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Progetto “La Piazza Itinerante”
“Interventi regionali in favore della popolazione dei territori montani a sensi L.R.
25/2007 – Anno 2008”
Censimento socio-economico del territorio attraverso la raccolta di dati
quantitativi e qualitativi dell’attività agricola nell’Alta Val Tidone, a cura
dell’Associazione Culturale ChiCercaCrea
1. INTRODUZIONE
La fase di censimento delle aziende agricole presenti nei comuni di Valverde, Zavattarello
e Romagnese è stata avviata a partire da novembre 2009 ed è terminata nei primi giorni
di febbraio 2010.
La ricerca è a effettuata con il metodo dell’intervista diretta e supportate da un
questionario elaborato ad hoc al fine di fotografare la situazione attuale dell’azienda (i
prodotti, le attrezzature presenti, i laboratori certificati), gli eventuali progetti a lungo
termine e la disponibilità a partecipare alle attività future del progetto.
I nominativi delle aziende agricole sono state individuate attraverso i Comuni, per
conoscenza diretta delle intervistatrici e chiedendo agli agricoltori già intervistati i nomi
di loro “colleghi”. Per le interviste sono state scelte le aziende maggiormente dinamiche,
quelle in cui effettivamente chi ci lavora vive di agricoltura o comunque quelle
maggiormente sensibili a discorsi non convenzionali. Le aziende intervistate sono quindi
un campione rappresentativo delle attività presenti sul territorio.
La finalità del censimento è stata quella di intraprendere un percorso di conoscenza e di
dialogo con le aziende agricole: attraverso la presentazione degli obiettivi del progetto si è
cercato di sensibilizzarli stimolandoli alla partecipazione a un ciclo di seminari, alla
futura organizzazione di un mercato di prodotti locali e alla creazione di un gruppo di
lavoro dedicato alle problematiche e a eventuali alternative e proposte per un’economia
agricola che esca dall’emarginazione creatasi in questi ultimi anni.
2. AZIENDE INTERVISTATE
Le aziende agricole intervistate, suddivise per Comuni, sono le seguenti: Valverde n.8,
Zavattarello n.14 e Romagnese n.9.
Aziende agricole intervistate per Comune
Valverde
26%
Romagnese
29%
Zavattarello
45%
Valverde
Zavattarello
Romagnese
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La presenza di aziende agricole su un territorio come questo, votato all’agricoltura e ad
un’economia rurale in genere, è molto scarsa e le motivazioni trovano sono da ricercarsi
nella storia economica degli ultimi sessant’anni.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’avvento e lo sviluppo della società industriale, si
sono verificati cambiamenti radicali inerenti al modo di vivere e lavorare nel nostro
territorio.
L’agricoltura tradizionale, punto cardine della società contadina, è stata abbandonata
perché non più remunerativa, lasciando spazio a quella di tipo intensivo che ha stravolto
profondamente l'economia rurale.
L’agricoltura moderna si è affermata attraverso l’introduzione della meccanizzazione
agricola, dell'impiego di pesticidi e fertilizzanti chimici, delle sementi selezionate e di
poche colture prevalenti coltivate con la tecnica delle rotazioni e del grande
appezzamento.
Queste innovazioni agrarie hanno portato ad un forte sconvolgimento del delicato
ecosistema agricolo provocando una serie di conseguenze a livello di organizzazione e di
diversificazione aziendale.
A livello ambientale si osserva quindi una generale uniformazione e appiattimento delle
campagne: nell’ottica della funzionalizzazione dello spazio si sono eliminati alberi, siepi e
fossati provocando gravi ripercussioni sia a livello di fauna locale, privando gli animali
dei loro habitat spontanei, che a livello geologico, rimuovendo quegli elementi naturali
che offrivano sostegno al terreno, limitandone i rischi di cedimenti e frane.
La pendenza dei terreni, l'altitudine, la frammentazione, la specificità dell'ambiente
ecologico hanno escluso quest’area montana dai centri della produzione e, nel tentativo
di far parte di questo mercato sempre più centralizzato, il territorio si è trovato a fare i
conti con strategie di produzione che non potevano competere con forme di agricoltura
intensiva, rimanendo così legato a tecniche da considerare "arretrate" rispetto a quelle
praticate in ambienti che si concedevano più facilmente all'uomo.
La produzione qui è caratterizzata da una fatica che non può essere riconosciuta e
ripagata in relazione all’economica imperante, ne consegue un processo di svalutazione
economica e culturale che negli ultimi 50 anni ha portato all’emigrazione e al progressivo
abbandono dell’attività agricola, convogliando numerosi giovani agricoltori verso nuove
forme di reddito, spesso esterne all’economia locale.
Quindi, seppur il numero delle aziende agricole sia limitato, il lavoro svolto è risultato
molto interessante e vario: abbiamo incontrato storie di vita differenti e diversi modi di
condurre l’attività agricola ed è per questo che non ci è permesso di fare statistiche
generali ma solo delle semplici e significative considerazioni.
3. DATI EMERSI DAI QUESTIONARI SOTTOPOSTI
3.1 GLI AGRICOLTORI INTERVISTATI
Una parte delle aziende sono condotte da persone ultrasessantenni, sovente in pensione,
che decidono di continuare l’attività per affetto personale, per grande passione oppure
solo come passatempo quotidiano. Queste persone che hanno vissuto il grande
cambiamento del mondo agricolo negli ultimi cinquant’anni, vivono spesso opposti
sentimenti: da un lato la malinconia dei ricordi di quando la terra era ben curata, di
quando l’intera famiglia si dedicava e condivideva i lavori, di quando il paese era abitato.
