Imposte Dirette 2006 - Ordine Commercialisti Salerno

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Imposte Dirette 2006 - Ordine Commercialisti Salerno
IMPOSTE DIRETTE NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI
1. PREMESSA
Per un'impresa che effettua operazioni di scambio commerciale con Paesi terzi senza essere fisicamente
presente nel Paese straniero, da un punto di vista tributario la fonte di maggior "preoccupazione" è
rappresentata dal corretto inquadramento dell'operazione ai fini IVA.
Quando l'impresa decide di dare una forma strutturata alla propria presenza sul mercato estero, pur
dovendo fare ancora riferimento alle imposte indirette, essa deve avere ben presente, già nella fase di
progettazione della nuova forma di presenza nel mercato estero, gli aspetti di fiscalità diretta connessi
all'ingresso secondo le nuove modalità nel Paese terzo e analizzare le imposte sul reddito.
2. CONCETTI BASE DI FISCALITA’ INTERNAZIONALE
Prima di procedere all'analisi delle imposte sul reddito nell'ipotesi di presenza strutturata sui mercati
esteri, è necessario chiarire alcuni concetti fondamentali per la corretta individuazione e comprensione
del problema quale quello di residenza fiscale o di stabile organizzazione, o ancora quello di luogo di
produzione del reddito al fine di individuare le modalità di tassazione dei redditi relativi a soggetti
residenti, stabili organizzazioni, ecc.
E' vero che tali concetti presentano diverse sfumature da Paese a Paese, ma nelle loro linee essenziali si
ripresentano nelle normative dei vari Stati. Ecco perché, pur facendo riferimento alla disciplina italiana,
lo schema concettuale può essere sostanzialmente esteso anche alle altre Nazioni.
2.1. Residenza fiscale e stabile organizzazione
I soggetti su cui gravano le imposte sui redditi (soggetti passivi) sono:
•
i soggetti residenti nel territorio italiano;
•
i soggetti non residenti nel territorio italiano.
Sembra quindi che non vi sia differenza tra soggetti residenti e non, ma così non è. E’ di estrema
importanza definire il concetto di “residenza fiscale” perché è in base ad esso che viene individuata la
base imponibile dei diversi soggetti con differenze che sono tutt'altro che trascurabili.
Il concetto di "residenza fiscale" è contenuto nel testo unico delle imposte sul reddito (TUIR).
1
Per quanto concerne le persone fisiche (art. 2, comma 2 del TUIR) si considerano residenti coloro che
per la maggior parte del periodo d'imposta, alternativamente:
v sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente;
v hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.
Per le società di persone, società di capitali e gli enti (art. 5 comma 3 e all'art. 87, comma 3 del TUIR)
si considerano residenti società ed enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel
territorio dello Stato, alternativamente:
v la sede legale;
v la sede dell'amministrazione;
v l'oggetto principale.
Prima di evidenziare come avviene la tassazione dei soggetti in relazione alla propria residenza, è utile
fare alcune osservazioni sul concetto di "stabile organizzazione".
Si tratta di un concetto meramente tributario per la cui definizione occorre fare riferimento alla
Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il Paese terzo, normalmente preparate
in base al modello OCSE. Secondo l’art. 5 della convenzione la “stabile organizzazione” viene
generalmente ravvisata in una sede fissa d'affari (nel tempo e nello spazio) per mezzo della quale
l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività. Quindi, la stabile organizzazione si caratterizza per:
w la presenza di elementi materiali disponibili a qualsiasi titolo (mobili, macchinari, impianti, ecc.);
w il collegamento tra esistenza della sede ed esercizio dell’attività.
L’art. 5 fornisce inoltre alcuni esempi di ciò che può configurare “stabile organizzazione” e cioè:
a.
una sede di direzione;
b.
una succursale (si veda paragrafo 3.2.);
c.
un ufficio;
d.
un’officina, un laboratorio;
e.
altre ipotesi particolari (cava, miniera, cantiere di costruzione o di montaggio di durata superiore ai
12 mesi).
E’ però opportuno ricordare che in tali ipotesi, l’Amministrazione Finanziaria italiana riconosce
automaticamente l’esistenza di stabile organizzazione.
Si sottolinea che la stabile organizzazione può anche essere “personale”: ciò si verifica quando una
persona fisica (agente, mediatore, commissionario), contemporaneamente:
1. si trova in rapporto di dipendenza con l’impresa residente;
2
2. agisce per conto dell’impresa stessa;
3. esercita abitualmente nel Paese terzo il potere di concludere contratti in nome dell’impresa.
Definiti i concetti di residenza e di stabile organizzazione, si può passare a individuare la base
imponibile dei soggetti residenti o non residenti. Infatti:
•
se il soggetto è residente in Italia, dovrà calcolare le imposte su tutti i redditi di cui è titolare,
indipendentemente dal luogo di produzione (principio di tassazione mondiale);
•
se il soggetto non è residente in Italia, lo stesso dovrà calcolare le imposte sui soli redditi prodotti in
Italia (principio della territorialità).
