Cassazione Civile Sezione lavoro - Sentenza 12

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Cassazione Civile Sezione lavoro - Sentenza 12
Cassazione Civile Sezione lavoro
Sentenza 12 maggio 2005, n. 9960
Classificazione
PREVIDENZA ED ASSISTENZA (Assicurazioni e pensioni sociali) Assicurazione invalidita',
vecchiaia e superstiti pensione di anzianita' e vecchiaia
Previdenza ed assistenza (assicurazioni sociali) - Assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Pensione in genere - Misura - Maggiorazione della pensione di anzianità ex art. 80, comma 3,
legge n. 388 del 2000 - Ambito di applicazione - Anni di servizio prestati in stato di invalidità Inclusione - Estensione a tutti i periodi di servizio utili ai fini contributivi - Inammissibilità.
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore
Dott. Fabrizio
Dott. Federico
MERCURIO
-
MIANI CANEVARI ROSELLI
-
Dott. Alessandro DE RENZIS
Dott. Raffaele
Presidente -
FOGLIA
Consigliere Consigliere -
-
Consigliere -
- Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto,
rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO RICCIO, NICOLA
VALENTE, giusta delega in atti;
- ricorrente –
contro
V.A. elettivamente domiciliata in ROMA VIA BERGAMO 3, presso lo
studio dell'avvocato ANDREONI AMOS, che la rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
- controricorrente –
avverso la sentenza n. 353/03 della Corte d'Appello di BRESCIA,
depositata il 29/12/03 R.G.N. 223/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/03/05 dal Consigliere Dott. Raffaele FOGLIA;
udito l'Avvocato MAFFEI per delega ANDREONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Marco PIVETTI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 20.6.2003 alla Corte di appello di Brescia l'Inps impugnava la sentenza n. 329/03
del locale Tribunale la quale aveva riconosciuto il diritto di A.V., invalida civile, alla maggiorazione
della pensione di anzianità ai sensi dell'art. 80 della legge n. 388 del 2000.
Deduceva l'Istituto che l'ambito di detta norma era limitato agli anni di servizio prestati in stato di
invalidità e non esteso a tutti gli anni di servizio utili ai fini contributivi; aggiungeva che difettavano
anche i presupposti per l'accoglimento della domanda.
Costituitasi in giudizio l'assicurata, la Corte adìta confermava la decisione di primo grado, con
sentenza del 29.12.2003, osservando che la finalità della norma è quella di agevolare l'esodo dal
lavoro per i soggetti che ad un certo punto della loro vita lavorativa si vengono a trovare in
condizioni di invalidità così gravi da rendere certamente usurante la prosecuzione dell'attività di
servizio, consentendo ai medesimi un accredito di contribuzione figurativa per ogni anno di
contribuzione effettiva. In questa prospettiva - secondo il Giudice del gravame - il riferimento agli
anni di servizio prestati ha unicamente la funzione di commisurare proporzionalmente i benefici
alla contribuzione effettiva.
Aggiungeva la Corte di appello che, quanto ai presupposti di fatto del riconosciuto beneficio alla
ricorrente, non era mai stato contestato - né in fase amministrativa, né nei due gradi di giudizio che essa avesse già maturato trent'anni di contributi.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione l'Inps formulando un unico motivo.
Resiste l'intimata con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art.80, c.3 della legge 23.12.2000, n. 388,
l'Istituto ricorrente rileva che essendo la formulazione testuale di detta norma identica a quella
dell'art. 9, c.2 della legge n. 113 del 1985, ampliato dall'art. 2 della legge 120 del 1991, se ne deve
dare una lettura conforme: nel senso, cioè, che il beneficio in questione è riconosciuto solo in
relazione a quegli anni di servizio svolti in concomitanza con il possesso del requisito sanitario;
sarebbe, infatti, esorbitante riconoscere il beneficio della maggiorazione anche per i periodi nel
corso dei quali il lavoratore ha goduto di ottima salute, in assenza, quindi, di esigenze di maggiore
tutela.
Inoltre - secondo l'Istituto ricorrente - l'art.80 fa espresso riferimento all'attività lavorativa prestata
da coloro ai quali sia stata riconosciuta una invalidità superiore al 74% e non anche ai portatori di
siffatta invalidità: non basta, quindi essere invalidi in tale misura, ma occorre il suo riconoscimento
formale che si pone come atto costitutivo e certificativo delle condizioni determinanti l'accesso ai
benefici (per i non vedenti, sin dall'entrata in vigore della conforme legge n. 113 del 1985, infatti,
nel dettare le modalità applicative con nota del 21.2.1987 ha fatto riferimento al parametro della
iscrizione nell'albo professionale istituito con la legge n. 594 del 1957, per individuare il momento
nel quale il centralinista non vedente acquista il riconoscimento della qualifica e il conseguente
diritto al beneficio.
Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.
Secondo l'art.80, c.3 della legge n. 388 del 2000: "a decorrere dall'anno 2002 ai lavoratori
sordomuti di cui all'art. 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, nonché agli invalidi per qualsiasi
causa ai quali è stata riconosciuta una invalidità superiore al 74% o ascritta alle prime quattro
categorie della tabella A allegata al t.u. delle norme in materia di pensioni di guerra.....è
riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio... effettivamente svolto, il beneficio di due
mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto a pensione e dell'anzianità contributiva: il
beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa"
Nell'ambito di applicazione della normativa rientrano: a) i lavoratori sordomuti, ovvero "i minorati
sensoriali dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia
impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura
esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio (art.1 della legge
n. 381/1970) b) gli invalidi civili (con invalidità superiore al 74%) affetti da minorazioni congenite o
acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere
organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che
abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa con invalidità superiore al 74%
(ex art.2 della legge 30.3.1971, n. 118 e art.9 del d.lgs., 23.11.1988, n. 509); c) gli invalidi di
guerra, civili di guerra e gli invalidi per cause di servizio nel rapporto di pubblico impiego con le
Amministrazioni statali o gli enti locali con invalidità ascritta alle prime quattro categorie della
tabella A allegata al d.P.R. 30.12.1978, n. 834 e successive modificazioni (cfr. circolare Inps n. 29
del 30.1.2002).
Per effetto del beneficio l'anzianità contributiva del lavoratore viene maggiorata di due mesi per
ogni anno di attività prestata come invalido con grado di invalidità superiore al 74%. Per periodi di
lavoro inferiori all'anno, la maggiorazione va operata in misura proporzionale aumentando di un
sesto il numero delle settimane di lavoro svolto.
Il beneficio è riconosciuto sino al limite massimo di cinque anni, e, comunque, entro l'anzianità
contributiva massima valutabile nel Fondo a carico del quale viene liquidata la pensione.
Dalla disciplina così descritta possono ricavarsi agevolmente almeno due corollari, utili per
risolvere la questione oggetto del presente giudizio: a) poiché la maggiorazione di anzianità spetta
per i periodi di attività effettiva, vanno esclusi i periodi coperti da contribuzione volontaria, figurativa
o derivante da riscatto, in quanto non correlati ad attività lavorativa; b) a tal fine dovranno essere
presi in considerazione i periodi di attività lavorativa alle dipendenze di pubbliche amministrazioni,
aziende private o cooperative, svolti in concomitanza con il possesso del requisito sanitario
richiesto, anche per periodo anteriore al 1° gennaio 2002.
Non può sostenersi - come fa la sentenza impugnata - che il citato art.80 sia volto ad incentivare
l'esodo dal lavoro per coloro che si vengono a trovare in condizioni di invalidità particolarmente
gravi: le disposizioni che agevolano l'esodo sono connesse a situazioni di crisi aziendale, e
subordinano il pensionamento anticipato di anzianità o di vecchiaia a precisi requisiti contributivi o
anagrafici.
La disposizione in esame estende, in sostanza, il beneficio - già riconosciuto dall'art. 9, c.2 della
legge n. 113 del 1985 e poi dall'art. 2 della legge n. 120 del 1991 ai lavoratori privi della vista volto ad incrementare la tutela previdenziale in considerazione della natura usurante del lavoro
svolto. L'identità della formulazione testuale delle norme appena citate rispetto all'art. 80 della
legge n. 388 del 2000 si giustifica proprio per l'identità della loro ratio: il che induce a desumerne
l'identità applicativa, limitata solo al periodo durante il quale l'attività lavorativa sia stata svolta in
presenza dello stato invalidante che ne ha accentuato il carattere usurante in misura tale da
giustificare il particolare beneficio accordato dalla legge.
La necessaria concomitanza del requisito sanitario con lo svolgimento dell'attività lavorativa presa
in considerazione per l'applicazione della maggiorazione contributiva trova conferma anche nella
formulazione testuale dell'art.80, c.3 della legge n. 388/2000 il quale riconosce il beneficio a coloro
ai quali "sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74%" e non anche ai semplici portatori di
siffatta invalidità, il che lascia presumere l'esigenza di un riscontro formale di tale requisito
sanitario in presenza del quale soltanto opera l'accredito contributivo.
Sulla base delle esposte ragioni non può essere condivisa la sentenza impugnata la quale va,
pertanto, cassata, con il rigetto, nel merito, della domanda, ricorrendo i presupposti di cui all'art.
384 c.p.c.
Nulla per le spese a carico del soccombente il cui esonero è consentito dall'applicazione dell'art.
152 disp.att. c.p.c.
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la
domanda. Nulla per le spese, ex art. 152 disp.att. c.p.c.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2005
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 12 MAG. 2005
Note redazionali
- Non si rinvengono precedenti in termini.
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