Dall’altra la consapevolezza che “d’agricoltura oggi non si può campare” e quindi il loro
affettuoso consiglio, rivolto ai propri figli e ai giovani in genere, rimane di trovare altro da
fare, di andarsene via alla rincorsa della vita ricca e agiata di città. Alcuni di loro sono
stanchi di parlare d’agricoltura e credono che la loro azienda morirà con loro; altri si
sono dimostrati interessati a trasmettere il loro sapere e si sono detti disposti a
partecipare agli incontri che il progetto prevede.
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Poche aziende sono condotte da giovani e meno giovani, per alcuni di loro si tratta di un
secondo lavoro che a volte portano avanti per passione e tradizione, continuando l’attività
di una vita dei propri genitori. L’innovazione in questi casi è già avvenuta o comunque
hanno idee di cambiamento per il futuro. Spesso infatti hanno aumentato e integrato il
lavoro, accrescendo il numero degli animali e realizzando percorsi di filiera che gli hanno
permesso di avere altri prodotti per la vendita. Si sono dimostrati interessati alla
partecipazione agli incontri, a volte manifestando dubbi riguardo possibili collaborazioni
e cambiamenti, ma con tutta la voglia di provarci. Cercheranno di essere presenti anche
se il lavoro è sempre tanto.
In altri casi i giovani sono titolari dell’azienda solo nominalmente poiché svolgono a
tempo pieno o quasi un’attività in un altro settore. Il lavoro è svolto dai genitori e nella
maggior parte di questi casi né l’innovazione né il mantenimento sembra avere per loro
molta importanza.
Altri giovani hanno invece intrapreso da poco tempo un’attività in agricoltura con
un’azienda avviata ex novo, che però spesso resta solo secondaria a causa delle difficoltà
ad entrare nel mercato e alla mancanza di liquidità per la realizzazione di investimenti
aziendali. Questi ovviamente esprimono interesse e passione per il lavoro agricolo e
spesso propongono idee innovative e attività da affiancare a quella agricola (agriturismo,
fattoria didattica). Condividono molte esigenze che a nostro parere il territorio esprime e
appoggiano il lavoro che l’associazione sta portando avanti.
GRAFICI DELLE AZIENDE INTERVISTATE, SUDDIVISE PER COMUNI E PER ETÀ
Comune di Valverde
Titolari sopra i
65 anni
25%
Titolari sotto i 40 anni
Titolari sotto i
40 anni
17%
Titolari dai 40
ai 65 anni
58%
Titolari dai 40 ai 65 anni
Titolari sopra i 65 anni
Comune di Zavattarello
Titolari sopra i
65 anni
22%
Titolari dai 40
ai 65 anni
17%
Titolari sotto i 40 anni
Titolari sotto i
40 anni
61%
Titolari dai 40 ai 65 anni
Titolari sopra i 65 anni
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Comune di Romagnese
Titolari sopra i
65 anni
0%
Titolari dai 40
ai 65 anni
44%
Titolari sotto i
40 anni
56%
Titolari sotto i 40 anni
Titolari dai 40 ai 65 anni
Titolari sopra i 65 anni
3.2 PRODOTTI DELLE AZIENDE
Molte aziende presenti allevano animali da carne, tenuti al pascolo e in stalla. Alcuni
macellano direttamente o si appoggiano a strutture esistenti, vendendo (distribuendo
?)poi direttamente la carne alle famiglie, altri vendono le bestie già ingrassate,mentre
altri ancora preparano prodotti lavorati come il salame e insaccati vari.
Nella stragrande maggioranza dei casi la terra è coltivata a cereali destinati alla
zootecnia,mentre una parte più ristretta è adibita alla produzione di frumento, mais e
orzo per l’alimentazione umana.
L’erba medica è ciò che colora il paesaggio con i suoi verdi primaverili e violetti di fine
estate; resta il foraggio re dell’alimentazione della grande industria zootecnica, che viene
poi esportato in pianura.
La frutta viene coltivata da pochi agricoltori come forma di integrazione del reddito e di
solito è presente nell’orto di tutti: i frutteti non mancano anche se restano per lo più una
risposta alla passione di chi li coltiva per l’economia famigliare. Spesso e volentieri la
pomella delle grandi e vecchie piante disseminate fra i campi neanche viene raccolta;i
frutti antichi, come prodotto da vendere, sono stati esclusi parecchi anni fa dal mercato
che non li richiedeva più, in quanto le preferenze dei consumatori andavano verso le belle
e gialle golden. non è una ripetizione?
La verdura ognuno la coltiva per sé, nel proprio orto,e solo due aziende la vendono.
Siamo sicuri che sono solo due??
I prodotti derivanti dalla lavorazione di ortaggi e frutta presenti, quali marmellate e
conserve, sono pochi soprattutto a causa delle pesanti normative vigenti sui laboratori di
trasformazione e, di conseguenza, dell’eccessivo investimento monetario che
richiederebbero.
In un territorio ricco di boschi come questo molte sono le aziende che vendono legna da
ardere mentre solo una propone legno da opera.
Sul territorio è presente una azienda floro-vivaistica che offre fiori e piantine sia da
giardino che da orto, con alberi da frutta di varietà commerciali e anche di varietà locali
tradizionali.
La cura degli alveari e la produzione di miele ha sempre rappresentato una attività
famigliare: molte sono le persone che possiedono poche arnie e producono per loro
consumo. Solo per poche aziende l’apicoltura è una fonte di reddito e a fianco
dell’estrazione del miele troviamo anche la raccolta e la preparazione degli altri prodotti
dell’alveare.
