Storia del Diritto romano MZ - Dipartimento di diritto privato e storia

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Storia del Diritto romano MZ - Dipartimento di diritto privato e storia
STORIA DEL DIRITTO ROMANO (M-Z)
A.A. 2012-2013 – PROF. LORENZO GAGLIARDI
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
TESTI
I. LA CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA
1) Cic. Balb. 8.21:
... ipsa denique Iulia, qua lege
civitas est sociis et Latinis data, qui
fundi populi facti non essent
civitatem non haberent...
... infine (fu condotta all’approvazione dei comizi)
la stessa lex Iulia, con la quale fu concessa la
cittadinanza (romana) agli alleati e ai Latini,
(stabilendosi) che i popoli che non fossero
diventati fundi non ottenessero la cittadinanza...
2) Gell. 4.4.3:
Hoc ius sponsaliorum observatum
dicit Servius ad id tempus, quo
civitas universo Latio lege Iulia
data est.
Dice Servio (Sulpicio) che queste norme giuridiche
sugli sponsali furono in vigore fino al tempo in cui
fu concessa la cittadinanza (romana) a tutto il Lazio
in seguito alla lex Iulia.
3) Vell. 2.16.4:
Paulatim deinde recipiendo in
civitatem, qui arma non ceperant
aut deposuerant maturius, vires
refectae sunt...
Poi, a poco a poco, le forze (dei Romani) si
ristabilirono, attraverso l’ammissione alla
cittadinanza di coloro i quali non avevano assunto
le armi o le avevano deposte assai presto...
4) App. BC. 1.49:
Kaˆ t£de m n ¢mfˆ t¾n 'Ital…an Ãn
t¾n perˆ tÕn 'IÒnion· a„sqÒmenoi d'
aÙtîn oƒ ™pˆ q£tera tÁv `Rèmhv
Turrhnoˆ kaˆ 'Ombrikoˆ kaˆ ¥lla
tin¦ aÙto‹v œqnh geitoneÚonta,
p£ntev ™v ¢pÒstasin ºreq…zonto.
de…sasa oân ¹ boul», m¾ ™n kÚkl‚
genÒmenov
aÙto‹v
Ð
pÒlemov
¢fÚlaktov Ï, t¾n m n q£lassan
™froÚrei t¾n ¢pÕ KÚmhv ™pˆ tÕ ¥stu
Questi eventi si svolgevano sul versante
ionico dell’Italia; dall’altro versante di Roma,
Etruschi, Umbri e altri popoli a essi
circonvicini ne ebbero notizia e furono indotti
tutti a rivoltarsi. Il senato, temendo di trovarsi
circondato in una guerra, nella quale non
fosse in grado di difendersi, sorvegliò la costa
da Cuma alla città dei liberti, i quali furono
allora per la prima volta arruolati nell’esercito
a causa della penuria di soldati. Il senato
1
di' ¢peleuqšrwn, tÒte prîton ™v
strate…an di' ¢por…an ¢ndrîn
katalegšntwn, 'Italiwtîn d toÝv
œti ™n tÍ summac…> paramšnontav
™yhf…sato e nai pol…tav, oá d¾
m£lista
mÒnon
oÙ
p£ntev
™peqÚmoun. kaˆ t£de ™v TurrhnoÝv
perišpempen, oƒ d ¥smenoi tÁv
polite…av metel£mbanon. kaˆ tÍde tÍ
c£riti ¹ boul¾ toÝv m n eÜnouv
eÙnoustšrouv ™po…hse, toÝv d
™ndoi£zontav ™bebaièsato, toÝv d
polemoàntav ™lp…di tinˆ tîn Ðmo…wn
praotšrouv ™po…hsen. `Rwma‹oi m n
d¾ toÚsde toÝv neopol…tav oÙk ™v
t¦v pšnte kaˆ tri£konta ful£v, a‰
tÒte Ãsan aÙto‹v, katšlexan, †na m¾
tîn ¢rca…wn plšonev Ôntev ™n ta‹v
ceiroton…aiv
™pikrato‹en,
¢ll¦
dekateÚontev ¢pšfhnan ˜tšrav, ™n
aŒv ™ceirotÒnoun œscatoi. kaˆ
poll£kiv aÙtîn ¹ yÁfov ¢cre‹ov
Ãn, ¤te tîn pšnte kaˆ tri£konta
protšrwn te kaloumšnwn kaˆ oÙsîn
Øp r ¼misu. Óper À laqÕn aÙt…ka À
kaˆ ìv aÙtÕ ¢gaphs£ntwn tîn
'Italiwtîn Ûsteron ™pignwsq n
˜tšrav st£sewv Ãrxen.
decise anche che, tra gli Italici, quelli che
continuavano a rimanere nell’alleanza
diventassero cittadini (romani), il che era la
sola cosa che tutti desideravano al massimo. E
inviò comunicazione di queste decisioni tra
gli Etruschi, i quali accettarono la cittadinanza
con piacere. Attraverso un tale favore, il
senato rese ancora più fedeli i popoli fedeli,
rese saldi i popoli incerti e indebolì i popoli
scesi in guerra blandendoli con la speranza di
un analogo trattamento. I Romani non
iscrissero i nuovi cittadini nelle trentacinque
tribù esistenti, affinché non avessero essi la
maggioranza al momento delle votazioni, dato
che erano più numerosi dei vecchi
componenti delle tribù, ma dividendoli in
dieci gruppi, li assegnarono ad altre, nelle
quali votavano per ultimi (i.e. dopo che si
erano espressi i cittadini compresi nelle
trentacinque tribù preesistenti). E spesso il
loro voto era inutile, poiché la maggioranza
era ottenuta dalle trentacinque tribù che
votavano prima. Ciò o non fu subito notato,
oppure gli Italici furono in tal modo
soddisfatti di ciò che avevano ottenuto, ma
poi fu osservato e diede origine a un altro
conflitto.