Quindi, secondo il principio di tassazione mondiale, un'impresa residente in Italia deve riprendere a
tassazione tutti i redditi, anche quelli prodotti all'estero, indipendentemente dal fatto che nel Paese terzo
l'impresa sia presente o meno sotto forma di stabile organizzazione.
Nel caso in cui il soggetto non sia residente nello stato italiano i redditi assoggettati ad imposizione
sono solo quelli prodotti sul territorio nazionale mediante stabile organizzazione.
E' evidente che da tale impostazione derivano conseguenze negative per le imprese non residenti che si
trovano a dover corrispondere le imposte sia nel Paese di residenza sia in quello ove producono redditi.
E’ appena il caso di osservare che lo stesso problema affligge la società residente in Italia che opera in
un Paese terzo che adotta la medesima impostazione fiscale italiana.
Un modo per attenuare gli effetti distorti di tale quadro normativo è rappresentato dalla stipula di
convenzioni internazionali bilaterali tra Stati delle quali si parlerà nel paragrafo 2.3.
2.2. Luogo di produzione del reddito
L'individuazione del "luogo di produzione" del reddito è un punto fondamentale non soltanto per la
determinazione della base imponibile dei soggetti fiscalmente non residenti in Italia, ma anche nella
sfera impositiva dei soggetti residenti.
Nell’individuazione del luogo di produzione, per quanto riguarda i redditi dei soggetti non residenti,
viene in aiuto lo stesso TUIR che, all'art. 20, stabilisce quali redditi sono considerati prodotti in Italia
(naturalmente fatte salve eventuali convenzioni bilaterali che dispongano diversamente).
In linea generale, i redditi che la norma considera prodotti in Italia afferiscono a tutte le categorie di
reddito contemplate dalla normativa italiana; in particolare la norma considera prodotti in Italia i redditi
3
d'impresa che derivano da attività esercitate mediante stabili organizzazioni in Italia. Il problema
consiste nello stabilire cosa debba intendersi per "reddito d'impresa" prodotto dalla stabile
organizzazione, atteso che la nozione di "reddito d'impresa" delle società residenti comprende anche
redditi che, in assenza di impresa, appartengono ad altre categorie (es. interessi conseguiti nell'esercizio
di imprese commerciali). L'orientamento generale è che l'estensione del concetto di reddito d'impresa
nel senso indicato non si applica alle stabili organizzazioni. Pertanto, una società non residente che
opera in Italia non nella forma di stabile organizzazione evita la tassazione italiana sui soli redditi di
impresa (nel senso stretto) e non anche sulle altre categorie di reddito.
Per quanto riguarda il luogo di produzione dei redditi imputabili ai soggetti residenti, in mancanza di
una norma precisa si possono individuare le seguenti posizioni:
v secondo alcuni sono redditi esteri quelli che derivano da fonti localizzate nel territorio di uno
Stato estero (criterio della fonte materiale);
v secondo taluni occorre leggere «a specchio» l'art. 20 del TUIR, considerando prodotti all'estero
tutti i redditi conseguiti da soggetti residenti per i quali sussistono i vari criteri di collegamento
con il territorio di uno Stato estero indicati nell'art. 20 del TUIR;
v secondo altri, sono redditi prodotti all'estero tutti quei redditi che hanno scontato l'imposta
all'estero (criterio del luogo di pagamento dell'imposta).
E' importante sottolineare che il credito d'imposta per le imposte versate all'estero è riconosciuto solo
se il reddito in oggetto è considerato "estero" nello Stato di residenza; se il soggetto è tenuto a versare e
versa le imposte nel Paese terzo, ciò non significa che il soggetto goda automaticamente del credito
d'imposta per le imposte versate all'estero.
2.3. Doppia imposizione internazionale
L'impostazione fiscale italiana delineata nel paragrafo 2.1, origina il fenomeno della doppia
imposizione fiscale. In pratica, i soggetti che conseguono anche dei redditi all'estero, si possono trovare
a scontare le imposte sia all'estero (per il principio di territorialità del Paese terzo) sia in Italia (per il
principio di tassazione mondiale italiano). A tale situazione si cerca di porre rimedio con due misure:
a. la normativa interna;
b. la stipulazione di convenzioni bilaterali tra i Paesi interessati.
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A) La normativa interna
Il meccanismo studiato dalla normativa interna consiste nel riconoscere al soggetto un credito
d'imposta per le imposte versate all'estero. I presupposti essenziali del credito d'imposta sono:
1. la doppia imposizione, nazionale ed estera, di uno stesso reddito;
2. l'imputazione a un soggetto residente in Italia di un reddito prodotto all'estero.
Tale strumento, disciplinato in modo identico sia per le persone fisiche sia per quelle giuridiche
rispettivamente dagli artt. 15 e 92 del TUIR, può essere riassunto nel seguente modo:
a) il soggetto passivo versa le imposte all'estero sui redditi ivi prodotti;
b) il soggetto passivo calcola le imposte italiane sui redditi, italiani ed esteri, di cui è titolare;
c) il soggetto passivo detrae dall'imposta netta italiana, con alcune limitazioni, le imposte già versate
all'estero.