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PRODOTTI DELLE AZIENDE, SUDDIVISI PER TIPOLOGIA E COMUNI
Prodotti delle aziende agricole Comune di
Valverde
Farina
Verdura
Erba medica
Erba medica
Frutta
Cereali
Legna da ardere
Legna da opera
Cereali
Salumi
Carne
Salumi
Carne
Legna da opera
Legna da
ardere
Frutta
Verdura
Farina
Prodotti delle aziende agricole Comune di
Zavattarello
Animali Vivi
Vivaio
Conserve
Miele
Erba medica
Verdura
Frutta
Salumi
Carne
Cereali
Legna da
ardere
Erba medica
Cereali
Legna da ardere
Carne
Salumi
Frutta
Verdura
Miele
Conserve
Vivaio
Animali Vivi
Prodotti delle aziende agricole Comune di
Romagnese
Prato polifita
Tartufi
Erba medica
Verdura
Erba medica
Cereali
Legna da ardere
Carne
Verdura
Carne
Tartufi
Legna da
ardere
Cereali
Prato polifita
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3.3 ATTREZZATURE E MACCHINARI
Nell’ottica di creare una forma di cooperazione fra gli agricoltori, nel questionario
sottoposto si sono raccolti dati sulla presenza e l’eventuale disponibilità delle diverse
attrezzature agricole presenti in azienda, in particolari di macchine particolari, o in
quanto molto costose o perché d’uso molto limitato e specifico.
Per quanto riguarda i macchinari utilizzati nel ciclo produttivo delle varietà cerealicole
sono state trovate una mietitrebbia e una svegetatrice, quest’ultima molto importante
nella riproduzione delle sementi. La possibilità di compiere questo passaggio in azienda
da la possibilità all’agricoltore di produrre in proprio i semi di cui necessita, eliminando
l’esigenza di acquistarli sul mercato a prezzi elevati rispetto ai prezzi di vendita del
prodotto finito.
Il mulino per la macinatura dei cereali si trova frequentemente nelle aziende zootecniche
per la preparazione delle miscele per l’alimentazione del bestiame.
Riguardo alla coltivazione della patata si sono trovate una motozappatrice e gli attrezzi
per il trattore in grado di fare i solchi e di scavare le patate al momento della raccolta.
Alcune aziende agricole dispongono di grandi macchine specifiche per la movimentazione
della terra (ruspa e scavatore), utili nel recupero e nel miglioramento dei campi in zone a
dissesto idrogeologico o abbandonati da tempo.
Durante il censimento è stata chiesta la possibilità di affittare, prestare attrezzature o il
conto terzi. Spesso abbiamo riscosso risposte affermative, in altri casi la disponibilità è
stata negata a causa della scarsa disponibilità di tempo dell’agricoltore a prestare il
proprio lavoro, dei rischi che si potrebbero correre, sia per le persone sia per i mezzi, e
anche per un senso di gelosia che lega il proprietario alla sua macchina.
Attrezzature disponibili per l’affitto e il conto terzi:
• Mietitrebbia (Calghera)
• Svegetatrice (Zavattarello)
• Mulino (Valverde)
• Ruspa (Romagnese)
La possibilità di creare una rete in cui l’utilizzo di una piccola mietitrebbia sia accessibile
a diversi agricoltori che il proprietario mette a disposizione anche di altri, crediamo sia
importante per permettere la coltivazione di altre varietà cerealicole in quanto rende
fattibile la raccolta fuori stagione o anche su appezzamenti piccoli o in forte pendenza e
la possibilità di raccogliere sementi di erbe oltre che di diversificare la produzione,
Anche il mulino è un attrezzo importante nella fase della trasformazione, dando la
possibilità alle aziende di vendere un prodotto già lavorato. I numerosi mulini utilizzati
nei tempi passati nella produzione di farina per l’alimentazione umana sono stati tutti
abbandonati, oggi ne troviamo solamente pochi piccoli ed elettrici.
3.4 LABORATORI ESISTENTI
Con lo stesso obiettivo di cercare forme di collaborazione fra gli agricoltori, si è ricercata
la presenza di laboratori di trasformazione dei prodotti a norma ASL. Come già detto,
spesso le normative vigenti molto restrittive e, a volte, anche la mancanza di spazi,
rendono se non impossibile almeno molto difficile la sistemazione di stanze da destinare
esclusivamente alla lavorazione dei propri prodotti agricoli per la preparazione
di(preparare) conserve, insaccati o altro. A tal fine abbiamo cercato di individuare
laboratori già esistenti e la possibilità di essere usufruiti da terzi, seconde le
regolamentazioni esistenti e la disponibilità del proprietario. Molti laboratori sono infatti
utilizzati solo in alcuni momenti dell’anno, seguendo la stagionalità dei prodotti pronti
alla trasformazione, e spesso per lavorare solo piccoli quantitativi, rendendo difficile il
rientro del capitale investito.
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I proprietari di un piccolo macello artigianale e di diversi laboratori per la macellazione si
sono resi disponibili per l’affitto a terzi, come del resto già avviene.
Una piccola azienda metterebbe a disposizione i suoi locali adibiti alla preparazione di
marmellate, composte, passate e conserve, opportunità che è stata subito accolta da
un’altra piccola azienda interessati sono stati messi in comunicazione in modo da
arrivare ad un accordo.
Laboratori disponibili per conto terzi:
- conserve e marmellate;
- macello;
- insaccati.
Il progetto intende trasmettere queste informazioni per dare un piccolo contributo
immediato agli interlocutori che durante questa fase del censimento si sono dimostrati
cordiali e disponibili.
3.5 MODALITA’ DI VENDITA
Il foraggio ed i cereali in genere, se non utilizzati all’interno dell’azienda, sono venduti
secondo diverse modalità.
La maggior parte della aziende vende a commercianti che vengono a ritirare il prodotto in
loco e lo portano nelle grandi stalle della pianura.
Due sole aziende hanno fatto l’investimento di acquistare un camion e di vendere
direttamente.
