Anteprima - Italus Hortus

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Anteprima - Italus Hortus
Review n. 15 – Italus Hortus 18 (3), 2011: 33-45
L’attività di raccolta, caratterizzazione, valorizzazione e conservazione
della biodiversità vegetale di interesse agricolo in Italia con particolare
riguardo alle risorse genetiche frutticole
Carlo Fideghelli* e Petra Engel
CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
Ricezione: 18 ottobre 2011; Accettazione 5 dicembre 2011
Recovery, characterization, utilization and conservation activity of
PGRFA in Italy with special focus on
fruit genetic resources
Abstract. Since the early 1990s worldwide efforts
concerned with the safeguard and sustainable utilization of agricultural biodiversity have been strongly
supported by numerous initiatives, in particular the
Agenda 21 and the Convention on Biological Diversity
(CBD) in 1992, the Global Plan of Action (GPA) for
the conservation and the sustainable use of plant
genetic resources for food and agriculture in 1996
and the FAO International Treaty on PGRFA in 2001.
To implement these agreements, a series of initiatives, at international, regional and national level, have
been undertaken. Italy ratified the CBD in 1994 and
the International Treaty (IT) in 2004 and established
that the Ministry of Environment has the competence
for biodiversity in general, while the Ministry of
Agricultural Policies has the competence in the field
of Biodiversity for food and agriculture. Furthermore,
the European Union supports initiatives aiming at the
recovery, conservation, characterization, documentation and exploration of plant genetic resources by funding projects within its AGRI GEN RES programmes.
Within this framework Italy has approved a series of
laws and projects which have led to the establishment
of the Committee for Genetic Resources, the endorsement of the National Plan for Agricultural
Biodiversity, as well as the publication of laws from
several Regional Governments for the recovery, characterization and conservation ex situ and in situ of
autochthonous GR at risk of extinction. As a result,
several specific long and medium term activities were
launched, such as a national project for the implementation of the IT which comprises more than 70
major crop species of agro-economic relevance. At
regional level, many programmes for the recovery,
safeguard and documentation of local germplasm
have been carried out, often in collaboration with
University departments or other stakeholders, and private initiatives, such as NGOs, united in the “Rural
Seeds Network”, which contribute both to the activities carried out at national and local level.
Key words: horticulture, legislation, conservation,
characterisation, autochthonous germplasm.
Introduzione
Il termine biodiversità per indicare la diversità biologica, viene utilizzato per la prima volta nel 1986 al
Forum Nazionale sulla Biodiversità tenutosi a
Washington (Wilson e Peter, 1988) e comprende l’intera variabilità delle forme di vita.
La biodiversità agricola è un sottoinsieme della
diversità biologica generale e comprende la biodiversità microbica, animale e vegetale.
La biodiversità agricola o germoplasma è una
risorsa naturale essenziale come il suolo, l’acqua e
l’aria (Fitzgerald, 1989) e la diversità biologica è fondamentale non solo per l’equilibrio ecologico ma
anche per la sicurezza alimentare.
La diversità genetica delle piante è la componente
fondamentale di ogni sistema produttivo agricolo e
l’uomo, da quando ha dato vita all’agricoltura circa
diecimila anni fa, si è sempre preoccupato di individuare nuova variabilità vegetale e di conservarla per
la sua futura utilizzazione e per migliaia di anni gli
agricoltori sono stati i soli a farsi carico della conservazione del germoplasma selezionato nell’ambito dei
tipi spontanei delle diverse specie.
Tra le prime testimonianze storiche di descrizione
varietale di diverse specie da frutto c’è quella del
greco Teofrasto (370-286 a.C.), allievo di Aristotele,
nella sua Historia Plantarum. In Italia la coltivazione
delle piante da frutto si è sviluppata con Roma e con
essa la pomologia, testimoniata da numerosi autori
latini: Catone il Censore (234-149 a.C.), autore del
trattato De Agricoltura, Columella (4 a.C. circa - 65
d.C.) con le sue opere De Re Rustica e De Arboribus,
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) che, nella sua opera
Naturalis Historia, descrive le numerose varietà di
* [email protected]
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Fideghelli e Engel
fruttiferi coltivate dai Romani nel primo secolo dopo
Cristo (Fideghelli, 2008).
Con la caduta dell’Impero Romano, la maggior
parte del ricco patrimonio varietale descritto dagli
autori latini andò perduto.
Dopo un lungo periodo di abbandono dell’agricoltura, la prima testimonianza storica della consapevolezza della importanza della salvaguardia e dell’utilizzo delle risorse genetiche per il benessere dell’uomo
risale all’imperatore Carlo Magno (782-814 d.C.) che
nel suo Capitulare de villis (795), un decreto sulla
riforma delle pratiche agricole da seguire e applicare
su tutto il territorio del suo impero, dà precise disposizioni per la piantagione obbligatoria di 77 specie
agroalimentari, tra le quali specie da frutto, come
ciliegio, mandorlo, melo, melo cotogno, pero, noce,
nocciolo, gelso e fico (Engel, 2006).
Dopo Carlo Magno e fino al Rinascimento, la
custodia della diversità genetica delle piante da frutto
è stata curata dai vari ordini monastici che svilupparono anche una certa attività di miglioramento genetico
selezionando nuove varietà (Bellini e Nin, 2007).
Nel Rinascimento, le varietà conservate dai monaci escono dai conventi e tornano ad essere coltivate
nelle campagne, non solo per l’autoconsumo, ma
anche per la loro commercializzazione. Nel ‘500
nascono in Italia i primi Orti Botanici, presso le più
prestigiose Università, quali Pisa (1543) Padova
(1545), Pavia (1558), Bologna (1568), che inizialmente raccoglievano soprattutto piante medicinali ed
aromatiche allo scopo di conservare e soprattutto studiare la biodiversità delle specie vegetali e i loro
effetti positivi per il benessere umano (Giardini dei
semplici) (Del Prete et al., 2001). Di questo periodo
sono due le opere fondamentali nella storia della
pomologia italiana, i Commentari al Dioscuride di
Pietro Mattioli (1501-1578) e l’Iconographia
Plantarum tomo X di Ulisse Aldrovandi (1522-1605).
Nel Rinascimento, la coltivazione delle piante da
frutto si sviluppa soprattutto in Toscana sotto i Medici
ed è il Granduca Cosimo III che dà incarico al botanico Pietro Micheli (1672-1742) di catalogare e illustrare le ricche collezioni di varietà di fruttiferi presenti
nel granducato.
Nel ‘600, anche in Francia iniziò lo sviluppo della
pomologia per merito di appassionati come Olivier de
Serres (1539-1619) ed esperti “giardinieri” della corte
francese come Le Lectier Sieur e J.B. de la Quintinie
(1624-1688).
La pomologia europea ebbe un grande sviluppo
nel ‘700 con opere fondamentali di H.L. Duhamel du
Monceau, H. Knoop, J. Kraft, J. V. Siekler, J. P.
Mayer, W. Kooner (Baldini, 2004).
