Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe

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Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe
Faculteit Letteren & Wijsbegeerte
Geraldine Wijns
Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine
“atipiche” delle fiabe tradizionali
Analisi della raffigurazione della protagonista
“intraprendente” nelle ‘Fiabe italiane’ di Calvino e nelle
‘English Fairy Tales’ di Jacobs
Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad van
Master in de taal- en letterkunde
Engels – Italiaans
2012-2013
Promotor
Prof. dr. Mara Santi
Vakgroep Letterkunde
HOW
TO GET INTO THIS [THESIS].
Knock at the Knocker on the Door,
Pull the Bell at the side,
Then, if you are very quiet, you will hear
a teeny tiny voice say through the grating
“Take down the Key.” This you will find at the
back: you cannot mistake it [...].
Put the Key in the Keyhole, which
it fits exactly, unlock the door and
WALK IN.
(Joseph Jacobs English Fairy Tales, 1890)
2
Ringraziamenti
La stesura della tesi è stata un’esperienza impegnativa, ma altrettanto istruttiva. La ricerca
sull'argomento ha occupato gran parte del mio tempo nell’ultimo anno; è stata un processo
lungo ed intenso per cui talvolta è stato necessario fare le ore piccole. Proprio come Italo
Calvino mi sono trovata immersa nel meraviglioso mondo delle fiabe pur senza avere una
conoscenza approfondita del genere letterario. È stato anche per me come “un salto a
freddo”1. Mi sono resa conto, durante la mia ricerca, che la discussione intorno al genere della
fiaba è più complessa di quanto si possa immaginare. Per questo motivo ho trovato la stesura
della tesi un viaggio accattivante, accompagnato nondimeno da varie peripezie.
Fortunatamente, per superare i vari ostacoli incontrati ho potuto contare sul sostegno della
professoressa Mara Santi, che sempre ha trovato il tempo per fugare i miei dubbi o per
mettermi sulla buona pista. Vorrei ringraziarLa per il Suo tempo e per la Sua disponibilità: la
porta del Suo ufficio sempre aperta mi ha trasmesso una sensazione rassicurante. Vorrei anche
ringraziare la Dottoressa Rossella Bonfatti, che si è impegnata a fondo per revisionare la mia
tesi dal punto di vista linguistico. Infine, vorrei anche dedicare alcune parole ai miei genitori
che sono stati in grado di sorreggermi emotivamente nei momenti più difficili.
1
Italo CALVINO, Introduzione, in Id., Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi
cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, con una prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori (“I
Meridiani”), 2011, p. 9.
3
Indice
Introduzione .............................................................................................................................. 5
Parte 1 ........................................................................................................................................ 8
1
2
Capitolo 1: Italo Calvino Vs. Joseph Jacobs: introduzione agli autori ........................ 9
1.1
Italo Calvino (1923-1985) ................................................................................................................. 9
1.2
Joseph Jacobs (1854-1916) ............................................................................................................. 14
Capitolo 2: Status Quaestionis: Come la critica analizza la figura femminile? ........ 19
2.1
La prospettiva strutturalistica .......................................................................................................... 19
2.2
La prospettiva psicoanalitica ........................................................................................................... 21
2.3
La prospettiva femminista ............................................................................................................... 25
2.4
La prospettiva letteraria ................................................................................................................... 30
Parte 2 ...................................................................................................................................... 32
3
Capitolo 3: Analisi: La “giovane donna” nella fiaba ................................................... 33
3.1
Jacobs e Calvino: una predilizione per la protagonista indipendente........................................ 34
3.2
L’aspetto esteriore ............................................................................................................................ 37
3.2.1
I colori........................................................................................................................................ 37
3.2.2
I capelli ...................................................................................................................................... 42
3.3
La personalità .................................................................................................................................... 44
3.3.1
La personalità incantevole dell’eroina fiabesca, caratterizzata dall’intelligenza e
dall’ingegnosità.......................................................................................................................................... 44
3.3.1.1
Kate Crackernuts ................................................................................................................. 45
3.3.1.2
Molly Whuppie ..................................................................................................................... 47
3.3.1.3
Caterina la Sapiente ............................................................................................................ 50
3.3.2
3.4
L’eroina fiabesca e il motivo del camuffamento ................................................................. 53
3.3.2.1
Cap O’Rushes....................................................................................................................... 54
3.3.2.2
Fanta-Ghirò, persona bella ............................................................................................... 57
L’amore .............................................................................................................................................. 60
Conclusione ............................................................................................................................. 65
Bibliografia ............................................................................................................................. 67
Appendice ................................................................................................................................ 72
4
Introduzione
“C’era una volta...”. Con queste parole cominciano le storie che costituiranno il focus della
mia tesi. Sono fiabe che rappresentano al lettore un mondo di principi e di principesse, di
magia, di meraviglia e di avventure. Le espressioni “C’era una volta...” o “Once upon a
time...” funzionano quasi come delle formule magiche, che proiettano il lettore nel mondo
della fantasia e che lo avvertono che seguirà una storia che farà appello all’immaginazione. Si
tratta di un’espressione idiomatica, diffusa presso culture assai diverse, perché la tradizione di
raccontare storie appartiene all’uomo: così avviene anche nella cultura italiana e in quella
inglese, che producono le due collezioni che saranno al centro della ricerca. Le fiabe che
occupano una posizione centrale nella nostra ricognizione provengono dalla collezione
italiana di Italo Calvino, Fiabe italiane, e dalla raccolta inglese di Joseph Jacobs, English
Fairy tales.
Il genere fiabesco è un genere letterario interessante che presenta una struttura
particolare, uno svolgimento narrativo divertente e la capacità di descrivere “a universe in
miniature”2. Max Lüthi afferma, riferendosi alla fiaba, che “[w]hen something has the ability
both to attract and repel one so forcefully, one may assume that it deals with fundamentals.
[...] [It is] a peculiar form of literature, one which concerns man directly” 3. La fiaba si collega
alla vita del lettore, che può riconoscervi degli elementi della propria vita o imparare delle
massime di saggezza immergendosi nel mondo fiabesco, ossia “[f]airy tales possess a special
sort of magic and play an important role in all our lives”4. Quest’ultima osservazione si
riconduce all’idea che “[t]he characters of the fairy tale are not personally delineated; the fairy
tale is not concerned with individual destinies”, vale a dire, il protagonista della fiaba
rappresenta “an image for the human spirit: the story portrays the endowment, peril, paralysis,
and redemption not of just one [...] [person], but of all mankind”5. Tale prospettiva è una delle
ragioni per cui la fiaba è così popolare e presente nelle diverse culture: nonostante le fiabe
raccontino delle storie antiche, appartenenti a tempi lontani o immaginati, si può osservare la
presenza di storie o elementi che rimandono alla vita quotidiana.
Partendo da queste osservazioni, possiamo argomentare che i personaggi stanno alla
base della fiaba. Nella collezione di Jacobs e in quella di Calvino il lettore ne incontra una
grande varietà: personaggi maschili e femminili, buoni e cattivi, belli e brutti, ricchi e poveri.
Tra gli innumerevoli personaggi presentati, il mio interesse è catturato, in particolare,
dalla raffigurazione, interpretazione e caratterizzazione del personaggio femminile. In
2
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, con un’introduzione di Francis Lee Utley,
Bloomington & London, Indiana University Press, 1976, p. 25.
3
Ivi, p. 22.
4
Ivi, risvolto della sopraccoperta.
5
Ivi, p. 24.
Si nota che Max Lüthi procede dal “caso specifico” al “caso generale”, ossia parte (in questo caso) dalla fiaba
“Sleeping Beauty” per applicare poi le proprie osservazioni all’intero genere. (The Oxford Companion to Fairy
Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, a cura di Jack Zipes, New York, Oxford
University Press, 2000, p. 18.)
5
generale, la figura femminile della fiaba si articola in figure diverse che svolgono ruoli
specifici, come: principessa, madre, matrigna, fata o madrina, strega, ecc. Per di più, durante
la lettura delle fiabe di Calvino e quelle di Jacobs, sono rimasta colpita dalla vera e propria
indispensabilità della “donna” nella fiaba. Tale idea sembra evidente, però, non possiamo
negare la presenza dell’idea stereotipica dell’uomo eroico, che regge il regno della fiaba,
lasciando in ombra la donna fiabesca, che occupa un ruolo secondario. Sia Jacobs che Calvino
includono, nelle loro rispettive collezioni, alcune fiabe che mettono in scena delle
protagoniste interessanti che spiccano perché vengono presentate in modo più attivo,
intraprendente e moderno a paragone delle donne più tradizionali delle altre fiabe. Per questo
motivo l’obiettivo centrale della mia analisi consisterà nell’offrire un’analisi di una selezione
di fiabe che presentano una protagonista atipica. Parleremo di eroine dai nomi altisonanti,
come Kate Crackernuts, Caterina la Sapiente, Molly whuppie e Fanta-Ghirò che mostrano al
lettore un atteggiamento diverso, indipendente, a volte persino audace. L’analisi si focalizzerà
da un lato sul modo in cui la figura della donna intraprendente viene rappresentata nella fiaba
e su come lo scrittore inglese e quello italiano decidono di raffigurare le protagoniste
ingegnose. Dall’altro lato, mi sembra interessante scoprire delle analogie o delle differenze
nella raffigurazione delle eroine fiabesche in Jacobs e in Calvino. Tuttavia, mi sembra
necessario notare che una simile eroina intraprendente è presente soltanto in un limitato
numero di fiabe, e sia Calvino che Jacobs sembrano inserirla all’interno di un corpus di fiabe
dominate da un’eroina più tradizionale.
La tesi si articolerà in diversi capitoli nei quali offrirò sia una prospettiva teorica sulla
figura femminile nella fiaba, sia un’analisi tematica dei diversi aspetti della protagonista
atipica. Nel primo capitolo presenterò gli autori, spiegando perché mi concentrerò sulle
raccolte di fiabe di un autore italiano e su quella di uno scrittore inglese. Italo Calvino e
Joseph Jacobs hanno realizzato delle collezioni importanti, che offrono al lettore nuove
prospettive sulle fiabe di lingua italiana e su quelle di lingua inglese. Calvino e Jacobs
adottano un certo metodo di lavoro, svelano delle analogie e differenze e rappresentano
alcune qualità con le quali riescono a catturare l’attenzione del pubblico. Il secondo capitolo
verte sullo Status Quaestionis, in cui si distingueranno i quattro approcci con cui si affronta
l’interpretazione della figura femminile della fiaba: l’approccio strutturalistico, l’approccio
psicoanalitico, l’approccio femminsta e l’approccio letterario. Quest’ultimo approccio
costituirà il punto di partenza per la nostra analisi, perché offre osservazioni interessanti che ci
possono aiutare a comprendere meglio il ruolo, ovvero il “significato”, della protagonista
fiabesca. Il terzo capitolo, suddiviso in quattro sezioni, si focalizzerà sull’analisi della figura
femminile atipica. Basandoci su una selezione di sette fiabe, quattro di Calvino e tre di
Jacobs, affronteremo, in primo luogo, le ragioni per cui i due autori si dimostrano a favore
della donna fiabesca intraprendente. In secondo luogo considereremo l’aspetto esteriore della
figura femminile per passare, in terzo luogo, alla personalità e al carattere delle protagoniste.
Infine, in quarto luogo, affronteremo l’amore e la relazione amorosa fra il personaggio
maschile e quello femminile nelle fiabe selezionate.
6
In questo modo proverò ad offrire una nuova prospettiva esegetica sulla figura
femminile nella fiaba, partendo da una piccola raccolta di sette fiabe provenienti dalla
collezione di fiabe di Italo Calvino e da quella di Joseph Jacobs.
7
Parte 1
8
1 Capitolo 1: Italo Calvino Vs. Joseph Jacobs: introduzione
agli autori
In questo capitolo introduttivo vorrei presentare i due scrittori e le loro rispettive collezioni di
fiabe, ossia Italo Calvino con le Fiabe italiane e Joseph Jacobs con la raccolta di English
Fairy Tales. Inoltre motiverò la mia scelta di mettere a confronto lo scrittore italiano e
l’autore inglese e proverò ad indicare le differenze e i punti comuni tra Jacobs e Calvino
nell’approccio alla loro collezione narrativa e nel loro metodo di lavoro in generale. In ogni
caso è del tutto possibile argomentare che i due autori qui presi in esame si impongano
all’attenzione del pubblico e della critica grazie alle loro qualità di originalità, audacia e
innovazione legate ai rispettivi contesti culturali di appartenenza. Grazie a questo complesso
intreccio Jacobs e Calvino riescono a catturare l’attenzione dei lettori e ad affascinarli con le
loro opere fiabesche.
1.1 Italo Calvino (1923-1985)
La mancanza di una “gran raccolta delle fiabe popolari di tutta Italia, che sia anche libro
piacevole da leggere, popolare per destinazione e non solo per fonte”6 spinge Italo Calvino nel
1954 alla stesura delle Fiabe italiane. Nello spazio di due anni Calvino si dedica a questo
progetto impegnativo e attraversa l’Italia in lungo e in largo per arrivare ad una raccolta di
duecento fiabe italiane provenienti dalle venti regioni della penisola 7. La scelta della casa
editrice Einaudi di affidare il progetto della raccolta nazionale di fiabe a Calvino non si
rivelerà un errore8 e anche Mario Lavagetto, che scrive la prefazione alle Fiabe italiane,
afferma che l’idea di scegliere Calvino per intraprendere questo viaggio fu in qualche modo
segnato dal destino:
[N]ell’accanimento, nella determinazione con cui Calvino affronta la riscrittura di
duecento fiabe [...] è possibile riconoscere una sorta di predestinazione o di
preveggenza: l’appuntamento è decisivo e Calvino assolve al suo compito nell’arco di
un anno se, nella tarda primavera del 1956, le fiabe sono scritte con un tour de force
degno di quelli fra i suoi protagonisti che in una notte riescono a compiere imprese
apparentemente impossibili, a filare montagne di canapa, a tessere vestiti
meravigliosi o a separare un’enorme quantità di ceci e piselli mescolati insieme.9
In merito Calvino rivela nell’introduzione che lo studio della tradizione folcloristica
italiana costituiva per lui “un salto a freddo”, ossia un’immersione “in questo mondo
6
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 8.
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, a cura di
Jack Zipes, New York, Oxford University Press, 2000, p. 83.
8
Mario LAVAGETTO, Prefazione, in Italo CALVINO, Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare
durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p.
XI.
9
Ivi, p. XIV.
7
9
sottomarino disarmato d’ogni fiocina specialistica”10. Tuttavia, una volta fatto il salto nel
buio, Calvino viene colto da una vera “mania”, alimentata dalla “ricchezza e limpidezza” del
“fondo fiabistico popolare italiano” e dalle “qualità di grazia, spirito [e] sinteticità di disegno”
del folclore italiano11. Tale interesse per la tradizione folcloristica spiega perché Calvino nella
composizione della propria raccolta si immerga nel materiale ottocentesco – in particolare si
concentra sulla collezione siciliana di Giuseppe Pitré, intitolata Fiabe, novelle e racconti
popolari siciliani (1875), e sulla raccolta toscana di Gherardo Nerucci, intitolata Sessanta
novelle popolari montalesi (1880) – anziché affidarsi alla trascrizione delle fiabe popolari
narrategli dalle cosiddette “vecchiette”12. Questa scelta metodologica viene indicata nel
sottotitolo della raccolta: Fiabe italiane - raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi
cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti. Nondimeno deve essere notato che “le Fiabe
italiane si present[ano] non solo come le fiabe della tradizione popolare trascritte da Calvino,
ma anche come le fiabe di Calvino”, quindi “come testimonianza dell’approccio personale
con cui Calvino si è accostato ai testi della tradizione, interpretandoli attraverso la propria
voce”13. Si rivela quindi fondamentale per una corretta lettura delle Fiabe italiane prendere in
considerazione la dimensione inventiva e creativa aggiunta alla raccolta da Calvino stesso.
Nell’introduzione alle Fiabe italiane Calvino chiarisce la natura del suo intervento nella
raccolta e spiega i “Criteri del mio [Calvino] lavoro”, ricordando che tre quarti dell’opera
sono qualificabili come scientifici mentre “l’ultimo quarto [del suo lavoro è] frutto d’arbitrio
individuale”14. Cominciando con la scelta della “version[e] più bell[a], original[e] e rar[a]”,
Calvino procede con la traduzione dal dialetto in italiano e con l’inserimento di elementi dalle
varianti alternative alla versione scelta per poter “integrare con una mano leggera
d’invenzione i punti che paiono elisi o smozzicati”; contemporaneamente Calvino prova a
realizzare tutte queste fasi usando un italiano che non è nè troppo personale, nè scialbo 15. Per
una lista ordinata e sistematica dei tipi di interventi calviniani, si può fare riferimento alla
prefazione di Mario Lavagetto in cui i cambiamenti di tipo ‘accelerazione’, ‘contaminazione’,
‘enfatizzazione’, ‘aggiunta’, ‘invenzione’, ‘omissione’, ‘sostituzione’ e ‘variazione’ vengono
descritte dettagliatamente16. Prendendo in considerazione tutti questi interventi autoriali di
Calvino, possiamo concludere che le Fiabe italiane sono in effetti “le fiabe di Calvino”17. Per
giustificare la sua metodologia, l’autore fa riferimento al proverbio toscano di Nerucci:
In tutto questo mi facevo forte del proverbio toscano caro al Nerucci: «La novella nun
è bella, se sopra nun ci si rappella», la novella vale per quel che su di essa tesse e
ritesse ogni volta chi la racconta, per quel tanto di nuovo che ci s’aggiunge passando
di bocca in bocca.18
10
Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 9-10.
Ivi, p. 11.
12
Ivi, pp. 22, 14.
13
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, Roma, Carocci Editore, 2007, pp. 15-16.
14
Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 13-14.
15
Ivi, pp. 14-15.
16
Mario LAVAGETTO, Prefazione, in Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., pp. XXXI-XXXIII.
17
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 16.
18
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 21.
11
10
Va inoltre notato che Calvino inserisce nella sua raccolta una sezione di Note, che
accompagnano le fiabe e che assumono una duplice funzione19. Da un lato le Note offrono
informazioni scientifiche sui cambiamenti inseriti nelle fiabe dallo scrittore, mentre dall’altro
lato riflettono il carattere personale di Calvino20.
