la situazione del corallo
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la situazione del corallo
LOBODILATTICE URBAN EDITION la poesia viaggia sui mezzi pubblici Raccolte di poesia e illustrazione a cura della redazione di lobodilattice, da sfogliare durante i tragitti urbani, rigorosamente sui mezzi pubblici, dove saranno diffuse gratuitamente, perché lasciare la macchina a casa significa inquinare meno e avere del tempo da dedicare alla riflessione sulla possibilità che un mondo migliore è possibile Editore Luca Saverio Beolchi Progetto grafico Marco Lamanna tutti i diritti sono riservati e di esclusiva proprietà degli autori 1 CORRESPONDANCES a cura di Paola Silvia Dolci INDICE prefazione la situazione del corallo che altro dire? il viaggio senza biglietto morning glory cirque n.5 oltrenauta la delicatezza del limite tentativo di poesia d’amore una primavera dietro la collina delle zingare magma Autori Alessandro Ansuini, Stefano Flenti, Mayko, Leonardo Pazienza, Prufrock, Spleen, Francesca Pellegrino, Garbo, Stefano Lorefice, Isabella Anna Matera [email protected] 2 CORRESPONDANCES PREFAZIONE “Dieci Poeti Si Parlano Addosso” cornice d’aria disinvolto questo tessuto quadretta un pensiero: ma che bel gruppetto di sovversivi della parola. ho letto il testo e sono rimasto allucinato, è magnifico. potrebbero averlo scritto solo in due, kafka, e io. L’ammiccante, malinconica e rabbiosa ballata del fiero deracinè. Qualunque cosa tranne ciò che è. Costretto a vagare il tempo ciondola. È un flaneur che non fa abbastanza rumore per darsi un nome. E non ha spazio perché ha imparato a spintonare. Il nostro affezionatissimo si porta avanti bevendo a sorsi avidi clessidre di occhi svuotati. Di occhi chiusi. Poi aperti. Poi chiusi. Poi dischiusi. Poi chiusi mille volte. Il nostro Affezionatissimo è del colore delle nuvole. Qualunque cosa tranne ciò che è. All’inizio ho avuto molti dubbi. Quel testo è lontano da me. Ed io tendo ad amare, con la limitatezza del pensiero, solo ciò che mi assomiglia. Tuttavia il gesto dell’imperfezione genera sentimenti. Se poi nel testo maturano oggetti sentimentali quasi aprendo una sala cinematografica in certe promettenti parole, credo che la pagina possa divenire un terreno lieve. Nelle logiche impossibili è nascosto il valore vero delle cose: dimostrabili come un teorema e quasi fredde come apparentemente sono i numeri. “apparentemente” perché, come “dimostra” nel suo ultimo verso, è vero ciò che la vita rende ad ognuno.Per quanto possa sembrare assurdo l’enunciato, ne nascono deduzioni emotive, vere. poetry body painting. Così la definisco, nella testa, mentre la leggo. Si lascia osservare, scrutare e nell’attimo lei ricambia. Non è l’atto, non è il fare, ma è il mondo che si ferma intorno all’istante. Una quinta semplice e complessa che viviseziona. Leggerla è possedere una sua foto. Tutto è fermo nel movimento e tutto si muove senza tregua, nello stesso attimo contemporaneo. La sua è un’attitudine, una propensione: è il vaso per le rose altrove sparse. I corpi che fluttuano e la cura del tempo. Rimarcare il ruolo e difenderlo con audacia. Lei è audace, nella sua coincidenza perfetta di termini. Ammiccante (mai vezzosa), sconcia (ma non volgare), imprevedibile, da rossore prima e corpi nudi poi (gli stessi che arrossiscono).Ama, indubbiamente ama. E ricerca. Paesaggio, soggetto, storia, le briciole sotto il suo microscopio sono amore travolgente di un attimo o di sempre. Ne esce dipinta impalpabile e forte, femminile e maschile ed è plurale. L’artista, l’acquirente, il venditore, il muro. Nella sua scrittura sostantiva il suo è il verbo essere. Ti presta i suoi occhi per vedere. ho lette cose che m’hanno fatto avvenire qualcosa. Frasi da flusso di coscienza. Flusso di coscienza in frasi. In quel momento finale, che sembra arrivare troppo presto...c’è l’azione, il colpo di reni