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Nello stesso periodo, in Italia, ha operato Cesare
Majoli (1746-1823) che nella sua Plantarum collectio
ha raffigurato centinaia di varietà di frutta coltivate
nelle varie regioni della Penisola.
In Europa, gli studi pomologici si intensificano
nell’'800 per merito di studiosi come L. Noisette, A.
Poiteau e Leroy in Francia, L. Oberdiech, Jahn e
Lauche in Germania, Van Holle, Burvenich, Bavay in
Belgio, Miller, Lyndney, Rogers in Inghilterra.
In Italia, l’opera più importante dell’800 è la
Pomona Italiana di Giorgio Gallesio (1772-1823) che
descrive e illustra con bellissime tavole a colori 160
delle più significative varietà di fruttiferi dell’epoca.
Contemporaneo al Gallesio è A. Torgioni Tozzetti
(1785-1856), autore di un’altra importante monografia sui fiori, frutti, agrumi illustrata da pregevoli tavole a colori (Bellini e Nin, 2007).
Allo stesso secolo appartengono le creazioni di
frutti artificiali fatti di vari materiali e riproducenti
forma, colore e dimensioni di quelli veri. La più
importante di questa produzione è quella realizzata da
Francesco Garnier Valletti (1808-1889) di cui si conservano importanti collezioni a Torino, Milano e
Firenze (Eccher e Bounous, 1997).
L’opera italiana più significativa del ‘900 è di
Girolamo Molon (1860-1831) che nella sua
Pomologia descrive e illustra diverse centinaia di
varietà delle principali specie frutticole (Bassi e
Bellini, 1997).
Il quadro normativo internazionale
Nel secondo dopoguerra, a causa della specializzazione colturale e della meccanizzazione sempre più
spinte, il rischio di erosione genetica si è fatto sempre
più reale e la consapevolezza del rischio di perdita
della diversità biologica ha indotto le Nazioni ad elaborare una strategia globale di salvaguardia della stessa.
La prima azione concordata a livello internazionale risale alla Conferenza delle Nazioni Unite “Human
Environment” (1972), che ha portato alla costituzione
nel 1974 dell’International Board for Plant Genetic
Resources (IBPGR) con sede a Roma, nel 1994 divenuto International Plant Genetic Resources Institute
(IPGRI) e dal 2006 rinominato Bioversity
International (BI).
Nel 1980, sulla base delle raccomandazioni
dell’UNDP (United Nations Development
Programme), della FAO e di EUCARPIA, viene
costituito lo European Cooperative Programme for
Plant Genetic Resources (ECPGR), il cui
Segretariato è ospitato da IBPGR/ IPGRI/ BI. Si tratta
di un programma di collaborazione tra i Paesi della
Biodiversità vegetale di interesse agricolo
Regione europea (che comprende anche Israele e
Turchia), che ha l’obiettivo di contribuire ad una conservazione e gestione razionale ed efficace delle RGV
ex situ ed in situ e di promuovere il loro utilizzo. Il
Programma, finanziato dai paesi partecipanti, è suddiviso in network per coltura o tematici dei quali fanno
parte i rispettivi esperti (tab. 1). Ogni Paese partecipante nomina un Coordinatore Nazionale (attualmente, per l’Italia, Carlo Fideghelli). Il Comitato di indirizzo, formato dai Coordinatori Nazionali, stabilisce
le priorità di lavoro per periodi quinquennali; attualmente, è operativa la Fase VIII (2009-2013) con le
seguenti priorità:
• rendere AEGIS (A European Genebank
Integrated System) operativo;
• caratterizzare, valutare e valorizzare le Risorse
Genetiche Vegetali per l’Agricoltura e
l’Alimentazione (RGVAA) conservate;
• rafforzare la conservazione e la gestione on farm
e in situ;
• mantenere la funzionalità del catalogo europeo
delle RGV conservate presso i singoli paesi pertecipanti (EURISCO);
• completare la documentazione delle RGVAA
conservate.
Un’importante decisione è stata presa alla
Conferenza FAO, nel 1983, che ha adottato
l’International Undertanking on Plant Genetic
Resources, il primo accordo internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l’agricoltura e l’alimentazione (RGVAA) e la promozione dell’accesso alle stesse; allo scopo di monitorare l’implementazione di
questo accordo, la Conferenza ha costituito l’InterGovernmental Commission on Plant Genetic
Resources for Food and Agriculture.
Tab. 1 - Network e gruppi di lavoro attualmente attivi in ECPGR.
Tab. 1 - Networks and working groups currently active within
ECPGR.
Network
Gruppi di lavoro
Cereali
Avena, Frumento, Orzo
Colture foraggere
Specie foraggere
Specie frutticole
Malus/ Pyrus, Prunus, Vitis
Specie oleose e proteiche Leguminose da granella
Colture da zucchero,
Bieta, Specie da fibra (lino, canapa),
amido e fibra
Specie medicinali e aromatiche, Patata
Allium, Brassica, Cucurbitaceae,
Ortaggi
Ortaggi da foglia, Solanaceae,
Ombrellifere
Documentazione
Documentazione ed informazione
ed informazione
In situ e On farm
Cooperazione
interregionale
On farm; Wild species
Cooperazione interregionale
Uno degli impulsi più importanti alle iniziative
internazionali per la salvaguardia delle risorse genetiche sensu lato è venuto dalla conferenza delle Nazioni
Unite sull’Ambiente e sullo Sviluppo tenutasi a Rio
de Janeiro nel 1992 che ha adottato l’Agenda 21, un
programma globale sull’ambiente e sullo sviluppo che
riconosce la fondamentale importanza della conservazione sia in situ che ex situ delle risorse genetiche
vegetali. Alla Conferenza di Rio è stato anche preparato il testo della Convenzione sulla Diversità
Biologica (CBD) che sancisce tre punti fondamentali:
• le risorse genetiche cessano di essere patrimonio
comune dell’umanità per diventare un bene su cui
hanno sovranità i governi degli Stati dove esse
hanno avuto origine e si trovano;
• la conservazione è strettamente legata all’uso
sostenibile delle risorse;
• l’accesso alle risorse deve essere regolato dal
Previo Consenso Informato (PCI) delle comunità
detentrici e da un accordo di equa ripartizione
degli eventuali benefici derivanti dall’uso di tali
risorse (benefit sharing).
Nell’ambito della IV Conferenza Tecnica
Internazionale della FAO sulle RGVAA, svoltasi a
Lipsia nel 1996, 150 Paesi hanno formalmente adottato il Global Plan of Action (GPA), Piano di azione
mondiale per la conservazione e l’uso sostenibile
delle RGVAA. Il Piano, nato come strumento per rendere effettivo l’International Undertaking, è composto da 20 aree prioritarie di attività, con l’obiettivo
principale di aiutare i paesi a sviluppare efficienti programmi nazionali per la conservazione e l’uso sostenibile delle RGVAA (Gass et al., 1998). Seguendo le
raccomandazioni del Technical Consultative
Committee dell’ECPGR, riunitosi a Nitra (Slovacchia)
nel 1995, è stato deciso che l’ECPGR sarebbe stato
usato come piattaforma per l’implementazione del
GPA nella Regione europea, come parte del Sistema
Globale della FAO sulle RGVAA.
