Recensioni e segnalazioni
Transcript
Recensioni e segnalazioni
Recensioni e segnalazioni CARLO BELTRAME – MARCO MORIN I Cannoni di Venezia Nuova Grafica Fiorentina Firenze 2014 Pagg. 440 – Euro 40,00 “Ultima ratio regum” è una allocuzione latina che indica che la forza (in modo sottinteso) rappresenta “l’ultima ragione dei re” per far valere i propri diritti. Per questo Luigi XIV di Francia, passato alla storia anche come il Re Sole (1638 – 1715), volle che la frase fosse spesso riprodotta sulla culatta dei propri cannoni, e per lo stesso motivo rimase come un tragico memento ogni volta che il rombo delle artiglierie spazzò, dai campi di battaglia, la voce di ministri, giuristi e diplomatici che tentavano di eliminare, con le trattative, il rischio di una guerra. Erano momenti eroici per l’artiglieria, da sempre definita l’”Arma Dotta” per il suo alto livello tecnologico mantenuto in tutti i tempi, con i maestri fonditori che studiavano le leghe migliori per realizzare le canne, rispettati quasi fossero alchimisti alla ricerca della pietra filosofale e cele- brati come quando, nella prima metà del ‘600 il poeta Claudio Achillini scrisse, in un sonetto, “Sudate o fochi a preparar metalli”. In questa Opera i due Autori (l’archeologo navale Beltrame e lo storico delle armi Morin), hanno rivolto la propria attenzione alle bocche da fuoco artiglieresche che consentirono alla Repubblica Serenissima di Venezia, di raggiungere e mantenere per secoli il suo status di potenza politica, economica e militare. Il lavoro svolto dai due Autori riguarda il censimento e la visita alla quasi totalità dei cannoni oggi esistenti in Turchia (nello splendido Museo dell’Esercito), in Grecia, in Croazia e in Albania (da dove proviene un solo esemplare). Il lettore si chiederà “Ma perché cercare materiale in questi Paesi e non accontentarsi di quello esistente nel Veneto?”. Semplice, perché nel corso di tre secoli, in innumerevoli scontri con l’Impero Ottomano, moltissimi pezzi furono catturati e riutilizzati dai turchi che li disseminarono poi anche nei territori da loro controllati. Ma nel Veneto? a questo pensò Napoleone che rubò a man bassa i materiali (è un modo di definire le bocche da fuoco) della Serenissima. Si pensi che ne caricò 200 solo su una nave che avrebbe dovuto portarli in Francia, ma che fu affondata dagli inglesi presso Corfù, dove giace tuttora. Prima di passare a parlare più direttamente dell’Opera, riportiamo al lettore una curiosità: i cannoni dell’Esercito e della Marina veneti non erano differenti fra di loro, in quanto la Marina imbarcava gli stessi pezzi dell’Esercito, scegliendoli per dimensione, a seconda delle necessità. Tutt’al più, quando era possibile, si pre- feriva imbarcare pezzi con canne in bronzo, in quanto questa lega non soffriva dell’azione della salsedine che insidiava invece pericolosamente i materiali in ferro. D’altronde, bisogna anche pensare che in una Marina che fu sempre essenzialmente remiera, le battaglie con i lunghi cannoneggiamenti che più tardi saranno scambiati tra velieri francesi e inglesi erano assolutamente impensabili. Non valeva quindi la pena di studiare particolari bocche da fuoco particolarmente marinizzate. Tra l’avvistamento del nemico e il suo arrembaggio, infatti, gli artiglieri di bordo avevano il tempo di sparare tre o quattro colpi al massimo, con pezzi che, tranne pochi falconetti di piccolo calibro brandeggiabili grazie a orecchioniere fissate alla falchetta, erano postati, fissi, in caccia a prora delle galere. Per quanto riguarda l’Opera, realizzata a cura della Regione Veneto, si presenta di discrete dimensioni, è robustamente rilegata ed ha un aspetto elegante, anche grazie alla splendida copertina. Il testo è suddiviso in 14 capitoli che fanno, naturalmente, seguito ad una presentazione e ad una introduzione, quindi è concluso da una nomenclatura delle bocche da fuoco, 3 appendici e una bibliografia, ed è particolarmente esaustivo per quanto l’argomento sia, bisogna ammetterlo, molto di nicchia, trasformandolo in una lettura interessantissima nonostante ciò. Per quanto riguarda l’iconografia, questa è purtroppo tutta in bianco e nero, ma di qualità molto buona per la parte fotografica e ottima nella fattura dei