5) Strab. 5.1.1:
Met¦ d t¾n Øpèreian tîn ”Alpewn
¢rc¾ tÁv nàn 'Ital…av. oƒ g¦r palaioˆ
t¾n O„nwtr…an ™k£loun 'Ital…an ¢pÕ
toà Sikelikoà porqmoà mšcri toà
Tarant…nou
kÒlpou
kaˆ
toà
Poseidwni£tou
di»kousan,
™pikratÁsan d toÜnoma kaˆ mšcri tÁv
Øpwre…av
tîn
”Alpewn
proÜbh.
prosšlabe d kaˆ tÁv LigustikÁv t¦
mšcri 'Ou£rou potamoà kaˆ tÁv taÚtV
qal£tthv ¢pÕ tîn Ðr…wn tîn
Turrhnikîn kaˆ tÁv 'Istr…av mšcri
Pòlav.
Alle falde delle Alpi inizia quella che ora
si chiama Italia. Gli antichi, infatti,
chiamavano col nome di Italía l’Enotria,
che si estendeva dallo Stretto di Sicilia fino
al Golfo di Taranto e di Posidonia; poi il
nome prevalse e si estese fino alle falde
delle Alpi. Arrivò a comprendere anche la
parte della Liguria che va dai confini della
Tirrenia fino al fiume Varo e al mare
vicino e la parte dell’Istria che arriva fino a
Pola. (Trad. A.M. Biraschi)
6) Strab. 5.1.11:
Órion d tÁv cèrav taÚthv, ¿n I confini da cui questa regione che chiamiamo
™ntÕv Keltik¾n kaloàmen, prÕv t¾n Celtica Cisalpina è divisa dalla restante Italia
loip¾n 'Ital…an tÒ te 'Apšnninon sono segnati da quella parte dell’Appennino
Ôrov tÕ Øp r tÁv Turrhn…av
che è al di sopra della Tirrenia e dai fiumi
2
¢pedšdeikto kaˆ Ð A siv potamÒv, Esino prima e Rubicone poi, che sfociano
Ûsteron d Ð `Roub…kwn.
entrambi nell’Adriatico. (Trad. A.M. Biraschi)
7) App. BC. 1.36:
Turrhno… te kaˆ 'Ombrikoˆ taÙt¦ Etruschi e Umbri avevano gli stessi timori degli
deima…nontev to‹v 'Italiètaiv...
Italici...
8) Ascon. In Pisonianam p. 3 Clark:
Neque illud dici potest, sic eam coloniam
(scil. Placentiam) esse deductam
quemadmodum post plures aetates Cn.
Pompeius Strabo, pater Cn. Pompei
Magni, Transpadanas colonias deduxerit.
Pompeius enim non novis colonis eas
constituit
sed
veteribus
incolis
manentibus ius dedit Latii, ut possent
habere ius quod ceterae Latinae
coloniae, id est ut petendi (petendo:
Clark) magistratus civitatem Romanam
adipiscerentur
E non può dirsi che quella colonia
(Piacenza) sia stata dedotta così come dopo
molti anni Gneo Pompeo Strabone, padre di
Gneo Pompeo Magno, dedurrà le colonie
transpadane. Pompeo, infatti, non le costituì
con nuovi coloni, ma conferì il ius Latii ai
vecchi abitanti, che lì continuarono a
risiedere, affinché potessero avere gli stessi
diritti delle altre colonie latine, cioè
acquistassero la cittadinanza romana
presentandosi candidati alle magistrature
9) Suet. Iul. 8:
Decedens ergo ante tempus colonias
Latinas de petenda civitate agitantes
adiit, et ad audendum aliquid
concitasset, nisi consules conscriptas
in Ciliciam legiones paulisper ob id
ipsum retinuissent.
Partendo dunque anzitempo, raggiunse le colonie
latine che si agitavano per l’ottenimento della
cittadinanza (romana), e le avrebbe spinte a
tentare qualche impresa, se proprio per tale
motivo i consoli non avessero trattenuto per
qualche tempo le legioni arruolate per la Cilicia.
10) Dio Cass. 37.9.3:
taàt£ te ™n ™ke…n‚ tù œtei
sunšbh, kaˆ oƒ timhtaˆ perˆ tîn
Øp r tÕn 'HridanÕn o„koÚntwn
dienecqšntev (tù m n g¦r ™v t¾n
polite…an aÙtoÝv ™s£gein ™dÒkei,
tù d oÜ) oÙd n oÙd tîn ¥llwn
œpraxan, ¢ll¦ kaˆ t¾n ¢rc¾n
¢pe‹pon.
In quell’anno (65 a.C.) accaddero dunque questi
fatti. I censori, in contrasto tra loro circa gli
abitanti della regione situata oltre l’Eridano
(poiché uno di essi era del parere di includerli
nella cittadinanza, mentre l’altro no), non
conclusero nulla né di questa né di altre
questioni, ma si dimisero dalla carica.