Nel 2001, la Conferenza della FAO ha adottato il
Trattato Internazionale sulle RGVAA (www.planttreaty.org.), documento legalmente vincolante che ha
come obiettivi la conservazione e l’uso sostenibile
delle RGVAA e la giusta ed equa ripartizione dei
benefici derivanti dalla loro utilizzazione, al fine di
perseguire un’agricoltura sostenibile e la sicurezza
alimentare in conformità alla Convenzione sulla
Diversità Biologica. Elemento centrale del Trattato è
un Sistema Multilaterale di accesso alle risorse genetiche appartenenti a 64 specie vegetali coltivate ritenute essenziali per l’alimentazione umana, nonchè
alle informazioni legate a queste accessioni. In effetti,
l’Art. 11.2 stabilisce che “Il Sistema Multilaterale
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Fideghelli e Engel
[…] includerà tutte le RGVAA […] che sono mantenute sotto la gestione e il controllo delle Parti
Contraenti e che si trovano nel pubblico dominio”,
quindi ne fa parte automaticamente tutto il materiale
che non è protetto da brevetti o altri vincoli di proprietà intellettuale del quale le Parti Contraenti hanno
il controllo e il potere di deciderne l’utilizzo.
Nella tabella 2 è riportato l’elenco delle specie
orto-frutticole comprese nell’Allegato 1 del TI.
Nel 2006, l’Organo Direttivo del TI ha adottato
l’Accordo Standard per il Trasferimento del
Materiale vegetale (SMTA) che disciplina le modalità per lo scambio di materiale vegetale tra “donatore” e “ricevente”.
La UE, il 22 maggio 2007, ha emanato la
Risoluzione del Parlamento Europeo dal titolo
“Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010”
che, tra le altre cose, riconosce l’importanza di misure
aggiuntive a favore delle specie minacciate di estinzione e la interdipendenza tra produzioni agricole,
paesaggio e turismo (Fideghelli e Engel, 2009).
Durante la 10° Conferenza delle Parti della CBD,
tenutasi a Nagoya (Giappone) nell’ottobre 2010, sono
state approvate le modalità per definire l’accesso alle
risorse genetiche, la ripartizione dei benefici derivanti
dal loro uso e la cooperazione tra paesi per evitare la
biopirateria (http://www.cbd.int/abs).
I leader dell’Unione Europea, constatato che l’obiettivo della Risoluzione del Parlamento Europeo del
22 maggio 2007 di arrestare la perdita di biodiversità
entro il 2010 era fallito, nel maggio 2011 hanno definito una nuova strategia sulla biodiversità da realizza-
Tab. 2 - Specie ortofrutticole incluse nell’allegato I del Trattato Internazionale.
Tab. 2 - Horticultural species included in Annex I of the International Treaty.
Specie ortive e tuberi
Nome comune
Asparago
Genere
Specificazioni
Asparagus
Brassica et al. (Armoracia, Barbarea, Camelina,
Gruppo Brassica (specie oleaginose ed ortive: cavoCrambe, Diplotaxis, Eruca, Isatis, Lepidium,
escluso il Lepidium meyenii
lo, colza, crescione, rapa, ravanello, rucola, senape)
Raphanobrassica, Raphanus, Rorippa, Sinapis)
Carota
Daucus
Cece
Cicer
Cicerchia
Lathyrus
Fagiolo
Phaseolus
Fava
Vicia
Lenticchia
Lens
Manioca
Manihot
solo il Manihot esculenta
Melanzana
Solanum
Patata
Solanum
inclusa la sezione melongena
inclusa la sezione tuberosa, escluso il Solanum phureja.
Patata dolce
Ipomoea
escluso il Phaseolus polyanthus
Principali Aracee (taro, cocoyam, dasheen, tannia) Colocasia, Xanthosoma
Pisello
Pisum
Pisello arboreo
Cajanus
Vigna
Vigna
Yams
Dioscorea
Specie frutticole
Agrumi
Citrus
inclusi Fortunella e Poncirus come
portinnesti
Albero del pane
Artocarpus
solo la specie da pane
Banana
Musa
esclusa la Musa textilis
Fragola
Fragaria
Melo
Malus
Noce del cocco
Cocos
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Biodiversità vegetale di interesse agricolo
re entro il 2020, tenuto conto che, entro il 2050 deve
essere raggiunto l’obiettivo di proteggere, valorizzare
e adeguatamente ripristinare la biodiversità e gli ecosistemi che vi provvedono, alla base del benessere
dell’uomo e della prosperità economica, affinchè le
catastrofiche conseguenze causate dalla perdita di
biodiversità siano evitate.
L’obiettivo intermedio al 2020 è l’arresto della
perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi
nell’Unione Europea accrescendo, nel contempo, il
contributo dell’UE per allontanare la perdita globale
di biodiversità.
Nel luglio del 2011, durante la 13a Riunione della
Commissione della FAO sulle RGAA, è stato adottato
l’aggiornamento del GPA, necessario per poter indirizzare le politiche dei vari paesi per applicare e rendere effettivi i trattati e i programmi sottoscritti; in
particolare la CBD e il TI.
Il coinvolgimento dell’Italia
L’Italia, sin dall’inizio, è stata fortemente coinvolta in tutte queste iniziative sviluppate nel corso degli
ultimi 40 anni.
Nell’ambito dell’ECPGR, esperti italiani sono presenti in 21 degli attuali 22 gruppi di lavoro e network
tematici, presiedendo o co-presiedendo i gruppi
Brassica, Prunus, Specie da fibra e On farm.
Nell’ambito di ogni gruppo di lavoro e per ciascuna specie è costituito un database europeo con tutte le
informazioni disponibili sulle singole accessioni,
gestito da un’istituzione competente appartenente ad
uno dei paesi dell’ECPGR. A oggi, due di questi database sono gestiti dai partner italiani: quello dei fruttiferi minori, dal DISPA dell’Università di Firenze e
quello della canapa, dal CRA-CIN di Bologna
(www.ecpgr.cgiar.org/germplasm_databases.html).
I lavori preparatori per l’avvio di AEGIS sono in
fase conclusiva. L’Italia, attraverso i membri dei
gruppi di lavoro sulle specie prescelte come “specie
pilota” (Allium, Avena, Brassica e Prunus), ha contribuito attivamente alla stesura delle specifiche tecniche del Progetto.
L’aggiornamento di EURISCO, sia per quanto
riguarda il numero delle accessioni mantenute, sia per
il loro inserimento o meno nel Sistema Multilaterale è
previsto entro il 2012.
Per quanto riguarda il GPA, l’Italia ha redatto due
Rapporti Nazionali sulle RGVAA, che sono confluiti,
nel 1996 e nel 2009, rispettivamente, nel Primo e nel
Secondo Rapporto sullo Stato delle RGVAA nel
Mondo, elaborati dalla FAO, nell’ambito del World
Information and Early Warning System (WIEWS)
(http://apps3.fao.org/wiews/wiews.jsp).