Per i cereali spesso è lo stesso consorzio agrario, da cui ci si appoggia per l’acquisto delle
sementi, che ritira poi il prodotto maturo.
Per la vendita della carne le aziende si appoggiano ai macelli della zona, vendendo
l’animale vivo o suddiviso in quarti o mezzane per il consumo dei privati,altre hanno il
laboratorio per la macellazione e solo pochi produttori dispongono di uno spaccio
aziendale che permette la vendita al dettaglio anche di piccoli quantitativi.
Gli altri prodotti come il miele, la farina e gli insaccati sono venduti direttamente in
azienda oppure presso mercati o sagre di paese, presso negozi e rivenditori. Poche
aziende vendono nei negozi, nei ristoranti della zona oppure ai GAS.
La frutta e la verdura vengono vendute direttamente in azienda, grazie al passa parola o
alla conoscenza diretta.
Non esiste una mappa delle aziende, dei loro prodotti e dei loro spacci.
Modalità di vendita Comune di Valverde
Vendita diretta in azienda
Vendita
all'ingrosso
23%
VenditaSpaccio
tramite
intermediario
aziendale
0%0%
Vendita diretta al
mercato
15%
Consumo in
azienda
0%
Vendita diretta in
azienda
62%
Vendita diretta al mercato
Spaccio aziendale
Vendita tramite
intermediario
Vendita all'ingrosso
Consumo in azienda
7
Modalità di vendita Comune di Zavattarello
Consumo in
azienda
21%
Vendita
all'ingrosso
0%
Vendita tramite
intermediario
33%
Vendita diretta in azienda
Vendita diretta in
azienda
25%
Vendita diretta al mercato
Spaccio aziendale
Vendita diretta al
mercato
17%
Spaccio
aziendale
4%
Vendita tramite
intermediario
Vendita all'ingrosso
Consumo in azienda
Modalità di vendita Comune di Romagnese
Tramite g.a.s.
7%
Consumo in
azienda
27%
Vendita diretta
in azienda
20%
Spaccio
aziendale
13%
Vendita tramite
intermediario
33%
Vendita diretta in azienda
Spaccio aziendale
Vendita tramite
intermediario
Consumo in azienda
Tramite g.a.s.
3.6 LUOGHI DI APPROVIGIONAMENTO DELLE MATERIE PRIME
Quasi tutte le aziende agricole reperiscono le materie prime indispensabili alle loro
attività presso i consorzi agrari più vicini o che meglio rispondono alle loro esigenze e
solo poche riescono a produrre autonomamente il letame e le sementi.
Le piante da orto e da frutta per la maggior parte vengono acquistate presso i vivai della
zona; in pochissimi casi abbiamo riscontrato l’abitudine a scambiarsi marze o sementi, o
a fare innesti e a prepararsi da sé le piantine.
Presso i consorzi o i grandi allevamenti sono recuperati anche i nuovi animali,
soprattutto il pollame; per gli allevamenti di bovini il ricambio generazionale è invece
implicito nella stessa attività.
Gli alimenti per l’attività agrituristica in alcuni casi sono acquistati presso altre aziende
agricole della zona, altrimenti ci si appoggia alla grande commercializzazione.
3.7 TECNICHE AGRONOMICHE
Le modalità di coltivazione e di allevamento riscontrare nelle aziende sono, nella maggior
parte dei casi, da definirsi convenzionali. Con tale termine si intende una pratica
d’agricoltura in cui gli aspetti agronomici quali fertilità, difesa dalle avversità, parassiti o
malattie sono affrontati utilizzando preparati e sostanze chimiche di sintesi anche
sistemiche. Queste pratiche e il sistema tecnico delle rotazioni hanno segnato la
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“rivoluzione” dell’agricoltura avvenuta nell’ultimo secolo. La produttività è aumentata
enormemente, grazie anche alla contemporanea meccanizzazione.
L’agricoltura integrata invece è un sistema agricolo di produzione a basso impatto
ambientale in cui la fertilizzazione, le lavorazioni del terreno, il controllo delle infestanti e
la difesa dei vegetali sono attenti e supportati dal tentativo di mantenere il naturale
equilibrio bio-ecologico del terreno, al fine di ridurre il più possibile l’utilizzo di sostanze
inquinanti, sia per la terra che per l’alimentazione, non vietandole nei casi di estrema
necessità per ottimizzare il compromesso fra le esigenze ambientali e sanitarie e quelle
economiche.
Questa metodologia caratterizza la maggior parte delle aziende, solo alcune invece hanno
adottato il biologico, e fra queste solo alcune utilizzano la certificazione biologica da parte
di un ente specifico. Tale modalità di coltura sottintende l’utilizzo di fertilizzanti di origine
esclusivamente organica e, contro le avversità delle piante, si cerca di privilegiare la lotta
biologica (insetti utili, consociazioni..) e nei casi più difficili è consentito solo l’uso di
preparati vegetali, minerali e animali, consentiti. Alcune aziende che in passato avevano
optato per questa possibilità, non hanno più rinnovato la certificazione a causa delle alte
spese annue dovute all’ente certificatore e dell’assenza di un mercato specializzato e
attento a remunerare in modo equo il produttore. Gli imprenditori che hanno seguito tale
percorso condividono ancora la filosofia di questa agricoltura e, pur non essendo
formalmente certificati, utilizzano ancora oggi pratiche affini che potremmo definire
naturali.
3.8 PICCOLE PRODUZIONI PER IL CONSUMO FAMIGLIARE
Da quanto emerso è interessante notare che la maggior parte delle aziende possiede un
orto e un frutteto per il consumo famigliare. Le insalate, il prezzemolo, gli spinaci, i
cavoli, le cipolle, l’aglio, i pomodori e le zucchine sono sempre presenti vicino a casa,
insieme ad altre verdure e legumi. Le piantine sono per lo più acquistate, talvolta
autoprodotte.