In particolare:
•
sono detraibili soltanto le imposte versate all'estero a titolo definitivo (ossia che non sono state
versate a titolo di acconto, in via provvisoria o sulle quali è prevista la possibilità di ottenere il
rimborso);
•
la detrazione delle imposte versate all'estero può avvenire esclusivamente nella dichiarazione dei
redditi relativa al periodo d'imposta nella quale le imposte sono state versate o sono divenute
definitive;
•
le imposte versate all'estero devono essere assimilabili a quelle italiane sui redditi;
•
il credito d'imposta spettante per i redditi prodotti all'estero deve essere determinato singolarmente
per ciascun Paese, e non in modo cumulativo;
•
il credito d'imposta riconosciuto dall'amministrazione finanziaria italiana è pari al minore importo
tra la quota di imposta italiana versata sui redditi esteri e le imposte effettivamente versate
all'estero.
B) Le convenzioni bilaterali
La seconda soluzione che può essere adottata per evitare che lo stesso reddito sia tassato in due Paesi è
rappresentata dalla stipulazione delle convenzioni internazionali. Si tratta della formalizzazione di
accordi tra due Paesi che individuano quale dei due Stati contraenti debba esercitare la propria potestà
impositiva nei confronti di soggetti giuridici residenti in uno di essi che abbiano maturato redditi
nell’altro. Oggetto delle convenzioni sono le imposte sul reddito e, in alcuni casi, alcuni elementi del
patrimonio. Esse si occupano anche della cooperazione tra le amministrazioni fiscali degli Stati
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contraenti. Oltre allo scopo di eliminare le doppie imposizioni, le Convenzioni mirano anche a
prevenire l’evasione e l’elusione fiscali eliminando le doppie esenzioni.
Gli strumenti per evitare le doppie imposizioni sono:
a. principio dell’esenzione: il reddito/patrimonio è assoggettato a imposizione solo nello Stato di
produzione del reddito (e non anche in quello di residenza come vorrebbe invece il “principio di
tassazione mondiale”). In alcune ipotesi, lo Stato di residenza considera il reddito prodotto
all’estero, anche se al solo fine di determinare l’aliquota applicabile al soggetto residente;
b. metodo del credito d’imposta: è la soluzione adottata dall’Italia che calcola l’imposta sul
reddito complessivo del residente, salvo poi riconoscergli un credito d’imposta (art. 15 TUIR).
Tale credito può anche essere “fittizio” (tax sparing credit), ossia può essere riconosciuto anche
quando il residente non ha scontato all’estero alcuna imposizione effettiva (si tratta di norme
agevolative previste nelle convenzioni in vigore con i Paesi in via di sviluppo).
Analizziamo brevemente le principali disposizioni contenute nelle convenzioni bilaterali.
1.
ambito di applicazione: soggetti a cui si applicano (residenti di uno o di entrambi gli Stati);
imposte alle quali si applicano (elenco delle imposte interessate di entrambi i Paesi); definizione
dei termini utilizzati nella convenzione stessa;
2.
residenza e stabile organizzazione: individuazione del Paese di residenza di soggetti che si trovano
in particolari situazioni (ad es. abitazione permanente in entrambi gli Stati o assenza della stessa),
ipotesi che configurano stabile organizzazione;
3.
trattamento delle singole categorie di reddito: redditi immobiliari, utili di imprese (con particolare
riferimento alle stabili organizzazioni), esercizio di navi o aeromobili in ambito internazionale,
dividendi, interessi, redditi di lavoro, ecc.;
4.
disposizioni per evitare le doppie imposizioni: strumenti adottati dai due Paesi contraenti, con
eccezioni relative a particolari categorie di reddito;
5.
rapporti tra le Amministrazioni dei due Paesi: scambi di informazioni per evitare l’evasione
fiscale, procedure per la soluzione di problemi relativi all’applicazione della convenzione;
6.
entrata in vigore.
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3. FORME DI PRESENZA ALL’ESTERO
3.1. Ufficio di rappresentanza
L’ufficio di rappresentanza costituisce senza dubbio il modo più semplice per rafforzare i propri legami
in un Paese terzo verso il quale si ha già un significativo scambio di prodotti e per rendere più visibile
la propria presenza.
Normalmente, la creazione di un ufficio di rappresentanza all’estero ha funzione meramente ausiliaria o
preparatoria per la penetrazione dell’azienda sul mercato estero. Le funzioni che è chiamato a svolgere
sono infatti di natura esclusivamente promozionale, di raccolta di informazioni, di ricerca scientifica o
di mercato, escludendo qualsiasi attività produttiva o di vendita in senso proprio.
L’art. 5 del modello di convenzione Ocse stabilisce esplicitamente che lo svolgimento delle funzioni
sopra elencate, non integra il concetto di “stabile organizzazione” (si veda quanto brevemente detto al
paragrafo 2.1). Considerato che nei Paesi terzi sono assoggettati all’imposta solo le “stabili
organizzazioni”, in tali Paesi l’ufficio di rappresentanza non assume alcuna rilevanza fiscale.
