atti della conferenza europea "mainstreaming jobrotation"

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atti della conferenza europea "mainstreaming jobrotation"
COMITATO ORGANIZZATORE CONFERENZA EUROPEA JOBROTATION - ROMA 12 MAGGIO 2000
CONFERENZA EUROPEA
MAINSTREAMING JOBROTATION
ROMA 12 MAGGIO 2000
Jolly Hotel Midas - via Aurelia, 800
8,45
Accoglienza dei partecipanti e visita all’esposizione JobRotation
9,15
Saluti delle autorità italiane
9,30 - I TAVOLA ROTONDA - “JobRotation: strumento tecnico per la formazione in Europa”
Arcidonna , ISFOL, Ministero della Solidarietà Sociale, CNEL, EU JobRotation Network, CGIL,
Attori Sociali nazionali ed internazionali, Confindustria, Sviluppo Italia, Gruppo DS, Partner
europei.
Coordina: Massimo Mascini, Il Sole 24 Ore
Dibattito
11,30
12,00
Coffee break
Gruppi di lavoro
1.JobRotation, strumento ideale della nuova formazione permanente.
2.JobRotation, pari opportunità ed esclusione sociale.
3.L’inserimento di JobRotation nella riforma dei fondi strutturali e nei quadri
legislativi europei.
4.Turismo e servizi: JobRotation strumento ideale di crescita qualitativa nelle PMI
e nelle aziende pubbliche?
5.Le nuove forme di organizzazione del lavoro: “Developing theworkplace”.
6.JobRotation in una Europa allargata.
7.I costi ed i benefici di JobRotation: grande industria e PMI a confronto.
Coordinano: Commissione Europea, EU JobRotation Network, Arcidonna,
CEDEFOP, L.O. Sindacati Danesi, ISFOL, Associazioni datoriali, CGIL,
Fondazione Curella, Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo.
13,15
14,30
15,45
Pranzo
Gruppi di lavoro
Sessione Plenaria
Ricerca Arcidonna: “JobRotation un’ipotesi normativa”
16,15
II TAVOLA ROTONDA - “JobRotation e l’agenda politica”
Arcidonna, Commissione Europea, Ministero del Lavoro, Ministero delle
Politiche comunitarie, Ministero degli Affari Regionali, Istituzioni nazionali di P. O.,
EU JobRotation Network, Sindacati nazionali ed internazionali, Confindustria.
Coordina: Lucia Annunziata, RAI
Dibattito
17,15
Conclusioni
Introduzione
Questa conferenza è stata organizzata
grazie all’attiva cooperazione tra Isfol, EU
Job Rotation Secretariat e Arcidonna.
La conferenza è stata finanziata dal progetto EU Job Rotation II phase promosso
da Arcidonna, dall’Unità Adapt dell’Isfol
e da EU Job Rotation Secretariat nell’ambito del progetto “N.I.W.” finanziato
dall’art. 6 FSE.
Gli ottimi risultati raggiunti sono frutto dell’attiva partecipazione di ciascun organizzatore e dell’importante contributo del
comitato di pilotaggio del Network EU Job
Rotation.
Chiedendo scusa a coloro che, per mancanza di spazio, non vengono citati, rivolgo un caloroso ringraziamento a
Antonietta Di Stefano, coordinatrice dell’Unità Adapt dell’Isfol, insieme a Gloria
Belli e Antonio Mocci, Jens Kruhøffer, Segretario Generale del network EU Job
Rotation e Witold Schwebz. Il mio grazie
va anche a tutto lo staff di Arcidonna,
come sempre flessibile “contenitore di
idee”, impegnato nell’organizzazione pratica, nelle pubbliche relazioni, nella grafica, nell’accoglienza dei partner, nella distribuzione di materiale, nelle traduzioni,
nel report dei workshop.
Un ringraziamento va, infine, alle “volontarie” dell’ufficio stampa regionale e nazionale, Donatella Palumbo e Maria
D’Amico, a tutti i relatori e a tutti i partecipanti.
Roberta Messina
TAVOLA ROTONDA TECNICA
Job rotation: strumento tecnico per la formazione in Europa
Obiettivo: l’analisi dello strumento
job rotation in relazione alle
tematiche della formazione permanente in Europa e del mutato quadro del mercato del lavoro in Italia
1. Ministero del Lavoro
Domenico Carnevale, dirigente
2. Ministero Pari Opportunità
Delia La Rocca, Direttore Generale
3. CNEL – Osservatorio Donne
Roberta Manfredi, Responsabile
4. IG - Sviluppo Italia
Tiziana Cerchiello, Formazione e
sviluppo locale
5. Ministero Affari Sociali
Lea Battistoni, Responsabile Politiche del Lavoro
6. CGIL - Istituto Sup. Formazione
Marida Cevoli, responsabile donne
7. Arcidonna
Roberta Messina, direttrice ufficio
UE
8. Job Rotation Network
Jens Kruhøffer, Segretario EU
9. Partner Europeo
Michael Gericke, responsabile
Adapt Germania
Coordinatore:
Massimo Mascini (Sole 24 ore)
Introduce Massimo Mascini domandandosi, dalla prospettiva del giornalista che molto sa di economia e
formazione ma poco o nulla di Job
rotation in che cosa, in realtà, questa metodologia si differenzi dalla
normale formazione e perché la si
dovrebbe preferire. La coordinatrice
dei progetti Adapt I e II sulla Job
rotation, Roberta Messina, ne illustra
lo spirito di base: Strumento innovativo delle politiche attive del lavoro
largamente utilizzato in tutta l’Europa con positivi, tangibili risultati, la
metodologia Job Rotation è una felice combinazione di formazione
permanente dei lavoratori e formazione iniziale dei disoccupati, che
concorre a rendere effettivo il diritto
al lavoro ed alla crescita professionale. Nell’ambito delle iniziative
innovative per la valorizzazione delle risorse umane, in particolare in materia di lotta alla disoccupazione ed
incremento complessivo della qualità del Sistema Italia, il metodo Job
rotation si presenta come particolarmente adatto al nuovo quadro
normativo italiano ed allo sviluppo
di una politica di Pari Opportunità
per (e “tra”) lavoratori e lavoratrici,
disoccupati e disoccupate. Infatti,
favorisce contemporaneamente sia
l’acquisizione di competenze strettamente legate ai bisogni del mondo imprenditoriale da parte di soggetti privi di occupazione che il continuo aggiornamento, perfezionamento e riqualificazione dei lavora-
tori già occupati. Contribuendo così
ad innalzare la qualità globale delle
imprese, la loro competitività e, conseguentemente, le opportunità di
espansione e creazione di nuovi posti di lavoro per le fasce più deboli,
in prima battuta ovviamente le donne. La regione Sicilia, grazie ad
Arcidonna, è fino ad ora l’unica in
Italia ad avere già sperimentato il
modello nel settore turistico con risultati occupazionali pari al 75% dei partecipanti in quattro anni grazie alle
Iniziative Comunitarie Adapt I e II
fase. Con ottimi risultati in termini di
mainstreaming: la Regione ha deciso, infatti, di sviluppare l’utilizzazione
e l’applicazione del modello della
Job rotation in tutti i settori produttivi,
avvalendosi delle positive esperienze già realizzate e promovendone i
risultati a livello nazionale. Un progetto ad hoc già finanziato, sarà attuato da Arcidonna in collaborazione
con le Aree di Sviluppo Industriale nel
2000-2001. Inoltre: una proposta di
legge sulla Job Rotation é stata presentata dall’Assessore al Lavoro della Regione Siciliana Antonino
Papania. I progetti Adapt già attuati
hanno previsto una fase iniziale di
identificazione dei bisogni delle
aziende turistico-alberghiere; il
reperimento tramite selezioni delle
persone disoccupate idonee a sostituire i dipendenti in formazione; formazione in aula, fase di mentoring e
successiva sostituzione dei dipendenti che, contemporaneamente,
fruivano di una formazione “à la carte”, conclusasi con uno stage conoscitivo all’estero. Sollecitato da
Mascini, a questo punto ancora più
incuriosito dagli esiti positivi dei progetti già attuati e dalle prospettive,
chiede a Domenico Carnevale, diri-
gente del Ministero del Lavoro responsabile per le iniziative comunitarie, se l’esperienza Job Rotation
possa continuare al di là dei progetti
pilota e quale sia il significato stesso
di questo tipo di progetti. Carnevale
rafforza l’idea di mainstreaming cioè
dell’importanza che le esperienze
dei progetti realizzati non solo con
Adapt ma anche con Occupazione possano essere trasferite alle realtà locali. Il dirigente fa una panoramica sui progetti che l’Italia ha
sostenuto sottolineandone la qualità complessiva. Spende comunque
una parola per il progetto Arcidonna
che, tra gli altri, si è distinto per i risultati occupazionali e di impatto sulle
aziende nonché, come già detto,
per la capacità di mainstreaming sul
territorio. E’ anche vero che per realizzare al meglio un progetto - date
le difficoltà del sistema burocratico
italiano - ci vuole parecchia “abnegazione” sia da parte dei promotori
che degli uffici ministeriali. Relativamente alle possibilità di diffondere
la metodologia Job Rotation in Italia, resta da vedere come il quadro
generale delle politiche attive del lavoro- definito nelle linee portanti - si
svilupperà nei dettagli operativi.
Jens Kruhoffer fornisce alcuni dati sulla Job Rotation in Europa, sottolineando come la metodologia non sia
la “soluzione” ai problemi della formazione permanente e dell’occupazione ma uno degli strumenti
utilizzabili, probabilmente il più efficace, per la qualità del lavoro. Si dichiara estremamente soddisfatto
del lavoro svolto dalla rete EU Job
Rotation, di cui è segretario europeo
e che dirige insieme con un comitato di Presidenza eletto annualmente di cui Roberta Messina, di
Arcidonna, da parte già per il secondo anno. Il Network è ora pronto a diventare un organismo con un
proprio status dove l’eterogeneità
dei componenti possa diventare
sempre più una ricchezza. Il lavoro
di rete è riuscito in questi anni, anche grazie alle iniziative europee, a
portare Job Rotation all’attenzione
del livello politico, inserendo tale
metodologia nei Piani nazionali per
l’occupazione, per F.S.E. e nelle iniziative. Da una fase di “oligarchia”
danese del network - utile per i primi anni - si è passati due anni fa alla
“democrazia”.
Adesso siamo alla vigilia di una terza fase che sarà risolutiva. Contia-
presa sociale, soprattutto alla luce
della recente legge sui congedi parentali che disciplina anche i congedi per la formazione. All’interno
dei Patti Territoriali per il Sociale che
il Ministero ha lanciato e sta seguendo, la metodologia potrebbe costituire un validissimo strumento facilmente finanziabile con il FSE. Il modello Job Rotation è interessante soprattutto se pensato per alcuni
target particolari come i lavoratori
tra i 40 e i 50 anni con skill obsoleti o
i giovani senza alcuna qualificazione spendibile. Marida Cevoli:
Arcidonna ha rispettato due condizioni essenziali affinché la J.r. possa
essere considerata strumento di po-
mo sull’appoggio di tutti i membri
ma anche dei partenariati nazionali
e della Commissione.
Lea Battistoni: ha sottolineato l’importanza dell’esperienza Job
rotation anche nell’ottica della politica sociale e soprattutto dell’im-
litica del lavoro anche nell’ottica del
sindacato, ossia, l’attenzione alla
formazione dei sostituti e l’attenzione alla formazione in generale di tutti
i lavoratori. Tiziana Cerchiello: gli imprenditori non hanno “l’abitudine”
alla formazione dei lavoratori né al-
l’investimento nella risorsa umana. T.
Cerchiello ha sottolineato come Sviluppo Italia (e in questo senso vicina all’esperienza di Arcidonna) abbia rivolto da sempre grande attenzione alla formazione degli imprenditori in prima battuta, una formazione piuttosto di “cultura” all’investimento nella qualità. La classe
imprenditrice italiana che a prima
vista sembra restia alle istanza
formative e più propensa alla “co-
nente è essenziale e che bisogna
inserire nei criteri di valutazione dei
progetti che vengono ammessi ai
finanziamenti pubblici - come criterio di ammissibilità - la loro capacità
di impatto sul territorio e di
mainstreaming, in questo senso il
progetto di Arcidonna costituisce un
ottimo esempio.
Per le donne la formazione permanente può essere occasione di percorsi di carriera migliori. Proprio in
modità” che al rischio, ad un certo
punto si lascia coinvolgere nelle iniziative di crescita professionale. Ma
devono essere qualitativamente
molto valide.
Delia La Rocca: ha sottolineato la
necessità di convogliare tutte le risorse verso progetti rilevanti e soprattutto di analizzare i progetti pilota
come modelli da seguire.
Sostiene che la formazione perma-
Sicilia ad esempio le donne sono
“iperqualificate” ma con scarsi contatti con l’impresa, quindi restano disoccupate. Il Dipartimento Pari Opportunità ha ottenuto che il 10% dei
prossimi fondi FSE per il periodo 20002006 siano destinati alle donne:
un’opportunità da sfruttare anche
con progetti di Job Rotation mirati.
Michael Gericke: ha confermato
l’importanza che ha avuto la J.r. in
Germania. Qui la J.r. ha avuto grande successo soprattutto per le medie e piccole imprese e non per
quelle di grandi dimensioni, che per
loro indole tendono a ridurre personale. In Germania si sta provvedendo a legiferare sulla J.r. per ottenere un quadro comune a livello federale, infatti, attualmente ogni
Land ha la propria normativa in proposito. Il nucleo Adapt federale ha
comunque seguito molto da vicino
la rete tedesca Job Rotation ed anche il Network Europeo, di cui
Arcidonna fa parte e si rende disponibile per ulteriori supporti, anche all’idea di Associazione Europea Job
Rotation che i partner dell’attuale
network - un organismo informale hanno intenzione di creare a breve,
affinché l’esperienza delle reti nate
dalle iniziative comunitarie non si
esaurisca.
Roberta Manfredi propone alcune riflessioni sullo sviluppo economico,
l’uso della tecnologia, gli aspetti positivi ma anche i pericoli della
globalizzazione. Sono aspetti da tenere in conto nello sviluppo dei quadri generali relativi all’offerta
formativa, specie inerente la formazione permanente. Si domanda
Manfredi se con la nuova legge di
riforma del collocamento gli uffici
del lavoro cambieranno davvero, se
cominceranno a considerare gli
utenti come “clienti” cui facilitare
percorsi di lavoro. E’ questa la questione principale per Manfredi.
Per stimolare la Job Rotation infine si
potrebbero proporre anche dei
“protocolli” con le parti sociali e imprenditoriali.
E’ certo che il vantaggio maggiore
della metodologia è la capacità di
stimolare il dialogo tra “le parti”, la
concertazione ed in questo il “laboratorio Sicilia” offre un valido esempio da seguire.
Conclusioni di Massimo Mascini,
giornalista: sembra che solo oggi in
Italia esista un buon quadro
normativo favorevole allo sviluppo
del metodo job rotation; è importante che la job rotation non diventi
troppo “burocraticizzata” per facilitarne l’utilizzo da parte degli imprenditori. È importante che esso sia uno
strumento semplice e flessibile: questa è la chiave del suo successo.
WORKSHOP 1
“Jobrotation, strumento ideale della nuova formazione permanente”
Coordinatore: Reiner Siebert (BFZ
Essen)
Relatori: Eric Friis Guggenheim
(CEDEFOP), Franco Frigo (ISFOL),
Hans Beechgaard (AOF)
Reporter: Anna Cipolla (Arcidonna)
Partecipanti: Laura Spampinato
(Ismeri), Berit Backvall Trivanen (ABF),
Gerhard Leder (BQG), Clara
Bassanini (Pari e Dispari), Carla Noya
(Universus CSEI), Klaus Maack (ISA).
Saluto ai partecipanti da parte del
coordinatore Reiner Siebert.
Introduzione al workshop. Reiner
consiglia ai partecipanti di
incentrare la discussione su un punto fondamentale, che è del resto
“l’anima” stessa del workshop:
la Job Rotation è davvero lo strumento ideale per la formazione durante tutto l’arco della vita?
Introduzione degli ospiti, presentazione di Eric Friis Guggenheim, esperto
di formazione.
E’ necessario che le istituzioni pongano attenzione sulla JR considerata come uno strumento che può favorire la reintegrazione e quindi l’occupazione. Quando si parla di JR è
necessario considerare tre aspetti
fondamentali:
1) Employment
2) Vocational training
3) Life long learning
Eric Friis Guggenheim, sottolinea immediatamente che non parlerà solo
di formazione poiché questa è solo
una parte, anche se fondamentale
della JR. Eric sostiene che vocational
and educational training sono solo
dettagli della JR e che questo
workshop darà la possibilità agli intervenuti di considerare altri aspetti
della JR, di guardare agli ostacoli e
ai benefici di questo strumento. La
domanda è la JR è uno strumento
ideale o è soltanto uno strumento?
L’uomo è fragile, debole, pigro,
nudo, egoista, cattivo.
Considerando tutto questo ci chiediamo come mai l’uomo è riuscito
a sopravvivere e addirittura ad incrementare la popolazione in modo
tale da mettere in pericolo l’equilibrio della terra. Per due motivi: il suo
cervello e il suo istinto sociale. Ciò
che salva l’essere umano sono la
cultura, la conoscenza e l’abilità di
pensiero che l’uomo può apprendere solo attraverso la formazione.
La cultura non è soltanto saper suonare il pianoforte o la lettura ma è
anche saper cucinare, lavorare.
Saint Simon nella metà de XVIII secolo sosteneva che se il regno dovesse perdere preti, cardinali o i regnanti sarebbe sicuramente molto
grave, ma se dovesse perdere operai, artigiani sarebbe una catastrofe! Questo perché la “parte pratica”
della cultura è una delle cose più
importanti, senza la quale la società non potrebbe sopravvivere. Diventa indispensabile quindi il trasferimento della cultura che può avvenire solo attraverso la formazione.
Formazione e istruzione: quando,
dove, come.
Quando: impariamo quando siamo
piccoli, attraverso l’emulazione e
l’istruzione, poi cominciamo a lavorare, ed in quel momento comincia
la
formazione.
Questa
è
un’impostazione sbagliata, poiché
ogni individuo è diverso dall’altro,
quindi sono diverse le modalità e i
tempi di apprendimento. È fondamentale quindi che rinnovi il sistema
di istruzione ed il sistema formativo
tenendo in considerazione proprio la
diversità di ciascun individuo.
fare meglio, sempre nel rispetto della diversità e della diversa capacità di apprendimento. La JR è uno
strumento che tiene conto della diversità. Ma per poterlo utilizzare è
necessario che i beneficiari abbiano una “piattaforma” minima: qual
è, quali devono essere le competenze minime? Innanzi tutto accettare che è possibile apprendere
anche quando cambia il ritmo, si
Come: si è detto che l’apprendimento varia da soggetto a soggetto. Si
può apprendere attraverso i libri, i
mass media, il lavoro. Nel rispetto
della diversità è necessario offrire a
ciascuno il modo migliore per apprendere.
Dove: l’intelligenza ha forme infinite,
così come i luoghi di apprendimento; sarebbe auspicabile quindi dare
la possibilità all’essere umano di apprendere e di formarsi lì dove lo può
può apprendere anche quando si
lavora e si guadagna.
Per riuscire ad aumentare la produttività dei dipendenti è necessario
trovare un sistema che permetta
loro di “riqualificarsi”, di far coesistere il lavoro con la formazione.
Senza lo sviluppo culturale l’uomo
non può adattarsi e progredire all’interno della società. La JR è una
soluzione che permette di formare
un individuo per il suo inserimento
nel mercato del lavoro. L’individuo,
grazie alla formazione prevista dal
metodo JR entra in azienda e viene
seguito da un tutor che lo “accompagna al lavoro”. Il tutor grazie alla
presenza del sostituto avrà quindi la
possibilità di riqualificarsi, di godere
di ulteriore formazione e questo
meccanismo gli permetterà di allontanarsi ogniqualvolta nascerà l’esigenza di ulteriore formazione. La JR
può quindi essere considerato un ottimo strumento, ma è necessario che
venga utilizzato contemporaneamente all’orientamento.