disegni. I ricercatori e gli appassionati, anche i più esigenti, ne saranno sicuramente soddisfatti. Purtroppo dobbiamo fare un piccolo appunto, decisamente veniale ma innegabile: il testo, pur settembre-ottobre 2014 45 Recensioni e segnalazioni composto in caratteri sufficientemente leggibili, non è in nero ma in una tonalità di grigio scuro il che, in condizioni di illuminazione non ottimale o di lettura prolungata, potrebbe essere scomodo per il lettore. Franco Maria Puddu ELISO PORTA (A CURA DI UMBERTA PORTA) La mia guerra fra i codici ed altri scritti Ufficio Storico Marina Militare Roma 2013 Indicazioni nel testo Prosegue, con l’edizione di questo volume, un filone recentemente inaugurato dall’Ufficio Storico: quello della storia raccontata direttamente dal protagonista. Si tratta di un elemento di assoluta novità in quanto, nell’esposizione, pur mantenendo la rigorosità della verità storica come risulta nei documenti dell’epoca, traspare costantemente il sentimento del diretto interessato, ovvero quelle sensazioni perso- 46 settembre-ottobre 2014 nali che nessuno storico potrà mai desumere dalla lettura, seppur approfondita, dei documenti d’Archivio. A distanza di oltre quarant’anni dalla loro compilazione vedono la luce gli scritti di uno dei più interessanti protagonisti della Seconda guerra mondiale, il comandante Eliso Porta, uno dei mitici decrittatori dei codici inglesi della nostra marina, grazie alla dott.ssa Umberta Porta, figlia del protagonista e curatrice del libro che, con la propria appassionata opera di raccolta e valorizzazione delle carte del padre, ha permesso la realizzazione di questo libro, fornendo altresì, senza lasciarsi permeare da sentimentalismi familiari, una dettagliata biografia del genitore, attingendo spesso a corrispondenza proveniente dall’archivio personale di famiglia. Il testo è particolarmente importante per numerose ragioni: la prima è che per la prima volta si tratta del contributo, visto dall’interno, che questi uomini diedero alle operazioni della flotta, per fornire ai comandanti in mare un’informazione in “tempo reale”, come si direbbe oggi, sui movimenti e le intenzioni del nemico. Questa esposizione diretta al livello massimo di comando non fu sempre agevole, data la complessa personalità di alcuni leader, e in particolare dell’allora Comandante in Capo, ammiraglio Angelo Iachino: almeno in un caso si verificò quello che, tra gli specialisti di Intelligence, viene considerata la situazione più frustrante, quando le informazioni fornite non vengano credute. L’ammiraglio non ebbe fiducia nei suoi esperti e mandò la Prima Divisione al macello, e qui interviene il secondo motivo d’interesse del libro: il fitto scambio di lettere tra il comandante Porta, pro- feta inascoltato, e l’ammiraglio. Da tale lettura emerge una miriade di spunti interessanti sui rapporti e sulle tensioni tra i vari leader della Marina del tempo di guerra, sentimenti non sempre amichevoli, che non si ammorbidirono col tempo. Il terzo motivo di estremo interesse è il resoconto, assolutamente inedito, dell’impresa compiuta dal comandante Porta per recuperare i codici tattici inglesi dal relitto di un cacciatorpediniere, il Mohawk, affondato il 16 aprile 1941 lungo le coste tunisine, durante un cruento scontro notturno in cui andarono perse varie unità, tra cui il cacciatorpediniere Tarigo, che però con una salva di siluri aveva mandato a fondo l’avversario. Inutile dire che in questa parte del libro la narrazione, piana e senza esagerazioni, delle difficoltà e dei rischi che furono corsi da tutto il gruppo diretto dal comandante Porta, lascia il lettore semplicemente ammirato: questo successo fu esaltato, anni dopo, da un bel film, Mizar, anche se la trama, inevitabilmente romanzata, è ben poca cosa rispetto a questo racconto di prima mano. Infine, per i cultori della materia, il libro riporta le basi teoriche del lavoro crittografico dell’epoca: non si tratta solo di un interessante testo di “archeologia crittografica”, ma si trova anche una serie di esercizi che consentono ancor oggi di mettere alla prova le abilità individuali degli appassionati. Per concludere, questo testo è di un interesse unico, anzitutto di tipo storico: se è vero che scrivere la