Eugenia - European School of Trieste

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Eugenia - European School of Trieste
Eugenia
I L M ISTERO DI V ILLA G EIRINGER
Da molti anni i signori Geiringer tenevano gli oggetti
preziosi di famiglia in una cassaforte. Mi ero sempre
stupito che nessuno avesse mai provato a rubare nulla:
la famiglia Geiringer era molto facoltosa e il castelletto
in cui abitava abbondava di quadri d’autore, gioielli,
argenterie e fini porcellane. Nulla aveva mai turbato la
loro tranquilla esistenza, fino a ora: era la notte del 24
febbraio 1902, quando la signora Morpurgo, moglie
dell’ingegner Geiringer, mi chiamò, disperata,
dicendomi di aver trovato la cassaforte vuota.
Corsi di prima mattina al castello dei Geiringer in
compagnia del mio fedele braccio destro, il dottor
Mortimer. Quando andai a ispezionare il luogo del furto
notai subito che la cassaforte era stata scassinata. Sul
pavimento erano chiaramente visibili delle impronte di
scarpe infangate. La mia attenzione si concentrò sul
loro aspetto: c’erano evidenti tracce bianche, di sale,
in superficie. Arguii quindi che chi aveva indossato
quelle scarpe doveva essersi trovato in una zona
paludosa e salmastra.
La signora Morpurgo, impeccabile nell’aspetto, lucida
e imperturbabile nonostante la nottata insonne, ci
raccontò che all'interno della cassaforte non vi erano
solo diamanti e gioielli di inestimabile valore, ma era
custodita anche una chiave preziosa che apriva la
porta di un passaggio segreto sotterraneo che dalla
villa conduceva fino al canale Ponterosso
Chiesi immediatamente di andare a ispezionare quel
passaggio che, fortunatamente, era aperto; all’interno,
si percepiva acutamente un odore stantio, acre,
melmoso. Toccai il terreno e lo annusai, notai che la
sua composizione corrispondeva al fango delle
impronte. Mortimer mi chiese come sarebbe mai potuto
entrare il ladro nel castello senza possedere la chiave.
La risposta era molto semplice: c’era un complice
all’interno del castello. Ma chi? Non riuscivo a darmi
pace; ma, considerata l’ora tarda, mi congedai e
insieme al mio aiutante mi diressi verso il nostro
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modesto appartamento che si trovava nei pressi del
canale di Ponterosso.
Quella notte, come tutte le volte che cerco di risolvere
un caso, mi sedetti sulla poltrona vicino alla finestra
per riflettere; a un certo punto vidi qualcosa luccicare
in mezzo all’acqua del canale. Svegliai subito Mortimer
e andammo insieme a vedere. Complice la luce di una
lanterna intravidi nell’acqua una sagoma umana: decisi
pertanto di tuffarmi e portai in superficie un cadavere
che stringeva tra le dita della mano destra l’oggetto
luccicante che aveva attirato la mia attenzione.
A fatica trasportammo il cadavere nel nostro
appartamento e lo esaminammo per bene. Nella tasca
interna della giacca trovammo alcuni oggetti piuttosto
interessanti: il luccichio che mi aveva colpito proveniva
da una chiave di splendida fattura. Si trattava di certo
della chiave rubata. Inoltre trovammo alcuni gioielli,
nonché la carta d'identità del cadavere, che
decidemmo di portare il giorno dopo a villa Geiringer,
nonché alcuni frammenti di una lettera. Ricostruendo
la missiva, si riusciva a decifrare: ”Dopo averla letta,
strappa la lettera. Troviamoci a mezzanotte alla fine
del passaggio”. La firma era costituita dalle iniziali O.S.
Il giorno seguente alle otto in punto di mattina ci
trovammo davanti al cancello della villa, ansiosi di
riferire le notizie emerse grazie al ritrovamento del
corpo.
Quando ci aprirono la porta, per prima cosa
consegnammo i gioielli a Eva, che li riconobbe, ma
purtroppo non c’erano tutti: ci disse che mancavano
ancora il diadema e altre due collane preziose. Le
consegnammo inoltre la carta d'identità del cadavere:
si trattava di Vince Grimpinmire, marito della
governante di casa Geiringer.
Andammo a interrogare la signora Grimpinmire.
Riuscimmo a carpirle poche informazioni: le iniziali
O.S. potevano corrispondere a Olivia Smith, una sua
amica che, ritiratasi recentemente dal lavoro di
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governante, viveva in una villetta in Carso.
Senza esitare, partimmo subito verso la dimora della
misteriosa signora. All'una circa eravamo davanti al
cancello della casa che, a prima vista, pensammo
essere abbandonata se non fosse stato per il fatto che
usciva fumo dal camino. Quando bussammo al portone
principale ci aprì una giovane ragazza magra e pallida.
Il suo volto era tumefatto, doveva aver subito
un’aggressione.
Ci fece accomodare nella sala da pranzo e non fornì
giustificazione alcuna del suo aspetto. Iniziammo a
interrogarla. Conosceva la famiglia Grimpinmire sin da
quando era bambina, ma ci raccontò anche che il
padre del signor Vince aveva incastrato il suo dopo
una rapina, da quel momento i rapporti con la famiglia
Grimpinmire si erano interrotti.
Tutto questo ci fece ovviamente pensare che la morte
del signor Vince fosse una semplice vendetta. Le
chiedemmo dove si trovava durante la notte
dell'omicidio. Ci rispose che aveva trascorso la nottata
in una discoteca del Friuli: molte persone l’avevano
vista e avrebbero potuto fornirle un alibi.
Non sapevo davvero che pensare, quando notai in un
angolo della stanza una scrivania. Sopra di essa, alla
rinfusa, erano accatastate delle lettere scritte con lo
stesso inchiostro e la stessa calligrafia con cui era
stata redatta quella trovata nella tasca del signor Vince:
capii senza esitare che il personaggio misterioso
doveva essere lei e ne ebbi la prova quando mi accorsi
che erano siglate con le iniziali O.S.
La incalzai rivelandole quanto avevamo scoperto.
Scoppiò in lacrime. Ci raccontò tutta la storia: disse
che la signora Grimpinmire aveva preso la chiave per
aprire il passaggio segreto a Vince che, rubati i
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diamanti e gli altri oggetti preziosi, era scappato
attraverso il passaggio sotterraneo fino al canale.
L’incontro per la divisione del bottino avrebbe dovuto
aver luogo lì, ma Ortenzia, pur complice, non riusciva
a tollerare l’ingiustizia subita dal padre e approfittò
dell’occasione per vendicarsi, uccidendo il signor
Grimpinmire.
Il movente era banale: il signor Grimpinmire aveva
dilapidato tutti i suoi averi tra bevute e scommesse.
Era sommerso dai debiti e la moglie non voleva più
subire il suo modo di vivere. Aveva pertanto progettato
il furto per poter pagare i debiti del marito e Olivia le
aveva garantito la sua complicità.
Ancora una volta un caso difficile e nebuloso era stato
risolto. Nel nostro modesto appartamento sul canale,
Mortimer e io brindammo con lo champagne
all’ennesimo successo. La ricompensa non era
sufficiente a garantirci un alloggio più appropriato, ma
assaporando un Dom Perignon di ottima annata,
incantati dal panorama che ci veniva offerto da quel
tardo pomeriggio settembrino, mentre l’acqua del
canale si tingeva di sfumature rosate e in cielo alcune
nuvole bluastre incontravano l‘arancio del tramonto, ci
sentivamo felici e vittoriosi.
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