3
11) Cic. Att. 5.2.3:
De re publica scribas ad me velim
si quid erit quod op<us sit sc>ire.
Nondum enim satis huc erat
adlatum quo modo Caesar ferret
de auctoritate perscripta, eratque
rumor de Transpadanis, eos
iussos IIII viros creare; quod si
ita est, magnos motus timeo. Sed
aliquid ex Pompeio sciam.
Circa la repubblica, vorrei che mi scrivessi, se ci
sarà qualche fatto che sia d’uopo sapere. Infatti, non
erano ancora giunte qui in modo sufficientemente
chiaro notizie su come Cesare avesse preso la
faccenda della decisione del senato messa a verbale
e già circolava la voce di un invito, rivolto ai
Transpadani, di nominare quattuorviri; se la cosa
sta in questi termini, tempo grandi sconvolgimenti.
Ma saprò qualcosa da Pompeo.
12) Dio Cass. 41.36.3:
kaˆ to‹v Gal£taiv to‹v ™ntÕv (Gaio Giulio Cesare) concesse la cittadinanza ai
tîn ”Alpewn Øp r tÕn 'HridanÕn Galli della regione compresa tra le Alpi e
o„koàsi t¾n polite…an, ¤te kaˆ l’Eridano (il Po), per il fatto che aveva governato
¥rxav aÙtîn, ¢pšdwke.
su di loro.
13) Strab. 5.1.1:
e„k£sai d' ¥n tiv eÙtuc»santav toÝv
prètouv
Ñnomasqšntav
'ItaloÝv
metadoànai kaˆ to‹v plhsiocèroiv, e q'
oÛtwv ™p…dosin labe‹n mšcri tÁv
`Rwma…wn ™pikrate…av. Ñy dš pote, ¢f'
oá metšdosan `Rwma‹oi to‹v 'Italiètaiv
t¾n „sopolite…an, œdoxe kaˆ to‹v ™ntÕv
”Alpewn Gal£taiv kaˆ `Eneto‹v t¾n
aÙt¾n ¢pone‹mai tim»n, prosagoreàsai
d
kaˆ 'Italiètav p£ntav kaˆ
`Rwma…ouv, ¢poik…av te poll¦v ste‹lai,
t¦v m n prÒteron t¦v d' Ûsteron, ïn oÙ
þ®dion e„pe‹n ¢me…nouv ˜tšrav.
Si può supporre che i primi a chiamarsi
Itali, grazie alla loro prosperità, fecero
partecipi di questo nome anche i popoli
confinanti e continuarono a estenderlo fino
all’epoca della conquista romana. Più tardi
poi, dopo che i Romani ebbero concesso il
diritto di cittadinanza agli Italici, essi
decisero di concedere lo stesso onore
anche ai Galli cisalpini ed ai Veneti e di
chiamare tutti Italici e Romani; fondarono
anche molte colonie, alcune prima, altre
dopo, delle quali non è facile menzionarne
di migliori. (Trad. A.M. Biraschi)
14) Decretum Strabonis (de civitate equitibus Hispanis danda), CIL. I.22, 709:
[C]n(aeus) Pompeius Sex(ti) [f(ilius) imperator]
virtutis caussa / equites Hispanos ceives
[Romanos fecit in castr]eis apud Asculum a(nte)
d(iem) XIV K(alendas) Dec(embres) / ex lege
Iulia. In consilio [fuerunt]
[sequuntur
nomina exaginta]
Turma Salluitana
[sequuntur
Gneo Pompeo, figlio di Sesto,
comandante, come riconoscimento per
il valore rese cittadini romani i cavalieri
ispani
nell’accampamento
presso
Ascoli il 18 novembre, in base alla lex
Iulia. Furono nel consiglio [seguono
sessanta nomi]. Turma Salluitana
(Squadrone di cavalleria di Salduba)
[seguono trenta nomi]. Gneo Pompeo,
4
nomina triginta]
Cn(aeus) Pompeius Sex(ti) f(ilius) imperator /
virtutis caussa turmam / Salluitanam donavit in /
castreis apud Asculum / cornuculo et patella
torque / armilla p(h)alereis et f<r>umen<t>um /
duplex
figlio di Sesto, comandante, come
riconoscimento per il valore donò alla
Turma Salluitana nell’accampamento
presso Ascoli il corno, il piatto, la
collana, il braccialetto, le falere e una
doppia razione di frumento.
15) Sisenna Historiae 120 Peter:
milites,
ut
lex
Calpurnia Ai soldati, come la lex Calpurnia aveva permesso,
concesserat, virtutis ergo civitate era stata donata la cittadinanza (romana) come
donari.
riconoscimento per il valore.
16) Cic. Arch. 4.6-8:
[4] [6] Interim satis longo intervallo,
cum esset cum M. Lucullo in Siciliam
profectus et cum ex ea provincia cum
eodem Lucullo decederet, venit [i.e.
Archias] Heracleam. Quae cum esset
civitas aequissimo iure ac foedere,
ascribi se in eam civitatem voluit
idque, cum ipse per se dignus
putaretur, tum auctoritate et gratia
Luculli ab Heracliensibus impetravit.
