Introduzione La scena è il leggendario Teatro Panthages

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Introduzione La scena è il leggendario Teatro Panthages
Introduzione
La scena è il leggendario Teatro Panthages hollywoodiano. La data è il 20 marzo 1952, in occasione
della presentazione del 24esimo Academy Awards. Una stimata élite adunata si abbandona a un
rantolo collettivo di sfiducia mentre il produttore M-G-M Arthur Freed gironzola verso il
palcoscenico per ritirare l'Oscar al Miglior Film. Contro la violenta competizione di Un posto al
Sole, Un viale chiamato Desiderio, Quo Vadis e Decisione prima dell'Alba, Un Americano a Parigi
è appena stato annunciato come il vincitore della statuetta-premio, aggiungendosi ai cinque altri
precedentemente premiati quella sera.
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Freed volentieri dovette tornare a ricordarsi del rituale settimanale pochi anni prima, che lo portò a
questo trionfo. Ogni sabato sera lui e il suo caro amico Ira Gershwin si incontravano per qualche
partita di biliardo o poker. Freed e Gershwin sono stati amici per decenni, la loro relazione risale ai
gloriosi giorni di Tin Pan Alley, quando entrambi stavano iniziando le loro carriere come parolieri.
Di conseguenza, con l'arrivo del cinema parlato, la carriera di Freed lo portò alla M-G-M, e divenne
uno degli scrittori dello staff più di successo dello studio.
Sviluppando un forte legame con il capo dello studio Louis B. Mayer lungo il percorso, si guadagnò
il ruolo del produttore dal suo capo, che lo portò allo sviluppo di una sequela senza precedenti di
straordinari film musicali. Ira Gershwin ebbe, chiaramente, la sua impressionante carriera, più nota
per aver contribuito alle parole incantevoli adattate a centinaia di melodie scritte dal suo fratello
minore George.
La propensione di Freed nel creare progetti filmici attorno ad archivi di canti di particolari
compositori era la naturale estensione della sua precedente carriera. Il suo primo tentativo del
genere risultò nella 'Biografia' di Jerome Kern del 1946, Till the Clouds Roll By, che riunì uno
scenario trito attorno alle melodie di un cast unicamente di stelle. L'anno seguente,
Irving Berlin arrivò allo studio con canti vecchi e nuovi modellati attorno a una storia degna della
svolta del secolo che divenne Easter Parade, realizzata nel 1948. Subito dopo, Freed ritornò alla
formula di 'Clouds', ritornando alla storia di Rodgers & Hart in Words and Music.
(foto: Ava Gardner ferma sul set di Un Americano a Parigi. Da sinistra a destra: Gardner,
Vincente Minnelli, Leslie Caron, Gene Kelly e Arthur Freed. Le videocamere pubblicitarie
della M-G-M hanno còlto una delle rare visite sul set del paroliere Ira Gershwin)
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Produrre un progetto che utilizzasse il catalogo senza paragoni delle canzoni di Gershwin era una
tentazione scontata per Freed, ma una 'biografia' era fuori questione. Nel periodo in cui Freed iniziò
a sviluppare Clouds, la Warner Bros produsse un film biografico di George Gershwin intitolato
Rhapsody in Blue, che in definitiva risultò in un fallimento sia di critica che finanziario.
Fu durante uno dei loro rituali del sabato sera che Freed suggerì di creare un film basato sul poema
sinfonico di George Un Americano a Parigi.
Freed ebbe la visione di una sceneggiatura originale per il progetto, costruito attorno al catalogo di
canzoni di Gershwin, usando la suite orchestrale come base per un balletto cinematografico nel
film. Ira velocemente concordò, non soltanto consentendo a un accordo nel quale la M-G-M
avrebbe acquisito l'uso delle sue canzoni e di quelle del fratello George, ma dove avrebbe anche
partecipato attivamente nel progetto, aggingendo nuove parole se richiesto. Era il 1949, l'anno in cui
Freed ebbe il compito di trasformare questo concetto generale in una realtà sfaccettata.
Per dirigere il film non c'era nessun altro nella mente di Freed se non Vincente Minnelli. Francofilo
avido, l'affinità naturale di Minnelli verso il progetto era supportata per di più dall'amicizia con i
Gershwin, che datava degli anni '30. Ancor più importante, Minnelli fu il direttore stimato di Freed
per molti anni e tuttavia non ebbe diretto un musical dall'epoca di The Pirate (1948) . Dopodiché,
Minnelli fu originariamente scelto per dirigere Easter Parade nelle sue fasi iniziali come progetto
per Judy Garland e Gene Kelly, ma la sollecitazione di un'altra associazione professionale con la sua
moglie di allora, Garland, sembrò imprudente, e Minnelli fu forzato a ritirarsi dal film (chiaramente,
Fred Astaire, e non più Kelly, sarebbe stato la stella 'opposta' della Garland nel film).
Sebbene avesse avuto grande successo con non-musical come Madame Bovary (1949) e Father of
the Bride (1950) nel frattempo, Un Americano a Parigi sarebbe stato il lungamente atteso ritorno di
Minnelli al genere che egli aveva illuminato così bene.
(foto: al lavoro, Caron, Kelly e Vincente Minnelli)
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Freed sapeva che sia Fred Astaire o Gene Kelly avrebbero brillato nel film, e con il progetto
orientato verso il ballato, scelse infine Kelly. A quest'epoca, Gene stava raggiungendo l'apice della
sua carriera. Sette anni dopo il suo debutto in For Me and My Gal di Freed, le sue credenziali
crebbero oltre l'uomo del canto e del ballo, poiché Kelly lasciò il segno anche come coreografo e
regista. La sua versatilità come artista e il suo impegno personale nell'estendere i limiti oltre la
direzione di film musicali, era senza pari.
Come Minnelli, Kelly fu affascinato e incantato dal milieu parigino, e questo progetto, con il
concetto di un balletto principale come pezzo centrale, lo allettò. Era certo che questo sarebbe stato
un passo successivo degno dopo le sue realizzazioni indiscusse come star e co-coreografo/direttore
nel progetto di Freed del 1949 On The Town. L'alchimia collaborativa fra Gene come coreografo e
star e Minnelli come direttore crebbe durante The Pirate, e Freed nutrì grandi speranze per il loro
ritrovo insieme.
Per creare la sceneggiatura, Freed avvicinò Alan Jay Lerner, che aveva recentemente firmato con la
M-G-M per la sceneggiatura e le parole dell'imminente film di Astaire Royal Wedding. Con le
mansioni di paroliere su Paris su cui si era già discusso, Freed si preoccupò che Lerner potesse
sentirsi insultato a causa dell'offerta. Fortunatamente, Lerner si sentì invece in modo
completamente diverso e accolse l'opportunità che gli stava davanti. Disparati elementi del concetto
erano pronti, e fu soprattutto responsabilità di Lerner di trasformare quegli ingredienti in uno
scenario coesivo. Precedentemente, Freed vide un articolo sulla rivista Life sui GI espatriati che
rimanevano in Europa dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il pezzo scritto fece
germogliare nella sua mente l'idea che, forse, il carattere di Kelly sarebbe potuto essere uno di
questi uomini. Lerner sviluppò ulteriori idee di storie. George Gershwn avrebbe scritto Un
Americano A Parigi come espressione musicale delle sue esperienze vissute lì negli anni '20.
Oltre a studiare composizione musicale, Gershwin avrebbe anche
aggiunto i suoi talenti pittorici durante la sua presa di territorio parigina. Questo ispirò Lerner a fare
del protagonista di Kelly un pittore, che di rimando si incastrò perfettamente con Minnelli e
l'apprezzamento vicendevole di Kelly dei grandi artisti parigini del 1800.
Il film naturalmente sarebbe stato anche una storia d'amore, ma una nella quale la musica e le parole
di Gershwin avrebbero spinto la storia avanti ed espresso l'essenza dei personaggi.
L'elemento di base avrebbe trovato il pittore Kelly come 'trattenuto' da una donna più anziana,
mentre l'interesse d'amore di Kelly sarebbe stato 'trattenuto' da un uomo più anziano. I giovani si
sarebbero incontrati, innamorati, e poi avrebbero affrontato le conseguenze del sottrarsi ai loro
rispettivi accordi. Lerner individuò un amico del cuore per il carattere di Kelly, perché fosse
interpretato dall'amico di lunga data di Gershwin, Oscar Levant.
Lo sviluppo del pianista da concerto del cinico, spiritoso 'prodigio vivente del vecchio mondo' di
Levant era basato in parte sulle imprese di un altro vecchio amico dei Gershwin, un ignobile
espatriato americano chiamato Dave Diamond.
L'essenza del film avrebbe dovuto essere, naturalmente, la musica di Gershwin, e dopo la selezione
attraverso il necessario legittimo nastro rosso, l'intero catalogo dei canti di Gershwin fu a
disposizione del team di produzione. Mentre Lerner continuava a sviluppare la sceneggiatura, non
indicò la collocazione specifica delle canzoni. Avrebbe indicato il tipo di numero musicale che
sentiva appropriato a quel punto nel film; sarebbe stato poi il compito del team di produzione
intrecciarle nella continuità del musical. Di solito questi compiti ricadevano sul brillante socio di
Freed, Roger Edens, ma in quel momento Edens non era disponibile perché stava agendo come
'produttore' (senza credenziali di per sé) nel remake di Show Boat di Freed.
