e le nostre iniziative basta collegarsi al sito www.crallinate.it e, nel caso, inviarci suggerimenti e consigli. nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 39 nostop numero 61:nostop numero 61 2-12-2008 14:58 Pagina 40 News a cura di Ivan Panzica Novembre 2008 Assemblea Nazionale a Roma dei delegati e dei quadri della Cgil sul tema “ Proposte della Cgil per uscire dalla crisi”. 10 Sciopero generale nazionale di 24 ore dei lavoratori del trasporto pubblico locale, ferroviario e servizi per l’avvio della trattativa del contratto unico della mobilità, la cui piattaforma è stata presentata il 22 febbraio scorso. 13 Le Organizzazioni Sindacali europee affiliate a ETF (European Worker’s Transport Federation), Sezione Ferrovieri, organizzano una manifestazione europea dei ferrovieri a Parigi, contro destrutturazione delle imprese, per la sicurezza e l’occupazione. 20 Sottoscritto, presso l’Anef, l’accordo per il 2° biennio economico 2008-2010 CCNL addetti impianti trasporto a fune. 25 - Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. - Sottoscritto tra OO.SS.e Associazioni datoriali del comparto autostrade e Anas accordo propedeutico alla costruzione di un contratto unico della viabilità. 26 Assemblea delle delegate e dei quadri femminili a Roma presso l’Aula Magna del CNR conclusa dal segretario generale Guglielmo Epifani. N E W S 5 27-28 A Perugia si svolge il Seminario in materia di sicurezza e salute, organizzato dalla Filt nazionale. Dicembre 2008 12 Indetto dalla Cgil sciopero generale nazionale di tutti i lavoratori pubblici e privati di 4 ore per sostenere la definizione urgente di interventi contro la crisi economica, e per denunciare l’assenza di politiche economiche e sociali da parte del Governo. 16 Euromanifestazione a Strasburgo, organizzata dalla CES, il giorno prima del voto in Parlamento sulla revisione della Direttiva europea “orario di lavoro”. La proposta di revisione, adottata dal Consiglio dell’Unione Europea nel giugno 2008, è inaccettabile in quanto riduce i diritti dei lavoratori e colpisce l’Europa sociale. La CES chiede un orario di lavoro che rispetti salute, sicurezza e una retribuzione dignitosa. NOSTOP RESPONSABILE DI REDAZIONE Vittoria SCORDO GRUPPO DI REDAZIONE Americo PAGLIARA Ivan PANZICA PROGETTO GRAFICO ORIGINARIO Armando Artibio FANFONI - RESTYLING URAKEN Graphix Redazione NOSTOP Via S. Gregorio 48 - 20124 Milano Tel. 026715838 Fax 0266987098 [email protected] http://www.filt.lombardia.it Supplemento al n° 11/2008 de “Il lavoro nei trasporti” Mensile della FILT-CGIL nazionale Direzione/Amministrazione EDITRICE EDITRASPORTI Via Morgagni 27 - 00161 Roma Iscritto al n°92/82 del Registro Pubblicazioni periodiche del Trib. di Roma il 10/3/82 Testata registrata presso il Registro Nazionale della Stampa Direttore Responsabile Marilisa Monaco Sped. in abb. postale c26 art.20 lett. B art.2 della legge 23/12/96 n° 662 Roma Chiuso in tipografia: 2 dicembre 2008 BINE EDITORE - Corso di Porta Vittoria 43, Milano Videoimpaginazione e fotolito PRG Via Gaffurio 2, Milano - [email protected] 40