Tempo presente - FILT CGIL Lombardia

Transcript

Tempo presente - FILT CGIL Lombardia
Pagina 1
O
SOMMARIO
2
3
Primo Piano
I
Change
M
A
R
Tempo Presente
M
14:57
O
2-12-2008
S
nostop numero 61:nostop numero 61
Quale Paese vogliamo che esca
dalla crisi
Intervista a Franco Nasso,
Segretario Generale Filt-Cgil
Il mio Vittorio Foa
Il “Libro Verde” di Sacconi
Patto per la riforma del TPL in Lombardia
Per il Gruppo FS una missione
d’interesse generale
Alitalia – CAI, ora ricostruire
Trasporti in Umbria
In Linea
23
Qui Comprensorio Sondrio
Precarietà e nuove forme di lavoro
Migranti e cooperative che operano
in un sistema “intossicato”
Teatro Forum sui temi della salute
e sicurezza
Progetti
28
Il Passante Ferroviario, una cerniera
tra i progetti del Nodo di Milano
Il network aeroportuale I LAN
Sguardi e traguardi
34
É l’età giusta per continuare ad imparare
Contro la violenza, l’ascolto
Finestre
“Changeling” di Clint Eastwood
CRAL aeroporto di Linate:
un’esperienza positiva
NOSTOP News
37
40
Il servizio fotografico è stato realizzato da
Franco Mammana - [email protected]
Ha collaborato Michela Baraldo
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:57
Pagina 2
Primo piano
Change
P R I M O
P I A N O
di Nino Cortorillo, Segretario Generale Filt-Cgil Lombardia
2
Change è stata la parola chiave del successo e dell’elezione di
Barak Obama a Presidente degli Stati Uniti. Yes we can è la volontà di affermare e credere nella possibilità di un cambiamento.
Quanto gli Usa cambieranno e quanto influirà nel cambiamento
delle scelte del mondo lo vedremo già nel corso del prossimo
anno. Con Obama esce sconfitta la politica di questi otto anni di
Bush, sia economica che estera, liberista e insieme interventista.
Non è solo il principio dell’alternanza che ha impedito che uno
schieramento governasse per più di 12 anni nel dopoguerra, ma
la capacità di quel sistema di proporre nuovi leader e classi dirigenti, evitando la cooptazione o la successione.
Obama, 24 mesi fa, era pressoché sconosciuto o sembrava una
dei tanti concorrenti pronti ad accettare un qualsiasi incarico
minore. Ha avuto un consenso crescente, nonostante l’enorme
limite di essere un outsider e di essere di colore. La sua elezione è stata paragonata a quella di Nelson Mandela. Ma là era
anche un risarcimento storico in un paese ove la popolazione di
colore, e non bianca, è oltre il 90%.
Qui sono anche i bianchi, gli ispanici e le molte etnie non nere
che hanno costruito il suo successo.
Un uomo di colore alla Casa Bianca è una rivoluzione dell’umanità che non correrà, però, il rischio di trasformarsi in uno dei
tanti orrori della storia. Segna un prima e un dopo nella storia
non solo degli Usa, ma del mondo globale, per la carica utopica e insieme reale che ha determinato.
Ma è un’elezione dentro quel sistema, che non punta a stravolgerne gli assetti fondamentali. L’apparente dualità tra evento
rivoluzionario e l’essere nato dentro e attraverso le regole esistenti, mi sembra sia l’elemento che contraddistingue le attese di molti di noi.
L’elezione di Obama coincide con la più grave crisi dell’economia finanziaria degli ultimi decenni. Si tratta anche della prima
crisi realmente globale, che non coincide più solo con il Nord
America e l’Europa, cioè con quello che, in questa parte del
mondo, si autoconsiderava l’intero mondo.
In un secolo l’economia occidentale è passata da prevalentemente agricola, a industriale, a dei servizi. Negli ultimi venti anni, le
politiche liberiste avevano ipotizzato una progressiva divisione
dell’economia tra produzione, inizialmente di basso livello tecnologico, destinata ai paesi a più bassi costi di produzione, Asia
e la vecchia Europa orientale, e finanza e servizi nelle mani di
Europa e Usa. Ipotizzando, sbagliando, di avere merci a basso
costo per i propri mercati e alta capacità di governo del debito
pubblico, del credito immobiliare e del consumo.
L’incapacità del pensiero liberista, non solo di prevedere quanto avveniva (responsabilità non solo loro), ma anche di dare
risposte che non prevedessero l’intervento dello stato o del
pubblico ha segnato e segnerà un nuovo equilibrio tra
l’economia libera e la necessità di governare le sue dinamiche
sottoponendola a nuove regole, più forti e incisive, e nuovi
poteri da assegnare ad organismi nazionali e sopranazionali.
Se l’intervento a sostegno per salvare banche e finanza è dovuto
arrivare da risorse pubbliche e dalle prime scelte fatte dalla politica, è ovvio che starà alla politica riscrivere le nuove regole.
Quello che si rischia è che siano i più strenui assertori della
creatività finanziaria e degli errori di questi anni a leggere
quanto avvenuto, dandogli un significato e risposte conservative. Dire che la globalizzazione è la causa della crisi indurrà a
cercare un rifugio nei singoli stati, se non nelle singole regioni,
proteggendosi dall’esterno. Lo stesso Tremonti descrive bene
quanto è avvenuto con la globalizzazione, ma poi trova la soluzione ideologica in un ritorno ad un’Europa ed ai suoi valori
posseduti prima del ’68. Un’ideologia nascente che risponde
alla paura, ma in realtà non dà alcuna speranza. Non a caso è
permeata non di diritti, ma di carità, non di redistribuzione,
ma di aiuto ai poveri.
Questa crisi rimetterà al centro non solo come affrontarla nell’immediato, ma ruoli e contenuti delle definizioni classiche di
destra e sinistra, del rapporto tra pubblico e privato, tra interessi nazionali e globali, della stessa redistribuzione della ricchezza e delle conseguenze del debito pubblico e privato.
Proprio perché non siamo alla crisi finale del capitalismo, come
titola ironicamente il libro di Ruffolo “Il capitalismo ha i secoli contati”, ma nemmeno alla fine della globalizzazione, proprio le forze progressiste e di sinistra dovrebbero leggere la
realtà e ripensare ad un nuovo assetto economico che guardi a
come regolare la finanza e creare una diversa capacità produttiva, ma che abbia come obiettivo le persone, le loro opportunità, le loro speranze di realizzazione.
Il change così potente, ed inatteso da noi europei, ma così fortemente voluto dai cittadini americani, che ha portato all’elezione di Barak Obama è la dimostrazione che si può guardare al
futuro con speranza.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 3
Tempo presente
Quale Paese vogliamo
r
c
e
i
e
s
a
s
c
h
l
a
l
i
c
a
d
La realtà economica e sociale che oggi ci
circonda è quella prodotta dagli effetti
di una crisi, per molti tratti inedita, di
cui, forse, non conosciamo ancora la profondità e le conseguenze che potrà avere
non solo nel nostro Paese, ma anche
nella divisione internazionale del lavoro
e della ricchezza.
Una crisi inedita perché non può essere
considerata come quelle ricorrenti, cicliche, di aggiustamento del mercato.
Da questa crisi è messa in discussione
l’idea stessa della capacità di autoregolazione del mercato, con buona pace dei
teorizzatori del liberismo e di tutti coloro che sostenevano la fine del ruolo pub-
blico e del primato della politica, e che
vedevano nella globalizzazione solo un
infinito mercato in perenne espansione.
Una crisi negli annunci finanziaria: il
debito che compra debito, il denaro che
produce denaro. E poi, l’inevitabile realtà di una finanza che, da sola, non produce ricchezza, ma producendo debito
può invece determinare grandi guasti a
quella che ora tutti chiamano economia
reale: produzione e servizi, l’economia
cioè che ha come centro e motore il
lavoro. Sono molte le contraddizioni che
fanno esplodere questa crisi, una crisi
che ha visto tutti i grandi paesi mobilitati con enormi risorse pubbliche per salvare banche ed assicurazioni: il pubblico
nel tempio del mercato.
Ora che il pubblico ha provato a mettere
al riparo il sistema bancario, molti tornano a dire che bisogna di nuovo lasciare
mano libera al mercato e che il pubblico
deve ritirarsi.
Questa crisi, invece, ripropone con grande forza il tema del ruolo pubblico, di
quale intervento, in quali campi e con
quali finalità.
Ripropone il tema della funzione della
politica e del governo internazionale e
nazionale dei processi, intanto per le
regole nuove che vanno introdotte, ma
anche per le funzioni di direzione.
Ovviamente il tema non è solo quello di
quale “peso” dovrà avere il pubblico
nelle banche, e nemmeno l’idea che lo
Stato torni ad avere una funzione proprietaria dell’apparato produttivo o dei
servizi. Fondamentale è, invece, la
necessità che si definiscano nuove regole
per proteggere i risparmiatori e per dare
certezze alle imprese.
Intervento pubblico per noi significa scegliere delle politiche, quali settori difendere - come fanno Francia e Germania –
e, insieme, come si garantiscono i servizi e le protezioni sociali.
Se dal mondo, ci caliamo nel nostro
Paese, nella nostra situazione, il primo
elemento che balza agli occhi è
l’inadeguatezza delle scelte e delle politiche che il nostro Governo si accinge a
mettere in campo.
Dopo una manovra estiva di valore triennale, decisa in nove minuti, e dagli effetti depressivi che si scaricano pesantemente sull’economia, fondata inoltre sui
tagli al pubblico (scuola, università,
ricerca, libro verde), si cerca ora di
sostenere - nonostante il mutamento
profondo che si è determinato a seguito
della crisi finanziaria mondiale - che le
scelte in essa contenute continuano ad
andare bene, che si era previsto tutto.
E’ assolutamente evidente che così non
è. In realtà, i problemi che erano già presenti prima di questa crisi, di fronte alla
pesantezza del nuovo quadro economico
e finanziario, si moltiplicano e si acuiscono sempre di più e in modo drammatico.
A partire da quelli produttivi e occupazionali. Una situazione che non abbiamo
esitato a definire straordinaria e che, in
quanto tale, richiederebbe risposte straordinarie. Di questo non vi è alcuna traccia nella manovra approvata.
Soprattutto, il Governo non sceglie un
punto di vista strategico di contrasto alla
crisi. Non bastano, infatti, gli appelli
televisivi del premier a consumare e a
non diffondere la paura. C’è bisogno di
ben altro.
La crisi si contrasta se si danno risposte
concrete, se si determinano scelte che
permettono ai lavoratori, ai pensionati di
essere più tranquilli e quindi di avere più
fiducia. Di questo c’è bisogno per far
ripartire i consumi e, contemporaneamente, frenare la caduta produttiva.
E’ qui il senso della nostra piattaforma, che
abbiamo tradotto in sei punti precisi sui
quali attendiamo risposte altrettanto precise. Proposte concrete che, come abbiamo
detto con chiarezza, sono alla base dello
sciopero generale del 12 dicembre.
T E M P O
Quale Paese avremo di
fronte sarà il risultato di
scelte di fondo, non solo
congiunturali, a partire
dall’attuazione di un
piano straordinario per le
infrastrutture, quelle che
creano lavoro e rimettono
in moto investimenti,
anche nel territorio, e che
costituiscono da sempre il
motore dello sviluppo.
P R E S E N T E
di Susanna Camusso, Segretaria Nazionale Cgil
3
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 4
T E M P O
P R E S E N T E
Tempo presente
4
Si tratta di provvedimenti concreti che
traducono l’urgenza di contrastare la
crisi economica e sociale, destinando
risorse ai lavoratori ed ai pensionati, a
partire dalla detassazione della tredicesima, ma che si devono tramutare in risorse strutturali, continuative per gli anni a
venire, andando quindi oltre il bonus
sulla tredicesima. Quindi interventi duraturi a partire dalla tutela del reddito.
Risorse, inoltre, per finanziare gli
ammortizzatori sociali, fondi per la cassa
integrazione in deroga a copertura dei
lavoratori di quei settori che ne sono
sprovvisti, e per allargarli soprattutto ai
lavoratori precari, con contratto a termine, apprendisti, collaborazioni a progetto, interinali, che sono tra i più esposti
alla crisi.
E ancora, chiediamo un innalzamento dei
tetti economici della cassa integrazione
a beneficio del reddito dei lavoratori
interessati, perché è difficile vivere per
lunghi periodi con 700/800 euro al mese.
E poi, sospensione degli effetti della
Bossi-Fini nel punto che definisce il legame tra lavoro e permesso di soggiorno
proprio per evitare che lavoratori regolari, perdendo il posto di lavoro, si trasformino in clandestini da cacciare.
Una piattaforma, la nostra, che guarda al
cosa fare perché il nostro Paese, una volta
uscito dalla crisi, non sia più povero di
prima, con meno industria e meno servizi.
Per questo nella piattaforma indichiamo
la qualità dell’intervento del credito a
sostegno degli investimenti, delle imprese, evitando i finanziamenti a pioggia, ma
finalizzandoli alla crescita e allo sviluppo.
Sostegno, quindi, alla ricerca pubblica e
privata, attraverso contributi mirati,
contrastando quei tagli previsti dalla
finanziaria che sono in aperta contraddizione con la necessità di determinare un
futuro capace di competere sulla via dell’innovazione. Tutto ciò perché crediamo
che la fiducia del Paese si ottiene con
provvedimenti concreti, capaci di affrontare l’emergenza e, insieme, capaci di
indicare quale Paese si vuole che esca
dalla crisi.
Infatti, quale Paese avremo di fronte
sarà il risultato di scelte di fondo, non
solo congiunturali, a partire dall’attuazione di un piano straordinario per le
infrastrutture, quelle che creano lavoro
e rimettono in moto investimenti, anche
nel territorio, e che costituiscono da
sempre il motore dello sviluppo.
Nella crisi non si è tutti uguali: c’è chi ha
mezzi e le risorse per affrontarla e chi,
invece, può essere pesantemente impoverito. Per ridare fiducia, serve che tutti
- a partire dai più deboli - sentano delle
risposte, vedano che si sceglie la strada
della coesione e dell’inclusione.
Nelle risposte che abbiamo avuto finora
dal Governo di queste scelte non c’è
traccia. Si continuano ad annunciare le
stesse misure ed avanzare le stesse proposte; si prefigura solo qualche piccola
forma di sostegno a poche famiglie particolarmente disagiate.
Ovviamente ben vengano interventi di
contrasto alla povertà, ma questi non
sono sufficienti ad affrontare la qualità e
la pesantezza dei problemi che vivono i
lavoratori e che percorrono complessivamente il Paese.
Sostenere, come sta facendo il Governo,
che non bisogna indicare i tratti reali
della crisi, o peggio negarli, significa
mettere la testa sotto la sabbia, ottenendo il solo risultato di ritardare i provvedimenti ed aggravare la crisi.
Da qui deriva il nostro giudizio negativo
in merito ai provvedimenti sulla crisi
presi dal governo, venerdì 28. Infatti, i
titoli sono quelli indicati anche dalla
nostra piattaforma, ma mancano i contenuti, manca la svolta, manca la straordinarietà che la situazione richiede;
mancano risposte al lavoro ed ai lavora-
Nella
crisi non si è
tutti uguali: c’è chi ha
mezzi e le risorse per
affrontarla e chi, invece,
può essere pesantemente
impoverito. Per ridare fiducia,
serve che tutti - a partire dai
più deboli - sentano delle
risposte, vedano che si
sceglie la strada della
coesione e dell’inclusione.
tori! La manovra è, nei fatti, esigua:
4miliardi e solo di una tantum, senza un
disegno per sostenere il lavoro, la produzione e i servizi. Non risponde sui redditi da lavoro dipendente e non sceglie
la tutela di tutto il lavoro, anche atipico, con gli ammortizzatori sociali, anzi
subordina e condiziona l'intervento pubblico a quello degli interventi bilaterali.
Si conferma nella scelta del governo la
social card, un aiuto di 40 euro alla spesa
dei pensionati “più poveri”. Abbiamo
detto più volte come questo provvedimento appaia più come un intervento
caritatevole piuttosto che una soluzione
adeguata ad affrontare l’autentico disagio sociale che vivono milioni di persone
ai limiti della povertà, di pensionate e
pensionati che hanno oggi redditi insufficienti a vivere con dignità. Per questo
sosteniamo che va, invece, confermata e
perseguita la strada di una mensilità in
più da corrispondere, strada già scelta
con il protocollo sul welfare siglato con il
precedente Governo.
Ancora, si parla di un bonus per le famiglie numerose più in difficoltà. Ma non
c’è invece alcuna risposta ai milioni di
lavoratori e di lavoratrici che, nel 2008,
hanno pagato 13 miliardi di euro di tasse
in più e che continueranno a farlo per i
prossimi anni se non interviene una misura di modifica.
Le hanno pagate non solo perché, com’è
noto, i lavoratori dipendenti e i pensionati non evadono; non solo perché nei
fatti la tassazione, anche per effetto dell’incremento di quella locale, è aumentata complessivamente, ma le hanno
pagate in più perché l’inflazione che sale
agisce negativamente sull’incremento
dei redditi.
Ebbene, noi diciamo che quei 13 miliardi
vanno dati ai lavoratori, attraverso un
provvedimento strutturale che potremmo definire anche di restituzione, come
soluzione opposta ai semplici tagli,
dando così più certezza e la possibilità
alle persone di scegliere come programmare i loro consumi e le loro necessità.
Per questo, mentre siamo pronti ad
apprezzare tutte le risposte positive che
verranno, che rappresenterebbero in
ogni modo – è bene ricordarlo - il frutto
della nostra iniziativa e del nostro impegno volto ad indicare le priorità, ribadiamo che le ragioni che ci hanno portato a
proclamare lo sciopero generale del 12
dicembre sono tutte lì, ancora valide,
evidenti e necessarie, a partire dalla
considerazione che non vi sarà vero contrasto alla crisi se non si rimette al centro il lavoro.
Per queste ragioni il nostro impegno in
queste ore deve essere orientato alla preparazione dello sciopero. Dalla sua riuscita
dipenderà l’esito di un confronto difficile.
Quindi una scelta impegnativa che richiede
la necessità di andare in tutti i luoghi di
lavoro per un confronto e un’informazione
capillare di tutti i lavoratori.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 5
Tempo presente
l’intervistFranco
a Nasso
Segretario Generale FILT-CGIL
Franco Nasso è il nuovo segretario generale della
Filt-Cgil, che conta oltre 147 mila iscritti.
Ad eleggerlo, su proposta del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, è stato il
Comitato Direttivo della categoria, riunito a
Roma il 16 luglio scorso, con 72 voti favorevoli,
2 contrari e 2 astenuti. Cinquantasette anni,
nato a Polistena (RC), laurea in Fisica a Torino,
Nasso sostituisce Fabrizio Solari, eletto segretario confederale della Cgil il 16 giugno scorso.
Fino ad ora segretario nazionale della Filt, con
la delega al trasporto pubblico locale, ferroviario e servizi, Nasso ha iniziato la sua attività sindacale come delegato in ferrovia, è stato poi
segretario generale della Filt di Torino e successivamente di quella del Piemonte.
✎ La nuova fase politica, determinata
dal cambio di governo e sorretta da un
evidente consenso e da una netta maggioranza parlamentare, sembra determinare una modifica del rapporto col
sindacato confederale. Come valuti i
reiterati accordi che hanno visto posizioni diverse tra noi e Cisl e Uil e quali
conseguenze possono avere nella nostra
categoria?
❝Gli accordi senza la CGIL, che hanno
caratterizzato questi primi mesi del
governo Berlusconi, non sono la somma di
singoli fatti: non lo sono nel caso dei contratti e non lo sono per quanto riguarda la
trattativa confederale sul modello contrattuale.
È ormai del tutto evidente che le divergenze tra la Cgil e gli altri riguardano il
tentativo, portato avanti, in particolare,
dal governo e da Confindustria di cambiare in profondità il ruolo e la stessa natura
del sindacato confederale in Italia.
Questo disegno dovrebbe realizzarsi attraverso il ridimensionamento dei contenuti
della contrattazione accompagnato alla
rinuncia, nei rapporti con il governo, al
ruolo di rappresentanza generale.
Tutto è sostenuto anche da una pretesa
“modernità” basata sugli arbitrati e sulla
bilateralità, che possono prescindere dal
rapporto con gli iscritti e con i lavoratori.
Per questa via, scegliendo di sostituire la
contrattazione, e il conflitto, con gli arbitrati e il rapporto con i lavoratori con una
forma inaccettabile di bilateralità, i contratti nazionali e la contrattazione di
secondo livello non garantirebbero più gli
strumenti fondamentali per la tutela delle
condizioni di lavoro e del reddito.
Per queste ragioni, le divergenze contengono questioni di straordinaria rilevanza
che non riguardano solo il cambiamento
del modello contrattuale che, per la Cgil,
deve rafforzare la contrattazione con
l’obiettivo di una migliore tutela del reddito, accompagnato alle regole sulla rappresentanza che sono alla base delle proposte della Confederazione.
Sono a confronto due idee difficilmente
conciliabili, allo stato delle cose, sul futuro del sindacato confederale e sugli stessi
strumenti di espressione della democrazia
che sarebbero molto limitati e compressi.
Questo pericoloso disegno sostenuto dal
governo e da molte associazioni datoriali
non ha, fino ad oggi, trovato una risposta
unitaria adeguata. Anzi, i molti accordi
separati e le più o meno convinte adesioni di Cisl e Uil alle decisioni del governo
sull’ultima manovra economica contro la
crisi dimostrano che non sarà facile ricostruire un confronto basato sul merito
delle cose.
La vastità e la profondità della crisi
dovrebbero indurre i necessari ripensamenti ma, fino ad oggi, non ci sono segnali concreti.
Le risposte del governo sono molto insufficienti e si confermano le ragioni dello sciopero generale della Cgil del 12 dicembre.
Per quanto riguarda i trasporti, se non si
troverà una composizione a livello confederale, in grado di sostenere unitariamente le vertenze generali, le ricadute non
mancheranno, anche se potranno essere
attenuate da un rapporto con Fit e Uilt
che, fino ad oggi, si è mantenuto positivo,
essendo basato anche su una consolidata
pratica di democrazia sindacale.
Quello che potrebbe capitare si è visto
chiaramente nella vicenda Alitalia, che ha
rischiato di determinare una frattura
drammatica, non basata sul merito del
confronto con il governo e con Cai, ma su
un’adesione alle proposte delle controparti dichiarata dalle altre organizzazioni
confederali, a prescindere dai contenuti
di merito.
In quella vertenza è stato ancora una volta
il merito, e l’insostenibilità, nel merito,
del primo accordo separato, a ricostruire
un’intesa unitaria e a definire i nuovi contenuti dell’intesa, sottoscritta anche dai
sindacati autonomi. Non potrà essere sempre così, nonostante la diffusa e solida
unitarietà del sindacato nei trasporti.
Se il clima generale non migliora, le preoccupazioni per il futuro sono molto forti,
anche se faremo di tutto per ridurre e
ricomporre, ove nelle nostre possibilità,
gli eventuali contrasti che si dovessero
presentare.