Il compito della supervisione musicale ricadde su un duo: Johnny Green e Saul Chaplin. Oltre ad
essere un direttore, compositore ed arrangiatore brillante, Green fu capo dell'ampio dipartimento
musicale della M-G-M all'epoca. La sua precedente associazione con i Gershwin (era stato un
scrivano musicale per il loro Rosalie nel 1927 mentre studiava all'Harvard) e il suo stile musicale
distinto lo rese un'aggiunta scontata alla squadra. Essendo i suoi compiti amministrativi un
inevitabile salasso a suo tempo, Green necessitava di un partner per il film e, fortunatamente, unì le
forze con Chaplin sul progetto. Un compositore e arrangiatore esperto come braccio destro, Chaplin
raggiunse lo studio per lavorare con Kelly su On The Town
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dopo un precedente diritto di possesso alla Columbia Pictures. Kelly aveva lavorato con Chaplin
mentre era lì 'in prestito' per Cover Girl e conosceva le sue abilità creative senza limiti.
Chaplin lavorava diligentemente con Minnelli e Kelly creando l'arco musicale che l'avrebbe portato
al balletto alla fine del film. Il trio trascorse molti pomeriggi a casa di Ira Gershwin, riflettendo
attraverso l'ascolto di centinaia di canzoni che Ira e George avevano scritto anni prima. La lunga
lista di possibilità fu ridotta alle più opportune selezioni. Chaplin e Green poi si prepararono per gli
imminenti ardui compiti di arrangiamento e orchestrazione. La collaborazione non fu solo il
mantello dell'unità di Freed, fu anche il mantra del dipartimento musica della M-G-M. I geni
residenti allo studio a questo riguardo si riunirono tutti insieme per ricavare un nuovo sound,
trasmettendo una sensibilità parigina eppure innegabilmente americana, per l'archivio di Gershwin.
L'abilità senza pari di Conrad Salinger per gli arrangiamenti di ballate e le jazzistiche e contagiose
mappe tematiche di Lloyd 'Skip' Martin, avrebbero conferito al film il suo sublime splendore
sonoro.
La sceneggiatura di Lerner fissò il personaggio di Kelly come Jerry Mulligan, un ex GI rimasto
a Parigi a dipingere. Levant avrebbe descritto il suo migliore amico, Adam Cook, come un pianista
che vive nell'appartamento attiguo. Cook, veniamo a scoprire che fu precedentemente il pianista di
uno dei più amati intrattenitori parigini di music-hall, Henri Baurel. I dipinti di Mulligan catturano
l'attenzione di una ricca, bella e appena più anziana ereditiera americana, Milo Roberts. Milo
accetta di sponsorizzare i talenti artistici di Jerry mentre apparentemente ha un altro programma in
testa. Mentre fuori su un noioso turbinio sociale in un bar con Milo, Jerry è estasiato da un'amabile
giovane ragazza ed è determinato a scoprirne l'identità. Dopo molta resistenza, la ragazza, Lise
Bouvier, soccombe al fascino di Jerry, e i due si innamorano.
Lise, nel frattempo, rimane piuttosto misteriosa e ambigua circa la sua vita. È presto palesato il fatto
che sia la fidanzata di Henri Baurel, sconosciuto a Jerry. Scopriamo che Baurel diede riparo a Lisa
durante la Seconda Guerra Mondiale ancora giovanotto, dopo la morte dei genitori di lei, e di
conseguenza se ne innamora. La rivelazione di tutto questo comporta un amaro strazio per Jerry e
Lise. Sebbene Lise ami Jerry, la sua fedeltà verso Baurel è troppo forte per cedere. Jerry, nel
frattempo, deve affrontare gli affetti non corrisposti di Milo. Il conflitto verrebbe espresso nel
balletto finale e si risolverebbe in un finale felice nel momento in cui Jerry e Lise, liberi dagli altri
loro obblighi, camminano insieme verso l'alba parigina.
Lerner creò il ruolo di Henri Baurel specificamente per Maurice Chevalier, che per lungo tempo
rimase lontano da Hollywood. Le attività politiche di Chevalier durante l'occupazione francese
da parte dei Nazisti dovettero essere esaminate, e le controversie che lo circondavano resero
l'assegnazione del suo ruolo impossibile. (Anni dopo, sotto gli auspici di Freed, Minnelli e Lerner,
Chevalier sarebbe salito a nuove altezze di popolarità nella loro produzione di Gigi).
In cerca di un sostituto, Freed ripiegò sul molto più giovane Georges Guetary, che fu recentemete
apprezzato per la sua performance di Arms and the Girl a Broadway.
Il ruolo di Lise fu il più difficile da assegnare. L'affascinante giovane ragazza che seduce Jerry
Mulligan non poteva essere una star di Hollywood. Avrebbe dovuto essere un'autentica ragazza
francese, per dare alla parte il gusto fedele per il quale i creatori ebbero lavorato duramente. Gene
Kelly ricordò di essere stato piuttosto preso dalle abilità fanciullesche di una ragazza che aveva
visto anni prima in uno dei balletti di David Lichine. Con la benedizione di Freed, Gene andò a
Parigi per audizionare la giovane ballerina, nonché intraprendente attrice locale di nome Versois, la
cui popolarità venne all'attenzione di Freed. Entrambe le donne sostennero una prova, ma la chance
di successo di Versois fu schiacciata dalla travolgente risposta della sua concorrente diciassettenne
Leslie Caron. Fu considerata una mossa coraggiosa da Freed e Minnelli assegnare il ruolo
femminile principale a una sconosciuta in un film così caro. Comunque, il 1950 trovò la macchina
pubblicitaria delle star eminenti della M-G-M ancora ben oliata per il successo, e tutti coloro che ne
erano coinvolti erano piuttosto speranzosi che il talento unico e la bellezza della Caron avrebbero
divertito gli spettatori.
Tornando indietro, sembra un peccato che Chevalier non avesse potuto ottenere la parte, visto che
avrebbe portato quasi certamente un tono più maturo e tenebroso alla precedente narrazione. Se la
senzatetto Caron fosse stata percepita coabitante del vecchio Chevalier in qualità di tutore e poi
fosse divenuta sua moglie, avrebbe dato alla sceneggiatura quel limite più definito che mancava,
stando alle critiche a film completato.
Foto: sebbene molto più giovane del personaggio che interpretava, Georges Guetary (visto
entrare nel palco di regstrazione della M-G-M) conferì un contagioso savoir-faire ai
procedimenti.
L'assistente coreografo Carol Haney aiuta Leslie Caron fra una ripresa e l'altra.
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Quanto all'altro ruolo cardine del film, l'attrice teatrale Nina Foch fu scelta come la ricca
benefattrice di Jerry, Milo Roberts. La Foch aveva un'aria elegante e curata che nascondeva la sua
età relativamente giovane, trasformando un ruolo potenzialmente ingrato in una performance
memorabile.
Fin dall'inizio, il 17esimo minuto del balletto finale di Freed fu la connessione-chiave del film con il
suo titolo. Kelly e Minnelli iniziarono a pianificare di filmare il balletto (così come anche alcune
riprese esterne) sulle vie di Parigi, similmente a come Gene fece a Manhattan durante On The Town.
Gli interni e certi esterni, nel frattempo, sarebbero stati ripresi a Culver City. Ma l'imprevedibile
tempo atmosferico parigino e il costo che saliva mentre il processo di budget della produzione fu
portato al realistico compromesso di riprendere l'intero film negli studi americani, mise da parte la
ripresa di alcune scene esterne stabilite in un secondo accordo per poter essere riprese a Parigi.
Questo mise un peso e una sfida straordinari nelle mani degli esperti designers dello studio. Sotto la
supervisione del brillante dipartimento d'arte di Cedric Gibbons, a Preston Ames fu assegnato il
compito di creare l'ambientazione del film. Ames era relativamente nuovo allo studio, per cui
Gibbons lo trovò ideale per la mansione. I suoi cinque anni di esperienza come parigino espatriato
precedentemente nella sua carriera devono aver incontrato il favore di Ames, ed egli trasformò
magicamente molte delle più vecchie ambientazioni di vie europee della Metro in autentici vicinati
parigini.
Con la sceneggiatura e la fase di assegnazione dei ruoli completate, l'arduo lavoro preparatorio per
il progetto iniziò su tutti i fronti. L'enormità di lavoro pianificato nel balletto finale portò alla saggia
decisione di completare tutte le altre parti del film come prima cosa, per poi focalizzarsi solo sul
balletto. Le prove continuarono per mesi mentre la coreografia e gli arrangiamenti venivano
preparati, e le canzoni venivano preregistrate. Nel frattempo, il team di artisti e artigiani
incomparabile dello studio preparava le ambientazioni e i costumi.