Ai fini fiscali sono inoltre assimilati all’ufficio di rappresentanza (e quindi non hanno rilevanza fiscale
nel Paese terzo) altre modalità di presenza in Stati esteri, e precisamente:
•
una sede fissa d’affari volta all’acquisto delle merci o alla raccolta di informazioni;
•
un’esposizione o un deposito di beni appartenenti all’impresa per la eventuale successiva
consegna;
•
un deposito di beni appartenenti all’impresa destinati ad essere trasformati da parte di un’altra
impresa.
Si tratta di ipotesi accomunate dal fatto di costituire dei meri centri di costo; non generando alcun tipo
di ricavo essi non sono titolari di alcun reddito imponibile.
L’art. 5 del modello Ocse stabilisce inoltre che non costituisce “stabile organizzazione personale” (si
veda il paragrafo 2.1.):
w
la persona fisica indipendente dall’impresa residente che agisce per conto dell’impresa ed
esercita abitualmente nel Paese terzo il potere di concludere contratti in nome dell’impresa (agente,
mediatore, commissionario);
w
la persona fisica che esercita le attività sopra citate (promozionali, di raccolta informazioni,
ecc.), anche se si trova in rapporto di dipendenza con l’impresa residente.
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Quanto sopra è valido considerando quanto previsto dal modello Ocse, ma si ricorda che comunque
non si può prescindere dalla lettura di quanto stabilito nelle singole convenzioni bilaterali (se in vigore)
che, ai fini pratici, rappresentano la disciplina a cui fare riferimento.
3.2. Branch (succursale)
La “branch” si avvicina al concetto di succursale (o “sede secondaria” prevista dall’art. 2299 del codice
civile). L’art. 2299 c.c. disciplina la sede secondaria con rappresentanza stabile, distinguendola quindi
dalle semplici unità locali. Gli elementi che permettono di individuarla sono:
•
l’esistenza da una dipendenza economica tra sede secondaria e sede principale nel senso che
l'insieme degli affari gestiti dalla sede secondaria devono costituire parte integrante dell’attività
svolta dalla casa madre: deve cioè costituire un unicum che fa capo ad un singolo imprenditore;
•
l’esistenza di una certa autonomia amministrativa tale per cui chi è preposto alla stessa deve
avere la possibilità di concludere affari relativi alla stessa;
•
l’esistenza stabile di mezzi destinati allo svolgimento dell’attività sociale, o di parte della
stessa, nel luogo in cui si trova la sede secondaria.
In altre parole, si può pensare alla “branch” come a un braccio operativo della casa madre.
3.3. Subsidiary (filiale)
Il codice civile italiano si limita a prendere in considerazione le sedi secondarie con rappresentanza
stabile, senza fare alcun riferimento ai concetti di filiale o succursale.
Al contrario, nella normativa interna, ma anche internazionale, tali termini sono utilizzati molto spesso.
Con il termine “filiale” generalmente si identifica una società giuridicamente autonoma controllata da
una società madre. Ci si trova quindi di fronte ad un soggetto autonomo dal punto di vista giuridico e,
pertanto, in grado di essere considerato titolare di rapporti giuridici autonomi e distinti rispetto a quelli
della casa madre.
2.4. Rilevanza ai fini tributari di branch e subsidiary
Precisato cosa debba intendersi con i termini “branch” e “subsidiary” ed evidenziato che ai fini fiscali
ciò che conta è il concetto di stabile organizzazione, sintetizziamo ora il trattamento tributario che, in
via generale, è applicabile alla presenza in Paesi terzi nella forma di branch o subsidiary.
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Avendo identificato la “branch” con una sede secondaria con rappresentanza stabile, si deduce che, se
da un lato non è necessario che vi sia rappresentanza stabile per individuare una stabile organizzazione,
d’altra parte è piuttosto difficile che una sede secondaria con rappresentanza stabile non coincida con
l’esistenza di una stabile organizzazione fermo restando però che l’esistenza o meno della stabile
organizzazione va verificata caso per caso.
In linea generale, la branch è soggetto passivo d’imposta autonomo e, in quanto tale, deve predisporre
le dichiarazioni fiscali nel Paese terzo.
La “subsidiary” è invece una società giuridicamente autonoma che è quindi anche un soggetto passivo
d’imposta. Per individuare il trattamento fiscale della subsidiary occorre individuare la residenza della
stessa. Sulla base dei criteri dell’art. 87 TUIR, nella maggior parte dei casi la subsidiary sarà residente
nel Paese terzo e quindi sarà inevitabilmente obbligata a presentare la dichiarazione, nonché a versare
le imposte, nello Stato terzo.
