atti della conferenza europea "mainstreaming jobrotation"
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atti della conferenza europea "mainstreaming jobrotation"
COMITATO ORGANIZZATORE CONFERENZA EUROPEA JOBROTATION - ROMA 12 MAGGIO 2000 CONFERENZA EUROPEA MAINSTREAMING JOBROTATION ROMA 12 MAGGIO 2000 Jolly Hotel Midas - via Aurelia, 800 8,45 Accoglienza dei partecipanti e visita all’esposizione JobRotation 9,15 Saluti delle autorità italiane 9,30 - I TAVOLA ROTONDA - “JobRotation: strumento tecnico per la formazione in Europa” Arcidonna , ISFOL, Ministero della Solidarietà Sociale, CNEL, EU JobRotation Network, CGIL, Attori Sociali nazionali ed internazionali, Confindustria, Sviluppo Italia, Gruppo DS, Partner europei. Coordina: Massimo Mascini, Il Sole 24 Ore Dibattito 11,30 12,00 Coffee break Gruppi di lavoro 1.JobRotation, strumento ideale della nuova formazione permanente. 2.JobRotation, pari opportunità ed esclusione sociale. 3.L’inserimento di JobRotation nella riforma dei fondi strutturali e nei quadri legislativi europei. 4.Turismo e servizi: JobRotation strumento ideale di crescita qualitativa nelle PMI e nelle aziende pubbliche? 5.Le nuove forme di organizzazione del lavoro: “Developing theworkplace”. 6.JobRotation in una Europa allargata. 7.I costi ed i benefici di JobRotation: grande industria e PMI a confronto. Coordinano: Commissione Europea, EU JobRotation Network, Arcidonna, CEDEFOP, L.O. Sindacati Danesi, ISFOL, Associazioni datoriali, CGIL, Fondazione Curella, Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo. 13,15 14,30 15,45 Pranzo Gruppi di lavoro Sessione Plenaria Ricerca Arcidonna: “JobRotation un’ipotesi normativa” 16,15 II TAVOLA ROTONDA - “JobRotation e l’agenda politica” Arcidonna, Commissione Europea, Ministero del Lavoro, Ministero delle Politiche comunitarie, Ministero degli Affari Regionali, Istituzioni nazionali di P. O., EU JobRotation Network, Sindacati nazionali ed internazionali, Confindustria. Coordina: Lucia Annunziata, RAI Dibattito 17,15 Conclusioni Introduzione Questa conferenza è stata organizzata grazie all’attiva cooperazione tra Isfol, EU Job Rotation Secretariat e Arcidonna. La conferenza è stata finanziata dal progetto EU Job Rotation II phase promosso da Arcidonna, dall’Unità Adapt dell’Isfol e da EU Job Rotation Secretariat nell’ambito del progetto “N.I.W.” finanziato dall’art. 6 FSE. Gli ottimi risultati raggiunti sono frutto dell’attiva partecipazione di ciascun organizzatore e dell’importante contributo del comitato di pilotaggio del Network EU Job Rotation. Chiedendo scusa a coloro che, per mancanza di spazio, non vengono citati, rivolgo un caloroso ringraziamento a Antonietta Di Stefano, coordinatrice dell’Unità Adapt dell’Isfol, insieme a Gloria Belli e Antonio Mocci, Jens Kruhøffer, Segretario Generale del network EU Job Rotation e Witold Schwebz. Il mio grazie va anche a tutto lo staff di Arcidonna, come sempre flessibile “contenitore di idee”, impegnato nell’organizzazione pratica, nelle pubbliche relazioni, nella grafica, nell’accoglienza dei partner, nella distribuzione di materiale, nelle traduzioni, nel report dei workshop. Un ringraziamento va, infine, alle “volontarie” dell’ufficio stampa regionale e nazionale, Donatella Palumbo e Maria D’Amico, a tutti i relatori e a tutti i partecipanti. Roberta Messina TAVOLA ROTONDA TECNICA Job rotation: strumento tecnico per la formazione in Europa Obiettivo: l’analisi dello strumento job rotation in relazione alle tematiche della formazione permanente in Europa e del mutato quadro del mercato del lavoro in Italia 1. Ministero del Lavoro Domenico Carnevale, dirigente 2. Ministero Pari Opportunità Delia La Rocca, Direttore Generale 3. CNEL – Osservatorio Donne Roberta Manfredi, Responsabile 4. IG - Sviluppo Italia Tiziana Cerchiello, Formazione e sviluppo locale 5. Ministero Affari Sociali Lea Battistoni, Responsabile Politiche del Lavoro 6. CGIL - Istituto Sup. Formazione Marida Cevoli, responsabile donne 7. Arcidonna Roberta Messina, direttrice ufficio UE 8. Job Rotation Network Jens Kruhøffer, Segretario EU 9. Partner Europeo Michael Gericke, responsabile Adapt Germania Coordinatore: Massimo Mascini (Sole 24 ore) Introduce Massimo Mascini domandandosi, dalla prospettiva del giornalista che molto sa di economia e formazione ma poco o nulla di Job rotation in che cosa, in realtà, questa metodologia si differenzi dalla normale formazione e perché la si dovrebbe preferire. La coordinatrice dei progetti Adapt I e II sulla Job rotation, Roberta Messina, ne illustra lo spirito di base: Strumento innovativo delle politiche attive del lavoro largamente utilizzato in tutta l’Europa con positivi, tangibili risultati, la metodologia Job Rotation è una felice combinazione di formazione permanente dei lavoratori e formazione iniziale dei disoccupati, che concorre a rendere effettivo il diritto al lavoro ed alla crescita professionale. Nell’ambito delle iniziative innovative per la valorizzazione delle risorse umane, in particolare in materia di lotta alla disoccupazione ed incremento complessivo della qualità del Sistema Italia, il metodo Job rotation si presenta come particolarmente adatto al nuovo quadro normativo italiano ed allo sviluppo di una politica di Pari Opportunità per (e “tra”) lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate. Infatti, favorisce contemporaneamente sia l’acquisizione di competenze strettamente legate ai bisogni del mondo imprenditoriale da parte di soggetti privi di occupazione che il continuo aggiornamento, perfezionamento e riqualificazione dei lavora- tori già occupati. Contribuendo così ad innalzare la qualità globale delle imprese, la loro competitività e, conseguentemente, le opportunità di espansione e creazione di nuovi posti di lavoro per le fasce più deboli, in prima battuta ovviamente le donne. La regione Sicilia, grazie ad Arcidonna, è fino ad ora l’unica in Italia ad avere già sperimentato il modello nel settore turistico con risultati occupazionali pari al 75% dei partecipanti in quattro anni grazie alle Iniziative Comunitarie Adapt I e II fase. Con ottimi risultati in termini di mainstreaming: la Regione ha deciso, infatti, di sviluppare l’utilizzazione e l’applicazione del modello della Job rotation in tutti i settori produttivi, avvalendosi delle positive esperienze già realizzate e promovendone i risultati a livello nazionale. Un progetto ad hoc già finanziato, sarà attuato da Arcidonna in collaborazione con le Aree di Sviluppo Industriale nel 2000-2001. Inoltre: una proposta di legge sulla Job Rotation é stata presentata dall’Assessore al Lavoro della Regione Siciliana Antonino Papania. I progetti Adapt già attuati hanno previsto una fase iniziale di identificazione dei bisogni delle aziende turistico-alberghiere; il reperimento tramite selezioni delle persone disoccupate idonee a sostituire i dipendenti in formazione; formazione in aula, fase di mentoring e successiva sostituzione dei dipendenti che, contemporaneamente, fruivano di una formazione “à la carte”, conclusasi con uno stage conoscitivo all’estero. Sollecitato da Mascini, a questo punto ancora più incuriosito dagli esiti positivi dei progetti già attuati e dalle prospettive, chiede a Domenico Carnevale, diri- gente del Ministero del Lavoro responsabile per le iniziative comunitarie, se l’esperienza Job Rotation possa continuare al di là dei progetti pilota e quale sia il significato stesso di questo tipo di progetti. Carnevale rafforza l’idea di mainstreaming cioè dell’importanza che le esperienze dei progetti realizzati non solo con Adapt ma anche con Occupazione possano essere trasferite alle realtà locali. Il dirigente fa una panoramica sui progetti che l’Italia ha sostenuto sottolineandone la qualità complessiva. Spende comunque una parola per il progetto Arcidonna che, tra gli altri, si è distinto per i risultati occupazionali e di impatto sulle aziende nonché, come già detto, per la capacità di mainstreaming sul territorio. E’ anche vero che per realizzare al meglio un progetto - date le difficoltà del sistema burocratico italiano - ci vuole parecchia “abnegazione” sia da parte dei promotori che degli uffici ministeriali. Relativamente alle possibilità di diffondere la metodologia Job Rotation in Italia, resta da vedere come il quadro generale delle politiche attive del lavoro- definito nelle linee portanti - si svilupperà nei dettagli operativi. Jens Kruhoffer fornisce alcuni dati sulla Job Rotation in Europa, sottolineando come la metodologia non sia la “soluzione” ai problemi della formazione permanente e dell’occupazione ma uno degli strumenti utilizzabili, probabilmente il più efficace, per la qualità del lavoro. Si dichiara estremamente soddisfatto del lavoro svolto dalla rete EU Job Rotation, di cui è segretario europeo e che dirige insieme con un comitato di Presidenza eletto annualmente di cui Roberta Messina, di Arcidonna, da parte già per il secondo anno. Il Network è ora pronto a diventare un organismo con un proprio status dove l’eterogeneità dei componenti possa diventare sempre più una ricchezza. Il lavoro di rete è riuscito in questi anni, anche grazie alle iniziative europee, a portare Job Rotation all’attenzione del livello politico, inserendo tale metodologia nei Piani nazionali per l’occupazione, per F.S.E. e nelle iniziative. Da una fase di “oligarchia” danese del network - utile per i primi anni - si è passati due anni fa alla “democrazia”. Adesso siamo alla vigilia di una terza fase che sarà risolutiva. Contia- presa sociale, soprattutto alla luce della recente legge sui congedi parentali che disciplina anche i congedi per la formazione. All’interno dei Patti Territoriali per il Sociale che il Ministero ha lanciato e sta seguendo, la metodologia potrebbe costituire un validissimo strumento facilmente finanziabile con il FSE. Il modello Job Rotation è interessante soprattutto se pensato per alcuni target particolari come i lavoratori tra i 40 e i 50 anni con skill obsoleti o i giovani senza alcuna qualificazione spendibile. Marida Cevoli: Arcidonna ha rispettato due condizioni essenziali affinché la J.r. possa essere considerata strumento di po- mo sull’appoggio di tutti i membri ma anche dei partenariati nazionali e della Commissione. Lea Battistoni: ha sottolineato l’importanza dell’esperienza Job rotation anche nell’ottica della politica sociale e soprattutto dell’im- litica del lavoro anche nell’ottica del sindacato, ossia, l’attenzione alla formazione dei sostituti e l’attenzione alla formazione in generale di tutti i lavoratori. Tiziana Cerchiello: gli imprenditori non hanno “l’abitudine” alla formazione dei lavoratori né al- l’investimento nella risorsa umana. T. Cerchiello ha sottolineato come Sviluppo Italia (e in questo senso vicina all’esperienza di Arcidonna) abbia rivolto da sempre grande attenzione alla formazione degli imprenditori in prima battuta, una formazione piuttosto di “cultura” all’investimento nella qualità. La classe imprenditrice italiana che a prima vista sembra restia alle istanza formative e più propensa alla “co- nente è essenziale e che bisogna inserire nei criteri di valutazione dei progetti che vengono ammessi ai finanziamenti pubblici - come criterio di ammissibilità - la loro capacità di impatto sul territorio e di mainstreaming, in questo senso il progetto di Arcidonna costituisce un ottimo esempio. Per le donne la formazione permanente può essere occasione di percorsi di carriera migliori. Proprio in modità” che al rischio, ad un certo punto si lascia coinvolgere nelle iniziative di crescita professionale. Ma devono essere qualitativamente molto valide. Delia La Rocca: ha sottolineato la necessità di convogliare tutte le risorse verso progetti rilevanti e soprattutto di analizzare i progetti pilota come modelli da seguire. Sostiene che la formazione perma- Sicilia ad esempio le donne sono “iperqualificate” ma con scarsi contatti con l’impresa, quindi restano disoccupate. Il Dipartimento Pari Opportunità ha ottenuto che il 10% dei prossimi fondi FSE per il periodo 20002006 siano destinati alle donne: un’opportunità da sfruttare anche con progetti di Job Rotation mirati. Michael Gericke: ha confermato l’importanza che ha avuto la J.r. in Germania. Qui la J.r. ha avuto grande successo soprattutto per le medie e piccole imprese e non per quelle di grandi dimensioni, che per loro indole tendono a ridurre personale. In Germania si sta provvedendo a legiferare sulla J.r. per ottenere un quadro comune a livello federale, infatti, attualmente ogni Land ha la propria normativa in proposito. Il nucleo Adapt federale ha comunque seguito molto da vicino la rete tedesca Job Rotation ed anche il Network Europeo, di cui Arcidonna fa parte e si rende disponibile per ulteriori supporti, anche all’idea di Associazione Europea Job Rotation che i partner dell’attuale network - un organismo informale hanno intenzione di creare a breve, affinché l’esperienza delle reti nate dalle iniziative comunitarie non si esaurisca. Roberta Manfredi propone alcune riflessioni sullo sviluppo economico, l’uso della tecnologia, gli aspetti positivi ma anche i pericoli della globalizzazione. Sono aspetti da tenere in conto nello sviluppo dei quadri generali relativi all’offerta formativa, specie inerente la formazione permanente. Si domanda Manfredi se con la nuova legge di riforma del collocamento gli uffici del lavoro cambieranno davvero, se cominceranno a considerare gli utenti come “clienti” cui facilitare percorsi di lavoro. E’ questa la questione principale per Manfredi. Per stimolare la Job Rotation infine si potrebbero proporre anche dei “protocolli” con le parti sociali e imprenditoriali. E’ certo che il vantaggio maggiore della metodologia è la capacità di stimolare il dialogo tra “le parti”, la concertazione ed in questo il “laboratorio Sicilia” offre un valido esempio da seguire. Conclusioni di Massimo Mascini, giornalista: sembra che solo oggi in Italia esista un buon quadro normativo favorevole allo sviluppo del metodo job rotation; è importante che la job rotation non diventi troppo “burocraticizzata” per facilitarne l’utilizzo da parte degli imprenditori. È importante che esso sia uno strumento semplice e flessibile: questa è la chiave del suo successo. WORKSHOP 1 “Jobrotation, strumento ideale della nuova formazione permanente” Coordinatore: Reiner Siebert (BFZ Essen) Relatori: Eric Friis Guggenheim (CEDEFOP), Franco Frigo (ISFOL), Hans Beechgaard (AOF) Reporter: Anna Cipolla (Arcidonna) Partecipanti: Laura Spampinato (Ismeri), Berit Backvall Trivanen (ABF), Gerhard Leder (BQG), Clara Bassanini (Pari e Dispari), Carla Noya (Universus CSEI), Klaus Maack (ISA). Saluto ai partecipanti da parte del coordinatore Reiner Siebert. Introduzione al workshop. Reiner consiglia ai partecipanti di incentrare la discussione su un punto fondamentale, che è del resto “l’anima” stessa del workshop: la Job Rotation è davvero lo strumento ideale per la formazione durante tutto l’arco della vita? Introduzione degli ospiti, presentazione di Eric Friis Guggenheim, esperto di formazione. E’ necessario che le istituzioni pongano attenzione sulla JR considerata come uno strumento che può favorire la reintegrazione e quindi l’occupazione. Quando si parla di JR è necessario considerare tre aspetti fondamentali: 1) Employment 2) Vocational training 3) Life long learning Eric Friis Guggenheim, sottolinea immediatamente che non parlerà solo di formazione poiché questa è solo una parte, anche se fondamentale della JR. Eric sostiene che vocational and educational training sono solo dettagli della JR e che questo workshop darà la possibilità agli intervenuti di considerare altri aspetti della JR, di guardare agli ostacoli e ai benefici di questo strumento. La domanda è la JR è uno strumento ideale o è soltanto uno strumento? L’uomo è fragile, debole, pigro, nudo, egoista, cattivo. Considerando tutto questo ci chiediamo come mai l’uomo è riuscito a sopravvivere e addirittura ad incrementare la popolazione in modo tale da mettere in pericolo l’equilibrio della terra. Per due motivi: il suo cervello e il suo istinto sociale. Ciò che salva l’essere umano sono la cultura, la conoscenza e l’abilità di pensiero che l’uomo può apprendere solo attraverso la formazione. La cultura non è soltanto saper suonare il pianoforte o la lettura ma è anche saper cucinare, lavorare. Saint Simon nella metà de XVIII secolo sosteneva che se il regno dovesse perdere preti, cardinali o i regnanti sarebbe sicuramente molto grave, ma se dovesse perdere operai, artigiani sarebbe una catastrofe! Questo perché la “parte pratica” della cultura è una delle cose più importanti, senza la quale la società non potrebbe sopravvivere. Diventa indispensabile quindi il trasferimento della cultura che può avvenire solo attraverso la formazione. Formazione e istruzione: quando, dove, come. Quando: impariamo quando siamo piccoli, attraverso l’emulazione e l’istruzione, poi cominciamo a lavorare, ed in quel momento comincia la formazione. Questa è un’impostazione sbagliata, poiché ogni individuo è diverso dall’altro, quindi sono diverse le modalità e i tempi di apprendimento. È fondamentale quindi che rinnovi il sistema di istruzione ed il sistema formativo tenendo in considerazione proprio la diversità di ciascun individuo. fare meglio, sempre nel rispetto della diversità e della diversa capacità di apprendimento. La JR è uno strumento che tiene conto della diversità. Ma per poterlo utilizzare è necessario che i beneficiari abbiano una “piattaforma” minima: qual è, quali devono essere le competenze minime? Innanzi tutto accettare che è possibile apprendere anche quando cambia il ritmo, si Come: si è detto che l’apprendimento varia da soggetto a soggetto. Si può apprendere attraverso i libri, i mass media, il lavoro. Nel rispetto della diversità è necessario offrire a ciascuno il modo migliore per apprendere. Dove: l’intelligenza ha forme infinite, così come i luoghi di apprendimento; sarebbe auspicabile quindi dare la possibilità all’essere umano di apprendere e di formarsi lì dove lo può può apprendere anche quando si lavora e si guadagna. Per riuscire ad aumentare la produttività dei dipendenti è necessario trovare un sistema che permetta loro di “riqualificarsi”, di far coesistere il lavoro con la formazione. Senza lo sviluppo culturale l’uomo non può adattarsi e progredire all’interno della società. La JR è una soluzione che permette di formare un individuo per il suo inserimento nel mercato del lavoro. L’individuo, grazie alla formazione prevista dal metodo JR entra in azienda e viene seguito da un tutor che lo “accompagna al lavoro”. Il tutor grazie alla presenza del sostituto avrà quindi la possibilità di riqualificarsi, di godere di ulteriore formazione e questo meccanismo gli permetterà di allontanarsi ogniqualvolta nascerà l’esigenza di ulteriore formazione. La JR può quindi essere considerato un ottimo strumento, ma è necessario che venga utilizzato contemporaneamente