Quando iniziarono finalmente le riprese il 2 Agosto 1950, la M-G-M e sostanzialmente l'intero
sistema dello studio stesso, stava sperimentando i suoi ultimi momenti di gloria.
Le infauste minacce della televisione e le economie postbelliche e politiche iniziarono a erodere gli
imperi che i moguls di Hollywood avevano creato. Mentre si iniziavano a sentire alcune onde
d'urto, le operazioni quotidiane alla Metro erano sempre rappresentative dell'eccellenza che ha
permeato tutte le aree del business. La loro corsa sostanziale verso la perfezione si rifletté nel
prodotto finale.
Letteralmente migliaia di individui investirono i loro migliori talenti nel rendere An American In
Paris il capolavoro che è. La chiave del suo successo risiede nel planning meticoloso che le truppe
dello studio riversarono ad ogni fase della sua creazione. È molto improbabile che una collezione
simile di artisti talentuosi possa essere riportata ancora insieme sotto una singola egida creativa.
Minnelli scelse di aprire il film con le immagini espositive della città mentre la narrazione di
Lerner, raccontata dal personaggio di Kelly, l'ex pittore GI Jerry Mulligan, stabilisce la scena per la
storia che sta per svolgersi (Paris Narration/Left Bank).
Poi udiamo la voce del suo migliore amico e vicino, Adam Cook (Oscar Levant), che si descrive
modestamente come 'il più vecchio bambino prodigio vivente'. Cook è stato il direttore musicale per
la famosa star delle Folies-Bergère Henri Baurel (Georges Guetary), che incontriamo mentre arriva
nel café vicino di Jerry ed Adam.
Originariamente, la sceneggiatura riporta al tempo in cui Baurel e Cook lavoravano insieme ('Nice
Work If You Can Get It'), ma venne deciso che un numero a film appena iniziato che non
coinvolgesse il personaggio di Kelly avrebbe dovuto piuttosto essere periferico, e una versione più
corta di 'Nice Work' – solo pochi ritornelli dai vecchi giorni cantata da Baurel – fu messa al posto
della precedente. (Questa versione 'parziale' si trova nel secondo disco dell'album).
Adam immagina che l'umore malinconico di Henri debba essere dovuto ai fascini di una giovane
donna. Henri ammette di essere colpito da una bellezza incantevole e non può fare altro che rivelare
il suo rapimento per l'amore presente, Lise (Leslie Caron) ('Embraceable You'). Definendo il livello
di collaborazione all'interno del film, fu Minnelli a concepire diversi aspetti del ritratto di Lise con
diversi sfondi monocromatici e arrangiamenti musicali analoghi del canto che li accompagna. Una
volta venuto il momento di filmare effettivamente il numero, la produzione fu quasi completata, e
Minnelli era già fuori Parigi per un rapido compito interno. Quindi mentre Minnelli guidava
Father's Little Dividend, era però Gene Kelly che dirigeva le sequenze.
Jerry Mulligan si ferma al café locale, dove Adam lo presenta ad Henri. Mentre Adam strimpella il
piano, Baurel esprime la sua antipatia per la propensione jazzistica di Adam. Adam si lamenta che
Baurel preferisce soltanto i classici. Il trio allora si lancia in un bizzarro valzer parodistico, 'By
Strauss'.
Una volta che troviamo Mulligan nel mezzo del suo quotidiano sfoggio di articoli, la sua monotonia
viene rotta dall'arrivo di un'avida cliente. Lei ama i dipinti... e il pittore. L'elegante donna,
ovviamente ricca (Nina Foch) è Milo Roberts, un'ereditiera americana, che sembra istantaneamente
molto presa da Mulligan. Quando Jerry la riaccompagna al suo hotel, riceve più adorazione di
quanta non si fosse aspettato. Un invito alla festa più tardi quella sera sembra abbastanza innocente,
specialmente dal momento che Milo indica che ci sarebbe stata un' “altra ragazza”. Jerry è
compiaciuto nell'impressionare il vicinato quando torna a casa nella limousine di Milo con tanto di
chauffeur. L'adorazione che attira su di sé da parte dei bambini è evidente mentre festeggiano il suo
arrivo. Lui, in cambio, dà loro scherzosamente una lezione con parole inglesi attraverso un
estemporaneo tributo a 'I Got Rhythm'. Jerry arriva al luogo fissato da Milo per scoprire che, alla
fine, la ragazza 'extra' era proprio lei. Nonostante la sua reticenza, lei lo adesca per la serata. Mentre
si aggira nel locale notturno, Jerry rimane affascinato da un'amabile giovane donna, nient'altro che
Lise Bouvier. Una Lise esitante è perseguitata in modo furtivo da Jerry che finisce, con entrambe le
donne, sul pavimento.
Gli arrangiamenti jazzistici lineari di Benny Carter e della Sua Orchestra sottolineano con un
medley composto di 'Do, Do, Do', 'Bidin My Time', 'I've got a Crush on You' e 'Love is Here to
Stay'. Un tributo parziale di 'Someone to Watch over me' è altresì incluso in una versione estesa.
Jerry si affeziona velocemente a Lise e la mattina dopo compare nella profumeria dove lei lavora.
Nonostante le sue riserve, la persecuzione di Jerry è irresistibile. Lei accetta di uscire con lui quella
sera, rispedendolo a casa su una nuvola. Entrando mentre Adam suona il piano (un medley
cancellato pianificato successivamente nel film è stato piazzato nell'album in questo punto), il
giubilo di Jerry diventa un canto mentre esprime il suo piacere (e Adam il suo cinismo) con la
canzone 'Tra-la-la'.
Lise e Jerry si incontrano quella sera senza aver pianificato nulla. Camminano per la città, finendo
sulle rive della Senna. Entrambi non riescono a resistere al romantico incanto fra di loro.
L'espressione di Jerry del loro girovagare continua mentre canta a Lisa 'Love is Here to Stay'.
L'emozione fra di loro li spinge in un pas de deux che è insieme tenero e squisito. La magia dei
momenti successivi è interrotta, però, quando Lise ricorda di essere in ritardo per il suo precedente
impegno. Sebbene si renda conto delle potenziali conseguenze, nondimeno Lisa accetta di rivedere
Jerry.
Lise si fionda alla grande serata di apertura di Henri, dove è circondata da quelli che il regista
Minnelli chiana 'Glamazons'. Donne vestite da candelabri umani circondano il presentatore mentre
magicamente compare su e giù di un'enorme scalinata illuminata con '(I'll Build A) Stairway to
Paradise'. Lise, essendo arrivata in ritardo per la performance, arriva giusto in tempo per ricevere
una notizia fulminante da Henri. Lui ha avuto un'offerta lucrativa per esibirsi in America, e vuole
che Lise lo raggiunga per il viaggio... come sua moglie. Nel frattempo (in una sequenza
successivamente cancellata), uno stregato Jerry non può fare a meno di esprimere la sua euforia
sull'amabile Lise con un tributo a 'I've Got A Crush On You'.
Sebbene la registrazione sia sempre esistente, la pellicola della sequenza non esiste più. Ed è
davvero un peccato, poiché Gene Kelly investì grandi sforzi in questo numero in cui il suo
personaggio poteva danzare solo nel suo minuscolo appartamento. Lui cita spesso questo passaggio
nelle successive interviste come uno a cui è dispiaciuto perdere quella parte. (La sceneggiatura
originale seguiva l'assolo di Mulligan con un tributo a 'Love Walked In' cantata da Henri a Lise –
con Adam al pianoforte – che fu anche cancellata prima della realizzazione).
L'interesse di Milo Roberts riguardo a Jerry si è soltanto intensificato, dal momento che gli offre il
suo mecenatismo per lanciare la sua carriera. Jerry non nasconde le sue perplessità riguardo ai
programmi di Milo. Lei però replica che crede soltanto nel suo talento e vuole prendersene i
'profitti'. Troviamo quindi Jerry in un nuovo studio lussuoso, dove l'ambiente è una motivazione
secondaria paragonata al suo amore per Lise. Il suo upswing lo porta a un prolifico periodo di
creatività, e i dipinti iniziano a scorrere sotto i suoi pennelli.
Ancora una volta, troviamo Adam al piano ('I Don't Think I'll Fall In Love Today'). Quando Jerry
lo interrompe, Adam non può più contenere la sua sfiducia negli arrangiamenti finanziari di Milo
con Jerry. Dimenticando tutto, tranne il fascino che Lise esercita su di lui, Jerry non si cura più del
problema e parte. Adam si acquieta nel suo mondo e inizia a sognare ad occhi aperti,
immaginandosi come il pianista solista, a dirigere un'intera orchestra che suona il terzo movimento
del Concerto in Fa di Gershwin. Il concetto per la sequenza fu sviluppato da Levant, che temette
che senza un approccio creativo reale, un suo assolo pianistico non avrebbe supportato lo scenario
finale. Il team di produzione adorò l'idea, il che aiutò a rendere la sequenza uno dei motivi più
geniali nella più grande porzione del film.