In occasione della quarta riunione del Governing
Body del Trattato Internazionale tenutasi a Bali nel
marzo 2011, l’Italia ha annunciato l’inclusione nel
Sistema Multilaterale, entro la fine dell’anno, di circa
50.000 accessioni, per metà conservate dall’Istituto di
Genetica del CNR di Bari e per metà dalle strutture
del CRA e dalla Università di Perugia.
Il quadro normativo nazionale
L’Italia ha ratificato la Convenzione sulla
Biodiversità con la legge n. 124 del 1994, impegnandosi a sviluppare strategie, piani e programmi per la
conservazione in situ ed ex situ della biodiversità e per
l’uso sostenibile delle risorse genetiche e a creare un
Centro di scambio di informazioni (Clearing House
Mechanism - CHM). Scopo del CHM è di mettere a
disposizione degli utenti nazionali e internazionali dati
sulle risorse genetiche, sugli ecosistemi, sugli habitat,
sulla conservazione della natura, sulla biosicurezza e
sul patrimonio di conoscenze e tradizioni locali.
La competenza primaria sulla CBD è del Ministero
dell’Ambiente che, sulla G.U. n. 107 del 10/05/1994,
ha pubblicato “Le linee strategiche per l’attuazione
della Convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione di un Piano Nazionale sulla Biodiversità”.
L’obiettivo 7.1 prevede la realizzazione di una rete
integrata di centri per la conservazione ex situ del germoplasma, utilizzando come punti nodali le strutture
esistenti e gli istituti specializzati.
La competenza primaria sulle risorse genetiche di
interesse agricolo è affidata al Ministero delle
Politiche Agricole (D. L.vo n. 143 del 1997). Il
D.P.R. n. 79 del 23 marzo 2005, inoltre, attribuisce al
Dipartimento delle Politiche di sviluppo la materia
relativa alla salvaguardia e tutela dei patrimoni genetici delle specie animali e vegetali (Fideghelli, 2006).
Con la legge n. 101 del 6 aprile 2004 l’Italia ha
ratificato il Trattato Internazionale FAO sulle
RGVAA, che, all’art. 3, affida alle Regioni e Province
autonome le competenze per l’attivazione di quanto
previsto dal Trattato. Il Mi.P.A.A.F. si è riservato il
compito di mantenere i rapporti internazionali e di
monitorare gli interventi delle Regioni, diverse delle
quali hanno promulgato leggi per la tutela delle RG
autoctone (Lazio, Umbria, Friuli-Venezia Giulia,
Marche, Toscana, Campania, Emilia-Romagna,
Basilicata, Provincia di Bolzano). Alla Toscana va il
merito di aver approvato, nel 1997, la prima legge
regionale per la tutela e la valorizzazione delle varietà
e razze locali, sostituita nel 2004 dalla legge attualmente in vigore.
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Fideghelli e Engel
I Programmi di Sviluppo Rurale 2000-2006 e
2007-2013 hanno messo a disposizione delle Regioni
e Province autonome somme importanti per attivare
iniziative di recupero, conservazione e valutazione
nonché la concessione di aiuti agli agricoltori che si
impegnano a coltivare varietà locali iscritte negli
appositi Registri regionali.
Il 14 febbraio 2008 la Conferenza Stato-Regioni,
presieduta dal Mi.P.A.A.F., ha approvato il Piano
Nazionale sulla Biodiversità di interesse Agrario
(PNBA) (Mi.P.A.A.F., 2008) che prevede 3 fasi attuative:
• ricerca e individuazione di varietà e razze locali, la
loro caratterizzazione, la definizione del rischio di
erosione/estinzione per la loro corretta conservazione in situ, on farm e ex situ (MiPAAF, 2011);
• le stesse azioni della fase A a livello territoriale
anche con progetti internazionali;
• attivazione dell’Anagrafe nazionale delle varietà
e razze/popolazioni locali e del sistema nazionale
di tutela e valorizzazione della biodiversità di
interesse agrario.
Per soddisfare le esigenze di coordinamento delle
attività a livello nazionale e di quelle a livello regionale è stato costituito il Comitato Permanente per le
Risorse Genetiche previsto dal PNBA, che è ora operativo (CPRG).
Le iniziative in atto in Italia
L’agrobiodiversità italiana, sia per ragioni geografiche (ampiezza della latitudine e orografia molto
diversificata) che socio-culturali (sistema agricolo
molto polverizzato), è ancora fortemente legata ai piccoli agricoltori e al territorio. Non per nulla l’Italia
detiene oltre il 20% delle produzioni certificate europee (DOP, IGP e STG). In questo contesto positivo si
inserisce, però, il dato negativo dell’età avanzata di
molti agricoltori proprietari delle piccole aziende e
della mancanza del rinnovo generazionale che comportano un serio rischio di perdita sia della biodiversità coltivata che dei saperi tradizionali. Il maggior
rischio di perdita delle varietà tradizionali si pone per
le specie propagate per seme, ma anche quelle moltiplicate non sono esenti da tali rischi.
In una situazione come quella italiana, le politiche
di sviluppo rurale giocano un ruolo molto importante
per creare le condizioni economiche e sociali per cui
queste aziende possano continuare a fare agricoltura
competitiva utilizzando la biodiversità agricola come
fattore per lo sviluppo locale.
Per fare ciò è necessario integrare in modo armonico e collaborativo la conservazione ex situ e on
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farm. In concreto, per la stragrande maggioranza delle
accessioni di interesse agricolo, da parte di alcuni, la
conservazione on farm coincide con la conservazione
in situ anche se, concettualmente, sono due cose
diverse. La conservazione on farm riguarda essenzialmente le varietà locali, mentre la conservazione in
situ riguarda le specie selvatiche parenti delle specie
di interesse agrario (wild relatives) (Buonumori e
Falcinelli, 2005).
La conservazione ex situ delle piante arboree da
frutto è fatta mediante la coltivazione di piante (generalmente da 2 a 5) delle singole accessioni in frutteti
appositamente dedicati. La forma di allevamento
ideale è quella libera per poter caratterizzare il fenotipo limitando al minimo gli interventi cesori. Come è
facile comprendere, il sistema è piuttosto costoso, sia
per gli spazi necessari che per la conduzione del frutteto, ed è per questo che, da tempo, si studiano metodi
alternativi di conservazione del germoplasma frutticolo. Le due tecniche più studiate sono la crioconservazione (Reed, 2008; De Carlo et al., 2009) e la crescita
rallentata (De Carlo et al., 2009). La criocoservazione
consiste nella conservazione di espianti in azoto liquido alla temperatura di -196 °C che, teoricamente, permette la conservazione per un tempo illimitato e in
condizioni di sicurezza sanitaria. Due metodi sono
maggiormente utilizzati (Caboni et al., 2009) :
• incapsulazione-disidratazione: gli espianti (apici o
embrioni) sono incapsulati in alginato di sodio,
disidratati osmoticamente con soluzioni concentrate di zucchero, dessicati in silica-gel in flusso
d’aria fino ad un contenuto idrico del 20-30% e
rapidamente immersi in azoto liquido;
• soluzione vitrificante: gli espianti sono trattati con
una soluzione crioprotettiva e immersi in azoto
liquido. La soluzione vitrificante più utilizzata è
la “PVS2” (Plant Vitrification Solution, costituita
da 30% di gicerolo, 15% di etilen-glicole, 15%
DMSO e 0,4 M di saccarosio).