Franco Frigo: sottolinea il carattere
filosofico, antropologico dell’intervento di Guggenheim. Il suo intervento invece avrà un carattere più
tecnico e da un punto di vista istituzionale visto il ruolo che svolge all’interno dell’ISFOL, che al momento promuove diversi progetti diretti
alla formazione. L’ISFOL è un istituto
pubblico di ricerca sulla formazione
professionale e l’orientamento, assiste le parti sociali, le istituzioni e i partner nella cooperazione e lo sviluppo della formazione.
Affinché uno strumento come la JR
possa trovare applicazione è necessario che sussistano determinate
condizioni:
Un contesto normativo nazionale e/
o regionale favorevole o una prassi
consolidata che premi chi investe
nella formazione dei lavoratori occupati. Attualmente in Europa esistono tre situazioni:
- Paesi che prevedono per legge un
contributo obbligatorio per finanziare la formazione continua, che in tal
modo diviene politica pubblica in
favore delle imprese e dei lavoratori (Italia e altri Paesi del nord Europa);
- Paesi in cui la contrattazione collettiva ha stabilito una percentuale
di contribuzione a fondi bilaterali
gestiti dalle parti sociali (es. Francia,
Spagna…);
- Paesi dove è prassi per le imprese
investire in formazione perché vi è
un atteggiamento favorevole delle
imprese a garantire la crescita professionale dei lavoratori, senza obbligo di legge (es. Germania).
Una normativa che garantisca il diritto (individuale) a congedi formativi individuali, naturalmente pagati. Le regole a tal proposito sono presenti in molti Paesi dell’UE e derivano dalla contrattazione collettiva o
da norme generali che la contrattazione collettiva ha stimolato negli
anni ’70. Nel 2000 l’Italia ha recepito la legge che prevede la possibilità per il lavoratore di assentarsi per
la formazione dopo almeno cinque
anni di lavoro all’interno dell’azienda. Nasce a questo punto l’obbligo
da parte degli enti regionali, provinciali di fornire i mezzi per poter godere di una formazione adeguata.
Un apparato di offerta formativa
adeguata alle esigenze di un lavoratore adulto.
Un offerta formativa flessibile per i
soggetti che possono essere inseriti,
temporaneamente, nelle imprese in
sostituzione di chi va in formazione.
Un sistema formativo, pubblico e
privato, in grado di esplicitare, sulla
base di regole condivise tra P.A. e
istituzioni private, il quadro delle necessità formative in relazione alle
competenze che devono essere
possedute dal lavoratore in uscita e
dal soggetto che vuole rientrare nel
sistema. L’analisi delle competenze
è difficile dove il lavoro è poco
formalizzato (es. micro-imprese).
Una prassi di piani formativi aziendali
poiché la relazione tra formazione
e rotazione è difficile se l’impresa
non ha un piano di sviluppo delle risorse umane. Una formazione professionale permanente flessibile e
tecnologicamente avanzata.
Aziende preparate, con proprie figure professionali che siano in grado
di: - leggere il fabbisogno, - organizzare la rotazione e il congedo e –
garantire un corretto inserimento.
Le aziende devono inoltre svolgere
un ruolo di interfaccia con le istituzioni pubbliche al fine di attuare una
politica dei crediti formativi
spendibili nella formazione e nel lavoro. Informazione e animazione territoriale.
Definire soluzioni che siano legate
alla specificità del mercato del lavoro che non viene letto correttamente perché condizionato dalla
retorica della disoccupazione. Non
è parlando di disoccupazione che si
risolve il problema. Dobbiamo parlare del lavoro che c’è per cercare di
creare nuova occupazione. Frigo sottolinea l’importanza di capitalizzare
l’esperienza danese.
Hans Beeckgaard, ha lavorato nell’ambito della formazione in Danimarca per oltre 10 anni, utilizzando
lo strumento della JR. La JR è uno
strumento che può permettere una
migliore qualità del lavoro e che può
aumentare l’efficacia della formazione. Il vecchio sistema di acquisto
e vendita lavoro è ormai superato;
adesso si privilegia un nuovo punto
di vista. Il datore di lavoro deve far
condividere al lavoratore l’attività,
permettere e promuovere l’autogestione.
È’ importante centrare l’attenzione
sulle competenze necessarie all’in-
terno delle diverse realtà lavorative
e in base a queste fornire un adeguato sistema formativo che aumenti la professionalità dei lavoratori.
La JR è uno strumento che abbina
alle competenze input teorici riuscendo così a migliorare la qualità
della formazione e conseguentemente del lavoro. In conclusione è
possibile affermare che la JR è uno
strumento in grado di accrescere la
concorrenzialità aziendale e il bagaglio dei lavoratori, ma affinché sia
veramente produttivo è necessario
che sia accompagnato da altri strumenti.
Eric Friis Guggenheim: è davvero
uno strumento ideale? Se le condizioni per creare la JR fossero ideali,
si potrebbe davvero realizzarla “idealmente”. La JR si adatta a necessità specifiche, per esempio per la formazione a breve e medio termine,
intendendo per breve e medio termine un periodo di tempo che va
da 15 giorni ad un anno. I disoccupati raramente pensano alla formazione, poiché il loro obiettivo è quello di trovare lavoro, di guadagnare.
LA JR spinge chi non pensava alla
formazione a farlo, e si sa la formazione è come le noccioline, se cominci a mangiarle non smetti più!
Reiner Siebert: ci vuole entusiasmo
per la JR!
Franco Frigo: alla domanda se la JR
è davvero uno strumento ideale
possiamo dare una risposta positiva
se affermiamo che in questa fase
europea, per acquisire conoscenze
e competenze i lavoratori devono
uscire dall’impresa e chi è fuori deve
entrarvi. Ma siamo in un contesto in
cui le imprese affermano che la
conoscenza utile è quella che si
apprende dentro l’impresa.
Laura
Spampinato:
Stiamo
assistendo ad una fuga verso nuove
tipologie di lavoro. La JR può essere
utilizzata se accompagnata da uno
strumento
normativo
che
accompagni tutti alla formazione e
che tenga conto della diversità
anche all’interno del mercato del
lavoro.
Clara
Bassanini:
Non
ha
un’esperienza diretta di JR. È uno
strumento che potrebbe essere
considerato ideale se rispondesse
alle esigenze aziendali e alle
esigenze di formazione dei lavoratori
atipici, in continuo aumento in Italia.
Reiner Siebert: La JR è uno strumento
che può favorire un’adeguata
formazione
e
un’adeguata
organizzazione del lavoro. I limiti allo
sviluppo della JR esistono ma è
anche vero che ci sono aziende
all’avanguardia. La JR è uno
strumento che aiuta a realizzare
formazione lì dove non si fa per
mancanza di tempo. Sarebbe
necessario riflettere sulle esigenze
formative aziendali, potrebbero farlo
gli stessi lavoratori e nel frattempo
essere sostituiti grazie allo strumento
JR.
Eric Friis Guggenheim: La JR è un
camaleonte in grado di adeguarsi
a qualsiasi situazione, a qualsiasi
realtà aziendale (micro e macro
imprese).
Klaus Maack: È d’accordo sul fatto
che la JR può essere considerata un
camaleonte, ma non in grado di
adattarsi proprio a tutto; va bene per
le competenze professionali, ma non
è in grado di risolvere il problema
delle competenze di base.
Franco Frigo: Per quanto riguarda i
soggetti adulti nella maggior parte
dei casi è sul posto di lavoro che ci si
forma e si apprende. A livello
dirigenziale la JR potrebbe essere
considerato un problema poiché i
soggetti che vogliono apprendere
qualcosa devono necessariamente
lasciare il posto di lavoro, ed in
questo caso è difficile stabilire quali
devono essere le competenze del
sostituto. E se poi il sostituto è
talmente bravo da “fregare il posto”
a chi è in formazione?
Conclusioni: sono tutti d’accordo
nell’affermare che la job rotation è
uno strumento utile, in grado di migliorare la competitività delle aziende e le abilità dei lavoratori. È, inoltre, uno strumento che rispetta le diversità, ma al fine di renderlo metodo ideale è necessario che sia accompagnato da altri strumenti.
WORKSHOP 2
“Job Rotation: pari opportunità ed esclusione sociale”
Coordinatrice: Roberta Messina
(Arcidonna)
Relatori: Delia La Rocca (direttrice
Ministero P.O.), Robert Sly (New
Deal), Valeria Ajovalasit (Arcidonna)
Reporter: Paola Cipolla (Arcidonna)
Partecipanti: Patrizia Germini
(Cescot Nazionale), Giuseppa Maria Madami (Pari e Dispari S.r.l.),
Cleopatra Pagani (Università Cattolica), Elisabetta Cerroni (ENAIP)
Joyce Black (Scottish Enterprise),
Valeria Neri (Arci Catanzaro)
Valentina Cardinale (Isfol), Valeria
Viale (Isfol), Judith Macdonald,
Michael Leech, Giuseppe Di Natale, (CGIL Catania) Giovanna
Marano (CGIL Segreteria Regionale Sicilia), Annette Tolsgaard (AOF),
Guido Herman (Localabora), Paola
Lecini (Speha Fresia S.r.l.), Francesco
Riggio (CIAPI), Serenella Sandri
(Reg.Emilia Romagna), Giuditta
Tiberi (Uff. Consigliera Naz. Parità).
Saluta i partecipanti Delia La Rocca: parla di modelli innovativi come
di progetti strategici per le donne e
accenna al nuovo quadro per i congedi parentali.
Introduce Roberta Messina illustrando il tema e la struttura del
workshop, teso ad evidenziare i contributi di ciascun partecipante sul
tema a partire dall’estensiva esperienza inglese della Job Rotation applicata al New Deal. Continua Valeria Ajovalasit, descrivendo in dettaglio i progetti job rotation già
dispiegati da Arcidonna.
Continua Robert Sly il quale parla
di 5 “aree–chiave” (key areas):
- modello di legge britannico;
- cos’è l’inclusione sociale nella sua
zona;
- qual è il modo di affrontare questi
aspetti nella sua zona;
- la sua opinione personale sull’inclusione sociale;
- come il “New Deal” del governo
inglese è legato alla Job Rotation.
Il nuovo governo britannico ha fatto dell’inclusione uno dei punti-chiave della sua politica: guardiamo all’inclusione sociale in positivo, non
solo come contrario dell’esclusione.
Il governo in UK ha creato 18 team
politici nati da dipartimenti governativi (da 10 Ministeri) - con la partecipazione di esperti esterni - che si
occupano di cinque temi fondamentali:
- fare tornare la gente al lavoro
- far sì che i posti di lavoro funzionino
- garantire un futuro ai giovani
- migliorare l’accesso ai servizi
- fare lavorare meglio il governo
Ognuno dei 18 Team ha realizzato
un proprio rapporto e poi poco
tempo fa è stato compilato un
rapporto trasversale da tutti i gruppi
sulle strategie per l’inclusione
sociale.
Cosa è l’esclusione sociale?
Lista decrescente di priorità in UK:
sono escluso per la pelle/lingua;
sono escluso per il sesso; sono escluso per handicap fisico o psichico;
sono escluso perché ho commesso
un crimine; sono escluso perché
sono un genitore single; sono escluso perché ho più di 50 anni; sono
escluso perché voglio esserlo! sono
escluso perché ho difficoltà a leggere e scrivere.
Un recente studio ci dice che in UK
un adulto su cinque ha problemi di
semi analfabetismo.
Robert Sly racconta che ci sono aree
dell’UK dove la disoccupazione è
sotto il 2%. Il M. d l. nel sud UK è
ristretto, bisogna aiutare la gente ad
inserirsi e per ampliarlo la Job
Rotation è uno degli strumenti. Da
un’opinione sulle iniziative a favore
dell’inclusione sociale: secondo
Robert Sly, è compito del governo
creare la struttura e le risorse per
l’inclusione sociale, mentre è compito dei partenariati locali stabilire le
Il progetto di JR è stato inserito nel
settore del turismo dove molti
lavoratori sono sotto qualificati, i
sostituti occupano reali posti di
lavoro ma nei primi sei mesi lo Stato
da dei sussidi per loro. Vorrebbero
comunque applicare la Job
Rotation in altri settori economici.
Roberta Messina pone a Robert Sly
le seguenti domande:
- Qual è il salario del sostituto?
- A quali categorie di disoccupati si
applica la JR?
Robert Sly risponde che viene dato
un sussidio di 60 pounds la settimana a carico dell’impresa che però
deve prendere sotto contratto il sostituto a 750 pounds per sei mesi.
priorità per allocare risorse nazionali
e comunitarie. In UK si è iniziato a
lavorare sull’inclusione sociale sfidando le idee dei datori di lavoro,
anche sugli schemi formativi. Nel
“New Deal” la previdenza sociale
per l’impiego si lega alla JR.
Per esempio un cameriere o un
receptionist guadagna 140 pounds
la settimana. A carico del datore di
lavoro vi è una parte del salario che
deve raggiungere l’ammontare del
totale (circa il 50%).
Robert Sly dice che per le donne
che vanno in maternità paga il
datore di lavoro mentre il sostituto
viene pagato dallo Stato.
La seconda domanda riguarda le
caratteristiche del sostituto: nei paesi
britannici i disoccupati da almeno
sei
mesi
sono
considerati
socialmente esclusi e quindi con
problemi sociali (abuso di droghe,
salute, disabilità, scarsa capacità
lavorativa, problemi di motivazione
al lavoro). Il loro progetto ha
coinvolto inizialmente giovani di 24
anni, disoccupati da almeno 2 anni.
Si tratta di persone che si trovano ad
incontrare ostacoli al momento
dell’inserimento lavorativo, perché
chiunque ha dei pregiudizi verso i
disoccupati di lunga durata.
Ad essi si fa un contratto attraverso il
collocamento e il datore di lavoro
deve mantenere il disoccupato in
servizio per almeno sei mesi.
Si passa quindi ad analizzare i risultati dell’esperienza: il 90% delle persone con più di sei mesi di disoccupazione ha trovato lavori duraturi.
Continua Guido Herman e si chiede se la JR può essere mantenuta
anche nei momenti di calo del
fabbisogno lavorativo. Questo è un
argomento da discutere, sicuramente quando succederà occorrerà adattare le metodologie.
Robert Sly dice di aver lavorato su
circa 20-30 sostituti e si chiede se
questo sia un test sufficiente per vagliare i risultati.
Michael Leech risponde a Sly dicendogli di essere stato modesto nel
parlare del grosso cambiamento di
cultura operato del suo dipartimento in due anni e mezzo; dice che chi
ha operato in prima linea sono state le donne addette al servizio dell’impiego.
Pina Madami: introduce il problema
del “lavoro nero”: in Lombardia c’è
molta occupazione sommersa. Inoltre, le donne “over 39”, hanno
maggiori difficoltà delle giovani ad
inserirsi nel m.d.l. e suggerisce di applicare la JR per agevolare il loro inserimento. La JR potrebbe essere
inoltre applicata quando la carriera delle donne subisce uno stop per
la maternità.
Roberta Messina stimola il dibattito
nella fase finale del workshop puntando sui temi :
· Una nuova definizione, più
accattivante ed “europea”, per il
termine “sostituto”;
· Il cambiamento di atteggiamento negli Uffici del Lavoro;
· JR , maternità e inserimento delle
donne over 39 nel m.d.l.
Secondo Pina Madami, la JR potrebbe essere estesa ad altre regioni differenti dalla Sicilia; importante è fare
delle sperimentazioni soprattutto sulle pari opportunità, senza vincoli giuridici. Nelle piccole e medie imprese, non possono essere usati i fondi
sociali Europei per costruire progetti
di JR; allora, si potrebbero costruire
protocolli d’intesa nei vari settori.
Parla delle donne nei lavori atipici
dove non hanno alcuna possibilità
né di “formazione” né di “carriera”.
Joyce Black chiede come
funziona il congedo per maternità
in Italia. Dice che in UK il posto di
lavoro è disponibile per un anno
ma che comunque i datori di
lavoro pongono una serie di
ostacoli sia al momento del rientro
che per l’avanzamento di
carriera. Lo stesso succede in
Italia.
Valeria Ajovalasit sostiene che la
legge sui congedi parentali ha mo-
dificato un po’ la situazione, premiando il padre che prende il congedo per 3 mesi consecutivi con un
mese extra.
Secondo Judith Macdonald, la JR
per il congedo per maternità è un
modello interessante per il governo
britannico soprattutto per il rientro
delle madri single. Robert Sly dice
che il New Deal del governo ha previsto già dei programmi per genitori
single e questo modello potrebbe
aiutare le donne. Il problema è quello di conciliare gli orari di lavoro fra
padre e madre. Cleopatra Pagani:
l’impresa privata non assume con
facilità donne in età fertile. Valentina
Cardinali afferma che la JR non solo
è valida per il periodo della maternità ma, anche per altri settori soprattutto i “ male intensive”. Occorre agevolare i percorsi di carriera
delle donne, perché gli ostacoli principali che esse incontrano sono
quelli “invisibili” all’interno delle
aziende. Valeria Viale manifesta alcune perplessità sull’utilizzo della JR
come strumento di inserimento sociale per le donne immigrate con
qualifiche molto alte o molto basse.
L’inserimento sociale deve precedere quello lavorativo, che diversamente non può avvenire. Valeria
Neri dice che la JR può essere utilizzata soprattutto nel terziario. Si chiede se in Europa vi siano altre esperienze in differenti settori. Nel settore
pubblico forse intervenendo a livello legislativo, sarà più facile, meno
nel privato. Joyce Black dice che in
Scozia il problema del rientro dalla
maternità non è stato ancora affrontato. Pina Madami: in una ricerca si
è dimostrato che i padri di bambini
piccoli hanno più difficoltà ad aiutare nella carriera questo per una
questione di adesione agli “orari”
dell’azienda. Patrizia Germini parla
della JR come uno strumento per
realizzare la flessibilità nelle aziende
italiane, da adattare ai cambiamenti che stanno avvenendo nelle
piccole e medie imprese in Italia. Il
mondo aziendale è in evoluzione: la
micro-impresa in Italia conta 1,5
addetti, va cambiata sicuramente
la mentalità. Guido Herman sostiene che la sia la JR che la maternità
sono un esempio “teoricamente”
molto buono, ma in Belgio l’applicazione alla realtà ha mostrato loro
molte difficoltà. C’è una generazione delle madri “over 39” che prima
di avere figli lavorava stabilmente:
al rientro dalla maternità, queste
madri sono entrate nel settore “informale”. Come farle ora uscire? Vi
sono regole di previdenza sociale ed
anche fiscale che offrono una condizione migliore nel lavoro “informale” che non negli altri, bisogna quindi creare le necessarie strutture sia
fiscali che sociali. Continua Annette
Tolsgaard e dice che la nuova generazione chiede (e ottiene) delle
migliori condizioni (per i figli etc.). Vi
sono donne rimaste fuori dal lavoro
per oltre un anno e mezzo che poi si
trovano in difficoltà per rientrare. Altre donne sono già al lavoro ma necessitano di formazione e in Belgio
non sanno come affrontare questo
problema. Un altro problema è quello di sostituire le persone di 58/60
anni, che vanno in pensione, con i
giovani, che sono pochi; andrebbero implementati gli avanzamenti di
carriera, perché così facendo i dipendenti non lascerebbero così presto il loro lavoro. Valeria Ajovalasit
conclude parlando della JR come
uno strumento di flessibilità per la
riqualificazione: Arcidonna lo ha
sperimentato in Sicilia dove la disoccupazione, soprattutto femminile, ha
tassi altissimi. Michael Leech aggiunge che non dobbiamo dimenticare
che il nostro “focus group” sono i
disoccupati/sostituti, e che quindi il
nostro compito deve essere quello
di ascoltare prioritariamente le loro
esigenze.