[7] Data est civitas Silvani lege et
QVI
FOEDERATIS
Carbonis:
SI
CIVITATIBVS ASCRIPTI FVISSENT, SI TVM
CVM
LEX
FEREBATVR
IN
ITALIA
DOMICILIVM
HABVISSENT
ET
SI
SEXAGINTA DIEBVS APVD PRAETOREM
ESSENT PROFESSI. Cum hic domicilium
Romae multos iam annos haberet,
professus est apud praetorem Q.
Metellum, familiarissimum suum. [8]
Si nihil aliud nisi de civitate ac lege
dicimus, nihil dico amplius; causa
dicta est.
Intanto, passato un periodo di tempo parecchio
lungo, dopo essere partito per la Sicilia con
Lucio Lucullo, e dopo essere tornato da quella
provincia con lo stesso Lucullo, (Archia) venne
a Eraclea. Poiché questa era una città con
perfetta parità di diritti, volle iscriversi come
cittadino nei suoi registri anagrafici e, benché
egli fosse ritenuto degno di ciò di per sé, ne
fece allora richiesta agli Eracleensi tramite
l’autorità e l’influenza di Lucullo. La
cittadinanza fu concessa in forza della lex
Plautia Papiria, che così disponeva: “se
fossero stati iscritti nei registri anagrafici di
città federate, se alla data della legge avessero
avuto il domicilio in Italia e se entro sessanta
giorni avessero fatto la professio al pretore”.
Poiché egli aveva il domicilio a Roma già da
molti anni, fece la professio al pretore Quinto
(Cecilio) Metello, suo intimo amico. Se non
dobbiamo parlare d’altro che della cittadinanza
e della legge, non aggiungo più parola; la causa
è pienamente perorata.
17) Scholia Bobiensia p. 175 Stangl:
Tunc Silvanus et Carbo cos. legem
tulerunt ut omnes qui essent ex
foederatis populis civitatem Romanam
consequerentur, si modo illo tempore
Allora i consoli [recte: i tribuni della plebe]
(Gneo Papirio) Carbone e (Marco Plauzio)
Silvano proposero la legge che tutto coloro che
appartenessero a popoli federati ottenessero la
5
quo lex lata esset domicilium in Italia cittadinanza romana, se solo alla data della
haberent et intra diem sexagensimum legge avessero il domicilio in Italia e entro
professi aput praetorem fuissent.
sessanta giorni facessero la professio al pretore.
18) Vell. 2.17.1:
Finito ex maxima parte, nisi quae
Nolani belli manebant reliquiae,
Italico bello, quo quidem Romani
victis adflictisque ipsi exarmati
quam integri universis civitatem
dare
maluerunt,
consulatum
inierunt Q. Pompeius et L.
Cornelius Sulla...
La guerra italica era in massima parte terminata, se
si eccettuano i focolai di guerra che persistevano nei
pressi di Nola. I Romani avevano preferito
indebolirsi e concedere la cittadinanza a singoli
popoli vinti e afflitti, piuttosto che mantenersi
integri concedendola a tutti i quanti i popoli
insieme. Entrarono allora nel consolato Quinto
Pompeo (Rufo) e Lucio Cornelio Silla...
19) Vell. 2.20.2:
Non erat Mario Sulpicioque Cinna
temperatior. Itaque cum ita civitas
Italiae data esset, ut in octo tribus
contribuerentur novi cives, ne potentia
eorum et multitudo veterum civium
dignitatem frangeret plusque possent
recepti in beneficium quam auctores
beneficii, Cinna in omnibus tribubus
eos se distributurum pollicitus est.
Cinna non era più moderato di Mario e di
Sulpicio. Così, benché la cittadinanza (romana)
fosse stata concessa all’Italia in modo tale che i
nuovi cittadini fossero assegnati a otto tribù
(affinché la potenza e la moltitudine di quelli
non violasse la dignità dei vecchi cittadini e i
beneficiari non avessero più potere dei
benefattori), Cinna promise che li avrebbe
distribuiti in tutte le tribù.
20) App. BC. 1.53:
Kaik…liov d' aÙtù Mštellov ™pelqën
™pˆ t¾n strathg…an di£docov, ™v
'I£pugav ™mbalën ™kr£tei kaˆ Óde
m£cV tîn 'IapÚgwn. kaˆ Popa…diov,
¥llov tîn ¢festètwn strathgÒv,
™ntaàqa œpesen· oƒ d
loipoˆ
spor£dhn ™v tÕn Kaik…lion dišfugon.
kaˆ t£de m n Ãn perˆ t¾n 'Ital…an
¢mfˆ tÕn summacikÕn pÒlemon,
¢km£santa d¾ m£lista mšcri tînde,
›wv 'Ital…a p©sa prosecèrhsen ™v
t¾n `Rwma…wn polite…an, cwr…v ge
Leukanîn
kaˆ
Saunitîn
tÒte·
dokoàsi g£r moi kaˆ o†de tuce‹n, ïn
œcrVzon, Ûsteron. ™v d t¦v ful¦v
Ómoia to‹v protucoàsin ›kastoi
katelšgonto, toà m¾ to‹v ¢rca…oiv
¢namemigmšnoi ™pikrate‹n ™n ta‹v
(Quinto) Cecilio Metello, suo successore
(i.e. di Gaio Cosconio) nella pretura, attaccò
i Iapigi e li sconfisse in battaglia. Poppedio,
uno dei generali ribelli, in quella occasione
morì; gli altri in ordine sparso si unirono a
Metello. Questi erano gli avvenimenti in
Italia riguardo alla guerra sociale, che
raggiunse il livello massimo del suo
sviluppo, al punto che tutta l’Italia venne
inclusa nei domini romani, tranne, per il
momento, Lucani e Sanniti, che mi sembra
abbiano successivamente ottenuto quello a
cui miravano. Ciascun gruppo di alleati fu
inserito nelle tribù allo stesso modo in cui lo
erano stati quelli cui ciò era toccato in
precedenza, per evitare che venissero
mescolati ai vecchi cittadini e quindi che li
sovrastassero al momento delle votazioni,
6
ceiroton…aiv, plšonev Ôntev.
dato che erano più numerosi.