Sulle sponde dei campi o vicino all’orto si trovano alberi fruttiferi di diverse varietà e
genere. Spesso in questi frutteti si incontrano, oltre alle varietà commerciali, anche
“cultivar antichi” di mele o pere, come la pomella genovese o la pera buttir. Queste specie
sono state salvate dall’economia famigliare in un periodo, quello degli anni 50, in cui la
maggior parte degli alberi secolari di frutta sono stati estirpati dai campi per permettere
di utilizzare al meglio le nuove attrezzature meccaniche.
Anche la vigna esiste da sempre nell’economia contadina per la produzione del proprio
vino. La sua presenza è stata riscontrata in alcune piccole aziende, mentre in altre è
stata tolta, a volte con rabbia: la grande affettività che lega il contadino, spesso anziano,
alla sua vigna e al suo vino, si è scontrata con la grande fatica della sua gestione.
Un vitigno autoctono trovato in alcune zone è il cosiddetto “rusaron”, dal quale si faceva
un vino leggero e frizzantino. Tutti gli anziani si illuminano quando sentono parlare del
loro antico vino.
Per quanto riguarda l’allevamento resta l’abitudine di possedere animali di bassa corte,
soprattutto pollame, ma anche conigli.
Alcune aziende che hanno optato la scelta di non continuate nella zootecnia,
mantengono oggi pochi bovini per il proprio consumo, a volte anche solamente uno.
4. PER UN’ANALISI DELL’ECONOMIA AGRICOLA DELL’ALTA VAL TIDONE: DALL’AGRICOLTURA
INTEGRALE ALLA SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA
4.1 DINAMICHE EVOLUTIVE DELLE AZIENDE INTERVISTATE
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Dalle informazioni raccolte durante il censimento abbiamo potuto constatare che le
aziende agricole in attivo sono spesso quelle che si sono concentrate su una fase
specifica dalle produzione, delegando ad altri le fasi precedenti o successive di alcune
lavorazioni (come la vendita di maialini per l’ingrasso).
Altre aziende invece hanno effettuato importanti investimenti come la costruzione del
macello, dello spaccio aziendale o di serre nuove, scegliendo la strada della filiera corta e
quindi della vendita diretta del prodotto finito.
Queste aziende hanno come titolari giovani agricoltori: l’azienda di famiglia è stata
rinnovata ed ora permette il lavoro a tempo pieno della componente giovanile famigliare.
La maggior parte delle altre aziende invece, avendo come titolari pensionati o giovani
“fittizi”, non hanno ricercato in questi anni una vera innovazione adagiandosi sulla loro
routine produttiva, supportata dalle associazioni di categoria e dai contributi dei vari
PSR. Queste aziende, dal punto di vista commerciale, si possono definire in perdita e
quindi, se non avviene un vero ricambio generazionale, esse moriranno con i titolari.
Un ulteriore caratteristica di queste aziende è la forte frammentazione dei terreni:
l’azienda media è costituita da circa 10 ettari, tra seminativi e boschi.
Le aziende produttive hanno a disposizione molto terreno, la maggior parte presa in
affitto da altri agricoltori che non lavorano più, una sorta di latifondismo che paga in
termini di produzione.
4.2 DINAMICHE PRODUTTIVE DELLE AZIENDE INTERVISTATE
Fino agli anni 70 fulcro dell’azienda agricola tradizionale è stata la vacca, fonte primaria
dell’autosussistenza (e “salvadanaio della famiglia”.) Fondamentale era la produzione del
latte e del formaggio, in particolare la molana.
Le imprese che si dedicavano alla produzione del latte e dei formaggi hanno abbandonato
la loro attività sostanzialmente per la mancanza di una rete di vendita del prodotto
fresco, della restrittiva normativa europea sulle quote latte e del fallimento dei caseifici
esistenti. Sul territorio abbiamo trovato un solo produttore di formaggio che lo produce
sporadicamente. La mucca è stata forzatamente tolta dall’economia rurale, dando
addirittura dei contributi per il suo abbattimento a vantaggio di altri indirizzi produttivi
ritenuti maggiormente redditizi. In questo modo si è spezzato il ciclo agricolo
dell’economia integrale, si sono perse conoscenze e tecniche di allevamento nonché tutto
il patrimonio zootecnico del territorio. Conseguentemente queste aziende o non si sono
più rivolte all’allevamento, specializzandosi nella cerealicoltura oppure si sono votate
produzione di bovini da carne.
L’erba medica e i cereali dagli anni 80 sono diventati la nuova fonte di reddito:
inizialmente, grazie ai contributi e ai prezzi di vendita elevati, le aziende hanno vissuto
una fase di crescita dei loro introiti che gli ha permesso di coprire i costi della necessaria
meccanizzazione.
Le aziende hanno praticato in questi anni l’avvicendamento delle colture secondo la
tecnica delle rotazioni: 1 anno a frumento, 1 anno a orzo e 3-4 anni a medica., Ci è stato
riferito che oggi giorno molti hanno abbandonato questa impostazione, escludendo quasi
completamente la coltivazione dei cereali e lasciando l’erba medica nel campo anche per
7- 8 anni, in quanto queste coltivazioni non risultano essere più redditizie. Il nuovo PSR
prevede contributi bassi per chi coltiva erba medica e cereali, i prezzi di vendita si sono
notevolmente abbassati a causa della crisi economica, delle grandi lobby industriali che
mettono in ginocchio le grandi stalle della pianura e dall’arrivo sul mercato dei cereali dai
paesi dell’est. La possibilità di sopravvivere basandosi esclusivamente sulla produzione
cerealicola è sostenibile solo per le aziende di grandi dimensioni che sono riuscite a
prendere in gestione ed unire i piccoli appezzamenti caratteristici della proprietà agricola
del territorio e a vendere direttamente sul mercato svolgendo un’attività commerciale
collaterale.