Viene infine discusso il “compito”
lasciato dalla coordinatrice del
workshop sulle nuove possibili definizioni per “sostituto” o “substitute”,
parola che nella maggior parte delle aree non è gradita ai protagonisti
della JR .
Si realizza un brainstorming:
Escapee - sfuggito
Rotator - rotatore
Welcomer - benvenuto
Complementary - complementare
Deputy - vice
Rotating - ruotante
Integrating - integrante
Buddy - compagno
Conclusioni: job rotation è uno strumento utile per favorire l’inclusione
sociale e accompagnare gli uffici
pubblici ad “ascoltare gli utenti”.
WORKSHOP 3
“L’inserimento di Job Rotation nella riforma dei fondi
strutturali e nei quadri legislativi europei”
Coordinatore: Jens KruhØffer (EU J.R.
Secretariat)
Relatori: Michael Gericke (Adapt
Unit - Germania), Lalage Mormile
(Arcidonna), Pedro Pires (Soprofor),
Antonella Marsala (Esperta Politiche
del Lavoro)
Reporter:
Ivelise
Salamone
(Arcidonna)
Partecipanti: Tiziana Baldino
(ISMERI), Fabio Sanfilippo (SedGest
Consorzio), Ivana Russiello (ISIDE),
Asier Dieguez (Fondo Formación),
Birgit Gericke (SPI), Heiner Rehling
(ALZ Bremen), Ralmund Rilling (SPI),
Odile Garnier (CNPA), Elsie
Andersson (ABF), Yvonne Willberg
(BQG), Brian Mckechnie (WEA), Birk
Kleeman (REDEG MBH), Lisa Sendker
(Zebra), Joel Bienassis (CFDT).
Introduce i lavori l’organizzatore ed
il coordinatore del gruppo, Jens
Kruhoffer, che mette in evidenza tre
tematiche da sviluppare durante i
lavori:
1) Come può svilupparsi la Job
rotation
nell’ambito
del
mainstreaming?
2) La legge 3/’99 del Portogallo
3) Il disegno di legge proposto da
Arcidonna per la regione Sicilia
Prende la parola Pedro Pires di
Soprofor, e descrive la situazione in
proposito della sua nazione.
Nel 1995 si cominciarono ad attuare
una serie di progetti piloti che
avevano a che fare con la J.R.
Nel 1998, per iniziativa del Ministero
del lavoro, è stato implementato il
concetto della J.R. Nel 1999 è arrivata la proposta, da parte di esperti, di un disegno di legge, legge che,
però, è stata redatta ed orientata
verso il settore pubblico. Allo stato
attuale, con la nuova legge, non si
è realizzato nessun progetto. La gestione della J.R. è affidata allo stesso organismo che si occupa degli
uffici di collocamento, perciò essi
sono oberati di lavoro e la J.R., se
applicata, è considerata l’ultima
scelta possibile e non uno degli strumenti principali in materia di politica del lavoro. L’alto tasso di disoccupazione e il fatto ci sia una grossa
incidenza di disoccupati a lungo
termine, potrebbe essere considerato un ostacolo all’applicazione della J.R.; inoltre, le società considerano la formazione come un costo non
sostenibile, piuttosto che come un
investimento. L’errore principale
delle autorità portoghesi è stato
quello di affidare la gestione della
J.R. al settore pubblico: sarebbe
stato auspicabile, invece, un
partenariato con altri organismi,
quali ad esempio il sindacato.
Alla domanda se al settore pubblico fosse stato assegnato un budget
per la gestione della J.R., oltrechè
le responsabilità, la risposta è stata
affermativa, ma proprio l’esistenza
di questo fondo che in realtà non è
utilizzato, è un altro degli ostacoli
che si presentano all’applicazione
della legge.
La situazione spagnola è descritta
da Asier Dieguez, del Fondo
Formación Spagna. In Spagna ci si
trova ancora in quella che si potrebbe definire la prima fase della J.R.
Le amministrazioni pubbliche
sconoscono questo concetto e bi-
sognerebbe convincerle del fatto
che si tratta di un ottimo strumento
risolutivo al problema della disoccupazione. Esistono i fondi strutturali,
mancano però le linee guida affinché si utilizzino. Attualmente ci si trova in una fase di stallo e di arretratezza rispetto agli altri paesi europei.
Michael Gericke, di Adapt Unit
Germany, illustra la situazione tedesca. In Germania esistono due istituzioni: un’associazione per la J.R e un
gruppo di lavoro all’interno di
Adapt. Si è posto il problema di creare una strategia unica per coordinare tutti i progetti nati sotto l’egida
del concetto di J.R. Da una parte si
è gestita la ricerca per la Conferenza per il futuro (ottobre ’99), cui hanno partecipato datori di lavoro,
manager, ministeri competenti, uffici di collocamento, reti, esperti in
relazioni industriali. Questi gruppi
hanno cercato di identificare un
minimo comune denominatore per
la J.R., ma ci si è accorti che non
esistono abbastanza soldi per
supportare la formazione continua.
Si auspica un cambiamento della legislazione del lavoro, perché in essa
è contemplata la possibilità di sostituire un lavoratore in congedo, ma
il sostituto non riceve il salario, ma
continua ad avere il suo sussidio di
disoccupazione. Ancora: è l’azienda che paga la formazione del lavoratore; occorrerebbe, invece, che
fosse lo stato a pagarla ed a coordinarla. Nel prossimo F.S.E. la J.R.
rientra nell’obiettivo 3, ma questo
non è ancora sufficiente. Gli uffici di
collocamento utilizzano altri strumenti per combattere la disoccupazione, quasi mai la J.R.: cosa fare
allora? Sono stati contattati molti
politici ed amministratori pubblici,
ma il cambiamento della legislazione nazionale appare l’unico sistema
per una reale implementazione della J.R. I sindacati non sono stati molto fattivi all’interno della conferenza, hanno soltanto richiesto di essere informati e coinvolti a qualche titolo, ma non propongono nulla di
positivo, pur avendo gli strumenti ed
i contatti più adeguati. La situazione
Belga è abbastanza simile a quella
degli altri paesi europei, ma si è voluto puntualizzare il ruolo svolto dagli uffici di collocamento.
La J.R. rientra nel programma comunitario del periodo 1994-2000: lo scopo che ci si prefigge è quello di farla rientrare nell’obiettivo 1 e di estenderla a tutta la regione fiamminga.
Esiste un’équipe formata da consulenti in contatto con industrie, parti
sociali, però non è un organismo
pubblico in grado di autogestirsi.
Il suo scopo è, innanzi tutto, quello
di rendere visibili i risultati dei vari progetti e delle buone prassi, ma in realtà, non solo non sono rappresentate tutte le parti sociali, ma è anche venuto fuori che i sindacati e le
stesse parti sociali non sono state
molto propositive. In questa fase
occorre lavorare con gli strumenti a
nostra disposizione, ma si presentano comunque dei problemi e degli
ostacoli: come deve regolamentarsi
la figura del sostituto, dal punto di
vista del contratto da applicare, i timori da parte dei lavoratori sostituiti
di essere estromessi definitivamente
dall’azienda, o, ancora, che tipo di
contributi deve avere l’azienda per
permettere l’eventuale assunzione
del sostituto. In Belgio il servizio pubblico gestisce un programma di J. R.
ed i rapporti che si sono creati con
gli altri soggetti propositori di pro-
grammi inerenti la J.R. sono molto
elastici e si è dimostrata una reale
volontà di creare sinergie tra le varie parti. Nella parte Fiamminga è importante il ruolo svolto dalle parti
sociali, che acquisiscono un ruolo diventato sempre più importante in
ambito di conquiste sociali: basti
pensare al notevole impegno dei
sindacati, grazie ai quali si sono ottenuti risultati fondamentali in materia di politiche del lavoro (ad esempio la legge che regolamenta il congedo pagato). Anche nella parte
Vallone i sindacati si sono dimostrati
flessibili e disponibili ad accettare
politiche nuove, quali la J.R., anche
perché storicamente abituati al confronto sociale. Occorre sottolineare
il fatto che esiste una legge che
obbliga le aziende ad assumere gli
stagionali, ma le aziende stesse non
amano questa figura di lavoratore.
Infine i sindacati accettano di considerare la J.R. come uno strumento
di flessibilità, ma temono che si possa trasformare in un’arma che avvantaggi solo le aziende e, quindi,
chiedono una certa trasparenza per
definire il concetto.
Durante il dibattito si osserva come
la J.R. non sia solo uno strumento per
il mercato del lavoro, ma anche uno
strumento di politica economica.
A tale osservazione i rappresentanti
belgi rispondono che nel loro paese c’è una separazione tra le scuole ed i centri di formazione professionale e che questo potrebbe essere un ostacolo all’applicazione
della J.R. La situazione è, poi, complicata dal fatto che i politici vogliono ben definire la destinazione dei
finanziamenti per la J.R.: è importante sapere, creare un fondo destinato alla formazione dei disoccupati
o se i finanziamenti debbano essere
destinati alle imprese. In molti pensano che devono essere le aziende
ad autogestirsi riguardo la formazione dei dipendenti e che si debba
costituire un fondo che permetta
l’inserimento del disoccupato nel
mercato del lavoro. Il ruolo svolto in
Francia dalle parti sociali è stato
messo in evidenza dal rappresentante di uno dei cinque sindacati,
la Confederazione Francese Democratica del Lavoro che, assieme agli
imprenditori, è parte in causa nel
tavolo dei negoziati per i progetti di
J.R. Attualmente è finita la fase cosiddetta sperimentale, ma i vari progetti presentati in quest’ambito hanno avuto una restituzione parziale.
La Commissione Nazionale dell’Occupazione si occupa di dare validità ai progetti. Attualmente si stanno
aprendo i negoziati sulla possibilità
di fare una legislazione sociale, all’interno dei quali negoziati è indispensabile la presenza delle parti
sociali. I datori di lavoro del settore
automobilistico hanno avviato un
progetto di riqualificazione dei dipendenti, soprattutto quelli delle
piccole imprese. Il fatto che si agisca localmente, senza un riferimento legislativo specifico, ha fatto sì
che s’incontrassero dei soggetti che
normalmente non dialogano tra
loro, creando, al contempo, una
corretta sinergia; si, sono, così, “conosciuti” reciprocamente dei settori
che, normalmente, non hanno nessun contatto, poiché, ad esempio,
le amministrazioni pubbliche sono
considerate distaccate dai problemi di tutti i giorni.
Il partner scozzese afferma che nella sua nazione non esiste una legislazione che comprenda il concet-
to della J.R. e, la dove esistono dei
progetti, sono limitati e non coprono l’intera nazione. Il problema principale è quello, innanzi tutto, di individuare i destinatari della futura legislazione. Attualmente esistono delle linee guida a livello nazionale, secondo le quali, potrebbero essere
destinati dei fondi a quelle aziende
che volessero applicare la J.R. I programmi di J.R. in Scozia stanno in
ogni caso evolvendo e ci si trova in
una fase di “ricerca” di altri sistemi
di finanziamento che non siano solo
quelli derivanti dai programmi comunitari. L’approccio scozzese si
può, quindi, definire “pragmatico”,
che tende all’ottimizzazione delle risorse disponibili.
Secondo A. Marsala, esperta di politiche del lavoro, per il progetto di
legge sulla J.R., sostiene che i servizi
di collocamento, in ambito comunitario, probabilmente, si configurano in maniera negativa, perché
hanno la pretesa di gestire tutto
quello che riguarda il mercato del
lavoro, dall’informazione all’orientamento, all’incrocio di domanda ed
offerta. Bisognerebbe, invece, concentrarsi sui bisogni reali di lavoratori e datori di lavoro, evitare che il
settore pubblico, con le sue esigenze ed i suoi rigidi meccanismi di funzionamento, gestisca anche il mercato del lavoro, che potrebbe
autoregolamentarsi.
Il caso siciliano è rappresentato dalla presentazione di un disegno di
legge, da parte di Arcidonna, che
implementa il concetto della Job
Rotation. Quest’esperienza è descritta da Lalage Mormile, che si è occupata, appunto, di redigere tale
progetto. L’idea di presentare un
progetto di legge per la regione Si-
cilia, è nata dall’esigenza di mutuare le diverse esperienze europee in
materia di J.R. Nel sistema normativo
italiano ci sono grosse lacune ed
ostacoli da dovere affrontare. Fino
ad un mese fa, ad esempio, mancava ancora il riconoscimento
normativo del congedo per motivi
di formazione. Altro problema è la
definizione della figura del sostituto
(livelli salariali e prospettive occupazionali). Il terzo ostacolo è legato alla
mancanza di controllo relativamente a risorse, quali il contratto di formazione e lavoro. Presentare un progetto di legge rappresenta un modo
per spronare le autorità locali affinché si muovano in ambiti nuovi, potenzialmente positivi e risolutivi di
varie problematiche. Il disegno di
legge
tiene
conto
della
regolamentazione del rapporto tra
datore di lavoro e sostituto, ma tale
problema è ancora aperto perché
bisogna tenere conto delle diverse
esigenze dei vari comparti. Al suo
interno si dà molto spazio al contratto interinale e, in questo senso, si
auspica che le stesse agenzie
interinali presentino un loro pacchetto formativo. Arcidonna ha partecipato ai tavoli di concertazione di
Agenda 2000, proponendo il concetto di J.R. come misura di intervento all’interno dell’asse 3.
Attualmente il disegno di legge è
stato presentato dall’Assessore del
lavoro alla giunta Regionale: l’iter
appare lungo, perché sicuramente
saranno apportati degli emendamenti, soprattutto per quanto riguarda l’applicazione del contratto a
tempo determinato.
Un altro elemento che ha spinto
Arcidonna a presentare una legge
regionale, è il fatto che la Sicilia sia
una regione a statuto speciale, quindi con grosse potenzialità, e che
nell’Italia Meridionale ci sia un alto
tasso di disoccupazione, per questo
la J.R. potrebbe essere uno degli
strumenti risolutivi.
La rappresentante belga sottolinea
l’importanza di creare una rete europea. E’ impossibile prevedere
quando sarà applicata la legge, ma
allo stato attuale i partiti politici sono
molto interessati alla J.R., se non altro come strumento di propaganda
politica.
J. Kruhoffer solleva due questioni, riguardanti il piano formativo contenuto nel disegno di legge ed il soggetto che gestirà la J.R.
Lalage Mormile risponde che, a proposito del piano formativo, in Sicilia
questo ha rappresentato un grosso
problema, perché i pacchetti formativi sono sempre stati calati dall’alto, senza tenere conto delle esigenze delle aziende. Nel disegno di
legge in questione, è previsto che
siano le stesse aziende a proporre
dei piani di formazione e che sia,
inoltre, il lavoratore a scegliere, in
base ad esigenze personali, il progetto formativo cui aderire. Per
quanto riguarda la figura del sostituto, è prevista una parte di formazione da fare extra job, che va dalle 80 alle 120 ore e che costituisce i
cosiddetti pre-requisiti. La restante
parte si adegua al singolo soggetto, alle sue esigenze e al ruolo svolto all’interno dell’azienda.
E’ chiaro che con la J.R. non si risolvono tutti i problemi, ma l’intenzione di Arcidonna è di aggiungere
una tessera al puzzle dei problemi
del mercato del lavoro. La preoccupazione più grossa è la paura
dell’azienda di applicare il contrat-
to a tempo determinato, perché, a
tal proposito, la legislazione italiana
è piuttosto rigida. Si è pensato allora di inserire il contratto interinale
che è più flessibile, in quanto il
datore di lavoro può rescindere il
contratto anche prima dei sei mesi,
che sono invece il limite previsto per
il contratto a tempo determinato,
senza incorrere in sanzioni di nessun
genere.
P. Pires chiede se un imprenditore,
attualmente, in Italia, volesse proporre un proprio progetto di J.R., a
chi dovrebbe rivolgersi. L. Mormile
risponde che l’unico soggetto competente, se non altro per l’esperienza derivata da Adapt, è Arcidonna.
J. Kruhoffer chiede se all’interno del
progetto di legge sono previsti degli
incentivi per le aziende affinché
contribuiscano ai progetti formativi.
L. Mormile risponde che nel disegno
di legge originario si prevedeva la
formazione personale, cioè la possibilità da parte del lavoratore, di
spendere un proprio credito
formativo, su sua diretta richiesta.
Quest’elemento non è stato capito
alla perfezione, anche se Arcidonna
ha intenzione di continuare a lottare per difendere e mantenere nel
disegno di legge tale elemento.
Di recente è stata approvata la L.
53/2000 (congedo parentale) che,
tra le altre cose, prevede il congedo dal lavoro per motivi di formazione, quindi, al più presto, le aziende dovranno confrontarsi con questa realtà.
Il partner belga sottolinea l’importanza che le aziende si sentano coinvolte in questi meccanismi, soprattutto quando si fa riferimento alle
piccole aziende, che non hanno
grossi mezzi finanziari: questo
coinvolgimento si può ottenere con
la solidarietà, a livello di contrattazione nazionale collettiva.
In Danimarca, un terzo delle attività
di J.R. rientra nel settore pubblico ed
è cofinanziato dal F.S.E., però quando si vogliono mettere in atto meccanismi di J.R. non è necessario richiedere Fondi europei: questo avviene solo nel caso in cui si esplorino settori nuovi.
Proposte per Equal: all’interno della
rete si è pensato di creare un’organizzazione che tenga i contatti con
la Commissione Europea. Le linee
guida di Equal sono state appena
pubblicate e pare che siano molto
aperte a varie proposte, come se
tutto fosse possibile.
La Germania, in maniera particolare, ha proposto la J.R. come cardine su cui deve ruotare Equal ed in
ogni nazione bisognerebbe attivare questo genere di proposte: bisogna cioè fare maggiore pressione
sulle autorità locali, affinché il concetto sia recepito.
Conclusioni: proposte per Equal –
job rotation dovrebbe essere un
punto fondamentale dell’iniziativa
Equal e ogni Paese dovrebbe portare avanti questo tipo di iniziative,
coinvolgendo organismi pubblici e
privati.
WORKSHOP 4 4
“Turismo e servizi: Job rotation strumento ideale di crescita
qualitativa nelle PMI e nelle aziende pubbliche?”
Coordinatore: Robert Morrall (Milton
Keynes College)
Relatori: Gennaro Pannozzo, (EBNT),
Salvatore Scalisi (EBRTS), Britta
Thomsen (L.O. Social Partners)
Reporter: Ombretta Lo Bianco
(Arcidonna)
Partecipanti:
Franco
Raffo
(CESCOT), Richard Allen (Ente per il
turismo Inglese), Gavin MacDonald
(Ente per il Turismo Scozzese), Wendy
Samuels (Bristol Tourism Task Force),
Claudia Schiffkorn (ÖSB), Roger
Clarke (Servizio per l’Impiego
inglese), Karen Maes (Loca Labora),
Gianliborio Mazzola (Assemblea
Regionale Siciliana), Lucio Messina
(SKAL Club International), Andrea
Pallais (Centro Sviluppo S.p.A.),
Gabriella Ciraulo (CIAPI).
Dopo una rapida presentazione dei
partecipanti, prende la parola il coordinatore del workshop, Robert
Morrall, che espone il programma
del gruppo di lavoro: sono previsti sei
contributi “formali” – come
previamente stabilito - e due commenti “informali”. Alla fine degli interventi previsti, sarà dato il via al
dibattito, al quale si auspica la partecipazione di tutti.
Robert Morrall: può la Job Rotation
rappresentare una differenza nella
competitività delle imprese?