Henri Baurel arriva al bar la mattina seguente con una grande news per il suo buon amico Adam.
Lui e la fidanzata Lise se ne andranno in America. Adam ne realizza le fatali conseguenze quando si
rende conto che la Lise di Henri e la Lise di Jerry sono la stessa persona. Il panico di Adam è causa
di un'ironica commedia quando Jerry invita il duo di amici al café. Entrambi gli uomini sorridono
radiosamente nel pensare al loro rispettivo amore, e uno stupefatto Adam rimane in qualche modo
paralizzato mentre i suoi due inconsapevoli amici proclamano la loro esultanza ('S Wonderful).
L'estasi di Jerry viene immediatamente meno quando Lise quella sera lo accoglie annunciandogli la
devastante news che dovrà lasciare Parigi. Rivelando la verità circa la sua relazione con Henri, Lise
informa Jerry che se ne dovrà andare con lui, anche se è Jerry colui che ama. I due amanti
dolorosamente si dividono, e Jerry decide di seppellire la sua angoscia sfogandosi quella sera al
Beaux Arts Ball. A grande sorpresa di Milo, lei lo vede arrivare alla porta, pronto a prenderla con sé
come per un appuntamento al gala.
Per rendere il contrasto con il balletto successivo totale, Minnelli allestì la sequenza del Beaux Arts
Ball usando ambientazioni e costumi soltanto bianchi o neri. Nessun colore avrebbe dovuto essere
percettibile salvo per il viso e i capelli. Questa decisione portò a una sfilza di costumi selvaggi e
creativi per la sequenza, sottolineata da diversi spavaldi toni Gershwiniani in forma sia di medley
che singola, come arrangiata da Skip Marin. Un breve frammento di Adam mentre suona 'Liza' alla
festa fu inserito nel mezzo del medley. L'intera preregistrazione di Levant è inclusa in quest'album.
Jerry prova a soffocare i suoi dolori in frivolezze al Ball, ma queste risoluzioni si arrestano non
appena vede arrivare Henri e Lise. Devastato, realizza che non c'è via d'uscita al suo dilemma. Si
scusa davati a una Milo abbattuta e corre fuori sulla veranda, dove il suo sguardo sperduto si posa
sull'intera città. Mntre inizia ad abbozzare un'impressione del panorama soltanto con una matita,
viene interrotto da una Lise agonizzante, che gli dà un altro addio. Il dolore degli amanti è
sottolineato dalla loro ovvia passione vicendevole e la situazione senza speranza. Parigi l'avrebbe
aiutato a proseguire la sua vita, sostiene lei. La magia della città in quel momento è perduta per
Jerry. Lui venne a Parigi a dipingere perché i grandi artisti lo fecero. Ma a questo punto, la sua
disperazione è tale da non sentire più nulla di significativo per la magica città.
Nel momento in cui Lise se ne va, notiamo che Henri aveva ascoltato la condizione degli amanti e
sta afferrando la realtà della situazione. (La sceneggiatura originale richiamò la realizzazionetributo di Henri 'But Not For Me', ma poi questo fu reputato troppo periferico allo scenario in
questo punto e fu cancellato prima dell'uscita del film. È incluso qui per la prima volta assoluta).
Jerry strappò con disgusto quello che stava abbozzando mentre guardava sotto Henri e Lise
andarsene in un taxi.
Il come spostare la storia verso un balletto di diciassette minuti a questo punto nel film, rese
grandemente perplessi i suoi creatori. Fu Gene Kelly alla fine ad avere l'idea di fondere, insieme
con il vento che soffiava, le bozze di Parigi di Jerry Malligan strappate mentre venivano raccolte
nella fantasia di 'An American in Paris Ballet'.
Ci vollero due mesi fra il completamento della porzione narrativa del film e l'inizio delle riprese del
balletto. Quel tempo fu dedicato agli enormi compiti di coreografia, design e pianificazione (mentre
nel frattempo Minnelli stava lavorando a un doppio impiego, la direzione del film Father's Little
Dividend).
Saul Chaplin, Johnny Green e Conrad Salinger lavorarono febbrilmente a rifare e arrangiare
porzioni di musica di Gershwin per adattare la narrativa della coreografia di Kelly mentre si
sviluppava.
Gli stili luminescenti dei grandi pittori impressionisti francesi che influenzarono Jerry Mulligan
divennero gli sfondi stilistici per ogni sequenza del balletto. Il coreografo Kelly e il regista Minnelli
si servirono della naturale evoluzione di emozioni nelle linee melodie di Gershwin come mezzo per
sviluppare l'arco del balletto. Sebbene Minnelli fosse stato assolutamente compiaciuto dei design
costumistici conferiti al film da Walter Plunkett, sapeva che nessun altro avrebbe supportato quelle
faccende specifiche nel balletto. Avendo collaborato in precedenza con risultati spettacolari
(specificamente sulle Ziegfeld Follies), Minnelli mise in lista i servizi della magnifica designer
Irene Sharaff per sviluppare costumi specifici e spettacolari, mentre la romanza di Jerry e Lise
sarebbe stata risuonata attraverso queste sequenze stilistiche. Un cambiamento nei cinemaografi
avvenne anche per il balletto, con John Alton al posto di Alfred Gilks. Alton ebbe atteggiamenti
radicalmente diversi nei riguardi della fotografia a colori che Minnelli reputò perfetta per la
sequenza, e il suo contributo finale fu davvero grandioso.
La vivida apertura del balletto evoca l'energia spavalda, allegra e disinvolta della stessa Parigi, nello
stile di Dufy alla Place de la Concorde.
Le immagini di Renoir sono evocate nella seconda porzione, mentre Lise e Jerry danzano un pas de
deux davanti al mercato dei fiori.
Evocando lo stile di Utrillo, Mulligan conduce un gruppo di altri compiaciuti corteggiatori in una
robusta sequenza di tip tap, esprimendo unicamente il gusto essenziale del carattere americano
nell'ambientazione parigina.
Lise e Jerry si incontrano ancora, fra altri duetti romantici nella Carnival Square, con ambientazioni
create alla maniera di Rousseau.
Mentre Jerry e Lise saltellano attraverso la città, arrivano in Place de l'Opéra, dove la particolare
passione di Minnelli per van Gogh influenza il design della sequenza. (Cinque anni dopo, il regista
arriva finalmente a utilizzare quell'ammirazione come base per l'acclamata biografia di van Gogh,
Lust For Life).
Kelly e Minneli erano entrambi innamorati di Toulouse-Lautrec e svilupparono un'impeccabile
sorprendente ri-creazione del suo famoso omaggio a Chocolat the Jockey, mentre Lise e Jerry
presero le sembianze dei personaggi di quel lavoro.
L'esuberanza della musica riporta i danzatori alla Place de l'Opéra, dove la magia evapora
istantaneamente. L'euforia di Mulligan viene distrutta in un momento quando si ritrova
improvvisamente solo. Raccoglie una rosa che Lise ha lasciato cadere, e la cinepresa si sposta su
quel prezioso fiore mentre il baletto si avvia alla conclusione.
L'abbattimento di Mulligan sulla veranda, a fantasia conclusa, viene improvvisamente alterata. Lise
è ritornata, ovviamente con il dispiacere di un rassegnato Henri, che guarda avanti mentre i due
giovani amanti corrono l'uno verso l'altra. Si abbracciano e
pag. 10
si dirigono nella loro amata Parigi al calare della sera... con una nuova gloriosa alba davanti a loro.
La ripresa fu completata l'8 gennaio 1951, al costo complessivo finale di 2,696,711 dollari. Più di
500.000 dollari di quel totale furono spesi per il balletto. Una spesa così alta dovette richiedere la
benedizione di un contribuente finanziario di New York, il parente corporativo della Metro, Loew's.
La loro esitazione iniziale nel dedicare il fondo a un balletto di 17 minuti che terminasse lo
svolgimento principale di un musical era molto forte. Ma il talento coinvolto nella registrazione del
pezzo convinse Loew's ad aprire i fondi, e il resto, com'essi dicono, è storia.
Nonostante un'anteprima a Pasadena dove le apparecchiature sonore del teatro erano malfunzionanti
e il film ricevette una risposta tiepida, An American in Paris dopodiché trovò soltanto successi. Il
film aprì il 14 ottobre 1951 al New York's Radio City Music Hall con una forte prevendita e molte
recensioni positive. Mentre le lodi per Kelly, Caron e il balletto erano unanimi, molti recensori
obiettarono la sceneggiatura sentimentale di Lerner. Bosley Crowther del New York Times
commentò che Kelly fosse 'colui che tira il debole filo del vellutato copione di Alan Jay Lerner in
qualche sorta di percorso coerente, evitandogli di disgregarsi in pezzi e volar via'. Variety,
comunque, commentò: 'La Metro ha un altro indiscusso vincitore di botteghino, An American in
Paris. Il film è uno dei prodotti musicali più fantasiosi mai diretti nel corso di anni'. La risposta al
fascino e alla bellezza della Caron era tutto quello che i creatori avrebbero potuto sperare, e
davvero, la M-G-M le firmò un contratto per più film anche prima che quest'ultimo fosse
ufficialmente uscito.