Riassumendo:
ufficio di
limitato allo svolgimento delle attività precisate, non configura
rappresentanza
stabile organizzazione
SI
esiste la stabile organizzazione
NO
non è escluso che esista la stabile organizzazione
sede secondaria con
rappresentanza stabile
(succursale)
filiale
la società risiede nello Stato terzo
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4. LE PARTECIPATE ESTERE E I FLUSSI DI REDDITO
4.1. Trattamento dei dividendi
DIVIDENDI ESTERI PERCEPITI DA PERSONE FISICHE IMPRENDITORI E SOCIETÀ DI
PERSONE
I dividendi esteri percepiti da persone fisiche nell'ambito dell'attività d'impresa e da società di persone
ai sensi dell’art. 59, nuovo TUIR concorrono alla formazione del reddito d'impresa in misura pari al
40% del loro ammontare (salvo, come sopra accennato, il caso di utili distribuiti da società residenti in
Paesi a fiscalità privilegiata), analogamente al trattamento riservato ai dividendi di fonte italiana.
Va sottolineato che tale disposizione si applica indipendentemente dalla tipologia della partecipazione
posseduta (qualificata o non qualificata).
Si rammenta che gli utili concorrono alla formazione del reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui
sono percepiti (criterio di cassa).
DIVIDENDI ESTERI PERCEPITI DA SOGGETTI IRES
In base all’art. 89, comma 3, nuovo TUIR, i dividendi esteri percepiti da società di capitali e enti
commerciali soggetti a IRES usufruiscono del medesimo trattamento previsto per i dividendi di fonte
italiana.
Di conseguenza, gli stessi concorrono alla formazione del reddito del percipiente in misura pari al 5%
del loro ammontare, ad eccezione degli utili distribuiti da soggetti residenti negli Stati o territori a
regime fiscale privilegiato.
In tale ultimo caso è comunque possibile usufruire della esclusione del 95% del dividendo estero
percepito, qualora, a seguito di interpello, la società/ente residente abbia dimostrato che i redditi
imputati dalla società partecipata sono stati regolarmente assoggettati a tassazione in uno Stato a
fiscalità ordinaria a decorrere dall’inizio del periodo di possesso della partecipazione.
Va sottolineato che la tassazione del 5% dell’ammontare percepito si applica indipendentemente dalla
tipologia della partecipazione posseduta (qualificata o non qualificata).
Si rammenta che gli utili concorrono alla formazione del reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui
sono percepiti (criterio di cassa).
CREDITO D'IMPOSTA ESTERO
Anche dopo la riforma, qualora il dividendo di fonte estera concorra alla formazione del reddito
complessivo del percettore e debba essere inserito nella dichiarazione dei redditi, continua ad essere
riconosciuto il credito d’imposta in relazione alle imposte pagate nello Stato estero.
La disciplina del credito d’imposta in esame, precedentemente contenuta nell’art. 15, TUIR, è ora
rinvenibile nell’art. 165, nuovo TUIR secondo cui, al comma 1:
“Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi
pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino a
concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il
reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.
Il credito d’imposta non spetta con riferimento ai dividendi esteri percepiti dalle persone fisiche a
fronte di partecipazioni non qualificate, non relative all’impresa, i quali sono assoggettati alla ritenuta
del 12,50% a titolo d’imposta.
Quale elemento di novità, il citato art. 165, TUIR assume ai fini del calcolo del credito spettante il
reddito complessivo al netto (e non più al lordo) delle perdite di precedenti esercizi.
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La formula per il calcolo del credito d’imposta diviene quindi la seguente:
REDDITO ESTERO x IMPOSTA LORDA ITALIANA
REDDITO COMPLESSIVO AL NETTO DELLE PERDITE PREGRESSE
Inoltre, come previsto dal comma 4 dell’art. 165, TUIR, la detrazione deve essere calcolata nella
dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è dichiarato il relativo reddito, a condizione che il
pagamento delle imposte a titolo definitivo sia effettuato prima della data di presentazione della
dichiarazione.
Infine, va sottolineato che in base al comma 10 del citato art. 165, TUIR “nel caso in cui il reddito
concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in
misura corrispondente”.
Così, ad esempio:
¨ se una società di capitali percepisce dividendi esteri, imponibili in misura pari al 5%, ai fini del
calcolo del credito d’imposta considera l’imposta estera per l’importo corrispondente al 5%;
¨ se una persona fisica non imprenditore percepisce dividendi esteri, imponibili in misura pari al 40%,
ai fini del calcolo del credito d’imposta considera l’imposta estera per l’importo
corrispondente al 40%.
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4.2. Trattamento degli interessi e royalty
I flussi di interessi e canoni corrisposti da una società residente in Italia e soggetta ad Ires a favore di
una società o stabile organizzazione residente in un altro Stato membro, beneficiano dell’esenzione da
imposta qualora siano soddisfatti determinati requisiti.