all’orientamento. Franco Frigo: sottolinea il carattere filosofico, antropologico dell’intervento di Guggenheim. Il suo intervento invece avrà un carattere più tecnico e da un punto di vista istituzionale visto il ruolo che svolge all’interno dell’ISFOL, che al momento promuove diversi progetti diretti alla formazione. L’ISFOL è un istituto pubblico di ricerca sulla formazione professionale e l’orientamento, assiste le parti sociali, le istituzioni e i partner nella cooperazione e lo sviluppo della formazione. Affinché uno strumento come la JR possa trovare applicazione è necessario che sussistano determinate condizioni: Un contesto normativo nazionale e/ o regionale favorevole o una prassi consolidata che premi chi investe nella formazione dei lavoratori occupati. Attualmente in Europa esistono tre situazioni: - Paesi che prevedono per legge un contributo obbligatorio per finanziare la formazione continua, che in tal modo diviene politica pubblica in favore delle imprese e dei lavoratori (Italia e altri Paesi del nord Europa); - Paesi in cui la contrattazione collettiva ha stabilito una percentuale di contribuzione a fondi bilaterali gestiti dalle parti sociali (es. Francia, Spagna…); - Paesi dove è prassi per le imprese investire in formazione perché vi è un atteggiamento favorevole delle imprese a garantire la crescita professionale dei lavoratori, senza obbligo di legge (es. Germania). Una normativa che garantisca il diritto (individuale) a congedi formativi individuali, naturalmente pagati. Le regole a tal proposito sono presenti in molti Paesi dell’UE e derivano dalla contrattazione collettiva o da norme generali che la contrattazione collettiva ha stimolato negli anni ’70. Nel 2000 l’Italia ha recepito la legge che prevede la possibilità per il lavoratore di assentarsi per la formazione dopo almeno cinque anni di lavoro all’interno dell’azienda. Nasce a questo punto l’obbligo da parte degli enti regionali, provinciali di fornire i mezzi per poter godere di una formazione adeguata. Un apparato di offerta formativa adeguata alle esigenze di un lavoratore adulto. Un offerta formativa flessibile per i soggetti che possono essere inseriti, temporaneamente, nelle imprese in sostituzione di chi va in formazione. Un sistema formativo, pubblico e privato, in grado di esplicitare, sulla base di regole condivise tra P.A. e istituzioni private, il quadro delle necessità formative in relazione alle competenze che devono essere possedute dal lavoratore in uscita e dal soggetto che vuole rientrare nel sistema. L’analisi delle competenze è difficile dove il lavoro è poco formalizzato (es. micro-imprese). Una prassi di piani formativi aziendali poiché la relazione tra formazione e rotazione è difficile se l’impresa non ha un piano di sviluppo delle risorse umane. Una formazione professionale permanente flessibile e tecnologicamente avanzata. Aziende preparate, con proprie figure professionali che siano in grado di: - leggere il fabbisogno, - organizzare la rotazione e il congedo e – garantire un corretto inserimento. Le aziende devono inoltre svolgere un ruolo di interfaccia con le istituzioni pubbliche al fine di attuare una politica dei crediti formativi spendibili nella formazione e nel lavoro. Informazione e animazione territoriale. Definire soluzioni che siano legate alla specificità del mercato del lavoro che non viene letto correttamente perché condizionato dalla retorica della disoccupazione. Non è parlando di disoccupazione che si risolve il problema. Dobbiamo parlare del lavoro che c’è per cercare di creare nuova occupazione. Frigo sottolinea l’importanza di capitalizzare l’esperienza danese. Hans Beeckgaard, ha lavorato nell’ambito della formazione in Danimarca per oltre 10 anni, utilizzando lo strumento della JR. La JR è uno strumento che può permettere una migliore qualità del lavoro e che può aumentare l’efficacia della formazione. Il vecchio sistema di acquisto e vendita lavoro è ormai superato; adesso si privilegia un nuovo punto di vista. Il datore di lavoro deve far condividere al lavoratore l’attività, permettere e promuovere l’autogestione. È’ importante centrare l’attenzione sulle competenze necessarie all’in- terno delle diverse realtà lavorative e in base a queste fornire un adeguato sistema formativo che aumenti la professionalità dei lavoratori. La JR è uno strumento che abbina alle competenze input teorici riuscendo così a migliorare la qualità della formazione e conseguentemente del lavoro. In conclusione è possibile affermare che la JR è uno strumento in grado di accrescere la concorrenzialità aziendale e il bagaglio dei lavoratori, ma affinché sia veramente produttivo è necessario che sia accompagnato da altri strumenti. Eric Friis Guggenheim: è davvero uno strumento ideale? Se le condizioni per creare la JR fossero ideali, si potrebbe davvero realizzarla “idealmente”. La JR si adatta a necessità specifiche, per esempio per la formazione a breve e medio termine, intendendo per breve e medio termine un periodo di tempo che va da 15 giorni ad un anno. I disoccupati raramente pensano alla formazione, poiché il loro obiettivo è quello di trovare lavoro, di guadagnare. LA JR spinge chi non pensava alla formazione a farlo, e si sa la formazione è come le noccioline, se cominci a mangiarle non smetti più! Reiner Siebert: ci vuole entusiasmo per la JR! Franco Frigo: alla domanda se la JR è davvero uno strumento ideale possiamo dare una risposta positiva se affermiamo che in questa fase europea, per acquisire conoscenze e competenze i lavoratori devono uscire dall’impresa e chi è fuori deve entrarvi. Ma siamo in un contesto in cui le imprese affermano che la conoscenza utile è quella che si apprende dentro l’impresa. Laura Spampinato: Stiamo assistendo ad una fuga verso nuove tipologie di lavoro. La JR può essere utilizzata se accompagnata da uno strumento normativo che accompagni tutti alla formazione e che tenga conto della diversità anche all’interno del mercato del lavoro. Clara Bassanini: Non ha un’esperienza diretta di JR. È uno strumento che potrebbe essere considerato ideale se rispondesse alle esigenze aziendali e alle esigenze di formazione dei lavoratori atipici, in continuo aumento in Italia. Reiner Siebert: La JR è uno strumento che può favorire un’adeguata formazione e un’adeguata organizzazione del lavoro. I limiti allo sviluppo della JR esistono ma è anche vero che ci sono aziende all’avanguardia. La JR è uno strumento che aiuta a realizzare formazione lì dove non si fa per mancanza di tempo. Sarebbe necessario riflettere sulle esigenze formative aziendali, potrebbero farlo gli stessi lavoratori e nel frattempo essere sostituiti grazie allo strumento JR. Eric Friis Guggenheim: La JR è un camaleonte in grado di adeguarsi a qualsiasi situazione, a qualsiasi realtà aziendale (micro e macro imprese). Klaus Maack: È d’accordo sul fatto che la JR può essere considerata un camaleonte, ma non in grado di adattarsi proprio a tutto; va bene per le competenze professionali, ma non è in grado di risolvere il problema delle competenze di base. Franco Frigo: Per quanto riguarda i soggetti adulti nella maggior parte dei casi è sul posto di lavoro che ci si forma e si apprende. A livello dirigenziale la JR potrebbe essere considerato un problema poiché i soggetti che vogliono apprendere qualcosa devono necessariamente lasciare il posto di lavoro, ed in questo caso è difficile stabilire quali devono essere le competenze del sostituto. E se poi il sostituto è talmente bravo da “fregare il posto” a chi è in formazione? Conclusioni: sono tutti d’accordo nell’affermare che la job rotation è uno strumento utile, in grado di migliorare la competitività delle aziende e le abilità dei lavoratori. È, inoltre, uno strumento che rispetta le diversità, ma al fine di renderlo metodo ideale è necessario che sia accompagnato da altri strumenti. WORKSHOP 2 “Job Rotation: pari opportunità ed esclusione sociale” Coordinatrice: Roberta Messina (Arcidonna) Relatori: Delia La Rocca (direttrice Ministero P.O.), Robert Sly (New Deal), Valeria Ajovalasit (Arcidonna) Reporter: Paola Cipolla (Arcidonna) Partecipanti: Patrizia Germini (Cescot Nazionale), Giuseppa Maria Madami (Pari e Dispari S.r.l.), Cleopatra Pagani (Università Cattolica), Elisabetta Cerroni (ENAIP) Joyce Black (Scottish Enterprise), Valeria Neri (Arci Catanzaro) Valentina Cardinale (Isfol), Valeria Viale (Isfol), Judith Macdonald, Michael Leech, Giuseppe Di Natale, (CGIL Catania) Giovanna Marano (CGIL Segreteria Regionale Sicilia), Annette Tolsgaard (AOF), Guido Herman (Localabora), Paola Lecini (Speha Fresia S.r.l.), Francesco Riggio (CIAPI), Serenella Sandri (Reg.Emilia Romagna), Giuditta Tiberi (Uff. Consigliera Naz. Parità). Saluta i partecipanti Delia La Rocca: parla di modelli innovativi come di progetti strategici per le donne e accenna al nuovo quadro per i congedi parentali. Introduce Roberta Messina illustrando il tema e la struttura del workshop, teso ad evidenziare i contributi di ciascun partecipante sul tema a partire dall’estensiva esperienza inglese della Job Rotation applicata al New Deal. Continua Valeria Ajovalasit, descrivendo in dettaglio i progetti job rotation già dispiegati da Arcidonna. Continua Robert Sly il quale parla di 5 “aree–chiave” (key areas): - modello di legge britannico; - cos’è l’inclusione sociale nella sua zona; - qual è il modo di affrontare questi aspetti nella sua zona; - la sua opinione personale sull’inclusione sociale; - come il “New Deal” del governo inglese è legato alla Job Rotation. Il nuovo governo britannico ha fatto dell’inclusione uno dei punti-chiave della sua politica: guardiamo all’inclusione sociale in positivo, non solo come contrario dell’esclusione. Il governo in UK ha creato 18 team politici nati da dipartimenti governativi (da 10 Ministeri) - con la partecipazione di esperti esterni - che si occupano di cinque temi fondamentali: - fare tornare la gente al lavoro - far sì che i posti di lavoro funzionino - garantire un futuro ai giovani - migliorare l’accesso ai servizi - fare lavorare meglio il governo Ognuno dei 18 Team ha realizzato un proprio rapporto e poi poco tempo fa è stato compilato un rapporto trasversale da tutti i gruppi sulle strategie per l’inclusione sociale. Cosa è l’esclusione sociale? Lista decrescente di priorità in UK: sono escluso per la pelle/lingua; sono escluso per il sesso; sono escluso per handicap fisico o psichico; sono escluso perché ho commesso un crimine; sono escluso perché sono un genitore single; sono escluso perché ho più di 50 anni; sono escluso perché voglio esserlo! sono escluso perché ho difficoltà a leggere e scrivere. Un recente studio ci dice che in UK un adulto su cinque ha problemi di semi analfabetismo. Robert Sly racconta che ci sono aree dell’UK dove la disoccupazione è sotto il 2%. Il M. d l. nel sud UK è ristretto, bisogna aiutare la gente ad inserirsi e per ampliarlo la Job Rotation è uno degli strumenti. Da un’opinione sulle iniziative a favore dell’inclusione sociale: secondo Robert Sly, è compito del governo creare la struttura e le risorse per l’inclusione sociale, mentre è compito dei partenariati locali stabilire le Il progetto di JR è stato inserito nel settore del turismo dove molti lavoratori sono sotto qualificati, i sostituti occupano reali posti di lavoro ma nei primi sei mesi lo Stato da dei sussidi per loro. Vorrebbero comunque applicare la Job Rotation in altri settori economici. Roberta Messina pone a Robert Sly le seguenti domande: - Qual è il salario del sostituto? - A quali categorie di disoccupati si applica la JR? Robert Sly risponde che viene dato un sussidio di 60 pounds la settimana a carico dell’impresa che però deve prendere sotto contratto il sostituto a 750 pounds per sei mesi. priorità per allocare risorse nazionali e comunitarie. In UK si è iniziato a lavorare sull’inclusione sociale sfidando le idee dei datori di lavoro, anche sugli schemi formativi. Nel “New Deal” la previdenza sociale per l’impiego si lega alla JR. Per esempio un cameriere o un receptionist guadagna 140 pounds la settimana. A carico del datore di lavoro vi è una parte del salario che deve raggiungere l’ammontare del totale (circa il 50%). Robert Sly dice che per le donne che vanno in maternità paga il datore di lavoro mentre il sostituto viene pagato dallo Stato. La seconda domanda riguarda le caratteristiche del sostituto: nei paesi britannici i disoccupati da almeno sei mesi sono considerati socialmente esclusi e quindi con problemi sociali (abuso di droghe, salute, disabilità, scarsa capacità lavorativa, problemi di motivazione al lavoro). Il loro progetto ha coinvolto inizialmente giovani di 24 anni, disoccupati da almeno 2 anni. Si tratta di persone che si trovano ad incontrare ostacoli al momento dell’inserimento lavorativo, perché chiunque ha dei pregiudizi verso i disoccupati di lunga durata. Ad essi si fa un contratto attraverso il collocamento e il datore di lavoro deve mantenere il disoccupato in servizio per almeno sei mesi. Si passa quindi ad analizzare i risultati dell’esperienza: il 90% delle persone con più di sei mesi di disoccupazione ha trovato lavori duraturi. Continua Guido Herman e si chiede se la JR può essere mantenuta anche nei momenti di calo del fabbisogno lavorativo. Questo è un argomento da discutere, sicuramente quando succederà occorrerà adattare le metodologie. Robert Sly dice di aver lavorato su circa 20-30 sostituti e si chiede se questo sia un test sufficiente per vagliare i risultati. Michael Leech risponde a Sly dicendogli di essere stato modesto nel parlare del grosso cambiamento di cultura operato del suo dipartimento in due anni e mezzo; dice che chi ha operato in prima linea sono state le donne addette al servizio dell’impiego. Pina Madami: introduce il problema del “lavoro nero”: in Lombardia c’è molta occupazione sommersa. Inoltre, le donne “over 39”, hanno maggiori difficoltà delle giovani ad inserirsi nel m.d.l. e suggerisce di applicare la JR per agevolare il loro inserimento. La JR potrebbe essere inoltre applicata quando la carriera delle donne subisce uno stop per la maternità. Roberta Messina stimola il dibattito nella fase finale del workshop puntando sui temi : · Una nuova definizione, più accattivante ed “europea”, per il termine “sostituto”; · Il cambiamento di atteggiamento negli Uffici del Lavoro; · JR , maternità e inserimento delle donne over 39 nel m.d.l. Secondo Pina Madami, la JR potrebbe essere estesa ad altre regioni differenti dalla Sicilia; importante è fare delle sperimentazioni soprattutto sulle pari opportunità, senza vincoli giuridici. Nelle piccole e medie imprese, non possono essere usati i fondi sociali Europei per costruire progetti di JR; allora, si potrebbero costruire protocolli d’intesa nei vari settori. Parla delle donne nei lavori atipici dove non hanno alcuna possibilità né di “formazione” né di “carriera”. Joyce Black chiede come funziona il congedo per maternità in Italia. Dice che in UK il posto di lavoro è disponibile per un anno ma che comunque i datori di lavoro pongono una serie di ostacoli sia al momento del rientro che per l’avanzamento di carriera. Lo stesso succede in Italia. Valeria Ajovalasit sostiene che la legge sui congedi parentali ha mo- dificato un po’ la situazione, premiando il padre che prende il congedo per 3 mesi consecutivi con un mese extra. Secondo Judith Macdonald, la JR per il congedo per maternità è un modello interessante per il governo britannico soprattutto per il rientro delle madri single. Robert Sly dice che il New Deal del governo ha previsto già dei programmi per genitori single e questo modello potrebbe aiutare le donne. Il problema è quello di conciliare gli orari di lavoro fra padre e madre. Cleopatra Pagani: l’impresa privata non assume con facilità donne in età fertile. Valentina Cardinali afferma che la JR non solo è valida per il periodo della maternità ma, anche per altri settori soprattutto i “ male intensive”. Occorre agevolare i percorsi di carriera delle donne, perché gli ostacoli principali che esse incontrano sono quelli “invisibili” all’interno delle aziende. Valeria Viale manifesta alcune perplessità sull’utilizzo della JR come strumento di inserimento sociale per le donne immigrate con qualifiche molto alte o molto basse. L’inserimento sociale deve precedere quello lavorativo, che diversamente non può avvenire. Valeria Neri dice che la JR può essere utilizzata soprattutto nel terziario. Si chiede se in Europa vi siano altre esperienze in differenti settori. Nel settore pubblico forse intervenendo a livello legislativo, sarà più facile, meno nel privato. Joyce Black dice che in Scozia il problema del rientro dalla maternità non è stato ancora affrontato. Pina Madami: in una ricerca si è dimostrato che i padri di bambini piccoli hanno più difficoltà ad aiutare nella carriera questo per una questione di adesione agli “orari” dell’azienda. Patrizia Germini parla della JR come uno strumento per realizzare la flessibilità nelle aziende italiane, da adattare ai cambiamenti che stanno avvenendo nelle piccole e medie imprese in Italia. Il mondo aziendale è in evoluzione: la micro-impresa in Italia conta 1,5 addetti, va cambiata sicuramente la mentalità. Guido Herman sostiene che la sia la JR che la maternità sono un esempio “teoricamente” molto buono, ma in Belgio l’applicazione alla realtà ha mostrato loro molte difficoltà. C’è una generazione delle madri “over 39” che prima di avere figli lavorava stabilmente: al rientro dalla maternità, queste madri sono entrate nel settore “informale”. Come farle ora uscire? Vi sono regole di previdenza sociale ed anche fiscale che offrono una condizione migliore nel lavoro “informale” che non negli altri, bisogna quindi creare le necessarie strutture sia fiscali che sociali. Continua Annette Tolsgaard e dice che la nuova generazione chiede (e ottiene) delle migliori condizioni (per i figli etc.). Vi sono donne rimaste fuori dal lavoro per oltre un anno e mezzo che poi si trovano in difficoltà per rientrare. Altre donne sono già al lavoro ma necessitano di formazione e in Belgio non sanno come affrontare questo problema. Un altro problema è quello di sostituire le persone di 58/60 anni, che vanno in pensione, con i giovani, che sono pochi; andrebbero implementati gli avanzamenti di carriera, perché così facendo i dipendenti non lascerebbero così presto il loro lavoro. Valeria Ajovalasit conclude parlando della JR come uno strumento di flessibilità per la riqualificazione: Arcidonna lo ha sperimentato in Sicilia dove la disoccupazione, soprattutto femminile, ha tassi altissimi. Michael Leech aggiunge che non dobbiamo dimenticare che il nostro “focus group” sono i disoccupati/sostituti, e che quindi il nostro compito deve essere quello di ascoltare prioritariamente le loro esigenze. Viene infine discusso il “compito” lasciato dalla coordinatrice del workshop sulle nuove possibili definizioni per “sostituto” o “substitute”, parola che nella maggior parte delle aree non è gradita ai protagonisti della JR . Si realizza un brainstorming: Escapee - sfuggito Rotator - rotatore Welcomer - benvenuto Complementary - complementare Deputy - vice Rotating - ruotante Integrating - integrante Buddy - compagno Conclusioni: job rotation è uno strumento utile per favorire l’inclusione sociale e accompagnare gli uffici pubblici ad “ascoltare gli utenti”. WORKSHOP 3 “L’inserimento di Job Rotation nella riforma dei fondi strutturali e nei quadri legislativi europei” Coordinatore: Jens KruhØffer (EU J.R. Secretariat) Relatori: Michael Gericke (Adapt Unit - Germania), Lalage Mormile (Arcidonna), Pedro Pires (Soprofor), Antonella Marsala (Esperta Politiche del Lavoro) Reporter: Ivelise Salamone (Arcidonna) Partecipanti: Tiziana Baldino (ISMERI), Fabio Sanfilippo (SedGest Consorzio), Ivana Russiello (ISIDE), Asier Dieguez (Fondo Formación), Birgit Gericke (SPI), Heiner Rehling (ALZ Bremen), Ralmund Rilling (SPI), Odile Garnier (CNPA), Elsie Andersson (ABF), Yvonne Willberg (BQG), Brian Mckechnie (WEA), Birk Kleeman (REDEG MBH), Lisa Sendker (Zebra), Joel Bienassis (CFDT). Introduce i lavori l’organizzatore ed il coordinatore del gruppo, Jens Kruhoffer, che mette in evidenza tre tematiche da sviluppare durante i lavori: 1) Come può svilupparsi la Job rotation nell’ambito del mainstreaming? 