21) Cic. fam. 13.30.1:
L. Manlius est Sosis. Is fuit
Catinensis: sed est, una cum
reliquis
Neapolitanis,
civis
Romanus
factus
decurioque
Neapoli; erat enim adscriptus in id
municipium ante civitatem sociis et
Latinis datam.
C’è un certo Lucio Manlio Sosis. Un tempo era
cittadino catanese: ma, insieme con gli altri
Napoletani, è stato reso cittadino romano ed è
decurione a Napoli; era infatti iscritto nei registri
anagrafici in quel municipio prima della
concessione della cittadinanza agli alleati e ai
Latini.
22) Cic. Arch. 5.10:
Quae cum ita sint, quid est quod de
eius civitate dubitetis, praesertim
cum aliis quoque in civitatibus fuerit
ascriptus? Etenim cum mediocribus
multis et aut nulla aut humili aliqua
arte praeditis gratuito civitatem in
Graecia
homines
impertiebant,
Reginos credo aut Locrensis aut
Neapolitanos aut Tarentinos, quod
scaenicis artificibus largiri solebant,
id huic summa ingeni praedito gloria
noluisse! Quid? cum ceteri non modo
post civitatem datam sed etiam post
legem Papiam aliquo modo in eorum
municipiorum tabulas inrepserunt,
hic qui ne utitur quidem illis in
quibus est scriptus, quod semper se
Heracliensem esse voluit, reicietur?
Stando così le cose, come potete dubitare della
sua cittadinanza, tanto più che egli aveva
ottenuto l’adscriptio anche nei registri di altre
città? In verità, mentre in (Magna) Grecia si
concedeva senza alcun interesse la cittadinanza a
molte persone mediocri, o che o non avevano
alcuna professione o esercitavano solo un’attività
modesta, voglio proprio credere che Reggini,
Locresi, Napoletani, Tarantini non avrebbero
voluto elargire al Nostro, in considerazione della
somma gloria del suo ingegno, ciò che solevano
elargire (perfino) agli attori! Che cosa? Mentre
altri uomini, non solo dopo la concessione della
cittadinanza, ma anche dopo la lex Papia in
qualche modo si inserirono nei registri anagrafici
di quei municipi, il Nostro, che neppure si avvale
di quei registri, nei quali si trova iscritto, ne sarà
escluso per il fatto di essere sempre voluto essere
Eracleese?
II. IL FUNDUS FIERI
23) Cic. Balb. 8.19-22:
[8] [19] Nascitur, iudices, causa
Corneli ex ea lege quam L. Gellius Cn.
Cornelius ex senatus sententia
tulerunt; qua lege videmus satis esse
sanctum ut cives Romani sint ii quos
Cn. Pompeius de consili sententia
singillatim
civitate
donaverit.
Donatum esse L. Cornelium praesens
[8] [19] La causa di Cornelio, giudici, nasce da
quella legge che Lucio Gellio e Gneo Cornelio
proposero, previo parere favorevole del senato,
e con la quale vediamo essere stato ben sancito
che sono cittadini romani coloro ai quali Gneo
Pompeo, con il parere favorevole del suo
consiglio, donò la cittadinanza. Pompeo, qui
presente, afferma che a Lucio Cornelio fu
7
Pompeius dicit, indicant publicae
tabulae. Accusator fatetur, sed negat
ex foederato populo quemquam
potuisse, nisi is populus fundus
factus esset, in hanc civitatem venire.
