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Perseverare con tenacia
Carmela Nardella
Mercoledì, 29 Giugno 2016
E la catena della bicicletta è una metafora della forza di volontà. Non ricordo esattamente quando ho
cominciato ad andare in bici. Forse ancora prima di iniziare a camminare. Ricordo un triciclo. Lo
raggiungo muovendomi a carponi, sulle ginocchia insomma, oltre alle mani. Quel mondo era mio. Il
triciclo aspetta.
Chilometro Zero
Sto scalando questo oggetto verso il sellino, agguanto il manubrio, più per reggermi che per seguire
un tracciato, inforco i pedali e subito vado a sbattere. I mobili sono tutti d'accordo a ostacolare ogni
mia fuga. Bella forza, in tanti contro uno solo. Non ricordo quanti spigoli ho arrotondato e quanti lividi
ho conquistato. Ammetto che questa funzione che si era data il mobilio mi è servita nella vita. Binari
invisibili a traccia delle scelte compiute, accomodanti steccati a prova di errori. Hanno imposto dei
limiti a chi non ne possedeva.
Oltre l'ostacolo
Quando ci penso mi ritorna chiaro un ricordo, come un flash, di me ancora bambino. Forse qualche
rara fotografia. Se a ostacolarmi era il mobile che si trovava in camera da letto dei miei genitori allora
mi bloccavo. Rimango immobile davanti all'enorme specchio. Dovete immaginarveli, sei specchi che
andavano dal pavimento al soffitto. E su ogni specchio, si visualizza un bambino, assiso su di un trono
con la bocca aperta che mi osserva. Che arriva perfino a compiere i miei stessi gesti ed è vestito con i
miei stessi abiti. Quegli attimi erano eterni allora e, se mi lascio cullare da questi ricordi, ancora oggi.
Sul finire degli anni settanta i nostri vent'anni ci bruciano dentro, non fosse stato per la mia Bianchi
sarei bruciato anch'io. Anni ruggenti gli anni settanta ci raccontiamo ancora, il boom economico
ricordiamo oggi, altroché, si lavorava fin da giovani e i pochi diritti non erano collegati come
ingranaggio ai molti doveri. Certo il lavoro minorile occorre evitarlo, ma senza una piccola attività non
si comprende appieno il sacrificio dei propri genitori.
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Cos’è una bicicletta?
I nostri giochi non avevano niente di elettrico, figuriamoci l'elettronica. Una possibilità era il Super
Santos, il pallone di calcio per antonomasia ma occorrevano almeno due amici con cui scambiarselo.
La bicicletta, invece! Consente di giocare da soli che poi da soli non si è mai se si impara a "dialogare
con sé stessi" ponendosi dubbi e proponendosi alternative. Lo sentiamo dire spesso: se si va
d'accordo con sé stessi, si va d'accordo anche con gli altri. Questa la teoria, poi occorre metterlo in
pratica ed è dura. La bicicletta aiuta come qualsiasi altro sport individuale. E la sua catena è una
metafora della perseveranza.
La bicicletta è un mezzo di locomozione, per alcuni o forse per molti. Ma per svariate persone, e sono
in aumento, è una compagna o compagno, visto l’aumento delle donne che praticano la bicicletta.
Come tutti i compagni possono essere occasionali o per la vita. Quando diventano un compagno della
propria vita vuol dire che la passione ha preso il sopravvento. Passione che diventa emozione nel
momento in cui si raggiungono gli obiettivi prefissati, come ad esempio raggiungere una cima dopo
chilometri di salita. Oppure avere l’ultimo telaio uscito, o ruote sempre più leggere e competitive,
oppure un abbigliamento che in alcuni casi raggiunge il livello dei clown di infantile memoria.
Prendi esempio
Metti che decidi di cominciare uno sport anche a venti, trenta, o quando ti pare o quando te lo
consiglia il medico, magari il dietologo. Escludendo gli scacchi o la dama, interessanti ma non sono
sport, occorre sceglierne uno e acquistare quanto occorre. E se poi non va? Potresti cominciare con la
semplice corsa. D'estate sono sufficienti le scarpe da atletica leggera, dei pantaloncini, una maglietta.
Beh se non hai mai corso già dieci minuti potrebbero renderti uno straccetto da strizzare. Se poi non
puoi per le ginocchia non parliamone più. Solitamente vieni dirottato verso il nuoto. Ma mi ci vedi in
un acquario ad andare avanti e indietro come un pesce rosso che soffre di claustrofobia? Ascolta me,
meglio una bici. Potrai continuare ad andarci finché ne avrai voglia alla stregua di Margherita Hack o
di Albert Einstein.
