Gorgoglii e spine di cactus per una musica inaspettata

Transcript

Gorgoglii e spine di cactus per una musica inaspettata
SPETTACOLO
31 OTTOBRE 2014
www.leggimionline.it
Almaquae, al Castello Ursino le composizioni di Giuseppe Rapisarda per la rassegna “Classica e dintorni”
Gorgoglii e spine di cactus
per una musica inaspettata
A
lmaquae”, ovvero l’esibizione che non ti aspetti nella
rassegna “Classica e dintorni”, che ha ospitato le composizioni
di Giuseppe Rapisarda, insegnante
di musica elettronica al conservatorio di Palermo.
“I confini tra classica e altro sono
abbattuti - ci dice Rapisarda - un errore del Novecento è stato usare altri
linguaggi, non sempre congruenti,
come, per esempio, la dodecafonia”.
La cultura ha dei codici e la musica
pure, tutto sta nel codificare nella comunicazione il codice tra mittente e
ricevente”.
Sembrano concetti “difficili”, invece sabato 25 ottobre questo profondo studio su “cosa sia suono” è
stato proposto concretamente durante il concerto eseguito da Gaetano
Costa (sax), Francesco Toro (violino), Elena Sciaramelli (violoncello),
Ketty Teriaca (pianoforte) e il duo
“
Giuseppe Rapisarda
Biogroove, Antonino Errera e Vito
Amato (percussioni).
Un gruppo eterogeneo, che ha
avuto come fil rouge le composizioni
del maestro Rapisarda che traduce
in musica le emozioni che altri gli
trasmettono. E le sue composizioni
non sono solo “sue”, scrive per le
colleghe del conservatorio, Sciaramelli e Teriaca, e per altri musicisti
che sono anche amici. Eppure le
composizioni di Rapisarda non sono
solo il frutto dell’affetto, ma da un
progetto musicale complesso e quasi
filosofico che potrebbe avere come
motto “qualsiasi manifestazione sonora può diventare musica”.
E poi inizia il concerto e il primo
brano sorprende il pubblico: è una
“musica di cortesia” o è davvero ini-
Almacque cactus
ziato il concerto? Si invita al silenzio.
E quello che sembrava una sorta di
gorgoglio diventa vera e propria
espressione musicale fatta di suoni
“acquosi”, un’insieme di fluidi che
si susseguono in un continuo mutarsi: è “Almaquae”, che esplode nel
suo splendore dando il titolo al
concerto.
Segue “Gocce di tempo”, pezzo
per sassofono ed elettronica, così
come il quarto (Cime, in prima assoluta) e il sesto (Canone riverso),
l’elettronica crea una mistura tra il
soffiato del sax e le sue note, una
sperimentazione che nel brano
“Cime” diventa un dialogo tra elettronica e lo strumento a fiato da far
pensare a un jazz rivisitato. In “Canone riverso” l’elettronica sembra
essere la voce della coscienza del
sax. Questi brani sono stati, per il
pubblico, i più difficili da recepire,
ma nessuno si è mosso. Neanche i
ragazzi e i bambini.
Il duo Teriaca Sciaramelli ha offerto “Keliones”, un “viaggio” tra
suoni ed evocazioni musicali che
spaziano dalle rivisitazioni di Lizt al
tardo Novecento, dando protagonismo alle sensazioni emotive della
manifestazione musicale.
Pianoforte (Ketty Teriaca) che
duetta con il violino di Francesco
Toro in “Quasi tango”, molto coinvolgente nel rapporto a due tra gli
strumenti, una freschezza, che non
lascia il posto al déjà vu.
Violino, pianoforte e violoncello
si esibiscono insieme in “Trio dei
ghiacci” in un dialogo, che sembra
spingere alla melodia, ma che poi va
oltre, senza cadere nel tranello del refrain, cifra questa propria di Giuseppe Rapisarda.
Il duo Biogroove si è esibito in tre
esibizioni: in “Quattro” spiazzano il
pubblico facendo suonare le spine di
un cactus e conducono gli ascoltatori
in un mondo di percezione sonora
quasi sconosciuto, in “Watermusic”
riescono a fare suonare l’acqua ora
“battendola”, ora accarezzandola,
ora suonando strumenti immersi
nel liquido, un gioco primordiale da
bambino nel sacco amniotico di
una conoscenza del suono che il
mondo contemporaneo rischia di
perdere.
Infine il concerto vede la sua
conclusione con “Tema e tradizioni”
grazie al pianoforte, suonato da Rapisarda, e alle percussioni dei Biogroove che ondeggiano tra note
cupe e altezze impalpabili, un susseguirsi emozionale, nel solco di una
continuità nella ricerca, un passaggio
fondamentale che in “Classica e
dintorni” è possibile apprezzare.