Gennaro Pannozzo: la risposta alla
sua domanda è si. Ritengo che, soprattutto nel settore turistico, le persone sono sì una risorsa, ma una risorsa carente sotto il profilo della
qualità. Nel turismo è possibile regi-
strare una grande flessibilità, tanto
dal punto di vista della professionalità (occupati stagionali) quanto da
quello della mobilità (disponibilità a
spostarsi per lavorare). La carta vincente per assicurare l’occupabilità
dei dipendenti di tale settore può
essere rappresentata proprio dalla
formazione continua prevista dalla
Job Rotation, strumento che consente di conciliare la formazione teorica con l’esercizio sul campo. Queste sono soltanto alcune delle motivazioni a favore della Job Rotation
intesa come la marcia in più nella
competitività delle imprese, ma, per
esigenze di brevità, lascio agli altri
la possibilità di intervenire.
Robert Morrall: chiedo a Roger se
anche in Inghilterra la Job Rotation
è vista come una soluzione possibile, soprattutto per ciò che concerne l’aspetto della stagionalità.
Roger Clarke: si, anche nel caso dell’Inghilterra si tratta di una soluzione
già praticata ed inserita nel New
Deal. A Tokay, per esempio, si è pensato di aggirare il problema della
stagionalità degli addetti nel turismo
dando loro la possibilità di lavorare
in altri posti (campi da golf ed altre
strutture) nella stagione invernale.
Richard Allen: la Job Rotation è proprio un’ottima soluzione per il settore turistico inglese e capita proprio
al momento giusto, in un periodo,
cioè, in cui tale comparto, nonostante la forza della sterlina, si afferma con grande successo. Ritengo
che, com’è ovvio, senza un buon
servizio non c’è turismo, e, proprio
per questo motivo, l’Ente del turismo
che rappresento ha cercato, nel
corso degli anni, di formare nuove
qualifiche proprio laddove si era registrata una forte carenza. Dal ’94
ad oggi, il numero di persone in possesso di tali nuove qualifiche ha subito un profondo incremento – da
4.000 a 32.000 unità – dando un grosso slancio al settore turistico. In particolare, sono stati creati circa
100.000 nuovi posti di lavoro nel settore dell’accoglienza. Studi di settore hanno proprio evidenziato il grande numero di posti nel turismo, soprattutto da quando è possibile registrare un decisivo calo della disoccupazione (circa 19.000 disoccupati
in meno nel corso degli ultimi sei
mesi). Allo stesso tempo, tuttavia, si
registra una forte debolezza per ciò
che concerne le qualifiche specialistiche. Per far fronte a tale situazione, è stata molto importante, e tempestiva, la proposta di Robert di avvalersi dello strumento della Job
Rotation, proprio per consentire ai
soggetti esclusi di rientrare nel mercato del lavoro. I risultati più
macroscopici di tale sperimentazione sono sostanzialmente riconducibili al miglioramento delle competenze specifiche degli addetti e,
conseguentemente, alla loro progressione di carriera. Le tre sacche
di esclusione più vaste e profonde
sono quelle che riguardano i tossicodipendenti, i delinquenti e determinate fasce d’età (quest’ultima soprattutto riguarda gli uomini). La Job
Rotation potrebbe incoraggiare la
flessibilità da un settore economico
all’altro; il che potrebbe significare,
per il settore turistico, una perdita di
lavoratori qualificati, che si spostano in un altro settore, ma è meglio
averli anche se per poco tempo che
non averli affatto.
La Job Rotation potrebbe, inoltre,
rappresentare una valida soluzione
per problemi legati ad esigenze particolari, come potrebbero essere
quelle dei disabili. Una ricerca, condotta nell’Europa Occidentale, infatti, ha evidenziato l’assenza di un
mercato che potrebbe coinvolgere persone portatrici di handicap,
quantificabile – secondo le stime –
in circa 17 miliardi di sterline. Il centro di coordinamento inglese per
servizi ai disabili – con la collaborazione di altri Paesi, come la Danimarca, il Portogallo, la Grecia, la Repubblica Ceca, etc. – ha formulato, a
tale proposito, una proposta alla
Commissione Europea, per la quale
si attende una risposta entro la fine
dell’estate prossima. Un altro punto
su cui vorrei attrarre la vostra attenzione riguarda la diffusione di informazioni e notizie sulla Job Rotation,
che ritengo sia ancora poco conosciuta. Robert Morrall: per quanto riguarda la promozione di attività che
coinvolgono portatori di handicap,
vi invito anch’io ad unirvi a noi ed a
coinvolgere anche altri Paesi.
Relativamente al problema dell’età,
cui faceva riferimento Richard poco
fa, esso coinvolge circa il 75% degli
occupati nel settore dei servizi.
Salvatore Scalisi: il processo di
globalizzazione in atto tende a dividere il lavoro per tipologie, concentrando le stesse in alcune aree: per
esempio, i servizi in Europa Occidentale e le industrie in altre zone.
Vorrei centrare la vostra attenzione
su due aspetti, che ritengo di grande importanza: 1) il prodotto turistico che attira maggiormente sono,
oggi, le grandi città, con il conseguente coinvolgimento di tutto il “si-
stema” Turismo e del suo indotto (trasporti, banche, etc.); 2) chi lavora
nel sistema Turismo, è a stretto contatto con il cliente e deve saper dare
una risposta immediata alle sue esigenze. Proprio per tale motivo, sono
fortemente convinto dell’importanza della Formazione per il settore
turistico, che – con le caratteristiche
della continuità e dell’innovatività –
deve adattarsi alle esigenze della
clientela. Richard Allen: anch’io
sono d’accordo sulla necessità di
puntare al costante sviluppo dei servizi ai clienti, ma rilevo una profonda differenza rispetto all’Inghilterra,
in cui il flusso turistico non si concentra solo nelle grandi città. Robert
Morrall: ritenete che le persone qualificate nel settore turistico contribuiscano in maniera determinante allo
sviluppo socio-economico del territorio, riducendo il rischio di esclusione sociale e dal mercato del lavoro?
Richard Allen: certamente si! Tutti gli
aspetti della vita sociale, economica e politica diventano un tutt’uno.
Proprio perciò, credo di poter affermare che la formazione contribuisce
a dare più fiducia alle persone. La
ricerca, cui facevo riferimento poco
fa, sottolinea però l’importanza di
formare delle qualifiche ben specifiche. Claudia Schiffkorn: la mia precedente esperienza lavorativa, maturata presso un centro di formazione professionale per disoccupati, mi
porta ad affermare che in Austria si
registra uno dei più alti livelli di disoccupazione, soprattutto nel settore dei servizi e delle infrastrutture.
Roger Clarke: come vi regolate se i
lavoratori cominciano ad avere problemi di tossicodipendenza o di
alcol dopo essere stati assunti?
Claudia Schiffkorn: innanzitutto, mi
sembra importante ricordare che il
settore turistico in Austria, soprattutto nella mia regione, è ad altissimo
stress. Sono molti, infatti, gli addetti
di tale settore con problemi di alcol,
oltre ai tossicodipendenti. Proprio
perché si tratta di un comparto così
stressante, è l’ultimo per cui si pensi
di promuovere attività formative. A
causa della rigidità delle norme che
regolano tale settore, vi è una grande diffidenza ad entrare in esso,
dettata dalla paura di rimanervi
intrappolati. Britta Thomsen: secondo quanto dichiarato in uno studio
condotto dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro, proprio a causa
delle cattive condizioni in cui si è costretti a svolgere l’attività lavorativa,
il turismo – in tutto il mondo - è il settore in cui si registra la più grande
alternanza di persone: non c’è mai
personale stabile (1/3 è stagionale,
1/3 fisso e 1/3 cambia sempre). Il sindacato che rappresento ha circa
350.000 iscritti prevalentemente nei
seguenti cinque settori: amministrazione locale, amministrazione statale, commercio ed industria manifatturiera. Ben poche sono le informazioni inerenti il settore dei servizi poiché le imprese coinvolte sono di piccole dimensioni. – Britta Thomsen
mostra ai partecipati dei lucidi contenenti i dati sulla crescita occupazionale, prevalentemente nel settore terziario: il trend – comune a tutti
i Paesi dell’U.E. - registra un incremento del numero di occupati a
discapito di altri comparti (ad esempio, agricoltura, industria manifatturiera, etc.) ed anche nei servizi vi
sono delle aree maggiormente sviluppate rispetto ad altre (sanità privata e turismo). Il mio Paese – la Da-
nimarca - ha messo a punto, qualche anno fa, il modello della Job
Rotation per far fronte ai problemi di
disoccupazione, che, negli ultimi tempi, fortunata-mente ha fatto registrare un forte calo: adesso, infatti, più del
70% delle donne danesi risulta occupato (si tratta della percentuale
più alta in tutta Europa). Bisogna
dire, poi, che in Danimarca, così
come in Italia e, in particolare, in Sicilia, le persone maggiormente col-
bilità di lavorare. Anche in Danimarca, comunque, ci sono delle regioni in cui il tasso di disoccupazione è
abbastanza elevato, come ad
esempio quelle in cui predominante è l’industria pesante, a causa del
processo di trasformazione attualmente in atto. Robert Morrall: ritieni
che il settore dei servizi sia meno
“appetibile” rispetto agli altri perché
non viene considerato tipicamente
“maschile”?
pite dalla disoccupazione sono
quelle meno giovani (sopra i 50
anni), oltre ai disabili ed ai soggetti
con problemi di esclusione sociale.
Il nuovo principio che tentiamo di far
affermare è quello del c.d. mercato del lavoro “spazioso”, cercando
di trovare delle soluzioni di maggiore flessibilità per dare a tutti la possi-
Britta Thomsen: il settore terziario è
molto vasto ed include, spesso, attività sotto-remunerate, cui vengono
“relegate” le donne; proprio per
questo motivo – per le scarse retribuzioni - attirano poco gli uomini.
Per cercare di fronteggiare il problema della disoccupazione nelle zone
più svantaggiate si sta puntando alla
creazione di call center, “aziende
virtuali” e al tele-lavoro. Salvatore
Scalisi: anche in Sicilia, nel settore
del turismo vi è un grosso ingresso di
donne ed extracomunitari, perché
sono gli unici disposti a svolgere determinati tipi di attività, che invece
non sono “gradite” ai disoccupati di
sesso maschile. Robert Morrall: prevedete il coinvolgimento di studenti
nelle sperimentazioni di Job
Rotation? Britta Thomsen: in Danimarca, l’85% degli studenti sono già
occupati, poiché, non abitando più
con i genitori – mi riferisco agli universitari - , hanno la necessità di
mantenersi agli studi; mentre il 60%
degli studenti delle scuole secondarie superiori studiano e lavorano contemporaneamente per fare pratica.
Il problema, però, sta nel fatto che,
avendo intrapreso studi professionali
per avere maggiori opportunità di
lavoro, a questi giovani è preclusa
la possibilità di continuare gli studi.
Richard Allen: il cambiamento maggiore, cui dovrebbe, a mio avviso,
protendere l’intera Europa consiste
nel sostituire il modello “assistenziale” che ha caratterizzato l’attività di
ciascuno Stato. Vi sono alcune realtà in cui si è costretti ad accettare
qualsiasi tipo di lavoro, altrimenti non
si ha più diritto a ricevere sovvenzioni. Il mondo sta cambiano. Si stima
che il turismo, nei prossimi sei mesi,
grazie al processo di crescita in atto,
sia destinato a diventare il più forte
“datore di lavoro”, capace di occupare un gran numero di persone.
Proprio per questo motivo è importante concentrare la nostra attenzione su questo comparto.
Robert Morrall: ritenete che il modello della Job Rotation possa essere
applicato con successo anche in
piccole realtà, come le micro-imprese e le imprese a conduzione
familiare?
Lucio Messina: mi sembra importante sottolineare subito che ognuna
delle storie che abbiano avuto
modo di ascoltare qua oggi è una
storia a sé perché diverso è il contesto socio-economico in cui si è sviluppata. Il filo conduttore, ciò che
potrebbe accomunare le singole situazioni, a mio avviso dovrebbe essere uno studio sui problemi connessi
alla ricerca d’impiego e sull’avvio di
un’attività lavorativa. L’annoso problema della disoccupazione si caratterizza per due grossi “guasti”: da
una parte, il mancato desiderio di
svolgere determinati lavori, dall’altra, la mancanza di qualificazione.
Proprio a proposito di questo secondo aspetto, ritengo che la Job
Rotation possa contribuire a risolvere il problema connesso alla qualificazione del personale (formazione
dei sostituti e riqualificazione dei dipendenti). È importante, in questo
percorso, far conoscere le esperienze realizzate in altri Paesi europei,
cercando di migliorare la conoscenza delle lingue straniere e di far viaggiare le persone coinvolte nelle
sperimentazioni di Job Rotation, alla
scoperta di nuove culture ed esperienze.
Robert Morrall: Karen, cosa ci dici a
proposito dell’applicazione del modello di Job Rotation nel tuo paese?
Karen Maes: Localabora – l’organizzazione che rappresento – è un ente
di formazione impegnato nella
sperimentazione di questo modello
dal 1998, e che cerca, non senza
difficoltà, di suscitare l’interesse dei
disoccupati – soggetti ai quali si ri-
volge – verso alcuni tipi di occupazioni. Bruges è una città a forte vocazione turistica e, proprio per questo motivo, l’obiettivo che abbiamo
deciso di perseguire mediante la
Job Rotation è quello di fornire le
qualifiche “giuste” ai disoccupati, di
formare, cioè, quelle figure professionali richieste dal mercato. Abbiamo rilevato una forte domanda di
camerieri e di personale addetto
alle pulizie, cui, però, non corrispondeva un’adeguata offerta. Per cercare di colmare tale carenza abbiamo coinvolto dei disoccupati provenienti da centri di assistenza sociale
e, dopo aver stipulato un contratto
con loro, li abbiamo messi nelle condizioni di fare esperienza. L’iter seguito da queste persone è il seguente:
dopo una prima settimana di prova, durante la quale si cerca di verificare i loro reali interessi, inizia il periodo di formazione vera e propria.
Si tratta di una formazione che si
esplica sul luogo di lavoro, presso un
albergo, della durata di circa un
anno, salvo che non siano assunti
prima. Il fatto importante è che queste persone maturano la loro esperienza lavorativa in un contesto reale – un “vero” albergo, con “veri”
clienti - ma vi è una maggiore flessibilità per consentire loro di apprendere e di fare esperienza. Durante
questo periodo, sono seguiti da un
job coach e, una volta a settimana,
sono organizzati degli incontri con il
mentor che li assiste. Il progetto di
job rotation prevede che, conclusa
la fase di formazione, sia effettuata
una selezione per verificare se i formati sono effettivamente pronti: solo
allora inizia la job rotation vera e propria. Anche durante la fase di attività lavorativa è necessario mantene-
re continui contatti con il mentor: si
tratta, come dicevo, di un incontro
a settimana, per tutta la durata della job rotation, indispensabile sia per
il lavoratore sia per il datore di lavoro. Robert Morrall: il vostro progetto
prevede l’assunzione del mentor?
Karen Maes: sono io ad avere questo compito; più precisamente, sono
responsabile di mantenere i contatti tra lavoratori e datori di lavoro.
Claudia Schiffkorn: come si finanzia
il vostro progetto?
Karen Maes: è un progetto ADAPT,
suddiviso in due fasi: la prima vede
il coinvolgimento di quattro società,
mentre, nella seconda, il numero di
società sale ad otto e sono previsti
13 corsi di formazione. La nostra organizzazione, inoltre, è una ONG ed
ha quindi la possibilità di ricevere
sussidi, ma il 30% dei finanziamenti è
a carico nostro, perciò siamo costretti ad avere un’attività commerciale. Robert Morrall: prima dell’interruzione per il pranzo, c’eravamo
lasciati col preciso intento di riflettere sull’applicabilità del modello di
Job Rotation nelle micro-imprese.
Quali sono le vostre opinioni in merito?
Wendy Samuels: nella mia regione,
l’80% delle strutture ricettive sono
molto piccole ed occupano un
numero esiguo di addetti, quindi vi
sono notevoli difficoltà nell’applicare
questo modello. Il problema, inoltre,
è legato anche alla durata del
periodo di formazione, in cui si
presenta la necessità di sostituire i
dipendenti per lungo tempo. Il
nostro intento è, quindi, quello di
cercare di sviluppare delle strutture
personalizzate, che tengano conto
delle esigenze dei datori di lavoro,
promovendo programmi di forma-
zione specifici. Riteniamo che tale
obiettivo possa essere raggiunto
mediante l’identificazione delle
figure professionali mancanti e
cercando di individuare e decidere
insieme al datore di lavoro quale sia
la soluzione migliore da adottare.
Per quanto attiene alle strutture
ricettive più grandi, invece,
l’obiettivo è quello di accrescere il
livello di professionalità. Robert
Morrall: qualcuno di voi ha mai lavorato con le micro-imprese?
Franco Raffo: chi lavora con il turismo, lavora necessariamente con le
micro-imprese, e questo fatto ha
anche degli aspetti positivi. Il turismo,
infatti, è un sistema che può favorire lo sviluppo di modelli che partono dal marketing globale del territorio, perciò le professionalità di tale
settore, se acquisite correttamente,
possono essere facilmente trasferite
in altri settori. Ciò è facile soprattutto in Italia, in cui non esiste una logica di qualifiche rigide. La Job
Rotation può rappresentare un banco di prova importante per i giovani, stimolando il loro ingresso nel settore turistico. Io sono totalmente a
favore dell’applicazione di questo
modello nel turismo, anche nelle
micro-imprese, poiché consente
l’acquisizione di professionalità, con
il conseguente accumulo di competenze e di crediti formativi. Il problema vero, a mio avviso, è legato al
fatto che il modello affermatosi negli altri Paesi si fonda su una
trilateralità: sindacati, lavoratori, istituzioni pubbliche. Nel nostro caso
non è così. Pertanto, per evitare il
rischio che il dipendente, che esce
dall’impresa per riqualificarsi, al suo
rientro possa perdere il lavoro perché rimpiazzato dal giovane sostitu-
to, è più auspicabile avvalersi della
riqualificazione per la progressione
di carriera o per l’acquisizione di
competenze più specialistiche ed
aggiornate. Britta Thomsen: anche
in Danimarca vi era questa paura.
Salvatore Scalisi: credo che, se si riuscisse a trovare un sistema per rilevare continuamente i fabbisogni formativi, si riuscirebbe a soddisfare
meglio le esigenze di imprese e lavoratori. Robert Morrall: ritiene che
chi occupa posizioni ufficiali nel
mercato del lavoro abbia dei pregiudizi nei confronti delle attività
connesse all’accoglienza? In Inghilterra, ad esempio, è così, e riteniamo che sia necessario “educare” il
mercato del lavoro ad avere una
visione più positiva e favorevole.
