Collare elettrico al cane, condannato
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Collare elettrico al cane, condannato
Trento l'Adige IL PROCESSO Il cane era stato trovato dalla polizia municipale a Strembo il 4 febbraio scorso. Venne riconsegnato al proprietario, di Spiazzo, insieme a una denuncia giovedì 15 ottobre 2015 23 La difesa cita studi veterinari secondo cui il collare non provoca danni, se utilizzato correttamente. L’imputato sostiene di aver usato solo la funzione di richiamo acustico Collare elettrico al cane, condannato Al padrone 1.000 euro di ammenda. Per la difesa il dispositivo è innocuo È in libera vendita, ma per addestrare un cane è meglio non usare il collare elettrificato. Il rischio, concreto, è di finire in guai di rilievo penale. È accaduto ad un 54enne di Spiazzo che usava un collare elettronico, marca «Canicom», per richiamare il suo segugio italiano. Ieri il giudice Marco La Ganga ha condannato l’imputato al pagamento di 1.000 euro di ammenda per violazione del’articolo 727 del codice penale (che punisce «chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze»). La difesa, sostenuta dall’avvocato Mauro Bondi, ha già annunciato appello, perché il dispositivo sarebbe del tutto innocuo, a maggior ragione in questo caso visto che il padrone avrebbe utilizzato il collare solo in modalità di richiamo acustico. Il 4 febbraio scorso il cane venne rinvenuto a Strembo dove fu consegnato alla polizia locale. Rintracciare il padrone fu semplice: l’animale aveva il microchip e indossava un collare elettronico con targhetta. Il dispositivo, benché abbia un raggio d’azione ampio di circa 800 metri, evidentemente quel giorno non aveva funzionato. La polizia locale, dopo aver sentito un esperto di un’associazione animalista, riconsegnò al proprietario il segugio insieme ad una comunicazio- IL CASO Un cane con un collare elettrico. Si tratta di dispositivi in libera vendita presso negozi di animali, ma anche su internet. Per evitare guai è meglio orientarsi su modelli solo sonori oppure dotati di rilevatore Gps per essere sempre in contatto con il proprio cane. ne giudiziaria in cui si dava avviso dell’apertura di un procedimento penale. Procedimento che poi si concretizzava in un decretro penale di condanna da 500 euro a cui la difesa si è opposta. «Lo abbiamo fatto anche per una questione di principio - sottolinea l’avvocato Mauro Bondi - conosco personalmente quel cane e so che non era affatto maltrattato, an- zi è accudito come uno di famiglia». Circostanza che ieri è stata confermata in aula anche dai vicini di casa dell’imputato. Il nodo, anche giuridico, del processo era tutto legato all’uso del collare elettronico o elettrificato. Secondo l’accusa, benché il dispositivo sia in libera vendita, il suo utilizzo provoca sofferenze e dunque con- figura il reato. Tesi respinta dalla difesa che ha citato studi veterinari secondo cui il collare elettrico, a dispetto di un nome che evoca terribili sevizie, in realtà è innocuo, solo un suo errato utilizzo può provocare danni. Pare che questo tipo di collari siano usati di frequente nell’addestramento di cani, specie se impegnati in attività particolari. La difesa ha sotto- lineato che nel caso oggetto del processo il padrone utilizzava solo la funzione sonora del dispositivo. Il segugio era stato addestrato (con il classico modello di apprendimento pavloviano del biscottino premio) a tornare a casa quando sentiva il “bip” del collare, senza dunque alcuna scossa elettrica. Argomenti che, evidentemente, non hanno convinto il giudice. IN BREVE LITIGA CON IL VICINO, FINISCE IN OSPEDALE È arrivato al pronto soccorso in ambulanza, con un forte dolore alla spalla. Ai soccorritori ha raccontato di essere stato aggredito dal vicino. L’episodio, su cui stanno raccogliendo testimonianze i carabinieri, è accaduto ieri pomeriggio a Faver: due vicini di casa avrebbero avuto un forte litigio a causa di alcuni lavori in corso e dopo le parole sarebbero passati ai fatti. L’uomo soccorso, 45 anni, ha raccontato di essere stato violentemente spintonato dal