Antonio Luca Cuddè
Nasce la rete dei cinque festival dedicati ai grandi operisti italiani: Donizetti, Rossini, Puccini e Verdi
Vincenzo Bellini all’Expo 2015
I cinque compositori italiani Bellini, Donizetti, Rossini, Puccini e Verdi avranno
un momento importante all’Expo 2015. Si è svolto nei
giorni scorsi a Villa Orlando
a Torre del Lago Puccini il
primo meeting dei rappresentanti dei 5 Festival italiani
dedicati ai grandi compositori e operisti. Un incontro fortemente voluto e stimolato
dal senatore Giovanni Pieraccini e promosso dalla presidente della Fondazione Festival Pucciniano Adalgisa
Mazza, per riprendere un
progetto avviato dallo stesso
senatore Pieraccini nel 1983,
cioè una legge che avesse come obiettivo la valorizzazione dei grandi compositori italiani dell’Ottocento e i Festival a essi dedicati.
L’invito è stato accolto con
entusiasmo da tutte le istituzioni, erano infatti presenti ai
massimi livelli il Rossini
Opera Festival di Pesaro con
il sovrintendente Gianfranco
Mariotti, il Festival Bellini di
Catania con il direttore artistico Enrico Castiglione, Bergamo Musica Festival con
l’assessore alla cultura e turismo del Comune di Bergamo
Nadia Ghisalberti e il direttore artistico Francesco Bellotto, il Festiva Puccini con la
presidente Adalgisa Mazza e
il direttore artistico Daniele
De Plano, e il consigliere di
indirizzo e presidente del
Consiglio provinciale di Lucca Andrea Palestini, assenti,
ma solo per motivi contingenti, i rappresentanti del Festival Verdi che hanno comunque dato la loro adesione
al progetto.
Numerose le proposte
avanzate nel corso della riunione per avviare un percorso comune che consenta di
realizzare obiettivi di breve,
medio e lungo periodo. Attività di promozione congiunte
per moltiplicare le grandi
potenzialità che i Festival
hanno di attrarre “turisti” nel
nostro Paese e per incrementare la ricchezza prodotta nei
rispettivi territori.
Uno degli obiettivi a breve
sarà la promozione dei Festival presso il pubblico dell’Expo 2015. Investimenti
congiunti per una campagna
Un momento dell'incontro a Torre del Lago Puccini
di promozione integrata che
prevede la realizzazione dei
classici materiali cartacei sui
quali riportare i cartelloni di
La presentazione del libro “Era santo, era uomo – Il volto privato di papa Wojtyla”
Uno spunto per la lettura. Un percorso lungo le vie più buie di musica e letteratura
A Zafferana l'alpinista amico di Giovanni Paolo II
I grandi del rock: i Type Zero Negative
Sala consiliare di Palazzo di
Città, a Zafferana Etnea, gremita
per la presentazione del libro
“Era santo, era uomo – Il volto
privato di papa Wojtyla” (Mondadori) scritto da Lino Zani.
L’autore, in un clima di grande
commozione, è stato introdotto
dalla giornalista Grazia Calanna
che ha così introdotto: «Lino
Zani, maestro di sci e alpinista,
consulente ministeriale in materia di montagna, dal 1984 è
stato compagno di sciate, amico
e confidente di Karol Woytjla.
Con il Santo Padre Zani ha condiviso parentesi di vita attiva e
contemplativa, solitaria e intensa,
ma sempre intrisa della personalità di un uomo che ha scosso
molte coscienze in tutto il mondo. Per lungo tempo Zani, che
ringraziamo di essere intervenuto, ha custodito i ricordi di quella
esperienza, in un silenzio che si
scioglie nelle pagine del libro che
ci accingiamo a presentare».
«Ho conosciuto Karol Wojtyla nel luglio del 1984 sull’Adamello - ha raccontato Zani -. I
IX
Lino Zani
miei genitori gestivano il rifugio
della Lobbia Alta sul ghiacciaio.
Un giorno abbiamo ricevuto la
visita di quattro sacerdoti polacchi. Non sapevamo che uno era
l’assistente personale del Papa.
Il posto gli piacque molto, lo reputò adatto per le vacanze del
pontefice. Ho frequentato il Santo Padre per 21 anni e lo consideravo un amico. Sciava benissimo, e amava moltissimo la
montagna. Sulla sua santità non
ho avuto dubbi sin dal primo incontro. Non potrò mai dimenticare che pregava per ore seduto
su un sasso, in silenzio assoluto,
come se il tempo si fosse fermato”. La serata si è conclusa,
dopo gli interventi del pubblico
che ha posto diverse domande,
con la proiezione del filmato
‘Non avere paura’ tratto dalla fiction andata in onda su Rai 1 nel
giorno della canonizzazione del
Pontefice. Nel ruolo di San Giovanni Paolo II l'attore russo
Aleksei Guskov, Giorgio Pasetti
interpreta Lino Zani mentre Katia Ricciarelli la madre e Claudia
Pandolfi la compagna.
