Il modello tedesco

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Il modello tedesco
■ Modelli organizzativi e politiche di affiliazione in Europa
Il modello tedesco
Maria Paola Del Rossi*
Premessa
Il modello sindacale tedesco deve la sua specificità al coniugarsi di due elementi
fondamentali: codecisione e coinvolgimento dei sindacati e dei lavoratori nelle strategie d’impresa, investimenti di prodotto e di formazione e una forte azione rivendicativa del sindacato90. Il cosiddetto «Modell Deutschland», sviluppatosi a partire
dal 1945, che da un punto di vista organizzativo si traduce nella prevalenza dei grandi sindacati unitari articolati prevalentemente secondo il modello dell’organizzazione industriale, prevede infatti un sapiente mix bilanciato di forza economica e produttiva industriale, crescita, coesione sociale e alti salari reali. Elemento cardine delle relazioni industriali è invece il concetto della Mitbestimmung che si riferisce a due
tipi fondamentali di partecipazione o codecisione: quella al livello di consigli di fabbrica e quella a livello di strategia d’impresa. Infatti, la legislazione sulla Mitbestimmung sviluppatasi tra il 1951 e il 1976, è articolata in modo diverso a seconda della grandezza dell’impresa e della natura del settore dove essa opera (pubblico o privato). La cogestione a livello di consigli di fabbrica fa parte di una più larga serie di
diritti del lavoro garantiti nella Betriebsverfassungsgesetz, ossia la legge che regola la
collaborazione fra datori di lavoro e la rappresentanza eletta dei lavoratori; pertanto
la legge regola la formazione e l’elezione dei consigli di fabbrica, i loro rapporti con
i datori di lavoro e, soprattutto, diritti e doveri di ciascuna controparte.
Cogestione, codecisione e tesseramento
La cogestione a livello di strategia d’impresa è, invece, regolata da una legislazione
che si affianca temporalmente a quella sulla codecisione a livello di consiglio di fabbrica e in qualche modo la estende e viene approvata nel 1976 e stabilisce che ogni
impresa con più di 2000 dipendenti deve introdurre la Mitbestimmung, cioè la rap-
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Fondazione Giuseppe Di Vittorio.
Cfr. Jacopo Pepe, Il «sistema» tedesco fra globalizzazione e Mitbestimmung, in Quaderni di rassegna
sindacale, n. 1, 2011.
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presentanza paritetica dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza91. Allo stesso tempo il modello tedesco di cogestione e codecisione è basato su una contrattazione decentrata regionale e per settori produttivi e nella singola fabbrica, tuttavia è in uso la
prassi della unitarietà del contratto (Tarifeinheit): con ciò si intende la pratica diffusa di riconoscere quale piattaforma valida di discussione e trattativa la sola presentata dal sindacato più rappresentativo nella fabbrica.
Questa impostazione ha avuto un ruolo cardine nel far affermare nel lungo periodo la forza e la rappresentatività del sindacato tedesco. Infatti, analizzando i dati
di iscrizione si è registrata dal secondo dopoguerra sino ai primi anni ottanta una
costante crescita; e se nel 1950 il numero di iscritti era pari a 5,4 milioni, nel 1981
si raggiungono 7,9 milioni di tesserati. Tale tasso di sindacalizzazione è rimasto inalterato per tutti gli anni ottanta e la stessa riunificazione tedesca del 1991 ha avuto
un impatto positivo sulla sindacalizzazione e il numero delle iscrizioni92.
Tuttavia negli ultimi dieci anni – seguendo una tendenza a livello europeo – la stessa Germania ha scontato un declino nel tasso di sindacalizzazione di circa il 20%, che
solo recentemente si è stabilizzato93. Tale inversione di tendenza si è registrata nonostante la Dgb continui a basare la sua forza su una posizione di monopolio e su un
forte radicamento istituzionale nell’ambito del sistema delle relazioni industriali, fondato ideologicamente sul sistema della collaborazione tra le parti sociali. Inoltre, la rappresentanza istituzionale nella contrattazione collettiva e il sistema di Mitbestimmung
dei consigli d’impresa, indipendenti, ma di fatto dominati dai sindacati, hanno contribuito a ridurre la concorrenza tra le diverse organizzazioni e a rafforzare la tutela degli interessi degli iscritti sui luoghi di lavoro. Questo mantenimento di forza del sindacato è inoltre favorito dal fatto che la maggior parte dell’organizzazione è sul territorio e permette il reclutamento da parte dei delegati nei punti di accesso alle aziende
sindacalizzate «oppure quando si minaccia uno sciopero». La riforma del mercato del
lavoro avviata da Shröder e il mutamento strutturale nella composizione della stessa
forza lavoro hanno però di fatto, a partire dalla fine degli anni novanta, contribuito
a tale processo. Infatti, la concorrenza instauratasi nell’ultimo decennio tra i sindacati ha incrinato il monopolio della Dgb e il principio del sindacalismo industriale, in
cui ogni sindacato rappresenta un singolo settore.