[20] O praeclarum interpretem iuris,
auctorem antiquitatis, correctorem
atque emendatorem nostrae civitatis,
qui hanc poenam foederibus adscribat,
ut
omnium
praemiorum
beneficiorumque nostrorum expertis
faciat foederatos! Quid enim potuit
dici imperitius quam foederatos
populos fieri fundos oportere? nam id
non magis est proprium foederatorum
quam omnium liberorum. Sed totum
hoc, iudices, in ea fuit positum semper
ratione atque sententia ut, cum
iussisset populus Romanus aliquid, si
id adscivissent socii populi ac Latini,
et si ea lex, quam nos haberemus,
eadem in populo aliquo tamquam in
fundo resedisset, ut tum lege eadem is
populus teneretur, non ut de nostro
iure aliquid deminueretur, sed ut illi
populi aut iure eo quod a nobis esset
constitutum aut aliquo commodo aut
beneficio uterentur. [21] Tulit apud
maiores nostros legem C. Furius de
testamentis, tulit Q. Voconius de
mulierum
hereditatibus;
innumerabiles aliae leges de civili iure
sunt latae; quas Latini voluerunt,
adsciverunt; ipsa denique Iulia, qua
lege civitas est sociis et Latinis data,
qui fundi populi facti non essent
civitatem non haberent. In quo magna
contentio
Heracliensium
et
Neapolitanorum fuit, cum magna pars
in iis civitatibus foederis sui libertatem
civitati anteferret. Postremo haec vis
est istius et iuris et verbi, ut fundi
populi beneficio nostro, non suo iure
fiant. [22] Cum aliquid populus
Romanus iussit, id si est eius modi ut
quibusdam populis, sive foederatis
sive liberis, permittendum esse
videatur ut statuant ipsi non de
nostris sed de suis rebus, quo iure uti
velint, tum utrum fundi facti sint an
non quaerendum esse videatur; de
donata la cittadinanza, lo indicano i pubblici
registri. L’accusatore lo riconosce, ma nega
che un appartenente a un popolo federato
potesse
essere
ammesso
a
questa
cittadinanza, se quel popolo non fosse
diventato fundus. [20] Che illustre interprete
del diritto, che garante dei tempi antichi, che
riformatore ed emendatore della nostra
costituzione è colui che aggiunge ai trattati una
pena che rende i popoli federati privi dei nostri
premi e dei nostri benefici! Come avrebbe
potuto mostrare un’incompetenza maggiore, se
non dicendo che occorre che i popoli federati
diventino fundi? Infatti questo non è proprio dei
popoli federati, più di quanto lo sia di tutti i
popoli liberi. Ma tutto questo, giudici, fu
stabilito sempre con l’obiettivo e con lo scopo
che, se i popoli alleati e i Latini avessero
accettato qualcosa che il popolo romano avesse
deciso, e se la legge in vigore presso di noi si
fosse stabilita su qualche popolo come su di
un fundus, allora quel popolo fosse vincolato
da quella stessa legge, non con la conseguenza
che il nostro ordinamento subisse una
diminuzione, ma che quei popoli che
applicassero il diritto da noi stabilito godessero
di qualche vantaggio o di qualche beneficio.
[21] Al tempo dei nostri antenati, Gaio Furio
fece approvare una legge sui testamenti e
Quinto Voconio un’altra sui diritti ereditari
delle donne; furono approvate innumerevoli
altre leggi in materia di diritto civile; i Latini
accettarono quelle che vollero; infine (fu
approvata) la stessa lex Iulia, con la quale fu
concessa la cittadinanza agli alleati e ai
Latini, (stabilendosi) che i popoli che non
fossero diventati fundi non ottenessero la
cittadinanza. A questo proposito ci fu una
grande disputa tra gli Eracleensi e i Napolitani,
poiché in queste città una grande parte (della
popolazione) preferiva la libertà, che derivava
dal trattato, alla cittadinanza. In ultima analisi,
la forza di questa norma e di questo
principio è la seguente: che i popoli
diventino fundi non per un nostro beneficio,
ma per un loro diritto. [22] Ogniqualvolta il
popolo romano abbia stabilito che sembri
giusto permettere a popoli federati o liberi di
statuire quale diritto essi vogliano applicare
per le loro cose (e non certo per le nostre),
allora occorrerà vedere se essi siano
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nostra vero re publica, de nostro
imperio, de nostris bellis, de victoria,
de salute fundos populos fieri
noluerunt.
diventati fundi o meno; invece non vollero
che i popoli diventassero fundi per la nostra
repubblica, per il nostro impero, per le
nostre guerre, per la nostra vittoria, per la
nostra sicurezza.
24) Plaut. Trin. 1122-1123:
Nunc mihi is propere conveniundumst, Ora sarà meglio che io mi incontri con lui,
ut quae cum eius filio / egi, ei rei fundus perché il padre sia miglior fundus per le cose
pater sit potior.
che ho fatto con suo figlio.
25) Plaut. Truc. 727:
Solus summam habet hic apud nos: Lui solo detta legge in casa nostra: è lui ora il
nunc is est fundus nobis.
fundus per noi.
26) Gell. 16.13.6:
Municipes ergo sunt cives Romani ex
municipiis legibus suis et suo iure
utentes, muneris tantum cum populo
Romano honorari participes, a quo
munere capessendo appellati videntur,
nullis aliis necessitatibus neque ulla
populi Romani lege adstricti, nisi in
quam populus eorum fundus factus est.
I municipes dunque sono cittadini romani dei
municipi, che usano le loro leggi e il loro
diritto e condividono con il popolo romano
soltanto il munus onorario, dall’assunzione
del quale trassero il nome; essi non sono
sottoposti ad alcun altro obbligo e ad alcuna
legge del popolo romano, se non a quella per
la quale il loro popolo è diventato fundus.
27) Gell. 19.8.12:
Sed haec ego - inquit – dixi, non ut
huius sententiae legisque fundus
subscriptorque fierem, sed ut ne
Caesaris,
viri
docti,
opinionem
¢paramÚqhton destituerem.
Ma io – affermò – dissi quelle cose non per
diventare fundus e sostenitore di tale opinione
e di tale regola, bensì per non lasciare privo di
basi il convincimento di un uomo dotto come
Cesare.
28) Epitome di Paolo Diacono a Festo, s.v. fundus (ed. Lindsay, 79):
Fundus quoque dicitur populus esse È detto fundus anche il popolo per ciò che
rei, quem alienat, hoc est auctor.
aliena, nel senso di “garante”.