Storia, secondo alcuni studiosi, è possibile solo quando siano morti tutti i suoi protagonisti, è anche vero che non si riesce a fare piena luce su alcuni avvenimenti finché tutti i documenti non diventino disponibili. Il libro del comandante Porta colma quindi una serie di lacune che hanno impedito finora di capire il perché di avvenimenti dolorosi, che fanno pur sempre parte del nostro retaggio storico e delle nostre radici, e merita quindi una lettura attenta. Il volume, brossurato, consta di 214 pagine ed illustrato da 20 foto in b/n, è posto in vendita al prezzo unitario di € 14,00 (€ 10,00 prezzo ridotto per gli aventi diritto – tra cui i soci della LNI) più spese postali, facendone richiesta all’Ufficio Storico della Marina Militare, Via Taormina, 4 – 00135 ROMA. e-mail: [email protected] (modalità di dettaglio per l’acquisto sono consultabili al seguente link www.marina.difesa.it/storiacultura/ufficiostorico/Pagine/Condizionidivendita.aspx Innocente Rutigliano PASCAL BRUCKNER Il fanatismo dell’apocalisse Salvare la Terra, punire l’Uomo Guanda – Milano 2014 Pagg. 236 – Euro 22,00 Giusto cinquant’anni or sono, Umberto Eco pubblicò con Bom- piani il saggio sociologico Apocalittici e integrati, che fece scalpore ed ebbe notevole diffusione. Vi si trattava il tema della cultura di massa, nei suoi aspetti positivi, o più spesso negativi. Se ne discusse molto. Uno dei motivi del contendere era se quella congiunzione “e” avesse valore disgiuntivo, nel senso che si potesse essere alternativamente o apocalittici o integrati: e in seguito spesso il libro fu citato e continua ad essere citato come Apocalittici o integrati, erroneamente ma forse più appropriatamente, nel senso che o si appartiene alla schiera di contestatori che vedono tutto nero, o a quella di coloro che si adagiano sul vecchio refrain “Tutto va ben, Madama la Marchesa”. Ma oggi, con l’espandersi del fanatismo ambientalista che recluta sempre più ampie schiere di adepti, si può anche far cadere la congiunzione, che sia e o che sia o: ci troviamo di fronte ad ampie compagini di apocalittici-integrati, cioè di persone le quali - o perché in buona fede convinte, o per supina imitazione, o per darsi importanza dinanzi al vulgo sciocco, assumendo le vesti di ispirati profeti di sciagure quali coloro che all’approssimarsi dell’anno 1000 della nostra era andavano in giro stracciandosi le vesti al grido di “Mille e non più Mille” – annunciano la imminente fine dell’umanità per il sempre più rapido degrado dell’ambiente. Questa genìa, beninteso, nulla ha a vedere con coloro che responsabilmente si pongono il problema del salvataggio della Terra, e del Mare che della Terra è massima parte (e questo è uno dei motivi animatori della Lega Navale Italiana); ma lo fanno con attenta consapevolezza, con studi accurati e con azioni calibrate, rifuggendo da isterismi: penso, ad esempio, a “Mare Vivo”. E le due compagini, quella assen- nata dei responsabili e quella catastrofista dei cialtroni, non possono che essere l’una contro l’altra armate: “L’ambientalismo catastrofista è innanzitutto una catastrofe per l’ambientalismo: usa una retorica così spudorata che scoraggia le migliori intenzioni” (pag. 227). Contro la genia di profeti di sciagure si schiera Pascal Bruckner con questo bellissimo libro, da poco uscito in Italia per la limpida traduzione di Leila Beauté. Bruckner può annoverarsi fra quei nouveaux philosophes (come Bernard-Henri Levy, André Glucksmann, Alain Finkielkraut) che, dopo la tempesta del ’68, abbandonarono ostentatamente il marxismo. Dopo varie esperienze d’insegnamento in Università americane e francesi, oggi egli è un filosofo, narratore e polemista di tutto rispetto, che si schiera a viso aperto e con il vigore del suo ragionamento contro le cose che non gli stanno bene, quali l’aggressione serba contro i cugini dell’ex-Jugoslavia, la dissennata guerra di Bush contro l’Iraq che tanti guai sta producendo tuttora, gli obbrobriosi abusi di Abu Ghraib. Ma veniamo al libro qui presentato. Con una prosa brillante e caustica che spesso indulge al sarcasmo, l’A. genialmente sottolinea che “la matrice di ogni discorso ambientalista è il racconto della «caduta» nella Genesi: in origine c’era il Paradiso Terrestre, dove