2) La legge 3/’99 del Portogallo 3) Il disegno di legge proposto da Arcidonna per la regione Sicilia Prende la parola Pedro Pires di Soprofor, e descrive la situazione in proposito della sua nazione. Nel 1995 si cominciarono ad attuare una serie di progetti piloti che avevano a che fare con la J.R. Nel 1998, per iniziativa del Ministero del lavoro, è stato implementato il concetto della J.R. Nel 1999 è arrivata la proposta, da parte di esperti, di un disegno di legge, legge che, però, è stata redatta ed orientata verso il settore pubblico. Allo stato attuale, con la nuova legge, non si è realizzato nessun progetto. La gestione della J.R. è affidata allo stesso organismo che si occupa degli uffici di collocamento, perciò essi sono oberati di lavoro e la J.R., se applicata, è considerata l’ultima scelta possibile e non uno degli strumenti principali in materia di politica del lavoro. L’alto tasso di disoccupazione e il fatto ci sia una grossa incidenza di disoccupati a lungo termine, potrebbe essere considerato un ostacolo all’applicazione della J.R.; inoltre, le società considerano la formazione come un costo non sostenibile, piuttosto che come un investimento. L’errore principale delle autorità portoghesi è stato quello di affidare la gestione della J.R. al settore pubblico: sarebbe stato auspicabile, invece, un partenariato con altri organismi, quali ad esempio il sindacato. Alla domanda se al settore pubblico fosse stato assegnato un budget per la gestione della J.R., oltrechè le responsabilità, la risposta è stata affermativa, ma proprio l’esistenza di questo fondo che in realtà non è utilizzato, è un altro degli ostacoli che si presentano all’applicazione della legge. La situazione spagnola è descritta da Asier Dieguez, del Fondo Formación Spagna. In Spagna ci si trova ancora in quella che si potrebbe definire la prima fase della J.R. Le amministrazioni pubbliche sconoscono questo concetto e bi- sognerebbe convincerle del fatto che si tratta di un ottimo strumento risolutivo al problema della disoccupazione. Esistono i fondi strutturali, mancano però le linee guida affinché si utilizzino. Attualmente ci si trova in una fase di stallo e di arretratezza rispetto agli altri paesi europei. Michael Gericke, di Adapt Unit Germany, illustra la situazione tedesca. In Germania esistono due istituzioni: un’associazione per la J.R e un gruppo di lavoro all’interno di Adapt. Si è posto il problema di creare una strategia unica per coordinare tutti i progetti nati sotto l’egida del concetto di J.R. Da una parte si è gestita la ricerca per la Conferenza per il futuro (ottobre ’99), cui hanno partecipato datori di lavoro, manager, ministeri competenti, uffici di collocamento, reti, esperti in relazioni industriali. Questi gruppi hanno cercato di identificare un minimo comune denominatore per la J.R., ma ci si è accorti che non esistono abbastanza soldi per supportare la formazione continua. Si auspica un cambiamento della legislazione del lavoro, perché in essa è contemplata la possibilità di sostituire un lavoratore in congedo, ma il sostituto non riceve il salario, ma continua ad avere il suo sussidio di disoccupazione. Ancora: è l’azienda che paga la formazione del lavoratore; occorrerebbe, invece, che fosse lo stato a pagarla ed a coordinarla. Nel prossimo F.S.E. la J.R. rientra nell’obiettivo 3, ma questo non è ancora sufficiente. Gli uffici di collocamento utilizzano altri strumenti per combattere la disoccupazione, quasi mai la J.R.: cosa fare allora? Sono stati contattati molti politici ed amministratori pubblici, ma il cambiamento della legislazione nazionale appare l’unico sistema per una reale implementazione della J.R. I sindacati non sono stati molto fattivi all’interno della conferenza, hanno soltanto richiesto di essere informati e coinvolti a qualche titolo, ma non propongono nulla di positivo, pur avendo gli strumenti ed i contatti più adeguati. La situazione Belga è abbastanza simile a quella degli altri paesi europei, ma si è voluto puntualizzare il ruolo svolto dagli uffici di collocamento. La J.R. rientra nel programma comunitario del periodo 1994-2000: lo scopo che ci si prefigge è quello di farla rientrare nell’obiettivo 1 e di estenderla a tutta la regione fiamminga. Esiste un’équipe formata da consulenti in contatto con industrie, parti sociali, però non è un organismo pubblico in grado di autogestirsi. Il suo scopo è, innanzi tutto, quello di rendere visibili i risultati dei vari progetti e delle buone prassi, ma in realtà, non solo non sono rappresentate tutte le parti sociali, ma è anche venuto fuori che i sindacati e le stesse parti sociali non sono state molto propositive. In questa fase occorre lavorare con gli strumenti a nostra disposizione, ma si presentano comunque dei problemi e degli ostacoli: come deve regolamentarsi la figura del sostituto, dal punto di vista del contratto da applicare, i timori da parte dei lavoratori sostituiti di essere estromessi definitivamente dall’azienda, o, ancora, che tipo di contributi deve avere l’azienda per permettere l’eventuale assunzione del sostituto. In Belgio il servizio pubblico gestisce un programma di J. R. ed i rapporti che si sono creati con gli altri soggetti propositori di pro- grammi inerenti la J.R. sono molto elastici e si è dimostrata una reale volontà di creare sinergie tra le varie parti. Nella parte Fiamminga è importante il ruolo svolto dalle parti sociali, che acquisiscono un ruolo diventato sempre più importante in ambito di conquiste sociali: basti pensare al notevole impegno dei sindacati, grazie ai quali si sono ottenuti risultati fondamentali in materia di politiche del lavoro (ad esempio la legge che regolamenta il congedo pagato). Anche nella parte Vallone i sindacati si sono dimostrati flessibili e disponibili ad accettare politiche nuove, quali la J.R., anche perché storicamente abituati al confronto sociale. Occorre sottolineare il fatto che esiste una legge che obbliga le aziende ad assumere gli stagionali, ma le aziende stesse non amano questa figura di lavoratore. Infine i sindacati accettano di considerare la J.R. come uno strumento di flessibilità, ma temono che si possa trasformare in un’arma che avvantaggi solo le aziende e, quindi, chiedono una certa trasparenza per definire il concetto. Durante il dibattito si osserva come la J.R. non sia solo uno strumento per il mercato del lavoro, ma anche uno strumento di politica economica. A tale osservazione i rappresentanti belgi rispondono che nel loro paese c’è una separazione tra le scuole ed i centri di formazione professionale e che questo potrebbe essere un ostacolo all’applicazione della J.R. La situazione è, poi, complicata dal fatto che i politici vogliono ben definire la destinazione dei finanziamenti per la J.R.: è importante sapere, creare un fondo destinato alla formazione dei disoccupati o se i finanziamenti debbano essere destinati alle imprese. In molti pensano che devono essere le aziende ad autogestirsi riguardo la formazione dei dipendenti e che si debba costituire un fondo che permetta l’inserimento del disoccupato nel mercato del lavoro. Il ruolo svolto in Francia dalle parti sociali è stato messo in evidenza dal rappresentante di uno dei cinque sindacati, la Confederazione Francese Democratica del Lavoro che, assieme agli imprenditori, è parte in causa nel tavolo dei negoziati per i progetti di J.R. Attualmente è finita la fase cosiddetta sperimentale, ma i vari progetti presentati in quest’ambito hanno avuto una restituzione parziale. La Commissione Nazionale dell’Occupazione si occupa di dare validità ai progetti. Attualmente si stanno aprendo i negoziati sulla possibilità di fare una legislazione sociale, all’interno dei quali negoziati è indispensabile la presenza delle parti sociali. I datori di lavoro del settore automobilistico hanno avviato un progetto di riqualificazione dei dipendenti, soprattutto quelli delle piccole imprese. Il fatto che si agisca localmente, senza un riferimento legislativo specifico, ha fatto sì che s’incontrassero dei soggetti che normalmente non dialogano tra loro, creando, al contempo, una corretta sinergia; si, sono, così, “conosciuti” reciprocamente dei settori che, normalmente, non hanno nessun contatto, poiché, ad esempio, le amministrazioni pubbliche sono considerate distaccate dai problemi di tutti i giorni. Il partner scozzese afferma che nella sua nazione non esiste una legislazione che comprenda il concet- to della J.R. e, la dove esistono dei progetti, sono limitati e non coprono l’intera nazione. Il problema principale è quello, innanzi tutto, di individuare i destinatari della futura legislazione. Attualmente esistono delle linee guida a livello nazionale, secondo le quali, potrebbero essere destinati dei fondi a quelle aziende che volessero applicare la J.R. I programmi di J.R. in Scozia stanno in ogni caso evolvendo e ci si trova in una fase di “ricerca” di altri sistemi di finanziamento che non siano solo quelli derivanti dai programmi comunitari. L’approccio scozzese si può, quindi, definire “pragmatico”, che tende all’ottimizzazione delle risorse disponibili. Secondo A. Marsala, esperta di politiche del lavoro, per il progetto di legge sulla J.R., sostiene che i servizi di collocamento, in ambito comunitario, probabilmente, si configurano in maniera negativa, perché hanno la pretesa di gestire tutto quello che riguarda il mercato del lavoro, dall’informazione all’orientamento, all’incrocio di domanda ed offerta. Bisognerebbe, invece, concentrarsi sui bisogni reali di lavoratori e datori di lavoro, evitare che il settore pubblico, con le sue esigenze ed i suoi rigidi meccanismi di funzionamento, gestisca anche il mercato del lavoro, che potrebbe autoregolamentarsi. Il caso siciliano è rappresentato dalla presentazione di un disegno di legge, da parte di Arcidonna, che implementa il concetto della Job Rotation. Quest’esperienza è descritta da Lalage Mormile, che si è occupata, appunto, di redigere tale progetto. L’idea di presentare un progetto di legge per la regione Si- cilia, è nata dall’esigenza di mutuare le diverse esperienze europee in materia di J.R. Nel sistema normativo italiano ci sono grosse lacune ed ostacoli da dovere affrontare. Fino ad un mese fa, ad esempio, mancava ancora il riconoscimento normativo del congedo per motivi di formazione. Altro problema è la definizione della figura del sostituto (livelli salariali e prospettive occupazionali). Il terzo ostacolo è legato alla mancanza di controllo relativamente a risorse, quali il contratto di formazione e lavoro. Presentare un progetto di legge rappresenta un modo per spronare le autorità locali affinché si muovano in ambiti nuovi, potenzialmente positivi e risolutivi di varie problematiche. Il disegno di legge tiene conto della regolamentazione del rapporto tra datore di lavoro e sostituto, ma tale problema è ancora aperto perché bisogna tenere conto delle diverse esigenze dei vari comparti. Al suo interno si dà molto spazio al contratto interinale e, in questo senso, si auspica che le stesse agenzie interinali presentino un loro pacchetto formativo. Arcidonna ha partecipato ai tavoli di concertazione di Agenda 2000, proponendo il concetto di J.R. come misura di intervento all’interno dell’asse 3. Attualmente il disegno di legge è stato presentato dall’Assessore del lavoro alla giunta Regionale: l’iter appare lungo, perché sicuramente saranno apportati degli emendamenti, soprattutto per quanto riguarda l’applicazione del contratto a tempo determinato. Un altro elemento che ha spinto Arcidonna a presentare una legge regionale, è il fatto che la Sicilia sia una regione a statuto speciale, quindi con grosse potenzialità, e che nell’Italia Meridionale ci sia un alto tasso di disoccupazione, per questo la J.R. potrebbe essere uno degli strumenti risolutivi. La rappresentante belga sottolinea l’importanza di creare una rete europea. E’ impossibile prevedere quando sarà applicata la legge, ma allo stato attuale i partiti politici sono molto interessati alla J.R., se non altro come strumento di propaganda politica. J. Kruhoffer solleva due questioni, riguardanti il piano formativo contenuto nel disegno di legge ed il soggetto che gestirà la J.R. Lalage Mormile risponde che, a proposito del piano formativo, in Sicilia questo ha rappresentato un grosso problema, perché i pacchetti formativi sono sempre stati calati dall’alto, senza tenere conto delle esigenze delle aziende. Nel disegno di legge in questione, è previsto che siano le stesse aziende a proporre dei piani di formazione e che sia, inoltre, il lavoratore a scegliere, in base ad esigenze personali, il progetto formativo cui aderire. Per quanto riguarda la figura del sostituto, è prevista una parte di formazione da fare extra job, che va dalle 80 alle 120 ore e che costituisce i cosiddetti pre-requisiti. La restante parte si adegua al singolo soggetto, alle sue esigenze e al ruolo svolto all’interno dell’azienda. E’ chiaro che con la J.R. non si risolvono tutti i problemi, ma l’intenzione di Arcidonna è di aggiungere una tessera al puzzle dei problemi del mercato del lavoro. La preoccupazione più grossa è la paura dell’azienda di applicare il contrat- to a tempo determinato, perché, a tal proposito, la legislazione italiana è piuttosto rigida. Si è pensato allora di inserire il contratto interinale che è più flessibile, in quanto il datore di lavoro può rescindere il contratto anche prima dei sei mesi, che sono invece il limite previsto per il contratto a tempo determinato, senza incorrere in sanzioni di nessun genere. P. Pires chiede se un imprenditore, attualmente, in Italia, volesse proporre un proprio progetto di J.R., a chi dovrebbe rivolgersi. L. Mormile risponde che l’unico soggetto competente, se non altro per l’esperienza derivata da Adapt, è Arcidonna. J. Kruhoffer chiede se all’interno del progetto di legge sono previsti degli incentivi per le aziende affinché contribuiscano ai progetti formativi. L. Mormile risponde che nel disegno di legge originario si prevedeva la formazione personale, cioè la possibilità da parte del lavoratore, di spendere un proprio credito formativo, su sua diretta richiesta. Quest’elemento non è stato capito alla perfezione, anche se Arcidonna ha intenzione di continuare a lottare per difendere e mantenere nel disegno di legge tale elemento. Di recente è stata approvata la L. 53/2000 (congedo parentale) che, tra le altre cose, prevede il congedo dal lavoro per motivi di formazione, quindi, al più presto, le aziende dovranno confrontarsi con questa realtà. Il partner belga sottolinea l’importanza che le aziende si sentano coinvolte in questi meccanismi, soprattutto quando si fa riferimento alle piccole aziende, che non hanno grossi mezzi finanziari: questo coinvolgimento si può ottenere con la solidarietà, a livello di contrattazione nazionale collettiva. In Danimarca, un terzo delle attività di J.R. rientra nel settore pubblico ed è cofinanziato dal F.S.E., però quando si vogliono mettere in atto meccanismi di J.R. non è necessario richiedere Fondi europei: questo avviene solo nel caso in cui si esplorino settori nuovi. Proposte per Equal: all’interno della rete si è pensato di creare un’organizzazione che tenga i contatti con la Commissione Europea. Le linee guida di Equal sono state appena pubblicate e pare che siano molto aperte a varie proposte, come se tutto fosse possibile. La Germania, in maniera particolare, ha proposto la J.R. come cardine su cui deve ruotare Equal ed in ogni nazione bisognerebbe attivare questo genere di proposte: bisogna cioè fare maggiore pressione sulle autorità locali, affinché il concetto sia recepito. Conclusioni: proposte per Equal – job rotation dovrebbe essere un punto fondamentale dell’iniziativa Equal e ogni Paese dovrebbe portare avanti questo tipo di iniziative, coinvolgendo organismi pubblici e privati. WORKSHOP 4 4 “Turismo e servizi: Job rotation strumento ideale di crescita qualitativa nelle PMI e nelle aziende pubbliche?” Coordinatore: Robert Morrall (Milton Keynes College) Relatori: Gennaro Pannozzo, (EBNT), Salvatore Scalisi (EBRTS), Britta Thomsen (L.O. Social Partners) Reporter: Ombretta Lo Bianco (Arcidonna) Partecipanti: Franco Raffo (CESCOT), Richard Allen (Ente per il turismo Inglese), Gavin MacDonald (Ente per il Turismo Scozzese), Wendy Samuels (Bristol Tourism Task Force), Claudia Schiffkorn (ÖSB), Roger Clarke (Servizio per l’Impiego inglese), Karen Maes (Loca Labora), Gianliborio Mazzola (Assemblea Regionale Siciliana), Lucio Messina (SKAL Club International), Andrea Pallais (Centro Sviluppo S.p.A.), Gabriella Ciraulo (CIAPI). Dopo una rapida presentazione dei partecipanti, prende la parola il coordinatore del workshop, Robert Morrall, che espone il programma del gruppo di lavoro: sono previsti sei contributi “formali” – come previamente stabilito - e due commenti “informali”. Alla fine degli interventi previsti, sarà dato il via al dibattito, al quale si auspica la partecipazione di tutti. Robert Morrall: può la Job Rotation rappresentare una differenza nella competitività delle imprese? Gennaro Pannozzo: la risposta alla sua domanda è si. Ritengo che, soprattutto nel settore turistico, le persone sono sì una risorsa, ma una risorsa carente sotto il profilo della qualità. Nel turismo è possibile regi- strare una grande flessibilità, tanto dal punto di vista della professionalità (occupati stagionali) quanto da quello della mobilità (disponibilità a spostarsi per lavorare). La carta vincente per assicurare l’occupabilità dei dipendenti di tale settore può essere rappresentata proprio dalla formazione continua prevista dalla Job