Salvatore Scalisi: non nel nostro
caso. Secondo la cultura italiana,
istruzione/formazione e lavoro, in
passato, erano ambiti totalmente
distinti e nettamente separati tra
loro. Adesso, invece, ci dirigiamo
verso un sistema in cui i due aspetti
sono strettamente collegati l’uno
all’altro. Un altro problema, inoltre,
è rappresentato dal fatto che il livello di qualificazione richiesto ai lavoratori delle piccole imprese è di gran
lunga maggiore di quello richiesto
ai colleghi delle grandi strutture. Nel
primo caso, gli addetti devono essere preparati a svolgere più mansioni, ed è proprio per questo motivo che, nell’ambito della seconda
sperimentazione di job rotation promossa da Arcidonna, si è cercato
di dare un “vantaggio” ai giovani
sostituti formando la figura di addetto “polivalente”. Ciò consente di
raggiungere un secondo step: da
una parte, rilevare i fabbisogni formativi nel settore turistico, dall’altra,
contemporaneamente, preparare i
giovani con un nuovo sistema di
esperienze di formazione capitalizzabili
–
unità
formative
capitalizzabili. L’EBRTS ha effettuato
degli studi sui sistemi di unità
formative capitalizzabili negli altri
Paesi e ne sta conseguentemente
elaborando uno sistema, in cui viene assegnato il ruolo principale ai
sindacati, piuttosto che al sistema
dell’istruzione. Richard Allen: in Inghilterra, così come in Italia, è necessario costruire dei “ponti di collegamento” tra Istruzione e mondo
del Lavoro; cosa che è vista dagli
insegnanti come una vera e propria
minaccia. Claudia Schiffkorn: si tratta di un sistema molto simile a quello austriaco, cosiddetto “dual
system”, nel quale i giovani studiano e lavorano contemporaneamente. Molti di loro cominciano a lavorare nel settore turistico a 15 anni e,
già dopo alcuni anni, iniziano ad
accusare problemi di varia natura
(fisici ed altro, strettamente connessi – come dicevo prima – con il settore stesso) e tentano di lasciare il
settore. Richard Allen: forse bisognerebbe considerare diversamente la
formazione e probabilmente sarebbe meglio effettuare corsi a pagamento, poiché riteniamo che questa porti a sviluppare una sorta di
“cultura della dipendenza”, e che,
facendo pagare, si possano ottenere risultati migliori perché la gente si
impegna di più. Andrea Pallais: per
quanto riguarda le esperienze maturate dalla nostra organizzazione,
mi sembra importante sottolineare
che nel settore turistico vi sono – oltre a quelli connessi con la
stagionalità – problemi riconducibili
al fatto che molti degli addetti del
settore provengono da altre regioni
e, pertanto, in molti casi, conoscono poco e male usi, costumi e tradizioni della regione ospitante. Sarebbe opportuno, allora, promuovere il
fattore locale, tenendo corsi, per
esempio, sulle tradizioni eno-gastronomiche locali. Ritengo che la Job
Rotation sia un ottimo strumento di
marketing in grado di produrre risultati assai positivi anche in merito a
questa situazione. Salvatore Scalisi:
mi sembra quasi che la Job Rotation
sia la rielaborazione moderna di un
antico fenomeno affermatosi nel
settore turistico: prima, infatti, vi era
la cultura di andare all’estero per migliorare le proprie competenze linguistiche e per fare nuove esperienze. Si stava 5-6 anni fuori per poi tornare. In seguito, questo “sacrificio”
non è stato più accettato dalle nuove generazioni, ed attualmente la
Job Rotation sta “rianimando” questo sistema se pure con regole meno
pesanti. Robert Morrall: perché, secondo voi, non si fa mai riferimento
alla trasparenza ed alla trasferibilità
delle competenze?
Richard Allen: il problema potrebbe
essere riconducibile al fatto che solo
di recente abbiamo iniziato a sviluppare un sistema di formazione a livello nazionale, con delle regole
che vadano bene per tutto il territorio del Paese. Salvatore Scalisi: il sistema italiano è stato da sempre
caratterizzato da una grande confusione. Prima, infatti, era basato su
delle qualifiche uguali per tutto il
territorio nazionale; poi, circa 25-30
anni fa, si è passati al decentramento alle regioni. Attualmente, le parti
sociali stanno tentando di riscrivere
delle regole basilari e condivise, che
consentano di intendersi. Richard
Allen: è la stessa tendenza in atto a
Bruxelles, poiché la Commissione sta
cercando di stabilire delle qualifiche
standard. Robert Morrall: che effetto avrà, secondo voi, l’introduzione
della formazione a distanza tramite
Internet? Aiuterà le micro-imprese
nell’offerta di formazione e contribuirà a sviluppare la trasferibilità delle
competenze…o non funzionerà affatto?
Lasciandovi con questa riflessione,
ringrazio tutti i partecipanti a questo
workshop per l’importante contributo offerto.
Salvatore Scalisi: a questo proposito, mi sembra importante sottolineare che l’EBRTS è impegnato già da
quattro anni in attività di formazione a distanza ed ha raggiunto risultati assai incoraggianti.
Conclusioni: tutte le esperienze realizzate dai partner confermano che
il sistema della job rotation è in grado di offrire ai lavoratori competenze più specialistiche ed aggiornate.
Per questo motivo rappresenta un
vantaggio molto importante sia per
i lavoratori sia per i datori di lavoro.
WORKSHOP 5
“Le nuove forme di organizzazione del lavoro:
Developing the workplace”
Coordinatore: Antonietta Di Stefano
(ISFOL)
Relatori: Pelle Ahle (LO Danish
Union), Antonio Mocci (ISFOL – SNS
ADAPT), Kostas Veskouikis (Eductus
Mälardalen AB)
Reporter: Simona Cannada
(Arcidonna)
Partecipanti: Elisabetta Cerroni
(Enaip Roma), Antonio D’Alberti
(IRES), Barbara De Micheli (ECIPA),
Luigi Serio (ISTUD), Gloria Belli (ISFOL),
Gundula Bolke Zeuner (SPI), Wolfang
Tobolt (Ministero Bassa Sassonia),
Heins Gerd Hochauser (BFZ), Pamela
Burns (Mylton Keynes), Margherita
Cappelletti (Regione Siciliana).
Antonietta Di Stefano: Benvenuti e
buon giorno a tutti. Prima di iniziare
questo mio breve intervento di introduzione ai lavori del nostro workshop
dal titolo “Le nuove forme di organizzazione del lavoro “, desidero
esprimere un vivo apprezzamento a
voi tutti per la partecipazione e ad
Arcidonna per l’organizzazione di
questo convegno, che crea un’occasione di incontro e confronto su
un tema poco conosciuto in Italia:
la job rotation strumento di flessibilità. Inoltre mi preme sottolineare che
questo convegno fa parte dell’attività di mainstreaming la cui organizzazione è a cura del Ministero del
Lavoro e della Struttura di assistenza
tecnica.
Per attività di mainstreaming noi intendiamo quelle azioni finalizzate a
trasferire i risultati dell’Iniziativa
Adapt nelle politiche regionali e
nazionali; infatti, finalità dell’attività
di mainstreaming è far sì che le migliori metodologie sperimentate, le
soluzioni di successo e i prodotti innovativi siano trasferiti nella pianificazione delle Istituzioni divenendo,
in un certo senso “sistema “. Colgo, anche, l’occasione per presentarmi e presentare i colleghi che
animeranno questo workshop. Mi
chiamo Antonietta Di Stefano e sono
la coordinatrice della Struttura nazionale di supporto dell’Iniziativa comunitaria Adapt. La struttura nel
corso degli anni ha approfondito il
tema delle nuove forme di organizzazione del lavoro e il Dr. Mocci, che
vi presento, ha maturato una buona esperienza su questo tema sia a
livello nazionale sia comunitario,
pertanto il suo intervento verterà su
questo tema. Il sig. Pelle Ahle, rappresentante del sindacato danese
ci parlerà del tema della qualità nella formazione. Siamo ormai tutti consapevoli che l’introduzione delle innovazioni tecnologiche nei processi produttivi ha contribuito a trasformare il modo di lavorare: il tema “organizzazione del lavoro” sta riscotendo negli ultimi anni un notevole
interesse sia a livello imprenditoriale
sia di risorse umane. Tutto ciò ha
avuto, ovviamente, riflessi sulle politiche del lavoro, tant’è vero che, il
dibattito che ha accompagnato,
per esempio in Italia l’introduzione
di una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro ha visto contrapporsi
diverse “scuole di pensiero“, da
quella che riteneva indispensabile
ammorbidire i vincoli esistenti nella
normativa troppo ingessata, e quella di chi, invece, teme una
deregolamentazione che potrebbe
penalizzare i lavoratori, la loro sicurezza e la loro professionalità, a quella che ritiene che la flessibilità possa
agevolare l’accesso all’occupazione. Un mercato del lavoro rigido,
come quello che l’Italia sta cercando di superare ha dimostrato di essere di ostacolo alla crescita dell’occupazione e di poter garantire il posto di lavoro solo chi il posto di lavoro lo ha già. D’altra parte molti temono che con l’introduzione di forme di lavoro più flessibili si crei solo
lavoro precario; flessibilità non vuol
dire precarietà, ma un insieme di
nuovi strumenti da mettere in moto
per contrastare la disoccupazione
e favorire l’inserimento e/o reinserimento di lavoratori nel mercato del
lavoro. Part-time, tempo determinato, apprendistato, CFL, telelavoro,
lavoro interinale etc. sono strumenti
che il Governo, insieme al ridisegno
del sistema formativo ha messo in
atto nel corso degli ultimi anni per
rendere più dinamico il mercato del
lavoro. Attualmente e alla luce del
rinnovamento che il Governo sta
portando avanti sia sul fronte del
mercato del lavoro che della formazione, non è più possibile parlare soltanto di formazione finalizzata all’apprendimento di un mestiere, ma
di formazione che si integra con la
scuola prima e successivamente
che segua il cittadino-lavoratore nel
corso di tutta la sua vita, offrendogli
l’opportunità di qualificarsi,
riconvertirsi, aggiornarsi a seguito
delle innovazioni tecnologiche e
produttive. Le trasformazioni indu-
striali costituiscono una delle preoccupazioni principali delle imprese e
dei lavoratori. Con il termine “trasformazioni industriali“ si intende quel
continuo processo e quegli effetti
che si verificano sui sistemi economici, sulle imprese e sugli stessi lavoratori come conseguenza:
• Dei cambiamenti strutturali delle
imprese e dei processi produttivi,
• Delle trasformazioni tecnologiche,
• Dei cambiamenti strutturali della
forza lavoro con l’aumento del
progressivo invecchiamento della popolazione,
• Della crescita del lavoro a tempo
parziale e dell’avvio della scomparsa del lavoro “a vita“.
Tali cambiamenti contribuiscono a
modificare il lavoro provocando trasformazioni decisive sul mercato del
lavoro e sull’intera società. Le competenze statiche basate sulle funzioni, i modelli tradizionali di gestione
divengono inadeguati: lo sviluppo di
una nuova cultura industriale e di impresa, caratterizzata dalla flessibilità normativa e produttiva e la capacità di prevedere e guidare le trasformazioni diventano i modelli vincenti nella società dell’informazione.
L’obiettivo strategico della PMI è,
alla luce di quanto detto, riconducibile a due aspetti:
1)L’adeguamento dei lavoratori rispetto ai mutamenti industriali,
2)L’anticipazione degli stessi cambiamenti.
Dal punto di vista degli obiettivi formativi, tali finalità si traducono in un
innalzamento delle competenze,
aggiornamento, specializzazione,
riqualificazione, flessibilità delle figure aziendali siano essi imprenditori,
manager, quadri ecc..
L’aspetto che sembra assumere
maggiore rilevanza nelle PMI è senza dubbio l’adeguamento ai mutamenti industriali attraverso l’utilizzo di
forme flessibili di lavoro e di formazione. In generale la formazione
messa in atto dalle PMI, grazie all’Iniziativa comunitaria Adapt ed anche
al progetto Job Rotation, ancora
poco conosciuta nel nostro Paese,
è orientata alla strategia aziendale
e più precisamente ad accompagnare le imprese nei loro bisogni di
sviluppo organizzativo, necessaria
per far fronte ai cambiamenti che
avvengono nel mercato e nel ciclo
produttivo dell’impresa. La job
rotation, come vedremo in seguito,
è uno strumento innovativo di flessibilità del mercato del lavoro che, attraverso lo scambio temporaneo tra
lavoratori di un’impresa impegnati
in attività di formazione e disoccupati, aiuta, da una parte, a costruire il futuro lavorativo ai disoccupati
e dall’altra parte contribuisce all’aggiornamento delle competenze del
lavoratore ed all’innalzamento dell’autonomia degli stessi lavoratori,
individuando strumenti e regole per
rendere più agevole il mercato del
lavoro locale. In questa ottica figure chiave sono le risorse umane in
quanto sono loro che agiscono da
attori del cambiamento stesso in
azienda.
Arcidonna oggi ci offre l’opportunità di parlare della job rotation, non
come strumento risolutivo di tutti i
problemi occupazionali e formativi,
ma come strumento che può consentire di:
- Realizzare una strategia comune
di supporto alle imprese nei processi di adattamento ai mutamenti industriali,
-Accrescere
il
sistema
di
competitività delle imprese,
- Diffondere una nuova cultura imprenditoriale,
- Aggiornare le competenze delle risorse umane, attraverso percorsi formativi innovativi.
Il progetto a titolarità Arcidonna è
l’unico progetto italiano che in Sicilia sperimenta già dal 1996 la
metodologia della job rotation nel
settore del turismo. In tale azione di
sviluppo dell’economia turistica possono essere adottati strumenti innovativi di qualificazione del personale e che tengano conto delle specificità del settore (precariato,
stagionalità...). In particolare i progetti promossi da Arcidonna applicano il metodo della job rotation per
favorire la formazione del personale già occupato e per permettere
ai disoccupati di poter fare un’esperienza lavorativa. Il settore del turismo può essere il volano per lo sviluppo economico in generale e nello specifico del territorio siciliano
caratterizzato da una forte disoccupazione. E’ stato scelto il settore del
turismo perché le analisi sul mercato del lavoro del settore turistico
evidenziano la precarietà dell’impiego, legata soprattutto alla
stagionalità e alle difficili prospettive di “ carriera “ che provocano un
fenomeno di elevato turn over che
rende particolarmente critica la
permanenza degli addetti sul mercato del lavoro e conseguentemente assai precaria la capitalizzazione
di risorse umane professionalizzate.
Di contro il settore chiede con maggiore insistenza di poter contare su
figure specializzate in possesso di
competenze professionali in grado
di rispondere alle esigenze della
domanda turistica sempre più orien-
tata ai servizi di qualità. La sfida principale per il mercato del lavoro turistico è la sua trasformazione in un
vero e proprio settore di inserimento
e qualificazione professionale attraverso la creazione ed il mantenimento di “nuova professionalità”. A
questo proposito mi sembra opportuno precisare che la job rotation è
uno strumento non esclusivo di un
settore ma può essere utilizzato in
tutti i settori produttivi. Come vedremo anche dagli altri interventi la job
rotation risulta un metodo semplice
ed innovativo, sperimentato già da
anni in Danimarca ed in altri paesi
europei, per lo sviluppo della qualità della forza lavoro e dell’occupazione che coniuga la formazione
continua dei lavoratori con la formazione “on the job” dei disoccupati.
Mi avvio a conclusione sperando
che la job rotation entri nel nostro
Paese a pieno titolo come strumento di flessibilità. Attraverso le varie
esperienze avviate, si può costatare
che essa favorisce:
1)I reingressi nel mercato del lavoro
a seguito della disoccupazione di
lunga durata,
2)I nuovi ingressi nel mercato del lavoro,
3)Il turn - over aziendale e la mobilità esterna.
Introduce Antonio Mocci, della Struttura nazionale di supporto per l’Iniziativa comunitaria Adapt, costituita presso l’Isfol. Ho avuto modo di
occuparmi negli ultimi anni delle
tematiche organizzative in impresa
partecipando all’attività tematica
cui si riferiva Antonietta Di Stefano e
che è stata condotta (come avete
sentito), sia a livello italiano, sia a livello comunitario.
Il tema in discussione, l’organizza-
zione del lavoro, in realtà è molto
vasto, troppo per essere sia pure solo
riassunto o accennato in un’occasione simile al workshop odierno. Si
tratta, quindi, di scegliere una
chiave di lettura, per delimitare il
campo e utilizzare nel miglior modo
possibile il tempo che mi è stato
assegnato, dando, possibilmente,
anche spunto per eventuali riflessioni
e domande da parte vostra; la
chiave di lettura che vi propongo è
l’Iniziativa Adapt stessa, con i suoi
obiettivi e finalità, con le esperienze
intendere per organizzazione del
lavoro?
Non ho la pretesa di dare una
definizione univoca e onnicomprensiva, tuttavia, mi sembra utile
provare ad avere una terminologia
comune. Per organizzazione del
lavoro si può intendere il coordinamento fra tecnologie, compiti e lavoratori, al fine di ottenere la
produzione. L’organizzazione,
quindi, implica l’uso di macchinari
o sistemi e lo combina con competenze, ruoli, mansioni affidati alle
pratiche realizzate dai progetti, con
le riflessioni e i contributi originali che
promotori di progetti ed esperti
hanno dato nel corso dell’attività
tematica allo scopo di diffondere a
raggio più ampio possibile i risultati
prodotti. Ora, può essere utile
qualche considerazione di contesto:
in primissimo luogo, che cosa si può
persone ed alle persone stesse che
agiscono e interagiscono nel
processo lavorativo. Il trasformarsi di
una di queste componenti modifica
le altre: ad esempio, l’introduzione
sempre più diffusa delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che migliorano e
velocizzano lo scambio di dati e
l’accesso all’informazione nei
processi produttivi ed organizzativi,
cambia le competenze che i
lavoratori debbono possedere ed
anche il modo stesso in cui i
lavoratori operano. O, ancora, fenomeni che interessano tutte o quasi
le economie dei paesi sviluppati,
come il progressivo invecchiamento
della forza lavoro, hanno conseguenze sia sulle competenze
necessarie per presidiare l’attività
lavorativa, sia sul modo in cui le organizzazioni cercano di rispondere
ai gap generazionali. Negli ultimi
anni, poi, macro fenomeni economici come la globalizzazione dei
mercati o politici, come il processo
di realizzazione dell’Unione europea
stanno modificando profondamente il modo di operare, di
produrre e di lavorare. Si pensi solo
al caso europeo: la creazione del
Mercato unico ha avuto e sta
avendo conseguenze sulle politiche
del lavoro degli Stati membri, tese a
rendere i mercati nazionali più
flessibili e dinamici. Ciò ha significato, fra l’altro, l’introduzione nei sistemi legislativi di istituti contrattuali tesi
a configurare rapporti di lavoro
meno rigidi rispetto al passato, come
il part-time, il lavoro interinale, la
mobilità, la rimodulazione e la riduzione dell’orario. Questi nuovi
strumenti hanno dato alle imprese
la possibilità di reagire con maggiore prontezza ai mutamenti
congiunturali, aumentandone la
competitività. Le aziende, infatti,
approfittando del contenimento dei
costi derivante dall’uso di contratti
flessibili e della maggiore rapidità di
reazione ai cambiamenti dei mercati e della concorrenza hanno potuto difendere o aumentare le proprie
quote di mercato, facendo fronte,
anche grazie ai cambiamenti organizzativi, all’aggressione di sistemi
produttivi più efficienti o economici.
Entra qui in scena quel termine: “flessibilità” che è forse fra i più dibattuti
del momento; come ben sapete, la
discussione sulla flessibilità lavorativa oscilla spesso fra due estremi
ugualmente pericolosi: la demonizzazione o la mitizzazione della flessibilità su basi ideologiche. In questa
sede si considera la flessibilità del
lavoro (anche sulla scorta delle
esperienze fatte dai progetti Adapt),
come un modello di regolamentazione legislativa e contrattuale teso a consentire un uso non rigido
della forza lavoro; essa può avere
conseguenze e applicazioni in
termini di orario di lavoro, di mansioni
e funzioni della forza lavoro oppure
in termini di numero degli occupati
in relazione alle esigenze produttive.
Tornando ai cambiamenti organizzativi e volendo provare a “tipizzare”
in qualche modo tali cambiamenti,
si possono ricordare le seguenti tre
tipologie o modelli:
• il modello chiamato neo
fordismo, caratterizzato dalla forte innovazione dei sistemi di controllo e di pianificazione come,
ad esempio, nella produzione
just-in-time. Il modello è stato arricchito da elaborazioni e applicazioni di origine giapponese (ad
esempio, la lean production) e si
basa su risorse umane affidabili
e sul controllo rigido delle performance lavorative;
• il modello conosciuto come neo
umanesimo, caratterizzato da
grande attenzione per lo sviluppo delle risorse umane e finalizzato a fare il miglior uso del po-
tenziale umano, proponendo
compiti meno rigidi e definiti;
• il modello conosciuto come neo
efficientismo, caratterizzato dall’uso pervasivo delle tecnologie
dell’informazione nei processi
produttivi. In tale modello, le risorse umane rivestono un ruolo
marginale e possiedono competenze multiple e trasversali.