5
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 6
Tempo presente
Per quanto ci riguarda, agiremo in continuità con le regole unitarie condivise in categoria: la discussione di merito sulle vertenze
e sui contratti e il coinvolgimento democratico dei lavoratori.
Questo può rappresentare una buona risposta unitaria in tempi
difficili e anche un contributo, per quello che potremo fare, al
confronto più generale.❞
T E M P O
P R E S E N T E
✎ Il taglio degli investimenti e del trasferimento delle risorse per i servizi pubblici decisi nella finanziaria si somma a
una fase recessiva che investe sia la produzione industriale,
sia la capacità di consumo del lavoro dipendente. Questi fattori rischiano di scaricarsi per un lungo periodo sul sistema
dei trasporti, acuendo la già difficile situazione e creando i
presupposti per un serio problema occupazionale, a iniziare
dal lavoro precario e da quello immigrato.
6
❝I ritardi strutturali e la scarsità delle risorse rendono l’intero
sistema particolarmente esposto e bisognoso di un tempestivo
intervento, la crisi economica e la contrazione dei consumi si
faranno sentire in tempi molto rapidi nel settore.
In particolare, il trasporto merci e la logistica, che sono il sensore di primo impatto della crisi, stanno già subendo effetti pesanti e i prossimi mesi si annunciano di grande difficoltà, in particolare nella vasta area di lavoro diffuso e precario, dove sempre più
alta è la presenza di lavoratori immigrati.
Ma anche per le aziende strutturate che operano nel vasto mondo
del trasporto merci, a fronte di prevedibili situazioni di crisi, registriamo interventi inadeguati a sostenere il lavoro e le imprese.
Per tutto il settore si confermano le rivendicazioni unitarie di una
politica dei trasporti in grado di intervenire attraverso le risorse
destinate agli investimenti e al servizio, attraverso le politiche di
indirizzo a sostegno di un settore strategico per la tenuta delle
attività produttive del paese e per le prospettive di sviluppo
futuro, evitando così pesanti conseguenze sociali sull’occupazione e sul reddito dei lavoratori.
La crisi rafforza la necessità di un intervento in grado di riequilibrare il sistema dei trasporti, sostenendo il trasporto pubblico
delle persone, che registra una straordinaria crescita di domanda a fronte di un’offerta largamente insufficiente e selezionando, in una logica di programmazione e di migliore utilizzo delle
risorse, gli interventi nel trasporto merci e nella logistica, nel
trasporto aereo e marittimo.
Nella manovra economica del governo non c’è traccia di tali
interventi e questo individua anche le ragioni specifiche del settore nello sciopero del 12 dicembre.❞
✎ Il sostanziale fallimento di politiche di programmazione e
di regolazione del mercato hanno contribuito ad una crisi che
appare più di sistema che delle singole imprese pubbliche
operanti nei trasporti. Ritieni sia possibile riproporre, nel
confronto con il governo, una strategia complessiva del sindacato confederale su temi quali la programmazione, le
infrastrutture, la disciplina della concorrenza, il modello
contrattuale e di rappresentanza?
❝Il
documento di categoria dell’ultimo congresso della Filt
aveva come titolo “Una politica per i trasporti” ed è stato in
questi anni il riferimento costante della nostra iniziativa sindacale nel settore.
La piattaforma unitaria avanzata al governo Prodi, già nell’estate del 2006, conteneva le rivendicazioni relative agli interventi
necessari a ricostruire una politica di sistema nel comparto dei
trasporti, con proposte di merito sugli interventi di regolazione
del mercato, di destinazione di risorse, insieme alle proposte
relative agli assetti contrattuali e alle clausole sociali.
Su quella piattaforma abbiamo costruito l’iniziativa unitaria che
ha portato allo sciopero generale dei trasporti del 30 novembre
del 2007 e al successivo accordo con il governo Prodi del 23 gennaio 2008, poche ore prima della crisi parlamentare che portò
alle nuove elezioni.
Per la Filt, insieme a Fit e Uilt, quella piattaforma e l’intesa del
23 gennaio rappresentano il punto di attestazione unitario riproposto all’attuale governo, senza molto successo.
Nelle decisioni del governo non c’è traccia di una politica di
sistema nel settore, mancano interventi di programmazione e gli
interventi di regolazione che abbiamo sempre rivendicato.
Pertanto, non solo ritengo indispensabile rafforzare l’iniziativa
unitaria a sostegno della vertenza ma credo anche che il disastro
esistente nel settore dei trasporti non può essere affrontato
occupandosi, di volta in volta, delle singole crisi che sono destinate a crescere sempre più nei prossimi mesi ma, viceversa,
rimettendo al centro del confronto la ripresa di un’efficace politica dei trasporti con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: governo, regioni, enti locali e parti sociali.
In mancanza di questo,
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 7
Tempo presente
l’impatto della crisi sarà particolarmente
pesante essendo, quello dei trasporti, un
settore straordinariamente esposto all’andamento dei cicli economici negativi.❞
✎ Tutte le imprese pubbliche nazionali
(Trenitalia, Tirrenia, le aziende del
TPL) sono oggetto di una crisi non congiunturale che chiama ad una responsabilità degli azionisti e del management,
ma anche del ruolo svolto dal sindacato. Non ritieni che una lunga fase di
ristrutturazioni aziendali, spesso partecipate e condivise anche dal sindacato (vedi la recente e drammatica vicenda di Alitalia) non abbia dato gli esiti
attesi e che, pur nell’emergenza attuale, sarebbe necessaria un’analisi più
attenta del ruolo e della gestione delle
imprese a capitale pubblico nel nostro
paese?
❝Nella vertenza aperta con il governo
questo tema ha sempre rappresentato una
delle questioni centrali da affrontare
attraverso una sostanziale rivisitazione
del sistema di regole che hanno governato
i rapporti tra proprietà pubblica e aziende, in un processo di liberalizzazione e di
privatizzazione che hanno fallito clamorosamente gli obiettivi dichiarati e proposti
ai cittadini.
Le promesse di servizi di migliore qualità,
di minor costo attraverso la riduzione
delle tariffe e di crescita dell’offerta non
si sono realizzate. Qualità, tariffe, livello
dell’offerta, tranne poche eccezioni, sono
andate esattamente al contrario rispetto
alle promesse.
In compenso, con l’obiettivo dichiarato di
favorire la concorrenza, le aziende pubbliche sono state prima trasformate in SpA e
poi sono state oggetto di successivi frazionamenti societari ma, in mancanza di una
riforma compiuta, hanno prodotto un
sistema che ha vanificato le aspettative e
distrutto risorse pubbliche.
Sono stati insediati gruppi dirigenti aziendali di nomina politica che hanno privilegiato interessi non sempre coincidenti con
quelli dei cittadini e degli utenti e che
hanno provocato disastri, già compiuti,
come quello di Alitalia o annunciati come
le molte altre situazioni di crisi aperte.
La vicenda Alitalia rimane un insegnamento esemplare. Se non si vuole distruggere
un intero settore produttivo, consegnando
la parte buona delle aziende alle grandi
compagnie europee, come sta già avvenendo nel trasporto ferroviario, anche gli altri
settori dei trasporti devono evitare che il
“modello” Alitalia sia l’unica soluzione.
Abbiamo rivendicato e proposto regole
diverse per le liberalizzazioni, per l’assetto
delle imprese, per la tutela del lavoro.
Abbiamo avanzato critiche che sono sembrate eretiche nel passato decennio, mentre quasi tutta la politica non ha mai ritenuto necessario intervenire attraverso le
regole, assolutamente indispensabili per
impedire il disastro che si è determinato,
ma che sarebbero state certamente scomode per le molte lobby che sono cresciute nel sistema.
Ecco perché, nel confronto con il governo,
la questione delle aziende pubbliche e
delle regole per le liberalizzazioni assume
carattere di straordinaria rilevanza per il
futuro del lavoro e dei servizi che i cittadini si attendono.❞
✎ La Filt ha cercato, dalla sua costituzione nel 1980, di tenere insieme la
tutela del lavoro dentro le imprese dei
trasporti con una tutela più generale
nella società, cercando la sintesi tra
sindacato di categoria e confederale. Il
venir meno di un’azione riformatrice
più ampia rischia, però, di divaricare
questi ruoli, spesso sovraesponendo il
sindacato dei trasporti a critiche sempre più forti nell’opinione pubblica,
esasperata anche dal degrado complessivo della mobilità collettiva. Non credi
che, per il sindacato, deve diventare
centrale la qualità del servizio di trasporto, il nostro “prodotto”, che è
anche la qualità del lavoro realizzato?
❝Abbiamo sempre “investito” sullo sviluppo, sulla qualità del sistema dei trasporti come elemento portante per
l’economia del paese, considerando il
valore economico del trasporto se inserito
in un disegno di equilibrio modale e di
sostenibilità ambientale. Per quanto
riguarda il trasporto collettivo delle persone, la crescita qualitativa e quantitativa
dell’offerta ha proposto da molti anni il
tema della riforma che, a partire dalla sua
fondazione, la Filt ha sostenuto e proposto
di accompagnare con le politiche contrattuali a tutela del lavoro.
Dalla metà degli anni ’90, per la parte
riguardante il trasporto regionale e locale, c’è stato un importante tentativo di
regolazione attraverso la rottura dei
meccanismi consolidati di affidamento
diretto che avrebbe dovuto sostenere un
diverso assetto delle imprese e lo sviluppo, insieme alle clausole sociali a tutela
del lavoro.
I diversi governi, le regioni e gli enti locali hanno fatto prevalere gli interessi politici di controllo sulle aziende che, combinati ai gruppi di potere che si sono insediati dentro il cambiamento incompiuto,
hanno fatto fallire la riforma e prodotto il
disastro di cui parlavamo in precedenza.
Per rimettere in moto un processo positi7
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 8
Tempo presente
P R E S E N T E
In un contesto oggettivamente difficile il
settore dei trasporti mantiene sulle piattaforme, sulle iniziative di lotta e ai tavoli di trattativa, una forte connotazione
unitaria con le federazioni dei trasporti di
Cisl e Uil. Con Fit e Uilt si confermano, nel
merito, ampie convergenze negli obiettivi
e nella gestione del negoziato. Frutto
della volontà e della capacità di tutti di
portare a sintesi i diversi punti di vista
che, peraltro, fino ad oggi, non registrano
scostamenti non conciliabili.
Il lavoro di tutti noi è anche quello di
sostenere questa situazione unitaria,
anche in vista delle impegnative decisioni
che dovremo assumere per concludere
positivamente le vertenze contrattuali a
tutela del lavoro e del reddito dei tantissimi lavoratori interessati.❞
vo, per il sindacato dei trasporti è necessario sviluppare, insieme al lavoro sindacale, le alleanze con i cittadini che chiedono qualità dei servizi senza trovarli e
che sono certamente dalla stessa parte
del lavoro, in una fase nella quale la
domanda di trasporto collettivo è destinata a crescere in conseguenza della crisi.
Sul trasporto regionale e locale queste
occasioni d’iniziative comuni devono essere promosse a tutti i livelli, con la certezza di costruire un’alleanza positiva basata
su interessi convergenti, considerato il
valore sociale del trasporto collettivo.❞
✎ Siamo impegnati nella stagione dei
rinnovi contrattuali con piattaforme già
presentate (mobilità, trasporto aereo
terra) e da presentare (merci) che tentano di unificare interi settori. Di fatto,
i lavoratori dei trasporti saranno impegnati, in contemporanea, nella più complessa e articolata vertenza contrattuale mai avvenuta nel settore.
T E M P O
❝I trasporti sono interessati da una fase
8
contrattuale straordinaria, in una situazione economica sempre più difficile anche
per la preesistente situazione di crisi delle
grandi aziende e d’interi comparti del settore. Sono aperte le grandi vertenze contrattuali: il contratto del trasporto aereo
terra, dei porti, del trasporto merci, fino
al recente avvio del nuovo contratto della
mobilità. Avanzano, tra grandi difficoltà,
gli obiettivi di unificazione contrattuale,
le piattaforme presentate e quelle in fase
di avvio fanno i conti con la realtà che si
annuncia difficile nei prossimi mesi.
Pesa anche l’incertezza sull’esito del confronto confederale sul sistema contrattuale che, in qualche occasione, le controparti usano per differire i tempi del negoziato.
✎ Pur se i trasporti sono identificati
con le grandi imprese pubbliche ed i
suoi lavoratori, nella realtà un terzo
degli iscritti alla Filt e in Lombardia un
numero ancora maggiore, operano nel
settore merci, soggetto alla più estesa
frammentazione e a forme sempre più
evidenti di irregolarità, se non lavoro
nero. Non ritieni che questo mondo
avrebbe bisogno di un’analisi più attenta, ad ogni livello, da parte della nostra
organizzazione?
❝In occasione della recente conferenza
di organizzazione in molte regioni, e
con particolare evidenza in Lombardia,
il tema del lavoro diffuso, precario e
delle zone di confine con il lavoro nero
e con lo sfruttamento del lavoro dei cittadini stranieri è stato oggetto di attenta analisi e di concrete azioni sindacali
in condizioni di straordinaria difficoltà.
La realtà che emerge in molti casi è
veramente insopportabile: non sono
solo i contratti a non essere rispettati
togliendo diritti fondamentali, spesso le
denunce dei lavoratori riguardano vere
e proprie violazioni di legge.
Abbiamo lavorato in questi mesi, a tutti
i livelli, per migliorare e meglio organizzare la risposta sindacale e la nostra iniziativa, a partire dal centro nazionale.
I contratti nazionali, la lotta per la loro
applicazione insieme alle clausole
sociali sono la prima e principale iniziativa. Insieme a questo c’è molto
lavoro da fare e riguarda, prima di
tutto, la conoscenza delle situazioni
produttive che sfuggono alla presenza
sindacale e la difficile azione di organizzazione del sindacato in queste
realtà molto ostili.
Su questo problema lo sforzo politico e
organizzativo, non solo in termini di
risorse impegnate, riguarda tutti i livelli dell’organizzazione, perché si tratta
di rendere disponibili le tutele fondamentali a molti lavoratori che, senza
l’azione del sindacato, non troverebbero nessuno dalla loro parte.❞
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 9
Tempo presente
il mio
Vittorio Foa
“quando si enunciano i
diritti di libertà, non se ne
dovrebbe parlare in prima
persona, bisognerebbe parlare dei diritti di tutti: associando ai diritti un valore
collettivo noi possiamo dare
loro un senso più alto” V. F.
“la libertà è al principio e alla
fine di ogni processo di cambiamento. Al principio come
presupposto della capacità
dell’individuo di progettare;
alla fine per garantire
l’autonomia individuale e
collettiva e farla fiorire” V. F.
di Nino Cortorillo
Perché negli ultimi anni molti, nella sinistra e nel sindacato, chiedevamo a
Vittorio Foa di dare la sua opinione, di
interpretare, di sciogliere i nodi di quanto avveniva nel paese, di dare un senso
a fatti e trasformazioni che sfuggono ad
una chiara e lineare spiegazione?
E perché proprio a lui, ormai distante da
decenni per scelta e per età dalla politica attiva, e non ai tanti uomini e donne
della politica come mestiere che
dovrebbero, proprio perché perennemente al centro di dibattiti e confronti,
in viaggio continuo per l’Italia e tutte le
sue città, con ben altro vigore fisico,
capaci di disporre di studi e ricerche su
ogni argomento e in ogni momento?
Perché, quindi, un uomo che ha attraversato la storia della sinistra, senza
esser mai stato comunista, è diventato
alla fine della sua vita un riferimento,
non per una parte, ma penso per le
molte parti che hanno composto o scomposto la sinistra e, addirittura, una sorta
di oracolo per molti di noi, ben aldilà
della nostra collocazione individuale?
A queste domande non so rispondere
per gli altri, ma le uso come una chiave
per dare una mia risposta, molto parziale e molto soggettiva, anche laddove si
tratta di riportare fatti e avvenimenti
ormai parte della storia e quindi in teoria razionalizzati.
Foa ha attraversato la storia del novecento. Ne è stato parte ed anche protagonista. L’ha attraversata non come un
uomo ad un’unica dimensione, ma con
la capacità, o forse diversa incapacità,
di ridurre la complessità della vita ad
un’unica angolazione e lettura. Non ha
mantenuto sempre la stessa opinione, è
stato contraddittorio, ha riletto proprie
decisioni e pensieri riconoscendo limiti
ed errori, ma non ha, però, avuto il
vizio di ripulirsi dagli sbagli del passato,
incolpando altri o trasformandosi nel
censore della storia. Come gli apostati,
i credenti che cambiano chiesa o gli atei
che divengono ferventi credenti. Diceva
“il mondo è cambiato così in fretta
che sarei uno strano tipo se non fossi
cambiato anche io”.
Certo ben pochi hanno avuto questo
sguardo sulla storia del paese dagli anni
venti sino ad oggi, tale da rileggerla e su
ogni periodo essere in grado insieme di
assumerne i fondamenti, ma anche di
smitizzarla, di sottrarsi alle caricature.
Roland Barthes dice che ci sono alcuni
uomini, e donne, e usa il greco atopos,
con il significato di inclassificabile,
dotato di una originalità sempre
imprevedibile, difficili da definire.
Questa originalità, che non ha nulla a
che vedere con l’eccentricità, o con la
voglia di stupire o di dissacrare al solo
fine di ridurre a parole prive di significato ogni discussione, mi sembra sia la
sua capacità di non accettare religioni e
interpretazioni già definite, in grado
forse di fornire risposte, ma incapaci di
dare all’azione umana e al suo pensiero
un ruolo protagonista. Usa le parole, ma
conosce il pericolo che risiede nella
radicalità del linguaggio ed è contro una
sua semplificazione.
Foa è il risultato di una formazione che
per fasi successive, ma certo anche
9
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 10
T E M P O
P R E S E N T E
Tempo presente
10
insieme e intrecciando e sovrapponendo ogni fase della sua
vita, è data dall’essere di famiglia ebraica, ma non credente
(il nonno era rabbino capo a Torino), antifascista attivo sin
dagli anni ’30, incarcerato ed esiliato durante il fascismo,
leader della resistenza, di Giustizia e Libertà e poi del Partito
d’Azione, membro della Assemblea Costituente, parlamentare del Partito Socialista dal ’53, sindacalista della Cgil con Di
Vittorio e segretario della Fiom, candidato nelle liste di
Democrazia Proletaria nel 1976, docente universitario di storia, prima di ritirarsi dalla politica attiva e assumere attraverso i suoi libri quel ruolo autobiografico di sé e della nostra storia dove sono convinto risieda il suo lascito migliore. Libri che
non ci danno sempre risposte, ma che allargando i suoi dubbi
ci aiutano a trovarne di non scontate.
Qualunque ruolo abbia assunto nella sua vita, nessuno lo ha
visto rifugiarsi nel settarismo o nella certezza di aver trovato
ogni risposta. Ogni sua decisione ha dentro la debolezza, o la
grandezza, o meglio l’umanità, della propria realizzazione
come essere umano, non separando le ragioni soggettive delle
scelte dai contenuti delle scelte politiche esterne.
Così, quando spiega perché è diventato antifascista, scrive
che il fascismo era odioso, ma anche noioso e che la sua era
anche una reazione contro una vita già segnata, contro anche
un consenso di massa al fascismo che lo faceva sentire solo ed
isolato. Il male non era esterno o solo nel fascismo, ma era
parte della società. Questo mi ha ricordato un geniale aforisma di Giorgio Gaber che diceva non ho paura di Berlusconi
in sé, ma di Berlusconi in me.
Un bisogno, quindi, di autoaffermazione personale attraverso
l’attività politica.
Nel suo agire dentro il fascismo non usa mai il pessimismo che
Gobetti rivolge al popolo italiano ed alla borghesia, giudicati
spenti e incapaci di reagire. Tanto da, lui liberale, sperare
che sia la classe operaia a fare quella rivoluzione liberale che
non ha fatto la borghesia che, anzi, ha partecipato all’avvento del fascismo. In Foa il popolo non è mai malato, ma va
risvegliato. Usa la ragione, le argomentazioni, ma non
l’illuminismo un po’ snob di chi giudica la passività altrui,
pretesto spesso della propria inanità. L’accompagnerà sempre
questa sua fiducia nel cambiamento possibile, nell’uomo e
nella sua volontà. Il suo eroe positivo è il principe Miskyn
nell’Idiota di Dostoevskji, l’essere buono contro il male nella
vita. E quando deve citare il libro più significativo della sua
vita, parla di Guerra e Pace di Tolstoj.
Poco politico per molti, ma che ci fa capire anche la sua ricerca ed i suoi riferimenti.
Essere antifascisti negli anni ’30 significava sapere che il carcere ed il confino erano una possibilità molto concreta. Magari
solo per aver pubblicato un articolo su una rivista.
Di sé nel carcere dice “ avevamo l’intima certezza di essere
gli unici uomini liberi in Italia” e a chi nel dopoguerra gli chiede di iscriversi all’associazione perseguitati dal fascismo risponde no, qui sì con un egocentrismo caustico e spiazzante, come
molte sue risposte, perché “eravamo noi a perseguitare il
fascismo”. Si considerava allora un post fascista e non solo un
antifascista.
Nel carcere prosegue il suo studio, la continua riflessione con
gli uomini di Giustizia e Libertà e dalle sue lettere si possono
capire i rapporti con la famiglia che mantiene il legame con
l’esterno, ma anche con gli affetti con la vita quotidiana che
si compie. Lontano da altri eroi risorgimentali nelle carceri
che si lamentano della propria condizione e da tante agiogra-
fie storiche. E così diverse le sue lettere da quelle di Gramsci
che invece sono attraversate da solitudine, rancori, paure
verso il partito.
Eppure le lettere di Foa e di Gramsci dal carcere, insieme al
Manifesto di Ventotene di Spinelli, restano tra gli scritti più
importanti della sinistra italiana. Come se, da quel luogo chiuso e lontano, fosse possibile leggere e comprendere meglio che
stando nella realtà. Come se la distanza sia la premessa a una
riflessione più intima e vicina alle cose ed invece la prossimità
lasci solo il frastuono e l’incapacità dell’ascolto e dell’approfondimento. Lo sorregge un’attesa positiva e non si sente mai
uno sconfitto e, non a caso, usa l’incipit di Vico per dire, certo
del carcere e del fascismo, ma forse di ogni situazione futura
che ha vissuto, “paion traversie e sono opportunità”.
La sua capacità di decifrare percorre la resistenza, liberato dal
carcere nel 1943, e la fase costituente. Bisogna immaginare
uomini e donne di credi politici ed ideologici così diversi e
avversi, in un mondo che si spezzava tra ovest ed un est creato
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 11
Tempo presente
sulle cartine geografiche, con letture
della società opposte ed un’Italia poverissima, composta in prevalenza da analfabeti e contadini e ridotta a macerie.