Il film continuò a guadagnare ricchi incassi di botteghino a cavallo tra il 1951 e il 1952. Allo stesso
tempo, la campagna annuale per l'Oscar iniziò fra gli studi, e la Metro stava chiaramente spingendo
la sua realizzazione 'artistica e commerciale' come il suo figlio prediletto. Questo, con il grande
disappunto del produttore Mervin LeRoy, di cui prima si pensava che l'imponente ed epico Quo
Vadis sarebbe stato al picco delle premières dello studio.
L'affetto dimostrato per An American In Paris dall'Academy of Motion Picture Arts and Sciences fu
evidente non solo nelle sue rotazioni di nominations ma anche nel riconoscimento speciale dato a
Freed e Kelly. Freed era onorato dell'Irving G. Thalberg Memorial Award, tenuto come
presentazione speciale solo ai produttori che avessero mantenuto l'eccellenza nella loro arte come
Mr. Thalberg fece fino alla fine. Questo era doppiamente appropriato, poiché non soltanto Freed
assalì la creazione del film che avrebbe vinto il riconoscimento per il Miglior Film quell'anno, ma in
realtà fu Thalberg che portò Freed allo studio quasi 25 anni prima. Sebbene fosse stato nominato
Miglior Attore per una performance meno importante in Anchors Aweight, l'Academy reputò più
appropriato per Gene Kelly un riconoscimento alla luce del suo enorme lavoro in An American in
Paris. Gli fu data una statuetta speciale 'specificamente per le sue brillanti realizzazioni nell'arte
della coreografia per il film'.
Gli Oscar furono anche assegnati a Johnny Green e Saul Chaplin (Partiture di un Film Musicale):
John Alton e Alfred Gilks; (Cinematografia – Colore): Walter Plunkett, Irene Sharaff, e Orry-Kelly
(Creazione Costumi); Cedric Gibbons e Preston Ames (Direzione Artistica – Colore); e Alan Jay
Lerner (Storia e Sceneggiatura). Ironicamente, l'unico partecipante in prima persona alla creazione
del film ad andarsene senza premio fu proprio il regista Vincente Minnelli. Essendo il suo onore
stato usurpato dal lavoro di George Stevens in A Place in the Sun, la collaborazione di Minnelli con
Freed, Lerner e Miss Caron sette anni più tardi in Gigi alla fine piazzò la meritata statuetta sul suo
mantello di maestro.
Una strage di Oscar, specialmente uno per il Miglior Film, di solito aggiunge ai guadagni di un film
ottime entrate extra. In questo caso, la M-G-M non scelse di sfruttare l'onore in modo troppo
pesante, per timore di mettere in ombra la successiva collaborazione fra Freddy e Kelly, Singin' in
the Rain. La data per la realizzazione di Singin' era solo poche settimane dopo, e lo studio ritirò An
American in Paris dalla distribuzione per poter permettere al nuovo film di essere al centro
dell'interesse.
(pag. 24) La mossa fu un errore, poiché mentre trattenne An American in Paris dal guadagnare
ancora di più, tuttavia non impedì Singin' in the Rain di ricevere la giusta attenzione grazie ai suoi
più sofisticati predecessori.
La storia avrebbe corretto lo scenario. Mentre An American in Paris sarebbe rimasto uno dei più
amati gioielli nei cataloghi di opere di Freed e Kelly, Singin' in the Rain ebbe comunque il suo
giusto spazio fra le magistrali realizzazioni nella storia dello studio. An American in Paris fu
rieditato negli anni successivi, con una nuova realizzazione nazionale nel 1962. Non apparse in
televisione fino al 1970, quando la sua première in rete televisiva alla NBC guadagnò valutazioni
eccezionali. Anni dopo quando Jack Haley, Jr., e la sua squadra assemblarono il meraviglioso That's
Entertainment!, selezionarono (una versione abbreviata di) 'An American in Paris Ballet' come
finale del film.
Freed, Kelly, Minnelli, Lerner, Caron, Johnny Green, Saul Chaplin e molti altri orgogliosamente
coinvolti guardarono a An American in Paris come una lodevole realizzazione nelle loro carriere, e
a ragione. Ironicamente, la magnificenza di quella realizzazione si fermò così saldamente nei
meccanismi dell'effimero mondo dello studio della Metro che l'estensione della realizzazione fu
quasi data per scontata al tempo della sua creazione. La pellicola continua a ordire la sua magia fra
il pubblico quasi mezzo secolo dopo la sua produzione. Rispecchiando le parole di Gershwin che
Jerry Mulligan esprime alla sua Lise, la magia di An American in Paris
è probabile che sia qui per rimanervi... per sempre.
- George Feltenstein
NOTE DI PRODUZIONE
Quando la M-G-M Records realizzò una colonna sonora del film (molto popolare) nel 1951,
conteneva solo quattro canzoni e una versione editata del balletto. Un successivo album creato da
un esperto di registrazione presentò la musica come udita nel film, con dialoghi ed effetti che
nascondevano molta della musica. Quest'album in due dischi presenta più di cento minuti della
musica dal film, come originariamente registrata, dalle principali sessioni di studio originali. Molto
del materiale qui compare per la prima volta in assoluto nel mondo, inclusi diversi numeri musicali
mai comparsi. Sebbene parecchie performance furono registrate utilizzando multeplici 'angoli'
microfonici, molto del materiale multicanale non sopravvisse nella sua interezza, quindi
precludendo la stereofonia per ogni traccia.
Quest'album presenta il medley di Benny Carter e il Concerto in Fa di Oscar Levant per la prima
volta, creato dalle registrazioni multicanale sopravvissute. Interessante è notare che la musica per
ilballetto fu registrata puramente in una forma a canale singolo.
La musica nel film attraversò molti cambiamenti mentre la produzione e i processi editoriali
proseguivano. Questo condusse all'asportazione di molte canzoni, che compaiono tutte in
quest'album. L'album presenta anche una serie di assoli pianistici di Gershwin eseguiti da Oscar
Levant che furono intesi per essere usati in un medley che fu poi soppiantato dal Concerto in Fa.
Gli ascoltatori dovrebbero osservare che 'Someone To Watch Over Me' di Benny Carter e la
struttura strumentale di 'I've Got a Crush On You' non furono registrate nella loro interezza.
Entrambe sono state rieditate per quest'album per dare una realizzazione completa a ogni canzone.
(pag.11)
Chi potrebbe chiedere qualcosa di più?
Michael Feinstein in conversazione con John Chaplin
Qual è il 'Sound Gershwiniano?' Per molte persone è caratterizzato dal sound di An American in
Paris e dalla M-G-M Symphony Orchestra diretta da Johnny Green. Il film introdusse milioni di
persone alla gloria di Gershwin e tuttora non mostra segni apparenti di età. Gli arrangiamenti e le
performance sono principalmente, essenzialmente Gershwin filtrato attraverso l'abilità collettiva di
una moltitudine di talenti. Le due più grandi forze musicali di conduzione dietro il film furono
Johnny Green (come direttore, esecutivo del dipartimento musicale, nonché ex protegé di
Gershwin) e Saul Chaplin, che amalgamò ogni performance vocale, adattò da solo il balletto per
Kelly, e creò molte delle sottolineature per i numeri principali. Più di 45 anni dopo, Saul è sempre
bramoso di ricordare il suo ruolo vitale in questo film seminale.
Michael Feinstein
(foto: da sinistra a destra, il supervisore musicale Saul Chaplin, il co-scrittore cinematografico
di Singin' in the Rain Adolph Green – in visita al Set di Parigi – e Gene Kelly)
Michael Feinstein: Com'è che ti sei trovato coinvolto in An American in Paris?
Saul Chaplin: Accadde nel 1950, quando ero sotto contratto con la M-G-M. Ero nel dipartimento
musicale, e avevo appena creato Summer Stock con Johnny Green. La ragione per cui abbiamo
collaborato era che anche lui si trovava a capo del dipartimento musicale, e non poteva dare
attenzione a uno specifico film ogni giorno, mentre io sì. Dopo aver finito Summer Stock, ho
ricevuto una chiamata da Johnny che diceva :'Stiamo per fare An American in Paris! Vai su
all'ufficio di Freed!'. C'era una riunione nell'ufficio di Arthur Freed dove Gene Kelly, Vincente
Minnelli, Alan Jay Lerner ed io abbiamo prima di tutto discusso sul progetto. Lerner ci raccontò la
storia che aveva sviluppato per il film, che in quel frangente era solo abbozzata. L'unica cosa che fu
decisa in quel meeting era che tutta la musica avrebbe dovuto essere di Gershwin e che il suo An
American in Paris sarebbe stato usato per un balletto, per il quale Gene avrebbe creato la
coreografia. Per decidere quale del loro materiale sarebbe dovuto finire nel film, mi sarei incontrato
con Ira Gershwin periodicamente per selezionare le canzoni e poi presentarle a Vincente, Gene e
Arthur. Insieme avremmo ridotto gradualmente la lista di canzoni che sarebbe stata inserita nel film.