Le Fiabe italiane di Italo Calvino si prestano a multiple interpretazioni, innescando,
per esempio, il problema della valutazione dei racconti fiabeschi, visti come “documenti
storici” o come “testi poetici”21. Però, prima di tutto, ci sembra utile indicare la differenza
categoriale tra la “fiaba popolare” e la “fiaba classica di origine popolare”22 (in inglese: the
“oral fairy tale” vs. “the literairy fairy tale”23) visto che questa distinzione può aiutare nella
caratterizzazione delle fiabe calviniane. La ‘fiaba popolare’ può essere definita come la fiaba
di “estrazione etnico-popolare che intende trascrivere il più fedelmente possibile la narrazione
orale”, come per esempio la collezione di Nerucci (1880) e quella di Pitré (1875) 24. La ‘fiaba
classica’ “è quella di origine popolare in cui gli autori, pur dichiarando espressamente di voler
rimanere fedeli alla versione originale orale, di fatto nella trascrizione scritta operano
abbastanza liberamente”, come per esempio la collezione di Straparola (1550), quella di
Basile (1634) e quella dei Grimm (1812)25. Di conseguenza, la categorizzazione delle Fiabe
italiane di Calvino come raccolta di fiabe classiche non è problematica data la dimensione
creativa ed inventiva implicata. Vedremo che questa classificazione si rivelerà importante
nell’interpretazione delle fiabe.
In primo luogo ci concentriamo sull’interpretazione storica delle fiabe di Calvino,
visto che “è innegabile che esso [il testo fiabesco] porti con sé i segni dei luoghi e dei tempi in
cui è stato tramandato”26. È possibile “rintracciare [nella fiaba] [...] le variabili storiche e
geografiche, le situazioni specifiche del vissuto sociale”, in base agli aspetti morfologici che
identificano gli elementi costanti nella struttura fiabesca attraverso società diverse 27. Tuttavia
19
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 25.
Ivi, pp. 25-26.
21
Ivi, pp. 26-33.
22
Silvia Blezza PICHERLE, La fiaba: contenuti, stile, adattamenti, valore educativo, Dispense del corso di
Letteratura per l’infanzia, Corso di Laurea – Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di
Verona, a.a. 2009-2010, p. 3.
23
Ruth B. BOTTIGHEIMER, Fairy Tales – A New History, Albany-NY, Excelsior Editions, 2009, pp. 6-8.
Oral fairy tales: “fairy tales [that] were created within an oral (‘pure’ or ‘genuine’) culture and were transmitted
through oral cultures as ‘folk fairy tales’ until they were written down by later authors, who collected them from
the folk (but ‘contaminated’ them in so doing)”, p. 6.
Literairy fairy tales: “a reworking of orally composed and transmitted tales […] ‘reworking’ is understood to
have been carried out by literate, and literary, authors like Giovan Francesco Straparola, Giambattista Basile, [...]
Jacob and Wilhelm Grimm [etc.]”, p. 7.
Nota: Bottigheimer ha scatenato con questo libro una forte discussione, perché vuole dimostrare che “the
existence of oral fairy tales […] among any folk before the ninetheenth century cannot be demostrated” (p. 7). In
questo modo la critica vuole anche minare la “theory of oral origins and transmission” che, secondo lei, si
dimostra “unproveable” (p. 8). Il risultato è un conflitto teorico tra le idee di Bottigheimer, quelle dello studio
folcloristico tradizionale e quelle dell’approccio socio-storico ed ideologico.
24
Silvia Blezza PICHERLE, La fiaba: contenuti, stile, adattamenti, valore educativo, Dispense del corso di
Letteratura per l’infanzia, Corso di Laurea – Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di
Verona, a.a. 2009-2010, p. 3.
25
Ibidem.
26
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 26.
27
Ivi, p. 27.
20
11
la prospettiva storica cambia a seconda che si parli di fiabe popolari o di fiabe classiche,
poiché –dal punto di vista della tradizione folclorica– la fiaba popolare rappresenta una
trasmissione “pure and genuine” che si scontra con la fiaba classica, che viene invece
considerata come “an impure, inauthentic derivative”28. Calvino accenna a questa divisione in
modo indiretto nell’introduzione alla raccolta:
alla mancanza di libertà della tradizione popolare, a questa legge non scritta per cui al
popolo è concesso solo di ripetere triti motivi, senza vera «creazione», il narratore di
fiabe sfugge con una sorta d’istintiva furberia: lui stesso crede forse di far solo delle
varizioni su un tema; ma in realtà finisce per parlarci di quel che gli sta al cuore. 29
Come possiamo leggere, Calvino concentra la propria attenzione sul contributo dei narratori
delle fiabe30, vale a dire sul fatto che sono i narratori a determinare le variabili storiche che
vengono rappresentate nelle fiabe e a determinare anche la creatività poetica che ci fa spostare
più verso la categoria di fiabe classiche31. Non si può però dimenticare che, oltre ai narratori
che hanno trasmesso le fiabe oralmente, c’è anche Calvino, il narratore-scrittore della raccolta
delle Fiabe italiane, che può altresì rispecchiare dei motivi culturali o storici attraverso la
scelta di inserire nella raccolta alcune fiabe specifiche o attraverso cambiamenti e invenzioni
rispetto alle fonti. Lo sviluppo verso la fiaba trascritta, in cui l’invenzione e l’originalità del
narratore-scrittore sono centrali, ha delle conseguenze per le ricerche socio-storiche, anche se
“Zipes, however, adapts Nitschke’s method for defining the socio-historical context of folk
tales to the study of the literairy fairy tale, arguing that fairy tales ‘preserve traces of vanished
forms of social life’ even though tales are progressively modified ideologically” 32.
Nondimeno, mi sembra che l’approccio socio-storico occupi una posizione secondaria rispetto
all’interpretazione poetica delle fiabe calviniane.
In secondo luogo ci occupiamo della ragione per cui la valutazione poetica dei racconti
fiabeschi è fondamentale nell’analisi delle Fiabe italiane poiché riguarda il profilo letterario
attribuito alle fiabe, ovvero secondo le parole di Sarah Cruso: “In definitiva, l’obiettivo
doveva essere la realizzazione di un’opera dagli intenti letterari, frutto del lavoro di uno
scrittore e, nello specifico, della poetica di Calvino: le fiabe di Calvino, appunto”33. Italo
Calvino, nella stesura delle Fiabe italiane, adotta un doppio standard, ossia il narratorescrittore si dimostra in grado di conciliare il “rispetto di convenzioni” con la “libertà
inventiva”34. Tale atteggiamento rivela perché il punto di vista sociologico-antropologico
viene leggermente sorpassato dalla “lettura poetica delle fiabe tradizionali” per cui Calvino, lo
scrittore-narratore della raccolta, si trova nella posizione di “attribuire [...] una nuova identità”
ai “temi e motivi tradizionali [che] costantemente ritornano” 35. In generale, Simona Prone
28
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17.
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 50.
30
Con ‘i narratori delle fiabe’ intendo riferire ai narratori che hanno narrato le fiabe sulle quali le collezioni di,
per esempio, Pitré e Nerucci sono basate. Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 24.
31
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 24. & Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe
italiane, cit., p. 33.
32
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., pp.
19-20.
33
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 19.
34
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 50.
35
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., pp. 34, 36, 91.
29
12
sottolinea che la natura fiabesca può infatti superare la stereotipia assimilando degli elementi
caratteristici dell’ambito letterario36:
Accettate quindi la costanza e la ripetibilità di motivi e figure appartenenti al mondo
della fiaba, non si può non mettere in luce anche il potenziale immaginativo che in essi
si nasconde, un vero universo poetico, dal quale il narratore attinge in modo libero ed
autentico, partendo da motivi trasmessi per arrivare a produzioni che della letteratura
presentano l’interruzione del rapporto con la propria origine, all’insegna di una
ricreazione personale e originale del materiale trasmesso.37
Con riferimento all’originalità e alla dimensione inventiva con cui Calvino ha affrontato il
compito di curare una raccolta nazionale di fiabe italiane, si parla di “creative license” 38.
Nell’introduzione alle Fiabe italiane Calvino elenca alcune “caratteristiche tipiche delle fiabe
italiane, però ci sono alcuni critici che sostengono che questo elenco riguardi l’inventiva di
Calvino stesso”39. Le caratteristiche individuate sono: il “senso d[i] bellezza” 40, “la naturale
«barbarie» della fiaba [che] si piega ad una legge d’armonia”41, “corre, nella fiaba italiana,
una continua e sofferta trepidazione d’amore”42, la “spinta verso il meraviglioso”43 e la
“tensione dinamica fra la fantasia e la realtà”44. Particolarmente quest’ultima caratteristica
richiama la nostra attenzione siccome Calvino si dimostra convinto della «verità» delle fiabe,
ossia lo scrittore esce dal mondo fiabesco dopo due anni di dedizione profonda e realizza che
“le fiabe sono vere”45. Calvino insiste sull’idea che le fiabe rappresentano i mille volti della
vita umana e offrono “una spiegazione generale della vita”46. Calvino riesce a riassumere in
alcune frasi l’essenza simbolica della fiaba, il che emerge dal seguente passaggio, molto citato
dalla critica specialistica:
[Le fiabe] sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna,
soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla
nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle
prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano.47
Si può osservare che, anche se Calvino vede la fiaba come mezzo ideale per rappresentare il
sodalizio fra il mondo reale e il mondo fantastico, lo scrittore non esclude la possibilità di
36
Simona PRONE, La dimensione letteraria del racconto fiabesco, in “Testo: studi di teoria e storia della
letteratura e della critica”, Vol. 21, N. 39, 2000, p 35.
37
Ivi, p. 46.
38
Gina M. MIELE, Italo Calvino’s spiderlike web: caught between folklore and literature, in “Italica”, 22
giugno 2011, pp. 232-244 (scaricato dal sito TheFreeLibrary.com in un documento di Word, [pp. 1-9]:
http://www.thefreelibrary.com/Italo+Calvino's+spiderlike+web%3A+caught+between+folklore+and...a0277519285, [p. 5.] ).
39
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 84
(traduzione personale).
40
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 46.
41
Ivi, p. 47.
42
Ivi, p. 47.
43
Ivi, p. 50.
44
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 84
(traduzione personale).
45
Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 12-13.
46
Ivi, p. 13.
47
Ivi, p. 13.
13
accantonare la realtà esistente e usare la fiaba per suggerire una realtà alternativa 48. Secondo
Calvino una delle qualità peculiari del racconto fiabesco è la sua funzione di antidoto, capace
di offrire al pubblico un rifugio dalla durezza dell’esistenza e allo stesso tempo di ravvivare la
speranza e la forza di volontà della gente49.
L’identificazione delle Fiabe italiane come fiabe classiche di origine popolare (literary fairy
tales) e la conseguente importanza assunta dalla valutazione poetica della raccolta hanno
determinato la mia preferenza per l’analisi letteraria delle fiabe in cui “the stylistic features
and thematic significance” hanno un ruolo centrale, come indicato anche dal critico letterario
Max Lüthi50.
1.2 Joseph Jacobs (1854-1916)
Joseph Jacobs, nato nel 1854 in Australia, si trasferisce in Inghilterra dove inizialmente si fa
un nome come storico, dedicandosi per un lungo periodo allo studio del giudaismo 51. Dopo
aver approfondito le ricerche in storia ebraica, Jacobs si rivolge allo studio del folclore con la
pubblicazione di Jewish Diffusion of Folk Tales (1888), il che costituisce il punto di partenza
della sua carriera di folclorista52. Tale carriera ha una svolta quando diventa socio nel 1889
della ‘Folk-Lore Society’ e grazie al lavoro editoriale per la rivista inglese ‘Folk-Lore’,
“svolto sino al 1893”53. Nel 1890 Jacobs si dedica alla stesura di English Fairy Tales, una
raccolta che viene considerata come “[a] pioneering collection[s] from the golden age of
folktale collecting”54. Tuttavia deve essere notato che la parola “pioneering” non riflette la
popolarità della collezione all’epoca della pubblicazione, ma fa piuttosto riferimento al suo
grado di innovazione, siccome “Jacobs was not during his lifetime, and is not now, the most
prominent or most highly regarded of his colleagues, but he is among the most modern”55. Di
conseguenza Jacobs non viene inserito nel “Great Team” di Richard Dorson che comprende i
sei “rappresentanti del folclore dell’epoca vittoriana”56, il che porta i critici di oggi alla
constatazione che “Joseph was underrated [...] because he was often right – arguing against
the prevailing opinions of his contemporaries – when the majority of his collegues were
wrong”57.
48
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 43.
Ivi, p. 34.
50
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18.
51
Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, in “Folklore”, Vol. 98, N. 2, 1987, p. 183. & The
Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 268.
52
Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., p. 184.
53
Ibidem (traduzione personale).
54
Donald HAASE, Preface, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, a cura di e
con un’introduzione di Donald Haase, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2002, p. VII.
55
Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., p. 183.
56
Ibidem (traduzione personale).
57
Carol G. SILVER, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, in “Marvels & Tales”, Vol. 18, N. 1,
2004, p. 105.
49
14
Nella prefazione alla collezione di English Fairy Tales Jacobs rivela il motivo che lo
ha spinto alla composizione della raccolta: “Who says that English folk have no fairy-tales of
their own?”58. Questa domanda deve essere contestualizzata poiché Jacobs ha vissuto in un
periodo caratterizzato dall’assenza di una vera e propria tradizione di fiabe inglesi:
[A] distinctly English fairy tale did not become firmly established or widely known
until the Victorian Era [...] the English fairy-tale tradition had paled in contrast to the
remarkable tales found on the continent.59
In altre parole, alla fine dell’epoca vittoriana anche l’isola britannica comincia a sentire la
necessità di produrre una collezione nazionale di fiabe: una necessità particolarmente acuita
dal grande successo della raccolta tedesca dei fratelli Grimm – Kinder- und Hausmärchen60.
Oltre a ciò, “their [le fiabe dei Grimm] pervasive presence in England [...] underlined the
absence of a comparable collection of indigenous English tales” per cui Jacobs si mette alla
stesura della raccolta di English Fairy Tales, che sarà seguita, alcuni anni dopo, dalla seconda
collezione More English Fairy Tales nel 189461.
A questo punto è possibile individuare la prima corrispondenza ovvero la prima somiglianza
tra i due autori, Calvino e Jacobs, dato che la raccolta dei fratelli Grimm e la metodologia di
lavoro da entrambi adottata ha avuto un’influenza rilevante sui due scrittori62. Per motivi
cronologici è possibile argomentare che il legame tra i Grimm e Italo Calvino non sia forse
tanto ovvio quanto il rapporto tra i fratelli tedeschi e Joseph Jacobs. La raccolta dei fratelli
Grimm appare intorno al 1812 e viene seguita in Inghilterra dalle English Fairy Tales di
Jacobs nel 1890, mentre le Fiabe italiane di Calvino vengono pubblicate soltanto nel 1956. La
raccolta Kinder- und Hausmärchen dei fratelli Grimm ha avuto una fortuna senza pari e
entrambi gli scrittori l’hanno presa come modello: infatti sia Jacobs che Calvino hanno in
mente di costruire una raccolta nazionale di fiabe che possa rivaleggiare con quella dei fratelli
tedeschi:
La prima spinta a comporre questo libro [le Fiabe italiane] è venuta da un’esigenza
editoriale: si voleva pubblicare, accanto ai grandi libri di fiabe popolari straniere, una
raccolta italiana. Ma che testo scegliere? Esisteva un «Grimm italiano»?63
“English Fairy Tales and More English Fairy Tales [...] [were] described [by Jacobs]
‘as the best substitute that can be offered for an English Grimm’ (1894, 215)”64
L’articolo di Gary Allan Fine, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, contiene informazioni rilevanti
concernente le idee innovative di Jacobs e rappresenta le cinque tematiche che sono presenti nella sua opera:
“The Significance of Diffusion”, “The Nature of the Folk-Group”, “The Individual Origin of Folklore and its
Spread Through Group Dynamics”, “The Systematic Study of Folktale Motifs”, the “Effects of Social Structure
on Behaviour” (p. 185).
58
Joseph JACOBS, Preface, in Id., English Fairy Tales, London, David Nutt, 1892 (rist. anast., Elibron Classics
2005), p. VII.
59
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, a cura
di e con una prefazione di Donald Haase, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2002, p. IX.
60
Ivi, pp. IX-X.
61
Ivi, pp. IX-X.
62
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit.,
pp. IX-XI. & Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13-15.
63
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 5.
15
Per quanto riguarda la somiglianza tra Calvino e Jacobs è fondamentale notare che entrambi
gli scrittori adottano una metodologia editoriale piuttosto innovativa che segue altresì
l’approccio dei Grimm65; ma va sottolineato che la posizione dei Grimm rispetto al materiale
orale non è completamente scientifica perché “i Grimm [...] lavorarono molto di testa loro,
non solo traducendo gran parte delle fiabe dai dialetti tedeschi, ma integrando una variante
con l’altra, rinarrando dove il dettato era troppo rozzo, ritoccando espressioni e immagini,
dando unità di stile alle voci discordanti”66. Un tale atteggiamento veniva mal tollerato
all’inizio del Ottocento, il che spiega l’essere “scrupulously honest” dei Grimm rispetto al
loro lavoro editoriale67. Nella mia introduzione di Calvino ho dimostrato invece come lo
scrittore italiano dichiari in tutta coscienza di aver dedicato “un quarto” del lavoro alla sua
volontà personale e inventiva, un approccio che viene peraltro – in prevalenza – accettato dai
contemporanei68. In breve possiamo dire che, da un lato, abbiamo i fratelli Grimm che non si
dimostrano del tutto sinceri rispetto alla dimensione inventiva che si può scoprire nel loro
lavoro editoriale, mentre dall’altro lato abbiamo Italo Calvino che sottolinea nell’introduzione
della raccolta che il suo lavoro editoriale è caratterizzato dall’invenzione e dalla creatività. Per
quanto riguarda la metodologia adottata da Joseph Jacobs, possiamo dire che quest’ultimo
sembra occupare una posizione di transizione tra i Grimm e Calvino; una posizione che ha
peraltro “suscitato una grande controversia” tra i suoi colleghi folcloristi e che quindi richiede
una spiegazione più dettagliata69. Per poter spiegare la polemica intorno alla metodologia
adottata da Jacobs, è necessario indicare il punto di vista assunto dalla tradizione folcloristica:
There are two key underlying assumptions informing the work of folkloricists: that
folk tales have their origins in oral traditions; and that a single definitive version of a
particular tale type as it may have existed in the oral tradition might be reconstructed
from its variants. [...] the assumption that in identifying the basic structure of a
specific tale type an originary ‘ur-text’ might be reconstructed is grounded in a
romantic ideology which conceives of the folk-tale tradition as pure and genuine, and
the literary fairy tale as an impure, inauthentic derivative.70
In teoria il folclorista Jacobs dovrebbe concordare con un simile punto di vista, ma in realtà
Jacobs sviluppa delle teorie alternative che si allontanano dalle concezioni tradizionali
dell’approccio folcloristico. Queste teorie rivelano che Jacobs non è affatto contrario al
“literary fairy tale” e che le sue raccolte “straddle the border between folklore and
literature”71. In primo luogo la sua teoria alternativa del “folktale diffusion” indica che Jacobs
“is not primarily concerned with the ultimate origin of the folktale, but with the individual
64
Joseph JACOBS, More English Fairy Tales, London, David Nutt, ed. 1894, p. 215, citato in Donald HAASE,
Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. X.