che imprime spessore. Eccoci. Lo ringrazio di questo. Quello che mi trapassa senza necessità d’essere spiegato. immagini che hanno il tepore di un letto caldo compone con i piedi scalzi e un vezzo un po’ straniato, come di rimmel che sia sfatto, d’ombra seduce e non retorica nell’ombra. Bella come la polvere d’ombretto che sia caduta per caso su un petalo incline più degli altri al basso. In un vaso, alla finestra che si sporge. molti degli autori che hai scelto sono fra i miei preferiti. Tra soggetto e oggetto uno spessore sottile, dilatato e senza tempo. Un istante, una connessione. Limite sottile tra uno e due.Un terzo, figlio di Achille, freccia di Apollo. 3 CORRESPONDANCES LA SITUAZIONE DEL CORALLO Alessandro Ansuini Rovinare è la parola, l’atteggiamento, il tuo modo di irrompere nella situazione è rovinare, dentro, nell’attimo, scavalcare, hai un’attitudine invasiva, una permanenza ottusa e incantata, come una fotografia. “Sono nan goldin con un occhio rosso dopo essere stata pestata” dicevi con i piedi a mollo dentro la piscinetta che avevamo gonfiato e portato su nella terrazza abbondanata, volevi essere patti smith fotografata da mapplethorpe, dicevi che era così sessuale mapplethorpe, così nervoso, ricordava iggy pop, dicevi sono nan goldin ma stavi cercando la posa di patti smith, e mapplethorpe non solo ha fotografato iggy pop, ma quando penso a lui mi viene in mente un culo, e qualcosa che entra, o esce, fruste, o mani, e comunque, fra questi specchi, tu, dove sei tu? Dovrei portare un registratore con me e parlarci dentro rivolgendomi a un terzo dicendo, magari: lei deve sapere che oggi, oppure, lei deve essere informato del fatto e annotare piccole cose, l’impaccio della cassiera nel supermercato, o tutti i miei problemi inerenti la volontà, l’impossibilità di concentrare le forze verso il gesto della volontà, desiderare qualcosa e farla, immaginare qualcosa e compierla, anzi, il terzo a cui mi rivolgo dovrebbe essere una donna, dovrei dire giulia, mi ricordi di prendere, oppure, giulia, oggi ho visto immaginare una segretaria, un conforto, un rifugio, comporre un’entità, un privilegio, un vizio, confidarcisi, parlare, aprirsi comunicare (giulia, ricordami che devo fare la pulizia dei denti) ammirare la natura è un altro atto di forza che vorrei costringermi a perpetrare, la contemplazione, in fondo, è una questione importante e assolutamente trasversale, dalle raccolte di racconti di kafka fino allo scopo ultimo dei monaci certosini, la contemplazione assurge a ruolo di dottrina, essere un occhio appannato, instancabile, giulia, lei deve sapere che ho paura di guardare nei buchi degli scarichi – una stazione radio, un’antenna d’insetto, ricettori sensoriali sulla ruota karmica i poeti hanno disdetto il patto sociale, questa confraternita del dolore immaginato che si specchia nelle pozzanghere e non riesce a stabilire un soddisfacente e vicendevole rapporto con la propria sessualità fotografica - giulia, mi ricordi di essere criptico e affascinante, come un salvadanaio – uscita dalla piscinetta e sdraiata nel sole non vuoi sentirmi parlare del dolore, di gadda, della sottrazione del dolore alla generazione che vive proprio sotto questo balcone, un vecchio in una stanza ovale pare avesse intuito questo e non sia riuscito, nonostante la sua consapevolezza, ad evitare il vietnam ad una serie di giovani procreatori americani, millenovecentosessanta e qualcosa, colori più tenui, all’epoca, e sotto la lingua una lingerie di chimica colorata, i giovani di oggi vogliono piangere per una paese lontano, vogliono 4 CORRESPONDANCES difendere lo zibellino maltrattato dai cinesi, vogliono indossare sciarpe bianche e nere ma non vogliono tirare i sassi, vogliono sentire il dolore del dalai lama in esilio assediato dai cinesi – giulia, ricordami di inviare un articolo con la modifica del concetto di famiglia