Alcune aziende, grazie ai finanziamenti negli ultimi anni, hanno introdotto nuove
coltivazioni come i piccoli frutti che nella maggior parte dei casi, a causa delle condizioni
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agronomiche del territorio e dell’assenza di un mercato, si sono rivelate fallimentari e di
conseguenza abbandonate.
Pochi sono stati i tentativi di rivolgere la coltivazione verso le erbe officinali o aromatiche.
La loro commercializzazione è risultata alquanto difficile, a meno che un’azienda non se
ne fosse presa in carico la trasformazione (distillazione e/o essiccazione) e la
distribuzione.
Molte aziende si sono rivolte invece al turismo avviando attività agrituristiche ricettive o
di ristorazione. Per quanto riguarda l’alloggio in alcuni casi i finanziamenti sono serviti
per ristrutturare vecchie case che risultano essere per lo più vuote durante l’anno a
causa della mancanza di turisti, mentre nella ristorazione a volte si rischia che l’attività
complementare prenda il sopravvento su quella agricola, trasformando gli agriturismi in
veri e propri ristoranti.
Come abbiamo già sottolineato, un comparto importante risulta essere l’allevamento di
bovini da carne che ha permesso di mantenere le stalle aziendali e di dare alle imprese
un minimo di redditività grazie alla vendita ai privati, alle macellerie della zona e tramite
gli spacci.
Non dobbiamo dimenticare il salame e gli insaccati in genere. Nel nostro territorio
abbiamo la possibilità di rientrare nella denominazione d’origine controllata (DOP) per il
salame di Varzi. Pochi sono però gli allevamenti rivolti esclusivamente all’ingrasso dei
suini per la produzione del prodotto finito. La maggior parte dei salumifici si appoggiano
su allevamenti esterni, da Reggio Emilia a Parma, o anche per la Romania. La presenza
in zona di due salumifici, uno famigliare l’altro aziendale, conferma l’esistenza del
mercato e della possibilità di creare una filiera.
La frutticoltura, nelle poche aziende in cui viene praticata, riveste un’importanza
marginale, data la piccola estensione dei frutteti. Il prodotto però viene venduto tutto, in
particolare c’è una elevata richiesta delle vecchie varietà rapportata però ad un’offerta
esigua.
Alcune aziende sono riuscite ad ottenere gli appalti come conto terzisti per la pulizie delle
strade in caso di nevicate da parte della Provincia di Pavia o dei Comuni, avendo già a
disposizioni le attrezzature.
5. CONSIDERAZIONI EMERSE
5.1 LA NECESSITÀ DI FARE RETE
Uno degli aspetti emersi dalle interviste è il sentimento di isolamento e della perdita del
senso di comunità. Parlare di rete risulta molto difficile in quanto ognuno deve poi fare i
conti per sé e da sé, quindi in molti casi abbiamo riscontrato una “gelosia” per i propri
attrezzi e per le idee di innovazione aziendale, gelosia che hanno condotto alla mancanza
di condivisione e di cooperazione tra gli agricoltori. Questo atteggiamento è frutto degli
ultimi cinquant’anni di storia,gli anziani parlano invece di solidarietà e di mutuo
sostegno nei lavori più faticosi e lo dimostrano ancora oggi con la voglia di aiutare chi
chiede loro una mano. Piccoli scambi di manodopera esistono ancora, un esempio è il
fare la legna insieme assieme,ma parlare di una rete per la cooperazione appare difficile
per la generale diffidenza verso questo tipo di rapporto. Alcuni giovani hanno tuttavia
intuito i vantaggi che potrebbero scaturire da una rete di relazioni quindi, pur
consapevoli delle difficoltà a cui andranno incontro, un gruppo di agricoltori ha
comunque l’intenzione di provare ad attuare piccole azioni in questa direzione.
5.2 IL MERCATO LOCALE
Il mercato locale non rappresenta solo un momento di vendita ma vuole essere uno
spazio pubblico ad alto valore sociale e ambientale, un luogo dove sia possibile
incontrare direttamente i produttori locali, trovare e acquistare prodotti di qualità, buoni,
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sani, giusti, rispettosi dei lavoratori e dell’ambiente. Sono inoltre occasioni dove
comprare ad un prezzo equo e trasparente, fare la spesa “a chilometri zero” e sostenere
l’economia locale in prima persona. Il fenomeno dei Mercati Contadini ne è un eccellente
esempio.
Negli ultimi anni è cresciuta da parte dei consumatori un’attenzione particolare alla
qualità degli alimenti che comprano. Con questa modalità di vendita viene anche
preservata e aumentata la trasparenza sulla provenienza di ogni alimento, valorizzata la
stagionalità e reso dignitoso il lavoro del contadino. Inoltre attraverso questi mercati si
crea un legame forte con il territorio, contribuendo a far rimanere la gente in montagna.
In quest’ottica crediamo sia indispensabile trasmettere agli agricoltori locali le
potenzialità che una terra ancora poco depauperata può offrire e il valore di recuperare
antiche varietà. Delle aziende intervistate un piccolo numero ha intenzione di partecipare
direttamente al mercato contadino a cadenza stagionale che il progetto prevede di
organizzare in Piazza della Resistenza. Alcune persone non se la sentano di stare in
piazza mentre altre non ne hanno il tempo,a queste realtà l’associazione ha dato la sua
disponibilità ad organizzare una bancarella comune ed alcuni hanno accettato di dare i
propri prodotti.