65
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit.,
pp. IX-XI. & Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13-15.
66
Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 13-14.
67
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p.
XXI.
68
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 14.
69
Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., pp. 189-190.
70
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17.
71
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p.
XIV.
16
folktale text and its relationship to the specific time and place of its creation”72. Si nota inoltre
che questa teoria designa Jacobs anche come “a literary folklorist” perché “Jacobs necessarily
valued literary sources in collecting and studying the folktale” dal momento che “the spread
of tales from society to society also involved printed texts as a means of transmission”73. In
secondo luogo Jacobs presenta la sua teoria su “come il folclore è stato creato”74. La
prospettiva tradizionale argomenta che il folclore è stato creato da un autore collettivo (quindi
da “the folk”), ma “Jacobs puts forth the idea [...] that specific individuals create specific texts
in acts of artistic creation”75. Possiamo quindi affermare che Jacobs “rejects rigid distinctions
between folklore and literature”76, il che influisce profondamente sul metodo con cui si
avvicina alle collezioni di fiabe. Vale a dire Jacobs “[has a certain] understanding of his own
creative role in the process of transmitting stories”77 e egli “justifie[s] his retellings as
authentic folktales”, basandosi sulle proprie teorie:
Consistent with his theory of diffusion and his concept of the folk, the authenticity he
presumed his stories to have did not stem in his mind from verbatim retellings, but
from his presumed ability to speak – in fact, to write – as the folk himself.78
Di conseguenza possiamo leggere nell’introduzione alla raccolta di English Fairy Tales come
Jacobs abbia adottato una metodologia innovativa rispetto alla tradizione folclorista:
In the majority of instances I have had largely to rewrite these Fairy Tales, especially
those in dialect [...] I have also had to reduce the flatulent phraseology of the
eighteenth-century chap-books [...] In a few instances I have introduced or changed an
incident. I have never done so, however, without mentioning the fact in the Notes.79
Questa citazione indica che Jacobs ha piena consapevolezza del suo ruolo creativo nella
composizione della raccolta80, tanto che la sua risulta in una collezione caratterizzata dalla
tensione “between respect for the folk tradition and belief in the primacy of literary
creation”81. Va inoltre rilevato che Jacobs – come Calvino – ha inserito una sezione “Notes”
alla fine della raccolta in cui spiega apertamente i cambiamenti, ovvero gli adattamenti
rispetto al materiale originale, cosicché i lettori e i critici hanno la possibilità di consultare le
note per capire il ruolo creativo di Jacobs e le sue invenzioni personali inserite nella
raccolta82. Insomma possiamo anche asserire che Jacobs occupa una posizione di transizione
tra i Grimm e Calvino. Si nota che dopo i fratelli Grimm – che non hanno mai reso manifesto
il loro contributo creativo nei confronti della loro raccolta – Jacobs arriva a contrastare le
teorie folcloristiche più affermate e riesce così a sgomberare la strada per Calvino, che potrà
immettere liberamente la propria creatività ed invenzione.
72
Ibidem.
Ivi, pp. XIV-XV.
74
Ivi, p. XIV (traduzione personale).
75
Ivi, p. XV.
76
Ivi, p. XV.
77
Ivi, p. XXI.
78
Ivi, pp. XVII-XVIII.
79
Joseph JACOBS, Preface, cit., pp. X-XI.
80
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p.
XXI.
81
Ivi, p. XI.
82
Edwin S. HARTLAND, Report on Folk-Tale Research in 1889-1890, in “Folklore”, Vol. 2, N. 1, 1891, p. 114.
73
17
In conclusione si può affermare che esistono delle corrispondenze preliminari tra Jacobs e
Calvino che meritano di essere approfondite. Sono riuscita a trovare una sola breve recensione
alle Fiabe italiane, stesa dal critico Neil Philip, dove i nomi dei due autori vengono
accomunati:
Calvino is aware of the difference between oral and literary narrative [...] gives in his
notes the sources of his versions [...] and details of any changes made. His texts thus
stand in a relation to the oral sources similar to that of Joseph Jacobs’ in English Fairy
Tales.83
Il che sta a significare che c’è un vuoto negli studi sull’argomento poiché manca un confronto
diretto tra Jacobs e Calvino. Per queste ragioni intendo sviluppare tale confronto.
83
Neil PHILIP, Italian Folktales by Italo Calvino, in “Folklore”, Vol. 92, N. 2, 1981, p. 253.
18
2 Capitolo 2: Status Quaestionis: Come la critica analizza la
figura femminile?
Nell’introduzione alla tesi ho già indicato che il mio discorso concernerà la figura femminile
nella fiabe e, in particolare, il modo in cui “la giovane donna” viene raffigurata nelle Fiabe
italiane di Calvino e nelle English Fairy Tales di Jacobs.
Il ruolo del personaggio femminile può rimandare a diverse tipologie, come per esempio la
fanciulla innocente, la principessa, la strega cattiva ovvero la matrigna pazza, che sono tutte
indispensabili allo svolgimento della fiaba. Nella mia analisi cercherò di individuare in
entrambe le collezioni alcune fiabe specifiche che raffigurano dei personaggi femminili
particolarmente interessanti e che hanno determinate caratteristiche.
In ogni caso, prima di entrare nel merito dell’analisi delle fiabe e prima di concentrarsi su un
certo tipo di figura femminile è necessario ritornare al quadro generale. The Oxford
Companion to Fairy Tales offre una rassegna di alcuni “approcci concettuali”, sviluppati nel
corso del Novecento, che affrontano “l’analisi della fiaba classica (‘the literary fairy tale’)” e
propongono diverse interpretazioni rispetto al genere di riferimento 84. Si tratta di approcci che
analizzano il genere fiabesco da differenti punti di vista metodologici, come per esempio lo
strutturalismo, la psicoanalisi, il femminismo, ecc85. Vista la quantità di approcci è importante
rimarcare che “[n]o single approach or methodology is able to arrive at a ‘correct’
interpretation of the fairy tale; instead, different methodologies suit different critical and
ideological purposes”86. In questo capitolo vorrei fare un resoconto generale di alcuni di
questi approcci, focalizzando la mia attenzione sul modo in cui queste prospettive analizzano
la figura femminile nella fiaba.
2.1 La prospettiva strutturalistica
In primo luogo prendiamo in considerazione l’approccio strutturalistico di Vladimir Propp
che, con la pubblicazione dell’opera Morfologij skazki nel 192887, elabora un metodo di
analisi morfologica della fiaba88. La prospettiva strutturalistica implica che Propp
“acknowledges the cultural context of the folk tale, but he is more concerned with its non-
84
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17
(traduzione personale).
85
Ivi, pp. 17-21.
86
Ibidem.
87
Tradotto in italiano nel 1966 sotto il titolo Morfologia della fiaba.
88
Vladimir J. PROPP, Voorwoord, in Id., De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, con
un’introduzione di Max Louwerse, Utrecht, Het Spectrum, 1997, p. 23.
19
variable structural elements and excludes social and historical aspects and variations of form
and content from his analysis”89.
Prima di entrare nel merito di questa analisi è necessario specificare che Propp orienta la sua
ricerca nell’ambito della fiaba di magia, che “[a]s a category, [...] necessarily include
magic”90. La “magia” può realizzarsi tramite l’uso di oggetti o avvenimenti magici; ma anche
la situazione del giovane coraggioso “rescuing princesses from all sorts of dangers and all
sorts of places and then marrying them ranks high among tales of magic”91. Propp sviluppa
l’idea che da una prospettiva strutturale le funzioni svolte dai personaggi rappresentino gli
elementi costanti che si ripetono attraverso fiabe diverse; di conseguenza, egli propone
“l’analisi della fiaba in base alle funzioni delle dramatis personae”92. Inoltre Propp afferma
che “tante funzioni confluiscono logicamente in determinate sfere [d’azione], che a loro volta
corrispondono ai personaggi che svolgono le funzioni”93. In totale vengono individuate sette
“sfere d’azione” che si riferiscono conseguentemente a sette dramatis personae:
“l’avversario”, “il donatore”, “l’aiutante”, “la principessa”, “il mittente”, “l’eroe” e “l’eroe
falso”94. Benché Propp definisca le funzioni come gli “elementi costanti” e le dramatis
personae come le “variabili”, Max Louwerse, nell’introduzione a De Morfologie van het
toversprookje, sottolinea che le dramatis personae rappresentano anche una qualità costante
siccome “tante delle funzioni vengono definite dalla prospettiva del personaggio che svolge la
funzione”95. Il che consente di affermare che i personaggi contano e anche Propp ammette che
sono gli “attributi” dei personaggi, come per esempio “età, sesso, status, aspetto”, che
“attribuiscono alla fiaba [...] la sua bellezza e il suo charme”96.
Incentriamo adesso l’attenzione sull’unica delle dramatis personae femminile, cioè “la
principessa” (ciò non implica che le altre dramatis personae non possano essere donne).
Propp spiega che possiamo incontrare la figura della principessa in diverse posizioni nel testo,
ossia all’inizio della storia, nel momento in cui viene delineata la situazione generale, e poi
come “personaggio cercato”97. Balsamo riassume il ruolo della principessa collegandolo con
il ruolo dell’eroe: “[t]he princess or prize: the hero deserves her throughout the story but is
unable to marry her because of an unfair evil, usually because of the villain. The hero’s
journey is often ended when he marries the princess, thereby beating the villain” 98. In
quest’ottica non sembra che la principessa assuma un ruolo molto importante ed indipendente
nella fiaba perché risulta subordinata al ruolo dell’eroe. Inoltre si può osservare che “Propp’s
theory of narrative seems to be based in a male orientated environment [...] [however, it has to
89
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18.
Ruth B. BOTTIGHEIMER, Fairy Tales – A New History, cit., p. 5.
91
Ivi, p. 6.
92
Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, con un’introduzione di
Max Louwerse, Utrecht, Het Spectrum, 1997, p. 45 (traduzione personale).
93
Ivi, p. 105 (traduzione personale).
94
Ivi, pp. 105-106 (traduzione personale).
95
Max LOUWERSE, Inleiding, in Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een
genre, cit., pp. 18-19 (traduzione personale).
96
Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, cit., p. 113 (traduzione
personale).
97
Ivi, p. 110 (traduzione personale).
98
Hypocrite Reader; http://www.hypocritereader.com/15/vladimir-propp; ultima verifica: 08.04.2013; Emily
Balsamo, The Lonely World of Vladimir Propp, in “The Hypocrite Reader”, N. 15, Aprile 2012.
90
20
be kept in mind that according to Propp] the function (rather than the gender) of characters is
the basis of the theory. E.g. the hero could be a woman; the reward could be a man”99.
Soprattutto l’idea che l’eroe possa anche essere una donna è interessante per la nostra ricerca.
Propp afferma che ci possono essere due tipi di eroi:
“L’eroe-cercatore”: l’eroe parte spinto dal proposito di metter fine alla disgrazia
altrui. Egli cerca la principessa o la regina rapita, va a combattere contro il drago, va a
cercare le mele della giovinezza per il padre ecc. [...] In questa categoria si può anche
far rientrare l’ereo che parte per cercarsi una fidanzata.
“L’eroe-vittima”: l’eroe viene cacciato di casa, come la figliastra o il bambino preso
dalla strega o la bambina maldestra [...] A volte si verifica il rapimento [...] ma
nessuno va a cercare la vittima.100
Nel caso in cui la fiaba presenti un “eroe vittima”, si può avere un’eroina che deve dimostrarsi
indipendente e astuta, che parte da una situazione iniziale difficile e che deve contare sulle
proprie forze per compiere il proprio percorso.
2.2 La prospettiva psicoanalitica
La prospettiva psicoanalitica parte dalla premessa che “the stories are symbolic expressions of
the human mind and emotional experience [...] fairy-tale plots and motifs are [...] symbols of
inner experience that provide insight into human behaviour”101. Prima di tutto vorrei tracciare
un quadro generale dell’approccio psicoanalitico, partendo dalle teorie di Sigmund Freud e di
Carl Gustav Jung che offrono il quadro di riferimento per l’interpretazione della fiaba. Di
conseguenza mi concentrerò sia sull’analisi del freudiano Bruno Bettelheim, che su quella
della jungana Marie-Louise von Franz102, con particolare attenzione al modo in cui la
psicoanalisi interpreta la presenza, la funzione o il ruolo della figura femminile nella fiaba.
Partiamo dalla prospettiva freudiana:
Sigmund Freud’s psychoanalytic theory attempted to discern the more universal
psychology of human behaviour and culture. Freud found fairy tales especially useful
for illustrating his theories of the mind because they seemed so much like dreams.
According to Freud, both fairy tales and dreams used symbols to express the conflicts,
anxieties, and forbidden desires that had been repressed into the unconscious. [...]
Freud demonstrated that fairy tales used a symbolic language that could be interpreted
psychoanalitically to reveal the latent or hidden content of the mind.103
Freud congiunge la teoria del sogno al genere della fiaba; ossia equipara il “linguaggio della
fiaba” al “linguaggio onirico”, argomentando che da una prospettiva simbolica un tale
99
Film Communication Media; http://www.adamranson.plus.com/Propp.htm; ultima verifica: 31.03.2013.
Etnosemiotica.it; http://www.etnosemiotica.it/testi_classici_etnosemiotica_v_propp_caratteristiche_generali_della_fiaba_di_magia.php; ultima verifica: 31.03.2013.
101
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p.
404.
102
Ivi, pp. 18-19.
103
Ibidem.
100
21
linguaggio “può portare in superficie tutti i sentimenti e i pensieri repressi” 104, per cui
l’inconscio si rivela responsabile della produzione del significato dei simboli fiabeschi 105.
Quindi, da un punto di vista simbolico, “fairy tales reveal the workings of the human psyche
and identify the inner experiences that influence human behaviour [...] this means that the
symbolism of fairy tales can reveal the source of psychological pathologies”106. Su questo
punto ritorneremo ancora perché l’importanza dell’“inconscio individuale” di Freud contrasta
con la centralità dell’“inconscio collettivo”, cardine della teoria di Jung107. Sulle orme della
prospettiva freudiana Bruno Bettelheim scrive il saggio The Uses of Enchantment – The
Meaning and Importance of Fairy Tales108. Bettelheim si interessa alla psicologia del
bambino e studia il “rapporto tra il mondo dell’infanzia e la fiaba”, argomentando che “the
logic [...] is circular: fairy tales contain symbolic images which reflect inner psychic processes
and which [...] enable children to externalize and work through their psychological
problems”109. In altre parole Bettelheim ritiene che la fiaba possa rappresentare lo sviluppo
psicologico interno del bambino e ritiene le fiabe “existential dramas in which children
subconsciously confront their own problems and desires on the path to adulthood”110.
Per quanto riguarda la figura femminile nella fiaba e il suo ruolo dal punto di vista
psicologico, vorrei fare riferimento a due esempi che vengono illustrati in The Uses of
Enchantment di Bettelheim. Il primo esempio riguarda la figura della matrigna, che si può
ritrovare nella sezione intitolata “Transformations – The Fantasy of the Wicked Stepmother”.
In questo passaggio Bettelheim ragiona su “the typical fairy-tale splitting of the mother into a
good (usually dead) mother and an evil stepmother”111. Si tratta in effetti di una scissione
psicologica tra le caratteristiche positive e quelle negative della madre 112. In quest’ottica il
bambino crea immaginariamente “una madre buona e una matrigna cattiva”: quest’ultima può
essere vista come l’estensione negativa della vera e buona madre cosicché il bambino “[possa]
preservare la sua immagine positiva della madre”113. Bettelheim nota che “[t]he fantasy of the
wicked stepmother not only preserves the good mother intact, it also prevents having to feel
guilty about one’s angry thoughts and wishes about her”114, però la fiaba insegna ugualmente
al bambino che questi desideri cattivi rispetto alla madre-matrigna possono avere delle
conseguenze imprevedibili e che si possono risolvere solo “compiendo delle buone azioni”115.
Il secondo esempio riguarda un’altra figura femminile, cioè la fanciulla ovvero la principessa,
104
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. III: Q-Z, p. 991 (traduzione personale).
105
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p.
405.
106
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. III: Q-Z, p. 991.
107
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p.
405.
108
Ivi, p. 19.
109
Ivi, p. 19 (traduzione personale).
110
Ivi, p. 407.
111
Bruno BETTELHEIM, The Uses of Enchantment – The Meaning and Importance of Fairy Tales, New York,
Vintage Books, 1977, p. 69.
112
Ivi, p. 68.
113
Ivi, pp. 67-69 (traduzione personale).
114
Ibidem.
115
Ivi, pp. 70-71.
22
che viene collegata al problema edipico affrontato nella sezione “Oedipal Conflicts and
Resolutions – The Knight in Shining Armor and the Damsel in Distress”. La situazione della
fanciulla viene descritta da Bettelheim come segue:
The oedipal problems of a girl are different from those of a boy, and so the fairy
stories which help her to cope with her oedipal situation are of a different character.
What blocks the oedipal girl’s uninterrupted blissful existence with Father is an older,
ill-intentioned female (i.e., Mother). But since the little girl also wants very much to
continue enjoying Mother’s loving care, there is also a benevolent female in the past
or background of the fairy tale, whose happy memory is kept intact, although she has
become inoperative. A little girl wishes to see herself as a young and beautiful maiden
[...] who is kept captive by the selfish, evil female figure and hence unavailable to the
male lover.116
È importante sottolineare che l’immagine appena discussa della scissione psicologica madrematrigna ritorna nella situazione della fanciulla edipica che “può godere – grazie alla fiaba –
del meglio di due mondi: vale a dire [la fanciulla] può godere nella sua fantasia dei piaceri
epidici ed allo stesso tempo può anche mantenere nella realtà dei rapporti positivi con i
genitori”117.