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29) Tabula Heracleensis (odierna prov. Potenza) 159-163:
Quei lege pl(ebei)ue sc(ito) permissus
est euit (<f>uit ; e<r>it), utei leges in
municipio fundano municipibusue eius
municipi daret / sei qui<d> is post
h(anc) l(egem) r(ogatam) in eo anno
proxumo, quo h(anc) l(egem) populus
iuserit, ad eas leges <addiderit
commutaverit
conrexerit>,
municipi{ei}s fundanos / item teneto
utei oporteret sei ea<e> res ab eo tum
quom primum leges eis municipibus
lege pl(ebei)ue sc(ito) dedit, / ad eas
leges additae commutatae conrectae
essent, neue quis interced<i>to neue
quid facito, quo minus / ea rata sint
quoue minus municipis fundanos
tenea<n>t eisque optemperetur.
A chiunque sia permesso o sia stato permesso
per legge o plebiscito di dare leggi in un
municipium fundanum o ai municipes di quel
municipio, se costui, dopo che questa legge è
stata proposta ed entro l’anno successivo alla
sua approvazione da parte del popolo, avrà
aggiunto, cambiato, corretto qualcosa in quelle
leggi, che ciò sia vincolante per i municipes
fundani, nello stesso modo in cui lo sarebbe se
quelle cosa fossero state da costui aggiunte,
cambiate o corrette in quelle leggi nel momento
in cui egli per la prima volta le diede a quei
municipes, in base a legge o plebiscito; e né
alcuno interceda né faccia qualcosa allo scopo
di diminuire la validità di quei provvedimenti o
di renderli meno vincolanti per i municipes
fundani e di non farli osservare. (Trad. L.
Cappelletti)
III. LA MUNICIPALIZZAZIONE DELL’ITALIA
11) Cic. Att. 5.2.3:
De re publica scribas ad me velim
si quid erit quod op<us sit sc>ire.
Nondum enim satis huc erat
adlatum quo modo Caesar ferret
de auctoritate perscripta, eratque
rumor de Transpadanis, eos
iussos IIII viros creare; quod si
ita est, magnos motus timeo. Sed
aliquid ex Pompeio sciam.
Circa la repubblica, vorrei che mi scrivessi, se ci
sarà qualche fatto che sia d’uopo sapere. Infatti, non
erano ancora giunte qui in modo sufficientemente
chiaro notizie su come Cesare avesse preso la
faccenda della decisione del senato messa a verbale
e già circolava la voce di un invito, rivolto ai
Transpadani, di nominare quattuorviri; se la cosa
sta in questi termini, tempo grandi sconvolgimenti.
Ma saprò qualcosa da Pompeo.
30) Cic. Att. 10.13.1:
Tu Antoni leones pertimescas cave.
Nihil est illo homine iucundius.
Attende πρᾶξιν πολιτικοῦ. Evocavit
litteris e municipiis denos et IIIIviros.
Venerunt ad villam eius mane.
Primum dormiit ad H. iii, deinde, cum
esset nuntiatum venisse Neapolitanos
et Cumanos his enim est Caesar
Tu non avere paura dei leoni di Antonio. Nulla
è più spassoso di quell’uomo. Considera questo
atto da “uomo politico”. Convocò per lettera
dai municipi i dieci primi decurioni e i
quattuorviri. Vennero alla sua villa di buon
mattino. Come prima cosa dormì fino alle 9,
poi, quando gli fu annunciato che giungevano
Napoletani e Cumani (proprio quelli con cui
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iratus, postridie redire iussit; lavari se Cesare è adirato), ordinò che tornassero
velle et περὶ κοιλιολυσίαν γίνεσθαι.
l’indomani; voleva farsi il bagno e “purgarsi il
ventre”.
31) Cic. leg.agr. 2.2.34.93:
Nam primum, id quod dixi, cum
ceteris
in
coloniis
duumviri
appellentur, hi se praetores appellari
volebant.
In primo luogo, come già dissi, mentre nelle altre
colonie il titolo era di duoviri, questi (Lucio
Considio e Sestio Saltio, duoviri di Capua)
volevano essere chiamati pretori.
32) Caes. civ. 1.30.1:
Itaque in praesentia Pompei sequendi
rationem omittit, in Hispaniam proficisci
constituit,
duumviris
municipiorum
omnium imperat, ut naves conquirant
Brundisiumque deducendas curent.
Dunque, (Gaio Giulio Cesare) mette per il
momento da parte l’idea di seguire Pompeo,
decide di recarsi in Spagna, ordina ai duoviri
di tutti i municipi di procurare navi e farle
giungere a Brindisi.
33) Cicerone, Cluent. 8.25:
...per illam L. Sullae vim atque
victoriam [Oppianicus] Larinum
in summo timore omnium cum
armatis advolavit; quattuorviros
quos municipes fecerant sustulit;
se a Sulla et alios praeterea tris
factos esse dixit.
...approfittando di quella violenza e di quella vittoria
di Lucio Silla, (Oppianico) si precipitò a Larino
accompagnato da uomini armati, nel massimo terrore
di tutti; esautorò i quattuorviri che i municipes
avevano nominato; disse che egli stesso e altri tre
erano stati erano stati nominati da Silla per quella
carica.
