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ALBERT CAMUS LO STRANIERO Introduzione di Roberto Saviano Traduzione di Sergio Claudio Perroni I LIBRI DI ALBERT CAMUS Introduzione di Roberto Saviano Copyright © 2015, Roberto Saviano Titolo originale L’ETRANGER ISBN 978-88-452-7763-4 © 1942 Gallimard © 2015 Bompiani/RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8 - 20132 Milano I edizione Grandi Tascabili Bompiani febbraio 2015 Introduzione di Roberto Saviano Albert Camus in questi anni mi è stato accanto mentre mangiavo, dormivo, scrivevo. Accanto mentre mi disperavo. Accanto mentre cercavo brandelli di felicità. Era accanto a me quando sono stato troppo frettoloso in un giudizio, consigliandomi di rallentare, di riflettere meglio, di ponderare le mie parole, di pesarle. Accanto a me mentre tenevo il punto contro l’idiozia estremista, in un’Italia che spesso fa dell’estremismo di maniera scudo, appartenenza, bandiera. Era vicino, silenzioso, costante ombra, amico gradito a cui poter chiedere cose e da cui poter ancora ottenere risposte. È così che accade quando scegli di dialogare con uno scrittore, e non importa che sia morto quasi vent’anni prima che tu nascessi. Albert Camus ha misurato palmo a palmo il territorio in cui si muove un narratore, il suo limite doloroso e la sua grazia, ovvero le parole. Parole che non sconfiggeranno la fame, che non salveranno vite, che non uccideranno virus, ma lo scrittore non “lavora”, non “agisce” 5 sul potere, piuttosto sulla responsabilità. Tutte le parole e i racconti possono, e in modo imperscrutabile, intervenire nelle coscienze e quindi in diverse misure prendere parte alla danza del mondo che sia indignazione, piacere o riflessione. Camus sa che tutto ruota intorno a questo: responsabilità e ragionamento. Sarà impossibile migliorare il mondo – è la razionale presa d’atto – ma si potranno migliorare le vite delle persone che entrano in contatto con noi, e quindi quell’impossibilità come postulato può cadere. Tutte le azioni hanno un significato e un peso specifico. Tutte le parole. Camus è uno dei pochi scrittori di cui approvo ogni scelta, ogni dichiarazione, ogni presa di posizione. Anche quando la sentivo distante, non coerente, poi la trovavo vera nel suo errore, coraggiosa nell’incoerenza, vicina alla vita e non a una visione totale che tutto vuole spiegare ma a nulla partecipa davvero. La sua scrittura è sempre stata lucida come le sue azioni. Dalla prima all’ultima parola. Dalla prima all’ultima dichiarazione. Dal suo lavoro di “cronista” in Algeria, all’abbandono dell’Unesco quando nell’onU entra la Spagna guidata da Franco. Dalle critiche al Soviet, alla rottura con il Partito comunista francese. Inevitabile. Obbligata. Intelligente. Giusta. Per un intellettuale che parlava di tutto il genere umano, che tendeva all’unità e non alla separazione, quell’allontanamento fu inevitabile. Con tutti i suoi difetti, pensavano gli intellettuali comunisti suoi coevi, l’Urss comunque rappresenta un’alternativa di giustizia sociale, e con tutti i suoi aspetti positivi il 6 capitalismo invece sarà sempre l’alternativa dell’ingiustizia. Camus non cade nella trappola, non si lascia ridurre a una scelta tra due contendenti, non si arruola in una compagine perché l’altra appare migliore. Camus sceglie, sceglie sempre. Non ci sono mali peggiori da evitare, non prese di posizione da difendere, ma scelte da condividere, da valutare, per comprenderne davvero la validità, per essere certi che non si proceda per abbagli, o peggio, per dogmi. La vita di Albert Camus è un romanzo che è possibile leggere in tutte le sue opere, vere e proprie tessere di un prezioso mosaico. Da Lo straniero a Il primo uomo, da quella prima, diretta sintesi dell’esistenza, all’ultimo libro pubblicato postumo e incompiuto. Francese nato in Algeria. Francese che vive tra francesi d’oltremare. Francese che vive tra arabi. Francese che vive tra arabi che percepiscono le sue origini europee come un privilegio; eppure francese che proviene da una famiglia umile, di lavoratori. Camus nella sua vita si sentirà straniero sempre e per tutti. Straniero in Algeria perché privilegiato, straniero tra francesi perché proveniente da una famiglia di pieds-noirs. Ma straniero anche e soprattutto per la sua condizione di uomo; quindi, in definitiva, straniero tra stranieri. In Camus convergono quelle eccezionali condizioni di vita che rendono un uomo capace di vedere ciò che altri non riescono a vedere. Camus riesce a comprendere quanto l’uomo sia alieno a se stesso e riesce allo stesso tempo a non essere schiacciato, annichilito da questa presa di co7 scienza, tutt’altro, riesce a capire che è condizione essenziale perché la vita abbia dignità. Non gli perdoneranno mai, amici fraterni e amici postumi, la freddezza con cui ha affrontato il dramma algerino. Lui era un piede nero e percepiva chiaramente come l’indipendentismo algerino legittimo, e che lui considerava legittimo, stesse travolgendo i francesi algerini che erano soprattutto lavoratori, artigiani, e non l’esercito bianco e oppressore. Si oppose alla Guerra d’Algeria, alla pena di morte per gli indipendentisti, ma non sopportò mai l’ideologia del fln (Front de libération nationale) algerino che vedeva nella Francia il nemico, in una Francia generica, come categoria in sé, rivolgendo la propria ira verso i francesi più prossimi, quelli fisicamente presenti in Algeria. Ecco perché fu freddo nell’abbracciare le lotte di quegli anni per l’indipendentismo e la superficialità