Come ho già accennato la visione di Freud diverge da quella di Jung: la prospettiva freudiana
pone al centro “l’inconscio individuale”, mentre la prospettiva di Jung afferma “the existence
of an impersonal and ahistorical collective unconscious that was a reservoir of images and
forms universally shared by all humans”118. Jung ritiene inoltre che “the symbolic language of
myths, dreams, and fairy tales was composed of these timeless symbolic forms, [...] called
archetypes”119. Per arrivare alle figure archetipiche che corrispondono ai personaggi fiabeschi
femminili è necessario ritornare alle “quattro funzioni psicologiche” definite da Jung120. La
prima funzione è il pensiero e designa “the function of intellectual cognition and the forming of
logical conclusions”; la seconda funzione è il sentimento che rappresenta “[the] function of
subjective valuation”; la terza funzione è la sensazione che significa “all perceptions by means of
the sense organs”; e, infine, la quarta funzione è l’intuizione che rinvia a “[the] perception by way
of the unconscious, or perception of unconscious contents”121. Jung afferma che idealmente queste
quattro funzioni sono presenti nell’individuo “in egual misura”, però avviene quasi sempre
che “una delle funzioni si dimostra dominante rispetto alle altre tre”; il che risulta
nell’individuazione di “sensation types”, “thinking types”, “feeling types” e “intuitives”122. La
rilevanza di queste “quattro funzioni psicologiche” risiede nella loro capacità di designare
“varie [cioè quattro] figure archetipiche che rappresentano i diversi aspetti della psicologia
[...] femminile [...] e [a] queste figure archetipiche sono [anche] riconducibili i vari personaggi
116
Ivi, p. 112.
Ivi, p. 114 (traduzione personale).
118
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p.
405.
119
Ibidem.
120
The Collected Works of C. G. Jung, a cura di H. Read, M. Fordham, G. Adler, W. McGuire, London,
Routledge & Kegan Paul, 1971, 20 voll., vol. VI: Psychological Types, p. 518.
121
Ibidem.
122
Ivi, pp. 518-519 (traduzione personale).
117
23
[femminili] che incontriamo nelle fiabe”123. Chetwynd afferma che l’Io della donna è
costituito da “quattro aspetti”, possiamo anche dire quattro figure archetipiche, che sono
collegate alle “quattro funzioni psicologiche”, così che “l’Io femminile raggiunge la
completezza solo dopo l’evoluzione individuale degli ‘aspetti’ e il loro congiungere nell’Io”
(Figura 1: vedi appendice)124. Le quattro figure sono “la Madre, sensazione; la Principessa,
sentimento; l’Amazzone, pensiero [e] la Sacerdotessa, intuizione”125, ma va aggiunto che ogni
“aspetto” dell’Io femminile ha anche il suo equivalente negativo che rappresenta il versante
cattivo della figura archetipica126. Il primo archetipo femminile che possiamo ritrovare come
personaggio nella fiaba è “la Madre” che rappresenta le caratteristiche stereotipiche della
‘mamma’ affettuosa e protettiva127. In contrasto con “la Madre” benigna si trova “la Madre
Terribile” che incarna caratteristiche negative come, per esempio, il comportamento ossessivo
e soffocante nei confronti dei bambini che conseguentemente non riescono a diventare degli
individui128. Il secondo archetipo è “la Principessa” che indica “[the] quality in a woman
[which] is the very basis of love and personal relationship”, vale a dire, si parla di qualità
come spontaneità, freschezza e attrattiva129. “La Seduttrice” è il lato negativo della
“Principessa” che distrugge ogni relazione armonica130. Il terzo archetipo è “l’Amazzone” che
“personifica le qualità intellettuali nella donna” e che si contrappone alla “Cacciatrice”, ossia
“that type of career woman who hounds men either because she is frustrated in her own
ambitions [...] or else because she has failed to develop other important sides of her
femininity”131. Infine, il quarto archetipo, “la Sacerdotessa”, è caratterizzata dall’intuizione
che le attribuisce una sorta di qualità sorprendente, e “la Strega” che viene infine
caratterizzata da “[a] primitive undeveloped intuition [which] cuts a woman off from the
whole spiritual sphere and [which] is unreliable when she does make use of it”132.
Marie-Louise von Franz, seguace di Jung, si concentra in Il Femminile nella Fiaba133 sulla
maniera in cui “the Feminine reveals itself in fairy tales”134. Nel primo capitolo von Franz
delinea lo scopo del libro: “In dit boek wordt een aantal sprookjes, waarin gedragspatronen en
problemen voorkomen die kenmerkend voor het vrouwelijke lijken te zijn, psychologisch
bekeken”135. Il tema del femminile può fare riferimento a due tipi di “femminilità”: in primo
luogo, lo studio del femminile nella fiaba rinvia all’analisi della psicologia della donna e
all’analisi dei problemi che si presentano nella sua vita136. In secondo luogo “il femminile”
nella fiaba può anche fare riferimento al “lato femminile” dell’uomo, siccome “[d]e man
123
Labirinto Ermetico; http://www.labirintoermetico.com/03Fiabe/personaggi_fiabe_e_archetipi_junghiani.htm;
ultima verifica: 04.04.2013; Daniele Ferrero.
124
Tom CHETWYND, Language of the Unconscious, London, Thorsons, 1972, 3 voll., Vol. I: Dictionary for
Dreamers, p. 38 (traduzione personale).
125
Ivi, p. 39 (traduzione personale).
126
Ivi, p. 41.
127
Ivi, p. 39.
128
Ivi, p. 40.
129
Ivi, p. 40.
130
Ivi, p. 40.
131
Ivi, pp. 40-41 (traduzione personale).
132
Ivi, p. 41.
133
Nella traduzione ollandese il libro è intitolato De Vrouw in het Sprookje.
134
Marie-Louise von Franz.com; http://marie-louisevonfranz.com/b/ff1/; ultima verifica: 22.06.2013.
135
Marie-Louise VON FRANZ, De vrouw in het sprookje, Rotterdam, Lemniscaat, 1980, p. 9.
136
Ivi, pp. 10-11.
24
beschikt nu eenmaal ook over een meestal onbewuster, vrouwelijke component van de ziel,
die Jung anima heeft genoemd”137. In breve, “[s]ome tales [...] offer insights into the
psychology of women, while others reflect the problems and characteristics of the anima, the
inner femininity of men”138. Von Franz sottolinea l’importanza di definire il rapporto tra “de
vrouwelijke kant van de man, de anima, en de werkelijke vrouw” visto che “[d]e werkelijke
vrouw is van invloed op de anima en deze weer op de werkelijke vrouw” 139. Il tipo di
femminilità che viene rappresentato nella fiaba viene determinato per la maggior parte
dall’identità di genere del narratore, ovvero se il narratore è femminile o maschile 140. Ma non
viene neanche esclusa la possibilità che si possa scoprire sia ‘l’anima dell’uomo’, sia ‘la
psicologia della donna’ nella fiaba141. In aggiunta von Franz indica che i personaggi delle
fiabe sono infatti delle “figure archetipiche e simboliche”142, come per esempio “gli eroi e le
eroine delle fiabe”: “Zij leren de mensen door hun voorbeeld bepaalde, steeds weer
terugkerende innerlijke noodsituaties de baas te worden”143.
2.3 La prospettiva femminista
L’approccio femminista si interessa alla fiaba in due modi: ossia da un lato si parla dei
“primary texts”, cioè “[f]emminist fairy tales [that], by definition, engage in a debate about
literary conventions and societal norms. But they are also [...] a response to other tales by
women, a continuity of narratives and concerns”144; mentre dall’altro lato sviluppa “a critique
of patriarchal literary and cultural practices in Western societies and [it] concerns itself
primarily with canonical tales, issues of gender, voice, and power in these tales, [...] the
representation of women in literature [ecc.]”145. In questa concisa rassegna della prospettiva
femminista rispetto alla fiaba ci concentreremo soprattutto sulla teoria e la critica femminista
e non sulle autrici di fiabe. In primo luogo mi riferirò al dibattito “Lurie-Lieberman”, che
racchiude i due poli della discussione femminista sulla rappresentazione della donna nella
fiaba. Il dibattito è nato a causa della pubblicazione dell’articolo Fairy Tale Liberation di
Alison Lurie, in cui la studiosa considera “the fairy tale as a subversive and basically feminist
genre”146. Marcia Lieberman risponde all’articolo di Lurie con Some Day My Prince Will
Come “[which] was one of the first feminist studies in the American fairy-tale renaissance of
137
Ivi, pp. 10-11.
Marie-Louise von Franz.com; http://marie-louisevonfranz.com/b/ff1/; ultima verifica: 22.06.2013.
139
Marie-Louise VON FRANZ, De vrouw in het sprookje, cit., p. 11.
140
Ivi, p. 13.
141
Ivi, p. 13.
142
Ivi, p. 13.
143
Ivi, p. 18.
144
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p.
155.
145
Ivi, p. 158.
146
Vanessa JOOSEN, New Perspectives on Fairy Tales – The intertextual dialogue between fairy-tale criticism
and Dutch, English and German fairy-tale retellings in the period from 1970 to 2006, Proefschrift voorgelegd tot
het behalen van de graad van doctor in de Taal- en Letterkunde, Faculteit Letteren en Wijsbegeerte –
Vergelijkende Literatuurwetenschap, Promotor: Prof. Dr. Geert Lernout, Universiteit Antwerpen, 2008, p. 91.
138
25
the 1970s”147. In secondo luogo incentrerò la mia attenzione sulla ricerca effettuata da Lori
Baker-Sperry e da Liz Grauerholz che si interessano all’ideale della bellezza femminile
presente nelle fiabe, basandosi sull’analisi dei testi dei fratelli Grimm. Infine vorrei affrontare
il fenomeno dell’“ageism” e comparare brevemente la prospettiva psicologica con quella
femminista.
Cominciamo dunque con l’articolo di Alison Lurie che sostiene che “folktales and fairy tales
can advance the cause of women’s liberation, because they depict strong females”148. Lurie
parte dalla prospettiva della “fiaba tradizionale” che, a suo avviso, rappresenta “the sort of
subversive literature of which a feminist should approve”149. Lurie argomenta che la fiaba
“portrayed a society in which women were as competent and active as men, at every age and
in every class”, un’opinione che è in netto contrasto con altre teorie femministe che
considerano invece la fiaba come “a male chauvinist form of literature [...] intended to
convince them [children] that all little girls must be gentle, obedient, passive, and domestic
while they wait patiently for their princes to come”150. Secondo Lurie la ragione per cui la
rappresentazione della figura femminile nella fiaba conosce un’evoluzione così negativa ha a
che fare con l’intervento degli editori delle collezioni di fiabe, vale a dire, “[t]he stories we
know best today reflect the taste of the literary men who edited the first popular collections of
fairy stories [...] [they] rewrote these tales to make them suitable for Victorian children”151. Di
conseguenza Lurie si concentra su “[the] [f]olktales recorded in the field” perché queste fiabe,
anche se sono meno conosciute presso il grande pubblico, sono il punto di partenza per
un’interpretazione in cui alla donna nella fiaba sono associate delle caratteristiche positive152.
Marcia Lieberman, nell’articolo di risposta “Some Day My Prince Will Come”: Female
Acculturation Through the Fairy Tale, mette l’accento su due opposte concezioni che rinviano
al modo in cui la fiaba può influenzare l’immagine che la donna ha di se stessa, il suo
carattere, la sua introspezione153. In primo luogo la studiosa si pronuncia sulla differenza fra
l’impatto delle fiabe popolari e “più conosciute” (come, per esempio, “Ceneretola, la Bella
addormentata nel bosco e Biancaneve”) sull’immagine della donna e l’influenza delle fiabe
che sono state trascritte ma non ampiamente diffuse; vale a dire, secondo Lieberman “[o]nly
the best-known stories, those that everyone has read or heard, indeed, those that Disney has
popularized, have affected masses of children in our culture”154. In questo modo Lieberman
nega la validità alla teoria di Lurie, secondo la quale le fiabe non tanto conosciute presso il
grande pubblico – che presentano spesso una tipologia di eroina più indipendente ed attiva –
147
Ibidem.
Donald HAASE, Feminist Fairy-Tale Scholarship, in, AA.VV., Fairy Tales and Feminism – New
Approaches, a cura di Donald Haase, Detroit (Michigan), Wayne State University Press, 2004, p. 1.
149
Alison LURIE, Don’t Tell the Grown-ups – Subversive children’s literature, Boston – Toronto – London,
Little, Brown and Company, 1990, p. 19.
150
Ivi, p. 18.
151
Ivi, pp. 20-21.
152
Ivi, p. 21.
153
Marcia R. LIEBERMAN, “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation Through the Fairy Tale,
in “College English”, Vol. 34, N. 3, 1972, pp. 383-395.
154
Ivi, pp. 383-384.
148
26
sono rilevanti nella discussione sull’influenza della figura della donna155. In secondo luogo
Lieberman si concentra sugli effetti che le fiabe più celebri hanno sulle giovani lettrici,
siccome:
A close examination of the treatment of girls and women in fairy tales reveals certain
patterns which are keenly interesting [...] as material which has undoubtedly played a
major contribution in forming the sexual role concept of children, and in suggesting to
them the limitations that are imposed by sex upon a person’s chances of success in
various endeavors.156
Il termine legato a questo fenomeno è “acculturation”, ossia l’idea che “those traits that have
been characterized as feminine have a [...] cultural basis: [...] [thus, it is about] what has
become ours through the gentle but forcible process of acculturation”; il che è in contrasto con
la possibilità alternativa, cioè l’origine biologica157. Lieberman afferma che il genere della
fiaba si rivela essere un mezzo culturale che può influenzare le caratteristiche femminili,
ovvero il carattere delle donne, vale a dire “[m]illions of women must surely have formed
their psycho-sexual self-concepts, and their ideas of what they could or could not accomplish
[...] in part from their favorite fairy tales”158. Qui di seguito presenterò alcuni ingredienti
costanti che ricorrono nel genere della fiaba e che possono lasciare un’impronta formativa
nella mente delle giovani lettrici, come per esempio “il concorso di bellezza”159. Lieberman
osserva che nella fiaba la bellezza è “a girl’s most valuable asset, perhaps her only valuable
asset” visto che – in una competizione – è sempre “la fanciulla più bella a ottenere il
premio”160. Per di più “l’essere bella viene considerato alla pari di caratteristiche come la
remissività e la gentilezza, mentre l’essere brutta coincide con un carattere cattivo” 161. Questo
accento posto sulla bellezza fa emergere “uno spirito di gelosia e di divisione tra le
fanciulle”162. La bellezza viene anche legata allo stereotipo dell’eroina passiva nella fiaba
perché “the heroines are chosen for their beauty (en soi), not for anything they do (pour soi),
they seem to exist passively until they are seen by the hero” 163. Nondimeno Lieberman
aggiunge che l’eroina della fiaba non è “meramente passiva” perché assume anche la funzione
di “martirizzatrice”164. Un esempio di un’eroina che svolge tale funzione è Cenerentola perché
la protagonista si vede costretta ad assecondare tutti i capricci delle sorellastre e “Cinderella
bears this ill-treatment meekly: she is the patient sufferer, an object of pity”165. Un altro
ingrediente costante della fiaba è il matrimonio che viene concepito “come il premio o
qualche volta come la punizione per la fanciulla”166. Nel caso che la protagonista, per esempio
155
Alison LURIE, Witches and Fairies: Fitzgerald to Updike, in “The New York Review of Books”, December
2, 1971, p. 6., citato in Marcia R. LIEBERMAN, “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation
Through the Fairy Tale, cit., p. 383.
156
Marcia R. LIEBERMAN, “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation Through the Fairy Tale,
cit., p. 384.
157
Ibidem.
158
Ivi, p. 385.
159
Ivi, p. 385 (traduzione personale).
160
Ivi, p. 385 (traduzione personale).
161
Ivi, p. 385 (traduzione personale).
162
Ivi, p. 385 (traduzione personale).
163
Ivi, p. 386.
164
Ivi, p. 390 (traduzione personale).
165
Ivi, p. 390.
166
Ivi, p. 386 (traduzione personale).
27
la principessa, dimostri di non volersi sposare, viene caratterizzata come “spoiled” e “wilful”
e “[t]he alternate construction, that [she] wished to preserve [her] freedom and [her] identity,
is denied or disallowed”167. Come dice Donald Haase “the clash between Lurie and
Lieberman thirty years ago initiated serious thinking about the role of women in the fairy tale
and about the role of the fairy tale in women’s studies”168, successivamente “[the] feminist
fairy-tale theory has evolved [...] under the influence of various theoretical perspectives, such
as semiotics, psychoanalysis, Marxism, deconstruction theory and queer studies”169 fino alla
ricerca relativamente recente di Lori Baker-Sperry e Liz Grauerholz che nel 2003 pubblicano:
The Pervasiveness and Persistence of the Feminine Beauty Ideal in Children’s Fairy Tales170.
Con “ideale di bellezza femminile” si intende “the socially constructed notion that physical
attractiveness is one of women’s most important assets, and something all women should
strive to achieve and maintain”171. Come rivela già il titolo, “lo scopo della ricerca consiste
nell’analisi della persistenza e della sopravvivenza dell’ideale della bellezza femminile nelle
fiabe attraverso il tempo”172. Questo studio si compone di diverse fasi, ossia in una prima fase
Baker-Sperry e Grauerholz si concentrano sulle fiabe ottocentesche dei fratelli Grimm e,
particolarmente, su quelle fiabe dei Grimm in cui l’ideale della bellezza femminile viene
messo in primo piano173. In una seconda fase le studiose si pongono un obiettivo doppio, vale
a dire viene focalizzato “su quelle fiabe dei Grimm che sono state tramandate nel Novecento e
sull’eventuale predominanza dell’ideale di bellezza in queste fiabe”174. Alla fine della ricerca
le studiose sono in grado di dare una risposta alla domanda “whether those [the fairy tales of
the brothers Grimm] that survived placed greater emphasis on women’s beauty than those that
did not survive”175; vale a dire, i risultati dell’analisi dimostrano che “la maggioranza delle
fiabe sopravissute nel Novecento rappresentano personaggi come principesse giovani e
bellissime”176. Un altro risultato non meno importante riguarda “il legame fra la bellezza
fisica e [le caratteristiche personali, come per esempio] la bontà [e la diligenza]”177. Baker-
167
Ivi, p. 393.
Donald HAASE, Feminist Fairy-Tale Scholarship, in, AA.VV., Fairy Tales and Feminism – New
Approaches, a cura di Donald Haase, Detroit (Michigan), Wayne State University Press, 2004, p. 31.