Tali requisiti sono di due tipi:
1. partecipativi (tra erogante e beneficiaria ci deve essere un rapporto di partecipazione non inferiore
al 25%; il requisito è soddisfatto anche qualora il pagamento avvenga tra enti partecipati da un terzo
soggetto in misura non inferiore al 25%). La partecipazione deve essere detenuta ininterrottamente
da almeno un anno;
2.
soggettivi: le società beneficiarie effettive devono avere determinate forme giuridiche (tipicamente
società di capitali); risiedere ai fini fiscali in uno Stato membro nonché essere soggette all’imposta
sul reddito delle società
Per ottenere l’esenzione occorre produrre un’attestazione dalla quale risulti la residenza del beneficiario
effettivo o della stabile organizzazione rilasciata dalle autorità fiscali dello stesso Stato membro e la
dichiarazione del beneficiario effettivo che attesti la sussistenza dei requisiti soggettivi e partecipativi.
4.3 Disciplina CFC (controlled foreign companies)
La norma prevede che, in determinate situazioni, i redditi (positivi e negativi) di società estere sono
attribuiti “per trasparenza”, ossia indipendentemente dall’effettiva distribuzione, ai soggetti residenti.
L’applicazione della norma richiede l’esistenza di determinate condizioni:
1. il soggetto residente deve avere una partecipazione in un ‘soggetto estero’ (si veda ai punti
successivi);
2. il soggetto residente può essere:
•
persona fisica,
•
società di persone o soggetti equiparati (ad es. associazione),
•
società di capitali, società cooperativa e mutua assicuratrice, ente pubblico o privato con
o senza l’esercizio di attività commerciali come oggetto esclusivo o principale;
3. il soggetto non residente può essere:
§ impresa,
§ società,
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§ altro ente,
§ stabile organizzazione di un soggetto non residente,
che sia residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato individuati dal
DM 21.11.2001 (ad esempio, Andorra, Liechtenstein, Gibilterra, ecc.);
4. la partecipazione nel capitale del soggetto estero, deve essere:
•
di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. (è rilevante cioè sia il controllo di diritto –
esercizio della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria – sia il controllo di fatto –
esercizio di influenza dominante – sia il controllo contrattuale – esercizio di influenza in
base ad accordi contrattuali) alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione
del soggetto estero controllato;
•
diretta o indiretta.
Una volta stabilita l’applicazione della disposizione al soggetto, i redditi determinati in capo alla
società estera rientrano immediatamente nella base imponibile del soggetto residente, ovviamente in
proporzione alla propria percentuale di partecipazione detenuta.
Innanzi tutto, il reddito viene fiscalmente rideterminato in base alla normativa italiana. Il passo
successivo consiste nel determinare la quota di reddito imputabile al residente in Italia. Per fare ciò è
necessario:
•
convertire il reddito in valuta nazionale applicando il tasso di cambio vigente alla data di
chiusura del periodo di gestione del soggetto estero;
•
imputare la relativa quota di reddito al soggetto controllante più prossimo al soggetto estero
che sia anche soggetto a tassazione in Italia (può essere anche una semplice “stabile
organizzazione” situata in Italia).
•
assoggettare a tassazione il reddito così determinato: l’art. 127-bis prevede che i redditi
derivanti dalle partecipazioni sopra individuate siano assoggettati a tassazione separata.
L’aliquota da applicare è la massima tra il 27% e aliquota media di tassazione del reddito
complessivo netto.
Il soggetto residente beneficia inoltre del credito per le imposte versate all’estero ex art. 15
TUIR.
Per evitare che si verifichino fenomeni di doppia imposizione al momento dell’effettiva distribuzione
dei dividendi, l’art. 127-bis TUIR stabilisce che:
gli utili distribuiti ai soggetti residenti non concorrono alla formazione del reddito complessivo
dei soggetti residenti per un importo pari ai redditi già assoggettati a tassazione per trasparenza.
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Sull’eccedenza dei redditi distribuiti rispetto a quelli che sono già stati imputati per
trasparenza, il soggetto residente può beneficiare del credito d’imposta ex art. 15 TUIR che non
sia già stato utilizzato in diminuzione delle imposte dovute in sede di tassazione separata;
il valore fiscale delle partecipazioni soggette all’art. 127-bis è aumentato dei redditi imputati
per trasparenza al residente italiano e diminuito degli utili distribuiti (in questo modo si evita di
tassare i redditi derivanti da tali partecipazioni prima come redditi e dopo come plusvalenze).
La disciplina delle CFC può essere disapplicata solo qualora il soggetto residente dimostri
all’Amministrazione Finanziaria mediante interpello preventivo obbligatorio, alternativamente:
a. che il soggetto estero svolge, nel Paese in cui ha sede, principalmente un’effettiva attività
industriale o commerciale;
b. che dalla detenzione delle partecipazioni non deriva lo spostamento di redditi imponibili verso
Paesi a bassa fiscalità.
L’eventuale risposta positiva da parte dell’Amministrazione finanziaria non ha però effetto retroattivo
(Circ. Min. Finanze n. 9/E del 30 gennaio 2002).
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5. LA DISCIPLINA DEL TRANSFER PRICE
Approfondiamo ora il tema dei “prezzi di trasferimento” a cui si è fatto cenno nel paragrafo precedente,
facendo riferimento alla disciplina italiana.