Eppure ne esce la Costituzione, scritta da
uomini che sanno che, per non far ripiombare il paese in una democrazia limitata
o nella guerra civile, serve avere valori
fondanti riconosciuti da cattolici ed atei,
da liberali, socialisti e comunisti.
La scelta di entrare nel sindacato e nella
Cgil è anche frutto della sconfitta delle
sinistre e della dissoluzione del Partito
d’Azione in cui militava. Di quegli anni
resta il suo legame, più che per il politico, per l’uomo Di Vittorio che ha sempre
giudicato il maestro più importante
avuto. Amava il personaggio, la sua umanità, la capacità di immedesimarsi negli
altri. In molte cose sembrava l’opposto.
Uno della Torino colta e borghese, l’altro
contadino che studia da solo la sera. Uno
intellettuale e riflessivo, l’altro stratega
e insieme istintivo e passionale.
In realtà, due uomini di una sinistra non
settaria e capace di cercare le risposte
non nelle ideologie.
Foa fa risiedere, infatti, nella libertà,
nella possibilità delle persone di valorizzare se stessi anche attraverso il lavoro e di
creare più giustizia e di avere opportunità, e non nella ideologia, nemmeno in
quella classista e comunista, l’interpretazione del proprio agire. È nettamente contrario ad un’analisi che vede nelle
ricorrenti crisi del capitalismo un preludio
per un nuovo impoverimento di massa e
per la sua caduta. Interpreta, invece, con
ragione, ogni crisi come una dinamica di
trasformazione economica e dei rapporti
sociali e di produzione che porteranno ad
un nuovo equilibrio. Proprio in questo passaggio è centrale l’azione del sindacato e
il ruolo dell’azione dei lavoratori. Anzi, di
fronte alla crisi sostiene che non ci si deve
chiudere, ma bisogna allargare la partecipazione e il confronto.
Vede trasfigurare nella sua vita due concetti a lui cari, quello di nazione in
fascismo e quello di classe nei comunismi totalitari.
Però, quando il comunismo cade nel
1989 e insieme si trascina la fine del PCI
è lui, mai comunista, che si domanda
del perché del silenzio dei comunisti.
Del perché una storia che ha coinvolto
un terzo degli italiani sia rimasta senza
voce, come un lutto. Non vuole che
rinasca, ma non capisce come sia stato
possibile cancellare la passione e il sentimento di molti. Chiede agli ex comunisti che al silenzio segua la parola, unica
via per comprendere.
Ed è questo che, forse unito ad una
grande presunzione della propria capacità di convincere l’altro, lo porta, fatto
assolutamente raro, ad aver fiducia nei
cambiamenti delle opinioni dei suoi
avversari. Foa, a chi gli chiede se crede
alla destra che non è più fascista,
risponde che è contro una visione biologica della politica, che inchiodi le persone per sempre ad un’idea. E, invece
di fare paragoni impropri tra Berlusconi
e Mussolini, è capace di vedere gli effetti devastanti sulla società di una democrazia televisiva, dell’annullamento del
significato delle parole, dello svuotamento della storia. Mi convince l’idea
che il pericolo non si presenta mai con
lo stesso volto. Potrei aggiungere che,
se cambia la malattia, deve cambiare la
medicina, ma se anche la malattia sembra simile ad un’altra forse è il malato
che è cambiato, oppure dovremo servir-
“per Vittorio la storia siamo davvero noi, un noi grande che
accoglie infinite diversità di idee, di culture, di popoli. E da
questo grande noi può scaturire ogni giorno l’impensabile,
quello che chi legge il mondo solo attraverso i numeri, le
statistiche, le macrograndezze economiche, non riesce
nemmeno a immaginare.” Andrea Ranieri
ci del progresso della scienza. Di fronte
al vuoto della partecipazione, ai rischi
possibili, a chi gli chiede conferma che
si stiano perdendo i valori, lui reagisce e
sostiene che di esempi le persone hanno
bisogno. Esempi che valgono più di valori che, per quanto importanti, sono
astratti e non possono essere riproposti.
Direi che i valori sono freddi e gli esempi sono caldi. Affronta, a quasi cent’anni, il futuro come proiezione non meccanica del passato. Si interroga sempre
su quanto avvenuto ed è pieno di curiosità su quello che sarebbe stato.
Lo si vedeva parlare ed argomentare con
lucidità, con la certezza che alla fine del
discorso l’interlocutore sarebbe certo
convinto, ma pure silenzioso nell’ascolto, attento a cogliere sfumature, per poi
replicare riconoscendo nuove verità e
proprie contraddizioni. È una fiducia illimitata nel dialogo e in se stesso. Quando
ripensa al passato delle lotte e alla condizione operaia, a chi gli chiede qual è
stata la conquista più importante, una
volta dice il frigorifero e un’altra
l’automobile. Ed è capace di rileggere la
distanza tra quanto le persone sentivano
come bisogni materiali immediati e
quanto l’ideologia guardava ad altro.
Uno dei suoi libri più belli e noti, Il
cavallo e la torre, è tutto giocato sul
titolo che presuppone una concezione
non meccanica dei rapporti sociali, politici e tra le persone. A chi come un
moto perpetuo, una ripetizione schematica che non richiede alcuna partecipazione attiva delle persone, propone la
mossa della torre, sempre prevedibile,
propone invece la mossa del cavallo,
che richiede invenzione, capacità di
spiazzare l’avversario. Io penso, però,
che Foa pensasse alla mossa del cavallo
anche come capacità di spiazzare la
propria parte.
In fondo, nella nostra scacchiera della
politica e della vita della sinistra e del
sindacato, lui ha interpretato, o scelto,
l’imprevedibilità del cavallo.
“Vittorio Foa, lo ha detto
lui stesso, era un uomo che
aveva nostalgia solo del
futuro, e proprio per questo era così libero e nuovo
nel riflettere sul passato e
sul presente.” A. R.
11
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 12
Tempo presente
“Il Libro Verde di Sacconi”
Attenti all’imbroglio!
!
T E M P O
P R E S E N T E
di Fulvia Colombini, Segretaria Cgil Lombardia
12
Il Libro Verde, dal suggestivo titolo “ La
vita buona nella società attiva”, è stato
pubblicato, il 25 luglio scorso, dal
Ministero del Welfare che ha dichiarato
di volerlo sottoporre a tre mesi di
“ascolto” prima che il contenuto diventi
“Libro Bianco” e quindi norma di legge.
I tre mesi sono trascorsi, senza che le
parti sociali siano state convocate per
una prima discussione. Evidentemente,
per il Governo, l’ascolto si concretizza
nel fatto che, se qualcuno avesse eventualmente delle osservazioni da fare,
può inviarle per posta senza sapere se
saranno tenute in considerazione, esaminate, valutate, accolte o respinte.
Il primo problema è quindi rappresentato dall’inesistenza di relazioni sindacali
e di possibilità di confronto nel merito di
contenuti tanto importanti perché prefigurano un cambio di modello per il sistema di welfare: la salute, l’assistenza, la
previdenza, il lavoro.
Dal punto di vista temporale, il Libro
Verde si colloca nel contesto di alcuni
provvedimenti già varati e altri che
saranno approvati entro la fine dell’anno in corso, collegati alla legge finanziaria. La legge 133/2008, sulla quale la
Cgil ha espresso un parere negativo,
contiene le norme per la tassazione
separata dei premi aziendali, anche
erogati unilateralmente dal datore di
lavoro e la detassazione del lavoro straordinario con un’eventuale loro estensione anche al lavoro pubblico. Sta per
essere varata la riforma del processo
del lavoro con pesantissime limitazioni
al ruolo del giudice e l’inserimento di
una regolamentazione molto estensiva
sulla certificazione dei rapporti di lavoro, come misura alternativa al ricorso
alla magistratura. La “controriforma
della scuola” del Ministro Gelmini, già
operativa per quanto riguarda il primo
livello di istruzione, con il ritorno al
maestro unico e l’abolizione del tempo
pieno, la riforma del sistema universitario già delineata nei suoi contenuti che,
oltre alla riduzione dei finanziamenti,
inserisce la possibilità di privatizzazione
Il Libro verde prefigura un
sistema di welfare che da
universalistico diventerebbe
negoziale e dove il singolo
dovrebbe cercare la soddisfazione ai propri bisogni
rivolgendosi al mercato.
La Cgil, invece, chiede di
mettere al centro del sistema
di welfare la persona, studiando risposte adeguate e
flessibili ai bisogni e che tengano conto della mutata realtà sociale, ripristinando
l’universalità dei diritti.
degli atenei, sono punti di snodo del
complessivo disegno delineato dal Libro
Verde.
I provvedimenti economici già assunti
dal Governo prevedono inoltre, per il
prossimo triennio, un taglio di 9 miliardi di Euro per il Servizio Sanitario
Nazionale.
Il Libro Verde si colloca al crocevia di
una strategia complessiva, collegata
anche al tema del Federalismo, che sarà
trattato in Parlamento nei prossimi
mesi: al centro del dibattito governativo sembra collocarsi in modo prevalente il tema dell’attribuzione delle imposte in ragione del principio leghista, per
noi inaccettabile, che le imposte appartengono al territorio dove sono raccolte
e che il potere legislativo autonomo
delle Regioni debba essere aumentato a
scapito sia dello Stato centrale sia delle
altre autonomie locali, Province e
Comuni.
Entrando, invece, nel vivo dei contenuti del Libro possiamo affermare che
alcune osservazioni preliminari e di
principio sono condivisibili, come il riconoscimento della mancanza di una visione strategica d’insieme delle politiche
sociali ed il richiamo alla necessità di
integrare le politiche socio-assistenziali
con quelle sanitarie e del lavoro, evitando il pericolo di frammentare i bisogni e le risposte, come pure la sottolineata necessità di tenere insieme sviluppo sociale, valorizzazione della persona e sviluppo economico. Ma a queste
condivisibili premesse generali fa
riscontro, in modo del tutto incoerente,
la proposta che lo Stato si ritiri sempre
più dalla tutela pubblica universale, a
vantaggio di soluzioni diversificate nel
territorio ad opera dell’azione “complice” delle parti sociali, attraverso la
contrattazione del welfare e la diffusione della cogestione dei servizi sia
riguardanti il lavoro, sia sociali, assistenziali e sanitari.
Sono enfatizzate tutte le difficoltà economiche e organizzative dei diversi
comparti del welfare italiano (lavoro,
sanità, assistenza, previdenza, salute e
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 13
Tempo presente
sicurezza nel lavoro) per spingere verso
il risultato sopra descritto. Si indica la
privatizzazione di tutti i servizi come la
modalità più indicata per guadagnare
efficienza e ridurre i costi di gestione,
collegata alla campagna contro “i fannulloni” rivolta al pubblico impiego.
Le grosse incongruità presenti nel
mondo del lavoro come il lavoro nero, il
lavoro grigio, l’evasione fiscale e contributiva sono fatte risalire ad un eccesso
di vincoli in generale, ma soprattutto
verso l’impresa, che deve essere alleggerita di obblighi e regole, valorizzando
invece, come risolutore di tutti i problemi, il metodo della bilateralità tra
Associazioni imprenditoriali e Organizzazioni sindacali per tutta una nuova
gamma di compiti che vanno da intermediazione tra domanda e offerta di
lavoro, certificazione dei rapporti di
lavoro, validazione della congruità contributiva, a formazione, politiche attive
del lavoro, gestione bilaterale degli
ammortizzatori sociali. Quindi, eliminazione delle norme obbligatorie e delle
sanzioni conseguenti, in caso di inadempienza, in cambio di una promessa di
cogestione dei processi tra sindacati e
aziende. Anche i casi di crisi aziendale e
i flussi economici in ribasso o in rialzo
dovrebbero essere gestiti in modo bilaterale attraverso gli ammortizzatori
sociali. L’idea contenuta nel testo è
quella di un sindacato che cambia la
natura del suo operato e le modalità
della propria rappresentanza.
Nel testo sono contenute analisi tese a
dimostrare l’insostenibilità della spesa
pubblica nella sanità, per la quale si
prevede addirittura, entro il 2050, un
raddoppio di spesa in rapporto al Pil.
Risulta evidente che questa drammatizzazione mira a ridurre il finanziamento
pubblico e a dare nuovo impulso a fondi
integrativi e assicurazioni sia in materia
sanitaria che previdenziale, facendole
diventare le materie principali della
contrattazione nazionale o aziendale.
Anche in questo contesto entrerebbe in
gioco la bilateralità per la gestione di
detti fondi.
Per quanto riguarda le pensioni si afferma che anche i recenti interventi legislativi non sarebbero in grado di stabilizzare la spesa nel tempo e quindi è
messo in discussione il principio, ottenuto con il Governo Prodi, che tutte le
nuove pensioni di coloro che oggi sono
giovani e hanno contratti flessibili, precari o discontinui non potranno essere
inferiori al 60%.
Si prefigura che le parti sociali diano vita
ad un sistema di relazioni fondato sulla
“complicità tra capitale e lavoro” superando l’antagonismo originario e scoprendo i vantaggi della partecipazione azionaria dei lavoratori nella propria impresa.
Si prefigura un sistema di welfare che
da universalistico diventerebbe negoziale e dove il singolo dovrebbe cercare
la soddisfazione ai propri bisogni rivolgendosi al mercato e valutando anche le
possibilità offerte dalla propria famiglia. Il ruolo delle donne, che in questi
anni sono entrate in massa nel mercato
del lavoro, tornerebbe ad essere principalmente legato ai bisogni di cura. Le
donne sarebbero compensate magari
attraverso voucher o buoni sociali. In
Lombardia conosciamo bene questo tipo
di politica, per esempio nella sanità,
che nel tempo ha aumentato i costi
senza che sia migliorato il livello di salute della popolazione e il grado di efficienza dei servizi.
La nostra richiesta di mettere al centro
del sistema di welfare la persona, studiando risposte adeguate e flessibili ai
bisogni e che tengano conto della mutata realtà sociale, è stravolta indirizzando
il cittadino verso una risposta privatistica
a discapito dell’universalità del diritto.
In linea con quanto sopra esposto, nel
Libro Verde scompare qualsiasi riferimento sul Fondo Nazionale della nonautosufficienza che il Governo precedente aveva introdotto e cominciato a
finanziare. Stessa sorte tocca alla legge
328/2000 (legge Turco) sulle tutele
sociali e sull’assistenza.
Si attendeva dal Governo il varo dei
Liveas (livelli essenziali di assistenza
sociali), che avrebbero delineato il quadro dei diritti sociali esigibili da ogni
cittadino e, invece, si procede esattamente all’inverso, facendo diventare
tutti i diritti di cittadinanza, sociali, del
lavoro incerti e non più universali.
Oggi ci confrontiamo con un nuovo problema che sta diventando, di giorno in
giorno, sempre più drammatico: la crisi
economica che si sta trasformando in
recessione produttiva, in blocco generale dei consumi e perdita di posti di lavoro. Il ricorso agli ammortizzatori sociali
sta aumentando in misura esponenziale
e, alla luce di tutto ciò, le proposte contenute nel libro Verde diventano ancor
più inadeguate e inaccettabili.
La Cgil ha presentato la sua piattaforma
di richieste contro la crisi, a sostegno
dell’occupazione, dei redditi da lavoro
e da pensione dichiarando uno sciopero
generale per il 12 dicembre prossimo.
Oggi è il momento di essere uniti, di
partecipare alle lotte anche per scongiurare riforme che hanno il solo scopo
di eliminare tutele, ridurre diritti e
abbassare le regole democratiche del
nostro paese.
13
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 14
Tempo presente
Patto per la riforma del TPL
in Lombardia
di Oriella Savoldi, Segretaria Cgil Lombardia
T E M P O
P R E S E N T E
L’avvio di una riforma condivisa,
che risponda in modo adeguato ed
efficace alle esigenze di mobilità
dei cittadini, necessita di maggiori
risorse per migliorare la puntualità
e aumentare i passeggeri.
14
La firma sindacale del Patto per la riforma del Trasporto
Pubblico Locale dell’11 Novembre 2008 chiede una riflessione
che vada oltre il giudizio, in sintesi positivo, che l’ha determinata. Provo a formularla in ascolto della mia esperienza, quella di una donna, sindacalista che è arrivata a un Tavolo di confronto solo nella fase finale.
Intanto è bene sapere che il Patto sarà alla base del processo
di riscrittura della legge regionale attualmente in vigore
(LEGGE 22/98) e che è il risultato della negoziazione - fin dove
è stata possibile - tra i diversi interessi, anche contrapposti,
dei protagonisti che hanno partecipato al tavolo di confronto:
Regione, Province, Comuni, Associazioni dei consumatori,
Associazioni dei pendolari e Organizzazioni sindacali di categoria e confederali. Segna una tappa che ha registrato alcune
novità di comportamento e che chiederà attenzione a quelle
che si determineranno per realizzare quanto in esso è stato
condiviso per migliorare il servizio pubblico di trasporto.
La novità è la stessa apertura di un tavolo allargato di confronto da parte della Regione Lombardia; una novità fortemente
sollecitata sin dall’inizio dalle OO.SS., orientate a superare la
pratica di incontri bilaterali fra la Regione e i diversi soggetti
interessati, dei quali erano restituiti riassunti in cui troppo
restava non detto, molto lasciato nell’ambiguità o al gioco di
chi era intenzionato a scaricare responsabilità.
Si è trattato, dunque, di un confronto più trasparente, molto
faticoso, che non ha escluso, fra le quinte, incontri e contatti
soprattutto là dove si è trattato di ricercare mediazioni. Ha
obbligato all’ascolto paziente di tutti i partecipanti e ha
lasciato senza velo protagonismi, forzature, rendite di posizione, difficoltà a costruire alleanze. Evidente è stato il rischio,
sempre presente, che andasse smarrito l’orizzonte di miglioramento che il confronto si proponeva e, al contempo, quello
che i costi maggiori necessari per realizzarlo fossero scaricati
sulle spalle di pendolari, lavoratori, utenti e cittadini, uomini
e donne che fruiscono del servizio e che già contribuiscono a
sostenerlo. Rischi, il cui contrasto, ad onor del vero, ha impegnato fino all’ultimo la Cgil e la sua categoria.
Questo percorso andrebbe valutato in modo più approfondito
di quanto io possa qui affrontare, per coglierne limiti e possibilità. La circolarità del confronto, infatti, se da una parte ha
evitato l’indifferenza spesso riservata alle posizioni sindacali
da parte della Regione, o “scontri bilaterali”, dall’altra non ci
ha risparmiato forzature e sicuramente ha offerto un’ampia
platea ad una Giunta Regionale che, pur favorendo il confronto durato più di un anno, non ha mai rinunciato ad esercitare
tutto il suo potere, compreso quello basato sulla minaccia di
chiudere la borsa lasciando senza trasferimenti enti locali e
imprese.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 15
Tempo presente
COSA PREVEDE IL PATTO
Nella prima sezione, decide la distribuzione delle risorse statali e regionali
destinate al TPL e alla riforma, cifre
imponenti, da capogiro, ma che restano
insufficienti: 88 milioni di corrispettivi
statali aggiuntivi per il 2008, 17 milioni
di corrispettivi regionali destinati a
Province e Comuni capoluogo per compensare la quota IVA sugli stessi, per la
copertura di nuovi servizi aggiuntivi e
per le sanatorie di contenziosi tra gli
enti e le aziende di gestione, più una
quantità determinata in misura pari al
tasso relativo al patto di stabilità previsto dalle Leggi Finanziarie dello Stato, a
titolo di adeguamento annuale. A queste
risorse si aggiungono 118 milioni, dei
quali 103 statali, destinati a finanziare
l’ammodernamento del piano rotabile.
Nella seconda sezione il Patto delinea
gli aspetti della Riforma, dichiarata fin
dall’inizio quale obiettivo principale. Essi
sono stati costruiti nella comune convinzione che l’attuale sistema lombardo non
funziona, mettendo a confronto sistemi
di trasporto europei, ritenuti funzionanti. Sarebbe stato preferibile, invece, partire dall’analisi dettagliata dei nodi,
degli intoppi, dei limiti del TPL esistente
per indagarne l’origine, le responsabilità
e per individuare i rimedi necessari e gli
interventi utili a risolverli.
L’indagine sull’esistente avrebbe permesso di cogliere che all’origine di tante
disfunzioni c’è una mancata comunicazione e collaborazione fra enti “proprietari”, enti gestori e imprese che, in virtù
della legittima autonomia decisionale, si
muovono all’interno di una dinamica
competitiva tutta schiacciata su potere
e ripartizione di risorse, perdendo di
vista le esigenze di buon funzionamento
del servizio.
Confrontare modelli può portare anche
alla scelta del migliore, ma resta il fatto
che disfare e rifare modelli è oneroso e,
soprattutto, non mette al riparo dalla
riproduzione di quel modo di operare e
di quei rapporti che sono causa del cattivo funzionamento del sistema.
Il modello di riforma delineato, tutto da
realizzare nei suoi molteplici obiettivi,
prevede la riduzione a 7 degli attuali 22
bacini, e la creazione di Agenzie, a totale
controllo pubblico, composte dalle
Province e dai Comuni capoluogo, cui parteciperà anche la Regione, che avranno
compiti di programmazione, regolazione e
controllo del servizio svolto dalle aziende
cui questo sarà affidato. L’ipotesi di riferimento consiste nella ripartizione del territorio lombardo in 7 bacini: Bergamo;
Brescia; Como-Varese; Cremona-Mantova;
Milano-Monza; Lecco-Sondrio; Lodi-Pavia.
Fra i risultati importanti, realizzati nel
Patto grazie alla tenuta sindacale che ci
ha contraddistinti, c’è l’impegno per le
Agenzie ad una consultazione preventiva
degli utenti e delle organizzazioni sindacali su temi quali i contenuti dei contratti di servizio, sulla programmazione
dei servizi e sulle tariffe.
Altro risultato, che costituisce un vero
avanzamento nella civiltà dei rapporti a
questo livello è l’introduzione della clausola sociale già nei bandi di gara per
l’affidamento del servizio, che impegna
le imprese che subentreranno al mantenimento dei livelli occupazionali e all’applicazione del CCNL e degli integrativi.
Quanto alle politiche tariffarie, campo
sensibile per le ricadute sui redditi dei
lavoratori pendolari e degli utenti, ci
siamo impegnati per salvare un ambito
negoziale in materia di adeguamenti
annuali, invece degli automatismi che al
tavolo, su proposta dell’assessorato, trovavano ampio apprezzamento.
In particolare, per l’anno 2009, abbiamo
ridimensionato le attese della Regione di
un aumento straordinario del 10%, riducendolo ad una quantità intorno al 5%,
quale risultato della sommatoria dello
0,75% del tasso di inflazione, già stabilito
dalla legge regionale vigente e di ulteriori
punti percentuali, ma legati ad obiettivi di
miglioramento concreto del servizio.
Sugli obiettivi non nascondo di aver
espresso perplessità, in particolare per
quello che prevede, cosa paradossale,
l’aumento delle tariffe in caso di miglioramento della puntualità dei treni.
Risultato rilevante e positivo è l’aver
subordinato l’applicazione della percentuale di aumento che si determinerà per
il 2009 ad una valutazione dell’impatto
sociale della crisi generale in atto.