169
Vanessa JOOSEN, New Perspectives on Fairy Tales – The intertextual dialogue between fairy-tale criticism
and Dutch, English and German fairy-tale retellings in the period from 1970 to 2006, Proefschrift voorgelegd tot
het behalen van de graad van doctor in de Taal- en Letterkunde, Faculteit Letteren en Wijsbegeerte –
Vergelijkende Literatuurwetenschap, Promotor: Prof. Dr. Geert Lernout, Universiteit Antwerpen, 2008, p. 92.
170
Lori Baker-Sperry: “an assistent professor of women’s studies at Western Illinois University and a former
Purdue graduate student”
Liz Grauerholz: “an associate professor of sociology”
Purdue University; http://www.purdue.edu/uns/html4ever/031111.Grauerholz.tales.html; ultima verifica:
08.04.2013; Amy Patterson-Neubert.
171
Lori BAKER-SPERRY, Liz GRAUERHOLZ, The Pervasiveness and Persistence of the Feminine Beauty
Ideal in Children’s Fairy Tales, in “Gender and Society”, Vol. 17, N. 5, 2003, p. 711.
172
Ivi, p. 712 (traduzione personale).
173
Ivi, p. 712.
174
Ivi, pp. 712-713 (traduzione personale).
175
Ivi, p. 714.
176
Purdue University; http://www.purdue.edu/uns/html4ever/031111.Grauerholz.tales.html; ultima verifica:
08.04.2013; Amy Patterson-Neubert (traduzione personale).
177
Lori BAKER-SPERRY, Liz GRAUERHOLZ, The Pervasiveness and Persistence of the Feminine Beauty
Ideal in Children’s Fairy Tales, cit., pp. 718-719 (traduzione personale).
168
28
Sperry conclude che così “viene rinforzato il messaggio ai bambini che l’attrazione fisica è un
aspetto indispensabile che le donne dovrebbero per forza perseguire”178.
Si può affermare che le ricerche di Baker-Sperry e Grauerholz abbiano trovato grande
accoglienza nel discorso femminista. Per esempio i loro risultati della ricerca vengono
utilizzati come argomenti nell’articolo di Patricia Louie Not so Happily Ever After? The
Grimm Truth about Gender Representations in Fairytales in cui si afferma che “[t]he moral
of most fairy tales is that heroines who obey conventional female virtues and submit to the
structures of patriarchy will live ‘happily ever after’”179. Louie indica così che “[t]he
subordination of women is reproduced in fairytales through gender stereotypes, gender
ideology and the expression of patriarchal values”, ma la critica confida nel cambiamento e fa
riferimento al “feminist ‘fractured-fairytale’ scholarship” che si oppone allo stereotipo
femminile diffuso ampiamente nelle fiabe tradizionali180.
Un altro tema interessante, legato al discorso femminista, è quello dell’ “ageism”, traducibile
liberamente come la discriminazione in base all’età, che viene analizzato nell’articolo di
Sylvia Henneberg Moms do badly, but grandmas do worse: The nexus of sexism and ageism
in children’s classics. Henneberg studia il ruolo delle nonne nella fiaba che vengono
stereotipate come “selfish, evil, or vain crones”, ovvero “self-sacrificial women-saviors” o
“ineffectual or demented grannies”181. Tre possibilità che nondimeno rappresentano delle
immagini irreali di anziane e perciò, a causa dell’assenza di fiabe “portraying viable aging
women, the distance between generations increases, creating a destructive gulf in which
ageism and sexism freely reinforce and confirm each other”182. Henneberg riporta due
categorie di “ageism”, che possono essere collegate agli stereotipi della nonna, ossia
“negative ageism seen in tales about wicked or ineffectual hags” e “positive ageism imposed
on good fairy godmothers who are easily exposed as little more than servants in disguise”183.
Tuttavia sia la categoria positiva che quella negativa problematizzano il processo di
evoluzione individuale e lo sviluppo di una propria identità184. Per una comprensione
profonda del ruolo della donna anziana nella fiaba è anche importante ricordare che questa
figura sostituisce il personaggio della madre185, ovvero la figura della “madre assente o
morta”, siccome un elemento costante nel genere della fiaba viene rappresentato da “the dead
mother plot” il che può riflettere “a general anxiety of female influence” 186. Henneberg
conclude che “eliminating mom and devaluing granny is indicative of the widespread anxiety
178
Purdue University; http://www.purdue.edu/uns/html4ever/031111.Grauerholz.tales.html; ultima verifica:
08.04.2013; Amy Patterson-Neubert (traduzione personale).
179
Patricia LOUIE, Not so Happily Ever After? The Grimm Truth about Gender Representations in Fairytales,
in “Ignite”, Vol. 4, N. 1, 2012, p. 78.
180
Ivi, pp. 80-81.
181
Sylvia HENNEBERG, Moms do badly, but grandmas do worse: The nexus of sexism and ageism in
children’s classics, in “Journal of Aging Studies”, N. 24, 2010, p. 126.
182
Ibidem.
183
Ivi, p. 130.
184
Ivi, p. 130.
185
Ivi, p. 128.
186
Ibidem (traduzione personale).
(Henneberg usa il concetto “dead mother plot” dall’articolo di Thaden, B. (1995). Elizabeth Gaskell and the
Dead Mother Plot. New essays on the maternal voice in the nineteenth century (pp. 31-50). Dallas:
Contemporary Research Press.)
29
we have when it comes to dealing with real and realistic women ranging from maturity to old
age”187.
Infine vorrei fare brevemente cenno all’interazione tra la teoria femminista e quella
psicanalitica, rappresentata da un articolo di Marcia Lieberman in cui si discutono le
osservazioni di Marie-Louise von Franz. Lieberman è in disaccordo con von Franz sull’analisi
della “situazione femminile nella fiaba”:
She [von Franz] believes that the minds of men and women work differently, and that
they have distinct personality principles, not only as individuals but also collectively,
by sex. [This means that] [s]he makes certain categorical statements about women:
they love to be unclear, [...] they have more of a herd instinct, and are more interested
in love and personal relationships. She notices that the heroines in fairy tales are
generally more passive than the heroes, but assumes that this reflects the essential
nature of feminine personality.188
Al contrario Lieberman è convinta che “[f]eminists [...] do not believe that they [fairy tales]
depict women accurately. Rather, they believe that the tales serve to influence children and
women, and to acculturate them to accept an externally imposed view of what is innately or
properly feminine”189.
2.4 La prospettiva letteraria
L’ultimo approccio che considereremo è quello letterario. La prospettiva letteraria si rivelerà
importante per il nostro discorso, perché può offrire osservazioni ed interpretazioni
interessanti concernenti i temi e i motivi delle diverse fiabe e le loro figure femminili. Un
esponente importante dell’approccio letterario alla fiaba è Max Lüthi (1909-1991), uno
studioso e professore svizzero che in Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales offre la
propria interpretazione di certe caratteristiche della fiaba da una prospettiva letteraria190.
Nell’introduzione al libro di Lüthi, Francis Lee Utley parla di altri approcci teorici rispetto
alla fiaba, ossia quello sociologico, quello strutturalistico e quello psicologico e sottolinea che
l’approccio letterario, cioè “the approach to the folk tale simply as a work of art” non è
veramente preso in considerazione fino a questo libro di Lüthi191. In altre parole si può
osservare che “Lüthi approaches fairy tales [...] as works of art, forms of pure fiction richly
imbued with poetic symbolism”192. Lüthi argomenta che la fiaba è “a peculiar form of
literature, one which concerns man directly”193 e per questo motivo lo studioso focalizza la
187
Ivi, p. 130.
Marcia R. LIEBERMAN, The Feminist in Fairy Tales: Two Books from the Jung Institute, Zurich, in
“Children’s Literature”, Vol. 2, 1973, p. 218.
189
Ibidem.
190
Francis Lee UTLEY, Introduction, in Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 7.
191
Ibidem.
192
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., risvolto della sopraccoperta.
193
Ivi, p. 22.
188
30
propria attenzione sul “significato” della fiaba194. La parola chiave nella sua prospettiva è
“significato” e Lüthi afferma che si rivela importante per l’uomo scoprire questo significato,
siccome la fiaba è “wise, lucid, realistic in the midst of fantasy”195, ossia:
the fairy tale is not as convincing as realistic fiction, it is more convincing, [i]t has no
‘if’ and no ‘perhaps’; it is the very antithesis of scholarly caution [and] [t]hat is why it
is immediate for us and meaningful.196
Nel Oxford Companion to Fairy Tales viene anche indicato che il “significato” occupa una
posizione centrale nell’approccio letterario di Lüthi e si afferma conseguentemente che “[a]
key assumption informing Lüthi’s work is that fairy tales contain essential underlying
meanings which, in so far as form and meaning are thought of as integral, are manifest in the
basic style of the fairy tale”197. Un’osservazione importante in relazione alla metodologia di
Lüthi è che lo studioso non prende generalmente in considerazione “the social and cultural
contexts of particular retellings [but he is] focussing instead on those story elements and
motifs which remain stable”198. Si nota inoltre che Lüthi lavora secondo il processo di
induzione, vale a dire il critico si concentra su “aspetti specifici” per arrivare alla fine ad “idee
generali” rispetto alla fiaba199. Utley conclude la sua introduzione al libro affermando che
“the oral tale and its literary versions remain alive, and Lüthi has shown us how to gain both
knowledge and power from them”200.
Conclusioni
Concludendo questo discorso teorico sulla figura femminea nella fiaba, si può affermare che
le diverse prospettive offrono delle interpretazioni tutte interessanti ma divergenti. In primo
luogo abbiamo presentato lo storico approccio strutturalistico di Vladimir Propp che si
focalizza sulle funzioni svolte dalle dramatis personae. Per la prospettiva psicoanalitica
abbiamo passato in rassegna sia la visione di Freud, seguita da Bettelheim, che quella di Jung,
seguita da von Franz. La terza prospettiva, il femminismo, spiega le ragioni per cui contesta la
rappresentazione della donna nella fiaba. L’ultimo approccio passato in rassegna è quello
letterario in cui lo studioso Max Lüthi dimostra l’importanza di scoprire il “significato” della
fiaba. Come detto, questa prospettiva letteraria rappresenta il punto di partenza per la nostra
analisi dell’eroina fiabesca, faremo quindi riferimento alle posizioni di Lüthi che affronta la
fiaba basandosi sui temi e sui motivi centrali, che possono rivelare o chiarire il vero
“significato” della fiaba; di conseguenza adotteremo questa metodologia per iniziare l’analisi
dei temi e dei motivi connessi alla protagonista fiabesca.
194
Francis Lee UTLEY, Introduction, in Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p.
10.
195
Ivi, p. 11.
196
Ivi, p. 13.
197
The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18.
198
Ibidem.
199
Ibidem (traduzione personale).
200
Francis Lee UTLEY, Introduction, in Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p.
20.
31
Parte 2
32
3 Capitolo 3: Analisi: La “giovane donna” nella fiaba
Le Fiabe italiane di Italo Calvino e la collezione English Fairy Tales di Joseph Jacobs
offrono una selezione di fiabe in cui la figura femminile è molto presente. La “donna
fiabesca” assume una funziona centrale nella fiaba e si dimostra indispensabile per lo
svolgimento della storia. Non importa se la figura femminile debba aspettare il principesalvatore o se debba prendere le redini di una situazione per salvare il proprio amore; fatto è
che la dinamica della fiaba richiede la presenza di una figura femminile. In alcune delle fiabe
è chiaro, sin dal titolo, che i personaggi femminili non solo figurano nelle fiabe ma
costituiscono il perno della storia il che è evidente dalla presenza dei loro nomi nei titoli,
come per esempio nelle fiabe inglesi Kate Crackernuts, Molly Whuppie e Cap O’Rushes, e
nelle fiabe italiane Giricoccola, Fanta-Ghirò, Uliva, Prezzemolina e Caterina la Sapiente. Si
può affermare, partendo da questi esempi, che nelle fiabe di Joseph Jacobs e in quelle di Italo
Calvino è possibile scoprire delle figure femminili molto interessanti che svolgono il ruolo di
eroine delle fiabe. In altre parole, queste figure non assumono una funzione tradizionale e
stereotipica ma svolgono un ruolo piuttosto atipico nello sviluppo della fiaba; di conseguenza
si prestano ad un’analisi più approfondita.
Per la mia ricerca ho deciso di concentrarmi su una selezione di fiabe, di entrambe le
collezioni, che raffigurano dei personaggi femminili particolarmente affascinanti. Posto che,
come detto nell’introduzione, l’obiettivo centrale della mia analisi consiste nell’offrire
un’immagine del modo in cui la figura della donna intraprendente viene rappresentata nella
fiaba e, par estensione, come la “donna fiabesca” “ingegnosa” viene raffigurata dallo scrittore
inglese Jacobs e da quello italiano Calvino. Intendo scoprire se si possano trovare delle
somiglianze o delle differenze nella raffigurazione delle figure femminili, possiamo dire delle
eroine delle fiabe, nei due autori. Per quanto riguarda la tipologia della “donna fiabesca” ho
già ricordato che all’interno del genere della fiaba si possono ritrovare diverse tipologie di
donne, come la principessa, la matrigna, la strega, la madre, la fata, la bambina, ecc. che
svolgono diverse funzioni nello svillupo della storia. Tra queste possibili tipologie di donna
ho scelto di concentrarmi sulla figura della donna giovane, cioè dell’adolescente che ha
sorpasso l’infanzia, ma che non ha ancora raggiunto l’età adulta. Questa ragazza può essere
una principessa o una cameriera, può essere nobile o povera, di città o di campagna, ciò che è
importante è che ella assume una funzione centrale nella fiaba cui appartiene e che la ragazza
adotta un comportamento determinato. Nondimeno, nella discussione delle diverse fiabe e
delle loro rispettive protagonisti femminili, si rivelerà importante spiegare il ruolo delle altre
figure femminili che possono ostaccolare la ragazza o aiutarla nella sua ricerca.
La prima difficoltà che ho incontrato in questo lavoro su questa specifica figura femminile è
stata la selezione dei testi a causa della quantità delle fiabe. Nel caso di Calvino ho ridotto le
duecento fiabe della sua raccolta a quattro fiabe e per quanto riguarda la collezione delle
English Fairy Tales di Jacobs, mi sono limitata a tre fiabe. La logica seguita nella selezione è
che ogni fiaba selezionata rappresenta un tema o un motivo rilevante rispetto all’eroina; per
questa ragione ho scelto le fiabe seguenti: Kate Crackernuts, Molly Whuppie e Cap O’Rushes
33
dalla raccolta di Jacobs e Il Re di Spagna e il Milord inglese, Caterina la Sapiente, FantaGhirò, persona bella e Re Crin dalla collezione di Calvino.
Come ho già indicato, sia Calvino che Jacobs rappresentano nella loro collezione un certo
numero di fiabe in cui la figura femminile occupa una posizione centrale. Sono rimasta colpita
dalle fiabe inserite nelle collezioni, vale a dire entrambi gli autori non si concentrano
solamente sulle fiabe più note, come Biancaneve o Bellinda e il Mostro, ma scelgono anche
delle fiabe meno famose. Le fiabe che hanno particolarmente attirato la mia attenzione sono
quelle che raffigurano delle donne forti, intraprendenti, intelligenti, astute e allo stesso tempo
anche gentili, belle e mansuete. Deve essere comunque notato che in un’altra parte delle fiabe
non possiamo ritrovare questa figura femminile, ma viene invece rappresentato un
personaggio maschile che svolge la funzione di salvatore e di leader. Nondimeno si può
osservare nelle fiabe selezionate, che analizzerò più in dettaglio, che Jacobs e Calvino
mostrano preferenza per la ragazza che ha spirito d’iniziativa, che è una vera e propria eroina.
3.1 Jacobs e Calvino:
indipendente
una
predilizione
per
la
protagonista
Come ho già indicato varie volte, la sostanza della mia tesi riguarda la figura femminile che si
dimostra atipica, quindi diversa dal personaggio femminile stereotipico, e che di conseguenza
rappresenta delle caratteristiche come il coraggio, l’indipendenza e l’inventiva. Durante la
lettura della raccolta di Italo Calvino ho avuto l’impressione che Calvino volesse dimostrare,
tramite la sua scelta di fiabe e tramite l’aggiunta di alcuni accenti specifici, la propria
preferenza per l’eroina fiabesca e non per l’eroe tradizionale. Sarah Cruso, nella sua guida alle
fiabe di Calvino, conferma la mia impressione basandosi sulle Note in cui Calvino da un lato
rappresenta il processo editoriale e dall’altro lato indica il proprio contributo inventivo alle
fiabe201; Cruso indica che:
La lettura delle Note permette di rilevare come a Calvino piaccia particolarmente
questo personaggio di donna intraprendente che sfida la famiglia, che vince la severità
del padre, della società maschile che la vorrebbe costringere a un ruolo subalterno, e
l’invidia delle altre donne, siano esse esseri umani, fate o streghe, che si mettono in
competizione con lei.202
La Cruso continua il proprio ragionamento elencando alcune fiabe caratterizzate da un tale
personaggio femminile, ma la critica non approfondisce ulteriormente quest’aspetto delle
fiabe di Calvino203. Comparando la collezione di Calvino con quella di Jacobs si può
osservare che è possibile ritrovare questa donna fiabesca forte e indipendente anche nelle
English Fairy Tales di Jacobs. A causa dell’estensione della raccolta di Calvino è logico che
sia più facile rintracciare questa figura e che il numero di fiabe in cui è presente sia maggiore,
201
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., pp. 25-26.
Ivi, p. 40.
203
Ivi, pp. 40-43.
202
34
però dal punto di vista percentuale anche la raccolta di Jacobs vede una rilevante presenza
della figura femminile intraprendente e non è quindi seconda a quella di Calvino. La mia
osservazione trova conferma in quella di Donald Haase:
[A] wide variety of his tales contradicts what we have come to think of as the
stereotypical fairy-tale heroine, who is passive and dependant on male heroism. In
tales like ‘Kate Crackernuts,’ ‘The Three Heads of the Well,’ [...] young daughters
initiate their own heroic journeys out into the world in order to ‘seek their fortunes’ –
an undertaking conventionally reserved for adventurous fairy-tale sons.204
Insomma si può constatare che gli autori si corrispondono nella preferenza che accordano
nelle fiabe alla figura femminile perseverante e che sembra assumersi il ruolo dell’eroe
tradizionale.
A questo punto mi pare importante analizzare le ragioni per le quali sia Calvino che Jacobs
preferiscono una figura femminile forte nelle loro fiabe.