“Una storia singolare e commovente il cui fascino è racchiuso nelle pagine di questo bellissimo libro - ha concluso Zani ringraziando Massimiliano Russotto per l’organizzazione e il
pubblico intervenuto -. Una vicenda intimista, un'amicizia che
ha raggiunto le altitudini della
spiritualità oltre quelle delle
vette innevate dove è nata e si è
rinforzata».
Parlare del Type Zero Negative è
parlare di Peter Steele, leader carismatico, tenebroso, misantropo, straniato
e, a modo suo, geniale.
Il loro debutto, con "Slow, Deep
and Hard (1991)" (Lento, Profondo e
Duro... non ha bisogno di commenti,
vero?) è un originale miscuglio di "industrial metal", "doom", "dark", "hardcore punk" e esistenzialismo urbano.
La loro musica scava ferocemente nell'anima con unghie e morsi, ti fa precipitare in una disperazione senza
speranza per poi tirarti fuori, carezzarti
malinconicamente e ricacciarti in un
tunnel di fatale oscurità, conducendo
un gioco feroce e tenero nel contempo
ma, leggendo fra le righe dello humour
nero che lo pervade, avente fini di
espiazione, di catarsi.
Da molti è considerato un album
epocale, un capolavoro assoluto dell'heavy e un punto di svolta del rock
tutto. L'ispirazione di Peter, come da
lui stesso dichiarato, deriva principalmente dai “Black Sabbath” e dai
“Beatles” (di quest'ultimi Peter era un
grandissimo estimatore), ma io ci
metterei pure Jimmy Hendrix (vedi il
brano "Hey, Peter", cover di “Hey,
Joe”) e molto altro.
Era un gigante che superava i due
metri, con una profonda ed ipnotica
voce baritonale, attingeva alla sua
disperazione, si vestiva della sua depressione come di un manto oscuro e
si pasceva in una misantropia malata
che riversava nella musica senza compromessi, mettendo a nudo tutto se
stesso: "Io odio tutte le razze, poiché
odio il genere umano nella sua totalità"
ebbe a dire.
Dopo "Slow, Deep and Hard" arriva
"The Origin of the Feces (1992)"
(parodia in chiave scatologica de "The
Origin of the Species" di C. Darwin).
Pare che Peter voleva mettere come
copertina una foto delle sue chiappe allargate dove si vedeva l'orifizio dell'ano, ma la casa discografica non fu,
ovviamente, d'accordo.
Quest'album è un proseguimento,
come musica e tematiche, di quello
precedente, dove sono riproposti molti
dei brani in versione "pseudo" dal vivo.
Giunge il 1993 e i T.0.N. pubblicano quello che, secondo me, è il loro capolavoro: "Bloody Kisses" (Baci Insanguinati). Qui le atmosfere diventano
ancora più cupe, la furia iconoclasta è
limitata a pochi episodi di contorno
(We Hate Everyone e Kill All The
White People), l'“industrial” è quasi
abbandonato e predomina il "ghotic",
con richiami sempre più incisivi verso
l'estinzione, vista come unica soluzione
ai drammi umani e come unico modo
per assurgere alla dimensione divina;
il tono funereo, d'abbandono è, come
sempre, mitigato da una feroce vena
umoristica, che fa da contraltare, cercando di smitizzare i temi trattati. Però
la disperazione è sempre lì, semmai più
intensa, avvolgente, il dolore permea
ogni nota, seppur più mesto e rassegnato, ma forse, proprio per questo, più intenso e introspettivo.
Dopo ci saranno "October Rust
(1996)", "World Coming Down
(1999)" ed altri due fino ad arrivare al
14 aprile 2010, data in cui la
famiglia di Peter Steele annuncia il suo decesso per
arresto cardiaco.
Però si vocifera che si
sia suicidato, proposito
che aveva avanzato più
volte sia nel privato e sia
nella sua musica (emblematico il brano "Are
tutti i cinque Festival, all’apertura di profili social
che saranno animati in più
lingue.
you afraid.." in cui egli inizia subito
con il ritornello, ripetuto più volte con
voce suadente e profonda, che dice
"Are you afraid? Afraid to die?" (Hai
paura? Hai paura di morire?...) per poi
urlare disperatamente subito dopo:
"Suicide!! Suicide!!!”
Con questo si chiude l'epopea angosciosa e tragica di Peter e dei suoi
Type Zero Negative (i restanti componenti hanno dichiarato che senza di lui
la band non andrà avanti), un'epopea
dolorosa e sconsolata, ma che ha lasciato una musica inarrivabile e, soprattutto, il profilo di un grandissimo
artista che ha avuto il grande coraggio
di scavare nella sua anima tormentata,
di sviscerare i suoi dubbi, le sue
paure, le sue profonde debolezze e la
sua rabbia e di presentarli in tutta la
loro tragica e vera essenza, perché un
essere umano è anche questo e, a volte,
soprattutto questo.
Alfonso Di Mauro
Type Zero Negative