La conservazione in crescita rallentata è fatta in
vitro e si basa sul principio di prolungare i tempi di
subcoltura (generalmente di 3-4 settimane) fino a 1224 mesi, mantenendo le colture ad una temperatura
oscillante tra +2 e +5 °C (De Carlo, 2009). Sia la crioconservazione che la crescita rallentata non hanno
ancora una applicazione diffusa, nonostante le prove
sperimentali ne abbiano provato l’affidabilità.
L’attività di conservazione delle risorse genetiche
fino alla loro valorizzazione è condotta da tre categorie
di “attori”: istituzioni scientifiche, Regioni e altri enti
territoriali, soggetti non governativi (agricoltori singoli
o associati, fondazioni, ONG...) che, per ottenere i
migliori risultati, dovrebbero agire in sinergia tra loro.
Biodiversità vegetale di interesse agricolo
All’inizio del 2011 si sono conclusi i lavori relativi alla fase A del PNBA che consistevano nella preparazione di tre manuali per l’identificazione on farm e
la conservazione sia ex situ che on farm delle risorse
genetiche vegetali, animali e microbiche
(Mi.P.A.A.F., 2008). Il manuale sulle RGV è composto di 6 capitoli e 6 allegati. I capitoli trattano della
biodiversità, del rischio di estinzione e di erosione,
della conservazione, delle linee guida per la loro tutela, la descrizione di alcuni casi studio. Gli allegati
sono composti da un glossario dei termini tecnici, da
linee guida per le leggi regionali sulle RGV, le tecniche di conservazione ex situ, delle specie erbacee, i
marcatori molecolari per il fingerprinting e i descrittori morfologici di circa 80 tra le principali specie
arboree ed erbacee coltivate in Italia.
Le istituzioni scientifiche
Le istituzioni scientifiche si occupano prevalentemente di caratterizzazione, risanamento e conservazione. L’attività di raccolta è spesso commissionata
dalle Regioni così come la conservazione, in diversi
casi, è fatta su delega delle Regioni o altre Pubbliche
Amministrazioni.
Il Secondo Rapporto italiano alla FAO per l’aggiornamento del Second Report on the State of the
World’s PGRFA evidenzia che “la gestione ex situ
delle RGV non è attuata in modo centralizzato e
numerose istituzioni sono coinvolte in questa attività
rendendo difficile definire la loro posizione nel contesto nazionale”.
Le istituzioni scientifiche che in Italia si occupano
di recupero, conservazione e caratterizzazione della
biodiversità vegetale agricola sono essenzialmente:
• le strutture di ricerca del CRA che afferiscono al
Mi.P.A.A.F.;
• alcuni istituti del Dipartimento Agroalimentare
(DA) del CNR;
• molti Dipartimenti delle Facoltà di Agraria delle
Università;
• le strutture di ricerca regionali e provinciali.
Già dalla fine degli anni ’70, in seguito ad una iniziativa del Comitato Scienze Agrarie del CNR, fu
avviato un primo censimento nazionale delle accessioni e delle cultivar autoctone nazionali delle specie
arboree da frutto con il coinvolgimento di tutte le istituzioni scientifiche nazionali (CNR, Ministero
Agricoltura e Foreste, Università) e concentrando l’attenzione sia sul materiale individuato e conservato on
farm, allora prevalente, che su quello conservato ex
situ (Scaramuzzi, 1988; Agabbio, 1994). Da allora
diverse iniziative hanno contribuito all’incremento
delle conoscenze sull’argomento e sono stati avviati
anche diversi programmi mirati alla realizzazione di
centri di conservazione ex situ, ovvero di campi di
collezione in vivo di una o più specie. La consistenza
delle collezioni presso le strutture del CNR e le
Università è riportata nelle tabelle 3 e 4.
Alla fine degli anni ‘90, il Ministero delle
Politiche Agricole ha avviato una importante iniziativa costituita dal Piano di coordinamento per le attività
di conservazione delle RGVAA, affidando il compito
di coordinamento all’Istituto Sperimentale per la
Frutticoltura di Roma (Marino et al., 1999; Fideghelli
et al., 1998).
Più recentemente sono stati avviati programmi
specifici che hanno consentito di raccogliere e caratterizzare un gran numero di vecchie varietà non più coltivate e di realizzare collezioni molto più ampie, attraverso la collaborazione tra le diverse istituzioni che
operano nelle singole regioni. Istituzioni universitarie,
in accordo con le Agenzie di sviluppo regionali e con
strutture di ricerca (ministeriali, soprattutto del CRA,
e non ministeriali), hanno portato alla realizzazione di
iniziative che nel tempo hanno consentito la descrizione, la caratterizzazione e la conservazione, di un vasto
numero di accessioni autoctone (Turchi, 1999;
Tab. 3 - Accessioni conservate presso gli Istituti del DA del CNR.
Tab. 3 - Accessions conserved at the DA institutes of the CNR.
Specie
Località di conservazione
N. accessioni
agrumi
fruttiferi
Bari, Palermo
Bari, Firenze, Sassari, Porano
2.200
2.770 ca
vite
Grugliasco (TO), Bari
4.500
olivo
Sassari, Perugia, Bologna
3.230
ortive
Bari, Napoli, Catania
12.660 ca
cereali
Bari
27.670 ca
foraggere
Bari, Perugia, Catania
5.150 ca
da legno
Porano (TR), Firenze
4.960 ca
Totale
60.940
Tab. 4 - Accessioni di fruttiferi conservate presso i Dipartimenti
universitari.
Tab. 4 - Accessions of fruit species conserved at University
Departments.
Specie
Località di conservazione
N. accessioni
albicocco, ciliegio,
cotogno, fragola,
kiwi, mandorlo,
melo, nocciolo,
noce, pero, pesco e
nettarine, susino
Ancona, Bari, Bologna,
Firenze, Milano, Napoli,
Padova, Palermo, Piacenza,
Pisa, Torino, Udine, Viterbo
3.126
Totale
3.126
fonte: Inventario Nazionale delle RGV conservate ex situ
(http://fru.entecra.it)
39
Fideghelli e Engel
Youssef et al., 2000; Piazza et al., 2003; Buonumori e
Falcinelli, 2005.; Sottile e Restuccia, 2006; Osler et
al., 2006; Bounous et al., 2006; Ermacora e
Malossini, 2006; Eccher et al., 2007).
In Italia, quindi, attualmente, si annovera una serie
considerevole di campi di collezione, che hanno non
solo lo scopo di conservare la biodiversità censita, ma
anche quello di poter approfondire la valutazione
agronomica comparativa tra diversi genotipi in un
unico ambiente. La più importante di tale collezione
in vivo per le specie arboree da frutto è il Centro
Nazionale del Germoplasma Frutticolo realizzato
presso il Centro di Ricerca per la Frutticoltura di
Roma del CRA a metà degli anni 2000, che occupa 30
ettari nel Parco dell’Appia Antica e che ospita attualmente circa 7.000 accessioni di tutte le principali specie e con la potenzialità di poter conservare fino a 1214.000 accessioni (Fideghelli 2006; Fideghelli e
Giannini, 2007).