su wikipedia – cosa posso dirti, sei sdraiata, così bianca, dotata di smalto, inconsapevole, potremmo parlare per un’ora e divertirci per un’ora io potrei pensare questo mentre lo facciamo e alla fine dire che siamo apparsi così poco brillanti, eravamo rigidi, tu diresti siamo stati bene, io così confortato nella pianificazione anticipata di questa situazione mi sentirei a mio agio, appena un attimo, e poi mi volterei verso il vino, - giulia, il tempo passa? Come ti dicevo, rovinare, in un moto di crollo, uno straripare convulso, insetticida, ti desidero perché non c’è nient’altro da desiderare, o forse sono qui per custodire un’integrità che non è solo mia, fra me e te chi è appendice e chi ponte? La situazione del corallo, o della monnalisa, mi sono care e incantate per perfetta aderenza al silenzio. Eppure nei pigmenti tu accatastavi le grida, dicevi che un solo pigmento di colore era una grata di bocche straziate - tu così drammatica, quattro sonetti e una rassegna domenicale sul cinema russo, potresti essere così radical chip oppure semplicemente impaurita, un caso comune di sovrimpressione di personalità materna, siamo fatti in calco profumati col talco da mani ancestrali che ci vogliono rovinare dentro, allungare orribili ricurve maniospedale dentro i nostri costati bunker bambini – giulia, ho visto una bambina sbattere la testa contro un muro giulia, ho visto un piccione parlare giulia, ho una leggera tachicardia, mi prenoti un check up giulia, il fatto di non avere nulla mi garantisce contro gli esattori giulia, mi ricordi di creare una serie di personaggi per una serie televisiva (di almeno 12 puntate) gulia, mi si chiudono gli occhi (a questo punto c’è l’osservazione prolungata e netta di un fiore finto, rosa, in un vaso verde, dal collo lungo per un tempo indefinito, in cui pensavo alla polvere) e tu vattene, se non l’hai già fatto. 5 CORRESPONDANCES CHE ALTRO DIRE? Stefano Flenti Dal vento che scende le scale questa prosa torna a fare spazio si accerta che nelle cataste non siano rimasti denti di morto – e altre cose utili alla gioielleria – gli occhi dell’offensore mani di Cristo benedicenti è fin troppo recente, e nessuno ci avrebbe creduto per la mania di fissare il soffitto che hanno gli aspiranti suicidi ho spiegato la lentezza della morte ma resta una circolarità del corpo le gambe risolte nelle braccia e l’embrione nel suo contrario: così saremo zelanti – non lasceremo aria nella stanza, lucida per il suo riposo dove annaspa un incendio. il fuoco predilige gli angoli e fugge il centro, dove preparo la stufetta ai crampi di freddo – ma le cose essenziali non sono molte raccolte in linee e pettini per riccioli fuori dalla nostra condizione o tra morte clinica e tassidermia più quelle che nessuno mormora nel sonno per eccesso di terrore non c’è una terra che abbia pietà della memoria del colore verdemorto piantato diversamente dagli altri in scaffali obliqui che lascia qualche riflesso ma nessun effetto se non l’amore per le fosse – in quanto spilli nelle variazioni e teche piene di ali allo stesso modo l’evento frequenta desolate regioni e si crede non abbia più di una vita quelli che sono venuti per il gesso delle nocche avevano le loro lime e il cavo del palmo non chiedevano nulla – se non la fine di uno scomposto agitarsi, da essere vivente non sono da odiare, perché questa storia del dolore 6 CORRESPONDANCES IL VIAGGIO SENZA BIGLIETTO MORNING GLORY Garbo Leonardo Pazienza Non mi parli più, è colpa degli occhiali scuri che perdono i treni e le parrucche che si incastrano nelle portiere di macchine verdi come i capperi che non so che gusto hanno, e forse non lo saprò mai. Abbastanza triste. Abbastanza grigio. Come se l’autunno avesse deciso di fermarsi, proprio in quel momento. Dentro i suoi rami. E poi c’è di mezzo un tragitto che seppur metropolitano nell’intenzione non sa di che numeri