In questi ultimi anni ,partendo da studi di biologia molecolare

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In questi ultimi anni ,partendo da studi di biologia molecolare
Diagnostica allergologica: la Componente Resolved Diagnosis.
Nunzia Maiello
Servizio Asma-Dipartimento di Pediatria. Seconda Università di Napoli
In questi ultimi anni, partendo da studi di biologia molecolare applicati alla patologia allergica, è
stata approntata la tecnologia degli allergeni ricombinanti: essa permette l’analisi della reattività
IgE verso le singole componenti molecolari di un estratto allergenico.
A tal fine sono state anche approntate delle banche dati capaci di raccogliere varie informazioni su
diversi allergeni con particolare attinenza alle loro proprietà fisico-chimiche e alla loro rilevanza
allergenica. Alcune di queste banche dati sono: l’AllergenOnline (http://www.allergenonline.org/)
che cura la collezione delle sequenze degli allergeni, l’ IUIS database (http://www.allergen.org/)
che fornisce anche una nomenclatura sistematica per i vari allergeni , l’ InformAll
(http://foodallergens.ifr.ac.uk/), Allergome (http://www.allergome.org/), di particolare
importanza per la classificazione dei singoli allergeni, e l’Allfam
(http://www.meduniwien.ac.at/allergens/allfam/about.html).
Dall'analisi dei dati forniti da queste varie banche è evidente che le proteine con attività
allergenica non sono distribuite in modo casuale tra le varie famiglie, ma sono limitate ad un
piccolo numero di famiglie proteiche.
Con l’impiego della Component resolved diagnosis (CDR) è possibile conoscere il reale fattore
scatenante di una reazione allergica. Una particolare sorgente allergenica, come il polline di
graminacee ad esempio, contiene diverse proteine allergeniche o componenti allergeniche. Esse
possono essere ottenute in due modi: o per isolamento dal resto delle proteine nella sorgente
allergenica (allergeni purificati naturali) o producendole in vitro da una sequenza DNA (allergeni
ricombinanti).
La CDR non rappresenta solo un affinamento diagnostico rispetto ai sistemi utilizzanti estratti
allergenici, ma ha notevoli ripercussioni sia in campo terapeutico che prognostico. Con questa
metodica, infatti, è possibile distinguere tra co-sensibilizzazioni (presenza di IgE che reagiscono
con proteine di origine differente portatrici di epitopi simili od identici) e cross-reattività (reazione
clinica ad agenti diversi, alimentari e/o inalanti, dovuta a cross-sensibilizzazione), e quindi predire
l’eventuale risposta ad una immunoterapia specifica; è possibile, anche, in alcuni casi, predire
l’eventuale gravità di un’allergia alimentare nonché distinguere una cross reattività tra allergeni
"prossimi", legati cioè da un legame parenterale più o meno evidente, da una tra allergeni
"lontani" in cui questa associazione non è tanto più evidente.
Associazione fra allergeni vicini
 Allergie tra pollini di graminacee
 Allergie tra pollini ed erbacee
 Allergie tra pollini di alberi
 Allergia tra acari
 Allergia tra muffe
 Allergia tra insetti
 Allergia tra animali
 Allergia tra alimenti
Associazioni tra allergeni "lontani"
 Allergia tra pollini di specie diversa
1


Allergia tra pollini e frutta/verdura
Allergia tra pneumoallergeni e alimenti
Un esempio per tutti è quello dell’allergia a frutti appartenenti alle Rosaceae, dove se un paziente
risulta sensibilizzato a molecole appartenenti alla famiglia delle Lipid Tranfer Proteins (LTPs) può
presentare reazioni sistemiche gravi, mentre se è sensibilizzato a molecole appartenenti alla
famiglia delle Pathogenesis related proteins (PR) quale la PR-10 (Bet v 1) o alle profiline (Bet v 2), in
genere presenta solo disturbi locali lievi (sindrome orale allergica) e comunque può, in generale,
assumere frutta cotta contenentequesti allergeni, dal momento che Bet v 1 e Bet v 2 sono
molecole termolabili. Quindi la sensibilizzazione ad una particolare componente allergenica è
associata a differenti modelli clinici (1) per cui il risultato di una CRD può predire il rischio di uno
specifico quadro clinico di varia gravità.