5.3 POSSIBILI FILIERE ATTUABILI
Essendo centrale per noi il concetto di rete, il nostro lavoro si è concentrato sul
raccogliere informazioni e contatti con le realtà esistenti sul territorio per avere una
immagine dinamica delle aziende del territorio.
Come abbiamo precedentemente segnalato, le piccole aziende per produrre un prodotto
ad alto valore aggiunto si trovano di fronte a investimenti e a costi di certificazione e
assicurativi troppo onerosi. Tuttavia sono proprio queste aziende a proporre prodotti di
alta qualità che possono guadagnarsi la fiducia dei consumatori,per questo non
dovrebbero essere penalizzate ma incentivate attraverso l’erogazione di contributi
istituzionali. Si guarda così con un misto di speranza e diffidenza ai piani di sviluppo
rurale che almeno fino al 2013 saranno gestiti dalle regioni e che prevedono, sulla carta,
un fondo per il finanziamento di tutte le iniziative, il collegamento con la politica agricola
di sostegno ai mercati e ai redditi, e una rivalutazione delle piccole imprese, capaci di
rappresentare il vero valore aggiunto di un’agricoltura sostenibile, unica strada
percorribile per permettere la tutela dell’ambiente, del consumatore e del produttore
stesso. A gran voce viene anche richiesto il taglio dei costi produttivi con misure
straordinarie e di carattere fiscale per tagliare oneri divenuti insostenibili e agevolazioni
previdenziali nei territori montani e nelle zone svantaggiate. Purtroppo queste risposte
istituzionali tardano ad arrivare e allora nella maggior parte dei casi si provvede da soli
con piccoli interventi.
Ad esempio la filiera corta, o circuito breve, è quel particolare tipo di commercio basato
sul rapporto diretto fra chi produce e chi consuma, che rende possibile la
sperimentazione di nuove forme di scambio, incontro e cooperazione.
Tra i vantaggi che ne derivano vogliamo ricordare:
-il riconoscimento di un valore equo alle produzioni degli agricoltori;
-il sostegno al consumo in zona delle produzioni locali con conseguente incentivazione
del consumo stagionale e riduzione dell'impatto ambientale derivante dal trasporto e
dagli imballaggi;
-lo stimolo ad un consumo "consapevole" da parte del consumatore, a cui è data
l'opportunità di conoscere il percorso dei propri acquisti e di effettuare un controllo
sostanziale sulla loro qualità;
-il ripristino del legame con il territorio anche in funzione della valorizzazione della
biodiversità, esercitando un'azione di contrasto nei confronti dell'omologazione delle
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culture produttive agricole e, conseguentemente, dell'analoga uniformazione dei gusti e
dei consumi.
Con questi presupposti abbiamo iniziato ad individuare possibili filiere corte attuabili.
Queste proposte saranno concordate, valutate ed analizzate negli incontri e nei seminari
che saranno organizzati a partire da febbraio 2010. Inoltre si prevede anche la
costituzione di un gruppo di lavoro tra gli agricoltori proprio per affrontare queste
tematiche.
La filiera del pane. Oggettivamente vocato, sia agronomicamente che tradizionalmente,
alle culture cerealicole, il nostro territorio potrebbe rivolgersi alla coltivazione del
frumento per uso alimentare. Si potrebbe costruire un circuito virtuoso che metta in
relazione il produttore di frumento con un mulino e con un forno che, producendo in
loco, svincolerebbe così l’agricoltore dalle regole di un mercato spietato, creando una rete
di tutela delle produzioni locali. Gli elementi della filiera sono tutti presenti sul territorio:
molti sono i campi coltivati a frumento, esiste un piccolo mulino a pietra e abbiamo
individuato la presenza di una azienda che si vorrebbe impegnare nella realizzazione di
un laboratorio per la panificazione. Nel forno a legna si potrebbero preparare varie
specialità, dal pane ai dolci, utilizzando oltre alla farina di grano tenero anche quella di
altri cereali e del mais. Un esempio sono i “brasadè”, tradizionali biscotti di Valverde.
La filiera del salame. L’allevamento del maiale da sempre praticato, la presenza di varie
aziende agricole che si occupano delle varie fasi di trasformazione e la denominazione
d’origine protetta del salame di Varzi sono tutte caratteristiche che potrebbero essere
valorizzate attraverso la creazione di una filiera del salame.
Sul territorio infatti sono presenti una grossa impresa che si occupa della riproduzione
dei suini, allevando scrofe e piccoli maialini che vengono poi venduti all’età di 3/4 mesi
per l’ingrasso, un laboratorio per la macellazione e altri per la trasformazione in prodotto
finito. Anche in questo caso occorrerebbe creare la rete tra tutte queste attività
produttive.
La filiera della carne. Con la grande presenza di allevamenti bovini nella zona, anche la
produzione di carne potrebbe rientrare in una filiera. In questo senso alcune aziende
hanno già attuato importanti investimenti per la macellazione e per la vendita,
occorrerebbe però che questa rete fosse migliorata e meglio pubblicizzata come prodotto
locale.
5.4 POSSIBILI COLTIVAZIONI ALTERNATIVE
Il frumento, l’orzo e l’erba medica sono prodotti destinati per la maggior parte
all’industria zootecnica,proprio per questo motivo le aziende agricole danno poca
rilevanza alla qualità della loro offerta.
Le varietà di frumento più adatte alla panificazione sono meno produttive su terreni
poveri e difficili quali sono i nostri, esistono però nell’appennino genovese casi di
sperimentazione di alcune vecchie varietà di grano che bene si adattano alla tipologia del
terreno e del clima, la cui resa e qualità può risultare buona.
A livello nutrizionale questi tipi di grano presentano bassi contenuti in glutine e alti
contenuti in oligominerali, risultando quindi interessanti per l’alimentazione umana,
soprattutto per le persone che hanno problemi con il glutine.