In primo luogo si può osservare che entrambi gli scrittori si lasciano ispirare dalle
narratrici delle fiabe originali, vale a dire sia Calvino che Jacobs si basano su collezioni che
hanno raccolto delle fiabe narrate da donne.
Per quanto riguarda la raccolta delle English Fairy Tales di Jacobs viene indicato che “many
tales came to Jacobs through female collectors and informants [...] [as for example] Mrs. B.
Abrahams, Mrs. Balfour, Miss. C. Burne, [etc.]”205. La collezione di Jacobs si dimostra
veramente influenzata dalle fiabe di queste informatori femminili, ossia “Jacobs benefited
from tales these women told from memory, recorded from their own informants and passed on
to him, or published in their own works of folklore scholarship”206. Tuttavia Jacobs non solo
usava queste fiabe come fonti per la propria raccolta, ma dimostrava anche un grande rispetto
per la loro contribuzione e per l’opera stessa di queste donne siccome “he takes pains to stress
just how large a debt he owes to these contributors”207.
Prendendo in considerazione le Fiabe italiane di Calvino possiamo osservare che anche lo
scrittore italiano non nega l’influenza delle narratrici delle fiabe. Come ho già indicato le due
fonti più importanti per la sua collezione sono la raccolta di Pitrè e quella di Nerucci208.
Nell’introduzione alla sua collezione, Calvino nota che “il segreto della raccolta [...] [di Pitrè
è che] ci poniamo di fronte a personalità di narratori e narratrici ben distinte”209, come per
esempio Agatuzza Messia, una “vecchia narratrice analfabeta”210. La Messia si rivelava una
narratrice molta interessante siccome rappresentava nelle fiabe dei “personaggi femminili
attivi, intraprendenti, coraggiosi, che paiono quasi in aperto contrasto con l’idea passiva e
204
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p.
XXIX.
205
Ivi, p. XXVIII.
206
Ivi, p. XXVIII.
207
Ivi, pp. XXVIII-XXIX.
208
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 22.
209
Ivi, p. 23.
210
Ivi, p. 25.
35
chiusa della donna che si pensa tradizionale della Sicilia”; secondo Calvino si tratta di una
manifestazione delle idee della Messia riflesse nelle fiabe raccontate211.
In sintesi, quindi, entrambi gli autori si dimostrano influenzati dalla “presenza femminile”
identificata nella voce delle narratrici delle fiabe212.
In secondo luogo possiamo considerare la situazione storica nella quale gli autori
hanno scritto la loro raccolta, poiché, se si considerano le collezioni di Jacobs e Calvino, si
rivela importante che entrambi gli scrittori hanno pubblicato le loro opere in un periodo
storico caratterizzato da sviluppi importanti rispetto alla situazione della donna nella società.
Innanzitutto è importante partire dalla situazione storica ottocentesca, poiché, come dice
Alison Lurie “[f]or nearly two hundred years tales have been omitted and unacknowledged
changes made in the original texts” a causa di una maggioranza di “compilers of books of
fairy tales” che hanno adottato un approccio meno scientifico213. Per di più questi
“adattamenti” delle fiabe nell’Ottocento servivano anche a uno scopo educativo, vale a dire,
“si modificano [...] il personaggio femminile [...] [che] nelle rielaborazioni diventa [...] una
persona dolce e graziosa, gentile e remissiva, votata all’attesa del principe azzurro”214.
Possiamo dire che la prospettiva ottocentesca costituiva la norma e dominava l’interpretazione
della donna nella fiaba e per estensione l’interpretazione della donna nella società.
Per quanto riguarda le English Fairy Tales di Jacobs si nota che la raccolta viene pubblicata
nel 1890, ossia verso la fine dell’Ottocento – in epoca vittoriana – e di conseguenza la
raccolta subisce l’influenza della “Victorian culture [...] [that] abounds with stereotypes of
women as sensitive domestic angels”215. Tuttavia Haase argomenta che:
by the time Jacobs first arrived in England and long before he published his first
collection of English fairy tales, social and political movements affecting the rights of
women were well underway. Since the 1840s advances for women had occurred in
laws governing labor, divorce, and education; and early feminist impulses had given
rise to public and political discussions of important issues like birth control, public
health, and women’s suffrage.216
Possiamo quindi concludere che le English Fairy Tales di Jacobs abbiano risentito
dell’influenza della visione ottocentesca e che Jacobs si concentrasse di più sugli sviluppi
positivi in relazione alla condizione femminile nella società217.
Lo stesso ragionamento può essere applicato alla raccolta di Calvino; vale a dire, anche
Calvino sembra dissociarsi dagli stereotipi dell’Ottocento e del primo Novecento. Calvino
comincia la stesura delle Fiabe italiane intorno al 1954, un periodo molto importante per la
211
Ivi, p. 27.
Ivi, p. 36.
213
Alison LURIE, Don’t Tell the Grown-ups – Subversive children’s literature, cit., p. 20.
214
Silvia Blezza PICHERLE, Libri, bambini, ragazzi – Incontri tra educazione e letteratura, Milano, Vita e
Pensiero, 2005, p. 72.
215
Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit.,
pp. XXIX-XXX.
216
Ivi, p. XXX.
217
Ivi, p. XXX.
212
36
situazione della condizione femminile visto che la donna italiana ha ricevuto il diritto di voto
solo otto anni prima:
Il primo [cas[o] eminent[e] di assemblea costituente] è rappresentato dall’Assemblea
eletta a suffragio universale maschile nel 1849 [...] Il secondo è costituito
dall’Assemblea costituente eletta a suffragio universale maschile e (per la prima volta)
femminile nel 1946218
In conclusione possiamo affermare che sia Jacobs che Calvino si dimostrano innovativi per
quanto riguarda il loro atteggiamento critico rispetto agli stereotipi sulla figura femminile.
Deve essere notato comunque che gli autori non assumono quest’atteggiamento nell’intera
raccolta, ossia è anche possibile ritrovare nelle collezioni degli esempi di fiabe in cui viene
presentata la figura femminile “tradizionale”.
3.2 L’aspetto esteriore
Il primo elemento che intendo analizzare è l’aspetto esteriore della figura femminile atipica
nella fiaba, vale a dire come viene rappresentata dal punto di vista fisico.
3.2.1 I colori
In primo luogo l’indagine si focalizzerà sui colori che vengono utilizzati per descrivere la
protagonista intraprendente, portando la mia attenzione su alcune domande che sorgono
contemporaneamente, come le seguenti: possiamo osservare uno stereotipo nella descrizione
cromatica della giovane fiabesca o no? Esiste una differenza tra la figura femminile
tradizionale e stereotipica e quella atipica, indipendente e risoluta, che emerge dall’uso dei
colori utilizzati nella descrizione?
Innanzitutto possiamo notare che il colore è un elemento molto importante nella descrizione
dell’aspetto della figura femminile nella fiaba, come viene anche indicato nella Greenwood
Enciclopedia of Folktales and Fairy Tales, in cui si riporta l’osservazione di Lüthi: “since
most wonder-tale items are colorless, the colored few stand out sharply. [...] the standouts
display clear and ultrapure colors – such as white, black, and red – along with the hues of
precious metals: gold, silver, and copper”219. L’accento sui tre colori rosso, bianco e nero è
particolarmente rilevante per il nostro discorso perché questi colori rappresentano “a
fundamental chromatic trio [which] tends to convey foundational notions”220. L’uso di questo
“tri-cromatismo” per descrivere la protagonista di una fiaba riporta alla prototipica
218
Treccani.it – L’ Enciclopedia Italiana; http://www.treccani.it/; ultima verifica: 22.04.2013; voce: ‘Assemblea
costituente’, http://www.treccani.it/enciclopedia/assemblea-costituente/.
219
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 226.
220
Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of
Womanhood in Fairy Tales, in “Marvels & Tales”, Vol. 21, N. 2, 2007, p. 241.
37
descrizione di Biancaneve: “ideal maiden[s], deemed white as snow, red as blood, and black
as a crow”221.
In ciò che segue presenterò, in primo luogo, una fiaba in cui la protagonista viene
espressamente descritta in base ai colori bianco e rosso e, in secondo luogo, una fiaba in cui la
protagonista dimostra invece un legame con il colore nero.
La fiaba che costituirà il punto di partenza della discussione sull’aspetto femminile,
caratterizzato dai colori bianco e rosso, è la numero centocinquantotto della collezione di Italo
Calvino, ossia Il Re di Spagna e il Milord inglese. Ne ricordo brevemente la trama:
“Il Re di Spagna e il Milord inglese” racconta la storia del figlio (il Reuzzo) del Re che dichiara di
volersi sposare solo e soltanto con una ragazza caratterizzata dai colori bianco e rosso. Il padre
ordina ad un gruppo di pittori di viaggiare per il mondo e di ritornare, dopo un anno, con i ritratti
delle ragazze più belle. Infine, il principe prende in sposa una ragazza che risponde ai suoi requisiti.
Però, visto che la bellezza della ragazza è senza pari, anche il Milord inglese si innamora di lei. Il
Milord vuole assolutamente conquistare il cuore della Reginella e perciò accetta l’aiuto di una
vecchia che gli chiede tre oggetti (un anello, una collana e un “bell’abito”) da donare alla
Reginella a suo nome. Tuttavia, il Milord non sa che la vecchia venderà gli oggetti alla Reginella
senza menzionarlo per cui pensa che la ragazza abbia accettato tutti i suoi regali. Durante una festa
la Reginella non risponde agli approcci e il Milord rimane confuso. A causa di un incontro
occasionale tra il Milord e il Reuzzo (che si maschera per infilarsi tra la folla), quest’ultimo
conclude che sua moglie l’ha ‘tradito’ e ordina al Capitano di ucciderla. Il Capitano però si rifiuta
di farlo e abbandona la Reginelle su un’isola dove sarà ripescata da un altro nave, che la porterà al
Brasile (il regno del fratello del Reuzzo). La ragazza si maschera da uomo e riesce a trovare un
lavoro come Bracciere alla corte dell’Imperatore di Brasile. Intanto, il Reuzzo è diventato pazzo e
sua madre scrive al fratello per implorarlo di salvare il regno. L’Imperatore manda il Bracciere
(ora nominato Vicerè) e, arrivato alla corte, ‘il Vicerè’ decide di risolvere l’equivoco causato dal
Milord e gli chiede di raccontare la sua storia. Il Milord ammette di non aver mai parlato
personalmente con la Reginella cosicché il Vicerè decide di interrogare la vecchia. In questo modo
il Vicerè appura la verità e il Reuzzo si rende conto di aver ucciso la moglie innocente e comincia a
piangere, ma la Reginella, tolto il travestimento, abbraccia di nuovo suo marito.
Nel corpus delle fiabe calviniane Il Re di Spagna e il Milord inglese spicca perché la fiaba
rappresenta un personaggio femminile ben definito per quanto riguarda la caratterizzazione
cromatica; si può infatti facilmente notare come nella fiaba l’accento cada sul rosso e sul
bianco dal momento la protagonista viene descritta come “una bellezza rara, [...] che davvero
è bianca come una formella di ricotta e rosa come un bocciol di rosa”222.
La simbologia congiunta a questi due colori è molto estesa: il bianco, per esempio, “stands for
luminosity and untainted sheen, thus for heavenly essence and purity” 223. Però il bianco è
collegato inseperabilmente al rosso, che si dimostra in grado di contaminare il bianco; vale a
dire “[w]hite is pertinent regarding our heroine insofar as it is tinged with red [...] the purity
221
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227.
222
Italo CALVINO, Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte
in lingua dai vari dialetti, con una prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p.
876.
223
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227.
38
of whiteness is there to be tinted”224. La spiegazione di questo dato è duplice, ossia in primo
luogo “[white] appears tinged by red, for persistent red-on-white imagery underlies the
initiation leitmotiv of maidens passing from the purity of infancy to the mature realm of
procreation”225 e in secondo luogo “the ideal woman born by supernatural intervention [...] is
otherwordly (which white represents) [,] [b]ut her destiny is incarnation and motherhood
(which red epitomizes)”226.
Da ciò si può dedurre che l’interazione tra il bianco e il rosso rappresenta un “contrasto di
base”227, che guida anche il Reuzzo, nella fiaba Il Re di Spagna e il Milord inglese, quando
avanza la pretesa di sposarsi solo e soltanto con “una ragazza che sia bianca come una ricotta
e che sia rosa come una rosa”228. La prima parte della fiaba è infatti dominata dalla ricerca di
una ragazza, che viene descritta in base ai colori bianco e rosso. Nella fiaba questa ricerca
coincide con la ricerca della ragazza più bella del mondo, siccome il principe rifiuta l’ipotesi
di sposarsi con altre ragazze che sono meno belle. In altre parole, la bellezza della ragazza
viene collegata a (e dipende in qualche modo da) questi colori, perché il rosso e il bianco sono
due dei tre colori stereotipici, che formano insieme “[the] color triad [...] [that] designates
[the] ideal maiden[s]”229.
Possiamo riassumere che la protagonista della fiaba viene descritta in base ai colori
stereotipici che le attribuiscono una bellezza tradizionale, però, oltre a ciò, possiamo
argomentare che la fiaba presenta nel contempo una protagonista caratterizzata da
perseveranza e ingegnosità, come dimostra il suo comportamento. Mi riferisco al fatto che la
ragazza deve superare diverse difficoltà e vari ostacoli per poter provare la propria innocenza.
Non si arrende mai e decide pure di mascherarsi da uomo per poter compiere il suo piano. La
protagonista viene descritta come “intelligente” e dimostra il suo carattere ingegnoso quando
alla fine decide di interrogare i due personaggi che sono responsabili della sua sfortuna 230. Per
di più, la ragazza si rende conto che, per poter punire gli impostori, deve condannarli mentre
svolge ancora la funzione di Vicerè: “La sentenza l’aveva già data quand’era ancora vestita da
Vicerè: la vecchia bruciata e il Milord inglese alla ghigliottina”231.
Da ciò si può dedurre che la raffigurazione del personaggio femminile in base ai due dei tre
colori tradizionali non implica necessariamente che si tratti di una figura con un
comportamento tradizionale e stereotipico, ossia anche un’eroina atipica può essere descritta
in base a questi colori. Di conseguenza il termine “the fairy-tale ideal maiden”232 non sembra
224
Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of
Womanhood in Fairy Tales, cit., pp. 245-246.
225
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227.
226
Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of
Womanhood in Fairy Tales, cit., p. 246.
227
Ivi, p. 243 (traduzione personale).
228
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 875.
229
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227.
230
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 876.
231
Ivi, p. 883.
232
Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of
Womanhood in Fairy Tales, cit., p. 243.
39
puntare per necessità alla ragazza sofferente in attesa del principe che deve salvarla, ma può
anche rimandare all’eroina piena d’iniziativa. Mi sembra inoltre importante sottolineare che
questa fiaba non è l’unica in cui la figura femminile atipica viene descritta in base ai colori
stereotipici. Vale a dire, sia nella collezione di Calvino che in quella di Jacobs si possono
trovare altri esempi di fiabe che hanno per protagonista un’eroina atipica, caratterizzata dai
colori stereotipici, come: in Fioravante e la bella Isolina la tessitrice Sandrina viene descritta
come “bianca e rossa come una mela”233 e nella fiaba inglese intitolata The Rose-Tree “[t]he
girl was as white as milk, and her lips were like cherries”234.
Il terzo colore tradizionale, il nero, non è presente nell’aspetto esteriore della
protagonista di Il Re di Spagna e il Milord inglese. Per questo motivo vorrei fare riferimento
alla protagonista di un’altra fiaba, ossia La Serpe Pippina, che dimostra un legame
significativo con il colore nero.
Prima di addentrarsi nell’analisi della fiaba, mi sembra necessario spiegare la connotazione
simbolica sottesa al colore nero. In generale si può affermare che la prima immagine che
viene in mente, prendendo in considerazione il colore nero, è quella della morte, però “nella
fiaba di magia, [il colore nero] è [anche] un requisito per la rinascita” 235. Vale a dire
“enchantment is like reversible death, just as darkness foreshadows new light” 236. Inoltre, con
riferimento ai ritmi ciclici naturali,
[s]uch primacy of death and darkness over life and light is a standard feature of cyclic
models based on natural phenomena – recall the dark moon, out of which the ‘new’
moon reappears periodically, or the black earth synthesizing tomb and womb. 237
Una tale concezione del colore nero può svelare molto rispetto al significato e alla simbologia
della figura femminile nella fiaba. In particolare, l’idea che il colore nero denota sia la morte
sia la rinascita ritornerà proprio, come vedremo, nella fiaba La Serpe Pippina.
La Serpe Pippina racconta la storia di una famiglia povera nella quale nasce una bambina che
è “di bellezza senza pari”, inoltre, la bambina è “tanto bella che padre e madre, appena la
videro, si misero a piangere: - Figlia, in quale miseria sei nata!”238. Tuttavia, la sorte della
bambina cambia nel momento che i genitori decidono di “far fatare” Pippina da “quattro fate
sorelle”239. Le prime tre fate le fanno delle cose belle:
la prima fata [...]: - Io fato te, bella giovane, che tutte le volte che ti spazzoli i capelli,
ti cadano perle e pietre preziose.
- E io, - dice la seconda [...] – ti fato da farti diventare più bella ancora di quel che sei.
233
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 479.
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, London, David Nutt, 1892 (rist. anast., Elibron Classics 2005), p. 15.
235
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227 (traduzione personale).
236
Ibidem.
237
Ibidem.
238
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 825.
239
Ivi, p. 826.
234
40
S’alza la terza. – E io ti fato che tutti i frutti fuori stagione che vorrai ti possano
comparire subito davanti.240
La quarta fata invece si arrabbia e le lancia un’anatema: “- Ecco che fatagione ti faccio: che
quando vedi il sole tu possa diventare una serpe nera!”241. Di conseguenza Pippina deve
rimanere dentro la casa finché il sole tramonta. I genitori riescono a mantenere segreta questa
maledizione, ma la voce della bellezza della loro figlia raggiunge la corte del Re di Francia,
che la vuole sposare. Sfortunatamente, la sua bellezza suscita anche gelosia e durante il suo
viaggio che la conduce dal futuro marito, un’amica apre la finestra e Pippina si trasforma in
un serpente. Il fratello di Pippina, che la sta aspettando alla corte, si vede costretto a dire che
l’amica è sua sorella, pur di non suscitare le ire del Re.
