come un bambino abbandonato nello specchio dell`armadio

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come un bambino abbandonato nello specchio dell`armadio
COMPAGNIA ATACAMA
COME UN BAMBINO ABBANDONATO NELLO SPECCHIO DELL’ARMADIO
Produzione 2014 http://youtu.be/3fiRMGmIoFM
Ideazione, coreografia e regia: Patrizia Cavola – Ivan Truol
Con: Valeria Baresi, Giorgio Iacono, Valeria Loprieno, Cristina Meloro, Sabrina Rigoni.
Musiche Originali: Epsilon Indi
Costumi: Medea Labate
Scene: Giulia Trefiletti
Luci: Danila Blasi
Promozione e Ufficio Stampa: Benedetta Boggio 369gradi
Produzione: Atacama
Con il contributo di MIBACT Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dipartimento Dello Spettacolo
Residenze: La Scatola Dell’Arte
13 anni , 1 mese, 2 giorni
“L’ho fatto! Ho tolto il lenzuolo dall’armadio e mi sono guardato allo specchio. Ho stretto i pugni,
ho preso un gran respiro, ho aperto gli occhi e MI SONO GUARDATO! Era come se mi vedessi per
la prima volta. Non ero davvero io quello li dentro. Era il mio corpo, ma non ero io. Non era
neppure un amico. Mi ripetevo: Sei me? Sei tu, me? Io sono te? Siamo noi?
E’ vero che la mia immagine riflessa mi è apparsa come un bambino abbandonato nello specchio
dell’armadio. Questa sensazione è assolutamente vera. Facendo cadere il lenzuolo, sapevo
benissimo chi avrei visto, ma è stata comunque una sorpresa, come se quel ragazzino fosse stato
abbandonato lì ben prima della mia nascita. Sono rimasto a lungo a guardarlo.” Daniel Pennac
“Storia di un corpo”
Un viaggio nel corpo, attraverso il quale esistiamo, siamo qui, abbiamo una base e un peso, sensore,
messaggero, veicolo, memoria, prodigo di sorprese, con tutte le sue mirabili scoperte, con le sue
grandezze e le sue miserie ci unisce e rende simili, come grandiose e vulnerabili creature umane.
Abitare la sorpresa del primo sguardo, della prima percezione di una sensazione o di un’emozione,
la scoperta di una parte di noi come funziona e come ci fa sentire.
Guardarsi per la prima volta allo specchio
Le Parti del corpo
L’altro
Le Sensazioni
Le paure
Le prodezze
Corpi mossi, corpi lanciati, corpi trasportati, corpi scolpiti, corpi svelati, corpi esposti.
RASSEGNA STAMPA
Ci gira intorno quasi spaventata, la bambola di pezza stretta forte al petto, gli occhi insicuri che sondano il buio, le gambe curiose da bambina che non smettono di cercare. Si avvicina per scrutarne le fattezze, lo sguardo puntato oltre quel rettangolo spento incorniciato di blu. L’armadio nella camera di nonna Faustina è una fantasia infantile che solletica gli adulti, un’euforia sottile da assaporare al ritmo di un vociare sommesso ma costante. Piccoli grandi ne attraversano il confine, alla conquista di una dimensione in cui scoprirsi per la prima volta, attimo dopo attimo, senza pudore. Uno specchio invisibile con cui giocare a essere diversi, strizzando gli occhi alle proprie fattezze, storcendo il naso alle singole debolezze, facendo il verso a una corporeità che si mostra forte e vulnerabile, tenera e volitiva, complice del tutto ma irrimediabilmente sola. “Come
un bambino abbandonato nello specchio dell’armadio” della Compagnia Atacama, con ispirazione letteraria da Daniel Pennac, è una confessione epidermica intima e perspicace, un’armonia di parole e movimenti ideata dalla regia attenta di Patrizia Cavola e Ivan Truol. In scena sette danzatori/performer dalle eclettiche qualità interpretative, dalla presenza efficace, dalla gestualità sensibile ed incisiva. Cadono e si rialzano, brancolano disorientati, fremono d’emozione, tra assoli illuminanti e interazioni di gruppo, intrecci fisici e verbali concertati insieme, assecondati dalla notazione sensuale degli Epsilon Indi. E’ il corpo a dettare il tempo, è il corpo liberato da costrizioni inutili a decretare il senso di un vagare alla ricerca di sé. Funzionalismo delle parti ed esibizionismo collettivo, per una lezione di anatomia comparata che diverte piacevolmente. Mimica, dinamica, emotività associata. E una dose di proverbiale poesia che lascia incredibilmente avvinti. Valentina De Simone (30)
CHE TEATRO CHE FA di RODOLFO DI GIAMMARCO
LA REPUBBLICA.IT
06/06/2014
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Uno specchio-­‐armadio al centro della scena è l’elemento attorno a cui ruota lo spettacolo di teatro-­‐danza Come un bambino abbandonato nello specchio dell’armadio di Patrizia Cavola e Ivan Truol, liberamente ispirato dal romanzo Diario di un corpo di Daniel Pennac.
Uno dopo l’altro i sette performer irrompono sulla scena, ognuno con la sua gestualità peculiare, ognuno col suo modo di ri-­‐flettere non solo le proprie sembianze fisiche ma soprattutto l’immagine di se stessi. Davanti allo specchio – sorta di autocoscienza – ammiccano alle proprie imperfezioni, toccandole, deformandole, mettendole in risalto, studiandole per esorcizzarle. Ogni corpo ha caratteristiche che lo rendono speciale, ma al contempo tutti i nostri corpi possono essere ricompresi in quell’ironico elenco di parti come sedi e motori di sensazioni e stati d’animo, in un preciso meccanismo che alterna esperienza singolare e universale, rappresentato attraverso il continuo avvicendamento di assoli e situazioni corali sincrone. La parola, che sia di uno dei performer o della voce fuori campo, è dialogo interiore che esplicita l’evoluzione dei gesti e delle scene. Sbilanciamenti, cadute, brividi, solletico sono esercizi motori ed emotivi che consentono ai performer di riappropriarsi dei loro corpi riuscendo, tolti i costumi, finalmente a guardarsi ed a interagire soltanto a pelle. L’indagine della Compagnia ATACAMA si dipana per contrasti: la catena di piccolezze, paure, fobie umane è controbilanciata dal circo di esibizioni giocose e prodezze del corpo che viene condotto ad essere vero e proprio corpo-­‐teatro, scatola da cui possono uscire infinite meraviglie. L’armadio-­‐specchio è la soglia da attraversare per arrivare a questa consapevolezza, meglio se in solitudine, quando a guardarci c’è soltanto il bambino che vi abbiamo abbandonato dentro. LUDOVICA MARINUCCI 03/06/2014 NUCLEO ART-­‐ZINE
ATACAMA
www.compagniaatacama.it
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