La CRD può inoltre spiegare alcune reazioni osservate con l’immunoterapia in pazienti con la
stessa sensibilizzazione ad una componente allergenica (2) poiché il paziente sensibilizzato può
presentare differenti modelli di sensibilizzazione a livello molecolare.
Da sottolineare , però, che in caso di una sospetta reazione IgE-mediata, gli skin prick tests
continuano ad essere la tecnica diagnostica di prima scelta come dimostrato, anche su bambini, in
diversi studi (3,4).
Allergeni ed epitopi allergenici
Gli allergeni sono proteine o glicoproteine con peso molecolare compreso tra 5 e 150 kDa, ed un
punto isoelettrico tra 4 e 9.
I determinanti allergenici o epitopi rappresentano le strutture riconosciute dalle IgE.
Una molecola allergenica può essere formata da epitopi lineari, che costituiscono una specifica
sequenza di aminoacidi lungo la sua struttura primaria, e da epitopi conformazionali generati dal
ripiegamento delle proteine. La trasformazione degli alimenti ad opera di alte temperatura, di un
basso pH e per digestione enzimatica può distruggere gli epitopi conformazionali ma non può
agire sugli epitopi sequenziali.
Nomenclatura IUIS – OMS per gli allergeni (International Union of Immunological SocietesSottocomitato WHO).
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo a punto un documento nel 1995 (5) in cui viene
indicata la nomenclatura degli allergeni.
Gli allergeni sono denominati secondo il nome tassonomico dell’organismo da cui derivano e
riportano in sequenza: tre lettere di cui la prima, maiuscola, indicante il genere, una lettera
minuscola che definisce la specie e un numero che definisce l’ordine successivo di identificazione
dell’allergene.
Ad esempio, nel caso degli allergeni dell’arachide (Ara h 1) Ara indica il genere, h la specie, 1 il
numero progressivo di isolamento.
Tipi di allergeni e fenotipi
Gli allergeni si distinguono in “genuini” e in panallergeni. I primi sono proteine contenenti una ben
definita sorgente allergenica e quella tassonomicamente strettamente correlata (ad esempio l’Ole
e 1 , allergene del polline dell’olivo, il Phl p 1 e Phl p 5 che rappresentano i markers dei pollini di
graminace, il Der p1, Der p 2, Der f 1, Der f 2 , allergeni dell’acaro della polvere (6), etc.
2
I panallergeni sono proteine che condividono fra loro una elevata similarità, anche se non sono
perfettamente identiche fra loro. Essi sono presenti in differenti famiglie botaniche o zoologiche,
tassonomicamente correlate e non (7).
La distribuzione dei panallergeni è più ampia di quella degli allergeni “genuini”, il che spiega
perché non sono sempre riconosciuti in maniera uniforme dalle IgE nel 100% dei pazienti ad essi
sensibilizzati. I gruppi più importanti di panallergeni sono riportati in tab 1.
Tab 1 - Principali gruppi di Panallergeni
Proteine Bet v 1-like proteins
Profiline
Membri della famiglia ubiquitaria delle Calcium Binding Protein o polcalcine
Lipid Tranfer proteins (LTP)
Proteine di deposito dei semi
Thaumatin-Like Protein
Tropomiosine
Parvalbumine
Chitinasi e glucanasi
Bet v 1 like proteins
Il modello che ha permesso lo sviluppo di nuove strategie, si è
sviluppato attraverso lo studio degli allergeni che compongono il
polline della betulla, in particolare del Bet v 1 (Pathogenesisrelated protein: PR-10). L’approccio per l’identificazione di questa
molecola è stato poi ampliato a tutte le molecole allergeniche
attualmente presenti in commercio e prevede la caratterizzazione
biochimica con conseguente purificazione della molecola nativa, la sintesi dell’ allergene con
tecnologia di biologia molecolare e il controllo della sua immunoreattività.
Il Bet v 1 è l’allergene maggiore della betulla, polline i cui componenti sono considerati una sorta
di paradigma degli allergeni cross reattivi (fig. 1).
Fig 1
3
Circa il 98% dei pazienti allergici al polline di betulla è sensibilizzato all’allergene maggiore Bet v 1
(8), che appartiene alla famiglia PR-10 (pathogenesis-related protein di classe 10). Essa abbraccia
proteine intracellulari con massa molecolare di circa 17–18 kD.