Per concludere, posso tranquillamente
affermare che ha pagato l’aver puntato
con pazienza e determinazione ad
obiettivi di rispetto e garanzie concrete
per coloro che fanno riferimento a noi,
ed alla costruzione di spazi negoziali
anche per il futuro.
Abbiamo sancito la via della negoziazione, invece di meccanismi che si sarebbero rivelati dannosi per i lavoratori dipendenti dei servizi di trasporto e per gli
utenti pendolari. Abbiamo definito un
argine di difesa e di possibilità, rispetto
ad indirizzi legislativi destinati ad orientare i comportamenti in un campo pieno
di interessi diversi e spesso contrapposti, nel quale stare in un rapporto di
fiducia è davvero problematico.
Questo è tanto più vero in un tempo
nel quale far funzionare bene le cose
pubbliche sembra un obiettivo più
sbandierato che realmente perseguito
e troppe situazioni di difficoltà cadono
nell’indifferenza.
Le partite restano aperte e sono chiaramente collegate alle politiche nazionali di
redistribuzione della ricchezza e di tutela
dei redditi, in una fase di crisi acuta e di
maggiore sofferenza per chi vive del proprio lavoro: condizioni mai perse di vista
nel discutere e nel firmare, garantendoci
spazi che vanno ben oltre le molte dichiarazioni apparse sui quotidiani.
Per leggere il testo del Patto:
www.filt.lombardia.it
PRINCIPALI OBIETTIVI DELLA RIFORMA:
✔ l’incremento del numero dei passeggeri trasportati entro il 2015 di almeno
il 30% in area urbana e almeno il 20% a livello regionale;
✔ lo sviluppo di nuovi servizi di TPL e l’incremento dell’offerta di treni km
del 20%;
✔ il miglioramento della puntualità del servizio ferroviario regionale di almeno il 3% entro il 2010 e del 5% entro il 2015;
✔ il miglioramento della velocità commerciale dei mezzi su gomma del 10%
entro il 2011;
✔ la riduzione dell’indice di soppressione del servizio del 50% entro il 2011 e
del 90% entro il 2015;
✔ la riduzione dell’età media del parco mezzi (treno/gomma) di almeno il
20% entro il 2011 e del 40% entro il 2015;
✔ l’integrazione tariffaria sull’intera regione (unico titolo di viaggio per tutti
i vettori, utilizzabile sia su gomma che su ferro) prevedendo di realizzarla
entro il 2009 nell’area milanese servita dalle linee S ed entro il 2010 in
tutta la regione;
✔ l’istituzione, entro il 2010, di un sistema di tariffe differenziate e incentivanti per utenti svantaggiati, ragazzi, studenti, anziani, gruppi familiari e
per fasce orarie di utilizzo;
✔ la sperimentazione, entro il 2010, di nuove forme innovative di bigliettazione e di miglioramento del servizio informativo che incentivino la mobilità e l’utilizzo del TPL.
15
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 16
Tempo presente
Per il Gruppo FS
una missioned’interesse
generale
T E M P O
P R E S E N T E
di Alessandro Rocchi, Segretario Nazionale Filt-Cgil
16
Il confronto avviato con il
Gruppo FS, il 2 settembre
scorso, è giunto ad un bivio
e si colloca in un quadro in
cui la crisi finanziaria,
commerciale, industriale e
produttiva nella quale versa da tempo FS è soggetta a
più variabili ed esposta a
possibili diversi esiti.
Per la Filt-Cgil l’accordo va
fatto presto, ritardarlo
ulteriormente è un errore.
Accordo presto, perché…
Azienda “integrata” e unitarietà di
Gruppo. Qualsiasi ipotesi di prospettiva
di FS, come azienda “integrata” e
Gruppo unitario, passa attraverso le
decisioni che Governo e Parlamento
assumeranno sulla “missione” di interesse generale per il Paese assegnata
all’impresa pubblica di trasporto ferroviario e sulla capacità reale dell’azienda di assolvere a tale “missione”.
Certo, non sarà questo accordo a dare
risposte visto che, invece, è l’attuale
impostazione della manovra di finanza
pubblica predisposta dal Governo a
negarle. Fare l’accordo, però, potrà privare il dibattito su questi temi di possibili strumentalizzazioni.
Attività industriali e livelli occupazionali. Nell’azienda “integrata” appena
descritta la manutenzione dell’infrastruttura e dei rotabili rappresenta il
“cuore” delle attività industriali.
Anche in queste settimane, invece, procede la progressiva contrazione delle
attività manutentive svolte direttamente da FS.
Per questo, occorre un intervento
urgente e coerente sui livelli occupazio-
nali, sulle nuove competenze professionali e sui nuovi modelli organizzativi
degli interventi.
Innovazione tecnologica, sicurezza dell’esercizio, organizzazione del lavoro.
Il sistema ferroviario italiano è prossimo
ad una vera e propria “metamorfosi”
tecnologica. Questo processo è spesso
descritto da FS e dagli organi di informazione con toni “propagandistici”, trascurando la necessaria attenzione che, su
questi temi, va dedicata al lavoro.
Attenzione per la qualità e la quantità
della prestazione lavorativa, per i contenuti professionali, per i modelli organizzativi dei cicli produttivi e di esercizio,
per la sicurezza del lavoro, per
un’evoluzione dei regolamenti di esercizio che, oltre alla tecnologia disponibile,
risulti coerente con le concrete condizioni di intervento del fattore umano,
allo scopo di garantire alla circolazione
ferroviaria elevati standard di sicurezza.
Anche in questo caso, l’accordo definibile in questa fase non darebbe soluzione ai problemi aperti, ma risulterebbe
assai utile per evitare soluzioni che,
nella migliore delle ipotesi, domani
potrebbero essere intempestive.
La crisi delle relazioni sindacali. La
crisi è dimostrata da più elementi: scarsa efficacia delle relazioni sindacali
nazionali; sostanziale svuotamento di
quelle di livello decentrato; cronica
conflittualità territoriale che produce
risultati negoziali inadeguati.
La Filt-Cgil ritiene che occorre verificare le possibilità di ripristinare condizioni relazionali minimamente efficaci e,
in prospettiva, individuare correttivi ed
adeguamenti per il modello relazionale
aziendale. In questo senso, l’accordo,
rappresenterebbe un utile segnale positivo e un banco di prova importante.
Il punto sul negoziato
A partire dal 2 settembre, si è sviluppato il negoziato per la definizione di un
accordo su: manutenzione rotabili e
infrastrutture; riassetto organizzativo
RFI; equipaggio treno; navigazione;
organizzazione manovra di RFI; assistenza e vendita. Vediamolo in sintesi.
Manutenzione Rotabili. Attualmente
risulta esternalizzato il 34% circa del
totale delle lavorazioni programmate.
Al momento, si lavora intorno ad
un’ipotesi che, entro il 2009, dovrebbe
riportare nel perimetro di Trenitalia
almeno un 8% di ore lavorate, a particolare contenuto professionale, su tecnologie avanzate e su mezzi in scadenza di
garanzia.
In tale ambito, inoltre, s’ipotizza la progressiva “traslazione” dal 2° al 1° livello di una serie di attività (quasi 140 mila
ore) rientranti nel cosiddetto “progetto
di manutenzione per moduli”.
Se realizzata, tale ipotesi: attesterebbe
intorno al 26% le attività manutentive
esternalizzate (su valori, cioè, analoghi
a quelli del 2004); riporterebbe nel
perimetro FS la quasi totalità delle lavorazioni “pregiate” e di quelle su tecnologie innovative; produrrebbe un apporto occupazionale netto di almeno 700
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 17
Tempo presente
unità lavorative “dirette” in più di quelle impiegate oggi.
Riorganizzazione RFI. Allo stato del
confronto, si ipotizzala un’unica Direzione Compartimentale ubicata in ognuna delle attuali 15 sedi e 13 COER, localizzati a Torino, Milano, Genova,
Venezia, Verona, Bologna, Pisa, Firenze,
Roma, Napoli, Reggio C., Bari, Palermo.
Nella nuova Direzione Compar timentale confluirebbero le attuali attività della D.C. Infrastruttura e quelle
dell’attuale D.C. Movimento che non
transiterebbero nel COER, compresi
quindi le Unità Territoriali e i Reparti
territoriali movimento.
I COER, invece, sarebbero posti in linea
direttamente con la sede centrale.
Questo macro-modello organizzativo
sarebbe successivamente oggetto di
un’ulteriore fase di confronto per definire la riarticolazione delle nuove
Direzioni Compartimentali.
Tuttora aperta è, infine, la definizione
di COER anche per la sede di Cagliari.
Manutenzione Infrastrutture. Allo
stato del confronto, si è delineata
un’ipotesi che rinvierebbe ad una fase
immediatamente successiva l’esame
analitico delle azioni necessarie per
incrementare la capacità manutentiva
direttamente realizzata da RFI.
Intanto, però, l’azienda ha prospettato
uno sviluppo degli investimenti, con
l’acquisto di macchine operatrici per
cantieri meccanizzati e, quindi, la reinternalizzazione di quote di attività nel
rinnovo deviatoi, nella sostituzione
rotaie, nel livellamento sede e nella
sostituzione linea di contatto, i cui
livelli di esternalizzazione sono oggi
attestati, rispettivamente, al 65%, al
79%, al 55% e al 27%.
Un percorso così delineato richiede,
però, adeguati apporti di organico da
immettere in ogni caso. Su questo
punto, le distanze sono tuttora significative, perchè FS quantifica tali primi
apporti in sole 350 unità (di cui 240 per
la rete tradizionale e 110 per l’attivazione della nuova linea Milano-Bologna).
Equipaggio treno. La prolungata ricognizione svolta a partire da inizio settembre – seguita a quella già tenutasi
tra il febbraio e l’aprile scorsi - ha consentito di approfondire ed integrare i
termini del problema.
La Filt-Cgil ritiene che, dal confronto fin
qui svolto, sia confermata la necessità
di seguire con grande attenzione gli sviluppi che le implementazioni tecnologiche in atto produrranno nel prossimo
futuro.
Al contempo, però, la Filt-Cgil ritiene
anche che le due fasi di confronto finora sviluppate abbiano reso disponibili
elementi di conoscenza sufficienti per
la definizione di una prima fase operativa di concreta verifica in esercizio delle
nuove tecnologie e della relativa regolamentazione di esercizio.
In tal senso, il confronto può proseguire
per esaminare le condizioni operative e
di utilizzazione del modulo di condotta
ad “agente solo” su un limitato numero
di treni della Divisione Passeggeri
Regionale, da individuare, anche attraverso una verifica congiunta territoriale, tra quelli già attualmente effettuati
con modulo di equipaggio ad “agente
unico”, su linee e mezzi forniti delle
dotazioni tecnologiche richieste, mentre i servizi interessati potrebbero
restare collocati nei normali turni di
lavoro di Personale di macchina e
Personale di bordo.
Tale prima fase operativa – da monitorare costantemente attraverso apposite
sedi miste di verifica, sia territoriali che
nazionale, in primo luogo incaricate di
seguire le condizioni di affidabilità delle
tecnologie impiegate - andrebbe attivata a norme contrattuali (sia di settore
che aziendali) costanti ed avendo un
arco temporale definito in qualche
mese, per confluire successivamente,
accertatene le risultanze, nel nuovo
quadro normativo definibile in occasione della trattativa contrattuale di settore ed aziendale.
Navigazione. E’ stata conseguita un’attestazione condivisa su diversi punti
oggetto del negoziato, ma permangono
notevoli distanze sulla prospettiva dei
collegamenti con la Sardegna.
Manovra. Le principali questioni organizzative sulle attività di manovra transitate in RFI ad inizio 2008 sono sostanzialmente definite. Si tratta della collocazione, nella DCM, delle modalità
organizzative di gestione delle locomotive e del mantenimento delle competenze dei guidatori, attraverso l’implementazione del SAMAC presso la Direzione Movimento.
Per quanto finora ipotizzato, sarebbero
invece affidate ad una fase successiva di
confronto due questioni.
La prima, riguarda le gare sulle attività
di manovra di cui si prevede il mantenimento dell’esternalizzazione, dopo la
proproga a giugno 2009, decisa da RFI,
degli affidamenti “ereditati” da
Trenitalia. Inoltre, su questo aspetto,
da parte sindacale è stata ribadita la
richiesta di inserire nei bandi una clausola di tutela occupazionale ed un’altra
che imponga l’applicazione del CCNL
delle Attività Ferroviarie.
La seconda questione, invece, riguarda
una serie di aspetti di “confine” tra RFI
e Trenitalia, nell’intorno dei quali quest’ultima sta aumentando le esternalizzazioni.
Vendita e Assistenza. Tra gli argomenti
oggetto del confronto risulta essere
quello dove maggiori rimangono le
distanze tra le parti.
Le modifiche apportate da Divisione
Passeggeri Nazionale Internazionale
all’originario progetto di inizio 2008
sono solo parzialmente positive e permangono troppe incertezze sulla prospettiva del settore.
Divisione Passeggeri Regionale, invece, è
sostanzialmente
“prigioniera”
dei
“Cataloghi” presentati alle Regioni, per
cui si è a tutt’oggi in una situazione di
stallo a causa della mancata risposta, da
parte delle amministrazioni regionali,
alle condizioni proposte dal Catalogo.
In sintesi, diversi sono i ritardi e le difficoltà, mentre per DPR, in particolare, si conferma una totale assenza di
strategia.
17
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 18
Tempo presente
T E M P O
P R E S E N T E
Alitalia - CAI,
ora
ricostruire
18
di Mauro Rossi, Segretario Nazionale Filt-Cgil
Con le intese di Palazzo Chigi di settembre,
con gli accordi del 31 ottobre e del 14
novembre, con l’ok dell’Europa e con la
decisione del governo di autorizzarne la
vendita, si è finalmente chiusa una fase
della durissima vicenda Alitalia; ora se ne
apre una nuova.
Ci siamo lasciati alle spalle gli “ultimatum” ed il diabolico countdown verso il fallimento della più importante azienda di trasporto aereo della storia del nostro Paese. Si è cosi scongiurato
l’esteso dramma sociale rappresentato dalla chiusura per fallimento di Alitalia con la conseguente drammatica crisi occupazionale che si sarebbe abbattuta sull’intera industria del
Trasporto Aereo.
Si sono fatti i conti con uno scenario orribile, nelle peggiori condizioni, le più anomale mai vissute nel settore, con l’ansia di
migliaia di lavoratrici e lavoratori e con il pesante senso di
responsabilità di chi doveva necessariamente fare tutto il possibile per evitare il disastro che è stato davvero sfiorato.
Si è riusciti a salvare una parte importante del perimetro delle
attività svolte dall’azienda fallita, ad avere una strumentazione
di sostegno al reddito di sette anni, unica nel paese, a mantenere viva la speranza di moltissimi precari che per primi hanno
pagato la crisi e rischiato di venir esclusi per sempre.
Si è, inoltre, resistito ad un’onda anomala che si poneva
l’obiettivo di spazzare via per sempre diritti, tutele e addirittura il modello tradizionale di relazioni tra sindacato e impresa.
Non può essere sfuggito il legame stretto tra la controriforma
della contrattazione di idea governativa e gli atti messi in campo
nella vicenda Alitalia - Cai.
Una vertenza molto dolorosa che ha determinato la necessità di
gestire comunque un elevato numero di esuberi e gli effetti negativi sull’indotto che, per di più, ha sofferto anche il blocco dei
pagamenti da parte della gestione dell’amministrazione straordinaria del Commissario. Ci vorrà molto tempo per uscire da ciò
che il fallimento di Alitalia ha comportato nel settore.
Usciamo comunque da una fase in cui abbiamo dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato il bisogno, la capacità di saper
gestire questioni delicatissime con serietà e competenza riconosciute, con un livello di coinvolgimento e consenso di tutto
rispetto, un valore proprio della nostra Organizzazione, delle
tante compagne e compagni su tutto il territorio nazionale che
hanno saputo fornire un contributo determinante.
Ci siamo riusciti malgrado tutto, con atti concreti, alla luce del
sole, con la forza delle nostre posizioni che molti nel paese hanno
tentato in modo reiterato di strumentalizzare con l’obiettivo,
purtroppo sempre più vivo, di isolare la nostra organizzazione.
L’accordo di chiusura delle procedure permetterà di garantire ai
lavoratori interessati un periodo di quattro anni di cigs e tre di
mobilità con un reddito, grazie al fondo speciale di sostegno del
trasporto aereo, pari all’80%. A seguire, con i tempi tecnici
necessari e con stretto riferimento alla data di partenza delle
operazioni targate nuova Alitalia, prevista per il 1 dicembre e poi
slittata al 12 dicembre, si avvieranno le assunzioni, inizialmente
pari ad un numero minimo di 10150 lavoratrici e lavoratori ex alitalia (alitalia, alitalia express, volare, air europe), un numero
che sale ai 12639 comprendendo gli organici in capo ad Airone,
secondo i criteri previsti dagli accordi.
Questo numero di “assunti” è destinato a salire con il passare
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 19
Tempo presente
delle settimane e nel prosieguo delle attività, in virtù delle scadenze dei contratti
a termine di Airone; della differenza
oggettiva che separa la programmazione
teorica delle attività e lo svolgimento pratico delle stesse, considerando il reale
rapporto che esiste tra attività svolte e
numero di addetti necessari. Inoltre, le
assunzioni dovranno essere sottoscritte
inizialmente tutte a tempo pieno per una
previsione di legge relativa agli sgravi contributivi.
In seguito, la normale dinamica che vede
incontrarsi le reciproche esigenze del singolo lavoratore e dell’azienda circa la trasformazione del rapporto di lavoro da full
time a part time tornerà ad essere tradizionale, “liberando” nuovo spazio per
addetti da recuperare dal bacino della
cigs. Inoltre, Airone in queste ore dovrebbe passare di proprietà dal Gruppo Toto a
CAI. Solo dopo tale passaggio sarà possibile verificare tempi e modalità dell’integrazione e capire se mai ci sarà completamente, visto che si deve dare per scontato fin da ora un periodo in cui le due
aziende della stessa proprietà proseguiranno un cammino parallelo seppur con
una stessa regia.
Si apre ora una nuova fase, ora è il tempo
di ricostruire un’azienda capace di competere e crescere. Un’azienda “normale”
che sappia cogliere le opportunità e
accrescere le proprie quote di mercato.
Un’azienda capace di generare redditività
e, dal nostro punto di vista, ridistribuire
ricchezza.
Sarà molto importante per noi la garanzia
di una precondizione: la lenta e paziente
ricostruzione del rapporto positivo con i
clienti, da un lato e con lavoratrici, lavoratori ed Organizzazioni Sindacali che li
rappresentano, dall’altro.
La nuova Alitalia non potrà fare a meno
di loro: il cliente esterno (il passeggero)
e quello interno (il lavoratore) sono in
egual misura i riferimenti primari.
Curare con la necessaria attenzione le
lacerazioni degli ultimi mesi su entrambi
i fronti, investire in questo lavoro di cura
è il primo e più importante banco di
prova cui è sottoposta la nuova realtà del
trasporto aereo italiano.
Se si vuole davvero vincere la sfida e dare
prospettiva a quanti, purtroppo in cigs o
precari, non saranno immediatamente inseriti nell’organico dipendenti della nuova alitalia, se si vuole perseguire l’obiettivo di tornare a contare su una grande
Compagnia Aerea nazionale di riferimento per il Paese, non si può, non si deve,
ricadere negli errori criminali del passato
che hanno segnato la fine di Alitalia.
Credo sia corretto iniziare da noi. Il rapporto tra azienda e sindacati dovrà essere
davvero chiaro. Azzerare ogni rischio di
collusione e cogestione tanto care ad un
numeroso elenco di associazioni professionali partorite e cresciute dalla vecchia
Alitalia che aveva appaltato loro la delega
alla ”gestione del bisogno” dei lavoratori.
Il modello delle relazioni industriali e sindacali dovrà essere maturo, concreto e
dotato di strumenti che rendano efficace
il confronto ed il perseguimento dei reciproci obiettivi che, in un’azienda sana,
possono anche essere convergenti.
Sia chiaro, il sindacato rappresenta interessi di parte: tutele e diritti del lavoro.
Non deve avere smanie gestionali, ma prefiggersi il miglioramento delle condizioni
di lavoro e l’accrescimento dei livelli
occupazionali. Tutto ciò è reso più semplice in un’azienda sana, ancor più facile se
chiude bilanci floridi.
Il vertice aziendale deve comprendere, in
tutta fretta, che la fase anomala che ha
governato le relazioni ed inciso sul disequilibrio negoziale è definitivamente alle
spalle. Sappia investire nelle relazioni e
nei lavoratori.
L’azienda, per avere e garantire un futuro, avrà da subito bisogno di una squadra
manageriale all’altezza, dotata di specifiche competenze. Nella vecchia Alitalia,
grazie alla politica, ciò era assente da
anni. Non si deve sprecare tempo. La
nuova Alitalia deve sapersi strutturare per
gestire la complessa fase di avvio e rendere possibile la programmazione della fase
di sviluppo delle attività.
Sciogliere in tempi rapidissimi il nodo del
partner industriale che renda possibile
fruire da subito dei benefici derivanti dall’essere all’interno di un’alleanza globale.
Lo si faccia guardando agli interessi dell’azienda, alla qualità di sinergia disponibile e, soprattutto, con chi possa favorire
una crescita dimensionale compatibile che
poggi sulla pari dignità industriale.
La nuova Alitalia deve comprendere in
fretta l’importanza di partecipare alla
vita politica del settore entrando in
un’associazione datoriale e contribuendo
al superamento di una serie di errori
commessi dai diversi segmenti di questa
industria da sempre divisa ed in lotta,
mai capace di costruire una posizione di
sintesi tra gli interessi dei diversi protagonisti ridotti oggi, dopo aver colpevolmente impoverito il mercato, alla stentata sopravvivenza, se non in preda a crisi
conclamate.
La politica del paese ed il Governo nazionale hanno recitato un ruolo inadeguato
nella storia di Alitalia. L’inadeguatezza è
stata evidente fino agli ultimi giorni della
compagnia di bandiera. Il Governo ha svolto un ruolo anomalo, platealmente di
parte, nella gestione della procedura di
acquisizione da parte di CAI. Dovrebbe
essere impegnato, a differenza del passato, non nel “saccheggio” di Alitalia, ma
nella definizione di politiche di sistema
che guardino finalmente ad una realtà del
trasporto aereo che ha raggiunto un livello maturo di liberalizzazione e che pone
quindi l’esigenza di revisione delle regole,
con esplicito riferimento al sistema aeroportuale, alle licenze, agli enti regolatori,
alla tematica degli slot e della loro assegnazione, agli aiuti indebiti alle low cost.
Un salto di qualità indispensabile per
l’industria aeronautica per porre le imprese italiane alla pari con quelle europee.
Magari inserita in una generale “Politica
dei trasporti” che, forse, è illusorio attendersi da un governo come questo ma che
è necessario continuare a rivendicare.