Rotation, strumento che consente di conciliare la formazione teorica con l’esercizio sul campo. Queste sono soltanto alcune delle motivazioni a favore della Job Rotation intesa come la marcia in più nella competitività delle imprese, ma, per esigenze di brevità, lascio agli altri la possibilità di intervenire. Robert Morrall: chiedo a Roger se anche in Inghilterra la Job Rotation è vista come una soluzione possibile, soprattutto per ciò che concerne l’aspetto della stagionalità. Roger Clarke: si, anche nel caso dell’Inghilterra si tratta di una soluzione già praticata ed inserita nel New Deal. A Tokay, per esempio, si è pensato di aggirare il problema della stagionalità degli addetti nel turismo dando loro la possibilità di lavorare in altri posti (campi da golf ed altre strutture) nella stagione invernale. Richard Allen: la Job Rotation è proprio un’ottima soluzione per il settore turistico inglese e capita proprio al momento giusto, in un periodo, cioè, in cui tale comparto, nonostante la forza della sterlina, si afferma con grande successo. Ritengo che, com’è ovvio, senza un buon servizio non c’è turismo, e, proprio per questo motivo, l’Ente del turismo che rappresento ha cercato, nel corso degli anni, di formare nuove qualifiche proprio laddove si era registrata una forte carenza. Dal ’94 ad oggi, il numero di persone in possesso di tali nuove qualifiche ha subito un profondo incremento – da 4.000 a 32.000 unità – dando un grosso slancio al settore turistico. In particolare, sono stati creati circa 100.000 nuovi posti di lavoro nel settore dell’accoglienza. Studi di settore hanno proprio evidenziato il grande numero di posti nel turismo, soprattutto da quando è possibile registrare un decisivo calo della disoccupazione (circa 19.000 disoccupati in meno nel corso degli ultimi sei mesi). Allo stesso tempo, tuttavia, si registra una forte debolezza per ciò che concerne le qualifiche specialistiche. Per far fronte a tale situazione, è stata molto importante, e tempestiva, la proposta di Robert di avvalersi dello strumento della Job Rotation, proprio per consentire ai soggetti esclusi di rientrare nel mercato del lavoro. I risultati più macroscopici di tale sperimentazione sono sostanzialmente riconducibili al miglioramento delle competenze specifiche degli addetti e, conseguentemente, alla loro progressione di carriera. Le tre sacche di esclusione più vaste e profonde sono quelle che riguardano i tossicodipendenti, i delinquenti e determinate fasce d’età (quest’ultima soprattutto riguarda gli uomini). La Job Rotation potrebbe incoraggiare la flessibilità da un settore economico all’altro; il che potrebbe significare, per il settore turistico, una perdita di lavoratori qualificati, che si spostano in un altro settore, ma è meglio averli anche se per poco tempo che non averli affatto. La Job Rotation potrebbe, inoltre, rappresentare una valida soluzione per problemi legati ad esigenze particolari, come potrebbero essere quelle dei disabili. Una ricerca, condotta nell’Europa Occidentale, infatti, ha evidenziato l’assenza di un mercato che potrebbe coinvolgere persone portatrici di handicap, quantificabile – secondo le stime – in circa 17 miliardi di sterline. Il centro di coordinamento inglese per servizi ai disabili – con la collaborazione di altri Paesi, come la Danimarca, il Portogallo, la Grecia, la Repubblica Ceca, etc. – ha formulato, a tale proposito, una proposta alla Commissione Europea, per la quale si attende una risposta entro la fine dell’estate prossima. Un altro punto su cui vorrei attrarre la vostra attenzione riguarda la diffusione di informazioni e notizie sulla Job Rotation, che ritengo sia ancora poco conosciuta. Robert Morrall: per quanto riguarda la promozione di attività che coinvolgono portatori di handicap, vi invito anch’io ad unirvi a noi ed a coinvolgere anche altri Paesi. Relativamente al problema dell’età, cui faceva riferimento Richard poco fa, esso coinvolge circa il 75% degli occupati nel settore dei servizi. Salvatore Scalisi: il processo di globalizzazione in atto tende a dividere il lavoro per tipologie, concentrando le stesse in alcune aree: per esempio, i servizi in Europa Occidentale e le industrie in altre zone. Vorrei centrare la vostra attenzione su due aspetti, che ritengo di grande importanza: 1) il prodotto turistico che attira maggiormente sono, oggi, le grandi città, con il conseguente coinvolgimento di tutto il “si- stema” Turismo e del suo indotto (trasporti, banche, etc.); 2) chi lavora nel sistema Turismo, è a stretto contatto con il cliente e deve saper dare una risposta immediata alle sue esigenze. Proprio per tale motivo, sono fortemente convinto dell’importanza della Formazione per il settore turistico, che – con le caratteristiche della continuità e dell’innovatività – deve adattarsi alle esigenze della clientela. Richard Allen: anch’io sono d’accordo sulla necessità di puntare al costante sviluppo dei servizi ai clienti, ma rilevo una profonda differenza rispetto all’Inghilterra, in cui il flusso turistico non si concentra solo nelle grandi città. Robert Morrall: ritenete che le persone qualificate nel settore turistico contribuiscano in maniera determinante allo sviluppo socio-economico del territorio, riducendo il rischio di esclusione sociale e dal mercato del lavoro? Richard Allen: certamente si! Tutti gli aspetti della vita sociale, economica e politica diventano un tutt’uno. Proprio perciò, credo di poter affermare che la formazione contribuisce a dare più fiducia alle persone. La ricerca, cui facevo riferimento poco fa, sottolinea però l’importanza di formare delle qualifiche ben specifiche. Claudia Schiffkorn: la mia precedente esperienza lavorativa, maturata presso un centro di formazione professionale per disoccupati, mi porta ad affermare che in Austria si registra uno dei più alti livelli di disoccupazione, soprattutto nel settore dei servizi e delle infrastrutture. Roger Clarke: come vi regolate se i lavoratori cominciano ad avere problemi di tossicodipendenza o di alcol dopo essere stati assunti? Claudia Schiffkorn: innanzitutto, mi sembra importante ricordare che il settore turistico in Austria, soprattutto nella mia regione, è ad altissimo stress. Sono molti, infatti, gli addetti di tale settore con problemi di alcol, oltre ai tossicodipendenti. Proprio perché si tratta di un comparto così stressante, è l’ultimo per cui si pensi di promuovere attività formative. A causa della rigidità delle norme che regolano tale settore, vi è una grande diffidenza ad entrare in esso, dettata dalla paura di rimanervi intrappolati. Britta Thomsen: secondo quanto dichiarato in uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro, proprio a causa delle cattive condizioni in cui si è costretti a svolgere l’attività lavorativa, il turismo – in tutto il mondo - è il settore in cui si registra la più grande alternanza di persone: non c’è mai personale stabile (1/3 è stagionale, 1/3 fisso e 1/3 cambia sempre). Il sindacato che rappresento ha circa 350.000 iscritti prevalentemente nei seguenti cinque settori: amministrazione locale, amministrazione statale, commercio ed industria manifatturiera. Ben poche sono le informazioni inerenti il settore dei servizi poiché le imprese coinvolte sono di piccole dimensioni. – Britta Thomsen mostra ai partecipati dei lucidi contenenti i dati sulla crescita occupazionale, prevalentemente nel settore terziario: il trend – comune a tutti i Paesi dell’U.E. - registra un incremento del numero di occupati a discapito di altri comparti (ad esempio, agricoltura, industria manifatturiera, etc.) ed anche nei servizi vi sono delle aree maggiormente sviluppate rispetto ad altre (sanità privata e turismo). Il mio Paese – la Da- nimarca - ha messo a punto, qualche anno fa, il modello della Job Rotation per far fronte ai problemi di disoccupazione, che, negli ultimi tempi, fortunata-mente ha fatto registrare un forte calo: adesso, infatti, più del 70% delle donne danesi risulta occupato (si tratta della percentuale più alta in tutta Europa). Bisogna dire, poi, che in Danimarca, così come in Italia e, in particolare, in Sicilia, le persone maggiormente col- bilità di lavorare. Anche in Danimarca, comunque, ci sono delle regioni in cui il tasso di disoccupazione è abbastanza elevato, come ad esempio quelle in cui predominante è l’industria pesante, a causa del processo di trasformazione attualmente in atto. Robert Morrall: ritieni che il settore dei servizi sia meno “appetibile” rispetto agli altri perché non viene considerato tipicamente “maschile”? pite dalla disoccupazione sono quelle meno giovani (sopra i 50 anni), oltre ai disabili ed ai soggetti con problemi di esclusione sociale. Il nuovo principio che tentiamo di far affermare è quello del c.d. mercato del lavoro “spazioso”, cercando di trovare delle soluzioni di maggiore flessibilità per dare a tutti la possi- Britta Thomsen: il settore terziario è molto vasto ed include, spesso, attività sotto-remunerate, cui vengono “relegate” le donne; proprio per questo motivo – per le scarse retribuzioni - attirano poco gli uomini. Per cercare di fronteggiare il problema della disoccupazione nelle zone più svantaggiate si sta puntando alla creazione di call center, “aziende virtuali” e al tele-lavoro. Salvatore Scalisi: anche in Sicilia, nel settore del turismo vi è un grosso ingresso di donne ed extracomunitari, perché sono gli unici disposti a svolgere determinati tipi di attività, che invece non sono “gradite” ai disoccupati di sesso maschile. Robert Morrall: prevedete il coinvolgimento di studenti nelle sperimentazioni di Job Rotation? Britta Thomsen: in Danimarca, l’85% degli studenti sono già occupati, poiché, non abitando più con i genitori – mi riferisco agli universitari - , hanno la necessità di mantenersi agli studi; mentre il 60% degli studenti delle scuole secondarie superiori studiano e lavorano contemporaneamente per fare pratica. Il problema, però, sta nel fatto che, avendo intrapreso studi professionali per avere maggiori opportunità di lavoro, a questi giovani è preclusa la possibilità di continuare gli studi. Richard Allen: il cambiamento maggiore, cui dovrebbe, a mio avviso, protendere l’intera Europa consiste nel sostituire il modello “assistenziale” che ha caratterizzato l’attività di ciascuno Stato. Vi sono alcune realtà in cui si è costretti ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, altrimenti non si ha più diritto a ricevere sovvenzioni. Il mondo sta cambiano. Si stima che il turismo, nei prossimi sei mesi, grazie al processo di crescita in atto, sia destinato a diventare il più forte “datore di lavoro”, capace di occupare un gran numero di persone. Proprio per questo motivo è importante concentrare la nostra attenzione su questo comparto. Robert Morrall: ritenete che il modello della Job Rotation possa essere applicato con successo anche in piccole realtà, come le micro-imprese e le imprese a conduzione familiare? Lucio Messina: mi sembra importante sottolineare subito che ognuna delle storie che abbiano avuto modo di ascoltare qua oggi è una storia a sé perché diverso è il contesto socio-economico in cui si è sviluppata. Il filo conduttore, ciò che potrebbe accomunare le singole situazioni, a mio avviso dovrebbe essere uno studio sui problemi connessi alla ricerca d’impiego e sull’avvio di un’attività lavorativa. L’annoso problema della disoccupazione si caratterizza per due grossi “guasti”: da una parte, il mancato desiderio di svolgere determinati lavori, dall’altra, la mancanza di qualificazione. Proprio a proposito di questo secondo aspetto, ritengo che la Job Rotation possa contribuire a risolvere il problema connesso alla qualificazione del personale (formazione dei sostituti e riqualificazione dei dipendenti). È importante, in questo percorso, far conoscere le esperienze realizzate in altri Paesi europei, cercando di migliorare la conoscenza delle lingue straniere e di far viaggiare le persone coinvolte nelle sperimentazioni di Job Rotation, alla scoperta di nuove culture ed esperienze. Robert Morrall: Karen, cosa ci dici a proposito dell’applicazione del modello di Job Rotation nel tuo paese? Karen Maes: Localabora – l’organizzazione che rappresento – è un ente di formazione impegnato nella sperimentazione di questo modello dal 1998, e che cerca, non senza difficoltà, di suscitare l’interesse dei disoccupati – soggetti ai quali si ri- volge – verso alcuni tipi di occupazioni. Bruges è una città a forte vocazione turistica e, proprio per questo motivo, l’obiettivo che abbiamo deciso di perseguire mediante la Job Rotation è quello di fornire le qualifiche “giuste” ai disoccupati, di formare, cioè, quelle figure professionali richieste dal mercato. Abbiamo rilevato una forte domanda di camerieri e di personale addetto alle pulizie, cui, però, non corrispondeva un’adeguata offerta. Per cercare di colmare tale carenza abbiamo coinvolto dei disoccupati provenienti da centri di assistenza sociale e, dopo aver stipulato un contratto con loro, li abbiamo messi nelle condizioni di fare esperienza. L’iter seguito da queste persone è il seguente: dopo una prima settimana di prova, durante la quale si cerca di verificare i loro reali interessi, inizia il periodo di formazione vera e propria. Si tratta di una formazione che si esplica sul luogo di lavoro, presso un albergo, della durata di circa un anno, salvo che non siano assunti prima. Il fatto importante è che queste persone maturano la loro esperienza lavorativa in un contesto reale – un “vero” albergo, con “veri” clienti - ma vi è una maggiore flessibilità per consentire loro di apprendere e di fare esperienza. Durante questo periodo, sono seguiti da un job coach e, una volta a settimana, sono organizzati degli incontri con il mentor che li assiste. Il progetto di job rotation prevede che, conclusa la fase di formazione, sia effettuata una selezione per verificare se i formati sono effettivamente pronti: solo allora inizia la job rotation vera e propria. Anche durante la fase di attività lavorativa è necessario mantene- re continui contatti con il mentor: si tratta, come dicevo, di un incontro a settimana, per tutta la durata della job rotation, indispensabile sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro. Robert Morrall: il vostro progetto prevede l’assunzione del mentor? Karen Maes: sono io ad avere questo compito; più precisamente, sono responsabile di mantenere i contatti tra lavoratori e datori di lavoro. Claudia Schiffkorn: come si finanzia il vostro progetto? Karen Maes: è un progetto ADAPT, suddiviso in due fasi: la prima vede il coinvolgimento di quattro società, mentre, nella seconda, il numero di società sale ad otto e sono previsti 13 corsi di formazione. La nostra organizzazione, inoltre, è una ONG ed ha quindi la possibilità di ricevere sussidi, ma il 30% dei finanziamenti è a carico nostro, perciò siamo costretti ad avere un’attività commerciale. Robert Morrall: prima dell’interruzione per il pranzo, c’eravamo lasciati col preciso intento di riflettere sull’applicabilità del modello di Job Rotation nelle micro-imprese. Quali sono le vostre opinioni in merito? Wendy Samuels: nella mia regione, l’80% delle strutture ricettive sono molto piccole ed occupano un numero esiguo di addetti, quindi vi sono notevoli difficoltà nell’applicare questo modello. Il problema, inoltre, è legato anche alla durata del periodo di formazione, in cui si presenta la necessità di sostituire i dipendenti per lungo tempo. Il nostro intento è, quindi, quello di cercare di sviluppare delle strutture personalizzate, che tengano conto delle esigenze dei datori di lavoro, promovendo programmi di forma- zione specifici. Riteniamo che tale obiettivo possa essere raggiunto mediante l’identificazione delle figure professionali mancanti e cercando di individuare e decidere insieme al datore di lavoro quale sia la soluzione migliore da adottare. Per quanto attiene alle strutture ricettive più grandi, invece, l’obiettivo è quello di accrescere il livello di professionalità. Robert Morrall: qualcuno di voi ha mai lavorato con le micro-imprese? Franco Raffo: chi lavora con il turismo, lavora necessariamente con le micro-imprese, e questo fatto ha anche degli aspetti positivi. Il turismo, infatti, è un sistema che può favorire lo sviluppo di modelli che partono dal marketing globale del territorio, perciò le professionalità di tale settore, se acquisite correttamente, possono essere facilmente trasferite in altri settori. Ciò è facile soprattutto in Italia, in cui non esiste una logica di qualifiche rigide. La Job Rotation può rappresentare un banco di prova importante per i giovani, stimolando il loro ingresso nel settore turistico. Io sono totalmente a favore dell’applicazione di questo modello nel turismo, anche nelle micro-imprese, poiché consente l’acquisizione di professionalità, con il conseguente accumulo di competenze e di crediti formativi. Il problema vero, a mio avviso, è legato al fatto che il modello affermatosi negli altri Paesi si fonda su una trilateralità: sindacati, lavoratori, istituzioni pubbliche. Nel nostro caso non è così. Pertanto, per evitare il rischio che il dipendente, che esce dall’impresa per riqualificarsi, al suo rientro possa perdere il lavoro perché rimpiazzato dal giovane sostitu- to, è più auspicabile avvalersi della riqualificazione per la progressione di carriera o per l’acquisizione di competenze più specialistiche ed aggiornate. Britta Thomsen: anche in Danimarca vi era questa paura. Salvatore Scalisi: credo che, se si riuscisse a trovare un sistema per rilevare continuamente i fabbisogni formativi, si riuscirebbe a soddisfare meglio le esigenze di imprese e lavoratori. Robert Morrall: ritiene che chi occupa posizioni ufficiali nel mercato del lavoro abbia dei pregiudizi nei confronti delle attività connesse all’accoglienza? In Inghilterra, ad esempio, è così, e riteniamo che sia necessario “educare” il mercato del lavoro ad avere una visione più positiva e favorevole. Salvatore Scalisi: non nel nostro caso. Secondo la cultura italiana, istruzione/formazione e lavoro, in passato, erano ambiti totalmente distinti e nettamente separati tra loro. Adesso, invece, ci dirigiamo verso un sistema in cui i due aspetti sono strettamente collegati l’uno all’altro. Un altro problema, inoltre, è rappresentato dal fatto che il livello di qualificazione richiesto ai lavoratori delle piccole imprese è di gran lunga maggiore di quello richiesto ai colleghi delle grandi strutture. Nel primo caso, gli addetti devono essere preparati a svolgere più mansioni, ed è proprio per questo motivo che, nell’ambito della seconda sperimentazione di job rotation promossa da Arcidonna, si è cercato di dare un “vantaggio” ai giovani sostituti formando la figura di addetto “polivalente”. Ciò consente di raggiungere un secondo step: da una parte, rilevare i fabbisogni formativi nel settore turistico, dall’altra, contemporaneamente, preparare i giovani con un nuovo sistema