Credo che sia opportuno, a questo
punto, tornare ad Adapt. In che
modo l’Iniziativa ha costituito il contesto entro il quale i progetti hanno
potuto sperimentare modelli organizzativi e forme di flessibilità produttiva? E’ opportuno ricordarsi dell’obiettivo fondamentale dell’Iniziativa, ossia favorire l’adattamento dei
lavoratori e dei sistemi di produzione ai mutamenti industriali, migliorando il funzionamento del mercato del lavoro. I progetti Adapt, quindi, hanno analizzato il processo continuo delle evoluzioni e delle trasformazioni delle attività economiche
sia a livello tecnologico, sia a livello
di sistemi di produzione, di organizzazione del lavoro, di strategie di
mercato, di normative, di apporti dal
territorio. I promotori di progetti hanno esaminato le ragioni per cui i
mutamenti tecnologici, legislativi e
dei mercati rendono necessario il
cambiamento organizzativo ed
hanno effettuato sperimentazioni
per l’implementazione di nuove forme di organizzazione del lavoro nelle Piccole e medie imprese.
Può essere utile, a questo punto, fornire qualche rapido flash sui progetti
finanziati che, a livello italiano, si
sono occupati di organizzazione del
lavoro. L’Iniziativa Adapt ha finanziato complessivamente nel nostro
paese 583 progetti, 182 con l’avviso
del 1995 e 401 con quello del 1997.
Di questi, 117 hanno posto al centro
della loro storia progettuale la
tematica dell’organizzazione del lavoro. Si tratta, com’è evidente, di
una cifra considerevole, pari a oltre
il 20 % del totale nazionale e che rimane sostanzialmente omogenea
nei due periodi di programmazione.
I 117 progetti Adapt che si
occupano di organizzazione del
lavoro hanno realizzato prevalentemente azioni di formazione,
consulenza orientamento. Questa
tendenza, riscontrabile in senso
generale per tutti i progetti Adapt,
è ha peso quantitativo maggiore
per quelli che hanno operato in
campo organizzativo. Si tratta,
tuttavia, di interventi realizzati con
modalità innovative e finalizzati a
trasferire non solo contenuti e
conoscenze, ma soprattutto
metodologie, schemi logici di
intervento, approcci al cambiamento. Per ciò che si riferisce ai
beneficiari, si è rilevata la tendenza
a coinvolgere prevalentemente i
livelli più alti di responsabilità in
azienda, come gli imprenditori, i
dirigenti o il management
intermedio. Anche in questo caso,
si tratta di una tendenza generale
che, però, nel caso dei progetti che
operano in campo organizzativo
appare accentuata visto che la
quasi totalità del campione
interessa la proprietà dell’azienda e/
o i livelli dirigenziali più alti. Ciò può
forse essere spiegato considerando
che i progetti in questione
riguardano per lo più imprese di
piccole dimensioni, nelle quali la
centralità dell’imprenditore è più
accentuata e insostituibile che in
organizzazioni di dimensioni
maggiori; in tale contesto, i
mutamenti organizzativi possono
entrare in azienda e consolidarsi,
ben oltre l’intervallo temporale
interessato dalle azioni di Adapt, solo
a condizione che siano gli
imprenditori stessi ad impegnarsi in
prima persona e, quindi, a patto che
vengano coinvolti direttamente
nelle azioni per il cambiamento.
Questi brevi flash danno elementi sostanzialmente quantitativi. Sulla base
dell’animazione tematica condotta
a livello italiano è però possibile formulare anche qualche indicazione
qualitativa. Un’osservazione preliminare: il cambiamento organizzativo
non è mai stato visto come fine a se
stesso, ma come strumento per favorire l’innovazione nelle imprese e
nei sistemi produttivi locali. Ciò premesso, si possono distinguere tre
principali linee di tendenza per i progetti italiani che si sono occupati di
organizzazione del lavoro:
• la prima riguarda quei progetti
che hanno realizzato interventi di
revisione e ristrutturazione del ciclo produttivo, sperimentando
nuove modalità organizzative;
• la seconda si riferisce a quei progetti che sono intervenuti sulla
cultura manageriale, proponendo nuovi modi di definire le strategie d’impresa, come l’analisi
dei mercati o le modalità di cooperazione fra imprese. Il cambiamento delle strategie implica
la modifica delle modalità di
gestione dell’azienda;
• la terza riguarda quei progetti
che hanno proposto nuove forme di distribuzione del tempo di
lavoro ovvero nuovi modi di articolare i tempi della produzione,
proponendo la modifica delle
condizioni di scambio tra
remunerazione e lavoro e la definizione di nuove regole
organizzative.
Queste linee di tendenza, tuttavia,
non sono mutuamente esclusive,
ma anzi, alcuni interventi le combinano; soprattutto quei progetti che
adottano un approccio olistico al
cambiamento e che prefigurano
una modifica rilevante della cultura d’impresa interessano le tre linee
di tendenza in modo pressoché
indistinguibile. L’esempio più chiaro
è costituito dagli interventi che favoriscono il lavoro in rete ed il
telelavoro: questi interventi portano
a una riconsiderazione complessiva
delle strategie di impresa e la modifica dei ritmi organizzativi.Mi avvio a
concludere dando alcune indicazioni sugli esiti del lavoro tematico
che è stato condotto a livello europeo. Questa attività ha impegnato
la Commissione e gli Stati membri
per circa due anni; non è questa la
sede per ripercorrerne struttura e finalità. Mi limito a dare alcuni flash
sui risultati.
In Europa oltre 1100 progetti Adapt
sui 3500 finanziati hanno operato su
tematiche collegate all’organizzazione del lavoro. Questi progetti hanno sviluppato azioni in molti ambiti,
quali i modelli di sviluppo locale, le
forme di cooperazione interaziendale, l’impatto delle nuove
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le politiche di
qualità e di sviluppo sostenibile. Le
riflessioni del gruppo (che oltre a un
campione di progetti Adapt ha contato sull’apporto di esperti indipendenti), hanno riguardato prevalentemente tre aree dell’organizzazione:
1. la flessibilità organizzativa, produttiva e normativa, intesa come
leva
per
potenziare
la
competitività delle aziende;
2. la formazione per le organizzazioni flessibili, con riguardo sia alle
modalità di analisi dei fabbisogni,
di erogazione della formazione e
di ruolo dei formatori;
3. la cooperazione e il networking,
che ha osservato le modifiche
che si verificano nelle relazioni
intra e interaziendali e le
potenzialità della collaborazione
tra imprese, enti pubblici, università, enti di ricerca e attori dello
sviluppo.
Dal lavoro tematico emergono alcune considerazioni che, pur non
potendo essere considerate
esaustive, costituiscono utili suggerimenti e spunti di riflessione per i
decisori politici e per gli attori dello
sviluppo:
• l’approccio ai mutamenti organizzativi e la loro introduzione nell’impresa devono prevedere
un’analisi complessiva dell’azienda, della sua organizzazione,
delle sue metodologie di lavoro,
dei processi e delle funzioni ad
ogni livello. Questa analisi è necessaria perché chi introduce le
modifiche organizzative conosca
la cultura di quell’impresa e attui l’intervento nel rispetto di tale
cultura;
• poiché i mutamenti organizzativi
comportano anche cambiamenti nelle competenze richieste
a manager e lavoratori, l’analisi
dell’impresa deve comprendere
anche l’analisi delle figure professionali e delle competenze
chiave. I risultati di questa indagine devono essere condivisi da
•
•
•
•
•
•
tutti i componenti dell’organizzazione;
la parola chiave per la formazione in un contesto lavorativo flessibile è “polivalenza”: di ruoli, di
competenze, di abilità;
le attività formative devono essere erogate prevalentemente
sul posto di lavoro, utilizzando
strumenti prodotti ad hoc e
metodologie adattate al contesto aziendale;
la consapevolezza, la motivazione e l’impegno degli imprenditori, dei manager e dei lavoratori devono essere considerati requisiti necessari perché l’introduzione
delle
modifiche
organizzative e della flessibilità in
azienda abbia successo. Ciò è
tanto più importante nelle realtà
imprenditoriali di piccole dimensioni, nelle quali la figura dell’imprenditore assume una pluralità
di ruoli e di funzioni non
riscontrabile in realtà imprenditoriali più grandi;
deve essere chiara fin dal principio la ragione per cui l’azienda
ha bisogno di modifiche
organizzative e di flessibilità e
quali scopi si prefigge il cambiamento organizzativo;
la fase di preparazione all’introduzione delle modifiche organizzative in azienda deve essere
negoziata fra tutte le componenti aziendali e fra tutti coloro che
avranno un ruolo nel processo.
Poiché le modifiche organizzative toccano interessi diversi
e talvolta contrapposti, un
bilanciamento di tali interessi
deve essere assicurato;
il processo di introduzione dei mutamenti organizzativi deve esse-
•
•
•
•
•
re accompagnato da un’esaustiva strategia di comunicazione
finalizzata a dare all’organizzazione informazioni su cosa sta accadendo e perché;
il processo di introduzione dei mutamenti organizzativi deve essere olistico e graduale. I risultati di
tale processo devono essere
continuamente monitorati e valutati, utilizzando strumenti prodotti ad hoc per analizzare fino
a che punto cambia il modo di
lavorare;
l’approccio partecipativo deve
essere garantito in ogni fase del
processo di introduzione delle
modifiche organizzative. Autorità
locali, parti sociali, aziende, enti
di ricerca e formazione devono
cooperare costantemente;
il principio della parità di opportunità deve essere sempre considerato. Le discriminazioni basate sull’inadeguatezza delle competenze o sulle connotazioni di
genere devono essere evitate.
Ciò vale anche per quelle categorie di lavoratori che, come i cosiddetti lavoratori atipici, non vengono generalmente considerate
nei piani formativi aziendali;
il processo di introduzione dei mutamenti organizzativi può essere
agevolato individuando, all’interno dell’azienda, figure chiave
capaci di diffondere conoscenze, competenze e abilità apprese durante la fase di introduzione dei cambiamenti organizzativi, consentendo così la sostenibilità dei benefici nel tempo;
l’attività di benchmarking con
imprese che hanno già inserito
con successo modifiche organizzative al loro interno può esse-
•
•
•
•
•
•
•
•
re molto efficace per diffondere
i benefici ottenuti;
i mutamenti organizzativi e la flessibilità devono essere considerati come un mezzo per incrementare la competitività delle imprese, migliorarne la produttività e
ottenere migliori condizioni di lavoro;
la flessibilità non deve essere
considerata come fine a se stessa;
il processo di introduzione in
azienda dei mutamenti organizzativi e della flessibilità ha bisogno di essere agevolato dall’adattamento della legislazione
contrattuale e dei sistemi fiscali
e di retribuzione;
le agevolazioni fiscali sono utili a
sostenere gli investimenti per lo
sviluppo delle risorse umane;
i rischi di discriminazione basati sui
bassi livelli di competenza e sulle
connotazioni di genere devono
essere evitati migliorando la legislazione sociale a livello europeo,
nazionale e locale;
le esperienze pratiche sviluppate all’interno dei progetti Adapt
e relative all’introduzione dei
cambiamenti organizzativi devono essere trasferite nelle politiche
nazionali e locali di sviluppo, nella pianificazione dell’attività
formativa e nelle politiche attive
del lavoro;
gli strumenti e i modelli realizzati
e strutturati per le Piccole e medie imprese devono essere adottati e diffusi;
i concetti di formazione
aziendale e di formazione continua devono essere trasferiti nella pratica, prevedendo forme di
incentivazione;
•
le istituzioni locali devono assicurare la loro partecipazione a tavoli di concertazione fra imprese
e parti sociali, come modo efficace per garantire l’impegno
delle istituzioni stesse a migliorare
l’organizzazione del lavoro in
azienda.
Questa classificazione è dovuta al
Professor Daniele Boldizzoni di ISTUD.
1
Conclusioni: job rotation insieme alle
nuove tecnologie è in grado di trovare nuovi e più interessanti percorsi per lo sviluppo.
WORKSHOP 6
“La Job Rotation in un’Europa allargata”
Coordinatore: Lizzie Feiler
Relatori: Jelka Arh (Centro per la Formazione Professionale, Slovenia)
Michel
Laine
(Employment
Commuinty Initiatives)
Reporter: Lotti Albegiani
Partecipanti: Mrs Daniza Prazakova,
(Europrofits sro, Repubblica Ceca),
Emmanuela Stefani (Technopolis),
Witold Szwebs (AOF), Gundula Bölke
(SPI)
Jelka Arh del Centro Sloveno per
l’educazione e la formazione professionale, con sede a Ljubljana, presenta il progetto che prevede una
nuova rete transnazionale di Istituti
Nazionali per la Formazione (NTI
Network) nell’ambito del Fondo Sociale Europeo istituito
dalla DG Occupazione e Affari Sociali
e supportato dalla
Fondazione Europea
per la Formazione
mediante l’apporto
di mezzi tecnici e di
esperti nei 10 paesi
PAC (pre-accession
countries). La Job
Rotation é considerata come uno strumento importante
nell’implementazione
dei fondi FSE nei 10 paesi PAC.
Nel contesto nazionale della
Slovenia, le possibilità e la viabilità
della Job Rotation saranno testate
nei settori dell’industria del legno,
dell’industria metallurgica e del turismo. Per quanto riguarda il settore
dell’industria metallurgica, un settore in piena evoluzione strutturale, si
programma di inserire la Job
Rotation, come misura complementare, nell’ambito dell’attuale
progetto “5000 disoccupati”. Il momento é quello giusto per introdurre la Job Rotation, poiché la
Slovenia sta già attuando il suo Piano d’Azione Nazionale per l’Occupazione per gli anni 2000 e 2001 già
approvato a livello governativo, ed
é in procinto di utilizzare i fondi FSE
nel prossimo futuro. Il fatto che la
Slovenia sia un paese piccolo può
essere considerato come una caratteristica positiva, in quanto essa
dà modo al paese di realizzare in
maniera molto flessibile innovazioni
e implementazioni.
La signora Ahr intende disseminare
tutte le informazioni di una qualche
rilevanza ottenute durante la conferenza di Roma a tutti i partner
della rete transnazionale nei paesi
PAC ed informarli sulle possibilità di
implementare la Job Rotation nei
loro paesi. Daniza Prazakova elenca le principali attività di
EUROPROFIS, un’organizzazione che
opera nel settore della consulenza
e della formazione nell’ambito di
argomenti relativi al mercato del
lavoro. Un progetto di sviluppo delle risorse umane nell’industria automobilistica della Repubblica Ceca
é in via di realizzazione, in cooperazione con i ricercatori Danesi. La Job
Rotation potrebbe contribuire eccellentemente alla soluzione dei
problemi legati al mercato del lavoro e all’economia in evoluzione.
Poiché gli impiegati degli uffici del
lavoro regionali e locali hanno a loro
disposizione una vasta gamma di
misure e strumenti, sarà opportuno
convincerli a prendere parte attivamente al processo di realizzazione.
Un progetto Leonardo, iniziato di recente in cooperazione con partner
austriaci, danesi, tedeschi, polacchi
ed ungheresi, ha come obiettivo la
disseminazione del metodo della
Job Rotation e lo sviluppo di condizioni adeguate al contesto nazionale.
Punti chiave della discussione:
La discussione si é incentrata sulla seguente domanda: quali fattori possono essere considerati positivi e di
supporto per una trasferibilità della
Job Rotation ai PAC?
I punti chiave della discussione, e le
successive raccomandazioni sono
stati:
- Scambio di esperienze e di informazioni sui diversi campi d’azione
degli schemi di Job Rotation negli
stati membri dell’Unione Europea; informazioni su esempi di buone pratiche.
- Inoltre, l’istituzione e il mantenimento della comunicazione tra i nuovi
partner dei PAC ed i “vecchi membri” della rete EU-Jobrotation potrebbe essere di grande utilità per tutti.
- L’implementazione (con ottimi risultati) dei progetti pilota nei PAC potrebbe essere un importante punto
di partenza ed aiutare a coinvolgere gli organi decisionali.
- Il lavoro con reti già esistenti a livello territoriale e settoriale nei PAC é
stato raccomandato dal rappresentante della Commissione Europea,
raccomandazione condivisa dai
partecipanti al workshop.
- Un fattore determinante potrebbe
essere costituito dall’adesione totale delle Autorità regionali e locali del
Lavoro.
- L’elaborazione e l’attuazione di
progetti pilota nei PAC potrebbe entrare a far parte delle strategie nazionali ad ampio raggio; tenendo in
considerazione soprattutto i risultati
positivi che possono derivare
dall’implementazione della Job
Rotation, piuttosto che lo strumento
in sé. (“la Job Rotation non é fine a
sé stessa ma un mezzo per raggiungere uno scopo” e può essere un
valido contributo alla soluzione dei
problemi del mercato del lavoro).
Conclusioni: job rotation non è un
fine ma un mezzo per arrivare al fine;
può essere un contributo per risolvere i problemi del mercato del lavoro.
WORKSHOP 7
“I costi ed i benefici di Job Rotation:
grande industria e PMI a confronto”
Coordinatore: Joyce Connon
Relatori: Henri Le Marois (E 21), Piero
Busetta (Fondazione Curella),
Natalie Royer (Transpole), Donatella Amato (Mondo Impresa),
Reporter: Daniela Dentici
Partecipanti: Yolanda Lopez (Fondo
Formación), Marzio Novello (ALZ
Bremen), M.F. Costagliola (ANFA)
Joyce Connon presenta la sua
associazione e il ruolo che ricopre.
Quindi chiede ad ogni partecipante
di fare lo stesso.
Finito il giro di presentazioni, Henri Le
Marois, direttore generale della E21,
azienda di consulenza del sud della
Francia, inizia a raccontare la sua
esperienza. La E2i svolge attività legate all’impiego, all’inserimento sociale e allo sviluppo locale, e promuove la Job Rotation da circa tre
anni. La Job Rotation ha due principali vantaggi: uno per i lavoratori, e
di conseguenza anche per le aziende, ed uno per i sostituti, in quanto
rappresenta un modo, per i disoccupati, di trovare lavoro. In Francia,
vengono utilizzati anche altri metodi.
Esistono le cosiddette “imprese di inserimento” che si preoccupano di
“produrre” e “vendere”, sul mercato del lavoro, persone che hanno
difficoltà nel trovare un’occupazione. Tali imprese ricevono sovvenzioni da parte dello Stato. Vi sono
anche i “cantieri scuola” per il restauro di monumenti. Per quanto
riguarda il progetto Job rotation, è
stata realizzata una griglia per l’analisi finanziaria delle principali attività.
Si distinguono i costi relativi ai dipen-
denti, che vengono sostenuti indipendentemente dall’applicazione
della Job rotation, ed i costi per i
sostituti.
I primi comprendono:
- il costo “pedagogico”, cioè relativo all’animazione, all’affitto dei locali, al materiale, ecc.
-il costo della progettazione
- il costo per la remunerazione dei
dipendenti durante le ore di formazione.
Per ogni costo, esistono diverse possibili fonti di finanziamento:
- finanziamenti dello Stato
- finanziamenti del Consiglio Regionale
- altri finanziamenti pubblici
- finanziamenti privati.
In Francia, l’1,5% del costo relativo
al dipendente deve essere obbligatoriamente destinato alla formazione, se non viene utilizzato, deve
essere versato in un fondo al quale
possono attingere tutte quante le
aziende. Sono più spesso le piccole
imprese che non riescono a spendere tale quota, mentre le imprese
di grandi dimensioni spendono di
più. Per quanto riguarda i costi relativi ai sostituti, strettamente correlati
all’utilizzo della Job rotation, si distinguono in:
- costi per la formazione, comprendenti:
- il costo “pedagogico”
- il costo della progettazione
- l’indennità dei formandi che
non hanno il contratto
- la remunerazione, durante le
ore di stage, dei sostituti muniti di contratto
- costi per la sostituzione, cioè:
-la remunerazione dei sostituti
- il costo della progettazione.