Torniamo però al cambiamento di fase e
all’inizio di un percorso di confronto più
tradizionale, dove le parti possano abbandonare l’approccio anomalo segnato da
una vertenza che tutti hanno giudicato
drammatica ed irripetibile. La decisione di
avviare con l’azienda un’attività di monitoraggio congiunto per garantire la massima trasparenza nell’applicazione delle
intese e verificare gli effetti diretti sulle
condizioni di lavoro, prevenendo ogni
occasione di possibile conflitto è stata una
scelta opportuna.
La sottoscrizione degli ultimi accordi
segna l’avvio della nuova azienda e, quindi, della fase applicativa delle intese.
Poteva rappresentare, e può rappresentare ancora, un’occasione e un’opportunità
di riflessione anche per le associazioni
professionali che non hanno condiviso il
percorso. Infatti, se le posizioni fin qui
assunte guardavano al merito, oggi c’è la
prova dell’efficacia degli accordi sottoscritti da tutti – anche da loro - a Palazzo
Chigi. Se, invece, le ragioni del dissenso
sono da ricercarsi altrove e cioè nel tentativo di salvaguardare un improprio ruolo di
cogestione, figlio della tradizione Alitalia,
si deve comprendere che ciò non è più tollerabile. Sono convinto, però, che strumentazioni e demagogia cesseranno,
riportando al centro del dibattito il lavoro
e le sue condizioni.
Resta da verificare, e questo è compito di
ciascuno di noi, che la “nuova dirigenza”
della “nuova Alitalia” sia immediatamente
impegnata alla corretta applicazione delle
intese ed ancor più, ad un’intensa fase di
confronto e verifica per accompagnare la
fase delicata di start up. Se l’avvio delle
operazioni porterà con sé la cancellazione
di una filosofia di approccio sbagliata, che
ha guidato il vertice CAI in tutta la fase
appena chiusa, sarà un bene per tutti.
Questi ultimi giorni fanno pensare che ciò
sarà possibile, ne siamo convinti perché in
un contesto normale l’efficacia e la buona
qualità delle relazioni sindacali sono patrimonio importante per qualsiasi azienda.
Noi saremo li, a presidiare il terreno di
confronto, a costruire con la nostra quota
di responsabilità il nuovo cammino della
Compagnia aerea nazionale di riferimento
e dell’industria del trasporto aereo nazionale, con molti impegni da assolvere, tra
gli altri, quello di guardare ai molti in CIGS
e ai molti precari cui rendere possibile il
rientro in azienda.
19
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 20
Tempo presente
T E M P O
P R E S E N T E
..in.umbriaTrasporti.in.umbriaTrasporti.in.umbriaTrasporti.
20
Obiettivo: infrastrutture efficienti
e a misura
dei bisogni collettivi
di Ulisse Mazzoli, Segretario Generale Filt-Cgil Umbria
Lo stato delle infrastrutture
L’Umbria, dal punto di vista delle infrastrutture, sconta ancora un ritardo storico, che la porta ad essere sostanzialmente isolata dalle regioni confinanti.
Dal punto di vista delle infrastrutture
stradali, la regione è solamente “sfiorata” dall’autostrada A1 nel tratto FabroAttigliano; pertanto l’unica vera arteria
è la vituperata E45, oggetto di attenzione a livello nazionale per il degrado in
cui versa. Se, da una parte se ne parla,
ad ogni cambio di governo, come una
priorità del paese, ipotizzandone la trasformazione in autostrada a pedaggio,
dall’altra non si riesce a garantirne la
funzionalità, a causa delle limitate risorse economiche a disposizione dell’ANAS
e della situazione del tratto appenninico
tosco-emiliano, oggetto di una vera ricostruzione dei viadotti esistenti.
Per quanto riguarda la trasformazione in
autostrada della E45, ferma restando la
necessità di non penalizzare la popola-
zione residente con il pagamento del
pedaggio, questo progetto, più volte
riproposto, sconta sia i costi elevatissimi,
dovuti anche all’impossibilità di ampliare alcuni tratti, costringendo i progettisti
a deviare il tracciato in vari punti, che i
tempi di realizzazione biblici.
In merito al resto della rete viaria, se i
collegamenti con la Toscana sono accettabili, grazie anche al completamento
del raccordo autostradale PerugiaValdichiana-Siena, scontano un ritardo
abissale sia il collegamento con le
Marche (vedi la Perugia – Ancona e la
Foligno – Macerata), sia i collegamenti
con il Lazio (vedi la Terni – Rieti).
Dal punto di vista delle infrastrutture
ferroviarie, l’Umbria sconta la configurazione a binario unico delle due tratte
di RFI che la attraversano: la Foligno –
Perugia – Terontola (utilizzata essenzialmente come metropolitana di superficie); la Foligno – Falconara (inserita
nella linea Roma – Ancona). Queste due
tratte hanno ancora un elevato numero
di passaggi a livello, che generano insicurezza per i cittadini e ritardi nella circolazione dei treni.
Inoltre, l’Umbria non solo è “sfiorata”
dall’alta velocità ma, addirittura, ne è
sostanzialmente penalizzata in quanto,
dal prossimo gennaio, i collegamenti
ferroviari sulla Foligno – Roma saranno
deviati dalla “direttissima” (la linea ad
alta velocità Orte – Roma) sulla vecchia
linea, con conseguente dilatazione dei
tempi di percorrenza e penalizzazione
dei pendolari umbri diretti verso la
capitale.
Infine, per il trasporto aereo, grazie al
potenziamento dell’aeroporto di Perugia
(aerostazione e pista) che ha permesso la
realizzazione di accordi commerciali con
alcune compagnie aeree (di cui alcune
low cost) e l’istituzione di nuovi collegamenti all’interno e con l’estero, si sta
registrando un aumento significativo dei
passeggeri, con evidenti benefici sia per
la popolazione umbra, sia per il turismo,
risorsa primaria di questa regione.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 21
Tempo presente
i.
Le problematiche aperte del TPL
La domanda crescente di mobilità espressa dai cittadini,
soprattutto all’interno delle aree urbane, chiama in causa il
ruolo strategico del trasporto pubblico nel contrastare l’uso
dell’auto privata e nel migliorare la qualità della vita nelle
città. Ancora gli ultimi dati a disposizione mostrano un
aumento della percentuale degli spostamenti effettuati con il
mezzo privato e una parallela riduzione di quelli effettuati
con i mezzi pubblici. Le conseguenze, in termini di costi
ambientali ed economici, hanno assunto grande rilevanza e
sono quotidianamente denunciate.
Tale tendenza, ormai di lungo termine, evidenzia la debolezza del settore del TPL, l’inadeguatezza delle politiche urbane e della mobilità, l’insufficienza delle risorse messe a
disposizione del settore sia sotto il profilo
dell’esercizio, sia degli investimenti e
l’incertezza e la contraddittorietà dei quadri normativi. Relativamente all’evoluzione della normativa di riferimento sarebbe
auspicabile una ridefinizione di regole
certe per l’attuazione del processo di liberalizzazione del settore.
Le aggregazioni societarie
Con particolare riguardo al settore del
TPL, si registra un’importante iniziativa
della Regione Umbria, tesa a favorire il
processo di aggregazione tra le aziende
pubbliche, inclusa la Ferrovia Centrale
Umbra, e costituire una holding regionale
del trasporto pubblico.
La questione delle aggregazioni e fusioni
societarie si pone, a livello nazionale, a
fronte di una frammentazione delle imprese che non si riscontra, invece, in Europa.
D’altra parte, come accaduto in altri settori economici, laddove i mercati si aprono
e si liberalizzano, le aziende crescono di
dimensione per fronteggiare la concorrenza e aumentare la capacità competitiva.
In tale direzione va registrata l’autonoma
iniziativa delle aziende pubbliche e private che ha portato nel 2002 alla costituzione del CUT (Consorzio Umbro Trasporti)
con lo scopo di creare sinergie e economie
nella gestione di servizi e nelle forniture
comuni. Il CUT in diverse circostanze è
divenuto positivo interlocutore degli Enti
programmatori dei servizi di TPL in rappresentanza delle
Aziende consorziate.
La costituzione di una società in ambito regionale favorirebbe certamente una riduzione dei costi di gestione attraverso
le sinergie di tipo strutturale, tecnologico e professionale. Si
semplificherebbero e snellirebbero gli organi societari amministrativi, si determinerebbero economie di personale soprattutto a livello tecnico-amministrativo e tra i quadri intermedi e dirigenziali.
Nel luglio 2006, è stato sottoscritto un Protocollo di Intesa tra
Regione Umbria, Provincia di Perugia, Provincia di Terni,
Comuni di Perugia, Terni, Spoleto, ovvero tra tutti gli Enti
proprietari delle aziende, “per la riorganizzazione dei servizi
di trasporto pubblico regionale”. Il protocollo prevede la
necessità di: “riequilibrare la compartecipazione ai servizi di
TPL di tutti gli Enti Locali e della Regione per nuove esigenze venutesi a creare e per ottimizzare l’utilizzazione delle
risorse; istituire una struttura organizzativa (holding o altra
struttura societaria o associativa) per la gestione di alcuni
comparti dei servizi di TPL da parte delle singole imprese
affidatarie che sia agile, flessibile, capace di recepire i bisogni e di rispondere velocemente alle esigenze dell’utenza;
sviluppare e diffondere i sistemi di trasporto collettivo,
risparmiando risorse importanti - economiche, ambientali e
sociali - affinché tutti possano usufruirne in uguale misura”.
Inoltre, si conviene che la nuova organizzazione societaria o
associativa di coordinamento di alcune attività delle aziende
di TPL umbre (APM, ATC, Spoletina, FCU) dovrà:
1) disporre di notevole autorità nel perseguimento degli
obiettivi, allo scopo di assicurare i servizi di trasporto ed
accrescere le opportunità e l’offerta di
TPL, garantendo contestualmente la
sicurezza, la qualità e l’efficienza, operando nel rispetto dell’ambiente, per
favorire lo sviluppo sociale ed economico del territorio;
2) garantire la coerenza delle strategie
aziendali con la programmazione regionale e di bacino, ma anche assicurare la
gestione di servizi comuni, delle risorse
umane e finanziarie in virtù della collaborazione di tutte le competenze specialistiche presenti nel gruppo;
3) perseguire azioni di miglioramento
del servizio contenendo la spesa.
Il Processo di aggregazione, per avere successo, dovrà tenere conto che le attuali
aziende rappresentano un importante
patrimonio di storia, di economia, di relazioni, di identità con i territori e le città
in cui operano. Così come non può trascurarsi il fatto che tra le aziende umbre esistono notevoli differenze in termini
dimensionali, operativi, di assets strumentali e patrimoniali, nonché di presenze sui mercati nazionali e di potenzialità
di sviluppo delle attività caratteristiche e
di quelle complementari. Con larga
approssimazione e nella ipotesi migliore,
si può stimare però nell’ordine dei 2
milioni di euro l’economia conseguibile
dal sistema delle Aziende pubbliche di
TPL. Risorse cioè sufficienti a coprire il
deficit strutturale del settore in Umbria
tra costi e ricavi al lordo dei corrispettivi.
Le principali aziende umbre di Tpl
■ L’Azienda Perugina della Mobilità (APM s.p.a.), nata dalla
fusione di ASP e ATAM nel 1996, è una società per azioni a
intero capitale pubblico, di cui il 54,01% della Provincia di
Perugia e il 45,99% del Comune di Perugia. Gestisce complessivamente circa 12,5 milioni di chilometri tra servizi urbani
(7,4 milioni) e extraurbani (5,1 milioni). Il servizio urbano è
effettuato nelle città di Perugia, Assisi, Città di Castello,
Gualdo Tadino, Gubbio e Todi.
■ L’Azienda Trasporti Consorziali (ATC) s.p.a. è una società
per azioni a intero capitale pubblico suddiviso tra Comune di
Terni 35%, Provincia di Terni 17,6% e il rimanente 47,4% tra 30
Comuni della Provincia. Gestisce un totale di circa 8,24 milio-
21
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 22
T E M P O
P R E S E N T E
Tempo presente
22
ni di chilometri di cui 3,42 per i servizi
urbani nei comuni di Terni, Narni,
Orvieto, Amelia.
■ La Società Spoletina di Imprese
Trasporti s.p.a. (SSIT s.p.a.) è una
società per azioni posseduta per il 50%
dalla Provincia di Perugia e per il 50%
dal Comune di Spoleto. Gestisce complessivamente per i servizi urbani e
extraurbani 5,82 milioni di chilometri. I
servizi urbani sono effettuati nelle città
di Spoleto e Foligno per un totale di
3,28 milioni di chilometri.
■ La Ferrovia Centrale Umbra rientra
tra le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate per la ristrutturazione alle Ferrovie dello Stato s.p.a.
dalla legge 662/1996. Le funzioni e i
compiti di programmazione inerenti a
tali ferrovie, al pari dei servizi di TPL su
gomma, sono stati trasferiti alle Regioni
(D.Lgs.n. 422/97), che dunque subentrano allo Stato quali concedenti. Le
funzioni e compiti sono conferiti sulla
base di accordi di programma tra Stato
e Regioni, accordi che definiscono, in
particolare, il trasferimento dei beni,
degli impianti e dell’infrastruttura a
titolo gratuito alle regioni. La Regione
Umbria attua e norma i servizi di TPL
ferroviari con la legge regionale n. 37/
98 e costituisce la FCU s.r.l. a partire
dall’1 gennaio 2001.
Il Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT) attribuisce al trasporto
ferroviario una funzione fondamentale
nei collegamenti tra i centri regionali
ricompresi nelle direttrici Sansepolcro Città di Castello - Perugia -Todi - Terni e
Terni - Spoleto - Foligno - Perugia, nonché una funzione di metropolitana di
superficie nei capoluoghi provinciali
Perugia e Terni.
I servizi offerti da FCU sono costituiti da
1.700.000 km circa eserciti mediante
quaranta treni e il numero dei passeggeri trasportati, prevalentemente lavoratori pendolari e studenti è di 1.320.000.
Le risorse per il TPL
È noto che le risorse destinate al TPL
attraverso l’istituzione dei fondi regionali trasporti (1996) si sono rivelate
strutturalmente insufficienti rispetto
alle esigenze del settore. Pur tra notevoli differenze tra aziende e tra regioni,
si è rilevato costante lo squilibrio economico – finanziario delle gestioni dei
servizi minimi. Solo le integrazioni
regionali e la copertura dei disavanzi da
parte degli Enti locali hanno permesso
la sopravvivenza del comparto. Se una
specificità va segnalata per quanto
riguarda l’Umbria, è che più delle inte-
grazioni sono stati i risultati di efficientamento realizzati dalle aziende e dai
lavoratori a consentire il mantenimento
per estensione e il miglioramento per
qualità dei servizi di TPL. Le integrazioni degli Enti locali si sono determinate
prevalentemente per servizi aggiuntivi
locali.
Attribuire al settore del TPL un ruolo
strategico per contrastare l’uso dell’auto privata e migliorare la qualità della
vita nelle città, richiede una diversa
attenzione da parte delle Istituzioni e
un gettito di risorse stabile nel tempo.
Solo interventi strutturali e di lungo
periodo possono consentire alle aziende
di programmare investimenti, incrementare qualità ed efficacia del servizio
prestato.
A dimostrazione di quanto critica sia la
situazione finanziaria delle aziende, per
quanto riguarda le risorse destinate alle
compensazioni di parte corrente relative agli obblighi di servizio pubblico, si
può confrontare l’andamento dello
stanziamento regionale del Fondo
Regionale Trasporti dal 1996 al 2006: a
fronte di un incremento monetario del
9,85% dello stanziamento regionale,
l’inflazione è cresciuta del 23% e
l’inflazione di settore del 39%. Se consideriamo il valore rivalutato dello stanziamento regionale esso diminuisce nel
periodo del 10,69%, in valori assoluti di
4,72 milioni di euro.
A tale situazione relativa ai flussi finanziari di parte corrente va aggiunta la
considerazione che, per gli investimenti
necessari al rinnovo dei mezzi, le aziende concorrono ormai direttamente con
quote rilevanti di autofinanziamento.
Sul fronte dei ricavi da tariffe si rileva
che in Umbria esse sono aumentate
mediamente tra il 10% e il 15%, come a
livello nazionale. Nonostante il modesto
incremento delle tariffe, il rapporto tra
ricavi da traffico e costi operativi in
Umbria supera abbondantemente la
soglia del 35%, indice questo della
buona produttività aziendale.
L’accentuato divario tra l’andamento
dei fondi regionali e le dinamiche inflattive soprattutto di settore è eloquente
delle sempre più gravi condizioni economiche finanziarie e di operatività delle
aziende, sia in Umbria sia a livello
nazionale.
L’auspicata riforma strutturale del settore e un quadro rinnovato dei meccanismi economico-finanziari endogeni al
sistema rappresentano ormai condizioni
ineludibili per il mantenimento e lo sviluppo di un essenziale servizio pubblico
a disposizione dei cittadini.
Conclusione
Dopo anni di discussione sulla necessità
di una razionalizzazione del sistema
delle imprese umbre che operano nel
sistema della mobilità, finalmente, si è
avviato un percorso che porterà alla
costituzione di un’unica azienda regionale per la gestione del TPL, che potrà
favorire i necessari processi di integrazione sia modale che tariffaria ed una
più efficace organizzazione degli orari e
della rete.
Il percorso vedrà in ogni modo una fase
intermedia, alla quale si sta lavorando,
che è rappresentata da una holding
regionale del TPL con due società operative: una per la provincia di Perugia,
costituita dalla fusione di APM, SSIT ed
FCU; l’altra per la provincia di Terni
costituita da ATC.
La costituenda holding regionale del
TPL è per noi un primo passo propedeutico alla costituzione dell’Azienda
Regionale della Mobilità, obiettivo che
la nostra federazione rincorre in Umbria
da più di un decennio.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 23
In linea
di Giorgio Nana, Segretario Generale Filt-Cgil Sondrio
La Valtellina, da tanto tempo, sta aspettando una strada idonea
ad avvicinarla all’area milanese.
Non è più accettabile che, nel 2008, occorrano mediamente tre
ore per percorrere i 130 chilometri che separano Sondrio dal
capoluogo lombardo.
La strada statale 38 che, partendo da Colico arriva fino allo
Stelvio, è rimasta, salvo il tratto del lago, sostanzialmente quella degli anni cinquanta. Oggi quella strada è del tutto inadeguata ad un traffico che è, nel frattempo, quintuplicato. Oltretutto,
la scorribilità dell’unica significativa via che attraversa la Valle è
ulteriormente rallentata dal moltiplicarsi degli svincoli e degli
accessi. Ogni capannone, ogni attività produttiva o commerciale
ha accesso diretto alla statale, rallentando un traffico già problematico e creando innumerevoli punti critici e di pericolo reale.
Scontiamo, oggi, la poca oculatezza progettuale del passato.
Invece di intervenire con piccole tangenziali per bypassare i
centri maggiori, riducendo così buona parte del problema, si è
pensato di costellare il tracciato di innumerevoli “rotonde”
ricavate alla meno peggio in un territorio già urbanizzato e perciò, spesso, inidonee soprattutto per il traffico pesante e che
contribuiscono ad alimentare, di sabato o di domenica sera,
code impressionanti.
Tutto ciò compromette l’offerta turistica della Valtellina, rendendola meno appetibile rispetto ad aree più lontane dal capoluogo lombardo, ma ormai raggiungibili in minor tempo e senza
lo stress del ritorno che brucia quel po’ di rilassatezza acquisita
sui campi da sci.
Le prospettive rischiano di non migliorare a breve la situazione
perché l’Amministrazione provinciale ha puntato tutto su una
“mega strada” (pare che in provincia non si conoscano le sagge
“vie di mezzo”) che rischia di ingoiare la gran parte delle risorse
disponibili in meno di una decina di chilometri d’asfalto.
Se il tema della mobilità su ruota si presenta così, non meglio sta
il trasporto su ferro.
I treni, che per la tratta Milano-Lecco viaggiano ad una media di
130-150 chilometri orari, a causa di innumerevoli inadeguatezze
della linea, percorrono il tratto successivo che li porta a Sondrio
a non più di 75 chilometri l’ora. Così, la loro competitività con
l’auto è perdente, anche perché le carrozze sono spesso indecenti dal punto di vista igienico. Non ci si può del resto meravigliare: alcuni anni fa, gli addetti alle pulizie dei treni in valle erano
17-18, oggi sono 7 e, calcolando ferie e malattia, tante volte
lavorano in 5. A Sondrio transitano circa 40 treni al giorno, pertanto si riesce a malapena a svuotare i posacenere! Anche il personale dipendente dalle ferrovie è radicalmente diminuito: negli
anni ottanta l’organico era di 600 lavoratori, oggi è di poco superiore ai 120. La conseguenza di questa “cura da cavallo” è che
manutenzione e sicurezza sono sempre più a rischio.
Per non parlare, poi, di chi intende percorrere in treno lunghi
tragitti. Se vuol essere certo di tornare in Valle in tempi decenti
deve portarsi a Milano l’auto perché, se gli capita di partire da
Roma dopo le 15,30, rischia di non avere più il treno da Milano
che lo riporta in Valtellina.
E’ solo da aggiungere che i treni che partono da Milano verso
Sondrio hanno il capolinea a Tirano. Qui, proprio a fianco della
stazione delle Ferrovie dello Stato, c’è quella del famoso “trenino rosso del Bernina” che, arrampicandosi lungo le montagne ed
affacciandosi a paesaggi di grande suggestione, raggiunge, dopo
aver superato il passo, St. Moritz.
In quel di Tirano, a pochi passi di distanza c’è, quindi, l’esempio
di come fare del treno un mezzo di locomozione moderno, confortevole e gradevole, anche per il solo fatto che non devi attraversare tre vagoni alla ricerca di un sedile che non sia imbrattato.
Per consentire a noi tutti di avere un servizio ferroviario degno di
un paese civile, basterebbe un po’ di senso civico da parte dei
viaggiatori e qualche scelta politica a favore del trasporto pubblico da chi ne ha la responsabilità.
I N
QUI
COMPRENSORIO
SONDRIO
L I N E A
Territorio e mobilità
teemi caldi
23
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 24
In linea
Precarietà
e
nuove forme di lavoro
I
N
L
I
N
E
A
La disarticolazione del settore della logistica ed i fenomeni di esternalizzazione creano
condizioni di precarietà occupazionale e di vera e propria “invisibilità”della catena logistica, rendendo invisibili le specificità, il valore aggiunto, del lavoro dei salariati anche
quando è ben evidente che lavorano nel processo produttivo, nella filiera della logistica.
Una delegazione della Filt Lombardia, composta da Paola Bentivegna e Domenico
Molino, ha partecipato ad un interessante seminario internazionale, il 16 e 17 ottobre a Grenoble (Francia), avente ad oggetto la Precarietà del Lavoro, che ha posto a
confronto le organizzazioni sindacali di quattro regioni europee (Rhone-Alpes,
Lombardia, Catalogna, Baden Wurttemberg) sui temi della precarietà, in quattro specifici settori: servizi alla persona, turismo, poli di competitività, logistica.