comunista dell’epoca e di oggi lo definisce per questo reazionario, senza comprendere che talvolta leggere, informarsi attraverso cronache e giudicare a distanza, non è il miglior modo per comprendere la complessità delle rivolte, le loro ragioni e i loro torti. Il bene e il male è difficile che stiano unilateralmente da una sola parte e le divisioni manicheiste in bianco e nero, buono e cattivo, giusto e ingiusto, vittima e carnefice tanto semplici da digerire, spesso sono altrettanto false e non spiegano in alcun modo la complessità della vita. Camus, del resto, fece parte del Partito comunista algerino dal quale fu cacciato per il suo “anticolonialismo” e sognava un’Algeria aperta ai francesi, ai lavoratori francesi che contribuiro8 no a costruire il Paese. Sognava un sistema egualitario, fraterno. A Stoccolma, nel 1957, in occasione della consegna del Premio Nobel, Camus partecipò a un incontro con giovani studenti. In quell’occasione uno studente algerino lo aggredì verbalmente e lui pronunciò, in risposta, una frase per cui la stampa francese di sinistra letteralmente lo crocifisse: “Amo mia madre e la giustizia, ma fra mia madre e la giustizia scelgo mia madre.” Fu un fuoco d’artiglieria di attacchi, l’informazione arriva prima se è polemica e molto dopo se è ragionamento, approfondimento, quindi scivolando in superficie, di questa frase vinse l’interpretazione dello scrittore imperialista amico degli invasori. Quello che Camus voleva dire era: se credete sia ingiusto che mia madre, perché francese ma da sempre modesta e lavoratrice, viva laddove ha sputato sangue e sudore, allora io sto con mia madre e contro la vostra giustizia. Le Monde generò un caso internazionale, ma anche in quell’occasione Camus si mostrò onesto. Onesto nel suo sentire e nel suo valutare. Non ritrattò, non occhieggiò. Onesto significa che pur non trascendendo la sua situazione, la valutava con sguardo maturo e ne fece questione di giustizia generale e non di giustizia di parte. Chi leggerà Lo straniero per la prima volta si renderà conto di come la lingua sia una conquista, e lo capirà anche leggendolo in traduzione. Per Camus scrivere è stata una forma di liberazione vera. Figlio di lavoratori, sarà abituato lui stesso a grandi sacrifici e detesterà sempre l’ideologia come macchina 9 di giustizia perché troppo distante dalla vita reale. Chi ha soldi non ha bisogno di possederne, facile rifiutare denaro, lavoro, compromessi e immolarsi all’arte quando si ha denaro. Camus insegna la strada dell’equilibrio, qui sta la sua saggezza, niente di più lontano esiste da quel “filosofo da liceali”, definizione che utilizzò per lui Jean-Jacques Brochier, per indicare l’estrema semplicità e in fondo anche la futilità del pensiero asistematico di Camus. Camus è straniero a tutto. Alla sua terra d’Algeria che lo considera straniero, alla Francia che lo considera algerino, ai comunisti che lo considerano un reazionario, ai conservatori che lo considerano un comunista. La sua estraneità lo rende cittadino della riflessione continua. Vale la pena vivere? Se sì perché? È questa l’unica domanda a cui ogni sua pagina cerca di rispondere. La lettura per il giovane Albert nella Algeria degli anni ’30 e ’40 (nel 1940 si trasferirà in Francia), in quei quartieri roventi di caldo e di polvere, diventa l’unico strumento per sentirsi più di quello cui la realtà lo riduce: più non in relazione agli altri, ma rispetto a se stesso, alle proprie origini, alla propria condizione. E la lettura è l’unico strumento che ha per capire cosa stia succedendo. Leggere significava vivere la propria vita con un’artiglieria diversa, in grado di sopportare, di trasformare, di volere. La lettura gli fa reggere una delusione amara, l’esclusione dall’insegnamento perché malato di tubercolosi. Ancora una volta, nella sua vita, è costretto a sentirsi straniero, straniero persino alla professione 10 per cui si era formato. Così inizia a scrivere reportage a sfondo sociale che gli valgono l’allontanamento da ogni redazione algerina. È scrivendo reportage, lavorando per riviste e quotidiani locali, che Camus inizia a capire che forse la parola, quella scritta, può entrare nelle maglie della società e forzarle. Che la parola può cambiare il destino di un tempo e il destino di alcune persone. E quando nel ’42 pubblica Lo straniero decide di fissare in volto il più complesso dei temi: l’estraneità dell’uomo alla società, all’universo intero. L’incolmabile e insanabile solitudine dell’uomo. Ma parole come solitudine ed estraneità rischiano di divenire concetti troppo astratti perché si possa dare concretezza a quelle che sembrano solo sensazioni. Ecco, appunto, a parlarne sembra piuttosto che dobbiamo affidarci alla comune appartenenza al genere umano, perché possiamo capirci e trovare un terreno comune. Ma per Camus non è così, non si tratta solo di sensazioni, ma di rendere tutto profondamente concreto e ne Lo straniero riesce a dare una rappresentazione plastica di cosa sia l’estraneità. Di cosa voglia dire essere straniero nel luogo in cui vivi, straniero tra gli uomini, straniero per te stesso, straniero per l’universo. Insomma, quando leggi Lo straniero, quando leggi del suo protagonista che per puro caso ammazza un arabo, quando leggi come tutto avvenga per fatalità, ti accorgi che Camus è riuscito in un’impresa impossibile: quella di descrivere l’esistenza come qualcosa che accade. È riuscito a descrivere come sia possibile sentirsi soli pur nel rumore dell’umanità, pur nascendo da es11