34) Lex Irnitana (91 d.C., Andalusia), cap. 19 (analogamente al cap. 20 per i quaestores):
Aediles qui in eo municipio ex edicto
[I]mp(eratoris)
Vespasiani
Caesaris
Aug(usti)
I<m>p(eratoris)ve / T(iti) Caesaris
Vespasiani
Aug(usti) aut Imp(eratoris) Caesaris
Domitiani Aug(usti) creati sunt / et in
ea aedilitate nunc sunt ii aediles ad
eam diem ((i)) in quam creati sunt
quique...
Gli edili nominati in codesto municipio per
editto dell’imperatore Vespasiano Cesare
Augusto,
dell’imperatore
Tito
Cesare
Vespasiano Augusto o dell’imperatore Cesare
Domiziano Augusto, attualmente in carica, tali
edili – fino al giorno in cui usciranno di carica –
e quelli che verranno in seguito ivi nominati
edili, in base alla presente legge – fino al giorno
in cui usciranno di carica – siano edili del
municipio Flavio Irnitano... (Trad. F. Lamberti)
35) Lex Irnitana, cap. 30:
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qui
senatores
prove
senatoribus decuriones conscriptive
prove de/curionibus conscriptisve
fuerunt in municipio Flavio Irnitani /
quique postea ex h(ac) l(ege) lecti
sublective
erunt
in
numero
decurionum / conscriptorumve...
Coloro che sono stati senatori o pro-senatori,
decurioni e conscripti – oppure pro-decurioni o
pro-conscripti – nel municipio Flavio Irnitano, e
coloro che – in base alla presente legge –
verranno eletti in seguito – in qualità di titolari o
supplenti – nel novero dei decurioni e
conscripti... (Trad. F. Lamberti)
36) Lex Osca Tabulae Bantinae (odierna prov. Potenza), cap. VI, linee 27-29:
pr(aetor) censtur Bansae/ [ni pis fu]id nei
suae q(uaestor) fust nep censtur fuid nei
suae pr(aetor) fust in(im) suae pis
pr(aetor) in(im) suae/ [pis censt]ur [a]uti
q(uaestor) [a]u[ti tr]ium nerum fust izic
post eizuc tr(ibunus) pl(ebis) ni fuid.
Nessuno sia pretore o censore a Bantia se
non sarà stato questore, né sia censore se
non sarà stato pretore e se qualcuno (sara’
stato) pretore e se qualcuno sarà stato
censore o questore o triumvir, costui dopo
ciò non sia tribuno della plebe. (Trad. L.
Cappelletti)
37) Lex Osca Tabulae Bantinae, cap. IV, linee 18-23:
pon censtur/ <B>ansae t<o>utam
censazet pis ceus Bantins fust
censamur esuf in(im) eituam poizad
ligud/ iusc censtur censaum
angetuzet. aut suae pis censtomen
nei cebnust dolud mallud/ in(im)
eizeic uincter esuf comenei lamatir
pr(u) meddixud toutad praesentid
perum dolum/ mallom in(im)
amiricatud allo famelo in(im)
ei(tuo) siuom paei eizeis fust pae
ancensto fust/ toutico estud.
Quando i censori di Bantia faranno il censimento
del popolo, chiunque sarà stato cittadino bantino
sia censito, se stesso ed il suo patrimonio, in base
a quella legge che quei censori avranno emanato
per il censo. Ma se qualcuno non si presenterà al
censimento con frode e di ciò viene dimostrato
colpevole, egli stesso sarà fustigato/venduto nel
comizio in forza dell’autorità della magistratura in
presenza del popolo, senza frode (del magistrato?)
e tutta la sua famiglia sia venduta e tutto il
patrimonio che sarà in suo possesso che non sarà
stato censito sarà pubblico. (Trad. L. Cappelletti)
38) Lex Osca Tabulae Bantinae, cap. V, linee 23-25:
pr(aetor) suae praefucus pod post exac
Bansae fust suae pis op eizois com/
a<l>trud ligud agum herest auti pru
medicatud manim aserum eizazunc
egmazum/ pas exaiscen ligis scriftas set,
ne p{h}im pruhipid mais zicolois X
nesimois...
Il pretore o il prefetto che dopo questa (legge)
sarà a Bantia se qualcuno presso di loro vorrà
intentare un processo contro un altro o pro
iudicato manum inicere su quelle cose che
sono state scritte in queste leggi non glielo
proibirà per più di dieci giorni... (Trad. L.
Cappelletti)
39) Lex di Roccagloriosa (IV-III sec. a.C.; odierna prov. Salerno), latoB, lin. 7:
...]εν πουσ µεδδεσ µανοµ...[
...]i meddices... manus[...
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40) CIL. V, 2864 (da Patavium, odierna Padova, I sec. d.C.):
M(arcus) Iunius / Sabinus / IIIIvir
aedili/ciae potestat(is) / e lege Iulia /
municipali / patronus / collegi
cen/tonariorum / frontem templi /
vervis et hermis / marmoreis pe/cunia
sua orna/vit et tuition(i) dedit
(sestertium duo milia) / N CCXXXXII.
Marco Giunio Sabino, quattuorvir con potestà
edilizia in base alla lex Iulia municipalis,
patrono del collegio dei rigattieri, adornò a sue
spese la fronte del tempio con fontane e con
statue di marmo e donò duemila sesterzi per il
mantenimento. Nell’anno 242 dell’era di
Patavium.
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