Il seminario, organizzato in quattro gruppi di lavoro, ha permesso un proficuo confronto e l’individuazione di alcuni elementi di sintesi che possono costituire embrione di
azione comune sul piano europeo.
La delegazione Filt ha preso parte ai lavori del gruppo di lavoro sulla logistica.
L’interessante dibattito ha registrato gli interventi, le analisi e le esperienze dei
sindacati francesi, italiani, spagnoli e tedeschi, disegnando uno scenario di differenziazione soprattutto legislativa.
La relazione conclusiva del gruppo di lavoro logistica, che riportiamo in sintesi, crediamo esprima bene il lavoro svolto e le prospettive che si aprono.
E’ stata presentata dal professore Thomas Brugnot, docente
Università Lione 2. (Traduzione di Domenico Molino)
L’atelier (gruppo di lavoro) ha permesso
di mettere in evidenza che, nonostante le
specificità nazionali, la situazione delle
quattro regioni presenta una grande similitudine. Uno sforzo di analisi condivisa è
dunque necessario ed utile attraverso
degli scambi bilaterali e multinazionali,
anche calendarizzati per il futuro.
In primo luogo, vanno riportate le difficoltà emerse dall’analisi odierna, comune
ai quattro paesi, prima di evidenziare le
linee di convergenza che possono servire
da base alle azioni sindacali comuni.
Le difficoltà di un’analisi comparata
Il principale ostacolo all’elaborazione di
una diagnosi condivisa sta nell’indeterminatezza dei contorni produttivi che circonda il settore della logistica e che lo rende
spesso difficilmente identificabile.
Senza soffermarsi sulle questioni di definizione, possiamo semplicemente evidenziare la profonda disarticolazione di questo
24
settore. Nei differenti paesi la funzione
della logistica si scompone in più segmenti. O meglio, spesso è collegata ad attività
propriamente industriali o del terziario
(piattaforme alimentari, per esempio.) e
quindi non costituisce di per sé un vero e
proprio settore della supply-chain.
Ci sono alcune specificità nazionali che è
stato possibile rilevare e vale la pena evidenziare. A titolo di esempio: mentre gli
interventi dei rappresentanti sindacali
per le regioni del Rhone-Alpes e
Lombardia hanno presentato un’analisi
abbastanza simile, l’Italia si distingue per
forme di lavoro che non troviamo in
Francia, come le cooperative costituite da
soci lavoratori.
Inoltre, in questo settore, la Lombardia si
caratterizza soprattutto per un problema
di part-time o contratti a termine, mentre la precarietà in Rhone Alpes si trova
soprattutto espressa nel lavoro interinale
(somministrato).
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 25
In linea
Ipotesi di lavoro
I punti comuni dell’analisi
La situazione della logistica nelle quattro regioni presenta
caratteristiche comuni, per certi aspetti notevoli:
❖ una forte espansione del settore rilevata nelle differenti
regioni, in contrasto con i dati economici, di sviluppo e di mercato, diseguali e disomogenei;
❖ una forte tendenza alla esternalizzazione delle funzioni logistiche ed al ricorso al sub-appalto;
❖ una massiccia precarizzazione degli addetti in questo settore che tocca, in modo particolare, le donne, i giovani, gli
immigrati;
❖ difficoltà ad organizzare i lavoratori con l’azione sindacale a
causa della scomposizione del settore e della massiccia presenza del sub-apppalto.
Il gruppo pone, quindi, come prima ipotesi di lavoro, il problema della sindacalizzazione dei lavoratori anche attraverso
un’azione sindacale nel territorio su una dimensione territoriale che permetta di pesare sulle relazioni industriali.
L’altro grosso capitolo di lavoro è quello del governo dei rapporti tra committenza e sub-appalto.
Il problema della responsabilità dell’impresa committente
rispetto alle condizioni di lavoro presso le aziende sub-appaltanti è qui emerso con chiarezza. Il sindacato deve agire con
l’obiettivo di responsabilizzare la committenza. In questo
senso interessante è stato l’intervento dei rappresentanti catalani che hanno segnalato l’evoluzione legislativa nel loro
paese, tendente a creare obblighi per le imprese nel contesto
della domanda e negoziazione dei contratti tra le stesse.
Le organizzazione sindacali devono, dunque, provare a fare pressione sulla politica per ottenere obblighi e vincoli di garanzia
per i salariati nei contratti di sub-appalto (clausola sociale).
In ultimo, i partecipanti al gruppo di lavoro hanno sottolineato l’interesse per questo genere di scambi tra organizzazioni
sindacali europee per la costruzione di un’azione sindacale
comune.
Alcuni compagni hanno evidenziato la situazione delle grandi
multinazionali presenti nei differenti paesi e si sono rammaricati per i pochi scambi tra i sindacati. che vivono le stesse realtà produttive. Un compagno ha manifestato la necessità di
appropriarsi della Direttiva Europea sui comitati d’impresa per
migliorare gli scambi tra organizzazioni sindacali.
Senza tradire lo spirito del dibattito, possiamo concludere
che gli scambi del gruppo di lavoro logistica sono stati ricchi
di positività e hanno fornito interessanti elementi di conoscenza ma che, tuttavia, necessitano di un’analisi più approfondita, utile per sviluppare dei progetti comuni europei di
azione sindacale.
I punti base di riflessione
Sulla base di queste analisi, qualche spunto di riflessione può
essere stabilito.
La disarticolazione del settore ed i casi di esternalizzazione
creano dei fenomeni di “invisibilità” del lavoro logistico propriamente detto, così come rendono invisibili le specifità del lavoro
dei salariati anche quando è ben evidente che lavorano nel processo produttivo della logistica.
Possiamo convenire che le organizzazioni sindacali hanno dunque
un ruolo importante: ricostruire innanzitutto la filiera del lavoro e la sua tracciabilità; ripartire dalla realtà del lavoro per
identificare e far emergere i vincoli di subordinazione esistenti;
mettere le mani sulle realtà del processo di precarietà riaffermando e ricostruendo rapporti di forza positivi per il lavoro
attraverso la contrattazione collettiva.
25
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 26
In linea
Migranti e cooperative
che operano in un sistema
“intossicato”
I
N
L
I
N
E
A
di Vincenzo Mazzeo, Responsabile Progetto C.O.S.I’. Filt-Cgil Lombardia
26
Nelle ultime settimane, si sono moltiplicate una serie di iniziative che hanno lo
scopo di conoscere meglio la realtà e la
presenza dei “migranti” nel nostro
Paese. Ultimi in ordine di tempo, ma di
rilevante importanza, sono stati la presentazione del Rapporto annuale della
Caritas e il convegno tenuto dall’Osservatorio sulle Cooperative della Direzione
provinciale del lavoro di Milano.
Queste iniziative, da diverse angolazioni,
hanno analizzato questa “risorsa” preziosa e in alcuni casi essenziale rappresentata da persone che hanno storie personali e di gruppo diverse tra loro.
Anche il sindacato, sta affrontando questo argomento.
La CGIL, dopo l’assemblea organizzativa
di inizio anno, ha moltiplicato i propri
sforzi per migliorare le conoscenze specifiche tra i numerosi “migranti” che si
sono iscritti al nostro sindacato.
Fatte le dovute proporzioni, il Progetto
C.O.S.I’. (Centro Orientamento Sindacale Immigrati), voluto e finanziato dalla
Cgil e dalla Filt, rientra nel contesto di
queste iniziative.
Il camper appositamente attrezzato, il
materiale sindacale che stiamo distribuendo e i contatti personali che stiamo
effettuando, ci hanno aperto uno “squarcio” su una realtà: quella delle cooperative della logistica e della “grande distribuzione” dove è massiccia la presenza di
lavoratori/lavoratrici migranti.
I tre obbiettivi principali del progetto
C.O.S.I’. sono: far conoscere il sindacato
e i propri diritti; creare una rete di delegati che sia propedeutica alla formazione
di nuovi dirigenti sindacali; contrastare il
lavoro illegale.
Questi punti si stanno faticosamente
concretizzando con un lavoro impegnativo: abbiamo percorso fino a questo
momento oltre 3000 chilometri, effettuato una sessantina di presidi davanti a
piattaforme della logistica e della “grande distribuzione”; diffuso circa 3500
volantini, iscritto un centinaio di nuovi
soci/e, e aperto numerose vertenze individuali di carattere economico.
Credo che siamo a una svolta: il passaggio da una fase di conoscenza e di tutele
individuali, a una di elaborazione di vertenze sindacali collettive ai vari livelli.
Il Direttivo Regionale della Filt/Cgil
Lombardia, il 2 dicembre, si è svolto
nelle immediate vicinanze di una delle
più grandi “piattaforme Logistiche” di
una multinazionale olandese del trasporto merci, per dare visibilità ai nostri
obiettivi.
Si tratta di intervenire in un contesto,
quello delle cooperative, che avrebbero
dovuto essere uno strumento nobile,
creato per realizzare la piena partecipazione delle persone in ambito lavorativo.
La realtà, invece, è costituita, da un
“mondo” pesantemente “intossicato”
con aziende e “personaggi” che non
hanno niente a che spartire con i valori e
i presupposti fondativi del movimento
cooperativistico.
In questo nostro “giro” con il camper,
abbiamo trovato realtà dove si consumano con estrema crudeltà, violenze fisiche
e psicologiche inimmaginabili.
Sono negati non solo i diritti previsti
dalle normative del lavoro, ma anche
quelli della dignità umana, con la presunzione di avere dei “sottoposti” considerati veri e propri schiavi, ai quali si può
richiedere qualsiasi “prestazione”.
Questa denuncia non vuole essere
l’ennesimo accorato grido di dolore di un
“uomo bianco”, europeo, che vuole salvare la sua anima, oppure di una persona
particolarmente sensibile e impressionabile. L’obbiettivo è quello di conoscere le
condizioni “date” nelle quali il sindacato, per quanto di sua competenza, deve
intervenire.
Infine, voglio sottolineare lo straordinario impegno delle compagne dell’apparato tecnico della Filt-Cgil di Milano, i funzionari/e del Dipartimento Merci e logistica e dei comprensori interessati, degli
oltre 50 delegati/e, alcuni anche migranti, che si stanno prodigando per la buona
riuscita di questa iniziativa.
Queste sono le risorse che stiamo mettendo in campo per migliorare le condizioni lavorative dei migranti.
In questo clima di intolleranza e violenza
il ruolo del sindacato deve essere quello
di garantire i diritti, per impedire un
arretramento generale delle condizioni
di vita e di democrazia non solo dei lavoratori/lavoratrici migranti ma anche di
quelli italiani.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 27
In linea
Teatro
Forum
sui temi della salute e sicurezza
di Alessandra Milesi e Luigi Pirola
La Cgil sperimenta un
nuovo metodo di formazione per RLS.
Circa un anno fa, la Cgil Lombardia ha
voluto sperimentare una nuova modalità
di formazione per RLS (Rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza). Noi,
designati dalla Filt Lombardia, siamo
stati due dei fortunati partecipanti a
questa “avventura” che si é svolta in
dieci intense giornate e si é conclusa con
una rappresentazione Forum il 25 gennaio scorso, data in cui il pubblico é stato il
vero protagonista, intervenendo e collaborando nella ricostruzione delle scene
presentate.
Ricordiamo ancora i primi giorni in cui ci
siamo incontrati: eravamo poco più di
venti persone, provenienti da realtà
totalmente diverse, che non avevano mai
avuto a che fare con il teatro e, soprattutto, che non sapevano dove ci avrebbe
portato un simile corso.
Rui Frati, il regista parigino di origini brasiliane contattato dalla Cgil, si é rivelato
da subito un vero maestro ed ha saputo
creare sintonia tra i partecipanti... noi...
semplici Rls che vivono quotidianamente
le frustrazioni e le difficoltà di un ruolo
così importante e così articolato.
Ecco l’unica cosa che ci accomunava:
l’essere Rls. Durante i tanti momenti di
confronto é scaturita un’analisi profonda
di come sia complicato al giorno d’oggi
avere a che fare con gli organi istituzionali (Asl, Direzione provinciale del lavoro), con le figure collegate alla prevenzione aziendale (Medico competente,
RSPP, Datore di Lavoro) e con i lavoratori. E ancora, come sia impegnativo dover
tenere a mente le tante regolamentazioni (prima il D.lgs. 626/94, ora il nuovo
Testo Unico), appurare che negli ambienti di lavoro le regole siano rispettate,
assicurarsi che i lavoratori siano sensibilizzati e capiscano che la loro salute e la
loro sicurezza sono cose importanti da
non sottovalutare e, infine, denunciare
con forza i datori di lavoro che, per
risparmiare qualche soldo, non forniscono i Dispositivi di Protezione Individuale
o, addirittura, fanno rischiare letteralmente la vita dei lavoratori.
Abbiamo anche constatato che non sempre il Rls é supportato dalle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, laddove ci sono due figure distinte, ma questa volta, durante il corso, é stata proprio la Cgil “il sindacato” a porre attenzione su un nuovo metodo di lavoro,
risollevando un po’ il nostro senso di
abbandono e ridandoci fiducia .
Attraverso veri e propri laboratori teatrali, abbiamo inscenato alcuni momenti
di vita lavorativa, dove noi Rls siamo alle
prese con situazioni conflittuali, talvolta
anche interiori. E’ forte la rabbia quando
ci si sente impotenti di fronte alla superficialità della gente, o di chi non considera la sicurezza un argomento abbastanza
importante. Grazie al lavoro svolto,
siamo riusciti ad esternare la nostra rabbia e a renderla energia positiva, per noi
e per gli altri. Abbiamo provato, insomma, a guardare le cose da un diverso
punto di vista e a cambiare i finali tentando un risultato migliore, che non ci
facesse sentire soli e inutili.
Non ci é stata consegnata una bacchetta
magica, ma un metodo di lavoro, utile e
utilizzabile nelle nostre giornate e
soprattutto condivisibile con coloro che
fanno parte del settore.
Il forum é andato benissimo, così bene
che è già partita la seconda edizione.
D’accordo, poi, con la Filt Lombardia,
riproporremo la rappresentazione agli
Rls dei trasporti. Speriamo che ci sia
curiosità e voglia di venire a sentire quel
che abbiamo da dirvi, a modo nostro, e
soprattutto che abbiate voglia di dire
come la pensate.
Condividere un metodo di comunicazione
come quello che Rui ci ha insegnato é
importantissimo perché non si deve mai
perdere di vista l’obiettivo finale: la vita
delle persone é la cosa più importante, il
lavoro la nobilita, quindi non deve rappresentare un rischio quotidiano (non
dimentichiamo che, ancora oggi, almeno
3 persone al giorno muoiono per incidenti sul lavoro), bensì il modo per farci guadagnare onestamente le nostre giornate
in sicurezza.
27
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 28
Progetti
Il Passante Ferroviario,
una cerniera tra i progetti
del Nodo di Milano
P
R
O
G
E
T
T
I
di Michele Marzano, Direttore Compartimentale Infrastruttura Milano - RFI
28
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 29
Progetti
“Milano è la piattaforma ferroviaria più importante d’Italia, il primo punto di connessione tra la rete locale e quella europea, attraversato dai più importanti Corridoi
internazionali. Il nostro obiettivo è specializzare in modo ottimale il traffico del Nodo
di Milano. E con il Passante abbiamo realizzato la base fondamentale che consentirà
un’espansione dei servizi, sia regionali che Alta Velocità, evitando i colli di bottiglia
infrastrutturali, aumentando la frequenza dei treni e specializzando sempre più le
linee all’interno del Nodo”. (Mauro Moretti, Ad Gruppo FS)
La città di Milano ospiterà nel 2015
l’Esposizione Universale, un appuntamento prestigioso che permetterà alla città e
all’intera regione lombarda di essere al
centro del contesto internazionale e delle
grandi direttrici individuate dalla
Comunità Europea, quali il Corridoio 5
Lisbona – Kiev e quelle Nord/Sud
Rotterdam- Genova e Berlino – Roma.
Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha in
corso un impegnativo programma di
potenziamento infrastrutturale e tecnologico che permetterà, una volta concluso, di disporre di una rete ferroviaria
moderna con significativi aumenti della
capacità di offerta e specializzazione
del traffico.
Le linee guida dei vari interventi, pianificati e in corso di realizzazione da
parte di Rete Ferroviaria Italiana, la
società del Gruppo FS che gestisce
l’infrastruttura, prevedono percorsi
riservati ai diversi flussi di traffico (passeggeri e merci) con risoluzione delle
interferenze, evitando che l’aumento
del traffico merci finisca per aggravare
la saturazione dei nodi urbani e delle
linee afferenti.
In Lombardia la rete ferroviaria è strutturata con più linee a forte traffico promiscuo provenienti dai capoluoghi di provincia e convergenti sulla città di Milano,
dove la circolazione ferroviaria vede la
coesistenza di traffici locali, regionali e
internazionali sia merci che passeggeri,
con conseguente gestione del servizio
onerosa e qualità percepita inferiore alle
attese della clientela.
L’esigenza di modificare questo modello
monocentrico, trasformando il sistema
ferroviario da “attestato” in stazioni
quali Milano Centrale e in parte Milano
Porta Garibaldi, in “passante”, collegando in sotterranea le linee esistenti è
alla base del progetto del Passante
Ferroviario di Milano. Tale intervento
consiste nella realizzazione di una
nuova linea ferroviaria a doppio binario,
per un’estesa di circa 16 Km, tra le stazioni di Milano Certosa e Milano Porta
Vittoria, dove si dirama o verso Bivio
Lambro (direzione Venezia) o verso la
stazione di Milano Rogoredo (direzione
Bologna /Genova). Tale progetto è inserito nel più ampio programma di sistemazione e potenziamento delle linee
ferroviarie afferenti al capoluogo,
Programma Nodo di Milano, articolato in
diversi progetti.
Ai progetti in corso o da avviare a breve
sulla rete ferroviaria convenzionale, si
aggiungono la realizzazione del Sistema
Alta Velocità/Alta Capacità, che da
dicembre 2008 collegherà Milano con
Bologna/Roma ed entro la fine del 2009
con la città di Torino, oltre al progettato
prolungamento dell’asse veloce in direzione di Venezia e la realizzazione del
Terzo Valico per collegare l’area lombarda con la città di Genova.
Pertanto, l’inserimento della città di
Milano nel sistema AV/AC e il prossimo
completamento del Passante permetteranno, in sinergia con altri progetti in
corso, di garantire una mobilità su ferro,
dalla scala internazionale/nazionale a
quella urbana, adeguata alle richieste di
trasporto pubblico generate dall’Esposizione Universale del 2015.
Questi elencati di seguito sono i principali progetti di investimento, pianificati da RFI in Lombardia, per il traguardo
del 2015.
Nuova linea AV/AC Milano – Bologna
E attualmente in corso la fase di pre esercizio, l’attivazione della linea è prevista per il 14 dicembre 2008. Sono state
condotte con i convogli ETR 500 Ypsilon
1 e 2 di Rete Ferroviaria Italiana le verifiche e validazioni dei sistemi tecnologici di segnalamento (gestione della via e
distanziamento treni), le corse prova con
risalita di velocità per certificare
l’infrastruttura alla velocità di esercizio
di 300 km/h. Sono funzionanti gli impianti di trazione elettrica e le tecnologie di
distanziamento, basate sull’innovativo
sistema di segnalamento ERTMS/ETCS
livello 2 – il più avanzato attualmente in
Europa – e sull’innovativo apparato ACC
Multistazione.
La linea Alta Velocità/Alta Capacità
Milano - Bologna si sviluppa per 182 chilometri (cui vanno aggiunte le 2 tratte di
approccio ai nodi di Milano e Bologna) ed
è collegata alla rete esistente attraverso
8 interconnessioni, lunghe complessivamente 28 chilometri.
Complessivamente 210 km di armamento
(traversine, binari e ballast), sistema di
alimentazione elettrica e tecnologie.
Investimento complessivo circa 6.900
milioni di euro.
Nuova linea AV/AC Milano - Torino
Fra Novara e Milano i lavori procedono
a pieno ritmo, entro aprile 2009 sarà
ultimato, comprese prove e tarature,
l’attrezzaggio tecnologico di distanziamento basato sul sistema di segnalamento innovativo ERTMS/ETCS livello 2 ed entro maggio 2009 sarà avviata
la fase di pre-esercizio. L’intera linea
AV/AC Torino – Milano sarà attiva a
partire dalla fine del 2009, insieme
all’intero sistema AV/AC sull’asse
Torino - Salerno.
Dal 7 febbraio 2006, in concomitanza con
le Olimpiadi invernali di Torino, sono già
operativi gli 84 km di linea AV/AC fra
Torino e Novara.
Il tracciato è lungo circa 125 km, di cui
84 da Torino a Novara e 41 da Novara a
Milano. Si estende per 4/5 nel territorio
piemontese (province di Torino, Vercelli,
Novara per un totale di 98 km) e per 1/5
in quello lombardo (provincia di Milano,
27 km).
Investimento complessivo circa 7.800
milioni di euro.
29
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 30
Progetti
P
R
O
G
E
T
T
I
Passante Ferroviario di Milano
Per il completamento a Sud/Est del
Passante ferroviario di Milano (in esercizio dal 1997) sono stati completati e attivati, a giugno 2008, gli interventi del
ramo Milano Porta Vittoria - Milano
Rogoredo, su binari tronchi attestati a
Rogoredo. E’ già in esercizio dal 2004 il
ramo Milano Porta Vittoria - Bivio Lambro
(direzione Venezia). Il 30 novembre 2008
è stata attivata la cosiddetta fase “passante-passante”, sempre in stazione di
Rogoredo, che permetterà il collegamento diretto con le direttrici Bologna e
Genova.
Sei sono le fermate intermedie realizzate - fra Milano Certosa (FS)/Milano Nord
Bovisa (FNM) - a Nord/Ovest - e Milano
Porta Vittoria (a Sud/Est): Milano
Villapizzone, Milano Lancetti (dove confluisce la linea FNM proveniente da
Milano Nord Bovisa), Milano Porta
Garibaldi passante, Milano Repubblica,
Milano Porta Venezia, Milano Dateo.
Il Passante, specializzato per i collegamenti ferroviari comprensoriali e regionali, consente di evitare che questo
flusso di traffico confluisca, in superficie, sulle linee dedicate anche alla
lunga percorrenza, migliorando al
tempo stesso il servizio in ambito urbano. Un sistema di mobilità che, conclusa l’opera, con una maggiore disponibilità di treni nelle ore di punta e la conseguente riduzione di traffico veicolare
privato vedrà: l’incremento dei viaggiatori, grazie alla maggiore capacità del
nodo; l’istituzione di nuovi servizi comprensoriali urbani; l’interconnessione
della rete FS con quella FNM e il potenziamento dell’interscambio ferro/ferro
con la rete metropolitana.
La realizzazione ha riguardato anche gli
impianti di Controllo Centralizzato del
Traffico (CTC), di radiopropagazione in
galleria e del sistema di supervisione
degli impianti tecnologici non ferroviari
relativi alle stazioni/fermate lungo la
tratta.