Ricordiamo sin da ora che la formulazione della norma rende applicabile la disciplina alle sole stabili
organizzazioni residenti in Italia (e quindi non ai rapporti tra società residente e stabili organizzazioni
in un Paese terzo. Occorre però considerare anche la normativa del Paese estero, che potrebbe
contenere una norma analoga a quella italiana, con effetti opposti, naturalmente).
Con il “transfer price” si fa riferimento alle operazioni fiscalmente rilevanti che avvengono tra soggetti
appartenenti al medesimo gruppo (ad esempio vendite di merci a consociate) e alle relative variazioni
di materia imponibile che ne derivano.
La disciplina sui “prezzi di trasferimento” è volta a individuare i prezzi che verrebbero applicati in tali
transazioni se i soggetti coinvolti non fossero legati tra loro da così stretti rapporti (principio del prezzo
di libera concorrenza – at arm’s lenght): il risultato è di limitare lo spostamento artificioso degli utili
verso Paesi a bassa fiscalità.
I prezzi “incriminati” derivano da:
operazioni di sovra-, sottofatturazione (su beni materiali e immateriali – tipologia di beni a cui
occorre prestare sempre più attenzione);
prestazione di servizi (ad es., spese per ricerche e consulenze tecniche o spese generali di
amministrazione, riaddebito di costi pubblicitari sostenuti a livello internazionale, ecc.);
operazioni di finanziamento intragruppo (ad es., finanziamenti con relativo addebito/accredito di
interessi passivi/attivi anziché un aumento di capitale).
Si ricorda che, trattandosi di componenti negativi di reddito, la deducibilità degli stessi è innanzitutto
sottoposta alla verifica dell’inerenza rispetto all’attività esercitata, subito “seguita” dalla verifica del
“quantum”.
A. AMBITO OGGETTIVO
La norma opera se, contemporaneamente:
1. si tratta di operazioni che hanno per oggetto cessioni di beni, prestazioni di servizi, beni e
servizi ricevuti;
2. il corrispettivo è superiore o inferiore al “valore normale” (ossia al prezzo medio praticato per
gli stessi beni o servizi in condizioni di libera concorrenza);
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3. la valutazione dell’operazione al “valore normale” dà luogo a un aumento di imponibile (cioè il
corrispettivo è, rispettivamente, inferiore, in caso di vendita, o superiore, in caso di acquisto, al
valore normale).
B. AMBITO SOGGETTIVO
In prima approssimazione, la norma opera se le operazioni sopra descritte avvengono tra un soggetto
che si trova in Italia e uno non residente a condizione che:
1. il soggetto che si trova in Italia sia un’impresa (società commerciali e imprenditori individuali
residenti nonché stabili organizzazioni, su queste ultime si veda quanto anticipato al paragrafo
4.1.);
2. il soggetto non residente sia una società;
3. tra i due soggetti esista un rapporto di controllo, diretto o indiretto, reciproco o meno, o che
siano entrambi controllati da una medesima società. Il controllo deve essere verificato in base
alla situazione di fatto che caratterizza i due soggetti.
C) FUNZIONAMENTO
Soddisfatti i requisiti oggettivi e soggettivi, la norma prevede il confronto tra prezzo effettivamente
praticato e valore normale (prezzo medio di libera concorrenza determinato secondo i metodi
individuati dall’Amministrazione Finanziaria in relazione alle tipologie di operazioni – beni materiali,
immateriali, operazioni di finanziamento, ecc.). Qualora la differenza tra prezzo praticato e valore
normale provochi un aumento del reddito imponibile o, se previsto dalle convenzioni internazionali,
una diminuzione dello stesso, l’Amministrazione provvederà ad effettuare le relative variazioni.
Per contrastare tali variazioni, il contribuente ha a disposizione strumenti che si distinguono in:
§ strumenti ex post: il contribuente può contestare le variazioni sul reddito imponibile apportate
dall’Amministrazione Finanziaria dimostrando, con idonea documentazione, che i prezzi
praticati non erano finalizzati al trasferimento di materia imponibile verso Paesi a fiscalità
ridotta;
§ strumenti ex ante: vengono predisposti dai singoli Paesi, possono consistere sia in accordi
preventivi tra contribuente e Amministrazione Finanziaria sui criteri da utilizzare per la
determinazione del prezzo di trasferimento, sia nel rispetto dei range di prezzo stabiliti
dall’Amministrazione Finanziaria.
16
Le operazioni oggetto della disciplina sul transfer price si caratterizzano per il fatto di coinvolgere due
soggetti. Come visto, verificate alcune condizioni, la norma prevede la rettifica in aumento del reddito
imponibile con conseguente ripresa a tassazione. A rigor di logica, in capo alla controparte dovrebbe
essere riconosciuto un componente negativo pari al valore normale di trasferimento accertato
dall’Amministrazione Finanziaria (a livello di gruppo si subisce un maggior imponibile, e quindi una
maggiore imposta, ma dall’altra parte si beneficia di un minor imponibile, ossia di una minore
imposta). Nella realtà, il riconoscimento del minor imponibile in capo alla controparte opera solo se è
previsto dalle convenzioni internazionali.