Viene sottolineato il fatto che, in
Francia, vi sono delle sovvenzioni
destinate alla formazione, e che non
si può lavorare in un’azienda senza
essere pagati. Attualmente, c’è un
dibattito in corso, in quanto si vorrebbe trovare il modo di non pagare i sostituti. Henri Le Marois espone,
quindi, il caso di un’azienda di circa 800 persone che ha formato 229
dipendenti, sostenendo un costo
totale di un milione di euro. Il costo
relativo alla formazione e all’organizzazione è stato di circa 200 mila
euro, esclusi i costi per i dipendenti.
I sostituti coinvolti sono stati 17, il cui
costo, di 10 mila euro per ciascuno,
è stato compensato dal fatto che il
70% di questi è stato assunto nell’azienda al termine dei sei mesi di
corso. Mentre il restante 30% è risultato “impiegabile”, nel senso che,
comunque, aveva arricchito il proprio curriculum. Poiché si è calcolato che, per mantenere una persona occupata, lo Stato deve sostenere un costo di 15 mila euro l’anno, risulta evidente la convenienza
nell’utilizzare il metodo della Job
rotation. Segue la presentazione di
Natalie Royer, dirigente della
Transpole, grande azienda privata
di trasporti, che conta 1.600 dipendenti e che partecipa a gare per il
trasporto pubblico della città di Lille
(autobus, metro e tram). Fa parte di
un grosso gruppo costituito da 125
aziende divise in tutta la Francia e
che occupa circa 23 mila dipendenti. Il fatturato della Transpole era
di 100 milioni di euro e il piano di formazione annuale prevedeva
1.120.000 euro (ovvero il 3% della
massa salariale). L’azienda aveva
un progetto di sviluppo tecnologico
della metropolitana, che avrebbe
comportato una trasformazione ed
una riqualificazione del personale,
per riuscire ad utilizzare le nuove tecniche. Si voleva estendere una linea
della metro avvalendosi della tecnologia della terza generazione, per
cui la difficoltà era quella di far coesistere le due tecniche, la vecchia
e la nuova. La strategia dell’azienda era quella di privilegiare la qualificazione del proprio personale,
mettendo a punto delle tecniche
formative nuove. Il primo progetto
ha previsto la formazione dei dipendenti, conducenti di autobus, conducenti di tram e controllori della
metropolitana, ed ha coinvolto 350
lavoratori dipendenti, 40 sostituti,
36.000 ore di formazione pari a 18
mesi. Il piano di formazione aziendale avveniva, in passato, senza
problemi di sostituzioni, in quanto venivano richiesti dei lavoratori
interinali. Vista la portata del progetto, il numero dei lavoratori interessati alla formazione e la durata della stessa, si è posto il problema della sostituzione. A livello del gruppo
aziendale, vi era la volontà di investire in politiche creatrici di nuovi
posti di lavoro, per cui si è pensato
di utilizzare la Job rotation. Per sostituire i 350 dipendenti, si è provveduto a raggrupparli per categorie di lavoratori, quindi è stato utilizzato un
metodo a scalare: 40 sostituti sono
stati formati, preliminarmente, come
conducenti di autobus (che rappresenta la mansione più facile). Questi, dopo la formazione, hanno sostituito i dipendenti dell’azienda che,
a loro volta, sono stati formati per
diventare conducenti di tram, per-
mettendo a questi ultimi di formarsi
e di sostituire. Utilizzando tale metodo, non si è fatto ricorso al lavoro
interinale, come veniva fatto in passato. C’è una distinzione tra i costi
per la formazione dei dipendenti e
quelli per la formazione dei sostituti.
Si prevede che il costo totale del
progetto sia di 2.735.000 euro, così
suddiviso:
- 30% per la formazione dei sostituti;
- 64% per la formazione dei dipendenti;
- 6% per la progettazione.
Tali dati sono suscettibili di variazioni, in quanto il progetto termina a
settembre del 2000.
L’azienda ha ottenuto:
- 1.430.000 euro, da un finanziamento pubblico, dal Fondo Sociale Europeo e dal Comune di Lille;
- 185.000 euro, dal fondo nazionale
per la formazione;
- 1.120.000 euro, sono stati messi a
disposizione dall’azienda stessa.
Il professore P. Busetta osserva che i
costi per questa operazione non
sono rilevanti, ma si chiede qual è il
vero obiettivo della Job rotation: è
di creare nuova occupazione? Di
sviluppare politiche sociali? Di ottenere più flessibilità salariale? O di realizzare una maggiore competitività
grazie ad un aumento della formazione?
Piero Busetta ritiene che, se gli obiettivi sono solo alcuni, va bene, se invece sono troppi, si potrebbe appesantire il sistema. Altro elemento da
considerare è quello di non poter
pensare di applicare politiche del
lavoro simili in realtà totalmente diverse. Joyce Connon pensa che la
Job rotation possa funzionare sia
quando il livello di disoccupazione
è elevato – e, in questo caso, ci sono
sicuramente più vantaggi - sia quando è più basso. La Job rotation è uno
strumento sociale, ma le imprese
hanno bisogno di qualificare il proprio personale per migliorare la
competitività. Gli scopi sono molteplici, e tutti molto importanti. Piero
Busetta ribadisce che, se lo scopo è
quella di aumentare la competitività, si rischia di appesantire il sistema, ma se lo scopo è quello di essere uno strumento sociale, va bene.
Henri Le Marois fa notare che, in
Francia, lo scopo era quello dell’aumento della competitività, mentre in
Danimarca, era quello di reclutare
del personale. L’impatto sociale è
sempre interessante se contribuisce
ad arrestare la crescita del tasso di
disoccupazione. Piero Busetta osserva che, in Sicilia, il problema è che
c’è il personale qualificato, ma non
trova dove impiegarsi e, per questo,
si sposta in altre zone. Donatella
Amato presenta il progetto
VendoSud, anche se, in effetti, non
ha a che fare con la Job rotation. Il
suo scopo è quello di vedere si è
possibile una sua applicazione nella parte finale del progetto o in una
sua eventuale prosecuzione. Spiega
che si tratta di un progetto pilota,
realizzato su 32 province del sud Italia, finanziato dal F.S.E., e il cui scopo è quello di formare 183 giovani
nel campo dell’ export. E’un progetto on the job: i giovani vanno direttamente a visitare le imprese, fanno
un check-up aziendale, tornano in
aula, analizzano il caso e vedono se
l’azienda ha bisogno di personale
specializzato nel settore dell’export.
Visto però che, la maggior parte
delle aziende, non ha la possibilità
di assumere nuovi impiegati, si può
pensare di realizzare un progetto di
Job rotation, per fare in modo che,
questi 183 ragazzi, possano essere
impiegati nelle aziende che ne hanno bisogno. Si potrebbero immaginare come delle figure, poste a fianco dell’imprenditore, che offrano
delle consulenze specialistiche ad
un prezzo molto competitivo. Tale
progetto potrebbe realizzarsi nel
mune, che viene utilizzato, di volta
in volta, dalle aziende che ne hanno bisogno. Piero Busetta fa notare
che non è così facile da realizzare
in Italia, dove la situazione è molto
diversa e dove, proprio il campo
della formazione, è stato gestito in
maniera scandalosa. Riprendendo
i lavori nel pomeriggio, Joyce
caso in cui la Job rotation comprendesse, oltre che la sostituzione, anche l’implementazione. Marzio Novello spiega che, in Germania, almeno il 60-70% di formazione deve
essere richiesto, se no non si può
accedere ai fondi. Henri Le Marois
suggerisce a Donatella Amato di
fare come in Francia, dove sono stati
creati dei consorzi di imprenditori
che assumono del personale in co-
Connon ricorda che la Job rotation,
in Danimarca, è nata nelle grandi
aziende e, poi, si è sviluppata in Europa, grazie ad Adapt, nelle piccole aziende. Henri Le Marois dice che,
in Francia, il F.S.E. è utilizzato per la
formazione sia delle grandi che delle piccole aziende. Il problema, in
Danimarca, era quello di formare il
personale e, visto che non facevano ricorso al lavoro interinale, han-
no pensato di utilizzare la Job
rotation. Continua dicendo che, i
vantaggi economici della Job
rotation nelle grandi aziende, sono
inferiori rispetto a quello delle PMI,
ma che, le prime, hanno più che
raddoppiato il budget per realizzare il programma di riqualificazione.
In Francia, tutti promuovono la Job
rotation, sia gli enti locali, sia il settore pubblico. Natalie Royer sottolinea
il fatto che, una volta mobilitata la
Job rotation, si è cercato di trovare
nuove forme di finanziamento (ad
esempio, il F.S.E.). Marzio Novello fa
presente che, in Germania, i progetti
Adapt sono rivolti, per legge, solo
alle piccole imprese e che, per
un’organizzazione come la loro, è
impensabile l’applicazione della
Job rotation senza Adapt – come
suggerito da Henri Le Marois -, in
quanto verrebbe a mancare il sostegno finanziario. Joyce Connon
sostiene che bisogna cercare altre
forme di finanziamento e che si è
speso molto tempo, nella costruzione della Job rotation, per realizzare
un piano finanziario diverso per ogni
paese. Yolanda Lopez dice che, in
Spagna, viene fatta della formazione per i disoccupati, e che questa,
per il 60%, è gratuita per l’impresa.
Henri Le Marois afferma che uno dei
problemi della Job rotation è quello
di trovare i sostituti, per cui è importante lavorare a stretto contatto con
le agenzie di lavoro interinale, che
gestiscono una banca dati dei lavoratori. Joyce Connon rileva il fatto che, in Scozia ed in Inghilterra, non
c’è né una legge sulla formazione,
né un fondo a disposizione delle
aziende destinato alla formazione.
Lo stato ritiene che debba essere un
costo a carico dei datori di lavoro.
Pertanto, si sta cercando di incentivare questi ultimi con delle iniziative
(tipo marchio di qualità), per spingerli a pensare alla formazione in
senso più lato. La Job rotation potrebbe essere un buon metodo da
applicare in quanto, un sostituto arriva in un’azienda e sostituisce un lavoratore per un mese, e, quando
questo torna, ne sostituisce un altro.
In questo modo, un mese alla volta,
è possibile che tutti i dipendenti si
possano riqualificare. Henri Le Marois
fa presente che, più bassa è la qualifica del lavoratore, più facile è sostituirlo. Joyce Connon suggerisce di
fare come l’azienda Transpole in
Francia, in quanto, tale metodo,
permette al lavoratore di fare carriera. Sono riusciti ad applicare tale
metodologia anche a Glasgow,
dove vi erano delle persone che
non lavoravano da tre generazioni,
per cui difficilmente inseribili in un
contesto lavorativo, e ciò grazie ad
un periodo di formazione più lungo
(circa sei mesi), ed all’affianca-mento da parte di tutor. Henri Le Marois
descrive i “Piani locali di inserimento lavorativo”, che permettono di
formare delle persone che hanno
difficoltà ad inserirsi nel mercato del
lavoro, fino a quando non trovano
una sistemazione. In media vengono formate per 18 mesi e vengono
seguite da un mentore. Donatella
Amato chiede se è possibile realizzare la Job rotation senza l’aiuto dello Stato, visto che, in Italia, è difficile. Henri Le Marois risponde che, in
Francia, ci sono degli aiuti per la formazione, rivolti soprattutto a persone in difficoltà. I fondi di Adapt vengono utilizzati solo per l’elaborazione del progetto, non per la formazione. Vengono fatti dei contratti
con dei manager, cui danno il 50%
del finanziamento destinato all’elaborazione del progetto. In conclusione, Henri Le Marois sottolinea l’importanza della valutazione della Job
rotation, come metodo per convincere le amministrazioni pubbliche
ad utilizzare tale strumento, puntando sul raffronto fra costi e benefici.
Conclusioni: un’approfondita valutazione finanziaria dei costi-benefici della job rotation è uno strumento per coinvolgere un numero sempre maggiore di imprese.
Intervento di Lalage Mormile e
Antonella Marsala
Buongiorno, ho il piacere di presentarvi il lavoro che ho curato insieme
alla Dott.ssa Antonella Marsala.
La ricerca, dal titolo “Job rotation,
un’ipotesi normativa” vuole essere
il completamento dell’esperienza
realizzata da Arcidonna sul campo,
nel settore del turismo, in questi anni
in Sicilia. Consapevoli della bontà
dello strumento Job rotation e altrettanto consapevoli delle difficoltà di
inserire la J.r. nel contesto normativo
attuale e soprattutto nel contesto
normativo e finanziario siciliano, attraverso la ricerca abbiamo voluto
mettere a fuoco gli ostacoli che di
fatto si frappongono alla piena
implementazione dello strumento.
Per far questo abbiamo innanzitutto
guardato all’esperienza dei nostri
partner europei, soprattutto alla Danimarca, ove la J.r. è nata e al Portogallo ove recentemente è stata
emanata una legge che dà pieno
titolo alla J.r. quale strumento di politica attiva del lavoro.
La ricerca, dunque, si propone di
offrire una rapida panoramica dell’evoluzione della J.r. nei diversi contesti europei. L’analisi delle esperienze europee ci ha mostrato che affinché la J.r. possa avere successo
è necessario che oltre alla diffusione di una cultura differente all’interno delle PMI riguardo alla formazione, che sia regolato contrattualmente il rapporto di lavoro fra sostituto ed impresa e che vengano aiutate finanziariamente le PMI per le
quali la formazione è un costo che
incide notevolmente. La ricerca si
propone anche di evidenziare le
possibili risorse locali da utilizzare per
la J.r. e sotto questo profilo dobbiamo dire che la Regione Siciliana è
ricca di norme che prevedono incentivi per le imprese che assumono. Proprio nel momento in cui la ricerca stava per andare in stampa
è stata introdotta in Italia la L. 53/
2000 intitolata “Disposizioni per il sostegno alla maternità e della paternità”, legge che per noi di
Arcidonna è stata salutata con
grande favore, non solo, ovviamente, perché rispondente alla politica
della distribuzione dei tempi di vita
fra uomo e donna, ma anche, e per
quel che qui maggiormente interessa, per la previsione del congedo
per la formazione continua, ossia per
il diritto (riconosciuto in molti Paesi
europei già dal 1994) per il lavoratore di assentarsi per seguire percorsi
formativi. E’ chiaro che ciò può avere una forte refluenza sulla J.r., sia
perché, essendo questa un’ipotesi
di astensione facoltativa, il rapporto fra sostituto e datore di lavoro
potrà essere regolato anche da un
semplice contratto a termine, ma
anche perché dal momento che assentarsi per la formazione diventa un
diritto, i lavoratori saranno stimolati
a partecipare ad esperienze di formazione continua. In appendice
abbiamo poi proposto un disegno
di legge, disegno di legge che ha
convinto il nostro Assessore al Lavoro che lo ha modificato, adeguato
alle particolari esigenze e lo ha presentato in Giunta.
Speriamo adesso che i tempi di approvazione siano brevi.
II TAVOLA ROTONDA
“JOB ROTATION E L’AGENDA POLITICA”
Obiettivo: il ruolo della formazione
permanente e delle esperienze di
formazione on the job in un’ottica
di pari opportunità nelle politiche
attive del lavoro per il III millennio.
1. Commissione Europea Michel
Laine, Capo Unità Iniziative Comunitarie
2. Governo Sicilia Antonino Papania,
Assessore Regionale Lavoro
3. EBNT* Salvatore Scalisi, direttore
sede Sicilia
4. CGIL Patrizia Mattioli, Segreteria
Nazionale
5. Arcidonna Valeria Ajovalasit, Presidente
6. FGMM** Joel Bienassis, Segretario
Federale
7. Ministero del Lavoro Bassa
Sassonia Wolfang Toboldt, dipartimento cooperazione internazionale
8. CESCOT Confesercenti Fracesco
Raffo, presidente nazionale
Coordinamento: Lucia Annunziata
RAI 3
* Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo
** Fédération Générale des mines et
de la métallurgie
Dopo un saluto della coordinatrice,
apre Valeria Ajovalasit raccontando in breve dell’esperienza siciliana
e delle prospettive future, facendo
cenno al Disegno di Legge relativo
all’introduzione di Job Rotation nelle politiche attive del lavoro della
Regione Sicilia e promosso dall’Assessore al Lavoro della Regione.
Lucia Annunziata chiede quindi all’Assessore Papania se l’esperienza
con Arcidonna è stata per lui convincente. L’On. Papania risponde
che sicuramente l’esperienza è stata molto convincente ma che il solo
strumento legislativo non basta. L’Assessorato al Lavoro ha anche finanziato un progetto pilota (come accennato nella tavola rotonda tecnica del mattino, NdR) per testare
la JR in altri settori produttivi. In tal
senso una convenzione è già pronta e sta per essere stipulata tra Assessorato, Area di Sviluppo Industriale di Palermo e Arcidonna. La convenzione va incontro ad una precisa richiesta delle imprese tutte. Le
iniziative sono dunque due una è
immediata: il finanziamento che
consente di sperimentare il modello JR in tutta la Sicilia, l’altra è più a
medio termine e cioè la legge.Il disegno di legge ha bisogno di un
passaggio legislativo e quindi di essere approvato dal Parlamento Siciliano. La convenzione invece consente di sperimentare il modello in
tutta la Sicilia. Va incontro ad una
precisa richiesta delle imprese tutte:
occupabilità. E la JR fornisce un’ottima risposta a tale esigenza perché
offre un doppio circuito: da un lato
assicurare alle imprese la formazione continua e permanente del proprio personale, dall’altro affiancare
coloro i quali rimangono nel ciclo
produttivo mentre altri escono dal
ciclo produttivo per riconvertire e
riqualificare la propria professionalità. Questo sistema consente di trasformare la formazione, che diventa formazione teorica e formazione
di affiancamento. Dall’insieme di
questi due concetti deriva una possibilità “innovativa”di grande rilievo.
“Non mi ha convinto soltanto la bontà dei risultati- afferma l’assessore –
e la professionalità del lavoro svolto
cupazione ma di spingere le imprese al licenziamento delle persone in
organico per assumere persone
nuove che possano godere degli
stessi sgravi fiscali. Speriamo in una
qualità migliore anche attraverso la
JR. Interviene Salvatore Scalisi
dell’EBRST raccontando della sua
esperienza di Job Rotation in Sicilia
con Arcidonna nel settore del turismo. Esperienza estremamente positiva, con risultati occupazionali pari
al 75% ma, soprattutto, con una
“fidelizzazione” degli imprenditori,
inizialmente restii alle novità. La formazione è indispensabile nel setto-
da Arcidonna né l’entusiasmo del
coordinatore del progetto, ma piuttosto la lucida analisi di quello che
si può fare. Mi sembra un superamento rispetto ai normali aiuti dell’Unione Europea al nuovo personale assunto. Il pericolo è stato spesso
quello di non generare nuova oc-
re turistico, in cui la risorsa umana
costituisce la gran parte della qualità aziendale. E con il trend estremamente positivo che il turismo sta registrando in Sicilia, la Job rotation è
sicuramente uno degli importantissimi strumenti di formazione del personale ed incremento della qualità
dell’offerta. Interessanti per il settore anche le esperienze di “rotazione” con strutture estere.La Job
Rotation in sintesi risponde alla domanda di formazione continua e
alla necessità di acquisire quelle
competenze necessarie per una
occupabilità permanente nel mondo del lavoro. Secondo Franco Raffo
della Confesercenti Nazionale è importantissimo parlare di formazione
professionale continua. A lui dispiace che il programma Adapt vada
a concludersi, però si augura che il
programma Equal – la nuova iniziativa comunitaria che sviluppa progetti per l’occupazione e la formazione - consenta di effettuare altrettante sperimentazioni positive nei
prossimi sette anni. Come rappresentante di un sistema di piccole
medie imprese (che si occupa anche di formazione), racconta di aver
preso contatto in passato col sistema della J.R. durante una Conferenza Europea a Copenaghen Ha tentato di mettere in pratica questo
nuovo sistema ma non è riuscito nel
suo intento per una questione di
tempi. Ha trovato nel progetto di
Arcidonna elementi di profonda
qualità, e di riproducibilita’ dello
stesso al di là del settore e del territorio in cui sono stati sperimentati.