Durante il giorno Pippina deve rinunciare così alla sua bellezza visto che il sole la trasforma
in una serpe nera. Quest’incantesimo rappresenta infatti la morte di Pippina, vale a dire, la
fine di una vita e di un’identità conosciuta. Però, come ho già ricordato, il nero non solo
rappresenta la morte, ma anche la rinascita, che si riflette nella maturazione della
protagonista. Pippina si dimostra una vera eroina perché il passaggio da ragazza bellissima a
serpe nera l’ha costretta ad adottare un atteggiamento più deciso, intraprendente ed
indipendente. Dopo il superamento di alcuni ostacoli Pippina riesce, alla fine della fiaba, a
risolvere la propria situazione difficile e a sposare il Re di Francia. Possiamo dunque
affermare che, nella fiaba, il colore nero non designa soltanto “la morte”, ma anche, come ho
già indicato, “la rinascita” e “l’incantesimo”: “blackness connotes enchantment as well as
death. In fairy tales the two notions are intertwined. Enchantment is something like reversible
death, and death itself appears in tones of enchantment”242.
In conclusione possiamo affermare che il tri-cromatismo è un elemento fondamentale nella
raffigurazione del personaggio femminile nella fiaba. Si nota che il significato simbolico dei
tre colori rosso, bianco e nero rappresenta “[the] chromatic symbolism of ideal womanhood”;
in altre parole, i colori designano la bellezza interna ed esterna della figura femminile e anche
la sua “femminilità”243. Mi sembra importante sottolineare ancora una volta che i colori, che
rappresentano simbolicamente la “femminilità”, non caratterizzano solo figure femminili
stereotipiche, ma vengono anche usati per designare quelle eroine intraprendenti. Come ho già
indicato, la fiaba di Calvino Il Re di Spagna e il Milord inglese non è l’unica fiaba in cui
viene raffigurato un personaggio femminile forte, i cui tratti esteriori sono descritti mediante
il cromatismo bianco-rosso. Per esempio la fiaba The Rose-Tree di Jacobs e una serie di altre
fiabe di Calvino si concentrano su figure femminili che presentano sia una bellezza esteriore,
affidata ai colori stereotipici, sia un carattere indipendente e libero. In altre parole il loro
atteggiamento pieno d’iniziativa non provoca la diminuzione della bellezza esteriore e della
240
Ivi, pp. 826-827.
Ivi, p. 827.
242
Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of
Womanhood in Fairy Tales, cit., p. 247.
243
Ivi, p. 242.
241
41
capacità di rappresentare le caratteristiche di una “fairy-tale ideal maiden”244. Tuttavia,
partendo da quelle fiabe che rappresentano un’eroina qualificata in base all’intelligenza e
all’astuzia, è necessario fare qualche osservazione più approfondita. Si ritiene generalmente
che in queste fiabe non venga posto l’accento sull’aspetto esteriore dell’eroina siccome la
bellezza assume una funzione secondaria rispetto all’intelligenza, come avviene, per esempio,
in Kate Krackernuts. Però resta innegabile che queste eroine possono disporre di entrambe le
qualità, la bellezza e l’ingegnosità, come ci dimostra la fiaba calviniana Il Re Superbo.
3.2.2 I capelli
Un secondo elemento, appartenente all’aspetto esteriore della figura femminile nella fiaba,
sono i capelli, in genere biondi, che aumentano la bellezza della protagonista. Marina Warner
spiega l’etimologia della parola bionda e svela così in parte come “bionda” riceveva una
connotazione estetica e positiva:
The etymology of the word ‘blond(e)’ is not known for certain, though it appears
related to blandus, Latin for charming [...], with later influence from Medieval Latin
blundus and Old German blund, both meaning yellow.245
Nella lingua inglese la parola venne usata prima da Chaucer nella forma “blounde” e più tardi,
nel Seicento, nella forma femminile “blonde” e aveva il significato di “sweetness, charm,
youthfulness”246. Warner continua il quadro storico della parola “blond(e)” e afferma che in
varie lingue la parola adottava:
[a] double resonance [...] of beauty and light colouring [which] corresponds to the
English usage of ‘fair’ since the middle ages: the Old English meaning of beautiful, or
pleasing, developed by the thirteenth century into ‘free from imperfections or blemish’
and by the sixteenth carried explicit connotations of a ‘light hue; clear in colour’.247
Si può notare di conseguenza che il colore biondo è collegato simbolicamente alla “bellezza
femminile – [una bellezza] sia interiore che esteriore”248. Per di più i capelli biondi non sono
solo rappresentativi della bellezza della figura femminile, ma vengono anche “associati [...]
all’amore e all’essere in età da marito, all’attrazione erotica, [...] alla fertilità, [e grazie] alla
sua luminosità [il colore biondo diventava anche] il colore tradizionale dei capelli delle
vergini”249. Vale a dire, per quanto riguarda il legame tra i capelli biondi e la vergine, il colore
biondo designa “la giovinezza e l’innocenza”250. Possiamo dire insomma che il colore biondo
dei capelli dell’eroina fiabesca può rivelare aspetti importanti rispetto all’interpretazione
simbolica del personaggio. Le fiabe che raffigurano una figura femminile con i capelli biondi
244
Ivi, p. 243.
Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy tales and their tellers, London, Vintage, 1995,
pp. 362-363.
246
Ivi, p. 363.
247
Ibidem.
248
Ivi, p. 366 (traduzione personale).
249
Ivi, p. 367 (traduzione personale).
250
Ivi, p. 368 (traduzione personale).
245
42
sono multiple, ovvero come Warner lo direbbe: “Golden hair tumbles through the stories in
impossible quantities”251.
Sia nella collezione di Calvino sia in quella di Jacobs si possono trovare esempi di fiabe in cui
i capelli biondi assumono una posizione centrale, come per esempio L’acqua nel cestello di
Calvino e The three heads of the well di Jacobs. Nella fiaba di Calvino incontriamo una
ragazza umile e gentile che aiuta una vecchia e per la gentilezza viene ricompensata con
diversi doni connessi ai suoi capelli biondi; la vecchia dice: “- Che tu sia bella, che i tuoi
capelli siano d’oro e quando ti pettini ti cadano rose e gelsomini da una parte e perle e rubini
dall’altra”252. Anche nella fiaba di Jacobs si può notare un accento al motivo dei capelli
biondi, siccome l’evento centrale della fiaba è l’incontro tra una ragazza gentile e cordiale e
tre teste d’oro in una fonte che le chiedono:
Wash me, and comb me,
And lay me down softly.
And lay me on a bank to dry,
That I may look pretty,
When somebody passes by.253
La ragazza acconsente e riceve per la sua bontà dei regali che la guidano ad un futuro felice.
Un esempio di una fiaba particolare in cui i cappelli biondi rappresentano la causa della
sfortuna della ragazza è The Rose-Tree di Jacobs. La ragazza innocente ha tutte le
caratteristiche della bellezza tradizionale, ossia è “as white as milk, and her lips were like
cherries [and] [h]er hair was like golden silk, and it hung to the ground” 254, ma in particolare i
cappelli biondi – “the yellow silken hair” – suscita la gelosia della matrigna, “the stepmother
hated her more for the beauty of her hair”, ed era questa gelosia che porta la matrigna a
commettere l’omicidio della figliastra255.
Possiamo concludere questa sezione sui capelli biondi delle eroine fiabesche con
l’affermazione che la simbologia del biondo è piuttosto profonda e come sottolinea Marina
Warner:
Blondeness, [...] with its much noticed sensuous association with wholesome
sunshine, with the light rather than the dark, evoked untarnishable and enduring gold;
all hair promised growth, golden hair promised riches. The fairytale heroine’s riches,
her goodness and her fertility, her foison, are symbolized by her hair.256
Concludendo questa prima analisi possiamo affermare che non si può effettivamente
osservare una differenza tra l’aspetto esteriore della figura femminile stereotipica e quello
della figura atipica. Possiamo affermare che l’intelligenza dell’eroina non nega
251
Ivi, p. 365.
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 566. & Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy
tales and their tellers, cit., pp. 377-378.
253
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 223. & Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On
fairy tales and their tellers, cit., p. 378.
254
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 15.
255
Ivi, p. 16.
256
Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy tales and their tellers, cit., p. 378.
252
43
necessariamente la sua bellezza; nondimeno è possibile che in qualche fiaba, nelle quali viene
focalizzata l’attenzione sull’intelligenza e sull’astuzia della donna, l’aspetto esteriore assume
un’importanza secondaria.
3.3 La personalità
Dalla discussione relativa all’aspetto esteriore, passiamo ora all’analisi della personalità
dell’eroina fiabesca. Nelle cinque fiabe che qui analizzeremo incontreremo delle eroine che
presentano un carattere piuttosto particolare, apparentemente dissonante rispetto al loro
aspetto gentile. Prima di iniziare l’analisi delle fiabe, ritorniamo alla teoria di Max Lüthi che
può offrire qualche osservazione importanti rispetto al carattere delle protagoniste-eroine.
Come abbiamo già accennato, è difficile immaginarsi l’aspetto esteriore della figura
femminile nella fiaba perché “the appearance of the characters is not described in detail”257.
Per di più, sull’intimo dell’eroina, Lüthi ritiene che “their inner feelings, as well, are not
portrayed at any length”; il che implica che il carattere della protagonista deve essere
manifestato in un altro modo258. Lüthi spiega che “they [the inner feelings] become outwardly
visible”, vale a dire “[i]n the fairy tale, feelings and relationships are externalized [...] [which
means that they are made] congeal into objects”259. Quindi le relazioni tra i personaggi e i loro
sentimenti vengono rappresentati dall’uso di certi oggetti o dalle loro azioni, che possono
rivelare molto sul loro intimo e sulla loro personalità, siccome “[c]haracteristics are expressed
in actions”260. Tale “visibilità”261 è molto importante per il genere qui analizzato e – insieme
alle qualità “definiteness, firmness, clarity” – la fiaba riesce nel suo scopo, ossia “[to]
bestow[s] on its hearer, without him being aware of it, something of its unaffected precision
and brilliance”262.
La selezione delle seguenti cinque fiabe è basata sulla rappresentazione di un’eroina atipica,
che dispone di una personalità caparbia e di un carattere intraprendente, presente nelle
raccolte di Jacobs e di Calvino.
3.3.1 La personalità incantevole dell’eroina fiabesca, caratterizzata
dall’intelligenza e dall’ingegnosità
Per iniziare l’analisi del carattere della protagonista della fiaba prendiamo in considerazione
tre fiabe che rappresentano una figura femminile inventiva ed indipendente. Analizzerò in
257
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 51.
Ibidem.
259
Ibidem.
260
Ivi, p. 56.
261
Ivi, p. 56 (traduzione personale).
262
Ivi, pp. 51-52.
258
44
primo luogo due fiabe dalla collezione di Jacobs, intitolate Kate Crackernuts e Molly
Whuppie perché presentano delle somiglianze rilevanti. Queste fiabe di Jacobs mostrano la
stessa conclusione finale, vale a dire, entrambe le protagoniste riescono a trovarsi un marito
senza dover aspettare l’iniziativa maschile. In secondo luogo esaminerò la fiaba italiana
Caterina la Sapiente, inserita nelle Fiabe italiane di Calvino, in cui la protagonista Caterina
dispone di un’intelligenza e di una perseveranza notevoli.
3.3.1.1 Kate Crackernuts
La prima fiaba che vorrei introdurre è intitolata Kate Crackernuts e fa parte della collezione
English Fairy Tales di Joseph Jacobs. Nelle Note Jacobs non fornisce molte informazioni
sulla fiaba, salvo il fatto che ha dovuto intervenire pesantemente nella struttura della storia: “It
is very corrupt, both girls being called Kate, and I have had largely to rewrite” 263. La fiaba
riprende nel titolo il nome del principale personaggio femminile, Kate, che riceve il
soprannome ‘Crackernuts’ perché lo schiacciare le noci la aiuterà nel superare la prova cui
viene sottoposta. Per agevolare la discussione mi sembra necessario riassumere brevemente le
linee principali della trama. Kate Crackernuts racconta la storia di due sorellastre Anne e
Kate, che si vogliono bene, ma che vengono contrastate dalla regina, ossia la madre di Kate.
La regina non riesce ad accettare la bellezza di Anne e fa uso della magia per sostituire la
testa di Anne con la testa di una pecora.
Una prima particolarità della fiaba risiede nella rappresentazione dell’eroina fiabesca,
che si identifica con la figura femminile meno bella. Stereotipicamente, se la fiaba pone
l’accento sulla relazione tra due sorellastre, si può notare che l’eroina è rappresentata dalla
ragazza più bella che deve combattere il carattere geloso di una sua sorellastra brutta. Al
contrario Jacobs ha scelto qui un’eroina che viene elogiata, non per la sua bellezza, ma per la
sua intelligenza e la sua audacia. Sono infatti queste caratteristiche che le permettono di
congegnare un piano per aiutare la sorellastra a ritrovare la bellezza perduta. La relazione tra
sorellastre viene tradizionalmente definita in base alla malvagità della sorellastra brutta, però
possiamo vedere che in questa fiaba Kate e Anne si vogliono bene e mostrano come l’amore
familiare può sconfiggere la cattiveria della madre. In questo modo la fiaba di Jacobs si
concatena ad una fiaba particolare di Calvino, in cui viene proposta un’alternativa alla
relazione problematica fra nuora e suocera. Nella fiaba Il Re di Spagna e il Milord inglese,
che abbiamo già analizzata dal punto di vista dell’aspetto esteriore della protagonista, si può
osservare che la nuora “si voleva bene con la suocera come un colombo e una colomba, cosa
rara perché suocere e nuore calarono giù dal cielo già litigando”264. Ritornando alla fiaba di
Jacobs, possiamo affermare che il primo atto eroico di Kate è rappresentato dalla sua
decisione di non abbandonare Anne al proprio destino. È necessario sottolineare che questa
decisione di Kate comporta la predilizione per la sorellastra, anziché per la propria madre.
263
264
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 253.
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 877.
45
Tale decisione, che la ragazza si vede costretta a compiere, dato il comportamento crudele
della madre, rispecchia il suo carattere indipendente:
Her own daughter, Kate, however, took a fine linen cloth and wrapped it round her
sister’s head and took her by the hand and they both went out to seek their fortune.265
Anne e Kate si avviano alla ricerca della loro fortuna e arrivano in un castello dove
uno dei due principi soffre di una malattia ‘incurabile’. Le due sorellastre si fermano e Kate
propone di vegliare il principe malato. È una proposta audace, siccome l’eroina è consapevole
del fatto che tutti quelli che l’hanno preceduta non sono mai ritornati dalla stanza da letto del
principe. Nondimeno la ragazza coraggiosa non sembra rischiare la sua vita per nulla e accetta
dal re “a peck of silver”266. Kate fa la veglia al principe malato per tre notti ed ogni notte
segue il principe – che sembra essere ipnotizzato – in una sala da ballo dove gli elfi lo
obbligano a ballare fino al momento in cui gli mancano le forze. A questo punto possiamo
fare riferimento ad un’altra versione della fiaba, inserita nella collezione dei fratelli Grimm
sotto il titolo The Twelve Dancing Princesses267. In primo luogo vorrei indicare come le due
versioni si assomigliano nello stile adottato e, in particolare, nell’uso della simbologia
numerica. Lüthi indica che lo stile della fiaba è caratterizzato dalla ripetizione, che attribuisce
un certo ritmo alla fiaba, ossia “[the] basic characteristic of the fairy tale [...][is] its delight in
repetition”268, e tale predilizione per la ripetizione spiega perché la simbologia numerica sia
così significativa. Secondo Lüthi i numeri “tre, sette, dodici [e] cento” sono i numeri più
importanti, vale a dire, sono “dei numeri tondi, che si addicono al carattere preciso della
fiaba”269. Sia nella versione di Jacobs, che in quella dei Grimm si vede che i numeri vengono
utilizzati per strutturare le storie. Si può fare riferimento, per esempio, all’azione principale di
ambedue le versioni, che viene strutturata in base al numero tre perché “[f]airy-tale episodes
are typically repeated three times”270. Sia Kate che il soldato della versione dei Grimm
ripetono la stessa attività tre volte: Kate segue il principe ipnotizzato per tre notti consecutive
nella sala da ballo segreta e il soldato segue per tre notti le dodici principesse, che vanno a
ballare con i dodici principi nel castello sotterraneo. Già dal titolo della versione dei Grimm,
The Twelve Dancing Princesses, si può dedurre che il numero dodici viene messo in rilievo
nella fiaba. La fiaba di Jacobs si focalizza piuttosto sul numero tre, vale a dire, Kate veglia il
principe tre notti consecutive per cui richiede tre ricompense, durante la seconda notte la
protagonista ruba una bacchetta magica agli elfi che può salvare Anne se verrà toccata tre
volte, la terza notte riesce a rubare un uccello e tre bocconi dell’uccello cucinato possono
salvare la vita del principe. In secondo luogo vorrei sottolineare che le due versioni si
differenziano in base ad un aspetto fondamentale: il personaggio che svolge il ruolo di eroe.
Si può constatare che la funzione di eroe passa da un personaggio maschile nella versione dei
Grimm ad un personaggio femminile nel variante di Jacobs. Nella versione dei Grimm
265
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 199.
Ibidem.
267
SurLaLune Fairy Tales; http://www.surlalunefairytales.com/twelvedancing/history.html; ultima verifica:
08.05.2013; Heidi Anne Heiner.
268
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 53.
269
Ibidem (traduzione personale).
270
D.L. ASHLIMAN, Folk and Fairy Tales – A Handbook, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2004, p.
7.
266
46
possiamo leggere come un povero soldato diventa un eroe dopo aver scoperto la ragione per
cui le dodici principesse sfondano le loro scarpe ogni notte. Tuttavia, visto che le principesse
non si trovano in una situazione pericolosa e non vengono costrette ad andare a ballare, non
possiamo neanche dire che il soldato le salva. Il soldato non salva le principesse – siccome
non vogliono essere salvate – ma le tradisce e rivela la loro attività segreta cosicché si può
sposare con la principessa maggiore. Nella versione scelta da Jacobs vediamo un personaggio
femminile, Kate, che assume invece il ruolo di una vera e propria eroina, che salva due altri
personaggi: il principe e la sorellastra. Come ho già accennato, Kate mostra la sua intelligenza
e la sua astuzia tramite la richiesta delle ricompense. Quest’intelligenza manca al soldato,
ossia all’eroe maschile, che decide di seguire le principesse durante le tre notti senza chiedere
nulla. La prima notte Kate si prende il tempo per valutare la situazione, la seconda notte dice
che “she would not sit up another night unless she was to get a peck of gold” e la terza notte
“Kate consented to watch [the prince], only if she should marry the sick prince”271. In questo
modo l’eroina della fiaba provvede a se stessa indipendentemente dalla propria fortuna,
poggiando sulla propria intelligenza, mentre per contro la sorellastra si serve della sua
bellezza ritrovata per affascinare il fratello del principe e per sposarlo.