di esperienze di formazione capitalizzabili – unità formative capitalizzabili. L’EBRTS ha effettuato degli studi sui sistemi di unità formative capitalizzabili negli altri Paesi e ne sta conseguentemente elaborando uno sistema, in cui viene assegnato il ruolo principale ai sindacati, piuttosto che al sistema dell’istruzione. Richard Allen: in Inghilterra, così come in Italia, è necessario costruire dei “ponti di collegamento” tra Istruzione e mondo del Lavoro; cosa che è vista dagli insegnanti come una vera e propria minaccia. Claudia Schiffkorn: si tratta di un sistema molto simile a quello austriaco, cosiddetto “dual system”, nel quale i giovani studiano e lavorano contemporaneamente. Molti di loro cominciano a lavorare nel settore turistico a 15 anni e, già dopo alcuni anni, iniziano ad accusare problemi di varia natura (fisici ed altro, strettamente connessi – come dicevo prima – con il settore stesso) e tentano di lasciare il settore. Richard Allen: forse bisognerebbe considerare diversamente la formazione e probabilmente sarebbe meglio effettuare corsi a pagamento, poiché riteniamo che questa porti a sviluppare una sorta di “cultura della dipendenza”, e che, facendo pagare, si possano ottenere risultati migliori perché la gente si impegna di più. Andrea Pallais: per quanto riguarda le esperienze maturate dalla nostra organizzazione, mi sembra importante sottolineare che nel settore turistico vi sono – oltre a quelli connessi con la stagionalità – problemi riconducibili al fatto che molti degli addetti del settore provengono da altre regioni e, pertanto, in molti casi, conoscono poco e male usi, costumi e tradizioni della regione ospitante. Sarebbe opportuno, allora, promuovere il fattore locale, tenendo corsi, per esempio, sulle tradizioni eno-gastronomiche locali. Ritengo che la Job Rotation sia un ottimo strumento di marketing in grado di produrre risultati assai positivi anche in merito a questa situazione. Salvatore Scalisi: mi sembra quasi che la Job Rotation sia la rielaborazione moderna di un antico fenomeno affermatosi nel settore turistico: prima, infatti, vi era la cultura di andare all’estero per migliorare le proprie competenze linguistiche e per fare nuove esperienze. Si stava 5-6 anni fuori per poi tornare. In seguito, questo “sacrificio” non è stato più accettato dalle nuove generazioni, ed attualmente la Job Rotation sta “rianimando” questo sistema se pure con regole meno pesanti. Robert Morrall: perché, secondo voi, non si fa mai riferimento alla trasparenza ed alla trasferibilità delle competenze? Richard Allen: il problema potrebbe essere riconducibile al fatto che solo di recente abbiamo iniziato a sviluppare un sistema di formazione a livello nazionale, con delle regole che vadano bene per tutto il territorio del Paese. Salvatore Scalisi: il sistema italiano è stato da sempre caratterizzato da una grande confusione. Prima, infatti, era basato su delle qualifiche uguali per tutto il territorio nazionale; poi, circa 25-30 anni fa, si è passati al decentramento alle regioni. Attualmente, le parti sociali stanno tentando di riscrivere delle regole basilari e condivise, che consentano di intendersi. Richard Allen: è la stessa tendenza in atto a Bruxelles, poiché la Commissione sta cercando di stabilire delle qualifiche standard. Robert Morrall: che effetto avrà, secondo voi, l’introduzione della formazione a distanza tramite Internet? Aiuterà le micro-imprese nell’offerta di formazione e contribuirà a sviluppare la trasferibilità delle competenze…o non funzionerà affatto? Lasciandovi con questa riflessione, ringrazio tutti i partecipanti a questo workshop per l’importante contributo offerto. Salvatore Scalisi: a questo proposito, mi sembra importante sottolineare che l’EBRTS è impegnato già da quattro anni in attività di formazione a distanza ed ha raggiunto risultati assai incoraggianti. Conclusioni: tutte le esperienze realizzate dai partner confermano che il sistema della job rotation è in grado di offrire ai lavoratori competenze più specialistiche ed aggiornate. Per questo motivo rappresenta un vantaggio molto importante sia per i lavoratori sia per i datori di lavoro. WORKSHOP 5 “Le nuove forme di organizzazione del lavoro: Developing the workplace” Coordinatore: Antonietta Di Stefano (ISFOL) Relatori: Pelle Ahle (LO Danish Union), Antonio Mocci (ISFOL – SNS ADAPT), Kostas Veskouikis (Eductus Mälardalen AB) Reporter: Simona Cannada (Arcidonna) Partecipanti: Elisabetta Cerroni (Enaip Roma), Antonio D’Alberti (IRES), Barbara De Micheli (ECIPA), Luigi Serio (ISTUD), Gloria Belli (ISFOL), Gundula Bolke Zeuner (SPI), Wolfang Tobolt (Ministero Bassa Sassonia), Heins Gerd Hochauser (BFZ), Pamela Burns (Mylton Keynes), Margherita Cappelletti (Regione Siciliana). Antonietta Di Stefano: Benvenuti e buon giorno a tutti. Prima di iniziare questo mio breve intervento di introduzione ai lavori del nostro workshop dal titolo “Le nuove forme di organizzazione del lavoro “, desidero esprimere un vivo apprezzamento a voi tutti per la partecipazione e ad Arcidonna per l’organizzazione di questo convegno, che crea un’occasione di incontro e confronto su un tema poco conosciuto in Italia: la job rotation strumento di flessibilità. Inoltre mi preme sottolineare che questo convegno fa parte dell’attività di mainstreaming la cui organizzazione è a cura del Ministero del Lavoro e della Struttura di assistenza tecnica. Per attività di mainstreaming noi intendiamo quelle azioni finalizzate a trasferire i risultati dell’Iniziativa Adapt nelle politiche regionali e nazionali; infatti, finalità dell’attività di mainstreaming è far sì che le migliori metodologie sperimentate, le soluzioni di successo e i prodotti innovativi siano trasferiti nella pianificazione delle Istituzioni divenendo, in un certo senso “sistema “. Colgo, anche, l’occasione per presentarmi e presentare i colleghi che animeranno questo workshop. Mi chiamo Antonietta Di Stefano e sono la coordinatrice della Struttura nazionale di supporto dell’Iniziativa comunitaria Adapt. La struttura nel corso degli anni ha approfondito il tema delle nuove forme di organizzazione del lavoro e il Dr. Mocci, che vi presento, ha maturato una buona esperienza su questo tema sia a livello nazionale sia comunitario, pertanto il suo intervento verterà su questo tema. Il sig. Pelle Ahle, rappresentante del sindacato danese ci parlerà del tema della qualità nella formazione. Siamo ormai tutti consapevoli che l’introduzione delle innovazioni tecnologiche nei processi produttivi ha contribuito a trasformare il modo di lavorare: il tema “organizzazione del lavoro” sta riscotendo negli ultimi anni un notevole interesse sia a livello imprenditoriale sia di risorse umane. Tutto ciò ha avuto, ovviamente, riflessi sulle politiche del lavoro, tant’è vero che, il dibattito che ha accompagnato, per esempio in Italia l’introduzione di una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro ha visto contrapporsi diverse “scuole di pensiero“, da quella che riteneva indispensabile ammorbidire i vincoli esistenti nella normativa troppo ingessata, e quella di chi, invece, teme una deregolamentazione che potrebbe penalizzare i lavoratori, la loro sicurezza e la loro professionalità, a quella che ritiene che la flessibilità possa agevolare l’accesso all’occupazione. Un mercato del lavoro rigido, come quello che l’Italia sta cercando di superare ha dimostrato di essere di ostacolo alla crescita dell’occupazione e di poter garantire il posto di lavoro solo chi il posto di lavoro lo ha già. D’altra parte molti temono che con l’introduzione di forme di lavoro più flessibili si crei solo lavoro precario; flessibilità non vuol dire precarietà, ma un insieme di nuovi strumenti da mettere in moto per contrastare la disoccupazione e favorire l’inserimento e/o reinserimento di lavoratori nel mercato del lavoro. Part-time, tempo determinato, apprendistato, CFL, telelavoro, lavoro interinale etc. sono strumenti che il Governo, insieme al ridisegno del sistema formativo ha messo in atto nel corso degli ultimi anni per rendere più dinamico il mercato del lavoro. Attualmente e alla luce del rinnovamento che il Governo sta portando avanti sia sul fronte del mercato del lavoro che della formazione, non è più possibile parlare soltanto di formazione finalizzata all’apprendimento di un mestiere, ma di formazione che si integra con la scuola prima e successivamente che segua il cittadino-lavoratore nel corso di tutta la sua vita, offrendogli l’opportunità di qualificarsi, riconvertirsi, aggiornarsi a seguito delle innovazioni tecnologiche e produttive. Le trasformazioni indu- striali costituiscono una delle preoccupazioni principali delle imprese e dei lavoratori. Con il termine “trasformazioni industriali“ si intende quel continuo processo e quegli effetti che si verificano sui sistemi economici, sulle imprese e sugli stessi lavoratori come conseguenza: • Dei cambiamenti strutturali delle imprese e dei processi produttivi, • Delle trasformazioni tecnologiche, • Dei cambiamenti strutturali della forza lavoro con l’aumento del progressivo invecchiamento della popolazione, • Della crescita del lavoro a tempo parziale e dell’avvio della scomparsa del lavoro “a vita“. Tali cambiamenti contribuiscono a modificare il lavoro provocando trasformazioni decisive sul mercato del lavoro e sull’intera società. Le competenze statiche basate sulle funzioni, i modelli tradizionali di gestione divengono inadeguati: lo sviluppo di una nuova cultura industriale e di impresa, caratterizzata dalla flessibilità normativa e produttiva e la capacità di prevedere e guidare le trasformazioni diventano i modelli vincenti nella società dell’informazione. L’obiettivo strategico della PMI è, alla luce di quanto detto, riconducibile a due aspetti: 1)L’adeguamento dei lavoratori rispetto ai mutamenti industriali, 2)L’anticipazione degli stessi cambiamenti. Dal punto di vista degli obiettivi formativi, tali finalità si traducono in un innalzamento delle competenze, aggiornamento, specializzazione, riqualificazione, flessibilità delle figure aziendali siano essi imprenditori, manager, quadri ecc.. L’aspetto che sembra assumere maggiore rilevanza nelle PMI è senza dubbio l’adeguamento ai mutamenti industriali attraverso l’utilizzo di forme flessibili di lavoro e di formazione. In generale la formazione messa in atto dalle PMI, grazie all’Iniziativa comunitaria Adapt ed anche al progetto Job Rotation, ancora poco conosciuta nel nostro Paese, è orientata alla strategia aziendale e più precisamente ad accompagnare le imprese nei loro bisogni di sviluppo organizzativo, necessaria per far fronte ai cambiamenti che avvengono nel mercato e nel ciclo produttivo dell’impresa. La job rotation, come vedremo in seguito, è uno strumento innovativo di flessibilità del mercato del lavoro che, attraverso lo scambio temporaneo tra lavoratori di un’impresa impegnati in attività di formazione e disoccupati, aiuta, da una parte, a costruire il futuro lavorativo ai disoccupati e dall’altra parte contribuisce all’aggiornamento delle competenze del lavoratore ed all’innalzamento dell’autonomia degli stessi lavoratori, individuando strumenti e regole per rendere più agevole il mercato del lavoro locale. In questa ottica figure chiave sono le risorse umane in quanto sono loro che agiscono da attori del cambiamento stesso in azienda. Arcidonna oggi ci offre l’opportunità di parlare della job rotation, non come strumento risolutivo di tutti i problemi occupazionali e formativi, ma come strumento che può consentire di: - Realizzare una strategia comune di supporto alle imprese nei processi di adattamento ai mutamenti industriali, -Accrescere il sistema di competitività delle imprese, - Diffondere una nuova cultura imprenditoriale, - Aggiornare le competenze delle risorse umane, attraverso percorsi formativi innovativi. Il progetto a titolarità Arcidonna è l’unico progetto italiano che in Sicilia sperimenta già dal 1996 la metodologia della job rotation nel settore del turismo. In tale azione di sviluppo dell’economia turistica possono essere adottati strumenti innovativi di qualificazione del personale e che tengano conto delle specificità del settore (precariato, stagionalità...). In particolare i progetti promossi da Arcidonna applicano il metodo della job rotation per favorire la formazione del personale già occupato e per permettere ai disoccupati di poter fare un’esperienza lavorativa. Il settore del turismo può essere il volano per lo sviluppo economico in generale e nello specifico del territorio siciliano caratterizzato da una forte disoccupazione. E’ stato scelto il settore del turismo perché le analisi sul mercato del lavoro del settore turistico evidenziano la precarietà dell’impiego, legata soprattutto alla stagionalità e alle difficili prospettive di “ carriera “ che provocano un fenomeno di elevato turn over che rende particolarmente critica la permanenza degli addetti sul mercato del lavoro e conseguentemente assai precaria la capitalizzazione di risorse umane professionalizzate. Di contro il settore chiede con maggiore insistenza di poter contare su figure specializzate in possesso di competenze professionali in grado di rispondere alle esigenze della domanda turistica sempre più orien- tata ai servizi di qualità. La sfida principale per il mercato del lavoro turistico è la sua trasformazione in un vero e proprio settore di inserimento e qualificazione professionale attraverso la creazione ed il mantenimento di “nuova professionalità”. A questo proposito mi sembra opportuno precisare che la job rotation è uno strumento non esclusivo di un settore ma può essere utilizzato in tutti i settori produttivi. Come vedremo anche dagli altri interventi la job rotation risulta un metodo semplice ed innovativo, sperimentato già da anni in Danimarca ed in altri paesi europei, per lo sviluppo della qualità della forza lavoro e dell’occupazione che coniuga la formazione continua dei lavoratori con la formazione “on the job” dei disoccupati. Mi avvio a conclusione sperando che la job rotation entri nel nostro Paese a pieno titolo come strumento di flessibilità. Attraverso le varie esperienze avviate, si può costatare che essa favorisce: 1)I reingressi nel mercato del lavoro a seguito della disoccupazione di lunga durata, 2)I nuovi ingressi nel mercato del lavoro, 3)Il turn - over aziendale e la mobilità esterna. Introduce Antonio Mocci, della Struttura nazionale di supporto per l’Iniziativa comunitaria Adapt, costituita presso l’Isfol. Ho avuto modo di occuparmi negli ultimi anni delle tematiche organizzative in impresa partecipando all’attività tematica cui si riferiva Antonietta Di Stefano e che è stata condotta (come avete sentito), sia a livello italiano, sia a livello comunitario. Il tema in discussione, l’organizza- zione del lavoro, in realtà è molto vasto, troppo per essere sia pure solo riassunto o accennato in un’occasione simile al workshop odierno. Si tratta, quindi, di scegliere una chiave di lettura, per delimitare il campo e utilizzare nel miglior modo possibile il tempo che mi è stato assegnato, dando, possibilmente, anche spunto per eventuali riflessioni e domande da parte vostra; la chiave di lettura che vi propongo è l’Iniziativa Adapt stessa, con i suoi obiettivi e finalità, con le esperienze intendere per organizzazione del lavoro? Non ho la pretesa di dare una definizione univoca e onnicomprensiva, tuttavia, mi sembra utile provare ad avere una terminologia comune. Per organizzazione del lavoro si può intendere il coordinamento fra tecnologie, compiti e lavoratori, al fine di ottenere la produzione. L’organizzazione, quindi, implica l’uso di macchinari o sistemi e lo combina con competenze, ruoli, mansioni affidati alle pratiche realizzate dai progetti, con le riflessioni e i contributi originali che promotori di progetti ed esperti hanno dato nel corso dell’attività tematica allo scopo di diffondere a raggio più ampio possibile i risultati prodotti. Ora, può essere utile qualche considerazione di contesto: in primissimo luogo, che cosa si può persone ed alle persone stesse che agiscono e interagiscono nel processo lavorativo. Il trasformarsi di una di queste componenti modifica le altre: ad esempio, l’introduzione sempre più diffusa delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che migliorano e velocizzano lo scambio di dati e l’accesso all’informazione nei processi produttivi ed organizzativi, cambia le competenze che i lavoratori debbono possedere ed anche il modo stesso in cui i lavoratori operano. O, ancora, fenomeni che interessano tutte o quasi le economie dei paesi sviluppati, come il progressivo invecchiamento della forza lavoro, hanno conseguenze sia sulle competenze necessarie per presidiare l’attività lavorativa, sia sul modo in cui le organizzazioni cercano di rispondere ai gap generazionali. Negli ultimi anni, poi, macro fenomeni economici come la globalizzazione dei mercati o politici, come il processo di realizzazione dell’Unione europea stanno modificando profondamente il modo di operare, di produrre e di lavorare. Si pensi solo al caso europeo: la creazione del Mercato unico ha avuto e sta avendo conseguenze sulle politiche del lavoro degli Stati membri, tese a rendere i mercati nazionali più flessibili e dinamici. Ciò ha significato, fra l’altro, l’introduzione nei sistemi legislativi di istituti contrattuali tesi a configurare rapporti di lavoro meno rigidi rispetto al passato, come il part-time, il lavoro interinale, la mobilità, la rimodulazione e la riduzione dell’orario. Questi nuovi strumenti hanno dato alle imprese la possibilità di reagire con maggiore prontezza ai mutamenti congiunturali, aumentandone la competitività. Le aziende, infatti, approfittando del contenimento dei costi derivante dall’uso di contratti flessibili e della maggiore rapidità di reazione ai cambiamenti dei mercati e della concorrenza hanno potuto difendere o aumentare le proprie quote di mercato, facendo fronte, anche grazie ai cambiamenti organizzativi, all’aggressione di sistemi produttivi più efficienti o economici. Entra qui in scena quel termine: “flessibilità” che è forse fra i più dibattuti del momento; come ben sapete, la discussione sulla flessibilità lavorativa oscilla spesso fra due estremi ugualmente pericolosi: la demonizzazione o la mitizzazione della flessibilità su basi ideologiche. In questa sede si considera la flessibilità del lavoro (anche sulla scorta delle esperienze fatte dai progetti Adapt), come un modello di regolamentazione legislativa e contrattuale teso a consentire un uso non rigido della forza lavoro; essa può avere conseguenze e applicazioni in termini di orario di lavoro, di mansioni e funzioni della forza lavoro oppure in termini di numero degli occupati in relazione alle esigenze produttive. Tornando ai cambiamenti organizzativi e volendo provare a “tipizzare” in qualche modo tali cambiamenti, si possono ricordare le seguenti tre tipologie o modelli: • il