Le PRs sono proteine che vengono specificamente indotte nelle piante come risposta ad infezioni
da patogeni quali funghi,batteri o virus o anche in risposta a fattori ambientali avversi incluso
l'inquinamento da agenti chimici.
La loro funzione biologica non è nota e la sequenza proteica è altamente variabile entro le stesse
specie .
Perchè il Bet v 1 è un panallergene?
Esemplificando la classificazione tassonomica degli alberi possiamo distinguere tra essi due
gruppi: il primo contenente l'ordine delle Fagales, con le famiglie delle Betulaceae, Corylaceae,
Fagaceae ed un secondo gruppo in cui sono rappresentate numerose altre famiglie dove si può
registrare una cross reattività solo nel loro ambito.
Il Bet v 1 è presente in tutte le Fagales (Betulaceae, Corylaceae, Fagaceae) e, per i soggetti che
sono sensibilizzati vs questo allergene maggiore, può essere rilevabile una cross reattività tra
differenti famiglie. Invece nella famiglia delle Oleaceae si può notare una cross reattività tra le sue
specie (olivo, frassino, ligustro ecc) essendovi allergeni comuni ed, in particolare, l'allergene
maggiore dell'olivo, Ole e 1. Lo stesso vale per la famiglia delle Cupressaceae (figg. 2 e 3 ).
Fig. 2
4
Relazioni tra alcune piante comuni
Fig. 3
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NB: proprio per questo motivo, il Bet v 1 è in grado di sostenere sintomi allergici anche in aree in
cui non è presente la betulla (esposizione ad altre specie delle fagales) (9) I modelli di
sensibilizzazione ai vari panallergeni e i relativi quadri clinici variano in rapporto alla collocazione
geografica del soggetto allergizzato (fig. 4).
Fig 4
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Le proteine Bet v 1 correlate sono potenti allergeni inalanti da polline di alberi dalla fioritura
precoce, dell’ordine botanico delle Fagales. Dopo sensibilizzazione primaria all’allergene del
polline, la maggior parte dei pazienti tende a sviluppare sintomi allergici da ingestione di proteine
omologhe Bet v 1 correlate presenti in un vasto range di frutta (mela, pera, ciliegia, kiwi,
jackfruit), noci (nocciola) e vegetali (carota, sedano, prezzemolo). Le proteine PR-10, la cui
espressione è up-regolata da un attacco patogeno o da uno stress abiotico, sono termolabili e
instabili alla digestione da parte della pepsina. In alcuni studi è stato dimostrato che la reattività
IgE alle proteine PR-10 è assente dopo trattamento della frutta con il calore. Per tale motivo i
sintomi allergici sono usualmente più lievi e sono ristretti alla cavità orale (Sindrome Allergica
Orale). Il rischio di sviluppare sintomi quali la SAO è correlato, in genere, con la concentrazione di
IgE vs il Bet v 1. Non tutte le proteine omologhe alla Bet v 1 sono ugualmente sensibili al calore o
alla pepsina, per cui è possibile che si manifestino reazioni sistemiche da ingestione di sedano,
carota e soia freschi in soggetti con allergia alimentare polline di betulla correlata.
Infatti la stabilità degli omologhi per Bet v 1 è stata valutata sottoponendo le proteine a diverse
condizioni di PH.
Il Bet v 1 della pesca e cioè il Pru p 1, manifesta lo spettro CD tipico delle proteine Bet v 1 a PH
7.5, tuttavia, quando il pH è abbassato a 3.0, anche a 25 °C le proteine sono rapidamente
denaturate.
Ciò sta a significare che, in certi casi in cui il pH della matrice rimane neutro o non cade su valori
francamente acidi, il trattamento con il calore non colpisce la struttura delle proteine Bet v 1
correlate come è stato dimostrato, appunto, per l’allergene della pesca Pru p 1 (10). Questo può
dare conto dei casi in cui si sono verificate gravi reazioni allergiche e fa porre l’accento sulla
rilevanza della matrice alimentare per l'allergenicità delle singole proteine (11,12).
Nelle figg. 5 e 6 sono riportati i principali allergeni della betulla con relative cross reattività.