Sin dagli anni ‘70 un’ampia ricognizione e raccolta del materiale frutticolo autoctono nazionale è stata
condotta dal Dipartimento di Colture Arboree
dell’Università di Bologna e dal CNR di Firenze che
hanno “collezionato” un gran numero di accessioni
soprattutto di pomacee il primo e di drupacee il
secondo (Agabbio 1994; Scaramuzzi 1988).
Molto interessante per la sua formula originale è
l’attività condotta sul mandorlo, per il quale è stato
allestito il Museo vivente del Mandorlo “F.
Monastra”, realizzato nel 1997 ad Agrigento, nella
Valle dei Templi, dal Dipartimento DEMETRA
dell’Università di Palermo in collaborazione con tutte
le istituzioni scientifiche siciliane e con le amministrazioni locali. Il Museo raccoglie in un unico ambiente
oltre 250 accessioni della mandorlicoltura autoctona
siciliana, insieme a genotipi pugliesi, sardi, nonchè
genotipi di altri paesi europei e degli Stati Uniti.
Il Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura di
Acireale (CT) del CRA conserva la biodiversità agrumicola nazionale ed internazionale, non solo autoctona, e funge, peraltro, da Centro accreditato per la
distribuzione del materiale di propagazione. Altro
esempio, sempre per il comparto agrumicolo, è rappresentato dai campi di conservazione della biodiversità realizzati dall’Istituto di Genetica Vegetale del
CNR, sezione di Palermo, che ha raccolto un vasto
numero di accessioni agrumicole riferite ad arancio
amaro, limone, arancio dolce e mandarino.
Il Centro di Olivicoltura del CRA di Rende (CS)
dispone, oggi, della più completa collezione mondiale
di germoplasma di olivo (oltre 600 accessioni) e il
Centro di Viticoltura del CRA di Conegliano Veneto
(TV) ha una importante collezione di accessioni viti40
cole (oltre 3.000 unità), conservate in parte a
Conegliano e in parte a Tormancina (Roma).
Specificatamente orientati alla conservazione delle
cultivar di vite autoctone e, comunque importanti per
il territorio, che si stimano in non meno di 2.000
accessioni, sono sorti localmente numerosi campi di
collezione che mantengono ciascuno dalle poche decine alle parecchie centinaia di varietà. Uno dei più ricchi in varietà locali, minori o rare e in pericolo di
estinzione, è quello piemontese realizzato dal CNR
con finanziamento regionale a Grinzane Cavour (CN),
che ospita oltre 600 accessioni (più di 400 vitigni)
provenienti essenzialmente dall’Italia NordOccidentale
(Raimondi
et
al.,
2009)
(www.ivv.cnr.it/new/index.htm, special topics).
Il CRA e il Progetto RGV/FAO
Il Progetto RGV/FAO, finanziato a partire dal
2004 dal Mi.P.A.A.F. e coordinato dal CRA-Centro di
Ricerca per la Frutticoltura di Roma, comprende 25
strutture del CRA, l’Istituto di Genetica di Bari e
l’ONG “Rete Semi Rurali”.
Gli obiettivi del Progetto sono l’inventario delle
accessioni presenti presso le strutture del CRA (tab. 5)
e presso l’Istituto di Genetica Vegetale del CNR di
Bari, la loro caratterizzazione agronomica, morfologica e molecolare e la valorizzazione produttiva con parTab. 5 - Strutture CRA afferenti al Progetto RGV/FAO e accessioni conservate al 31 dicembre 2010.
Tab. 5 -CRA institutions participating in the project RGV/FAO
and accessions conserved as of December 31st, 2010.
Specie
Località di conservazione
N. accessioni
Fruttiferi
Roma, Forlì, Caserta, Bari
Agrumi
Acireale (CT)
677
Olivo
Rende (CS), Pescara, Spoleto (PG)
Conegliano Veneto (TV),
Turi (BA), Arezzo
Monsampolo del Tronto (AP),
Montanaso Lombardo (LO)
Pontecagnano (SA)
732
Vite
Orticole
Aromatiche
Ornamentali
Cereali
Foraggere
Industriali
Da legno
Trento
Sanremo (IM), Pescia (PT),
Bagheria (PA)
Acireale (CT), Bergamo,
Fiorenzuola d’A. (PC), Foggia,
Sant’Angelo Lodigiano, Vercelli
Lodi, Sanluri (VS)
Bologna, Osimo (AN), Padova,
Rovigo, Scafati (SA)
Arezzo, Casale Monferrato (AL),
Perugia, Roma
Totale
6.962
4.325
3.463
154
548
20.395
3.259
2.127
10.203
52.845
Biodiversità vegetale di interesse agricolo
ticolare riguardo alle accessioni autoctone; al raggiungimento di questo ultimo obiettivo la Rete Semi
Rurali dà un importante contributo. L’inventario mira
a definire un sistema unico di descrittori e catalogazione che consenta, tra l’altro, di inserire queste risorse
nel Sistema Multilaterale previsto dal Trattato FAO.
Attraverso la rete dei Centri e delle Unità di ricerca del CRA, l’azione di individuazione, raccolta e
caratterizzazione della biodiversità agricola, è stata
diffusa su tutto il territorio nazionale con lo scopo di
mettere in rete quanto fatto negli anni precedenti.
Uno dei risultati più interessanti del progetto
RGV/FAO è senza dubbio l’Inventario Nazionale
delle RGV conservate ex situ in Italia, attraverso il
quale sarà possibile un reale scambio di informazioni
sulle caratteristiche morfologiche, agronomiche e su
alcuni tratti qualitativi del patrimonio vegetale conservato, censito e studiato (http://fru.entecra.it).
Infatti, questo catalogo, che è attualmente in fase di
potenziamento, fornirà agli interessati 34 descrittori di
passaporto, adottati e aggiornati a livello internazionale (i cosiddetti Multicrop Passport Descriptors),
che sono uguali per tutte le specie, nonché circa una
trentina di descrittori specifici per ciascuna. In questa
prima fase si raccolgono le informazioni relative alle
accessioni delle specie conservate presso le strutture
del CRA che fanno parte del Progetto RGV/FAO, più
il Dipartimento di Biologia Applicata dell’Università
di Perugia; in una seconda fase, si mira ad includere
le collezioni mantenute presso altre strutture, o, nei
casi in cui per esse esistano già siti internet funzionanti, ad attivare un link ad esse, in modo da poter
offrire ai cittadini un unico punto di riferimento dedicato alle RGV presenti in Italia.
Questa misura, oltre a consentire di condividere
con il mondo le informazioni relative al materiale
conservato, è anche indispensabile per l’effettivo
“inserimento” delle accessioni delle specie
dell’Allegato I del TI nel Sistema Multilaterale dello
stesso: il materiale e le informazioni ad esso legate,
sono effettivamente, “disponibili” soltanto dopo notifica della fonte, ovvero un sito internet contenente le
informazioni e dopo aver contrassegnato le accessioni
presenti nel catalogo come “disponibile”.
