"piccolo re" di via Capo Passero. La promessa

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"piccolo re" di via Capo Passero. La promessa
L'ORDINANZA
Mafia, i funerali del "piccolo re" di via Capo
Passero. La promessa: "Il tuo impero non
finirà mai"
Giovedì 20 Marzo 2014 - 15:00 di Laura Distefano
I particolari dell'operazione Leo 121 eseguita a gennaio dai
Carabinieri di Catania. Le foto e il racconto inquietante delle
esequie di Alessandro Ponzo, ucciso nel 2012. L'ordinanza ha
retto davanti al Tribunale del Riesame: su 47 arrestati, 46
sono rimasti dietro le sbarre.
CATANIA - L'operazione Leo 121 non aveva svelato arcani segreti su Via Capo Passero. Che
quella strada sia una delle roccaforti dello spaccio di marijuana a Catania è risaputo, ma 47 arresti
in un unico blitz significano pulizia del quartiere. E a tre mesi di distanza, nonostante la
"sfiducia" dei cittadini della giustizia, intanto 46 su 47 indagati sono rimasti dietro le sbarre. Il
Riesame ha, infatti, confermato in maniera sostanziale il quadro accusatorio ricostruito dalle
indagini dei Carabinieri di Catania (in particolare della Compagnia di Fontanarossa). Le posizioni di
41 destinatari dell'ordinanza firmata dal Gip Loredana Pezzino su richiesta del Pm Sincero sono
rimaste invariate. Cambiate solo marginalmente per sei persone, mentre Fabio Longo è stato
scarcerato. Rimangono detenuti con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di
sostanze stupefacenti, anche se è decaduta l'aggravante mafiosa, Enrico Cocola, Nunzio Clari,
Vincenzo Lodato, Simone Guarrera e Spampinato Giovanbattista. L'ultimo era sfuggito al blitz ed
era stato catturato qualche giorno dopo: i carabinieri lo hanno ammanettato a Fontanarossa
appena è sceso dall'areo dopo un viaggio a Parigi.
E se da un lato la retata Leo 121 ha, quindi, puntato i riflettori su una realtà, quella dello
spaccio a Galermo così evidente da diventare "quasi normale "affresco urbano" del
quartiere, dall'altra fotografa inquietanti "substrati" sociali tipici del "fanatismo" mafioso.
Mentre le telecamere e gli obiettivi dei carabinieri registravano pusher e vedette a smistare
stecche e fumo nel quartiere, in quell'angolo di Catania si consumava un delitto, quello di
Alessandro Ponzo. Era stato ucciso il capo indiscusso della roccaforte della droga di via Capo
Passero.
"Alessandro Ponzo - si legge nell'ordinanza firmata dal Gip Loredana Pezzino - nella notte
tra il 4 ed il 5 maggio 2012, veniva avvicinato da un killer nella parte posteriore della
palazzina di via Capo Passero 121 ed attinto da più colpi da arma da fuoco". Le indagini e
anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Michele Musumeci non lasciano dubbi su
"Ponzo era il responsabile della piazza di spaccio". Il capo era morto e l'organizzazione si veste a
lutto, tanto è che in segno di rispetto dall'omicidio al funerale si smette anche di spacciare. Come
succede per un normale lutto in famiglia, si abbassa per qualche giorno la saracinesca.
Non si mormora in via Capo Passero: nessuno ha visto o sentito qualcosa su quell'agguato.
Impossibile da credere che in quella popolosa via di grattacieli nemmeno un occhio avesse captato
qualche elemento utile per gli investigatori. E invece "l’assoluta omertà - scrive il Gip - da subito
dimostrata da parte di tutti i soggetti presenti, nonché di quelli direttamente o indirettamente
coinvolti, sono tutti elementi che hanno condotto immediatamente a ritenere che l’omicidio fosse
maturato in contesto di criminalità organizzata". Alessandro Ponzo era stato "eliminato": tra i
moventi più pressanti potrebbe esserci il controllo proprio della piazza di spaccio.
Omertà. In via Capo Passero nessuno ha parlato, e magari questo può risultare anche
"giustificabile". La paura può essere una valida ragione anche alla stessa sopravvivenza e alla
protezione della famiglia. Ma è quello che accade durante i funerali di Alessandro Ponzo che
trafiggono e scuotono. E fanno capire che la conquista alla legalità deve passare da queste strade e
da queste menti: serve una "bonifica" culturale, e la mano della repressione davanti a certi episodi
diventa un colpo di spugna troppo superficiale.
"Le modalità di celebrazione del funerale - come raccontato nei dettagli nell'ordinanza del
blitz Leo 121 - (con cortei di veicoli, fuochi d’artificio e processione unitamente alla bara con
lancio di petali e gigantografia della foto di Ponzio portata in trionfo), confermano - scrive il
Gip - l'esistenza di una vera e propria organizzazione sistematica e gerarchizzata, del quale il
soggetto era al vertice". "Nonostante la giovane età - scrive ancora il giudice Pezzino - è trattato
come un capo riconosciuto e autoritario". Dimostrazione ne è anche "l'esposizione di striscione di
notevoli dimensioni" il giorno dei funerali "apposto sull’intera facciata del civico d’interesse, in cui
veniva appellato “piccolo re” di un “impero che non finirà mai”.
Con la descrizione dello svolgimento delle esequie aggiungere parole è superfluo. Quanto
registrato dai carabinieri è esaustivo. Questo quanto è impresso nero su bianco nell'ordinanza. "Il 09
maggio, dalle ore 14.00 in poi, si svolgono i funerali di Ponzo con la partecipazione dell'intero
sodalzio ed il compimento di una serie si azioni che rimandano chiaramente a concetti di tradizione
militare oltre che popolare".
Il Gip non tralascia alcun particolare nel suo resoconto investigativo. "Il feretro viene condotto
a spalla, come in trionfo, lungo tutta la Via Capo Passero tra ali di folla che applaudono, ben oltre il
tragitto necessario da percorrere per raggiungere la chiesa; al passaggio della salma - continua vengono fatti esplodere numerosi fuochi d’artificio (nonostante sia primo pomeriggio); l’uscita
della bara sia dall’abitazione che poi dalla chiesa viene accompagnata dalle note del silenzio fuori
ordinanza, in un chiaro (quanto distorto) - evidenza il giudice - segno d’onore ad un caduto
nell’adempimento del proprio "dovere". Il corteo funebre - aggiunge - è preceduto da un
improvvisato alfiere, che alza al cielo e mostra alla folla una gigantografia raffigurante Alessandro
Ponzo, e riportante in calce la scritta “Alessandro il nostro piccolo Re”.
"Infine - scrive ancora il giudice - al termine del funerale, viene tributata alla memoria di
Ponzo un corteo di motocicli e auto che percorre via Capo Passero, anche nel chiaro segnale di
confermare il controllo "militare" della strada da parte del sodalizio anche dopo l'uccisione del loro
"piccolo Re"; tra le molte persone che hanno partecipato alla “scorta d’onore” tributata al Ponzo".
Scene troppo simili a quelle a cui si è assistito a Palermo qualche giorno fa, per il corteo
funebre di Giuseppe Di Giacomo, il "reggente - secondo il pentito Sergio Flamia - di Porta
Nuova", ucciso la scorsa settimana da un commando armato. E, visto che domani si celebra la
giornata in memoria delle vittime di mafia, la speranza è che non ci siano più commemorazioni di
questo tenore. Quella sarà una sconfitta "amara" per cosa nostra, perchè si renderà conto di
aver perso il terreno dove coltivare il suo seme velenoso.