Dall'acciaio all'alluminio
Ripensandoci posso associare, a ogni età, una diversa bicicletta. Ricordo la scelta, l'acquisto, il primo
percorso su cui l'ho provata. Esagero? Forse, sebbene non dimentico le volte che sono tornato a casa
esausto e rammento i percorsi difficili più di quelli senza infamia e senza lode. La stanchezza, le
difficoltà, le strade poco raccomandabili tornano alla mente con maggiore frequenza. Non è forse
dagli errori che apprendiamo meglio rispetto a quando le questioni si risolvono quasi da sole senza
alcuno intervento apparente da parte nostra? Evviva le strade impraticabili perché la mia bici le scova
e le desidera. Oggi si va.
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Scoraggiarsi mai
Quando decido di uscire non guardo le previsioni del tempo anche perché sono attendibili quanto,
forse ancor meno di, un oroscopo. E sappiamo benissimo quanto siano inconsistenti e vacue le
domificazioni. Piuttosto preferisco guardare il cielo, sentire il profumo dell'aria, la trasparenza della
volta celeste, la consistenza delle nuvole e decido di conseguenza. Oggi si pedala, magari una bella
salita.
Cos’è una salita per un ciclista? Una meta, un obiettivo, una sfida, una gioia, una delusione. Tutte
queste sensazioni vengono provate dal ciclista quando affronta un pendio, soprattutto quando viene
affrontata da solo. Il sudore, la fatica, la paura di non farcela e di dover mettere il piede a terra, sono
le sensazioni che si provano. E la catena è una metafora dello sforzo che si compie.
La mente dà anche pedali
Qualunque pratica sportiva rafforza il carattere, soprattutto la bicicletta. Puoi essere distante dai primi
del giro ma sei hai forza nelle gambe, aria nei polmoni e niente da perdere puoi vincere il tuo giro.
Non per battere altri, per rafforzare te stesso. Ogni percorso è una storia da raccontare.
Prendi per esempio il tragitto che va dal Parco Mario Carrara, meglio conosciuto come della Pellerina,
all'Area Attrezzata Le Vallere, dove Torino si congiunge a Moncalieri, costeggiando due fiumi: Dora
Riparia e Po. Più o meno trenta km (compreso il ritorno) a cui ne aggiungo una quindicina se al Parco
della Colletta, alla confluenza tra Dora e Po giro a sinistra allungandomi fino a San Mauro Torinese per
poi ritornare sempre lungo il Po. Quasi interamente ciclabile poi occorre di tanto in tanto superare dei
luoghi senza lasciarsi intimidire che costringono a fermarsi o quanto meno a pensare: ex stabilimento
ThyssenKrupp in Corso Regina Margherita, Bertolla la "borgata dei lavandai", Parco Michelotti ex zoo
di Torino, Borgo e Rocca Medievale, Italia '61.
Oltre a queste sensazioni vi è la domanda classica che il ciclista si pone quando sente sempre di più
la fatica, quando la velocità è ridotta al minimo, quando non vi sono più rapporti da poter utilizzare
per aumentare la frequenza della pedalata, quando il cuore ha raggiunto e superato la soglia
massima indicato dal computer, ormai una dotazione di serie di tutti i ciclisti, quando non si riesce a
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tenere una linea ma si viaggia zigzagando con le macchine che suonano il clacson per avvertire del
loro arrivo, quando ti vedi superato da un altro ciclista. Qual è la domanda? Ma chi me lo ha fatto
fare? Bene, la risposta è la passione, la caparbietà, la voglia di mettersi in gioco, di provare i propri
limiti, di poter vedere il mondo da una prospettiva diversa.
Volata
Ma quando arriva l’emozione della riuscita dell’impresa? Quando si raggiunge la vetta? L’emozione, la
felicità la si ha quando si vede la vetta e si è sicuri di poter raggiungere il traguardo prefissato.
Questa esplosione di felicità permette di aumentare la velocità e quasi di sprintare come se il
traguardo non fosse la salita in se ma una gara, una competizione. Una bella storia da raccontare.
Un racconto rassomiglia alla riparazione di uno strappo in un vestito, neanche tanto visibile. Puoi
usarlo lo stesso, andarci in giro, al lavoro, fare un salto in un negozio perché ti manca la scatola dei
chewing gum che hai lasciato sul tavolo della cucina, poi ti dimentichi della tasca bucata e rimani di
nuovo senza. Niente di grave un fastidioso contrattempo. Un racconto è anche questo, un modo per
riannodare le esperienze e farne un pezzo di puzzle da incastrare in un disegno già più chiaro. Anche
gli episodi meno significanti hanno un senso nella cornice della nostra vita. La mia bicicletta, palestra
alla vita, metafora di una salda perseveranza.
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