Loro tre erano molto impegnati con il copione, che non avrei mai visto finché non fosse stato
terminato. Sapevo in generale dove c'erano dei punti da riempire con le canzoni, ma non sapevo
quali all'inizio. Il problema era che se avessimo utilizzato ogni canzone che reputavo appropriata, il
film non sarebbe mai finito, perché continuavo a dire dopo ognuna, 'Come possiamo escludere
questa?'. Devo aver scelto 50 canzoni che avrebbero dovuto essere nel film. Periodicamente ci
saremmo incontrati con Vincente e Gene per discutere la struttura musicale. Accadde una stranezza.
L'unica cosa su cui tutti eravamo d'accordo senza consultarci era 'Love is here to stay'.
Separatamente, tutti avevamo scelto quella come ballata del film.
MF: La maggior parte delle persone non si rende conto che 'Love is here to stay' non era una
canzone conosciuta, e non fu fino a che venne usata in questo film che iniziò ad acquisire la
popolarità che adesso ha...
SC: È assolutamente vero. Io ovviamente lo sapevo, perché ero nel business delle canzoni e
conoscevo tutto quello che George e Ira avevano scritto. Ma non era per nulla popolare. Divenne
popolare come risultato di An American in Paris. Ma, separatamente – è molto strano se consideri
tutte le ballate disponibili - accadde che tutti e tre concordassimo sul fatto che 'Love is here to stay'
dovesse essere nel film. Ed abbiamo tutti detto: giusto, giusto!
E poi, vi erano certe altre preferite, ad esempio Vincente doveva avere '(I'll build a ) Stairway to
Paradise'. Vincente insistette che dovesse essere nel film. Per quanto riguardava gli altri due, a una
sessione precedente avevo suonato 'Tra-La-La'. E mi resi conto, wow, che cosa terrificante per
Oscar e Gene da fare insieme, poiché è un non-senso. C'era solo una piccola resistenza nel decidere
di usarla: poiché c'erano così tante 'hits' che avremmo potuto scegliere, perché avremmo dovuto
prendere qualcosa di sconosciuto? Ma dopo averla sentita diverse volte, tutti approvarono. E quindi,
entrò nel film, e per quanto mi riguarda, è un numero meraviglioso.
(pag. 12)
MF: Un momento incantevole. Hai scritto qualcuno di questi testi o...
SC: No, ogni testo è di Ira, nell'intero film. Oh, no, forse una l'avevo scritta...
MF: Specificamente in Tra-La-La, ho notato che nella partitura del direttore ci sono alcune parole
che non sono usate nel film...
SC: Penso di sì, è una di quelle cose che onestamente, sai, non fai altro che scrivere. Ho avuto
un'esperienza simile anni dopo con Cole Porter. Lui disse: 'Tu lo scrivi e me lo mostri'. Sai, forse
l'ho fatto, non lo so.
MF: E Richard Rodgers anche.
SC: Oh no, non parliamo di quello. Comunque sia non ne ha mai parlato. Ha solo continuato a
prendere consensi... Ma io posso averlo fatto, anche se non credo che siano nel film. È stato molto
tempo fa, non me lo ricordo. Ma 'Tra-La-La' credo fosse l'unica canzone totalmente sconosciuta.
MF: 'By Strauss' certamente non era molto conosciuta.
SC: 'By Strauss' lo sapevo, e ti dirò il motivo. Avevo visto The Show is On a New York, e conoscevo
quella canzone, e allora mi piaceva. Ho pensato, 'Che bella canzone sarebbe per i Gershwin'. Dissi a
Ira: Questa deve entrare nel film, perché nessuno sa che hai scritto questo genere di cose. E,
chiaramente, non c'era dissenso da parte di Gene. Quello che mi sorprende ancora oggi è come io
abbia potuto creare l'intero film senza che contenesse 'Someone To Watch Over Me'.
MF: Perché questo?
SC: È strano per me perché cent'anni fa avevo un programma radio sulla WMCA a New York dove
suonavo il piano per quindici minuti, e la mia canzone-tema era 'Someone to Watch Over Me'. Non
posso immaginare come abbia potuto trascorrere tutta la realizzazione del film senza mai aver
suonato questa canzone, poiché tutti la conoscevano.
MF: È suonata dalla Benny Carter Orchestra. È usata parzialmente, ma è solo nelle partiture di
sfondo. La perderesti di vista in un batter d'occhio.
SC: Volevamo che Oscar facesse un medley delle canzoni di Gershwin. Era un'idea di Oscar
suonare il Concerto in Fa e tutte le sue parti interne, mentre fu un'idea di Vincente lanciarle in
quella maniera.
MF: Nel suo libro, Levant lo chiama 'la scena di fantasia dell'ego'
SC: Ah, è perfetto, lo è – è perfetto.
MF: Questo nuovo album include il medley dell'assolo pianistico di Levant originariamente inteso
per quella scena, e il supplemento contiene delle parti extra per quell'assolo. C'è molto di Levant
mentre suona Gershwin e produce in modo estemporaneo, il che rimane un documento molto
importante. Nell'ascoltare le cassette delle sessioni di registrazione, è affascinante ascoltare la tua
interazione, non soltanto con Levant ma in tutte le sessioni di registrazione. Tu sei così presente, ed
è chiaro quanto vitale sia stato il tuo singolare contributo – non soltanto al modellamento degli
elementi musicali ma per quanto riguarda tutto lo stile generale del film.
SC: È inconsapevole (ride). È un lavoro, non lo so.
MF: Ti sentivi in qualche modo speciale perché si trattava di Gershwin?
SC: Oh sì! Oh sì! Oh sì! Oh sì, sentivo un'obbligazione enorme per il fatto che si trattasse di
Gershwin.
MF: Visto che Oscar Levant era conosciuto come un esperto di Gershwin, quanto del suo input hai
utilizzato?
SC: Niente. Zero. Ho fatto il mio lavoro e Oscar il suo. L'unico punto in cui abbiamo collaborato
era che dovevo scrivere un assolo per lui su 'Tra-La-La' – il secondo o terzo ritornello che ho scritto,
e lui avrebbe detto: 'Ascolta, lo suonerò in questa maniera' , e io avrei risposto 'Bene', e così sarebbe
stato. Lui avrebbe cambiato alcuni passaggi. Ovviamente, io ero il supervisore musicale. Avrei
scelto quello che mi pareva andasse meglio. Eravamo davvero buoni amici, Oscar ed io. Ma poiché
la musica era di Gershwin, l'avrei soltanto approcciata con più rispetto. Sentivo un obbligo speciale
poiché Gershwin era il mio compositore preferito del XX secolo, e mi sono sempre sentito a disagio
nel cambiare qualunque cosa componesse. In realtà non penso di averlo mai fatto, eccetto nel
balletto, a causa del quale penso di averti già detto di sentirmi ancora colpevole.
MF: Beh, parliamo di questo.
SC: Ok. Comincerò dall'inizio. Fu deciso che An American in Paris sarebbe dovuto essere un
balletto. Ora avevano bisogno di una trama per il balletto, e Gene Kelly, Irene Sharaff e Vincente
Minnelli sognavano l'idea che sarebbe stato un tipo di ripresa del film ma creata nello stile di diversi
pittori impressionisti francesi. Gene scelse i pittori che volle: Dufy, Rousseau, Lautrec, Utrillo, tutti
loro. Ricordo che Leonard Bernstein una volta disse: 'In An American in Paris ci sono abbastanza
temi per due sinfonie'. Io replicai: 'Se ci sono così tanti temi, troviamo un tema per ciascun pittore, e
quando ascolti quella specifica musica lo identifichi'. Quindi iniziammo con l'apertura del film, che
'suona' come Dufy (mmmh..): è gay ed è parigino. Abbiamo considerato tutti i temi dicendo come
sarebbero dovuti essere... e poi si presentò il primo problema. Il balletto avrebbe rappresentato ogni
artista e incluso un finale. Bene, se inizi con Dufy come tema ricorrente, quando finisci, dovresti
anche finire con quel tema. Ma nella pièce originale, quel tema continua a tornare! Ora però, non
puoi ritornarci continuamente. Quindi, quello che dovetti fare – ed è qui che il senso di colpa mi
attanaglia – fu questo: ho usato tutti i temi di Gershwin, ma dovetti creare diverse musiche di
collegamento per passare da uno all'altro, poiché non esistevano negli spartiti di Gershwin; egli
continuò a mescolare tutti i temi. E mentre lo scrissi, continuai a pensare 'Che cosa sto facendo?
Sarebbe come prendersi gioco di Beethoven o Brahms. Questo non è un autore di canzoni
qualunque, qui io sto scherzando con George Gershwin'
MF: Ne avevi mai parlato con Ira?
SC: Oh, sì.
MF: E lui che cosa disse?