L’investimento a carico di RFI è di circa
160 milioni di euro.
Potenziamento infrastrutturale e
tecnologico di Milano Rogoredo
Sono in corso gli interventi per la riorganizzazione del sistema stazione (Piano
regolatore generale – PRG - ferroviario)
di Milano Rogoredo.
In particolare, è in corso la realizzazione
30
AV/AC Milano - Bologna sia la rete convenzionale.
L’investimento complessivo è di circa 193
milioni di euro.
Nuova fermata Rho Fiera Milano
delle opere di scavalco delle linee
“Genova” e “Merci Dedicata”, a Sud
della stazione; di interconnessione del
binario Nord/Sud della linea Milano Genova; del nuovo cavalcavia Pontinia,
per l’inserimento nell’area urbana della
linea AV/AC Milano – Bologna in coerenza
con la viabilità cittadina.
Per la parte tecnologica, nel 2006 è stato
attivato l’Apparato Centrale Computerizzato (ACC) per la gestione ed il controllo della circolazione ferroviaria e
l’attrezzaggio della Sottostazione elettrica (SSE).
Il completamento di tutti gli interventi
pianificati a Milano Rogoredo è previsto
per il primo semestre 2009. A regime il
terminal ferroviario disporrà di 13 binari,
8 “passanti” e 5 “di testa”, specializzati
per il traffico del Passante ferroviario di
Milano e della linea Milano – Mortara.
Inoltre, la nuova stazione, attrezzata con
marciapiedi alti, pensiline e sottopassi,
servirà sia il traffico della nuova linea
E’ in corso la realizzazione della nuova
fermata di Rho-Fiera, a servizio del
nuovo Polo Fieristico di Milano. In particolare, i cantieri in corso sono quelli per
le opere civili della fermata e per le
adiacenti infrastrutture ferroviarie della
nuova linea AV/AC Milano – Torino di scavalco delle linee esistenti Milano –
Novara e Milano – Domodossola.
La fermata, oltre a costituire la stazione
porta ovest del Nodo di Milano per il
sistema alta capacità ed il servizio ferroviario regionale, avrà funzione di interscambio sia con la rete metropolitana
(prolungamento linea 1), sia con la mobilità su gomma pubblica e privata, grazie
ad un parcheggio ed un terminale bus
che saranno realizzati a nord delle linee
ferroviarie, area dove sorgerà la zona
espositiva dell’Expo 2015, che avrà nella
fermata la prima porta di accesso con
mezzi pubblici.
La fermata è costituita da sei binari, serviti da quattro banchine lunghe 450
metri in parte coperte da pensiline lunghe circa 160 metri, e da un atrio al
piano inferiore, collegato direttamente
tramite corridoi sotterranei con
l’interscambio a nord e la stazione della
metropolitana e la fiera a sud, concepito
come un grande “sottopasso attrezzato”
al di sotto della sede ferroviaria.
E’ programmata un’apertura anticipata e
provvisoria della fermata dal 29 novembre all’8 dicembre in occasione della
manifestazione Artigianato in Fiera,
mentre il completamento dei lavori è fissato per la primavera 2009.
Investimento complessivo circa 80 milioni di euro.
Raddoppio linea Milano – Lecco
Con l’attivazione del 29 luglio u.s. dell’ultimo tratto di linea a doppio binario
in variante fra Olgiate ed Airuno (4 chilometri, una galleria), il raddoppio della
linea Milano – Lecco è stato completato.
Nel dicembre 2007, infatti, è entrato in
esercizio il raddoppio fra CarnateUsmate e Cernusco-Merate (5 km) ed il
20 aprile 2008 la tratta Cernusco-Olgiate
(4 km).
Il potenziamento della Milano – Lecco ha
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 31
Progetti
visto interventi anche per i sistemi tecnologici (nuovo ACEI di Carnate; nuovo
BA per il distanziamento in sicurezza dei
treni e nuove sottostazioni elettriche per
fornire energia ai treni a Carnate Usmate
e Lecco Maggianico). L’intera linea, poi,
è attrezzata con il Sistema di Controllo
della Marcia del Treno (SCMT).
Con l’ultimazione dei lavori saranno possibili incrementi dei collegamenti fra
Milano e Lecco. Sensibili i vantaggi in termini di regolarità della circolazione e
maggiore velocità commerciale dei treni.
Nella programmazione degli interventi
particolare attenzione è stata rivolta
anche ai collegamenti viari e al decongestionamento sui principali assi viari: 14
passaggi a livello sono stati eliminati e
sostituiti con opere stradali alternative.
L’investimento complessivo è di circa 230
milioni di euro.
Nuova linea Milano Centrale Aeroporto Milano Malpensa
E’ in corso la realizzazione di una nuova
linea, fra le stazioni di Milano Centrale e
Milano Nord Bovisa (rete Ferrovie Nord
Milano) per il collegamento ferroviario
fra Milano Centrale e l’aeroporto intercontinentale di Milano Malpensa.
Il progetto, inglobando il terminal viaggiatori di Milano Porta Garibaldi - nodo di
interscambio ferro/ferro con la rete
metropolitana cittadina ed il Passante
ferroviario - nella rete dei collegamenti
con l’hub aeroportuale, crea anche un
ulteriore collegamento fra le due principali stazioni cittadine (Centrale e
Garibaldi). A Milano Centrale i primi
binari, saranno quelli dedicati ai treni
per l’Aeroporto di Malpensa. Il progetto
prevede un servizio cadenzato di due
treni/ora, per senso di marcia, per 18
ore al giorno e la copertura dell’intero
percorso in circa 50 minuti.
Il collegamento fra la principale stazione
ferroviaria milanese (frequentata mediamente da circa 320 mila passeggeri al
giorno) e l’hub aeroportuale (che dista
45 chilometri) rappresenta uno dei tasselli fondamentali per il sistema di
accessibilità all’aeroporto. Attualmente,
infatti, il servizio ferroviario da Milano
per Malpensa è garantito solo dalle
Ferrovie Nord Milano, con partenza dalla
stazione di Milano Cadorna.
L’investimento complessivo previsto è di
70 milioni di euro.
Raddoppio linea Milano - Mortara
Sono in corso i lavori per il raddoppio
della linea Milano – Mortara. Gli interventi di potenziamento infrastrutturale sono
così articolati: nell’anno 2009 il raddoppio del tratto di linea Milano San
Cristoforo – Albairate/Vermezzo (ex
Cascina Bruciata), nel 2010 il potenziamento del collegamento da Milano Porta
Romana a Milano San Cristoforo. Durante
i lavori saranno soppressi tutti i passaggi
a livello (sostituiti con sottopassi e caval-
cavia) e potenziati gli impianti tecnologici della linea (nuovi apparati ACEI, di alimentazione elettrica e sistema di distanziamento dei treni).
Sono inoltre previsti i raddoppi delle
tratte Parona Lomellina – Mortara (2014)
e Cascina Bruciata - Parona Lomellina
(2019).
L’investimento complessivo è di circa 600
milioni di euro.
Potenziamento tecnologico del
nodo di Milano
Il nodo di Milano è interessato da numerosi progetti di potenziamento infrastrutturale e tecnologico. Oltre alla funzione
di “perno” della futura rete AV/AC,
all’incrocio tra le linee Torino – Milano Venezia e Milano – Roma – Napoli Salerno, le linee del nodo dovranno
assorbire ulteriori quote di traffico derivanti dal potenziamento dei valichi del
Gottardo e Sempione, dal raddoppio
della linea Milano - Lecco e Milano Mortara, dal traffico generato dall’aeroporto di Malpensa e dai nuovi impianti di
manutenzione rotabili.
E’ già finanziata la prima fase degli
interventi di adeguamento tecnologico.
In particolare del Sistema di Comando e
Controllo (SCC) della circolazione.
L’SCC è la più avanzata tecnologia di
gestione del traffico in uso in campo
ferroviario e integra quattro sottosistemi: oltre al controllo della circolazione,
l’esame diagnostico in tempo reale
degli apparati, la telesorveglianza delle
stazioni e le informazioni al pubblico.
Tutti gestiti da un unico Posto centrale,
una vera e propria “cabina di regia” che
gestirà un’area estesa centinaia di chilometri. L’attivazione dell’SCC permetterà di aumentare la potenzialità infrastrutturale, velocizzare il traffico nel
nodo di Milano e specializzare i tratti di
linea per flussi di traffico omogenei.
Inoltre, è previsto l’upgrading dei sistemi di controllo e gestione del traffico
ferroviario nelle stazioni (ACC ed ACEI)
e di distanziamento in sicurezza dei
treni.
Completano il quadro dei principali
interventi programmati da RFI per l’anno
2015, la realizzazione del nuovo collegamento tra le stazioni di Arcisate e di
Stabio in territorio elvetico, il potenziamento della linea Rho – Gallarate e un
programma di interventi diffusi sul territorio per riqualificare le principali stazioni della Lombardia.
Questo ambizioso programma, oltre che
essere rivolto a soddisfare la crescente
domanda di trasporto su ferro nell’area
lombarda e a far fronte alle esigenze di
Expo 2015, rappresenta la sempre maggiore attenzione del Gruppo FS all’ambiente con l’adozione di tecnologie avanzate, per tendere ad una mobilità ad
impatto zero.
31
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 32
Progetti
Il network aeroportuale I LAN
T
I
Le opportunità di sviluppo turistico
per la Valtellina e la Valchiavenna
P
R
O
G
E
T
di Tatina Cini, Gruppo CLAS - CERTeT Università Luigi Bocconi
32
I LAN (Italian Light Airport Network)
costituisce un’interessante novità nel
panorama aeroportuale italiano. Si tratta di un’associazione di aeroporti minori,
fondata il 14 settembre 2006 dalle società di gestione degli scali di Trento,
Sondrio, Pantelleria, Tronto e Frosinone
oltre che dal Consorzio di Sviluppo
Industriale della Provincia di Matera e da
FILAS (Finanziaria Laziale di Sviluppo).
In un secondo momento, hanno inoltre
aderito, in qualità di soci ordinari, gli
aeroporti di Albenga, Biella, Foggia,
Parma, Verona Boscomantico e Vicenza.
L’obiettivo generale di I LAN è la definizione di una rete di scali di rilevanza
regionale che si posizionino come infrastrutture di volo intermedie, tra le aviosuperfici e i grandi aeroporti, offrendo
collegamenti scheduled point to point e
svolgendo funzioni di snodo logistico; tali
tipologie di scalo sono già ampiamente
riconosciute e normate in molti Paesi
europei, tra cui Germania, Francia e
Inghilterra, e nel Nord America.
Rispetto alle grandi infrastrutture, la proposta di I LAN prevede per gli aeroporti
minori vincoli strutturali e gestionali inferiori e, in particolare, la sperimentazione
di sistemi innovativi di navigazione e di
procedure di avvicinamento caratterizzati
da costi di installazione e di gestione contenuti, quali i sistemi satellitari GNSS, le
procedure baro-VNAV, GBAS e RNP.
Tra le finalità più specifiche, I LAN
evidenzia:
● l’incentivazione del dialogo con gli
enti del controllo aereo, in qualità di
unico interlocutore degli aeroporti
minori;
● la collaborazione dei soci alla definizione di una nuova normativa che ne
identifichi e ne tuteli il ruolo;
● la promozione congiunta di attività di
ricerca e di sviluppo in campo aeronautico;
● l’adozione di nuove tecnologie e
l’armonizzazione dei relativi standard
tecnici e qualitativi.
L’autorizzazione concessa da ENAC allo
scalo di Sondrio, nell’aprile 2006, per lo
svolgimento dell’attività commerciale di
trasporto pubblico passeggeri è strettamente
connessa
all’ingresso
di
Aviovaltellina, la sua società di gestione,
nella rete I LAN e alla conseguente apertura di nuove prospettive di sviluppo per
il territorio.
Un primo tentativo di collegamento
da/verso Roma con aerei da 9 posti,
avviato nell’estate 2007, è fallito a causa
dell’impossibilità di praticare il volo
strumentale sullo scalo, con conseguenti
interruzioni del servizio per insufficienza
della visibilità e, dunque, una sostanziale incertezza dei collegamenti programmati e una perdita di domanda locale, in
particolare business.
L’esperienza maturata, l’analisi critica
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 33
Progetti
dell’assetto infrastrutturale e gestionale di altri scali I LAN e la
determinazione delle Amministrazioni Pubbliche a potenziare
l’aeroporto di Sondrio, considerato un importante volano di
crescita locale, hanno indotto Aviovaltellina a realizzare un
Piano di Sviluppo dell’infrastruttura.
L’aviosuperficie di Sondrio è attualmente dotata di una pista
pavimentata della lunghezza di 1.050 m. e della larghezza di
23 m.; oltre a presiedere la gestione del volo sportivo mediante un proprio aeroclub e a ospitare una scuola di volo e saltuariamente voli privati, lo scalo costituisce la base operativa del
Servizio Sanitario 118 e del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino
e Speleologico (CNSAS). L’infrastruttura dispone, infatti, di una
piazzola notturna e la posizione baricentrica di Sondrio rispetto alle Alpi la rende un luogo strategico per i collegamenti
aerei ed elicotteristici della Protezione Civile.
Le limitazioni operative emerse nell’estate 2007 suggeriscono i
seguenti interventi nel breve-medio periodo:
● una pista della lunghezza di almeno 1.200 m. operativi, corretti a livello del mare e per l’effetto delle temperature,
dotata delle relative strisce e aree di sicurezza di fine pista
● un’aerostazione con caratteristiche in linea con le nuove
funzioni
● nuovi impianti, tra cui luci pista e dispositivi di radioassistenza per l’avvicinamento
● nuovi hangar
● una sistemazione dei piazzali e del layout dell’aeroporto
● un’estensione del servizio di antincendio e di soccorso
● una riorganizzazione di servizi di handling e di security
● la previsione di un adeguato personale di gestione della
complessiva attività aeroportuale.
Il nuovo assetto infrastrutturale e gestionale consentirà all’aeroporto di accogliere velivoli commerciali con una capacità di
40-70 passeggeri e aerei business da 9-19 posti, pensati soprattutto per le connessioni con Roma, con un raggio massimo di
azione pari a 2 ore di viaggio.
Il ramo economico maggiormente interessato a un potenziamento dello scalo di Sondrio è senza dubbio costituito dal turismo; la disponibilità di uno strumento di accessibilità al territorio più efficiente (in termini di tempo, costo, frequenza,
qualità, affidabilità e sicurezza) rispetto alle attuali alternative di trasporto, essenzialmente terrestri e alquanto difficoltose, rappresenta, infatti, un requisito fondamentale sia per
offrire migliori condizioni di viaggio agli attuali turisti, sia per
attrarre visitatori da mete montane concorrenti, sia infine per
generare nuova domanda nazionale ed estera.
La percezione è che oggi i turisti stranieri arrivino soprattutto
in modo indipendente, con auto propria; nel caso dei gruppi, il
viaggio è tendenzialmente organizzato in pulmino. Chi utilizza
l’aereo privilegia gli aeroporti di Malpensa, Linate e Orio al
Serio, orientandosi su Saint Moritz, Innsbruck, Zurigo, Bolzano
e Friedrichschafen nel caso in cui la destinazione sia l’Alta
Valtellina e, in particolare, Livigno; esistono poi servizi pubblici autostradali tra il territorio di Sondrio e gli aeroporti di
Malpensa e Orio al Serio, con utenza scarsa.
L’obiettivo che l’aeroporto di Sondrio deve perseguire per uno
sviluppo stabile e duraturo coincide dunque con l’attrazione sia
di una quota consistente della prima categoria di turisti (coloro
che utilizzano l’auto propria o il pullman), sia di chi attualmente atterra in scali concorrenti. Riguardo tale ultima classe di turisti, una certa difficoltà sussiste soprattutto nei confronti di coloro che sono diretti a Bormio o Livigno, data la necessità di ulteriori 2-3 ore di viaggio via strada per raggiungere la destinazione,
che rende gli aeroporti attualmente utilizzati più appetibili.
Tale osservazione conferma l’opinione diffusa secondo cui
lo scalo di Sondrio dovrebbe essere considerato una infrastruttura complementare a quella di Saint Moritz, oltre che
uno strumento di collegamento con la Svizzera; l’aeroporto
d’Oltralpe non è, infatti, in grado di accogliere aviazione di
linea e regolare e il tunnel di collegamento con l’Italia è
aperto solo dalle 8 alle 20.
D’altra parte, l’ampliamento dello scalo non costituisce una
condizione sufficiente per lo sviluppo dell’area in termini turistici. Molti e diversi sono, infatti, gli aspetti che concorrono a
definire l’appetibilità di un territorio: la pregevolezza della
meta (in termini ambientali, artistici, culturali, enogastronomici), l’entità e il livello qualitativo delle forme ricettive, la
promozione congiunta e sistemica delle attrattive locali e,
naturalmente, la sua raggiungibilità e percorribilità interna.
Per quanto concerne quest’ultimo aspetto, la difficoltà dei collegamenti tra Bassa e Alta Valtellina suggerisce, tra le altre
soluzioni, la creazione di un centro integrato aeroportuale-eliportuale che consenta di effettuare spostamenti rapidi ed efficienti nel territorio e costituisca una piattaforma per le connessioni elicotteristiche con Milano e Roma.
33
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 34
Sguardi e traguardi
É l’età giusta
per continuare
ad imparare
S G U A R D I
E
T R A G U A R D I
di Elisabetta Donati, docente Università di Torino
34
Imparare non è solo andare a scuola o il sapere formalizzato nei titoli di studio, ma la
capacità di vivere ogni esperienza come
un’opportunità di apprendimento, per conoscere meglio se stessi e gli altri nel mentre si
è impegnati nel lavoro, nella cura, nel tempo
libero, nello studio.
APPUNTI DA UN PERCORSO DI RICERCA
L’allungamento delle speranze di vita è un mutamento che sta
mostrando aspetti imprevisti della realtà. È un processo che si
sta compiendo, dal punto di vista demografico, in modo rapido
e diffuso, mentre le attività di innovazione sociale, organizzativa ed economica appaiono ancora incerte ad affiancarne il
passo. Che conseguenze possiamo trarre del fatto che l’invecchiamento dura tutta la vita e modifica tutte le sequenze,
comprime alcune fasi, ne dilata altre, o addirittura le rallenta?
Che le abilità di cui disponiamo nelle età avanzate hanno la
loro genesi nelle età più giovani? E che ad invecchiare non sono
solo gli individui ma anche le società?
Sono finestre aperte per l’esercizio della nostra immaginazione.
La Fondazione Asm di Brescia è impegnata da anni in attività di
ricerca per una migliore comprensione di questi processi1,
osservando alcuni aspetti della nostra vita quotidiana, e trovare traccia di questi sommovimenti che mutano i confini dei
calendari sociali e individuali, e che impegnano le persone a
venire a patti con le nuove età.
Attualmente sta realizzando, sempre avvalendosi dell’apporto
di esperte della società Pari e Dispari, una ricerca-azione dal
titolo: “La società della conoscenza non invecchia. Lifelong
learning nel territorio bresciano”, i cui risultati crediamo possano essere interessanti anche per altre realtà territoriali.
Siamo immersi in un mondo in cui le possibilità di conoscere
diventano sempre maggiori: non a caso si parla di “società
della conoscenza” (Unesco, 2005) come prospettiva che
dovrebbe permettere agli individui di espandere le loro risorse
e capacità lungo tutto il corso della vita e, di conseguenza,
produrre anche l’espansione delle capacità della nostra comunità. Significa che “imparare-apprendere” è insieme una
necessità ed una scelta per tutti.
Una necessità data dalla quantità di informazioni e dalla velocità dei mutamenti che ci circondano, che è necessario possedere per non essere esclusi dal cambiamento, ma anche una
scelta per vivere con la propria testa, mettendosi in gioco e
non avendo paura di pensare (L. Balbo, 2008).
Imparare non è solo andare a scuola, e non è solo il sapere formalizzato nei titoli di studio, ma la capacità di vivere ogni
esperienza come un’opportunità di apprendimento, per conoscere meglio se stessi e gli altri nel mentre si è impegnati nel
lavoro, nella cura, nel tempo libero, nello studio.
Come si prepara una comunità ad un obiettivo di crescita delle
competenze nelle pratiche quotidiane; quale attenzione si riserva ai bisogni di apprendimento, alle esigenze di crescita e di formazione nei vari contesti, lavorativi, formativi, associativi?
Utilizzando riferimenti alla letteratura, nazionale europea ed
internazionale, sono state condotte delle interviste a vari attori2 del territorio bresciano, che hanno portato in evidenza alcuni risultati.
Continuare ad apprendere rappresenta un’opportunità ancora poco riconosciuta per favorire l’invecchiamento attivo e la
disponibilità degli individui ad investire le loro capacità per
capire meglio, per esercitare i propri diritti, per partecipare, e
questo nel mentre invecchiano.
Pur nella ricca articolazione di presenze e di attività di produzione di benessere nella comunità bresciana, il mondo del
volontariato stenta ad intercettare le domande di protagonismo e di utilità sociale dei nuovi pensionati e pensionate.
Identificato come un ambito per investimenti di carattere solidale, ma rappresentato soprattutto come un modo per occupare il tempo libero delle persone mature, il volontariato non riesce a trarre vantaggio dalle mutate e arricchite risorse dei soggetti adulti, in termini di migliori credenziali formative, di pregresse esperienze lavorative, di consolidate risorse economiche, di buone condizioni di salute. È come se la conoscenza
non fosse ancora veicolata come un valore che qualifica la
scelta dell’impegno di chi fa volontariato.
Il mondo del lavoro registra diverse criticità connesse all’invecchiamento della manodopera. Gli occupati e le occupate
più adulti hanno conosciuto in questi decenni le profonde tra-
1- Nel 2000 la Fondazione ha promosso una ricerca sui percorsi di vita dei 60-70 enni. La ricerca è stata pubblicata nei quaderni della Fondazione Asm
di Brescia, con il titolo: Il futuro accanto. Nuove età per donne e uomini, 2002. Nel 2004 ha finanziato la sperimentazione di percorsi di bilancio di competenze e accompagnamento alla pensione dei lavoratori e delle lavoratrici di una grande azienda bresciana, con il titolo “Cosa farò da grande?” che
sono stati realizzati con la consulenza di Pari e Dispari.
2- Sono stati intervistati rappresentanti delle Associazioni di volontariato, dell’Associazione Industriali Bresciani, dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil,
delle circoscrizioni comunali, delle Università popolari, dell’Università statale di Brescia.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 35
Sguardi e traguardi
sformazioni del sistema produttivo: molti
fra loro si sono trovati direttamente
coinvolti nei processi di riorganizzazione
industriale che hanno modificato ritmi,
qualità e contenuti delle mansioni.
Hanno mediamente imparato molto, pur
essendo in genere esclusi dalle politiche
di formazione. Nello stesso tempo vi
sono opportunità non ancora adeguatamente utilizzate, come i Fondi paritetici Interprofessionali3.