parla, e l’afa della gente che respira e guarda a terra e poi fissa e poi a terra, e non sa che io arrivo per venire da te che non so se poi mi apri la porta o ti metti a saltellare o stai zitto e mi versi da bere e basta, e io non vedo l’ora e l’ora non vede me. E io non vedo te perchè non mi guardi. E magari non sei davvero a casa. Ma io ci sono e faccio finta che dobbiamo ricominciare dalle prime battute e ti dico di leggere Queneau mentre strabuzzi gli occhi perchè lo stai già leggendo,e tra un po’ mi dici di stare zitta,ma io so parlare in silenzio anche e oggi parlo perchè il vino rosso è rosso, e c’è un Corvo che voglio che mi aspetti lì dov’è. E ci sono sigarette che aspettano di essere fumate,e parole e suoni e respiri che devono evaporare in stanze e penombre che ti appartengono e a cui voglio appartenere per qualche minuto, e risotti da far scuocere mentre il burro si scioglie nelle mani distratte e nei singhiozzi impressi in pellicole trasparenti che nascondi nei cassetti mentre mi disegni con una mano e con l’altra gesticoli e quando ti stanchi canticchi e strimpelli e io mi addormento e tu mi guardi e ti addormenti, e io mi sveglio e ti guardo addormentato e ti sveglio quando ti sento russare e voglio che mi spalmi la marmellata sulle dita perchè non hai comprato il pane e devo fare colazione che poi riparto perchè so fare solo avanti e indietro. E tiro sospiri e me ne vado. Mentre me ne vado senza voltarmi perchè ho gli occhi lucidi di già, tu mi dici “di già?” Ed io ti dico che non è vero. 24/07/2005 Buenos Aires Ogni respiro uno sguardo tra i tanti che si incrociano. Ma il suo. Come le righe rosa sul cotone. Che io vedevo, che io guardavo. Un altro respiro. Una musica con le note opportune. Tutto chiuso sbarrato inviolabile indicibile incommensurabile e spazio di danza per demoni vestiti di nero. NEgli occhi. GLi occhi. NEgli occhi. guardandosi in faccia con il mattino, che a dispetto delle tue occhiaie, sorride. E lo fa di gusto, non ti prende in giro, è dannatamenete sincero e convincente Sincero e convincente. Strano che sia la stessa Milano di ieri, almeno quanto possibile adesso, in controntendenza, piegare gli angoli della bocca senza l’ossesso del ritmo ma soltanto per essere mattino anche tu. Sii mattino adesso. 7 CORRESPONDANCES CIRQUE. PARETE n.2 Isabella Anna Matera * I numeri viaggiano paralleli nelle storie perfette. * C’è sempre un paragone esatto che rappresenta pienamente il concetto che si vuole esprimere pur non azionando i soggetti della scena. Una metafora che coincide con il disegno, il progetto del cielo. Quasi come incollare la volta, una, al foglio e vedere che sopravvivono, l’uno sull’altra. Nessuna amplificazione, neanche nel battito delle ciglia. Il sincronismo tra il reale e l’immaginato, uno specchio biunivoco comunque. * Due è un numero parallelo? * Per questo le mani di Viola si staccano dal muro: non ha nessun bisogno di rappresentare una farfalla con le ombre delle sue stesse piante. Palme. Può disegnarla. Con la mente, lei, è capace di far vivere i colori delle cose. Di qualsiasi cosa, senza raccontarla in giro. * Chi dei due è uno? Chi di noi è uno, a questo punto. * punte, ricamando per terra infinite paia d’ali. Il pavimento, un giorno, si sollevò e tutto coincise, come nel suo sogno. Danzava. Lei non ci fece caso, eppure successe. In quel momento, diverso dall’istante del desiderio. Lei non lo seppe. Ma successe, esattamente come nel sogno della bambina. Lo visse, senza poterlo mai raccontare. * Tre è numero (im)pari. Anche di notte. * Lasciami, dire. Alcuni volti capitano, nella vita. Sono errori inevitabili, come i mangiafuoco che a vederli da vicino hanno i peli della barba bruciati e un sorriso che fa tristezza anche agli specchi. Una solitudine itinerante, la loro. Con l’odore di petrolio che buca tutto intorno. Mentre nulla succede, se non nelle braccia