La coltura del mais, unico ingrediente per la tradizionale polenta, è presenta ancora oggi,
in alcune aziende per la vendita ed in altre per il proprio consumo. Questo tipo di
coltivazione potrebbe essere valorizzata utilizzando il “mais otto file”, vecchia semente
che ha una resa minore ma un gusto migliore.
Escludendo la medica altre leguminose sono completamente assenti quali alternative di
coltivazioni, molte varietà fra queste rivestono però un ruolo importante come alimento
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per il bestiame. Un esempio è la soia, per ora sperimentata con successo da un’azienda,
tuttavia non presa in considerazione per le difficoltà organizzative legate al suo ciclo
vegetativo: maturando a fine estate e richiedendo la mietitrebbia per la sua raccolta,
l’azienda di dovrebbe far carico di costi aggiuntivi che non si può permettere.
Borlotti, fagiolane, ceci e fagioli dell’occhio sono sempre stati presenti anche su larga
scala,si pensi al caso della DeRica che negli anni 60 è arrivata fino a Bozzola (frazione di
Valverde) per acquistare le fagiolane. Ora queste coltivazioni sono presenti solo negli orti,
tuttavia potrebbero essere pensate come coltivazione alternative. Per la loro raccolta
serve la mietitrebbia o un attrezzo simile più piccolo, ma comunque sempre costoso, ecco
perchè occorrerebbe una vera cooperazione fra le aziende interessate.
Nel campo delle foraggiere solo pochissime aziende si sono direzionate verso la coltura di
prati polifiti: esse riescono però a commercializzare bene il fieno ottenuto, soprattutto
presso allevamenti equini, più dell’erba medica. Completamente assenti sono invece le
sperimentazioni di altre varietà di foraggi che potrebbero distinguersi per la qualità,
determinata anche semplicemente da una maggiore attenzione al giusto momento di
raccolta. Un’allevatrice della zona ci ha infatti confessato che per diversi anni ha dovuto
comprare il fieno in Francia poiché non riusciva a trovare un prodotto che la
soddisfacesse.
Anche la patata riscontra una buona resa in questa zona: quasi tutte le famiglie
intervistate ne posseggono un campo che utilizzano per il loro consumo e una vendita
limitata.
Le vigne, come già detto, sono poche e molte sono state abbandonate. Il vino prodotto in
questa zona è il risultato della fermentazione di un’uva che non sempre riesce ad arrivare
a maturazione completa e che quindi lo rende parecchio brusco. Le varietà vinifere locali
come il “Rusaron” si caratterizzano per la resistenza e l’adattamento al clima, tuttavia
sono pochi i vitigni che vengono mantenuti dai tenaci e appassionati coltivatori.
La frutticoltura è poco praticata, tuttavia le varietà locali e rustiche hanno una certa
richiesta poiché riescono a conservare un’alta naturalità, ad avere un gusto esclusivo e
caratteristiche nutrizionali eccellenti. Le aziende potrebbero rivolgersi a queste “cultivar”
per dare un valore aggiunto al proprio prodotto. Segnaliamo il fatto che sono stati
effettuati molti studi in proposito, tra i quali ricordiamo quelli condotti dall’Università
Agraria di Piacenza che ancora oggi porta avanti la sua ricerca.
Nel passato un ruolo molto importante nell’economia locale avevano anche i castagneti.
Ben curati e rinnovati abitualmente fornivano legname ottimo da costruzione e da ardere,
oltre che al loro frutto. La raccolta delle castagne è diventata oggi un bel divertimento per
i turisti autunnali e per gli abitanti locali che ne mantengono la consuetudine. Ma il
bosco ha cambiato di molto il suo aspetto: non essendo più necessario nell’economia
agricola è spesso lasciato andare e dei suoi frutti non s’immagina neanche la possibilità
di un mercato.
Anche i frutti selvatici come il sambuco e la rosa canina, che nelle nostre zone crescono
spontaneamente e da cui si ricavano prelibate marmellate, potrebbero rappresentare una
diversificazione colturale interessante.
Ancora presente e rilevante nell’economia locale è la raccolta dei tartufi spontanei. Pochi
hanno investito in questo campo impiantando alberi micorizzati specifici per la
produzione e raccolta. Molti sono invece i cercatori del prezioso fungo sotterraneo che per
loro rappresenta un hobby alquanto redditizio.
5.5 LA PROMOZIONE E LA COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI
A supporto delle produzioni di qualità e come promozione dei produttori e del prezzo
equo occorrerebbero sia una seria campagna di comunicazione sia la ricerca di mercati
alternativi.
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La comunicazione dovrebbe servire alla vendita del prodotto, alla valorizzare del territorio
e alla creazione di condizioni adatte alla vendita ad un prezzo equo, tuttavia si potrebbe
correre il rischio di avere una pubblicizzazione eccessiva rispetto all’offerta; infatti se la
domanda diviene troppo elevata si rischia di avere una produzione forzata a scapito della
qualità, delocalizzando il mercato di riferimento e introducendo meccanismi commerciali
che andrebbero solo a danno dei produttori. Come giustamente sostiene Massimo
Angelini, “Troppa comunicazione genera espropriazione”.
Per quanto riguarda poi i mercati alternativi, i GAS rappresentano una possibilità ancora
inesplorata: molti produttori locali ancora non li conoscono, trattandosi di un fenomeno
prettamente urbano. Certo forse si andrebbe incontro a problemi legati alla continuità
dell’approvvigionamento ma si potrebbe iniziare con piccole produzioni esistenti per poi
vedere di aumentare il paniere di riferimento.
Inoltre creare una rete virtuosa tra ristorazione, commercio e produttori locali potrebbe
essere un altro elemento da prendere in considerazione.
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