91 Dal 2004, attraverso una nuova legge di estensione da parte del governo Schröder, ogni impresa con
500 dipendenti deve introdurre una forma di Mitbestimmung senza tuttavia pariteticità nella rappresentanza (solo un terzo dei posti nel consiglio di sorveglianza è assegnato ai rappresentanti dei lavoratori).
92 Cfr. Martin Beherens, I sindacati tedeschi dopo un decennio di riduzione degli iscritti, in Quaderni di
Rassegna sindacale, n. 3, 2002.
93 Il tasso di sindacalizzazione, se nel 1990 era pari al 29,9%, nel 2004 era pari a circa il 22%. Cfr. J.
Visser, Germany, in B. Ebbinghaus, J. Visser (eds.), The societies of Europe. Trade Union in Western Europe since 1945, 2000 e Wsi, Tarifarchiv in www.boeckler.de.
La posizione dei sindacati è stata indebolita in seguito dalla costante diminuzione dei consigli d’impresa nei luoghi di lavoro, dalla decentralizzazione della contrattazione collettiva e dall’erosione del potere di contrattazione, causata dal diffondersi delle clausole di uscita dagli accordi collettivi varati nelle aziende, che le esentano dalle condizioni stabilite dai contratti collettivi di livello superiore.
A fronte della diminuita stabilità dei sindacati, anche in Germania si è dunque
proceduto a un processo di revisione organizzativa che ha portato alla fusione di diverse organizzazioni sindacali, tanto che in 10 anni le organizzazioni affiliate al Dgb
si sono ridotte da 17 a 8. Un caso emblematico al riguardo è rappresentato dalla fusione tra cinque sindacati esistenti nel settore privato e nel pubblico impiego nel
2001, i Ver.di, nata come strategia di rivitalizzazione e come reazione difensiva dinanzi alle crescenti difficoltà finanziarie e organizzative. Questa strategia ha avuto
effetti diretti anche sul processo di sindacalizzazione, che ha reso necessario affiancare ai precedenti metodi di organizzazione degli iscritti, delegati di fatto ai consigli
di fabbrica, nuove strategie di reclutamento. Inoltre tale rinnovamento e adattamento ai mutamenti strutturali dell’occupazione è passato anche attraverso la promozione di iniziative a livello locale e regionale.
Lo stesso lavoro atipico e la sua tutela è divenuto parte integrante della strategia
per rafforzare il suo potere associativo. A proposito significativa è l’attività svolta da
Ver.di che ha contribuito a migliorare la gestione degli atipici. Allo stesso tempo sono stati istituiti a riguardo dei «circoli di lavoratori» e piattaforme Internet per aumentare e agevolare la partecipazione da parte degli interinali e vengono realizzate
delle campagne volte ad arginare gli abusi nel lavoro interinale.
Un metodo innovativo è poi rappresentato dal monitoraggio dei comportamenti di adesione e il ricorso a centri servizi integrati nel centro della città per attrarre
nuovi iscritti tra i passanti, fornendo informazioni, consigli e consulenze riguardo a
domande su tematiche inerenti al mercato del lavoro.
Conclusioni
Tuttavia, nonostante questi metodi innovativi, compreso l’utilizzo di sms in sostituzione del volantinaggio, le iniziative dei Ver.di per gestire i lavoratori dei nuovi settori privati dei servizi sono in larga parte basate sui consigli d’impresa e sulla
contrattazione collettiva. Per esempio nel caso dei call center si è data priorità alla
negoziazione di accordi collettivi per regolamentare le condizioni lavorative e retributive. Nel 2004 lo stesso sindacato ha avviato una campagna contro la catena
di discount Lidl per le retribuzioni basse e le condizioni di lavoro inadeguate, il cui
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Contrattazione e sindacalizzazione
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obiettivo finale era la costituzione del consiglio d’impresa. Ciò rientra all’interno
dell’attivismo promosso dai Ver.di per ampliare il proprio bacino di utenza ai lavoratori autonomi; in seno ad esso infatti esistono una loro rappresentanza apposita e una sezione dedicata. Inoltre, vengono forniti ai lavoratori atipici i servizi
fondamentali, come l’offerta di consulenza legale, rappresentanza dinanzi ai tribunali del lavoro, formazione, istruzione ed una serie di prodotti assicurativi. La gestione degli autonomi tuttavia è resa più difficile dal fatto che non sono rappresentati nei consigli d’impresa, i quali costituiscono anche il principale strumento
di reclutamento degli iscritti in Germania. Una strada questa percorsa dalla stessa
unione industriale, Ig Metall, che si è mobilitata per istituire consigli d’impresa nel
settore delle agenzie di lavoro temporaneo e regolamentare il lavoro atipico con accordi collettivi 94.
Questo approccio è mirato in particolar modo a coinvolgere quei soggetti che
non fanno parte del bacino tradizionale del sindacato, dunque è rivolto a quei lavoratori non solo atipici, ma anche a coloro che lavorano in nuovi settori o ad esempio verso la fascia di lavoratori molto qualificati o all’inverso non qualificati.
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K. Vandale, J. Leschke, Seguire l’organising model dei sindacati britannici? L’organizzazione dei lavoratori atipici in Italia e Germania, in Economia & Lavoro, n. 3, 2009.