Il fatto che sia stato realizzato in Sicilia è un elemento che sicuramente
valorizza la capacità propositiva
presente nel paese. L’esperienza
della JR si sofferma sulle piccole imprese caratterizzanti il nostro sistema
economico e non soltanto quello
italiano. E’ ampiamente ed estendibile a determinate condizioni che
devono essere regolamen-tate non
nei dettagli ma in una logica di “cornice”, una logica di confini entro i
quali bisogna operare per non correre rischi come l’assunzione di nuovo personale o il rischio di perdere il
posto di lavoro. Quindi alcuni accorgimenti, alcuni elementi di cornice
vanno definiti; sicuramente l’esperienza legislativa siciliana può essere un modello, un punto di riferimento per la sperimentazione da riproporre in altre regioni. La seconda
considerazione che fa ritenere questo strumento adeguato ed opportuno per la piccola impresa, è che
in questa tipologia di azienda la formazione o comunque una qualifica
che ciascuno di noi è in grado di
offrire sul mercato del lavoro è una
cosa che si acquisisce nel tempo
con meccanismi sempre più riconducibili all’idea delle unità formative
capitalizzabili o di crediti formativi
che si acquisiscono in vari momenti
della propria vita professionale in
vari ambiti. Attraverso la J.R., inve-
ce si può più facilmente ottenere
nella fase iniziale della propria esperienza una formazione più completa da riportare nelle fasi successive
del proprio cammino professionale.
Riprende la parola la Annunziata
che dice come sino a questo punto
del dibattito tutti i partecipanti siano entusiasti di questa nuova formula ma che anche le persone poco
esperte possono intuire alcune difficoltà, una delle quali è quella di
avvenire all’interno di un modello di
flessibilità delle questioni lavorative,
tema su cui c’è una grande difficoltà in Italia.
Secondo punto è come si effettua
la selezione di coloro che prendono il posto dei lavoratori in aggiornamento (dei sostituti)?
Continua la Mattioli dicendo che la
formazione continua come arricchimento è fondamentale in Italia .
In Francia le imprese versano per il
fondo della Formazione Permanente il 1,5% delle imposte dovute, in
Italia soltanto lo 0,30%. La nuova
Fondazione (non ancora perfettamente attiva, NdR) finanzierà gli
accordi della formazione. La Mattioli
dice che questo strumento non
deve essere utilizzato in maniera
distorta; anche le risorse non sono
più un problema. Impegno del
governo: che sia finanziata la FP
anche con la prossima finanziaria.
Tre sono secondo Mattioli gli aspetti
da portare alla massima attenzione:
1) il rapporto con l’occupazione
bisogna garantire maggiore qualità
professionale all’azienda che
comporta immediatamente una
maggiore competitività. Modello e
contrattazione.
2) la selezione di chi si deve formare:
troppo spesso le imprese coinvol-
gono solo le alte professionalità.
3) con quale qualità la formazione
viene erogata? È necessaria una
certificazione della formazione
effettuata che così potrà essere
utilizzata anche domani sul mondo
del lavoro quale titolo spendibile.
Interviene Wolfang Tobolt del
Ministero della Formazione e Lavoro
della Bassa Sassonia raccontando
che tutto in Germania è gestito a
livello regionale ma molte dinamiche del lavoro vengono decise a
livello regionale. In Germania pure
ci sono delle difficoltà nella piena
applicazione di Job rotation: bisogna
fare ancora qualcosa a livello
legislativo. In questo senso si sta
cercando di attivare piccole iniziative
a partire dai gruppi parlamentari. In
Bassa Sassonia il Ministero della Formazione che gestisce le compe-tenze per
le materie di lavoro ha varato diversi
progetti di Job rotation con soggetti
esterni e privati, anche grazie a fondi
Adapt. Hanno una quota di
integrazione al lavoro del 72% dei
lavoratori partecipanti come sostituti.
Il progetto ha avuto successo ed il
suo particolare modello è stato
disseminato anche in altri Länder. Il
Ministero ha dunque attivato altri
fondi per futuri progetti di Job
Rotation.Il settore della Formazione
Permanente è cosa allettante, le
riqualificazioni all’estero hanno degli
stage anche di nove mesi: per
esempio dei giovani meccanici
tedeschi stanno studiando in Italia a
Venezia in questo momento. Anche
la FAD (long distance learning) è
interessante per le piccole imprese
e si può utilizzare in programmi di Job
Rotation. Per la politica iniziative a
livello di Lander che vogliono agire
sulla legislazione per esempio ora
c’è una bozza di misura per la Bassa
Sassonia. Secondo Tobolt bisogna
procedere con i sindacati. Continua
JoëL Bienassis Segretario Federale
della Fédération générale des mines
et de la métallurgie, il quale racconta
di 410.000 addetti di imprese con
circa quattro persone per impresa.
Sintetizza in breve il lavoro svolto nel
settore della meccanica insieme al
promotore ANFA. Inoltre la Francia
dispone di un Dossier sperimentale
realizzato sulla base di inchieste sul
campo. Tramite questo lavoro sono
già individuate un numero di attività
positive. Torna ora a parlare di politica
dicendo che in Francia la legge, il
legislatore, vengono dopo la contrattazione. Il Ministero del Lavoro ha
richiesto una ricerca-valutazione su tutti
i modelli di Job Rotation. I
progetti più interessanti
sono settoriali. Job
rotation si inserisce
perfettamente nel tema
della flessibilità ma la
presenza dei sindacati in
ogni fase di avanzamento
è indispen-sabile. Michel
Laine Capo Unità
Iniziative Comunitarie
della DG Occupazione
e Affari Sociali, continua
dicendo che la JR in seguito al summit di Lisbona si è inserita nella strategia comunitaria del
lavoro. La JR è un
“modo di fare” ciò che si fa è nel
cuore delle politiche attuali. JR non
può non modificare la maniera di
organizzare l’impresa. Ci sono un
certo numero di condizioni che sono
indispensabili. Più si va verso la piccola
- micro impresa più è importante la
formazione continua. Importante è
che vi sia il dialogo tra i vari partner,
il modo di fare della rete EU Job
Rotation è esemplare e costituisce
uno dei migliori (senonilmigliore) esempi
a livello europeo. Tutto quello che la DG
Occupazione e Affari Sociali vuole fare
con le iniziative. Non sono progetti portati
da un solo partner (mono partner) che
non vuole che si metta il naso nel proprio
lavoro ma, al contrario ci sono dentro
soggetti pubblici e privati, profit e non
profit. La cooperazione della “rete
Transnazionale Job rotation” è una delle
più ricche ed è una di quelle che più
funzionali: è basilare nei rapporti
transnazionali la “Governabilità” ciò
che questa rete ha raggiunto come
obiettivo. E’ chiaro che per la JR bisogna fare ancora dei progressi. Non è
giusto che ci sia un solo Leader di rete:
la cosa più importante, infatti, è la
disseminazione, che viene qui
dimostrata dalla legge siciliana. E’
importante trovare sensibilità
politiche pronte a raccogliere le
esperienze positive delle Iniziative, a
non lasciarle disperdere. Un criterio
di ricchezza per le Iniziative
Comunitarie è proprio l’approccio di
impatto politico: questo determina il
grande successo del progetto
Arcidonna. Questo tipo di rete
attivato da Arcidonna a livello
locale e da EU Job Rotation a livello
europeo, ha la possibilità di
realizzare una disseminazione
orizzontale. Se diamo uno sguardo
al futuro: il testo di Equal è stato
pubblicato il 5 maggio. Bisogna
vedere l’iniziativa nel quadro di una
serie di strumenti laboratorio. Alcuni
temi di Equal puntano alla
cooperazione, i membri della
partnership collabo-rano su alcuni
punti contri-buendo allo sviluppo di
nuove strategie dell’impiego.
I punti più importanti, che hanno un
forte collega-mento con la Job
rotation sono:
- riconciliazione tra vita
lavorativa e vita familiare;
- inserzione sociale.
Ma la maggiore innovazione di Equal sono i
partenariati di sviluppo.
Equal è un nuovo tipo di
progetto che oltre che
essere strategico abbia
anche un impatto sul
territorio dove ha luogo.
Lo sforzo è quello di un
partenariato
forte.
Purtroppo di solito – ed
avviene in tutta Europa - si
lavora non insieme ma uno contro
l’altro. Invece per un progetto
efficace bisogna mettere insieme le
analisi di tutti i Partner e prendere
decisioni comuni che coinvolgano
l’insieme degli attori. Basilare è la
messa in rete dei progetti e l’identificazione delle buone pratiche.
I tempi amministrativi per Equal sono
purtroppo più lunghi del previsto:
Michel Laine dice che per i finanziamenti si parla del settembre
dell’anno 2001. Secondo lui bisogna
costruire le politiche su quello che si
fa adesso, un metodo di lavoro per
riflessione collettiva. Non deve
esserci un vuoto temporale tra i fondi
Adapt e Equal se non si rischia di
perdere il patrimonio di Eu Job
rotation. I risultati di Adapt e
Occupazione devono essere utilizzati, diffusi e devono servire per capire
meglio quanto è stato fatto. In questo
contesto i risultati di Job rotation
meritano di essere consi-derati
nell’ambito di un lavoro più ampio,
le Iniziative Comunitarie si adopereranno affinché questa riflessione
possa trovare spazi e mezzi adeguati
nell’ambito della programmazione.
Conclusioni: i risultati della job
rotation dovrebbero essere considerati nell’ambito del lavoro di lunga
durata. La Commissione Europea
nell’ambito dei Programmi di Iniziativa Comunitaria farà del suo meglio
in fase di programmazione per
reperire spazi e risorse da destinare
allo sviluppo della job rotation.
Elenco partecipanti stranieri
1. Lizzie Feiler
2. Claudia Schiffkorn
3. Danica Prazáková
4. Didier Gelibert
5. Garnier Odile
6. Costagliola M.F.
7. Le Goff A.L.
8. Bienassis Joel
9. Gundula Bőlke Zeuner
10. Birgit Gericke
11. Manfred Birkhahn
12. Wolfang Tobolt
13. Eichler Michael
14. Emmanouela Stefani
15. Le Marois Henri
16. Karen Maes
17. Griet Pitteljon
18. Guido Herman
19. Doris de Neve
20. Veerle Herst
21. Heiner Rehling
22. Novello Marzio
23. Jőrg Hagedorn
24. Luxen Marie
25. Carlo Rürh
26. Yvonne Willberg
27. Joyce Connon
28. Cathy Moncrieff
29. Judith Macdonald
30. Brian Mckechnie
31. Judith Thomas
32. George Thomson
33. Jonathan Clark
34. Annette Kerr
35. Janet Gemmel
36. Karen Fraser
ÖSB Consulenza Management
ÖSB Consulenza Management
EUROPROFIS
AN.FA
CNPA
AN.FA LYON
AN.FA LYON
CFDT
SPI
SPI
Gewerkshaft HBV
Ministry OF Educ.Lower Sassonia
C.D.G.
TECHNOPOLIS
E21
LOCA LABORA
LOCA LABORA
LOCA LABORA
LOCA LABORA
LOCA LABORA
ALZ
ALZ
TÜV
FOREN
BQG
BQG
WEA
WEA
WEA
WEA
WEA
North Ayr Partnership
GDA
GDA
NORTH AYR forum
SOUTH AYRSHIRE COUNCIL
37. Joyce Black
38. Gavin Macdonald
39. Dominique Berrier
40. Elsie Andersson
41. Berit Backvall Trivanen
42. Loop Robert
43. Lisa Sendker
44. Kostas Veskoukis
45. Torbjorn Trolte
46. Siebert Reiner
47. Heinz Gerd Hochhäuser
48. Franz Derriks
49. Ulrike Wamke-Amri
50. Kerstin Wilde
51. Klaus Maack
52. Pedro Pires
53. Yolanda Lopez
54. Asier Dieguez
55. Jørgen Thyde
56. Jørgen Ejlskov
57. Steen Bach Nielsen
58. Ulrick Skytte
59. Anette Tolsgaard
60. Carsten Schultz
61. Palle Ahle
62. Hans Bechgaard
63. Jens Kruhøffer
64. Witold Szwebs
65. Dirk Kleeman
66. Robert Morrall
67. Robert Sly
68. Pamela Burns
69. Wendy Samuels
70. Richard Allen
71. Roger Clarke
72. Britta Thomsen
AYRSHIRE Ent.
AYRSHIRE Ent
VDAB Ufficio del Lavoro Fiammingo
ABF NORRKOPING
ABF
FOREM
Zebra
Eductus Malardalen
Eductus Malardanen
BFZ
BFZ
BFZ
BFZ
ISA
ISA
SOPROFOR
FONDO FORMATION
FONDO FORMATION
AOF Silkeborg
AOF Vejle
AOF Copenhagen
AOF Horsens
AOF Aarhus
AOF Give
LO (Danish Unions)
AOF Silkeborg
EU-JOBROTATION SECRETARIAT
EU-JOBROTATION SECRETARIAT
REDEG MBH
MILTON KEYNES COLLEGE
DORSET EMPLOYMENT SERVICE
MILTON KEYNES COLLEGE
BRISTOL TOURISM TASK FORCE
ENGLISH TOURISM COUNCIL
EMPLOYMENT SERVICE
National Trade Union Private Sec.
73. Fries Guggenheim Eric
74. Gericke Michael
75. Nathalie Royer
76. Svend Aage Moeller
77. Michel Laine
78. Arh Jelka
79. Barbara Banasiak
CEDEFOP
CEO
TRANSPOLE -Lille
AOF HORSENS
COMMISSIONE EUROPEA
CENTRE ED. & TRAINING
NATIONAL MARKET AUTH.
Partecipanti Italiani
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
Bassanini Clara
Belli Gloria
Cerroni Elisabetta
De Alexandris Sara
Germini Patrizia
Madami Giuseppa Maria
Marano Giovanna
Marsala Antonina
Messina Lucio
Noya Carla
Pagani Cleopatra
Pallais Andrea
Pisicchio Eleonora
Raffo Franco
Sanfilippo Fabio
Scalisi Salvatore
Mazzola Gian Liborio
Pietro Busetta
Cipolla Anna
Irelise Salamone
Messina Roberta
Simona Cannada
Valeria Ajovalasit
Albegiani Lotti
Daniela Dentici
Mormile Lalage
Ombretta lo Bianco
Paola Cipolla
Francesca Columba
Giorgio Ajovalasit
Serio Luigi
Papania Antonino
Messina Ignazio
Manfredi Roberta
Battistoni Lea
Mattioli Patrizia
Cevoli Marida
Tuzzolino Mauro
Tiziana Cerchiello
Gianni Principe
De Micheli Barbara
Sandri Serenella
Petrocchi Fiora
Incandela Marilena
Pari e Dispari s.r.l.
Isfol
ENAIP-Roma
Associazione Onlus L.I.S.A.
CESCOT NAZIONALE
Pari e Dispari s.r.l.
Segreteria Generale CGIL Sicilia
Cabina di regia UE
Skal Club + Comitato Sicilia Golf e Turismo
Uni.Versus CSEI
Università Cattolica Milano
CENTRO SVILUPPO S.P.A.
PERFORMA - CONCOMMERCIO
CESCOT NAZIONALE
SudGest Consorzio
Ente Bilaterale per il Turismo
ARS
Fondazione Curella
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
Arcidonna
ISTUD
Giunta di Governo Regione Sicilia
Comune di Palermo
CNEL
Ministero della Solidarietà Sociale
CGIL
CGIL - ISF
IG
Sviluppo Italia
CGIL
ENCIPA Lazio
Regione Emilia Romagna
COMICENT
CRESM
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
Gennaro Pannorro
Margherita Cappelletti
Donatella Amato
Delia La Rocca
Laura Spampinato
Franco Frigo
Antonietta Di Stefano
Antonio Mocci
Valentina Cardinale
Valeria Viale
Valeria Neri
Paola Lencini
Ivana Russiello
EBNT
Regione Siciliana
Mondoimpresa
Ministero delle Pari Opportunità
ISMERI
ISFOL
ISFOL
ISFOL
ISFOL
ISFOL
Arci Catanzaro
Speha Fresia s.r.l.
Iside
JOB ROTATION: un metodo nuovo per lo sviluppo della qualità e dell’occupazione
MAGGIO 2000 – GIUGNO 2001
Si tratta di un Progetto Pilota di ricerca ed implementazione del modello di formazione
permanente “Job Rotation” nei settori produttivi siciliani, promosso dal Consorzio ASI di
Palermo ed attuato da Arcidonna con il co-finanziamento del FSE e del Ministero del
Lavoro, nel quadro del P.O.P. 1994-1999.
Obiettivo del progetto è quello di promuovere percorsi di formazione permanente in
Sicilia, mediante l’individuazione dei reali fabbisogni formativi di alcune aree produttive
del tessuto economico dell’Isola, al fine di sostenere l’adattamento dell’organizzazione
del lavoro ai processi di innovazione tecnologica.
Pensato come valido strumento per la riqualificazione della forza lavoro, indispensabile
per contrastare l’esclusione dai processi di crescita e sviluppo dell’U.E., il metodo della
Job Rotation - già sperimentato con successo da Arcidonna nel settore turisticoalberghiero - viene adesso esteso ai principali settori produttivi dell’economia siciliana.
Sono circa 100 le unità produttive, dislocate su tutto il territorio regionale, che
sperimenteranno il sistema che incrocia la formazione permanente dei propri dipendenti
(che, con la riqualificazione, accrescono le proprie competenze) con la formazione on
the job dei disoccupati (cui viene offerta una concreta possibilità spendibile nel mercato
del lavoro).
Il sistema della Job Rotation – che si esplica attraverso la formazione dei sostituti,
l’affiancamento, la sostituzione e la riqualificazione dei dipendenti – prevede la
sostituzione dei dipendenti dell’azienda, cui viene così offerta la possibilità di riqualificarsi,
da parte di disoccupati formati a tale scopo.
Nella prima fase si procederà a sensibilizzare i soggetti del mondo imprenditoriale
potenzialmente interessati alla sperimentazione della Job Rotation, ad individuare,
mediante una ricerca, il campione dei settori produttivi e delle tipologie di aziende che
prenderanno parte al progetto, ed a delineare i fabbisogni formativi emersi per settore
produttivo. Successivamente avrà inizio la job rotation vera e propria, che si articolerà
nelle seguenti fasi:
- formazione dei disoccupati/sostituti, in base alle mansioni da ricoprire in azienda ed
ai bisogni delle singole aziende (120 ore di teoria);
- moduli di mentoring, rivolti tanto ai dipendenti (mentors) quanto ai sostituti (mentees)
(12 ore);
- affiancamento dei sostituti ai dipendenti nello svolgimento delle loro mansioni (320
ore);
- sostituzione dei dipendenti con i sostituti (160 ore) e conseguente avvio della
riqualificazione dei primi sulla base dei bisogni aziendali rilevati in fase di ricerca (160
ore).
Il progetto prevede in concreto:
- la realizzazione di 7 interventi formativi, uno per ogni macro-area tematica individuata
mediante la fase di ricerca sulla base dei fabbisogni formativi delle aziende, mediante:
- la formazione specifica di 160 disoccupati/sostituti;
- la riqualificazione di 160 dipendenti/riqualificandi.
Si auspica altresì:
- la creazione di 64 nuovi posti di lavoro presso le aziende del panel rilevato;
- il miglioramento delle professionalità di 160 posti di lavoro già esistenti presso le
medesime aziende.