Interpellando i soggetti che erogano corsi
per gli adulti (enti locali, scuole, associazioni) si nota che la ricchezza dell’offerta
non è valorizzata da un esplicito orientamento di educazione permanente. Manca
una cultura delle transizioni che dia
valore ai passaggi evolutivi degli individui
nel corso della loro esistenza: le transizioni nel lavoro, da lavoro a pensione, nella
vita personale e familiare, nelle relazioni
con la sfera pubblica. Ciò vanifica la possibilità per l’adulto che rientra in formazione di guardare alla propria esperienza
in una prospettiva di investimento per il
futuro e di riformulazione del proprio progetto di vita.
ESPERIENZE INTORNO A NOI
Vi sono dunque molti spazi aperti per diffondere pratiche di “lifelong learning”:
azioni che poggiano su convenzioni di
fiducia fra cittadini che vogliono investire nel proprio patrimonio di esperienza e
conoscenza e le istituzioni che possono
renderli attori più consapevoli e valorizzati nelle loro scelte.
Nel corso di un seminario di approfondimento, promosso dalla Fondazione Asm,
sono state richiamate le cornici entro cui
si può concretamente operare perché si
“continui ad imparare”, permettendo ad
un maggior numero di persone di rientrare in formazione, a condizione di ampliare l’offerta formativa, diversificarla e
renderla più vicina ai loro bisogni.
L’Unione europea ha riconosciuto che
“occorre che ogni cittadino possieda le
conoscenze necessarie per vivere e lavorare in questa nuova società dell’informazione”4 e ha individuato le competenze di base da fornire lungo tutto
l’arco della vita: competenze in materia
di tecnologia dell’informazione, lingue
straniere, cultura tecnologica, imprenditorialità e competenze sociali.
In Italia l’accordo del 2 marzo 20005,
approvato dalla Conferenza unificata
Stato-Regioni-Autonomie, prevede l’articolazione di un sistema di educazione
degli adulti che coinvolga amministrazioni
pubbliche, istituzioni scolastiche, forze
sociali, associazionismo, attraverso lo
strumento dei “Comitati locali”.
La Regione Lombardia ha approvato una
legge (n. 19/2007) in materia di istruzione
e di formazione che prevede, tra le altre
finalità, l’educazione degli adulti a livello formale, informale e non formale.
Alcune amministrazioni locali, come ad
esempio la Provincia di Cremona, il
Comune di Roma, hanno avviato azioni di
ricerca per il funzionamento dei comitati locali che integrino i tre sottosistemi:
sistema scolastico, formazione professionale, educazione non formale.
Anche le forze sociali e l’associazionismo
possono giocare un ruolo rilevante,
soprattutto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori più adulti e verso pensionati e pensionate.
E’ il caso di Fondazione Sodalitas6 che,
attraverso una rete di volontariato
manageriale, presente in 19 città italiane, promuove la responsabilità sociale di
impresa. Con oltre 900 buone prassi già
realizzate, valorizza le competenze e le
conoscenze acquisite (imprenditoriali,
professionali, culturali) dai volontari e
dalle volontarie e le mette a disposizione di vari progetti di innovazione e cooperazione a vantaggio delle comunità.
Il Gruppo Femminile Plurale7 dell’Associazione industriali bresciani ha
avviato in alcune imprese l’innovazione
nell’organizzazione del lavoro per il mantenimento e la maggior valorizzazione
delle risorse umane degli over 50 e per
favorire le loro esigenze di conciliazione a
favore di genitori anziani o figli disabili.
La Carta d’identità UniAuser è un documento rivolto alle Università popolari e al
mondo dei circoli Auser8 per riconoscere
che l’apprendimento e la cultura sono
chiavi fondamentali per le azioni quotidiane di un volontariato che opera come
parte di un sistema integrato di educazione per l’intero arco della vita. Le università popolari e della terza età riconoscono
che ogni cittadino ha il diritto di informarsi, aggiornarsi, conoscere e mirano a
tradurre in pensiero ed operatività le
capacità e le competenze dei volontari.
Per sostenere gli investimenti dei cittadini e delle cittadine nel loro patrimonio di
esperienza e conoscenza, affinché resti
vivo e fruibile anche come bene pubblico, occorre dare un valore più esplicito e
positivo al continuare ad imparare.
All’ente locale spetta prioritariamente il
compito di sostenere queste esperienze
del vivere quotidiano per evitare che
nascano senza storia e senza equità9.
Sostenuta da questa consapevolezza, la
Fondazione Asm di Brescia si è impegnata a creare le condizioni per promuovere
un clima di confronto e dialogo che valorizzi e faccia comunicare le risorse e le
disponibilità emerse dai vari interlocutori coinvolti nel progetto perché Brescia
diventi anche una “città della conoscenza solidale”. Un impegno, questo,
ed un auspicio che ci auguriamo si compia nell’interesse di tutta la comunità.
3- L’art.118 della L. 388/2000 (come modificato dall’art. 48 della L.289/2002), ha previsto l’istituzione di Fondi paritetici interprofessionali nazionali,
costituiti attraverso accordi interconfederali, stipulati tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative
sul piano nazionale, allo scopo di favorire lo sviluppo della formazione professionale continua
4- Commissione delle Comunità Europee, Proposta di raccomandazione del parlamento Europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per
l’apprendimento permanente, Bruxelles, 2005
5- La nuova Educazione degli adulti, Conferenza Stato-Regioni, documento approvato nella seduta del 2 marzo 2000
6- Per maggiori informazioni sulla Fondazione: www.sodalitas.it
7- Per conoscere le iniziative del Gruppo Femminile Plurale dell’Associazione Industriale Bresciani: sito Aib Femminile Plurale
8- La Carta d’identità UniAuser è stata presentata nel corso della festa: “La città che apprende” organizzata da Auser a Milano lo scorso giugno.
9- Lo ha ribadito il Presidente della Commissione consiliare servizi sociali del Comune di Brescia intervenuto al seminario. Per maggiori dettagli si rimanda al documento che raccoglie gli atti del seminario: “E’ l’età giusta per non invecchiare. Prospettive e strategie durante l’arco della vita”, Fondazione
Asm, ottobre 2008.
35
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 36
Sguardi e traguardi
Contro la violenza,
l’ascolto
S G U A R D I
E
T R A G U A R D I
Ascoltare l’altro significa riconoscerlo come soggetto che ha identità e dignità, ricco
della sua differenza di pensiero, scelte, valori.
36
di Nadia Ferracini e Mirella Casati- Sportello Donna Filt-Cgil Lombardia
No alla Legge 133, giù le mani dalla scuola, un boato irrompe nelle piazze da Roma
a Bologna, Firenze Milano, Palermo, Lecce
e così via, non c’è luogo che non sia attraversato da giovani e, per la prima volta
dopo gli anni ‘70, dai non più giovani.
Padre e figli, madre e figlie, alunni e insegnanti in un unico grande dolore: lo smantellamento del futuro italiano.
Avrei potuto parlarvi di altro, delle continue statistiche che vedono in aumento le
violenze perpetrate su donne soprattutto
in ambito privato, ma credo che mai tema
sia giunto così puntuale come orologio
svizzero a minare e massacrare il concetto stesso di indipendenza, che ricadrà
come una mannaia sul futuro dei giovani e
sul presente delle donne.
Minare la scuola riducendo le opzioni
significa ridurre i nostri figli ad uno stato
di negazione del conoscere e condurli per
mano al servilismo che è figlio dell’ignoranza, non concedendo loro quel substrato di effettiva coscienza che permetterà
una libera consapevolezza.
Ridurre il tempo pieno perché di 24 ore
di scuola dell’obbligo si è già legiferato,
significa mettere in condizione la maggior parte delle donne di fare una scelta
senza ritorno: la rinuncia al proprio lavoro, alla propria indipendenza, alla propria autonomia.
E’ un attacco frontale, senza precedenti,
nella storia della nostra Repubblica che
tocca a 360 gradi tutta la società civile
lavoratrice.
Un paese che si ritiene civile investe, o
crea le condizioni per investire, su temi e
politiche che sono la base dello sviluppo di
una società: la famiglia, la ricerca, i giovani, le donne.
Da noi avviene l’esatto contrario: la famiglia sta vivendo una fase di impoverimento senza precedenti, la ricerca non ha mai
avuto nel nostro paese risorse vere che le
permettessero un reale sviluppo, oggi con
la nuova riforma siamo a un taglio del già
non sufficiente.
Sui giovani si fa, anziché una politica di
riforma tesa al rilancio, un disinvestimento smantellando la scuola pubblica nella
sua complessità.
Le donne non hanno mai avuto la degna
considerazione in questo paese.
Lo dimostrano le politiche di genere e le
leggi mai attuate su molestie, mobbing,
stalking; lo dimostrano le mancate risorse
finanziarie mirate alle milioni di donne
sole che crescono figli, in continua difficoltà sociale e lavorativa.
Lo dimostrano i contratti di lavoro troppo spesso gestiti da uomini che, nonostante siano mariti, padri, figli, non
hanno la giusta sensibilità o capacità di
inserire politiche contrattuali che colgano le difficoltà delle loro mogli, madri e
figlie.
Lo dimostrano le aziende, quotidianamente, quando negano il part-time a una lavoratrice rientrata dalla maternità perché, a
differenza di altri paesi europei, il parttime generalmente utilizzato da donne in
Italia è un lavoro di serie B.
E potremmo andare avanti all’infinito perché le donne in questo amato stramaledetto paese non sono una risorsa ma un
problema.
Non ascoltare la parte maggioritaria del
paese, rappresentata dalle donne, è già
un atto di violenza. Non adeguare lo stato
normativo e giuridico alla loro tutela e
difesa, è violenza assoluta.
E allora, grazie, grazie alla nostra capacità di metterci in gioco, grazie alle giovani, alle loro madri, alle donne del
corpo docente, che a fianco degli uomini
mi ha permesso per un lungo momento di
ritornare fermamente a credere che
siamo necessariamente parte del futuro
di questo paese.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 37
Finestre
Un appello alla resistenza
CONTRO
l’arroganza del potere
Changeling, (USA 2008)
Regia di Clint Eastwood
con Angelina Jolie, John Malkovich
Clint Eastwood, a 78 anni, ci ha donato un ennesimo splendido
film, dando prova ancora una volta della sua tenacia tutt’altro
che invecchiata nel dare battaglia, da cavaliere solitario,
all’ingiustizia e al sopruso dei potenti nei confronti dei deboli.
Il nuovo film, Changeling, nelle sale italiane dal 14 novembre,
si ispira ad una vicenda effettivamente avvenuta: un terribile
caso di cronaca nera che colpì
Los Angeles nel marzo del
1928 e che l’ex giornalista
nonché sceneggiatore del
film, J. Michael Straczynski,
scoprì assolutamente per
caso, quando un amico del
Los Angeles Time lo avvertì
che il giornale stava per
distruggere tutto il proprio
archivio cartaceo. Fu così che
ritornò alla luce la vicenda di
una donna coraggiosa e
testarda, Christine Collins
(impersonata da Angelina
Jolie), che si trova a combattere una battaglia disperata
contro la polizia di Los
Angeles, tanto inefficiente
quanto corrotta.
Christine, impiegata presso una compagnia telefonica, madre
single, vive da sola con suo figlio di dieci anni. Un giorno, al
ritorno dal lavoro, non trova più a casa il suo piccolo. Dopo
mesi di angoscia, la polizia l’avvisa che il bimbo è stato ritrovato. Ma, quando glielo mostrano, non lo riconosce: non è suo
figlio. L’opinione pubblica è in allarme per i molti casi di bambini scomparsi e non più ritrovati e la polizia, sotto attacco da
parte della stampa per i suoi metodi violenti e corrotti, avendo bisogno di vantare almeno un successo, non ascolta le rimostranze di Christine ed insinua che la donna non voglia più riconoscere il figlio per potersi dare alla bella vita. Poi, quando lei
trova aiuto in un predicatore assai popolare – il reverendo
Briegleb (John Malkovich), che tuona in chiesa e alla radio contro gli sbirri corrotti – la polizia cerca di farla passare per
pazza, con la complicità del piccolo impostore, che continua a
fingere con ostinazione di essere suo figlio. E’ internata in un
manicomio, dove trova altre ricoverate per ordine della polizia, come lei: ci sono medici compiacenti, che ricattano le
internate, sottoponendole perfino all’elettrochoc pur di piegarle. Christine non si piega: continua a rifiutarsi di confermare che quello è suo figlio. Poi, mentre l’opinione pubblica
comincia a sostenerla, è arrestato un maniaco, Jason Butler
Harner, che rapiva bambini, li portava nella sua fattoria e poi
li uccideva con efferatezza. Da alcune testimonianze risulta
che anche il bambino di Christine è stato rapito dal mostro:
non si saprà mai se sia stato ucciso o sia riuscito a fuggire.
Dunque, non si può dire che il film abbia un lieto fine. Ma,
almeno, a Christine è resa giustizia: i vertici della polizia sono
condannati e sostituiti, il maniaco è impiccato. Il coraggio e
l’ostinazione di Christine non
son stati vani: continuerà a
cercare per tutta la vita il suo
bambino, ma almeno ha fatto
in modo che storie come la
sua non possano più ripetersi.
Angelina Jolie impersona
Christine con intensità e
anche una certa fissità
d’espressione, che le è stata
rimproverata da una parte
della critica, finisce per trasformarsi, come ha scritto
Lietta Tornabuoni su La
Stampa del 14.11.08, in un
elemento di fascino.
Ma, oltre alla bravura degli
attori, è tutto il film, con il suo
ritmo classico e la regia impeccabile di Clint Eastwood, che riesce a coinvolgere emotivamente il pubblico fino alla commozione più intensa, lanciando senza ambiguità un messaggio
attuale sempre, ma tanto più oggi nel nostro paese (si pensi ai
gravissimi fatti di Bolzaneto e al relativo processo): non arrendersi mai davanti all’ingiustizia e all’arroganza del potere,
difendere i propri diritti a qualunque costo, non per sé stessi
soltanto, ma nell’interesse di tutti e della democrazia. Quello
che nel film appare, però, determinante per il buon esito della
battaglia è l’indignazione collettiva, che si diffonde quando
l’opinione pubblica è messa a conoscenza della vicenda. E purtroppo è proprio la capacità di indignarsi che oggi qui da noi
sembra scarseggiare, come se si fosse sedimentata una sorta di
assuefazione all’ingiustizia: questo è certo il maggior rischio
per la democrazia.
F I N E S T R E
di Osvaldo Cisternino
37
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 38
Finestre
CRAL aeroporto di Linate:
un’esperienza positiva
F I N E S T R E
di Milena Chiappani, Consigliere CRAL Aeroporto Linate
38
Un anno fa la nostra lista “Alleati per il
CRAL” ha ottenuto alle elezioni il maggior numero di consiglieri e, insieme a
componenti di altre liste, abbiamo iniziato un percorso basato sul dialogo e su un
programma condiviso.
Ricostruire ciò che da tempo è stato
abbandonato richiede energia, creatività
e tanto impegno, ma ridare al CRAL nuova
vita è l’obiettivo che ci siamo prefissati.
Siamo sempre più determinati ad uscire
dagli schemi che hanno contrassegnato
le politiche di gestione del CRAL negli
anni passati. Spesso ci troviamo di fronte
a modalità che sentiamo estranee e
superate e che ostacolano il programma
di rinnovamento.
Il nostro gruppo è composto da persone
attive e motivate da diverse sensibilità,
ma uniti nella precisa volontà di dare
sempre più risalto alla cultura della solidarietà, dell’inclusione, dell’offerta di
opportunità culturali.
L’altra motivazione che ci muove è il
disinteresse e la più totale trasparenza.
Le nostre molteplici iniziative sono state
accolte dai soci con entusiasmo e grande
aspettativa: gite culturali, concerti,
corsi di pianoforte, di Yoga, di inglese ed
italiano per straneri, fino ad organizzare
un gruppo di acquisto solidale.
I vari settori di intervento sono affidati a
diverse persone che assumono la responsabilità di svilupparli ed organizzarli nel
rispetto del programma.
Abbiamo puntato sul contenimento dei
costi, fatto che ci ha consentito di creare attenzione ed interesse tra i lavoratori, dando loro la possibilità di accedere a
molteplici attività culturali, ricreative e
turistiche.
Ci siamo ispirati a concetti di fondo
molto semplici:
● ricercare i servizi da proporre ai soci
all’origine; per esempio, acquisendo
vuoto su pieno per tutta la stagione
turistica strutture per le vacanze
siamo in grado di dimezzare i prezzi
rispetto a quelli proposti al pubblico;
● rivolgersi alle strutture di promozione,
come la Consulta culturale e la Fitel,
per ricercare il più possibile veicoli di
accesso ai circuiti di biglietteria, ottenendo più agevolazioni; in questo modo abbiamo acquistato 40 abbonamenti in 8 teatri diversi a prezzi convenzionati, consentendo a 230/250 persone,
nell’attuale stagione teatrale, l’accesso a poltronissime nei migliori teatri, a
prezzi ribassati del 30%.
Ci dedichiamo alla promozione di attività con nuovi investimenti, come l’acquisto di biciclette per grandi e bambini
per le passeggiate all’idroscalo. La riduzione dei costi dei servizi e delle iniziative culturali è stata possibile anche utilizzando le risorse derivanti dai proventi
delle attività commerciali.
Puntiamo ad un forte coinvolgimento dei
soci: sia sul piano pratico, offrendo reali
forme di risparmio, sia sul piano emotivo. Stiamo lavorando per contattarli con
un’informazione mirata, sia attraverso
locandine affisse nei reparti sia attraverso news veicolate con mailing list o
messe sul nostro sito internet, che siamo
riusciti a far inserire nella rete intranet
aziendale.
Nel momento che viviamo, povero di attività volte al sociale e, al contempo, intriso di slogan vuoti di significato, riteniamo
che le nostre iniziative, rivolte a recuperare un rapporto con lavoratrici e lavoratori, possono rappresentare una concreta
azione di proselitismo e di riavvicinamento alla funzione molteplice che ha il sindacato. L’obiettivo è far rinascere un’attività svuotata dagli egoismi di parte,
dimostrando come le organizzazioni sociali possono ricostruire il valore dell’unità su
basi nuove, ripartendo da esigenze reali e
dai bisogni individuali e collettivi.
Siamo molto convinti che il nostro lavoro
sia necessario ed utile ai lavoratori,
all’impresa ed allo stesso sindacato.
Abbiamo bisogno, però, di risorse in termini di tempo, poiché quest’attività non
può più reggersi solo sull’utilizzo del
tempo libero. Quindi, riteniamo fondamentale permettere al Cral di disporre di
permessi retribuiti, sul modello di quelli
sindacali, senza i quali, pur con tutta la
buona volontà, non sarà possibile mantenere gli attuali livelli di impegno.
Tutti i consiglieri, pur essendo in produzione ed a volte oberati anche da impegni sindacali, sono riusciti a trasformare
il Cral ed i risultati pensiamo siano sotto
gli occhi di tutti i dipendenti.
Inoltre, la componente femminile eletta
nella nostra lista è molto attiva, sia nel
consiglio sia nel comitato direttivo, pur
se è costretta a ritagliare per quest’attività molto tempo, sottraendolo al già
ridotto tempo personale che rimane dopo
il lavoro e gli impegni della famiglia.
Strutturato e costruito un programma per i
soci del CRAL di Linate, si tratta ora di realizzare una sinergia con altri CRAL e strutture analoghe per permettere lo scambio
di esperienze e, laddove possibile, anche
di servizi. Per chi volesse vedere il nostro
lavoro e le nostre iniziative basta collegarsi al sito www.crallinate.it e, nel caso,
inviarci suggerimenti e consigli.
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 39
nostop numero 61:nostop numero 61
2-12-2008
14:58
Pagina 40
News
a cura di Ivan Panzica
Novembre 2008
Assemblea Nazionale a Roma dei delegati e dei quadri della Cgil sul tema “ Proposte della Cgil per uscire dalla crisi”.
10
Sciopero generale nazionale di 24 ore dei lavoratori del trasporto pubblico locale, ferroviario e servizi per l’avvio
della trattativa del contratto unico della mobilità, la cui piattaforma è stata presentata il 22 febbraio scorso.
13
Le Organizzazioni Sindacali europee affiliate a ETF (European Worker’s Transport Federation), Sezione
Ferrovieri, organizzano una manifestazione europea dei ferrovieri a Parigi, contro destrutturazione delle imprese, per la sicurezza e l’occupazione.
20
Sottoscritto, presso l’Anef, l’accordo per il 2° biennio economico 2008-2010 CCNL addetti impianti trasporto a fune.
25
- Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
- Sottoscritto tra OO.SS.e Associazioni datoriali del comparto autostrade e Anas accordo propedeutico alla costruzione di un contratto unico della viabilità.
26
Assemblea delle delegate e dei quadri femminili a Roma presso l’Aula Magna del CNR conclusa dal segretario
generale Guglielmo Epifani.
N
E
W
S
5
27-28
A Perugia si svolge il Seminario in materia di sicurezza e salute, organizzato dalla Filt nazionale.
Dicembre 2008
12
Indetto dalla Cgil sciopero generale nazionale di tutti i lavoratori pubblici e privati di 4 ore per sostenere la definizione urgente di interventi contro la crisi economica, e per denunciare l’assenza di politiche economiche e sociali da parte del Governo.
16
Euromanifestazione a Strasburgo, organizzata dalla CES, il giorno prima del voto in Parlamento sulla revisione
della Direttiva europea “orario di lavoro”. La proposta di revisione, adottata dal Consiglio dell’Unione Europea nel
giugno 2008, è inaccettabile in quanto riduce i diritti dei lavoratori e colpisce l’Europa sociale. La CES chiede un
orario di lavoro che rispetti salute, sicurezza e una retribuzione dignitosa.
NOSTOP
RESPONSABILE DI REDAZIONE Vittoria SCORDO
GRUPPO DI REDAZIONE Americo PAGLIARA Ivan PANZICA
PROGETTO GRAFICO ORIGINARIO Armando Artibio FANFONI - RESTYLING URAKEN Graphix
Redazione NOSTOP Via S. Gregorio 48 - 20124 Milano Tel. 026715838 Fax 0266987098
[email protected] http://www.filt.lombardia.it
Supplemento al n° 11/2008 de “Il lavoro nei trasporti” Mensile della FILT-CGIL nazionale Direzione/Amministrazione EDITRICE EDITRASPORTI
Via Morgagni 27 - 00161 Roma Iscritto al n°92/82 del Registro Pubblicazioni periodiche del Trib. di Roma il 10/3/82 Testata registrata presso il Registro
Nazionale della Stampa Direttore Responsabile Marilisa Monaco Sped. in abb. postale c26 art.20 lett. B art.2 della legge 23/12/96 n° 662 Roma
Chiuso in tipografia: 2 dicembre 2008 BINE EDITORE - Corso di Porta Vittoria 43, Milano
Videoimpaginazione e fotolito PRG Via Gaffurio 2, Milano - [email protected]
40