Fig. 5
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Fig.6 – Cross-reattività di betulla per altri pollini e vari alimenti correlati
Alcune reazioni allergiche gravi sono state descritte per allergeni omologhi della Bet v 1 dalla soia,
come il Gly m 4.
Esso mostra omologia strutturale con il Bet v1, il principale allergene del polline di betulla.
Il contenuto in Gly m 4 aumenta durante la maturazione dei semi di soia e dipende dal grado di
lavorazione degli alimenti soia derivati. Le concentrazioni più elevate sono state trovate in polveri
alimentari. I pazienti con allergia nota alla betulla sono a rischio di sperimentare reazioni allergiche
alla soia se consumano prodotti dietetici contenenti proteine isolate della soia (13). Anche se il
71% dei pazienti allergici al polline di betulla con alti titoli di IgE specifiche vs Bet v 1 sono
sensibilizzati al Gly m 4, solo il 9,6% accusa sintomi allergici dopo il consumo di alimenti a base di
soia (interviste telefoniche).
Livelli più elevati di Gly m 4 sono stati misurati in polveri dietetiche o in bevande a base di proteine
isolate della soia. Il Gly m 4 non è stato rilevato in prodotti fermentati quali salsa di soia e miso. Il
trattamento con alte temperature distrugge del tutto la capacità anticorpo legante del Gly m 4.
Infatti non è stata rilevata la presenza di Gly m 4 in semi di soia tostati o cotti per 4 ore. Basse
quantità di Gly m 4 sono state trovate nel tofu e nei fiocchi di soia che di solito sono trattati con
calore o altre procedure di lavorazione (10).
Per tale motivo reazioni allergiche che si verificano dopo ingestione di soia in soggetti allergici al
polline di betulla, di varia gravità, sono state attribuite alla cross-reattività Bet v 1 - Gly m 4.
In realtà, in un recente studio è stato dimostrato che nessuno dei soggetti con anafilassi alla soia
presentava IgE specifiche per Gly m 4, per cui è stato ipotizzato che le reazioni gravi alla soia
siano dovute soprattutto a risposte IgE contro seed storage proteins della soia. Gli allergeni Gly m
1 (superfamiglia prolamine) e Gly m 2 sono di notevole importanza nei pazienti affetti da asma
dovuto ad esposizione alla polvere di soia, mentre il Gly m 5 (vicilin-like 7S) e il Gly m 6 (11S
globulin ) sono stati di recente riportati quali allergeni alimentari associati con gravi reazioni
allergiche alla soia (14, 15,16 ).
7
Oltre alla soia, anche arachide sedano e nocciola possono essere più stabili al calore il che spiega
perché, a volte, questi alimenti possano indurre sintomi sistemici più importanti nell’allergia
alimentare Bet-v1 correlata.
Di recente è stato evidenziato che alimenti correlati al polline di betulla possono indurre un
peggioramento della dermatite atopica due giorni dopo l’esposizione all’alimento fresco; infatti il
trattamento con il calore può distruggere la capacità di scatenare sintomi immediati come la SOA,
ma l’allergene denaturato può innescare i linfociti per una reazione clinica di tipo ritardato (late): il
trattamento con il calore distrugge la struttura molecolare nativa tridimensionale ma non è in
grado di agire su peptidi lineari importanti per una reazione cellulare di tipo late (17).
E’ importante ricercare la presenza di IgE vs il Bet v 1 e gli nsLTP in pazienti sensibilizzati agli
allergeni alimentari delle Rosacee o che hanno sintomi clinici per alimenti della famiglia delle
rosacee per valutare il rischio di gravi reazioni sistemiche.
Una sensibilizzazione o sintomi clinici per alimenti della famiglia delle Rosacee e nocciola, senza
larga sensibilizzazione ad altra frutta o cereali, sono markers tipici di sensibilizzazione per il Bet v 1
(o nsLTP ma non per profilina). Alte concentrazioni di IgE vs il Bet v 1 possono essere un fattore
rischio di reazioni importanti a nocciola, sedano ed arachidi anche se queste sostanze sono
processate in una certa misura.
Il dosaggio della rBet v 1 è il solo marker si sensibilizzazione alle sue proteine omologhe dato che
né la storia clinica né lo skin prick test con alimenti freschi o commerciali sono specifici
nell’individuare questa sensibilizzazione.
Alcune proteine PR-10 identificate
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