vicino, finendo a terra. BLITZ DEI NO TAV BLOCCATO UN TRENO Blitz dei No Tav ieri pomeriggio in stazione a Trento: un gruppetto di manifestanti è sceso sui binari mentre era in arrivo il Frecciargento delle 17.41 proveniente da Bolzano e diretto a Roma Termini. L’incursione è durata pochi minuti e non ha provocato disagi ai passeggeri. Subì danni alla Bmw e chiese il risarcimento ma fu lui a sbagliare manovra. Accusa di truffa In fuga, intimorito dalle spazzole rotanti dell’autolavaggio, finisce a processo per truffa e danneggiamento. È accaduto ad un sessantenne di Trento che in futuro probabilmente tornerà a lavare l’auto alla vecchia maniera: pompa, spugna e “olio di gomiti”. La sua esperienza in un autolavaggio a self service della città è stata infatti tragica: ha danneggiato in modo serio la sua Bmw, l’impianto ha subito 7.783 euro di danni e ora l’uomo dovrà affrontare anche un processo. I fatti risalgono al 14 agosto del 2014. Quella sera il proprietario della Bmw e la moglie decidono di lavare l’auto. Entrano in uno dei numerosi distributori che offrono questo servizio anche in modalità self service. Qualcosa però va storto: la Bmw esce dal lavaggio con le “ossa rotte”, danneggiata dalle spazzole rotanti. Il proprietario dell’auto chiama la polizia che a sua volta sollecita l’intervento del titolare dell’impianto. Questi accorre, trova il conducente della vettura parecchio arrabbiato e lo rassicura perché c’è comunque un’assicurazione che copre eventuali danni. Caso chiuso? Niente affatto. Nei giorni seguenti viene chiesto un intervento di manutenzione per riparare l’impianto di lavaggio. Il tecnico però rileva delle anomalie: ipotizza che il danno non sia stato causato da un malfunzionamento delle spazzole, ma da un’errata manovra dell’automobilista. Per chiarire l’accaduto il titolare del distributore decide dunque di visionare le immagini delle telecamere di sicurezza. Si scopre così che i danni alla Bmw potrebbero essere stati causati da una manovra sbagliata del conducente dell’auto. L’uomo paga alla cassa automatica e avvia la procedura di G5101523 Lava l’auto, finisce imputato Un autolavaggio simile a quello che ha messo nei guai l’automobilista lavaggio restando in auto, mentre pare che le istruzioni indichino di rimanere fuori dal veicolo. Dopo l’ insaponatura l’impianto si ferma per qualche istante perché inizia una nuova fase di lavaggio. A questo punto l’automobilista, con la Bmw ancora insaponata, esce dal lavaggio. Subito dopo gli spazzoloni ripartono. L’automobilista commette un secondo errore: conduce la Bmw di nuovo nel tunnel del lavaggio ma il contatto con le spazzole si rivela rovinoso. La vicenda imbocca la strada della giustizia penale in seguito alla querela presentata dal titolare del distributore secondo cui i danni sono stati causati dalla manovra - imprudente, pericolosa e irrispettosa delle istruzioni - fatta dal conducente del veicolo. Questi finisce così a processo con l’accusa di truffa perché - si legge sul capo di imputazione «compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco ad ottenere, con artifizi e raggiri, la riparazione dei danni riporta- ti dal proprio autoveicolo a seguito della collisione, dal medesimo consapevolmente provocata, dello stesso veicolo con una delle spazzole verticali dell’impianto automatico di autolavaggio». L’imputato deve rispondere anche di danneggiamento per aver usato «violenza sulle cose consistita nello spingere volontariamente con la parte anteriore del veicolo una delle spazzole verticali». Ieri il processo è stato rinviato perché la difesa, sostenuta dall’avvocato Giampiero Mattei, ha chiesto di procedere con rito abbreviato condizionato all’audizione dell’imputato. Su richiesta dell’accusa sarà sentita anche la parte offesa (non costituita in giudizio). La difesa nega che vi sia stato dolo da parte dell’imputato. In sostanza l’automobilista, poco avvezzo agli autolavaggi, sarebbe uscito dal tunnel di lavaggio prima, genuinamente convinto che ci fosse stato un guasto. Così facendo, però, si è infilato in un mare di guai.