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6. LE CONVENZIONI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI DELL’ITALIA
Come accennato alle norme di diritto interno si affiancano quelle contenute nelle convenzioni bilaterali
contro le doppie imposizioni concluse tra singoli Stati in base al cosiddetto Modello OCSE qui sotto
riportato:
MODELLO OCSE
ART
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
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16
17
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18
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29
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TITOLO
Soggetti
Imposte considerate
Definizioni generali
Domicilio fiscale
Stabile organizzazione
Redditi immobiliari
Utili delle imprese
Navigazione marittima ed area
Imprese associate
Dividendi
Interessi
Canoni
Utili da capitale
CONTENUTO della NORMA
Definisce i soggetti a cui si applica
Elenca le imposte sul reddito e sul patrimonio considerate
Definisce i termini: persona, società, impresa
Definisce i criteri di residenza fiscale di una persona
Definisce la presenza o assenza di stabile organizzazione sul territorio
Attribuisce l’imposizione allo Stato della fonte di reddito
Attribuisce l’imposizione allo Stato della fonte se c’è stabile organiz.
Attribuisce l’imposizione allo Stato dove si trova la direzione effettiva
Regola il problema del prezzo di trasferimento tra imprese collegate
Regola la ripartizione dell’imposizione tra i due Stati
Regola la ripartizione dell’imposizione tra i due Stati
Imposizione. spetta esclusivamente allo Stato residenza del beneficiario
Imposizione nello Stato del beneficiario eccetto per quelli immobiliari
Imposizione nello Stato del beneficiario eccetto se c’è base fissa in
Professioni indipendenti
quello della fonte( art. cancellato dalla revisione dell’Aprile 2000)
Imposizione nello Stato della fonte eccetto per i distaccati per breve
Lavoro subordinato
periodo
Gettoni di presenza
Attribuisce l’imposizione allo Stato della fonte del reddito
Artisti e sportivi
Attribuisce l’imposizione allo Stato di effettuaz. Delle prestazioni
Imposizione spetta esclusivamente allo Stato di residenza del
Pensioni
beneficiario
Attribuisce l’imposizione allo Stato della fonte del reddito salvo casi
Funzioni pubbliche
particolari
Studenti
Stabilisce l’esenzione per gli importi ricevuti dall’estero
Imposizione spetta esclusivamente allo Stato di residenza del
Altri redditi
beneficiario
Patrimonio
Imposizione nello Stato che impone anche gli event. Redditi connessi
Eliminazione doppia imposizione Metodo dell’esenzione o del credito d’imposta
Non discriminazione
Quattro casi in cui si devono evitare dei trattam. Interni di favore
Procedura amichevole
Tre proc. per eliminare la doppia imposizione in casi particolari
Scambio di informazioni
Norma per scoraggiare la frode e l’evasione fiscale internazionale
Trattamento del personale delle ambasciate, consolati ed altre
Personale diplomatico
organizzazioni internazionali
Estensione territoriale
Definizione del territorio ove è applicabile la convenzione
Entrata in vigore
Data di entrata in vigore
Denuncia
Modalità per la denuncia della convenzione.
Ad oggi l’Italia ha siglato convenzioni contro le doppie imposizioni con i seguenti Paesi:
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LE CONVENZIONI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI DELL’ITALIA
Albania
Algeria
Argentina
Australia
Austria
Bangladesh
Belgio
Bielorussia (*)
Brasile
Bulgaria
Canada (*)
(ex) Cecoslovacchia
Cina
Cipro
Corea del Sud
Costa d’Avorio
Croazia (*)
Cuba (*)
Danimarca (*)
Ecuador
Egitto
Emirati Arabi Uniti
Estonia (*)
Etiopia (*)
Filippine
Finlandia
Francia
Gabon (*)
Georgia (*)
Germania
Giamaica (*)
Giappone
Gran Bretagna
Grecia
India
Indonesia
Irlanda (*)
Israele
Jugoslavia
Kazakistan
Kenya (*)
Kuwait
Lettonia (*)
Libano (*)
Liberia (*)
Lituania
Lussemburgo
Macedonia (*)
Malaysia
Malta
Marocco
Mauritius
Messico
Moldova (*)
Mozambico (*)
Norvegia
Nuova Zelanda
Oman (*)
Paesi Bassi
Pakistan
Polonia
Portogallo
Romania
Russia
Senegal (*)
Singapore
Siria (*)
Slovenia (*)
Spagna
Sri Lanka
Stati Uniti (*)
Sud Africa
Svezia
Svizzera
Tanzania
Thailandia
Trinidad & Tobago (*)
Tunisia
Turchia
Ucraina (*)
Uganda (*)
Ungheria
(ex) Unione Sovietica
Uzbekistan (*)
Venezuela
Vietnam
Zambia
(*)Trattati parafati, firmati ma non ratificati, ratificati ma non in vigore
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