modello chiamato neo fordismo, caratterizzato dalla forte innovazione dei sistemi di controllo e di pianificazione come, ad esempio, nella produzione just-in-time. Il modello è stato arricchito da elaborazioni e applicazioni di origine giapponese (ad esempio, la lean production) e si basa su risorse umane affidabili e sul controllo rigido delle performance lavorative; • il modello conosciuto come neo umanesimo, caratterizzato da grande attenzione per lo sviluppo delle risorse umane e finalizzato a fare il miglior uso del po- tenziale umano, proponendo compiti meno rigidi e definiti; • il modello conosciuto come neo efficientismo, caratterizzato dall’uso pervasivo delle tecnologie dell’informazione nei processi produttivi. In tale modello, le risorse umane rivestono un ruolo marginale e possiedono competenze multiple e trasversali. Credo che sia opportuno, a questo punto, tornare ad Adapt. In che modo l’Iniziativa ha costituito il contesto entro il quale i progetti hanno potuto sperimentare modelli organizzativi e forme di flessibilità produttiva? E’ opportuno ricordarsi dell’obiettivo fondamentale dell’Iniziativa, ossia favorire l’adattamento dei lavoratori e dei sistemi di produzione ai mutamenti industriali, migliorando il funzionamento del mercato del lavoro. I progetti Adapt, quindi, hanno analizzato il processo continuo delle evoluzioni e delle trasformazioni delle attività economiche sia a livello tecnologico, sia a livello di sistemi di produzione, di organizzazione del lavoro, di strategie di mercato, di normative, di apporti dal territorio. I promotori di progetti hanno esaminato le ragioni per cui i mutamenti tecnologici, legislativi e dei mercati rendono necessario il cambiamento organizzativo ed hanno effettuato sperimentazioni per l’implementazione di nuove forme di organizzazione del lavoro nelle Piccole e medie imprese. Può essere utile, a questo punto, fornire qualche rapido flash sui progetti finanziati che, a livello italiano, si sono occupati di organizzazione del lavoro. L’Iniziativa Adapt ha finanziato complessivamente nel nostro paese 583 progetti, 182 con l’avviso del 1995 e 401 con quello del 1997. Di questi, 117 hanno posto al centro della loro storia progettuale la tematica dell’organizzazione del lavoro. Si tratta, com’è evidente, di una cifra considerevole, pari a oltre il 20 % del totale nazionale e che rimane sostanzialmente omogenea nei due periodi di programmazione. I 117 progetti Adapt che si occupano di organizzazione del lavoro hanno realizzato prevalentemente azioni di formazione, consulenza orientamento. Questa tendenza, riscontrabile in senso generale per tutti i progetti Adapt, è ha peso quantitativo maggiore per quelli che hanno operato in campo organizzativo. Si tratta, tuttavia, di interventi realizzati con modalità innovative e finalizzati a trasferire non solo contenuti e conoscenze, ma soprattutto metodologie, schemi logici di intervento, approcci al cambiamento. Per ciò che si riferisce ai beneficiari, si è rilevata la tendenza a coinvolgere prevalentemente i livelli più alti di responsabilità in azienda, come gli imprenditori, i dirigenti o il management intermedio. Anche in questo caso, si tratta di una tendenza generale che, però, nel caso dei progetti che operano in campo organizzativo appare accentuata visto che la quasi totalità del campione interessa la proprietà dell’azienda e/ o i livelli dirigenziali più alti. Ciò può forse essere spiegato considerando che i progetti in questione riguardano per lo più imprese di piccole dimensioni, nelle quali la centralità dell’imprenditore è più accentuata e insostituibile che in organizzazioni di dimensioni maggiori; in tale contesto, i mutamenti organizzativi possono entrare in azienda e consolidarsi, ben oltre l’intervallo temporale interessato dalle azioni di Adapt, solo a condizione che siano gli imprenditori stessi ad impegnarsi in prima persona e, quindi, a patto che vengano coinvolti direttamente nelle azioni per il cambiamento. Questi brevi flash danno elementi sostanzialmente quantitativi. Sulla base dell’animazione tematica condotta a livello italiano è però possibile formulare anche qualche indicazione qualitativa. Un’osservazione preliminare: il cambiamento organizzativo non è mai stato visto come fine a se stesso, ma come strumento per favorire l’innovazione nelle imprese e nei sistemi produttivi locali. Ciò premesso, si possono distinguere tre principali linee di tendenza per i progetti italiani che si sono occupati di organizzazione del lavoro: • la prima riguarda quei progetti che hanno realizzato interventi di revisione e ristrutturazione del ciclo produttivo, sperimentando nuove modalità organizzative; • la seconda si riferisce a quei progetti che sono intervenuti sulla cultura manageriale, proponendo nuovi modi di definire le strategie d’impresa, come l’analisi dei mercati o le modalità di cooperazione fra imprese. Il cambiamento delle strategie implica la modifica delle modalità di gestione dell’azienda; • la terza riguarda quei progetti che hanno proposto nuove forme di distribuzione del tempo di lavoro ovvero nuovi modi di articolare i tempi della produzione, proponendo la modifica delle condizioni di scambio tra remunerazione e lavoro e la definizione di nuove regole organizzative. Queste linee di tendenza, tuttavia, non sono mutuamente esclusive, ma anzi, alcuni interventi le combinano; soprattutto quei progetti che adottano un approccio olistico al cambiamento e che prefigurano una modifica rilevante della cultura d’impresa interessano le tre linee di tendenza in modo pressoché indistinguibile. L’esempio più chiaro è costituito dagli interventi che favoriscono il lavoro in rete ed il telelavoro: questi interventi portano a una riconsiderazione complessiva delle strategie di impresa e la modifica dei ritmi organizzativi.Mi avvio a concludere dando alcune indicazioni sugli esiti del lavoro tematico che è stato condotto a livello europeo. Questa attività ha impegnato la Commissione e gli Stati membri per circa due anni; non è questa la sede per ripercorrerne struttura e finalità. Mi limito a dare alcuni flash sui risultati. In Europa oltre 1100 progetti Adapt sui 3500 finanziati hanno operato su tematiche collegate all’organizzazione del lavoro. Questi progetti hanno sviluppato azioni in molti ambiti, quali i modelli di sviluppo locale, le forme di cooperazione interaziendale, l’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le politiche di qualità e di sviluppo sostenibile. Le riflessioni del gruppo (che oltre a un campione di progetti Adapt ha contato sull’apporto di esperti indipendenti), hanno riguardato prevalentemente tre aree dell’organizzazione: 1. la flessibilità organizzativa, produttiva e normativa, intesa come leva per potenziare la competitività delle aziende; 2. la formazione per le organizzazioni flessibili, con riguardo sia alle modalità di analisi dei fabbisogni, di erogazione della formazione e di ruolo dei formatori; 3. la cooperazione e il networking, che ha osservato le modifiche che si verificano nelle relazioni intra e interaziendali e le potenzialità della collaborazione tra imprese, enti pubblici, università, enti di ricerca e attori dello sviluppo. Dal lavoro tematico emergono alcune considerazioni che, pur non potendo essere considerate esaustive, costituiscono utili suggerimenti e spunti di riflessione per i decisori politici e per gli attori dello sviluppo: • l’approccio ai mutamenti organizzativi e la loro introduzione nell’impresa devono prevedere un’analisi complessiva dell’azienda, della sua organizzazione, delle sue metodologie di lavoro, dei processi e delle funzioni ad ogni livello. Questa analisi è necessaria perché chi introduce le modifiche organizzative conosca la cultura di quell’impresa e attui l’intervento nel rispetto di tale cultura; • poiché i mutamenti organizzativi comportano anche cambiamenti nelle competenze richieste a manager e lavoratori, l’analisi dell’impresa deve comprendere anche l’analisi delle figure professionali e delle competenze chiave. I risultati di questa indagine devono essere condivisi da • • • • • • tutti i componenti dell’organizzazione; la parola chiave per la formazione in un contesto lavorativo flessibile è “polivalenza”: di ruoli, di competenze, di abilità; le attività formative devono essere erogate prevalentemente sul posto di lavoro, utilizzando strumenti prodotti ad hoc e metodologie adattate al contesto aziendale; la consapevolezza, la motivazione e l’impegno degli imprenditori, dei manager e dei lavoratori devono essere considerati requisiti necessari perché l’introduzione delle modifiche organizzative e della flessibilità in azienda abbia successo. Ciò è tanto più importante nelle realtà imprenditoriali di piccole dimensioni, nelle quali la figura dell’imprenditore assume una pluralità di ruoli e di funzioni non riscontrabile in realtà imprenditoriali più grandi; deve essere chiara fin dal principio la ragione per cui l’azienda ha bisogno di modifiche organizzative e di flessibilità e quali scopi si prefigge il cambiamento organizzativo; la fase di preparazione all’introduzione delle modifiche organizzative in azienda deve essere negoziata fra tutte le componenti aziendali e fra tutti coloro che avranno un ruolo nel processo. Poiché le modifiche organizzative toccano interessi diversi e talvolta contrapposti, un bilanciamento di tali interessi deve essere assicurato; il processo di introduzione dei mutamenti organizzativi deve esse- • • • • • re accompagnato da un’esaustiva strategia di comunicazione finalizzata a dare all’organizzazione informazioni su cosa sta accadendo e perché; il processo di introduzione dei mutamenti organizzativi deve essere olistico e graduale. I risultati di tale processo devono essere continuamente monitorati e valutati, utilizzando strumenti prodotti ad hoc per analizzare fino a che punto cambia il modo di lavorare; l’approccio partecipativo deve essere garantito in ogni fase del processo di introduzione delle modifiche organizzative. Autorità locali, parti sociali, aziende, enti di ricerca e formazione devono cooperare costantemente; il principio della parità di opportunità deve essere sempre considerato. Le discriminazioni basate sull’inadeguatezza delle competenze o sulle connotazioni di genere devono essere evitate. Ciò vale anche per quelle categorie di lavoratori che, come i cosiddetti lavoratori atipici, non vengono generalmente considerate nei piani formativi aziendali; il processo di introduzione dei mutamenti organizzativi può essere agevolato individuando, all’interno dell’azienda, figure chiave capaci di diffondere conoscenze, competenze e abilità apprese durante la fase di introduzione dei cambiamenti organizzativi, consentendo così la sostenibilità dei benefici nel tempo; l’attività di benchmarking con imprese che hanno già inserito con successo modifiche organizzative al loro interno può esse- • • • • • • • • re molto efficace per diffondere i benefici ottenuti; i mutamenti organizzativi e la flessibilità devono essere considerati come un mezzo per incrementare la competitività delle imprese, migliorarne la produttività e ottenere migliori condizioni di lavoro; la flessibilità non deve essere considerata come fine a se stessa; il processo di introduzione in azienda dei mutamenti organizzativi e della flessibilità ha bisogno di essere agevolato dall’adattamento della legislazione contrattuale e dei sistemi fiscali e di retribuzione; le agevolazioni fiscali sono utili a sostenere gli investimenti per lo sviluppo delle risorse umane; i rischi di discriminazione basati sui bassi livelli di competenza e sulle connotazioni di genere devono essere evitati migliorando la legislazione sociale a livello europeo, nazionale e locale; le esperienze pratiche sviluppate all’interno dei progetti Adapt e relative all’introduzione dei cambiamenti organizzativi devono essere trasferite nelle politiche nazionali e locali di sviluppo, nella pianificazione dell’attività formativa e nelle politiche attive del lavoro; gli strumenti e i modelli realizzati e strutturati per le Piccole e medie imprese devono essere adottati e diffusi; i concetti di formazione aziendale e di formazione continua devono essere trasferiti nella pratica, prevedendo forme di incentivazione; • le istituzioni locali devono assicurare la loro partecipazione a tavoli di concertazione fra imprese e parti sociali, come modo efficace per garantire l’impegno delle istituzioni stesse a migliorare l’organizzazione del lavoro in azienda. Questa classificazione è dovuta al Professor Daniele Boldizzoni di ISTUD. 1 Conclusioni: job rotation insieme alle nuove tecnologie è in grado di trovare nuovi e più interessanti percorsi per lo sviluppo. WORKSHOP 6 “La Job Rotation in un’Europa allargata” Coordinatore: Lizzie Feiler Relatori: Jelka Arh (Centro per la Formazione Professionale, Slovenia) Michel Laine (Employment Commuinty Initiatives) Reporter: Lotti Albegiani Partecipanti: Mrs Daniza Prazakova, (Europrofits sro, Repubblica Ceca), Emmanuela Stefani (Technopolis), Witold Szwebs (AOF), Gundula Bölke (SPI) Jelka Arh del Centro Sloveno per l’educazione e la formazione professionale, con sede a Ljubljana, presenta il progetto che prevede una nuova rete transnazionale di Istituti Nazionali per la Formazione (NTI Network) nell’ambito del Fondo Sociale Europeo istituito dalla DG Occupazione e Affari Sociali e supportato dalla Fondazione Europea per la Formazione mediante l’apporto di mezzi tecnici e di esperti nei 10 paesi PAC (pre-accession countries). La Job Rotation é considerata come uno strumento importante nell’implementazione dei fondi FSE nei 10 paesi PAC. Nel contesto nazionale della Slovenia, le possibilità e la viabilità della Job Rotation saranno testate nei settori dell’industria del legno, dell’industria metallurgica e del turismo. Per quanto riguarda il settore dell’industria metallurgica, un settore in piena evoluzione strutturale, si programma di inserire la Job Rotation, come misura complementare, nell’ambito dell’attuale progetto “5000 disoccupati”. Il momento é quello giusto per introdurre la Job Rotation, poiché la Slovenia sta già attuando il suo Piano d’Azione Nazionale per l’Occupazione per gli anni 2000 e 2001 già approvato a livello governativo, ed é in procinto di utilizzare i fondi FSE nel prossimo futuro. Il fatto che la Slovenia sia un paese piccolo può essere considerato come una caratteristica positiva, in quanto essa dà modo al paese di realizzare in maniera molto flessibile innovazioni e implementazioni. La signora Ahr intende disseminare tutte le informazioni di una qualche rilevanza ottenute durante la conferenza di Roma a tutti i partner della rete transnazionale nei paesi PAC ed informarli sulle possibilità di implementare la Job Rotation nei loro paesi. Daniza Prazakova elenca le principali attività di EUROPROFIS, un’organizzazione che opera nel settore della consulenza e della formazione nell’ambito di argomenti relativi al mercato del lavoro. Un progetto di sviluppo delle risorse umane nell’industria automobilistica della Repubblica Ceca é in via di realizzazione, in cooperazione con i ricercatori Danesi. La Job Rotation potrebbe contribuire eccellentemente alla soluzione dei problemi legati al mercato del lavoro e all’economia in evoluzione. Poiché gli impiegati degli uffici del lavoro regionali e locali hanno a loro disposizione una vasta gamma di misure e strumenti, sarà opportuno convincerli a prendere parte attivamente al processo di realizzazione. Un progetto Leonardo, iniziato di recente in cooperazione con partner austriaci, danesi, tedeschi, polacchi ed ungheresi, ha come obiettivo la disseminazione del metodo della Job Rotation e lo sviluppo di condizioni adeguate al contesto nazionale. Punti chiave della discussione: La discussione si é incentrata sulla seguente domanda: quali fattori possono essere considerati positivi e di supporto per una trasferibilità della Job Rotation ai PAC? I punti chiave della discussione, e le successive raccomandazioni sono stati: - Scambio di esperienze e di informazioni sui diversi campi d’azione degli schemi di Job Rotation negli stati membri dell’Unione Europea; informazioni su esempi di buone pratiche. - Inoltre, l’istituzione e il mantenimento della comunicazione tra i nuovi partner dei PAC ed i “vecchi membri” della rete EU-Jobrotation potrebbe essere di grande utilità per tutti. - L’implementazione (con ottimi risultati) dei progetti pilota nei PAC potrebbe essere un importante punto di partenza ed aiutare a coinvolgere gli organi decisionali. - Il lavoro con reti già esistenti a livello territoriale e settoriale nei PAC é stato raccomandato dal rappresentante della Commissione Europea, raccomandazione condivisa dai partecipanti al workshop. - Un fattore determinante potrebbe essere costituito dall’adesione totale delle Autorità regionali e locali del Lavoro. - L’elaborazione e l’attuazione di progetti pilota nei PAC potrebbe entrare a far parte delle strategie nazionali ad ampio raggio; tenendo in considerazione soprattutto i risultati positivi che possono derivare dall’implementazione della Job Rotation, piuttosto che lo strumento in sé. (“la Job Rotation non é fine a sé stessa ma un mezzo per raggiungere uno scopo” e può essere un valido contributo alla soluzione dei problemi del mercato del lavoro). Conclusioni: job rotation non è un fine ma un mezzo per arrivare al fine; può essere un contributo per risolvere i problemi del mercato del lavoro. WORKSHOP 7 “I costi ed i benefici di Job Rotation: grande industria e PMI a confronto” Coordinatore: Joyce Connon Relatori: Henri Le Marois (E 21), Piero Busetta (Fondazione Curella), Natalie Royer (Transpole), Donatella Amato (Mondo Impresa), Reporter: Daniela Dentici Partecipanti: Yolanda Lopez (Fondo Formación), Marzio Novello (ALZ Bremen), M.F. Costagliola (ANFA) Joyce Connon presenta la sua associazione e il ruolo che ricopre. Quindi chiede ad ogni partecipante di fare lo stesso. Finito il giro di presentazioni, Henri Le Marois, direttore generale della E21, azienda di consulenza del sud della Francia, inizia a raccontare la sua esperienza. La E2i svolge attività legate all’impiego, all’inserimento sociale e allo sviluppo locale, e promuove la Job Rotation da circa tre anni. La Job Rotation ha due principali vantaggi: uno per i lavoratori, e di conseguenza anche per le aziende, ed uno per i sostituti, in quanto rappresenta un modo, per i disoccupati, di trovare lavoro. In Francia, vengono utilizzati anche altri metodi. Esistono le cosiddette “imprese di inserimento” che si preoccupano di “produrre” e “vendere”, sul mercato del lavoro, persone che hanno difficoltà nel trovare un’occupazione. Tali imprese ricevono sovvenzioni da parte dello Stato. Vi sono anche i “cantieri scuola” per il restauro di monumenti. Per quanto riguarda il progetto Job rotation, è stata realizzata una griglia per l’analisi finanziaria delle principali attività. Si distinguono i costi