CIGM e Convegni “Piante Mediterranee”
A metà degli anni ‘90 è stato costituito il Centro
Interuniversitario per le Ricerche, Conservazione ed
Utilizzazione del Germoplasma Mediterraneo
(CIGM) cui aderiscono le Università della Basilicata,
Bari, Lecce, Reggio Calabria, Palermo, Sassari,
Catania e Campobasso allo scopo di promuovere e
coordinare le ricerche, favorire lo scambio di informazioni e del materiale vegetale, stimolare la collaborazione tra le istituzioni.
Il Centro è stato, sin da subito, molto attivo organizzando il I Convegno sulla biodiversità a Massafra
(TA) nel 1995. Da allora ne sono stati organizzati altri
sette (l’ultimo nel 2008).
Nel 2003, in Sardegna, si è tenuto il I Convegno
“Piante Mediterranee” cui hanno fatto seguito altri 3
convegni nel 2004 (Sicilia), 2006 (Puglia) e 2009
(Basilicata).
Sia i Convegni del CIGM che delle “Piante
Mediterranee” hanno visto una vastissima partecipazione di studiosi e la presentazione di oltre 1.500 contributi scientifici a dimostrazione dell’intensa attività
della ricerca italiana sul tema delle RG.
Il ruolo delle Regioni, delle Province Autonome e
degli Enti territoriali
Regioni, Province e gli enti territoriali come
Comunità Montane e Parchi, per la conoscenza del
territorio e la sua gestione normativa, rappresentano le
istituzioni più idonee dalle quali partire per coordinare le azioni di raccolta, conservazione e valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo. Diverse
Regioni e la Provincia autonoma di Bolzano, come
già evidenziato, si sono dotate di leggi che regolamentano l’attività di salvaguardia e valorizzazione
delle RGV di interesse agricolo e hanno finanziato e
finanziano importanti progetti per lo studio del germoplasma presente sul territorio affidando l’attività di
ricerca alle strutture scientifiche (Università, CRA,
CNR…). Ciò che fino ad ora è mancato è una vera
opera di coordinamento tra le tante iniziative che, con
l’approvazione del Piano Nazionale Biodiversità di
interesse Agrario (PNBA), che vede coinvolti
Ministero delle Politiche Agricole, Regioni, e
Province Autonome, è finalmente avviato a soluzione.
Le azioni di recupero e studio delle varietà autoctone finanziate dalle Regioni e condotte direttamente
o, più frequentemente, in collaborazione con istituzioni scientifiche o commissionate ad istituzioni di ricerca sono numerose e hanno dato un contributo importante di conoscenza e valorizzazione economica del
germoplasma autoctono: Piemonte (Bounous et al.,
2006; Latino et al., 2008), Lombardia (Eccher et al.,
2007), Veneto (Schiavon e Giovannini, 2007), Friuli
Venezia Giulia (Osler et al., 2006; Ermacora e
Malossini, 2006), Emilia-Romagna (Biscotti et al.,
2010), Toscana (Turchi, 1999; 2007), Marche
(Luciani e Valenti, 2010), Lazio (ARSIAL, 2011),
Abruzzo (Dalla Ragione et al., 2004; Di Santo e
41
Fideghelli e Engel
Madonna, 2002), Molise (Cicoria et al., 2000),
Campania (Santangelo e Casato, 1999), http://agricoltura.regione.campania.it/frutticoltura/frutticoltura-germoplasma.html, Puglia (Biscotti et al., 2010;
Lombardo, 2004), Basilicata (Mennone et al., 2009a;
2009b; 2009c), Sicilia (Caruso et al., 2007; Sottile e
Restuccia, 2006; AA.VV, 2007), Sardegna (Bandino
et al., 2001). Degna di nota è la bellissima opera in
due volumi “Le specie legnose da frutto: liste dei
caratteri descrittivi” finanziata ed edita dall’ARSIA
della Regione Toscana e preparata dal Dipartimento
di Ortoflorofrutticoltura dell’Università di Firenze
(Bellini et al., 2007)
La conservazione delle accessioni autoctone in
alcuni casi è affidata dalle Regioni e Province autonome ad istituzioni di ricerca come nel caso di Bolzano,
Toscana, Umbria, Sicilia, in altri casi sono le Agenzie
Regionali di Sviluppo Agricolo o altre strutture regionali che si fanno carico della conservazione come in
Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Abruzzo,
Campania, in altri casi ancora la rete di conservazione
è affidata ad una pluralità di figure giuridiche come in
Piemonte, in Emilia-Romagna e in Sardegna, infine,
in altri casi il problema non è ancora definito, come in
Puglia e Calabria.
Le informazioni sulle accessioni conservate sono
molto frammentarie e incomplete; sulla base della
bibliografia e i dati disponibili in rete si può stimare,
per le sole specie frutticole (esclusi, pertanto, agrumi,
olivo e vite), che le accessioni autoctone già individuate, descritte e conservate da e per conto delle
Regioni varino da 2.500 a 3.000.
Il ruolo dei privati
Il ruolo degli agricoltori, ed in particolare dei piccoli agricoltori, è sempre stato determinante nella
conservazione delle risorse genetiche vegetali e l’attività di recupero svolta negli ultimi 30 anni, in
seguito all’adozione della CBD, ne è la testimonianza
più recente.
L’industrializzazione dell’agricoltura con la conseguente forte specializzazione e concentrazione produttiva su poche varietà, senza il contributo dei piccoli agricoltori che hanno mantenuto molte delle vecchie varietà, avrebbe portato ad un più grave impoverimento del germoplasma autoctono.
Opportunamente, alcune leggi regionali definiscono il ruolo degli agricoltori custodi cui, da parte delle
Regioni, viene affidato il compito di conservare le
accessioni autoctone iscritte nei Registri regionali.
Nella conservazione e nella valorizzazione delle
antiche varietà dei fruttiferi giocano un ruolo molto
42
importante i vivaisti ed alcune aziende agricole che
fanno attività vivaistica, tra cui esiste una specializzazione proprio per la moltiplicazione delle antiche
varietà autoctone (Rete Semi Rurali, 2008) destinate
alla produzione per i mercati di nicchia, quasi sempre
locali, alla coltivazione nelle aziende agrituristiche più
rispettose dell’ambiente e delle tradizioni e nei frutteti
familiari coltivati con passione da semplici amatori.
Tra le diverse associazioni tra privati, costituitesi
in Italia per la difesa della biodiversità, la Rete Semi
Rurali con sede a Scandicci (FI) è tra le più attive e tra
i soci comprende Archeologia Arborea che si è segnalata, a livello nazionale e internazionale, per l’originalità delle ricerche delle antiche varietà di fruttiferi,
non limitate soltanto alla raccolta e conservazione del
materiale vegetale, ma anche alla raccolta di informazioni storiche e delle tradizioni legate alle singole
varietà e al territorio di ritrovamento (Dalla Ragione e
Dalla Ragione, 2006; Dalla Ragione, 2010).