SC: 'Lo ascolterò quando sarà finito'. Avevamo due pianoforti per provare poiché Gene conosceva
un po' la musica, e sapeva qualcosa sull'orchestrazione. Aveva l'abitudine di suonare di fatto il
violino, di cui nessuno sembrava al corrente.
Per accertarsi che avesse udito ogni cosa che era nell'orchestra, avevamo due pianoforti e
percussioni per provare con lui. Quindi ascoltò ogni cosa, e ogni volta che mi trovavo a udire una
delle transizioni che avevo composto, mi sentivo male perché non avevo idea... Del tipo, 'Perché sto
facendo questo?'. Infine creai l'intera composizione, e continuai a riascoltarla, avanti e indietro.
Collocai dei temi in posti diversi perché avrebbero dovuto portare al balletto nel modo in cui Gene
voleva. Finalmente il lavoro terminò e ad Ira piacque moltissimo! Ma il punto è questo: quello per
cui mi sento colpevole fino ad oggi è che un'intera generazione di persone sono cresciute pensando
che An American in Paris di Gershwin sia solo un balletto, e quando invece ascoltano il concerto
originale, pensano che sia sbagliato. Questo mi fa sentire molto in colpa. Sono molto orgoglioso di
poter dire (e questa è una dichiarazione molto strana da parte di un compositore) che la mia
versione non è mai stata suonata in concerto da nessuna parte. Quindi è strepitoso! Intendo che è
grandioso per me, perché non avrei mai voluto che lo fosse: è stata pensata solo per rimanere sullo
schermo!
MF: Ho sentito che John Mauceri e la Hollywood Bowl Orchestra potrebbero suonarla con il film.
SC: Ah, ma è con il film! Bene, questo non mi interessa, fintanto che non è suonata come pièce da
concerto. L'intenzione era che rimanesse un balletto per il film, è un adattamento, ed è tutto quello
che dovrebbe essere.
MF: Certamente, funziona meravigliosamente bene in quel contesto.
SC: Ho anche commesso un grande errore. Ero così esercitato nel comporre partiture di sfondo che
avresti preso nota di quel che succede nel film. Se ricordi, il balletto termina con uno sfumato
teatrale verso una singola rosa. Avevo originariamente scritto un nuovo finale che si esauriva poco a
poco, ma segue quel che avviene su schermo. All'anteprima del film, le persone non sapevano dove
applaudire. Quindi dovemmo fare un passo indietro e ripristinare il finale di Gershwin, e allora
funzionò. Ma fu un lavoro molto difficile, e ad oggi, ogni volta che lo sento, me ne compiaccio
molto. Continuo a sentire quant'è meraviglioso e tutto il resto, e allo stesso tempo mi sento come se
avessi offeso Gershwin.
MF: Ma se tu lo consideri nel contesto di quanto la fama di entrambi i Gershwin è aumentata a
partire da questo film e quanto le persone non siano consapevoli dei cambiamenti nel balletto, ti
garantisco che ci sono maggiori aspetti positivi che negativi.
SC: C'è un'altra cosa, tuttavia, che contribuisce comunque alla colpevolezza. Sono certo che se
Gershwin dovesse ascoltare questa versione, potrebbe non amare le mie transizioni, ma potrebbe
piacergli il modo in cui l'orchestra ha suonato nel mezzo. Poiché, per quanto mi concerne, nessuno
al mondo ha mai suonato meglio di così.
È un pezzo americano, suonato da americani che sanno suonare il jazz. Quel blues non è mai stato
suonato da nessuno nel mondo, te lo garantisco, così come è suonato da un uomo di nome Uan
Rasey, il suonatore di tromba in An American in Paris. E sono sicuro di questo, il che mi dà un certo
conforto.
MF: Bene, so che quando Johnny inviò privatamente il balletto An merican in Paris ai suoi amici,
scrisse sull'etichetta: 'The Metro-Goldwyn-Mayer Symphony Orchestra'. Io ho uno di quei dischi
originali.
SC: Perché per il balletto l'orchestra dovette aggiungere dei membri, da 50 a 72 musicisti, e questo
le diede maggiore importanza. Ti dirò un altro motivo: quando CinemaScope e Stereophonic Sound
si unirono un paio d'anni dopo, lui utilizzò la 'symphony' orchestra in un mucchio di soggetti corti
che approfittarono del nuovo potenziale ad alta fedeltà che la registrazione magnetica in stereo
apportava al film. Con l'orchestra dello studio chiamata
(pag 14, alias 33)
Symphony Orchestra, ha dato a Johnny una certa importanza, credo. Johnny era molto talentuoso, e
un uomo meraviglioso con cui lavorare. Avevamo un bellissimo rapporto perché lavoravamo con lo
stesso sistema attraverso le immagini che creavamo. Ne abbiamo fatte cinque insieme. Lui avrebbe
lavorato nel dipartimento musicale e io sarei stato nel quadro tutto il giorno, sul set, a provare, a
comporre, o qualunque altra cosa... E l'avrei incontrato alle 6 in punto raccontandogli quel che era
successo durante il giorno, avremmo discusso di eventuali cambiamenti di cui ci fosse stato
bisogno. Era una collaborazione meravigliosa.
MF: Questo nuovo album di An American In Paris contiene il balletto originale e completo, il che
significa che fu registrato prima che delle revisioni fossero state apportate. È leggermente più lungo
di quello che si vede sullo schermo.
SC: Dove sono state fatte revisioni? Non me ne ricordo nessuna.
MF: Ci sono state revisioni fatte successivamente.
SC: Una delle revisioni era il nuovo finale e un paio di altri punti dove sono stati fatti dei
cambiamenti.
MF: Questo album è stato un meraviglioso progetto su cui lavorare perché c'è così tanta musica non
'ascoltata' nelle sottolineature.
SC: È favoloso! Il fatto che tu abbia scovato tutta questa roba è incredibile!
MF: È incredibile che esista! Per tante persone, An American In Paris è stata la loro introduzione a
Gershwin e al 'sound' Gershwiniano.
SC: Capisco. Il fatto è che non so definire il 'sound Gershwiniano', a parte il fatto che ha uno stile
molto americano. Per darti un esempio, citerò Aaron Copland. Copland ha un 'sound' speciale, usa
le quinte aperte, che risuonano come spazi aperti. Gershwin aveva solo un tipo di sound americano
innato. Questo torna innanzitutto alle sue ricche armonie, molto semplici eppure con toni molto
contorti. Prendi 'But Not For Me': melodicamente, è una canzone molto semplice, ma 'Someone To
Watch Over Me' non è una canzone semplice. E per quanto riguarda il sound, non abbiam prodotto
nulla di speciale.
MF: Era il sound 'M-G-M'.
SC: Credo che tu lo faccia inconsciamente in base a quello che pensi si adatti meglio alla canzone.
MF: C'erano così tante persone che conoscevano George ed erano connesse all'immagine: Arthur
Freed, Oscar Levant e Al Sendrey, ad esempio. Conrad Salinger conosceva George Gershwin? So
che ha lavorato con Rodgers & Hart.
(pag. 15)
SC: Probabilmente lo fece. Ho incontrato George Gershwin una volta. Fu a New York quando ero
un giovane autore di testi di canzoni. Ho chiesto una foto autografata, e non ce l'avevano. Quindi
disse: 'Ascolta, la prossima volta che tornerò, ne lascerò una per te'. Bene, lui non tornò mai, e io
non ebbi mai la foto, ma ebbi una di quelle cose da Ira – uno dei suoi scarabocchi telefonici,
incorniciati dal suo autografo preso da uno cheque cancellato.
MF: Ora, Johnny...
SC: Bene, Johnny son certo che conoscesse George. Credo fosse il suo protegé.
MF: Sì, si incontrarono alla fine degli anni '20 e più tardi divennero amici intimi. Nel libro The
Magic Factory, tu parli in particolare dell'orchestrazione di Johnny di “'S Wonderful”, che ti
sembrava fosse il miglior arrangiamento mai composto di quella canzone.
SC: Mi ricordo che abbiamo sistemato quell'arrangiamento insieme. Sai che c'è una frase che canto,
e non posso cantare quella canzone senza. (Cantano insieme).
MF: Sì, è impossibile cantarla senza.
SC: Non posso cantarla senza quella frase. Non ricordo se fosse di Johnny o mia, ma era una delle
nostre.
MF: Ora, chi prese la decisione di sincopare la frase 'that she should care for me' in modo che inizi
alla seconda battuta invece che alla prima? Ora chiunque la canta in quel modo.
SC: Credo di averlo fatto io. Ero incaricato di qualunque cosa dovesse essere cantato. Tu sai di cosa
sono orgoglioso nell'intero film, non ci crederai mai! Più di qualunque cosa nel film, di tutte le
migliaia di modulazioni che ho fatto nella mia vita, quella di cui sono più orgogliosa è 'Love is here
to stay', e nessuno lo nota salvo me... e mia figlia, a cui l'ho detto.
MF: Dimmi.