gli uomini hanno assaggiato il frutto dell’albero della conoscenza. Dio li ha cacciati. Proprio nel momento in cui nega le sue radici cristiane, l’Europa le rivela in ogni minimo riferimento: oggi più che mai noi pensiamo alla luce della Bibbia, il cui lessico e la cui struttura nutrono ancora la nostra vita quotidiana. Ciascuno daterà a suo piacimento la dannazione” (pag. 60). Questo è un libro tutto da degustare e meditare. Gli spunti per settembre-ottobre 2014 47 Recensioni e segnalazioni approfondimenti sono moltissimi, e le tesi dimostrate con documentate e stringenti argomentazioni, alcune delle quali autentiche reductiones ad absurdum. E le citazioni citabili sarebbero innumerevoli. E gustosissima mi sembra questa (pag. 162), che mi permetto di trascrivere integralmente: “Da (che) cosa si riconosce un ambientalista? Dal fatto che è contrario a tutto, al carbone, anche con cattura e sequestro di CO2, al gas naturale, al gas di scisto, all’etanolo, al carburante pesante, al nucleare, al petrolio, alle dighe, ai camion, al TGV, alla macchina, all’aereo. Come la bambola che dice sempre no nella canzone di Polnareff. Il vero desiderio di questo movimento non è salvaguardare la natura, ma di punire l’uomo”. Renato Ferraro GIUSEPPE CONTE Il male veniva dal mare Longanesi – Milano 2013 Pagg. 444 – Euro 18,80 Giuseppe Conte è uno dei massimi poeti e romanzieri italiani 48 settembre-ottobre 2014 contemporanei, il quale spesso s’ispira al mare: di lui ricordiamo, tra le altre opere poetiche, L’Oceano e il ragazzo, TEA, 2002; e per i poeti e gli aspiranti tali, il prezioso Manuale di poesia, Guanda, 1995. Né si può dimenticare la ricca antologia da lui curata Lirica d’Occidente, Guanda, 1990. Infine, tra i suoi romanzi ricorderemmo, in particolare, Il Terzo Ufficiale, Longanesi, 2002, che pure sa di salmastro. Da poco è uscito, sempre per Longanesi, il suo ultimo libro qui presentato, dall’impianto volutamente del tutto inusuale: un fantathriller futuribile che talvolta indulge a tinte fosche (i cadaveri di ragazze misteriosamente brutalizzate, rinvenute sulla battigia), ma che è anche una tempestosa eppur tenera storia d’amore tra due ragazzi, Nyamé ed Asal, che, fra una lite e un’incomprensione, dimostreranno infine particolare sagacia nel penetrare almeno in parte gli enigmi della storia. Ma – quel che più importa – il libro contiene un chiaro messaggio in favore dell’ambiente marino, in realtà mai tanto in pericolo come nel momento attuale. La vicenda si svolge nel futuro prossimo: su di un tratto di spiaggia non lontana da Nizza viene rinvenuto il corpo martoriato di una ragazza di colore. Si pensa a un delitto a sfondo sessuale, ma chissà, forse le cose non stanno così: qualche tempo dopo se ne ritrova un altro, che presenta strani sintomi, come di ustioni. Nel frattempo nel mare antistante quella costa sono comparse delle mostruose meduse di una specie non nota agli scienziati e dai comportamenti sor- prendentemente intelligenti, onde è facile attribuire a loro la responsabilità di quelle morti misteriose; e il poliziotto incaricato delle indagini è ben lieto di individuare tale causa e considerare il caso chiuso. Ma le cose non stanno così… Certo, questa presenza genera angoscia nella popolazione, e soprattutto in coloro che sono dediti ai mestieri del mare. Queste meduse sono imprendibili e mostrano delle capacità di reazione stupefacenti ad ogni minaccia di cattura od uccisione. Ma altrettanto incombente è la presenza in porto di una meganave da crociera, anch’essa misteriosa: non si sa bene che ci stia a fare là, ferma forse per lavori che però non si eseguono mai. E il suo armatore, il torbido Arcano, miliardario dai molti vizi, dalle molte perversioni e dai molti segreti, circondato da una piccola corte di manutengoli e complici, si staglia sempre più come la personificazione del Male… L’intrigo è veramente… intrigante! I personaggi, buoni e cattivi, sono rappresentati a tutto tondo e a vividi colori. Non mancano pagine intrise di estrema violenza, ed altre di struggente dolcezza. I colpi di scena si susseguono a un ritmo che talvolta toglie il fiato. Ed alla fine – che non è il solito happy end – si ha voglia di ricominciarne da capo la lettura. Renato Ferraro