stanche del capitano del fuoco. * A cosa serve la luce? * Non tutto è degno di nota, credimi. * Neanche le equazioni. Un sorriso dispari e iniquo e poi un pianto, leggero come polline. * Viola è la conferma: tre è pari. Certi bambini sanno che il silenzio è il regno dei sogni, e che se raccontati essi scoppiano come bolle. Lasciando la scia del desiderio. Solitamente è viola. Viola, da bambina, ballava sulle 8 CORRESPONDANCES STEFANO LOREFICE LA DELICATEZZA DEL LIMITE Oltrenauta Maiko da “L’esperienza della pioggia”, Campanotto Editore prendi i pochi pezzi rimasti dove il corpo subisce lo scatto rabbioso del sangue con le vertebre dure schiacciate ma comunque lì, a sopportarne il peso è un corpo che si rende conto di chi siamo noi indietreggia ritira s’accorge del disordine e che si può morire scorticati scavati dal sole come pochi pezzi di pane è nella mancanza il nostro andare incerto è alla fermata degl’ autobus ch’ è un raduno di gente senza criterio nello scompiglio precipitata via in un viaggio che non si sa per dove mascherato da un ridere sotto, nel basso delle facce e dalla cortesia di chi il ritardo lo sconta addosso con una dignità che difende, ch’espone che preme e se ne lì come noi attaccati a quel che si può C’è una delicatezza estrema fatta carne che riluce lì proprio dove l’occhio trema La bellezza del limite La custodia del varco Preziose cose Quelle che tocchiamo Coi polpastrelli cauti La sanità dovuta delle reticenze Il saper stare dritti Sul filo che tentenna Sull’azzardo posare con cautela Il vaso per le rose altrove sparse La mano casta e ruvida Sulle irruenze della pelle Il mare nelle tasche Perché non si disperda C’è una ricchezza antica Nel contenimento Il silenzio ai conventi L’arancio dentro il tempio Il cane maschio che protegge E che dimora La femmina che porta il latte La porpora in aurora 9 CORRESPONDANCES C’è una costanza preziosa Nel tremore e nel timore Una carezza bella e senza nome Per questo non occorre Sfidare e giudicare Ma nel grembo del lievito Sorridersi e tenere Le mani i piedi il ventre l’occhio La limpida innocenza del non posso Con molto amore si attraversa la natura E con paura si fa strada a ciò che dura Ciò che diventa legame E fa calore Nel buio della notte E nel dolore [TENTATIVO DI POESIA D’AMORE] Prufrock dunque nulla si saprebbe di te oltre la cortina dei rami il remo tirato a riposo dopo la pesca incolore il variare terreno degli spigoli che froda i movimenti notturni. sapevamo il versante del mattino. un’allusione sempre un’enunciazione di persiane tu ti apri nelle stesse mani di ieri e di domani la prima luce è retorica la teoria di tetti neri oltre la finestra di una camera da letto di provincia dove ci riposa l’odore dei profili delle cose e di noi. i discorsi appaiono lontani storpiati ed indulgenti, dibattiti sulla collera dei comodini svestiti di fretta dagli abiti che ci compongono il parquet ha parole a spina di pesce un trattato sulla stabilità degli oggetti non basterebbe a provarci uguali a ieri. i rami crescono ora dopo ora puntandoci le dita addosso, accarezzano i vetri con devozione pagana. se tu sapessi l’avanzo di respiri oltre il visibile e l’invisibile tra le lenzuola che ci somma in un unico corpo abbandonando il paesaggio delle forme a se stesso un osservatorio di misure mortali e metodiche noi da te io dalla parte restante che ci ascolta 10 CORRESPONDANCES un luogo equivoco rintracciabile tra le parole voltare pagina è commettere reticenze impiegare sempre lo stesso tempo per riscriversi senza inventare mai nulla di verosimile che possa accadere tra le pause dello schermo quando le battute che precedono il sonno processano lo spettacolo proiettano un’idea capovolta e incontrollabile di ciò che pensavamo di aver visto o forse solo intuito tra gli spiragli delle imposte ancora chiuse non ancora frattura di parete. oltre la quale. la