relativi ai dipen- denti, che vengono sostenuti indipendentemente dall’applicazione della Job rotation, ed i costi per i sostituti. I primi comprendono: - il costo “pedagogico”, cioè relativo all’animazione, all’affitto dei locali, al materiale, ecc. -il costo della progettazione - il costo per la remunerazione dei dipendenti durante le ore di formazione. Per ogni costo, esistono diverse possibili fonti di finanziamento: - finanziamenti dello Stato - finanziamenti del Consiglio Regionale - altri finanziamenti pubblici - finanziamenti privati. In Francia, l’1,5% del costo relativo al dipendente deve essere obbligatoriamente destinato alla formazione, se non viene utilizzato, deve essere versato in un fondo al quale possono attingere tutte quante le aziende. Sono più spesso le piccole imprese che non riescono a spendere tale quota, mentre le imprese di grandi dimensioni spendono di più. Per quanto riguarda i costi relativi ai sostituti, strettamente correlati all’utilizzo della Job rotation, si distinguono in: - costi per la formazione, comprendenti: - il costo “pedagogico” - il costo della progettazione - l’indennità dei formandi che non hanno il contratto - la remunerazione, durante le ore di stage, dei sostituti muniti di contratto - costi per la sostituzione, cioè: -la remunerazione dei sostituti - il costo della progettazione. Viene sottolineato il fatto che, in Francia, vi sono delle sovvenzioni destinate alla formazione, e che non si può lavorare in un’azienda senza essere pagati. Attualmente, c’è un dibattito in corso, in quanto si vorrebbe trovare il modo di non pagare i sostituti. Henri Le Marois espone, quindi, il caso di un’azienda di circa 800 persone che ha formato 229 dipendenti, sostenendo un costo totale di un milione di euro. Il costo relativo alla formazione e all’organizzazione è stato di circa 200 mila euro, esclusi i costi per i dipendenti. I sostituti coinvolti sono stati 17, il cui costo, di 10 mila euro per ciascuno, è stato compensato dal fatto che il 70% di questi è stato assunto nell’azienda al termine dei sei mesi di corso. Mentre il restante 30% è risultato “impiegabile”, nel senso che, comunque, aveva arricchito il proprio curriculum. Poiché si è calcolato che, per mantenere una persona occupata, lo Stato deve sostenere un costo di 15 mila euro l’anno, risulta evidente la convenienza nell’utilizzare il metodo della Job rotation. Segue la presentazione di Natalie Royer, dirigente della Transpole, grande azienda privata di trasporti, che conta 1.600 dipendenti e che partecipa a gare per il trasporto pubblico della città di Lille (autobus, metro e tram). Fa parte di un grosso gruppo costituito da 125 aziende divise in tutta la Francia e che occupa circa 23 mila dipendenti. Il fatturato della Transpole era di 100 milioni di euro e il piano di formazione annuale prevedeva 1.120.000 euro (ovvero il 3% della massa salariale). L’azienda aveva un progetto di sviluppo tecnologico della metropolitana, che avrebbe comportato una trasformazione ed una riqualificazione del personale, per riuscire ad utilizzare le nuove tecniche. Si voleva estendere una linea della metro avvalendosi della tecnologia della terza generazione, per cui la difficoltà era quella di far coesistere le due tecniche, la vecchia e la nuova. La strategia dell’azienda era quella di privilegiare la qualificazione del proprio personale, mettendo a punto delle tecniche formative nuove. Il primo progetto ha previsto la formazione dei dipendenti, conducenti di autobus, conducenti di tram e controllori della metropolitana, ed ha coinvolto 350 lavoratori dipendenti, 40 sostituti, 36.000 ore di formazione pari a 18 mesi. Il piano di formazione aziendale avveniva, in passato, senza problemi di sostituzioni, in quanto venivano richiesti dei lavoratori interinali. Vista la portata del progetto, il numero dei lavoratori interessati alla formazione e la durata della stessa, si è posto il problema della sostituzione. A livello del gruppo aziendale, vi era la volontà di investire in politiche creatrici di nuovi posti di lavoro, per cui si è pensato di utilizzare la Job rotation. Per sostituire i 350 dipendenti, si è provveduto a raggrupparli per categorie di lavoratori, quindi è stato utilizzato un metodo a scalare: 40 sostituti sono stati formati, preliminarmente, come conducenti di autobus (che rappresenta la mansione più facile). Questi, dopo la formazione, hanno sostituito i dipendenti dell’azienda che, a loro volta, sono stati formati per diventare conducenti di tram, per- mettendo a questi ultimi di formarsi e di sostituire. Utilizzando tale metodo, non si è fatto ricorso al lavoro interinale, come veniva fatto in passato. C’è una distinzione tra i costi per la formazione dei dipendenti e quelli per la formazione dei sostituti. Si prevede che il costo totale del progetto sia di 2.735.000 euro, così suddiviso: - 30% per la formazione dei sostituti; - 64% per la formazione dei dipendenti; - 6% per la progettazione. Tali dati sono suscettibili di variazioni, in quanto il progetto termina a settembre del 2000. L’azienda ha ottenuto: - 1.430.000 euro, da un finanziamento pubblico, dal Fondo Sociale Europeo e dal Comune di Lille; - 185.000 euro, dal fondo nazionale per la formazione; - 1.120.000 euro, sono stati messi a disposizione dall’azienda stessa. Il professore P. Busetta osserva che i costi per questa operazione non sono rilevanti, ma si chiede qual è il vero obiettivo della Job rotation: è di creare nuova occupazione? Di sviluppare politiche sociali? Di ottenere più flessibilità salariale? O di realizzare una maggiore competitività grazie ad un aumento della formazione? Piero Busetta ritiene che, se gli obiettivi sono solo alcuni, va bene, se invece sono troppi, si potrebbe appesantire il sistema. Altro elemento da considerare è quello di non poter pensare di applicare politiche del lavoro simili in realtà totalmente diverse. Joyce Connon pensa che la Job rotation possa funzionare sia quando il livello di disoccupazione è elevato – e, in questo caso, ci sono sicuramente più vantaggi - sia quando è più basso. La Job rotation è uno strumento sociale, ma le imprese hanno bisogno di qualificare il proprio personale per migliorare la competitività. Gli scopi sono molteplici, e tutti molto importanti. Piero Busetta ribadisce che, se lo scopo è quella di aumentare la competitività, si rischia di appesantire il sistema, ma se lo scopo è quello di essere uno strumento sociale, va bene. Henri Le Marois fa notare che, in Francia, lo scopo era quello dell’aumento della competitività, mentre in Danimarca, era quello di reclutare del personale. L’impatto sociale è sempre interessante se contribuisce ad arrestare la crescita del tasso di disoccupazione. Piero Busetta osserva che, in Sicilia, il problema è che c’è il personale qualificato, ma non trova dove impiegarsi e, per questo, si sposta in altre zone. Donatella Amato presenta il progetto VendoSud, anche se, in effetti, non ha a che fare con la Job rotation. Il suo scopo è quello di vedere si è possibile una sua applicazione nella parte finale del progetto o in una sua eventuale prosecuzione. Spiega che si tratta di un progetto pilota, realizzato su 32 province del sud Italia, finanziato dal F.S.E., e il cui scopo è quello di formare 183 giovani nel campo dell’ export. E’un progetto on the job: i giovani vanno direttamente a visitare le imprese, fanno un check-up aziendale, tornano in aula, analizzano il caso e vedono se l’azienda ha bisogno di personale specializzato nel settore dell’export. Visto però che, la maggior parte delle aziende, non ha la possibilità di assumere nuovi impiegati, si può pensare di realizzare un progetto di Job rotation, per fare in modo che, questi 183 ragazzi, possano essere impiegati nelle aziende che ne hanno bisogno. Si potrebbero immaginare come delle figure, poste a fianco dell’imprenditore, che offrano delle consulenze specialistiche ad un prezzo molto competitivo. Tale progetto potrebbe realizzarsi nel mune, che viene utilizzato, di volta in volta, dalle aziende che ne hanno bisogno. Piero Busetta fa notare che non è così facile da realizzare in Italia, dove la situazione è molto diversa e dove, proprio il campo della formazione, è stato gestito in maniera scandalosa. Riprendendo i lavori nel pomeriggio, Joyce caso in cui la Job rotation comprendesse, oltre che la sostituzione, anche l’implementazione. Marzio Novello spiega che, in Germania, almeno il 60-70% di formazione deve essere richiesto, se no non si può accedere ai fondi. Henri Le Marois suggerisce a Donatella Amato di fare come in Francia, dove sono stati creati dei consorzi di imprenditori che assumono del personale in co- Connon ricorda che la Job rotation, in Danimarca, è nata nelle grandi aziende e, poi, si è sviluppata in Europa, grazie ad Adapt, nelle piccole aziende. Henri Le Marois dice che, in Francia, il F.S.E. è utilizzato per la formazione sia delle grandi che delle piccole aziende. Il problema, in Danimarca, era quello di formare il personale e, visto che non facevano ricorso al lavoro interinale, han- no pensato di utilizzare la Job rotation. Continua dicendo che, i vantaggi economici della Job rotation nelle grandi aziende, sono inferiori rispetto a quello delle PMI, ma che, le prime, hanno più che raddoppiato il budget per realizzare il programma di riqualificazione. In Francia, tutti promuovono la Job rotation, sia gli enti locali, sia il settore pubblico. Natalie Royer sottolinea il fatto che, una volta mobilitata la Job rotation, si è cercato di trovare nuove forme di finanziamento (ad esempio, il F.S.E.). Marzio Novello fa presente che, in Germania, i progetti Adapt sono rivolti, per legge, solo alle piccole imprese e che, per un’organizzazione come la loro, è impensabile l’applicazione della Job rotation senza Adapt – come suggerito da Henri Le Marois -, in quanto verrebbe a mancare il sostegno finanziario. Joyce Connon sostiene che bisogna cercare altre forme di finanziamento e che si è speso molto tempo, nella costruzione della Job rotation, per realizzare un piano finanziario diverso per ogni paese. Yolanda Lopez dice che, in Spagna, viene fatta della formazione per i disoccupati, e che questa, per il 60%, è gratuita per l’impresa. Henri Le Marois afferma che uno dei problemi della Job rotation è quello di trovare i sostituti, per cui è importante lavorare a stretto contatto con le agenzie di lavoro interinale, che gestiscono una banca dati dei lavoratori. Joyce Connon rileva il fatto che, in Scozia ed in Inghilterra, non c’è né una legge sulla formazione, né un fondo a disposizione delle aziende destinato alla formazione. Lo stato ritiene che debba essere un costo a carico dei datori di lavoro. Pertanto, si sta cercando di incentivare questi ultimi con delle iniziative (tipo marchio di qualità), per spingerli a pensare alla formazione in senso più lato. La Job rotation potrebbe essere un buon metodo da applicare in quanto, un sostituto arriva in un’azienda e sostituisce un lavoratore per un mese, e, quando questo torna, ne sostituisce un altro. In questo modo, un mese alla volta, è possibile che tutti i dipendenti si possano riqualificare. Henri Le Marois fa presente che, più bassa è la qualifica del lavoratore, più facile è sostituirlo. Joyce Connon suggerisce di fare come l’azienda Transpole in Francia, in quanto, tale metodo, permette al lavoratore di fare carriera. Sono riusciti ad applicare tale metodologia anche a Glasgow, dove vi erano delle persone che non lavoravano da tre generazioni, per cui difficilmente inseribili in un contesto lavorativo, e ciò grazie ad un periodo di formazione più lungo (circa sei mesi), ed all’affianca-mento da parte di tutor. Henri Le Marois descrive i “Piani locali di inserimento lavorativo”, che permettono di formare delle persone che hanno difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro, fino a quando non trovano una sistemazione. In media vengono formate per 18 mesi e vengono seguite da un mentore. Donatella Amato chiede se è possibile realizzare la Job rotation senza l’aiuto dello Stato, visto che, in Italia, è difficile. Henri Le Marois risponde che, in Francia, ci sono degli aiuti per la formazione, rivolti soprattutto a persone in difficoltà. I fondi di Adapt vengono utilizzati solo per l’elaborazione del progetto, non per la formazione. Vengono fatti dei contratti con dei manager, cui danno il 50% del finanziamento destinato all’elaborazione del progetto. In conclusione, Henri Le Marois sottolinea l’importanza della valutazione della Job rotation, come metodo per convincere le amministrazioni pubbliche ad utilizzare tale strumento, puntando sul raffronto fra costi e benefici. Conclusioni: un’approfondita valutazione finanziaria dei costi-benefici della job rotation è uno strumento per coinvolgere un numero sempre maggiore di imprese. Intervento di Lalage Mormile e Antonella Marsala Buongiorno, ho il piacere di presentarvi il lavoro che ho curato insieme alla Dott.ssa Antonella Marsala. La ricerca, dal titolo “Job rotation, un’ipotesi normativa” vuole essere il completamento dell’esperienza realizzata da Arcidonna sul campo, nel settore del turismo, in questi anni in Sicilia. Consapevoli della bontà dello strumento Job rotation e altrettanto consapevoli delle difficoltà di inserire la J.r. nel contesto normativo attuale e soprattutto nel contesto normativo e finanziario siciliano, attraverso la ricerca abbiamo voluto mettere a fuoco gli ostacoli che di fatto si frappongono alla piena implementazione dello strumento. Per far questo abbiamo innanzitutto guardato all’esperienza dei nostri partner europei, soprattutto alla Danimarca, ove la J.r. è nata e al Portogallo ove recentemente è stata emanata una legge che dà pieno titolo alla J.r. quale strumento di politica attiva del lavoro. La ricerca, dunque, si propone di offrire una rapida panoramica dell’evoluzione della J.r. nei diversi contesti europei. L’analisi delle esperienze europee ci ha mostrato che affinché la J.r. possa avere successo è necessario che oltre alla diffusione di una cultura differente all’interno delle PMI riguardo alla formazione, che sia regolato contrattualmente il rapporto di lavoro fra sostituto ed impresa e che vengano aiutate finanziariamente le PMI per le quali la formazione è un costo che incide notevolmente. La ricerca si propone anche di evidenziare le possibili risorse locali da utilizzare per la J.r. e sotto questo profilo dobbiamo dire che la Regione Siciliana è ricca di norme che prevedono incentivi per le imprese che assumono. Proprio nel momento in cui la ricerca stava per andare in stampa è stata introdotta in Italia la L. 53/ 2000 intitolata “Disposizioni per il sostegno alla maternità e della paternità”, legge che per noi di Arcidonna è stata salutata con grande favore, non solo, ovviamente, perché rispondente alla politica della distribuzione dei tempi di vita fra uomo e donna, ma anche, e per quel che qui maggiormente interessa, per la previsione del congedo per la formazione continua, ossia per il diritto (riconosciuto in molti Paesi europei già dal 1994) per il lavoratore di assentarsi per seguire percorsi formativi. E’ chiaro che ciò può avere una forte refluenza sulla J.r., sia perché, essendo questa un’ipotesi di astensione facoltativa, il rapporto fra sostituto e datore di lavoro potrà essere regolato anche da un semplice contratto a termine, ma anche perché dal momento che assentarsi per la formazione diventa un diritto, i lavoratori saranno stimolati a partecipare ad esperienze di formazione continua. In appendice abbiamo poi proposto un disegno di legge, disegno di legge che ha convinto il nostro Assessore al Lavoro che lo ha modificato, adeguato alle particolari esigenze e lo ha presentato in Giunta. Speriamo adesso che i tempi di approvazione siano brevi. II TAVOLA ROTONDA “JOB ROTATION E L’AGENDA POLITICA” Obiettivo: il ruolo della formazione permanente e delle esperienze di formazione on the job in un’ottica di pari opportunità nelle politiche attive del lavoro per il III millennio. 1. Commissione Europea Michel Laine, Capo Unità Iniziative Comunitarie 2. Governo Sicilia Antonino Papania, Assessore Regionale Lavoro 3. EBNT* Salvatore Scalisi, direttore sede Sicilia 4. CGIL Patrizia Mattioli, Segreteria Nazionale 5. Arcidonna Valeria Ajovalasit, Presidente 6. FGMM** Joel Bienassis, Segretario Federale 7. Ministero del Lavoro Bassa Sassonia Wolfang Toboldt, dipartimento cooperazione internazionale 8. CESCOT Confesercenti Fracesco Raffo, presidente nazionale Coordinamento: Lucia Annunziata RAI 3 * Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo ** Fédération Générale des mines et de la métallurgie Dopo un saluto della coordinatrice, apre Valeria Ajovalasit raccontando in breve dell’esperienza siciliana e delle prospettive future, facendo cenno al Disegno di Legge relativo all’introduzione di Job Rotation nelle politiche attive del lavoro della Regione Sicilia e promosso dall’Assessore al Lavoro della Regione. Lucia Annunziata chiede quindi all’Assessore Papania se l’esperienza con Arcidonna è stata per lui convincente. L’On. Papania risponde che sicuramente l’esperienza è stata molto convincente ma che il solo strumento legislativo non basta. L’Assessorato al Lavoro ha anche finanziato un progetto pilota (come accennato nella tavola rotonda tecnica del mattino, NdR) per testare la JR in altri settori produttivi. In tal senso una convenzione è già pronta e sta per essere stipulata tra Assessorato, Area di Sviluppo Industriale di Palermo e Arcidonna. La convenzione va incontro ad una precisa richiesta delle imprese tutte. Le iniziative sono dunque due una è immediata: il finanziamento che consente di sperimentare il modello JR in tutta la Sicilia, l’altra è più a medio termine e cioè la legge.Il disegno di legge ha bisogno di un passaggio legislativo e quindi di essere approvato dal Parlamento Siciliano. La convenzione invece consente di sperimentare il modello in tutta la Sicilia. Va incontro ad una precisa richiesta delle imprese tutte: occupabilità. E la JR fornisce un’ottima risposta a tale esigenza perché offre un doppio circuito: da un lato assicurare alle imprese la formazione continua e permanente del proprio personale, dall’altro affiancare coloro i quali rimangono nel ciclo produttivo mentre altri escono dal ciclo produttivo per riconvertire e riqualificare la propria professionalità. Questo sistema consente di trasformare la formazione, che diventa formazione teorica e formazione di affiancamento. Dall’insieme di questi due concetti deriva una possibilità “innovativa”di grande rilievo. “Non mi ha convinto soltanto la bontà dei risultati- afferma l’assessore – e la professionalità del lavoro svolto cupazione ma di spingere le imprese al licenziamento delle persone in organico per assumere persone nuove che possano godere degli stessi sgravi fiscali. Speriamo in una qualità migliore anche attraverso la JR. Interviene Salvatore Scalisi dell’EBRST raccontando della