Un’altra interessante fonte di accessioni dimenticate sono i conventi, le abbazie e i giardini storici
come dimostrato dalle ricerche condotte nell’ambito
del progetto “Valorizzazione e salvaguardia di raccolte museali naturalistiche di orti botanici, giardini storici e beni paesaggistici” finanziato dal Comitato Beni
Culturali del CNR negli anni ’90 di cui faceva parte
Francesco Monastra che aveva fortemente voluto questa iniziativa (Avanzato, 2004).
Le specie spontanee parenti di quelle coltivate
Più recente, rispetto al recupero delle varietà
autoctone, è la crescente sensibilizzazione per la conservazione e l’utilizzazione delle specie spontanee
parenti di quelle coltivate o Crop Wild Relatives
(CWR) come sono conosciuti internazionalmente
(Caruso et al., 1999; Cervelli, 2005; Piotto et al.,
2005; 2010; Garibaldi, 2010).
A conferma di ciò e dell’importanza del territorio
italiano per la presenza di una ricca flora di CWR, nel
2005, ad Agrigento, si è tenuta la prima Conferenza
internazionale sui CRW che comprendeva anche la
Conferenza finale di PGR Forum (European Crop
Wild Relative Diversity Assessment and Conservation
Forum), un’azione finanziata dal 5° Programma
Quadro della Comunità Europea. I CWR possono
essere identificati con le specie selvatiche tassonomicamente imparentate con le piante di importanza
socio-economica: produzioni agricole, ornamentali,
aromatiche e medicinali, forestali alle quali possano
fornire caratteri genetici utili mediante incrocio e altre
tecniche (Maxted et al., 2005). In questa occasione è
anche stato presentato il risultato del Progetto PGR
Biodiversità vegetale di interesse agricolo
Forum, un catalogo europeo contenente tutte le specie
classificate come CWR inclusa la loro presenza nei
vari paesi europei e dell’area mediterranea (Crop
Wild Relative Information System, CWRIS,
http://www.pgrforum.org/cwris/cwris.asp), nonchè la
bozza di una futura strategia per la conservazione e
l’utilizzo delle CWR.
L’International Union for the Conservation of
Nature and Natural Resources (IUCN) ha pubblicato
una Lista Rossa europea (European Red List) di specie a rischio di estinzione tra le quali diverse di interesse frutticolo e orticolo (tab. 6).
Secondo il 2 nd Country Report on the State of
PGRFA i principali CWR del settore ortoflorofrutticolo presenti nelle aree protette italiane sono i
seguenti (fra parentesi il numero delle diverse specie
appartenenti ai singoli generi):
• Fruttiferi: Corylus (2), Crataegus (7), Fragaria
(3), Juglans (2), Malus (3), Prunus (16), Pyrus
(3), Ribes (7), Rubus (10), Sambucus (3), Sorbus
(6), Vaccinium (4). A questi si possono aggiungere i generi Arbutus, Castanea, Ceratonia,
Mespilus, Myrtus, Olea, Vitis, ugualmente presenti nel nostro Paese (Raimondo, 2004; Accogli et
al., 2009).
• Piante da orto: Allium (24), Apium (2), Asparagus
(4), Beta (2), Brassica (6), Cirsium (20), Daucus
(2), Foeniculum (2), Lactuca (6), Sinapis (3),
Solanum (5).
• Piante ornamentali e aromatiche: Anemone (12),
Achillea (15), Campanula (38), Centaurea (50),
Cistus (7), Cyclamen (6), Cytisus (8), Dianthus
(19), Euphorbia (39), Gentiana (20), Geranium
(20), Helianthus (4), Helichrysum (5), Humulus
(3), Lavandula (3), Limonium (21), Linum (14),
Mentha (16), Ophrys (22), Orchis (30), Origanum
(4), Primula (23), Ranunculus (41), Salvia (10),
Saxifraga (43), Thymus (16), Viburnum (4), Viola
(38).
Alcune di queste specie selvatiche sono oggetto,
da tempo, di azioni di recupero ai fini produttivi o di
miglioramento genetico come Limonium narborense e
sinuatum reperiti in Sicilia (Burchi et al., 2005),
Asparagus maritimus e acutifolius presenti nell’Italia
centro-meridionale (Falavigna, 2009), Beta vulgaris
ssp. maritima presente lungo le coste adriatiche del
Veneto e dell’Emilia Romagna (Mandolino, 2007),
diverse specie di Brassica del ricco patrimonio genetico siciliano (Branca, 2002).
Diversi studi riguardano anche i CWR delle piante arboree da frutto come il Prunus webbii, parente
del mandorlo (Godini et. al., 2009; Resta et al.,
2009), il lentisco (Pistacia lentiscus L.) che è utiliz-
Tab. 6 - Specie ortofrutticole europee a rischio di estinzione
(IUCN European Red List).
Tab. 6 - European horticultural species at risk of extinction
(IUCN European Red List).
Ortaggi
Genere
Fruttiferi
n.
Genere
Allium
117
Asparagus
19
Malus
5
Beta
10
Olea
2
Brassica complex
137
Prunus
16
4
Pyrus
11
Vitis
1
Cicer
Cichorium
3
Daucus
12
Lactuca
27
Lens
5
Vicia
22
Fragaria
n.
3
zato come portinnesto del pistacchio (Celestre et al.,
2009), il Pyrus pyraster Burgsd., studiato come
potenziale portinnesto del pero (Caboni et al., 1999,
Palombi et al., 2007), e il Pyrus amygdaliformis Vill.
(Resta et al., 2009).
Riassunto
Sin dai primi anni ‘90 numerose iniziative internazionali sono state intraprese con lo scopo di salvaguardare e di utilizzare in modo sostenibile la biodiversità
agricola. Particolarmente importanti sono l’Agenda 21
e la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) nel
1992, il Piano Globale di Azione (GPA) per la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse genetiche
vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (PGRFA)
nel 1996 e il Trattato Internazionale (TI) FAO sulle
PGRFA nel 2001. Al fine di rendere operativi questi
accordi tra paesi sono state avviate diverse iniziative a
livello internazionale, regionale, nazionale. L’Italia ha
ratificato l’adesione alla CBD nel 1994 e al TI nel
2004 e ha stabilito che il Ministero dell’Ambiente è il
referente per la biodiversità in generale, mentre il
Ministero delle Politiche Agricole lo è per la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare. Nell’ambito di
questa cornice, l’Italia ha approvato una serie di leggi
e di progetti che hanno portato alla costituzione del
Comitato delle Risorse Genetiche e alla adozione del
Piano Nazionale sulla Biodiversità di interesse agricolo, al finanziamento di un progetto nazionale per l’attuazione degli obiettivi del TI (progetto RGV/FAO)
alla promulgazione, da parte di diverse Regioni, di
leggi regionali per la raccolta, caratterizzazione, valorizzazione e conservazione ex situ e in situ delle risorse genetiche autoctone a rischio di estinzione.
43
Fideghelli e Engel
Parole chiave: legislazione, conservazione, caratterizzazione, valorizzazione, germoplasma autoctono
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