realtà dell’amore è un’opinione di sposa passiva smistata sulle pene scaltre di madre operosa amorosa e doverosa e quindi appassita tra i turbamenti del bosco. ma ti riconoscerei dovunque te ora e qui nella supremazia pacata dei frutteti da donna a sera nella continuità di un reato minore finita in una sala d’aspetto che mi impreca seduta tra la folla e inseducibile cosa che saprei baciare ovunque ti pensi da sera a donna tra le lenzuola che rigano il vinile della passione e l’orlo del letto che mi conclude in ogni luogo di te UNA PRIMAVERA DIETRA LA COLLINA DELLE ZINGARE Francesca Pellegrino Non direi male del nulla se non fosse che ci vive nella bocca adesso che levo vele di tende a nastro oltre la retorica delle primavere inaudite senza più congiuntivi per sognare la pace delle foglie. Ci pensavi? Erano nostre, eppure eravamo imperfetti di rimmel dietro le colline delle zingare e mai che una perla fosse al suo posto. Ci credevi alle dita che non abbiamo mai saputo? Io si, ogni giorno che ho suonato usci pregando ventagli di porte ad aprirsi e finalmente vento. 11 CORRESPONDANCES MAGMA Spleen (...) Questi specchi caduti al di dentro, tutte le individualità amate, odiate, (tra)lasciate e sperse per chissà che altrove, a chi vuol levare le ali in me: come tendermi la mano nella mia folle dilatazione? Detesto le saggezze, nuclei senza nervo nè motivo. Presagio un sapore diverso, come gli occhi di una folla viziosa e senza meta... C’è forse una ragione per aspettare parole appropriate, intendimenti, idee precise? Mescola, confondi, disobbedisciti, vivi solo la contraddizione, resta piuma sospinta dal vento... Sono qui da...qualche mese? Milano? Boudoir di fanfaroni del minuto, esagitati del perfettibile, più lenti che dischiusi. Andiamo con ordine. Uno per volta fatevi uccidere d’amore, se sarete gentili... Se mi picchierete, sarò un agnello. Lor signori intendano che per il vostro Affezionatissimo il tempo ciondola in forme senza nome. Amo come volti di voi, le espressioni ultime, ciò che si rivela senza reticenze e compromessi, segmento le voci, le espressioni e attitudini come cibo particellare: nel corpo non mi resta che un vago sapore di saccarina. Sulla scalinata del passante uno scemo, l’ho visto bene, correva per ripescarsi un pezzo di tempo: come un biglietto nuovo, non sapeva che farsene, epitaffio gaudente... A pensarci, m’aggiro attorno alle giornate da delatore, i miei colori sono le impossibili tonalità cangianti degli occhi chiusi. Io riaperto, so schiantarmi nel sorriso di chi dispensa dal lacrimare. Provo, vicino agli uomini e distantissimo da me, un tumulto così profondo da gelarmi la carne e il pensiero. E in questa onda squassata, scostata solamente, splendori e tenebre sono a tal punto separati dal loro mondo, che non è possibile dimenticare nè ricordare: ho perso la grazia della malinconia... la bellezza: paradosso di mostrare l’assoluto nella forma , di oggettivare l’infinito sopraffatto dall’emozione estetica. Per questo ogni ideale del “bello” in sè secerne una quantità impossibile di illusioni: dacchè questo reale dovrebb’essere qualunque cosa, tranne ciò che è. Come la parola che s’inguaia d’essere ancora sopportabile il sottile: gioco di quisquilie leggere, imbonitrici, dal tocco calibrato, quand’è non faticato. Condizionamenti, (il vero nome dei giorni), affetti, calcoli, aspettative portano all’innaturalezza di smentirsi. prefiggersi scopi: in un mondo esattamente individuato, perfino i muri si metterebbero a ridere... Così piacevole non riuscirsi! 12 LOBODILATTICE URBAN EDITION “...la poesia viaggia sui mezzi pubblici...” WWW.LOBODILATTICE.COM tutti i diritti sono riservati e di esclusiva proprietà degli autori NOTA: Se sei un ente o il titolare di un servizio commerciale e ti piace il nostro progetto, sostienici in cambio di pubblicità e visibilità - [email protected] 13 LOBODILATTICE