sua esperienza di Job Rotation in Sicilia con Arcidonna nel settore del turismo. Esperienza estremamente positiva, con risultati occupazionali pari al 75% ma, soprattutto, con una “fidelizzazione” degli imprenditori, inizialmente restii alle novità. La formazione è indispensabile nel setto- da Arcidonna né l’entusiasmo del coordinatore del progetto, ma piuttosto la lucida analisi di quello che si può fare. Mi sembra un superamento rispetto ai normali aiuti dell’Unione Europea al nuovo personale assunto. Il pericolo è stato spesso quello di non generare nuova oc- re turistico, in cui la risorsa umana costituisce la gran parte della qualità aziendale. E con il trend estremamente positivo che il turismo sta registrando in Sicilia, la Job rotation è sicuramente uno degli importantissimi strumenti di formazione del personale ed incremento della qualità dell’offerta. Interessanti per il settore anche le esperienze di “rotazione” con strutture estere.La Job Rotation in sintesi risponde alla domanda di formazione continua e alla necessità di acquisire quelle competenze necessarie per una occupabilità permanente nel mondo del lavoro. Secondo Franco Raffo della Confesercenti Nazionale è importantissimo parlare di formazione professionale continua. A lui dispiace che il programma Adapt vada a concludersi, però si augura che il programma Equal – la nuova iniziativa comunitaria che sviluppa progetti per l’occupazione e la formazione - consenta di effettuare altrettante sperimentazioni positive nei prossimi sette anni. Come rappresentante di un sistema di piccole medie imprese (che si occupa anche di formazione), racconta di aver preso contatto in passato col sistema della J.R. durante una Conferenza Europea a Copenaghen Ha tentato di mettere in pratica questo nuovo sistema ma non è riuscito nel suo intento per una questione di tempi. Ha trovato nel progetto di Arcidonna elementi di profonda qualità, e di riproducibilita’ dello stesso al di là del settore e del territorio in cui sono stati sperimentati. Il fatto che sia stato realizzato in Sicilia è un elemento che sicuramente valorizza la capacità propositiva presente nel paese. L’esperienza della JR si sofferma sulle piccole imprese caratterizzanti il nostro sistema economico e non soltanto quello italiano. E’ ampiamente ed estendibile a determinate condizioni che devono essere regolamen-tate non nei dettagli ma in una logica di “cornice”, una logica di confini entro i quali bisogna operare per non correre rischi come l’assunzione di nuovo personale o il rischio di perdere il posto di lavoro. Quindi alcuni accorgimenti, alcuni elementi di cornice vanno definiti; sicuramente l’esperienza legislativa siciliana può essere un modello, un punto di riferimento per la sperimentazione da riproporre in altre regioni. La seconda considerazione che fa ritenere questo strumento adeguato ed opportuno per la piccola impresa, è che in questa tipologia di azienda la formazione o comunque una qualifica che ciascuno di noi è in grado di offrire sul mercato del lavoro è una cosa che si acquisisce nel tempo con meccanismi sempre più riconducibili all’idea delle unità formative capitalizzabili o di crediti formativi che si acquisiscono in vari momenti della propria vita professionale in vari ambiti. Attraverso la J.R., inve- ce si può più facilmente ottenere nella fase iniziale della propria esperienza una formazione più completa da riportare nelle fasi successive del proprio cammino professionale. Riprende la parola la Annunziata che dice come sino a questo punto del dibattito tutti i partecipanti siano entusiasti di questa nuova formula ma che anche le persone poco esperte possono intuire alcune difficoltà, una delle quali è quella di avvenire all’interno di un modello di flessibilità delle questioni lavorative, tema su cui c’è una grande difficoltà in Italia. Secondo punto è come si effettua la selezione di coloro che prendono il posto dei lavoratori in aggiornamento (dei sostituti)? Continua la Mattioli dicendo che la formazione continua come arricchimento è fondamentale in Italia . In Francia le imprese versano per il fondo della Formazione Permanente il 1,5% delle imposte dovute, in Italia soltanto lo 0,30%. La nuova Fondazione (non ancora perfettamente attiva, NdR) finanzierà gli accordi della formazione. La Mattioli dice che questo strumento non deve essere utilizzato in maniera distorta; anche le risorse non sono più un problema. Impegno del governo: che sia finanziata la FP anche con la prossima finanziaria. Tre sono secondo Mattioli gli aspetti da portare alla massima attenzione: 1) il rapporto con l’occupazione bisogna garantire maggiore qualità professionale all’azienda che comporta immediatamente una maggiore competitività. Modello e contrattazione. 2) la selezione di chi si deve formare: troppo spesso le imprese coinvol- gono solo le alte professionalità. 3) con quale qualità la formazione viene erogata? È necessaria una certificazione della formazione effettuata che così potrà essere utilizzata anche domani sul mondo del lavoro quale titolo spendibile. Interviene Wolfang Tobolt del Ministero della Formazione e Lavoro della Bassa Sassonia raccontando che tutto in Germania è gestito a livello regionale ma molte dinamiche del lavoro vengono decise a livello regionale. In Germania pure ci sono delle difficoltà nella piena applicazione di Job rotation: bisogna fare ancora qualcosa a livello legislativo. In questo senso si sta cercando di attivare piccole iniziative a partire dai gruppi parlamentari. In Bassa Sassonia il Ministero della Formazione che gestisce le compe-tenze per le materie di lavoro ha varato diversi progetti di Job rotation con soggetti esterni e privati, anche grazie a fondi Adapt. Hanno una quota di integrazione al lavoro del 72% dei lavoratori partecipanti come sostituti. Il progetto ha avuto successo ed il suo particolare modello è stato disseminato anche in altri Länder. Il Ministero ha dunque attivato altri fondi per futuri progetti di Job Rotation.Il settore della Formazione Permanente è cosa allettante, le riqualificazioni all’estero hanno degli stage anche di nove mesi: per esempio dei giovani meccanici tedeschi stanno studiando in Italia a Venezia in questo momento. Anche la FAD (long distance learning) è interessante per le piccole imprese e si può utilizzare in programmi di Job Rotation. Per la politica iniziative a livello di Lander che vogliono agire sulla legislazione per esempio ora c’è una bozza di misura per la Bassa Sassonia. Secondo Tobolt bisogna procedere con i sindacati. Continua JoëL Bienassis Segretario Federale della Fédération générale des mines et de la métallurgie, il quale racconta di 410.000 addetti di imprese con circa quattro persone per impresa. Sintetizza in breve il lavoro svolto nel settore della meccanica insieme al promotore ANFA. Inoltre la Francia dispone di un Dossier sperimentale realizzato sulla base di inchieste sul campo. Tramite questo lavoro sono già individuate un numero di attività positive. Torna ora a parlare di politica dicendo che in Francia la legge, il legislatore, vengono dopo la contrattazione. Il Ministero del Lavoro ha richiesto una ricerca-valutazione su tutti i modelli di Job Rotation. I progetti più interessanti sono settoriali. Job rotation si inserisce perfettamente nel tema della flessibilità ma la presenza dei sindacati in ogni fase di avanzamento è indispen-sabile. Michel Laine Capo Unità Iniziative Comunitarie della DG Occupazione e Affari Sociali, continua dicendo che la JR in seguito al summit di Lisbona si è inserita nella strategia comunitaria del lavoro. La JR è un “modo di fare” ciò che si fa è nel cuore delle politiche attuali. JR non può non modificare la maniera di organizzare l’impresa. Ci sono un certo numero di condizioni che sono indispensabili. Più si va verso la piccola - micro impresa più è importante la formazione continua. Importante è che vi sia il dialogo tra i vari partner, il modo di fare della rete EU Job Rotation è esemplare e costituisce uno dei migliori (senonilmigliore) esempi a livello europeo. Tutto quello che la DG Occupazione e Affari Sociali vuole fare con le iniziative. Non sono progetti portati da un solo partner (mono partner) che non vuole che si metta il naso nel proprio lavoro ma, al contrario ci sono dentro soggetti pubblici e privati, profit e non profit. La cooperazione della “rete Transnazionale Job rotation” è una delle più ricche ed è una di quelle che più funzionali: è basilare nei rapporti transnazionali la “Governabilità” ciò che questa rete ha raggiunto come obiettivo. E’ chiaro che per la JR bisogna fare ancora dei progressi. Non è giusto che ci sia un solo Leader di rete: la cosa più importante, infatti, è la disseminazione, che viene qui dimostrata dalla legge siciliana. E’ importante trovare sensibilità politiche pronte a raccogliere le esperienze positive delle Iniziative, a non lasciarle disperdere. Un criterio di ricchezza per le Iniziative Comunitarie è proprio l’approccio di impatto politico: questo determina il grande successo del progetto Arcidonna. Questo tipo di rete attivato da Arcidonna a livello locale e da EU Job Rotation a livello europeo, ha la possibilità di realizzare una disseminazione orizzontale. Se diamo uno sguardo al futuro: il testo di Equal è stato pubblicato il 5 maggio. Bisogna vedere l’iniziativa nel quadro di una serie di strumenti laboratorio. Alcuni temi di Equal puntano alla cooperazione, i membri della partnership collabo-rano su alcuni punti contri-buendo allo sviluppo di nuove strategie dell’impiego. I punti più importanti, che hanno un forte collega-mento con la Job rotation sono: - riconciliazione tra vita lavorativa e vita familiare; - inserzione sociale. Ma la maggiore innovazione di Equal sono i partenariati di sviluppo. Equal è un nuovo tipo di progetto che oltre che essere strategico abbia anche un impatto sul territorio dove ha luogo. Lo sforzo è quello di un partenariato forte. Purtroppo di solito – ed avviene in tutta Europa - si lavora non insieme ma uno contro l’altro. Invece per un progetto efficace bisogna mettere insieme le analisi di tutti i Partner e prendere decisioni comuni che coinvolgano l’insieme degli attori. Basilare è la messa in rete dei progetti e l’identificazione delle buone pratiche. I tempi amministrativi per Equal sono purtroppo più lunghi del previsto: Michel Laine dice che per i finanziamenti si parla del settembre dell’anno 2001. Secondo lui bisogna costruire le politiche su quello che si fa adesso, un metodo di lavoro per riflessione collettiva. Non deve esserci un vuoto temporale tra i fondi Adapt e Equal se non si rischia di perdere il patrimonio di Eu Job rotation. I risultati di Adapt e Occupazione devono essere utilizzati, diffusi e devono servire per capire meglio quanto è stato fatto. In questo contesto i risultati di Job rotation meritano di essere consi-derati nell’ambito di un lavoro più ampio, le Iniziative Comunitarie si adopereranno affinché questa riflessione possa trovare spazi e mezzi adeguati nell’ambito della programmazione. Conclusioni: i risultati della job rotation dovrebbero essere considerati nell’ambito del lavoro di lunga durata. La Commissione Europea nell’ambito dei Programmi di Iniziativa Comunitaria farà del suo meglio in fase di programmazione per reperire spazi e risorse da destinare allo sviluppo della job rotation. Elenco partecipanti stranieri 1. Lizzie Feiler 2. Claudia Schiffkorn 3. Danica Prazáková 4. Didier Gelibert 5. Garnier Odile 6. Costagliola M.F. 7. Le Goff A.L. 8. Bienassis Joel 9. Gundula Bőlke Zeuner 10. Birgit Gericke 11. Manfred Birkhahn 12. Wolfang Tobolt 13. Eichler Michael 14. Emmanouela Stefani 15. Le Marois Henri 16. Karen Maes 17. Griet Pitteljon 18. Guido Herman 19. Doris de Neve 20. Veerle Herst 21. Heiner Rehling 22. Novello Marzio 23. Jőrg Hagedorn 24. Luxen Marie 25. Carlo Rürh 26. Yvonne Willberg 27. Joyce Connon 28. Cathy Moncrieff 29. Judith Macdonald 30. Brian Mckechnie 31. Judith Thomas 32. George Thomson 33. Jonathan Clark 34. Annette Kerr 35. Janet Gemmel 36. Karen Fraser ÖSB Consulenza Management ÖSB Consulenza Management EUROPROFIS AN.FA CNPA AN.FA LYON AN.FA LYON CFDT SPI SPI Gewerkshaft HBV Ministry OF Educ.Lower Sassonia C.D.G. TECHNOPOLIS E21 LOCA LABORA LOCA LABORA LOCA LABORA LOCA LABORA LOCA LABORA ALZ ALZ TÜV FOREN BQG BQG WEA WEA WEA WEA WEA North Ayr Partnership GDA GDA NORTH AYR forum SOUTH AYRSHIRE COUNCIL 37. Joyce Black 38. Gavin Macdonald 39. Dominique Berrier 40. Elsie Andersson 41. Berit Backvall Trivanen 42. Loop Robert 43. Lisa Sendker 44. Kostas Veskoukis 45. Torbjorn Trolte 46. Siebert Reiner 47. Heinz Gerd Hochhäuser 48. Franz Derriks 49. Ulrike Wamke-Amri 50. Kerstin Wilde 51. Klaus Maack 52. Pedro Pires 53. Yolanda Lopez 54. Asier Dieguez 55. Jørgen Thyde 56. Jørgen Ejlskov 57. Steen Bach Nielsen 58. Ulrick Skytte 59. Anette Tolsgaard 60. Carsten Schultz 61. Palle Ahle 62. Hans Bechgaard 63. Jens Kruhøffer 64. Witold Szwebs 65. Dirk Kleeman 66. Robert Morrall 67. Robert Sly 68. Pamela Burns 69. Wendy Samuels 70. Richard Allen 71. Roger Clarke 72. Britta Thomsen AYRSHIRE Ent. AYRSHIRE Ent VDAB Ufficio del Lavoro Fiammingo ABF NORRKOPING ABF FOREM Zebra Eductus Malardalen Eductus Malardanen BFZ BFZ BFZ BFZ ISA ISA SOPROFOR FONDO FORMATION FONDO FORMATION AOF Silkeborg AOF Vejle AOF Copenhagen AOF Horsens AOF Aarhus AOF Give LO (Danish Unions) AOF Silkeborg EU-JOBROTATION SECRETARIAT EU-JOBROTATION SECRETARIAT REDEG MBH MILTON KEYNES COLLEGE DORSET EMPLOYMENT SERVICE MILTON KEYNES COLLEGE BRISTOL TOURISM TASK FORCE ENGLISH TOURISM COUNCIL EMPLOYMENT SERVICE National Trade Union Private Sec. 73. Fries Guggenheim Eric 74. Gericke Michael 75. Nathalie Royer 76. Svend Aage Moeller 77. Michel Laine 78. Arh Jelka 79. Barbara Banasiak CEDEFOP CEO TRANSPOLE -Lille AOF HORSENS COMMISSIONE EUROPEA CENTRE ED. & TRAINING NATIONAL MARKET AUTH. Partecipanti Italiani 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 Bassanini Clara Belli Gloria Cerroni Elisabetta De Alexandris Sara Germini Patrizia Madami Giuseppa Maria Marano Giovanna Marsala Antonina Messina Lucio Noya Carla Pagani Cleopatra Pallais Andrea Pisicchio Eleonora Raffo Franco Sanfilippo Fabio Scalisi Salvatore Mazzola Gian Liborio Pietro Busetta Cipolla Anna Irelise Salamone Messina Roberta Simona Cannada Valeria Ajovalasit Albegiani Lotti Daniela Dentici Mormile Lalage Ombretta lo Bianco Paola Cipolla Francesca Columba Giorgio Ajovalasit Serio Luigi Papania Antonino Messina Ignazio Manfredi Roberta Battistoni Lea Mattioli Patrizia Cevoli Marida Tuzzolino Mauro Tiziana Cerchiello Gianni Principe De Micheli Barbara Sandri Serenella Petrocchi Fiora Incandela Marilena Pari e Dispari s.r.l. Isfol ENAIP-Roma Associazione Onlus L.I.S.A. CESCOT NAZIONALE Pari e Dispari s.r.l. Segreteria Generale CGIL Sicilia Cabina di regia UE Skal Club + Comitato Sicilia Golf e Turismo Uni.Versus CSEI Università Cattolica Milano CENTRO SVILUPPO S.P.A. PERFORMA - CONCOMMERCIO CESCOT NAZIONALE SudGest Consorzio Ente Bilaterale per il Turismo ARS Fondazione Curella Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna Arcidonna ISTUD Giunta di Governo Regione Sicilia Comune di Palermo CNEL Ministero della Solidarietà Sociale CGIL CGIL - ISF IG Sviluppo Italia CGIL ENCIPA Lazio Regione Emilia Romagna COMICENT CRESM 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 Gennaro Pannorro Margherita Cappelletti Donatella Amato Delia La Rocca Laura Spampinato Franco Frigo Antonietta Di Stefano Antonio Mocci Valentina Cardinale Valeria Viale Valeria Neri Paola Lencini Ivana Russiello EBNT Regione Siciliana Mondoimpresa Ministero delle Pari Opportunità ISMERI ISFOL ISFOL ISFOL ISFOL ISFOL Arci Catanzaro Speha Fresia s.r.l. Iside JOB ROTATION: un metodo nuovo per lo sviluppo della qualità e dell’occupazione MAGGIO 2000 – GIUGNO 2001 Si tratta di un Progetto Pilota di ricerca ed implementazione del modello di formazione permanente “Job Rotation” nei settori produttivi siciliani, promosso dal Consorzio ASI di Palermo ed attuato da Arcidonna con il co-finanziamento del FSE e del Ministero del Lavoro, nel quadro del P.O.P. 1994-1999. Obiettivo del progetto è quello di promuovere percorsi di formazione permanente in Sicilia, mediante l’individuazione dei reali fabbisogni formativi di alcune aree produttive del tessuto economico dell’Isola, al fine di sostenere l’adattamento dell’organizzazione del lavoro ai processi di innovazione tecnologica. Pensato come valido strumento per la riqualificazione della forza lavoro, indispensabile per contrastare l’esclusione dai processi di crescita e sviluppo dell’U.E., il metodo della Job Rotation - già sperimentato con successo da Arcidonna nel settore turisticoalberghiero - viene adesso esteso ai principali settori produttivi dell’economia siciliana. Sono circa 100 le unità produttive, dislocate su tutto il territorio regionale, che sperimenteranno il sistema che incrocia la formazione permanente dei propri dipendenti (che, con la riqualificazione, accrescono le proprie competenze) con la formazione on the job dei disoccupati (cui viene offerta una concreta possibilità spendibile nel mercato del lavoro). Il sistema della Job Rotation – che si esplica attraverso la formazione dei sostituti, l’affiancamento, la sostituzione e la riqualificazione dei dipendenti – prevede la sostituzione dei dipendenti dell’azienda, cui viene così offerta la possibilità di riqualificarsi, da parte di disoccupati formati a tale scopo. Nella prima fase si procederà a sensibilizzare i soggetti del mondo imprenditoriale potenzialmente interessati alla sperimentazione della Job Rotation, ad individuare, mediante una ricerca, il campione dei settori produttivi e delle tipologie di aziende che prenderanno parte al progetto, ed a delineare i fabbisogni formativi emersi per settore produttivo. Successivamente avrà inizio la job rotation vera e propria, che si articolerà nelle seguenti fasi: - formazione dei disoccupati/sostituti, in base alle mansioni da ricoprire in azienda ed ai bisogni delle singole aziende (120 ore di teoria); - moduli di mentoring, rivolti tanto ai dipendenti (mentors) quanto ai sostituti (mentees) (12 ore); - affiancamento dei sostituti ai dipendenti nello svolgimento delle loro mansioni (320 ore); - sostituzione dei dipendenti con i sostituti (160 ore) e conseguente avvio della riqualificazione dei primi sulla base dei bisogni aziendali rilevati in fase di ricerca (160 ore). Il progetto prevede in concreto: - la realizzazione di 7 interventi formativi, uno per ogni macro-area tematica individuata mediante la fase di ricerca sulla base dei fabbisogni formativi delle aziende, mediante: - la formazione specifica di 160 disoccupati/sostituti; - la riqualificazione di 160 dipendenti/riqualificandi. Si auspica altresì: - la creazione di 64 nuovi posti di lavoro presso le aziende del panel rilevato; - il miglioramento delle professionalità di 160 posti di lavoro già esistenti presso le medesime aziende.