SC: Te lo dirò. Odio i 'primi finali', perché il compositore non li scrisse, e poi di solito finiscono
tenendo l'ultima nota del ritornello più a lungo del previsto, il che secondo me ferma il fluire della
musica. Quando l'orchestra suona il primo ritornello della danza di Gene e Leslie sulla Senna,
giusto al punto in cui tu pensi che la canzone stia per finire, moduliamo in un altro ritornello,
evitando il 'primo finale'! È la cosa di cui vado più orgoglioso nell'intero film. Ero così esaltato
quando lo creai.
Se guardi indietro ad alcuni altri film che ho fatto, come 'Get Happy' di Judy Garland in Summer
Stock, ancora, non ci sono 'primi finali'. Tutto iniziò quando mi misi ad arrangiare canzoni per i
cantanti. Ho sempre considerato un primo finale uno spreco. Perché, come ho detto, il compositore
scrisse una nota intera o due, poi qualcuno ci creò una somma.
MF: È l'eterno problema di un performer trovare il modo di arrivare oltre la fine del primo
ritornello.
SC: Ma la cosa interessante in 'Love is here to stay' è il mio momento di orgoglio. Ero così esaltato
quando lo trovai.
MF: Sì, è bello. È anche una bella orchestrazione Salingeriana, oltretutto.
SC: Oh, cielo davvero. Ti rendi conto che non ci sono nemmeno ragazze cantanti in An American in
Paris?
MF: No, non l'ho mai pensato. È straordinario. Si trattava di una decisione consapevole?
SC: No, è accaduta così. Ma è davvero piuttosto strana.
MF: Mi interessa il fatto che così tante canzoni siano state tagliate fuori dal film. Gene ha sempre
parlato di 'I've Got A Crush On You', che lui disse essere il suo momento danzato preferito nel film.
SC: Bene, lo sapevi che lo stesso tipo di situazione fu esclusa da Singin' in the Rain? In An
American in Paris, suonò 'I've Got A Crush On You' nella sua stanza, dove tira su il letto e compie
un'intera sequenza mentre si alza prima di tutto al mattino, pensando a Leslie. Dopo che fu escluso
da An American in Paris, egli ideò un numero simile in Singin'in the Rain per 'All I Do Is Dream Of
You'. Fece esattamente la stessa coreografia, e finì per essere tagliata fuori da Singin'in the Rain allo
stesso modo.
MF: Com'è che Benny Carter fu coinvolto? Era sotto contratto?
SC: Com'è che pensi questo?
MF: A causa tua! (ride) Devo farti queste domande.
SC: No, certamente devi farlo. Ho conosciuto Benny Carter fin dagli anni '30. C'era una 'piccola
banda' indicata nel copione, e lo avevo appena visto in un nightclub locale. Ho suggerito a Johnny
Green che avremmo usato Benny, e lui disse: 'Stavo giusto pensando la stessa cosa. Lui sarebbe
perfetto'. Quindi l'ho chiamato e gli ho spedito i nomi dei pezzi e me ne sono andato. Quegli
arrangiamenti erano la sua creatura, perché non scriverò per la band di Benny Carter. Amo quelle
tracce... e son così contento che, grazie a questo nuovo album, qualcuno alla fine le ascolterà.
Benny è un tipo meraviglioso. E suona ancora così.
MF: Sì, è incredibile. Lui suona qualcosa come sei strumenti, giusto?
(pag. 16)
SC: La cosa divertente è che la prima volta che l'ho sentito, stava suonando la tromba. Era in un
ballroom di Broadway all'incirca alla 53esima strada, sono entrato, e ho sentito questo tizio suonare
– conoscevo persino la canzone, 'How'm I doin'?'
MF: Non conosco quella canzone.
SC: (cantando) Sai, è una di quelle canzoni da 16 battute. E credimi, stava realmente suonando
come un pazzo; era incredibile! Ho sempre pensato che suonasse la tromba, ma fu solo mesi dopo
(Sammy Cahn ed io andavamo in tutti questi posti all'epoca – stavamo pubblicizzando le nostre
canzoni) che lo udii suonare il sassofono. Ho adorato gli arrangiamenti che fece per questo film.
L'armonizzazione di 'Do, Do, Do' nel medley, penso sia meravigliosa.
MF: Sì, lo è, ed è in stereo su quest'album.
SC: Sembra pazzesco.
MF: Son curioso sui crediti del film che dicono 'Supervisione Musicale di Johnny Green e Saul
Chaplin', con la maggior parte delle orchestrazioni attribuite a Conrad Salinger. È corretto?
SC: Sì, è giusto.
MF: Ora, perché è sempre stato fatto in quella maniera? Ovviamente molte persone hanno lavorato
sulle orchestrazioni...
SC: A quel tempo, agli studi non veniva richiesto di dare crediti a nessuno. Contrattualmente, non
erano obbligati a farlo. C'erano così tante persone che facevano orchestrazioni o parte di esse, che
se avessi citato tutti in quei giorni ci sarebbero stati 12 o 15 nomi, e la cosa sarebbe sfuggita di
mano.
Quindi davano il credito a chi faceva il grosso del lavoro, e nessuno si è mai lamentato per quel che
ne so, un orchestratore non si è mai lamentato che ottenesse o meno il credito. Il motivo per cui
Connie (Salinger) lo ottenne fu perché fece quasi tutto lui.
MF: E se non avesse curato le orchestrazioni, avrebbe seguito le scenografie, e...
SC: Giusto, avrebbe fatto le bozze delle orchestrazioni. La routine era questa: avrei iniziato a fare
gli arrangiamenti e per prima cosa fu con Gene sul balletto. Scrissi due parti di piano per l'intero
balletto. Poi mi unii a Johnny Green e Connie Salinger, e lo passammo battuta dopo battuta,
confermando che avrebbe dovuto essere in quel modo, quella parte avrebbe dovuto essere
orchestrata con gli ottoni, quest'altra con gli strumenti ad ancia, e via dicendo. Connie Salinger
avrebbe quindi fatto la bozza dell'orchestrazione. In altre parole, io avrei dovuto suonare le parti
pianistiche, lui avrebbe avuto gli ottoni, i fiati in legno; e poi Bob Franklyn, che ha lavorato per
Connie, avrebbe coperto le parti individuali dello spartito per ogni musicista da quel lavoro. Quella
era la routine.
MF: Quello che io chiamo il suono 'Salinger' , che è realmente il sound 'M-G-M'...
SC: Ragazzo, vorrei sapere di cosa si trattava. Quando arrivai per la prima volta all'M-G-M, sapevo
di Connie e del suono M-G-M. Entrambi condividevamo un bungalow nel dipartimento musicale.
Era composto da due stanze con una sala d'attesa in mezzo. Io ero in una e lui in quella opposta, e
avevo l'abitudine di udirlo sforzarsi al piano, gettando fuori quegli accordi laboriosamente, sai... e
poi ogni tanto entravo, per vedere cosa avremmo registrato il giorno dopo. Ci sarebbe stata una
parte direttiva, e avrei detto 'Funzionerà? Intendo dire... è troppo dissonante, non funzionerà, lo so'.
Sarei entrato il giorno dopo, e sarebbe sembrato paradisiaco. Lui sapeva come fare 'cosa' con
qualunque cosa, e non so come facesse a saperlo. Tutti provavano a imitarlo, ma nessuno ci riusciva
e non si capiva perché.
Ma lui aveva qualcosa, non lo so, non riesco a dirtelo. Me l'hanno chiesto tante volte, ed è una di
quelle cose a cui non so rispondere. Non c'è mai stato nessuno come lui.
MF: No. L'altro giorno stavo ascoltando alcune tracce da An American in Paris e The Band Wagon,
ascoltando quelle contromelodie incredibilmente complesse, i corni francesi e i violoncelli, e
pensavo, Salinger ha creato questi suoni. Ma hanno avuto origine con lui?
SC: Non lo so.. no, non è la prima persona a fare questo tipo di cose. È di fatto il registro degli
strumenti che lui conosceva meglio di chiunque altro. Quando dicevo che non avrebbe funzionato,
stavo suonando la sua orchestra sul pianoforte. Bene, sul piano non funziona! Ma se tu lo dividi fra
corni, strumenti a fiato in legno e violini, funziona bene! E quello era ciò che sapeva.
MF: Come ti senti ripensando al film ora, in retrospettiva?
SC: Tutto quel che posso dire è che non ho mai lavorato su alcuno spartito di cui abbia avuto
maggior rispetto, e che gestii con una simile cura. Ero attento e preoccupato. Attento perché volevo
accertarmi che venisse fuori al meglio delle mie abilità, per vedere se potessi competere con il
maestro. Preoccupato, che potessi fare qualcosa di sbagliato. Il fatto che il film sia stato così
popolare, credo dovrebbe consolarci, e infatti è così. E sono molto orgoglioso di averne fatto parte.
Certo, ci sono state molte persone in questo progetto, ma devo la maggior parte della mia fedeltà
non solo a Ira Gershwin , che sono arrivato a conoscere e ad amare, ma anche a Johnny Green, con
cui ho collaborato.