In conclusione possiamo affermare che Kate Crackernuts presenta il prototipo
dell’eroina fiabesca atipica. L’eroina dimostra un atteggiamento bonario, ma allo stesso tempo
anche indipendente e sicuro. Descritta come “a very brave girl”272, Kate mostra il suo
carattere coraggioso e astuto tramite le azioni. Non possiamo dimenticare che l’eroina non
può fare ricorso all’aspetto esteriore, il che è di solito un vantaggio da non sottovalutare per la
figura femminile. Di conseguenza Kate si avvale invece sia dell’intelligenza che dell’audacia
per raggiungere gli scopi e superare gli ostacoli. Inoltre notiamo che Kate dispone di un
carattere gentile e di un’indole buona, benché non sia ingenua e non dimentichi mai di
provvedere ai propri bisogni.
3.3.1.2 Molly Whuppie
Un’altra fiaba di Jacobs, dedicata alla protagonista-eroina, è Molly Whuppie che introduce una
figura ancora più intelligente e furba di Kate Crackernuts. Ho deciso di mettere a confronto le
due fiabe inglesi perché si riscontra in esse una somiglianza nello sviluppo narrativo: vale a
dire entrambe finiscono con un matrimonio provocato in modo non-convenzionale dall’eroina
stessa. Anche se le due fiabe raccontano delle storie completamente diverse, si può comunque
notare un parallelismo nello svolgimento strutturale. Inoltre le due eroine si comportano in
modo analogo e presentano un carattere simile. Ciò nonostante è possibile argomentare che la
fiaba Molly Whuppie raffiguri un’eroina ancora più ingegnosa di Kate. La protagonista Molly
si presenta come una ragazza giovane, ma già piena d’iniziativa, il che è un tratto caratteriale
necessario, prendendo in considerazione le situazioni in cui Molly verrà coinvolta.
271
272
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., pp. 200-201.
Ivi, p. 199.
47
Incontriamo Molly e due delle sue sorelle maggiori in una foresta, dove sono state
abbandonate dai genitori a causa di problemi economici. Possiamo innanzitutto osservare che
la foresta si segnala come il luogo d’esordio della storia di Molly Whuppie. Secondo Propp la
foresta rappresenta il luogo topico per iniziare un’avventura:
l’eroe o l’eroina càpitano immancabilmente in una foresta. L’eroe del racconto, sia
esso il principino, oppure la figliastra scacciata di casa, oppure il soldato disertore, si
ritrova invariabilmente in una foresta, e per l’appunto in essa hanno principio le sue
avventure.273
Tuttavia la foresta non si presenta come un luogo neutro poiché è simbolicamente connotata e
in grado di svelare qualcosa in relazione al carattere e alla psicologia della protagonista 274. Si
nota che la foresta non solo rappresenta il punto di partenza del viaggio letterale della
protagonista, ma anche il punto di partenza del viaggio psicologico dell’eroina275. Propp
afferma che esiste un “nesso [stretto] tra il rito dell’iniziazione e la foresta” 276 e Maritz
aggiunge che “[w]hen a woman has an enormous internal struggle, it is in parallel with an
outward journey”277. La foresta racchiude dunque un aspetto importante della fiaba: mentre
Propp collega il motivo della foresta all’inizio del viaggio 278, Maritz si focalizza piuttosto su
ciò che la foresta ha in serbo per i protagonisti: “[i]n most fairy tales where forests feature,
something both strange and familiar awaits an individual in the forest and it is the individual’s
fate to meet it”279. Possiamo argomentare che la cosa “strana” incontrata da Molly e le sue
sorelle è la casa del gigante e sua moglie. La moglie del gigante le accoglie nella casa e ordina
a suo marito di non mangiarle. Nondimeno Molly Whuppie, descritta come “[t]he youngest of
the three [...] and [...] very clever”, nota che il gigante segna le tre sorelle con una “corda di
paglia attorno il collo”, mentre dà alle proprie figlie delle “catenine d’oro” 280. Durante la
notte, quando le sei ragazze stanno dormendo, il gigante entra nella stanza e picchia a morte le
proprie figlie dal momento che Molly Whuppie ha scambiato i segni di riconoscimento.
L’Encyclopedia of Folk Heroes riassume quest’iniziativa come “the unwitting infanticide of
the giant occasioned by Molly’s sharpness and bravery”, mettendo in luce appunto il coraggio
e la perspicacia della piccola eroina281. Molly e le sue sorelle scappano dalla casa del gigante
ed arrivano alla casa di un re che, avendo ascoltato la loro storia, chiede alla protagonista di
ritornare alla casa del gigante e rubare una spada, un marsupio e un anello. In cambio di questi
oggetti il re offrirà i suoi figli come sposi alle tre sorelle. La piccola eroina coraggiosa accetta
la sfida e riesce così a trovare un marito per se stessa e per le sue sorelle. Molly crea la sua
propria fortuna, controlla la situazione e, conseguentemente, cambia anche il proprio
273
Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, con un’introduzione di A.M. Cirese, Torino,
Bollati Boringhieri (“I Grandi Pensatori”: 32), 2012, p. 90.
274
Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, cit., pp. 90-91. & Patsy MARITZ, The
Enchanted Forest as a Place of Knowing, in “Alternation”, Vol. 14, N. 2, 2007, pp. 140-142.
275
Ibidem.
276
Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, cit., p. 91.
277
C.P. ESTÉS, Women Who Run With the Wolves: Contacting the Power Of the Wild Woman, London, Random
House, 1992, p. 81, citato in Patsy MARITZ, The Enchanted Forest as a Place of Knowing, cit., p. 141.
278
Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, cit., p. 90.
279
Patsy MARITZ, The Enchanted Forest as a Place of Knowing, cit., p. 142.
280
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 126 (traduzione personale).
281
Graham SEAL, Encyclopedia of Folk Heroes, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2001, p. 270.
48
futuro282. Si può affermare che la figura femminile non si comporta come un’eroina
tradizionale e passiva, ma piuttosto come un’eroina audace, inventiva e temeraria. Verso la
fine della fiaba la sua intelligenza viene messa alla prova un’ultima volta, quando il gigante
riesce a catturarla. Però è rimarchevole che il gigante chieda a Molly come dovrà punirla:
“Now I have caught you, Molly Whuppie, and, if I had done as much ill to you as ye have
done to me, what would ye do to me?”283. Molly gli risponde, suggerendogli nei minimi
dettagli le modalità con le quali potrà ucciderla:
I would put you into a sack, and I’d put the cat inside wi’ you, and the dog aside you,
and a needle and thread and a shears, and I’d hang you up upon the wall, and I’d go to
the wood, and choose the thickest stick I could get, and I would come home, and take
you down, and bang you till you were dead.284
L’eroina perspicace è riuscita a congegnare questa truffa in pochi secondi per poter mandar
via il gigante e attirare la moglie di quest’ultimo nel sacco. Molly può scappare e il gigante
scopre la realtà troppo tardi. In questo modo l’eroina è riuscita a salvarsi senza richiedere
l’aiuto di un altro personaggio. Come abbiamo già accennato, il comportamento di Molly non
si collega a quello di un personaggio femminile gentile e tradizionale. Jacobs ha scelto
un’eroina indipendente che non vuole aspettare un principe coraggioso e che decide di
prendere le redini della propria vita. La ragazza, appena abbandonata nella foresta, “si è
evoluta in un archetipo di perseveranza femminile e forza interiore”285.
È importante notare che Molly possa essere collegata, per il suo comportamento, al
fenomeno del trickster, ossia al fenomeno dei “trickstars” quindi “[women that] are ‘stars’ in
trickery”286. Jurich spiega il fenomeno del trickstar in questi termini:
In folklore the trickster figure is more typically identified as a male character; in only
a few instances is the female acknowledged to have such a role. While the trickstar
resembles her male counterpart in showing, among other qualities, cunning,
intelligence, and adaptability, and in using, among other strategies, methods that rely
on secrecy and psychological awareness, both her character traits and tricking methods
are usually distinct. [...] She plays dominant and varied roles in folktales.287
In questa definizione del trickstar possiamo individuare molti elementi che sono applicabili al
personaggio di Molly Whuppie. Possiamo notare che Jurich fa una distinzione tra il carattere
dell’eroina e la natura dei trucchi usati288. A mio avviso, la critica vuole indicare che i trucchi
utilizzati per raggiungere un certo scopo possono avere una natura malvagia, il che non
282
University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica:
08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore.
283
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 128.
284
Ivi, pp. 128-129.
285
University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica:
08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore (traduzione
personale).
286
University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica:
08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore. & Marilyn
JURICH, Introduction, in Id., Scheherazade’s Sisters – Trickster Heroines and Their Stories in World Literature,
Westport (Connecticut), Greenwood Press, 1998, p. XIII.
287
Marilyn JURICH, Introduction, cit., p. XVIII.
288
Ibidem.
49
implica che l’eroina disponga necessariamente anche di un carattere cattivo o malvagio.
Possiamo declinare meglio quest’idea in base al personaggio di Molly Whuppie,
argomentando che i trucchi utilizzati dall’eroina “causano dolore alla famiglia del gigante”,
però risultano necessari per salvare la propria vita e quella delle sue sorelle289. Di
conseguenza possiamo affermare che Molly dispone di un carattere in sé buono, ma a volte la
protagonista si lascia guidare dal proverbio che dice ‘il fine giustifica i mezzi’.
In un primo momento ho stabilito una relazione tra il fenomeno del trickster e il
personaggio di Molly Whuppie. Però, dopo aver analizzato anche le protagoniste delle altre
cinque fiabe, posso ricondurle tutte alle caratteristiche del trickstar. Sia Jacobs che Calvino
hanno scelto delle fiabe le cui eroine dimostrano delle caratteristiche tipiche del fenomeno del
trickstar. Una caratteristica molto importante del trickster, che ritorna anche nelle eroine che
figurano in questa tesi, è la fruizione della forza mentale. Possiamo rinviare alle eroine delle
fiabe di Jacobs, come Kate e Molly, ma anche alle eroine di Calvino, come per esempio
Caterina la Sapiente e Fanta-Ghirò. In altre parole, proprio come le protagoniste delle due
fiabe precedenti, anche le eroine delle tre fiabe successive dimostrano “how women can
rescue themselves and others through tricks, pursue what they need or desire through tricks,
transform what they find unworkable or unworthy through tricks”290.
3.3.1.3 Caterina la Sapiente
La storia di Caterina la Sapiente è un esempio di una fiaba che dimostra la preferenza di
Calvino per una figura femminile forte, che usa la propria intelligenza per raggiungere i propri
scopi. Al pari delle due eroine Kate Crackernuts e Molly Whuppie delle fiabe di Jacobs, la
protagonista italiana, Caterina, mostra come è possibile determinare la fortuna servendosi
della propria ingegnosità. Possiamo affermare quindi che il legame fra le due fiabe inglesi e la
fiaba italiana è rappresentato dalla presenza di un’eroina intelligente che dimostra come si può
usare la superiorità intellettuale per superare gli ostacoli e riuscire nelle prove. A mio avviso
le fiabe si differenziano tuttavia nei fini prefissati dalle eroine. Come ho già accennato, le due
fiabe di Jacobs coincidono dal punto di vista della struttura della storia: dopo una serie di
prove, che le eroine hanno superato, ambedue finiscono con un matrimonio indotto
dall’eroina stessa. La fiaba di Calvino non pone l’accento sul matrimonio, ma sul modo in cui
la figura femminile riesce – sempre dopo il superamento di alcune dure prove – a dare una
bella lezione al personaggio maschile. In questa fiaba si può scoprire come l’uomo fiabesco e
la donna fiabesca interagiscano e come la loro relazione si sviluppi.
Caterina la Sapiente è la protagonista della fiaba e viene descritta da Calvino nelle
Note come una “donna intelligente e colta e onorata”291. Nella fiaba, il padre offre a Caterina
289
University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica:
08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore (traduzione
personale).
290
Marilyn JURICH, Introduction, cit., p. XVII.
291
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1151.
50
l’opportunità di fondare una scuola perché sua figlia è rinomata per la sua intelligenza. Questa
scuola sembra essere ispirata da “una pedagogia [...] democratica” e tenta così di tramutare la
teoria “di parità tra i sessi” nella pratica292. La Cruso indica, nella sua guida alle Fiabe
italiane, che la fiaba di Caterina rivela molto “sui gusti dello scrittore”, quindi di Calvino,
siccome “è stata inserita nella raccolta per la presenza di una pedagogia dell’uguaglianza tra i
sessi”293. La maestra non fa una distinzione tra “maschi e femmine” o tra “il carbonaio” e la
“figlia del Principe”: “Chi primo viene, primo macina il grano”294. Un tale atteggiamento
rispetto all’insegnamento rispecchia anche la modernità della protagonista Caterina che può
essere descritta come “una donna emancipata ed esperta”295. Riassumerò brevemente le linee
principali della fiaba:
La fama della scuola di Caterina raggiunge il Palazzo del principe (il Reuzzo) che decide di
andarci. Peró quando Caterina, che sostiene l’idea che la legge è uguale per tutti, gli dà un
manrovescio perché non sa la risposta alla domanda, il principe si inferoce e decide di sposarla per
poterle dare una bella lezione. Dopo il matrimonio il Reuzzo le chiede se lei sia pentita per il
manrovescio, ma Caterina propone invece di dargliene un altro. Per punizione il Reuzzo cala
Caterina in un trabocchetto, ma lei comincia a scavare un cunicolo sotterraneo verso la casa di suo
padre. Ogni giorno il Reuzzo le domanda se lei sia pentita ma Caterina risponde ogni volta che sta
pensando al manrovescio che gli darà dopo. Il Reuzzo è stufo dell’ostinazione di sua moglie e parte
per Napoli. Però, nel frattempo, anche Caterina è partita per Napoli e ha affittato il palazzo di
faccia al suo; così succede che il Reuzzo si innamora della donna che vive dirimpetto senza sapere
che è infatti Caterina. Il principe si sposa con la “Caterina” napoletana che partorisce un bambino,
Napoli. La situazione si ripete quando il Reuzzo parte per Genova e Venezia e Caterina partorisce
due altri figli: Genova e Venezia. Al suo ritorno il principe annuncia che Caterina è morta e che
prenderà un’altra moglie. Il giorno del matrimonio, Caterina manda i tre figli al matrimonio per
baciare la mano a loro padre e così il Reuzzo si rende conto di essere sconfitto e le chiede perdono.
Caterina la Sapiente rappresenta, in maniera originale, la relazione complessa fra
l’uomo e la donna. Si può notare come i discorsi fra gli sposi vengono conditi con interventi
divertenti, che introducono in questo modo anche la dimensione umoristica. Caterina,
denominata la Sapiente, rappresenta il prototipo della protagonista intelligente che dimostra
come si può avere la meglio sul personaggio maschile senza usare la forza fisica. Come
abbiamo già accennato, Caterina dimostra alcune caratteristiche tipiche della figura trickster,
come per esempio l’uso delle capacità intellettive per ingannare suo marito. Questa forza
mentale è un aspetto interessante della fiaba, ma è anche un aspetto particolare visto che,
tradizionalmente, la fiaba dimostra una predilizione narrativa per l’azione296. Eventi come la
lotta, la guerra e la battaglia – a cui vengono solitamente collegati i personaggi maschili, gli
eroi – rappresentano la realtà quotidiana della fiaba297. Lüthi sottolinea questa “fondness for
portraying battles”, ma aggiunge anche che:
The fairy tale is an epic genre: it portrays external events. But [it is possible that]
unexpectedly the conflict enters the psychological realm [...] [this is to say, whatever
292
Ibidem.
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 42.
294
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 835.
295
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 42.
296
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 122.
297
Ibidem.
293
51
has to be overcome] can be conquered not by physical force, but by cunning, i.e., by
psychological force.298
Lüthi argomenta quest’idea ricorrendo ad una certa tipologia di fiaba, ossia “[the] riddle fairy
tales”, che il critico letterario correla alla figura di “the riddle princess” – ergo un personaggio
femminile299. Ricapitolando, possiamo concludere che il conflitto della fiaba viene risolto con
la ‘forza fisica’ oppure facendo uso dalla ‘forza psicologica’. Per di più ad ogni tipo di “forza”
viene collegato un certo personaggio: la fiaba mostra un personaggio maschile se è richiamata
una prova fisica oppure una figura femminile se è richiamata una soluzione psicologica300. In
questo modo Lüthi sembra sostenere che, in base al sesso del personaggio principale, la fiaba
mette in scena un tipo di prova diversa. Nondimeno abbiamo già affrontato delle fiabe in cui
la protagonista deve fare appello sia alla sua forza fisica, sia alla sua intelligenza per
raggiungere lo scopo. Un primo esempio è Molly Whuppie che ritorna tre volte nella casa del
gigante per poter completare le tre prove. Un altro esempio è Caterina la Sapiente perché
l’eroina intraprende l’azione e decide di viaggiare verso le tre città.
Caterina la Sapiente non sembra appartenere alla categoria del “riddle fairy tale[s]”,
visto che la protagonista né fa, né risolve un indovinello301. Al contrario, nella fiaba La
contadina furba la figlia di un contadino, anche chiamata Caterina, viene sfidata dal re a
risolvere un indovinello: “che venga alla mia presenza né nuda né vestita, né digiuna né
satolla, né di giorno né di notte, né a piedi né a cavallo”302. La protagonista risolve l’enigma
senza problemi grazie alla sua furbizia, per cui il re decide di sposarla, a condizione che la
ragazza rimanga lontano dai suoi affari. Un giorno Caterina viola questa promessa e deve
lasciare il palazzo, però il re le permette di scegliere il suo bene più prezioso da portare con sé
a casa. La contadina fa ubriacare il re, lo porta con sé a casa sua e al risveglio gli dice: “Io ho
preso lei e me lo tengo”303. Caterina la Sapiente non può essere classificata come un riddle
fairy tale, però l’aspetto enigmatico è ben presente nella figura della protagonista. Vale a dire
Caterina appartiene a quei personaggi fiabeschi che si presentano come “riddle figures”, ossia
personaggi “[who] are not what they appear to be”304. Caterina si dimostra un vero enigma per
il Reuzzo, che risulta frustrato perché non riesce a decifrarne il carattere. In realtà la moglie
del re, Caterina, non è una donna testarda, ma piuttosto una donna indipendente e un
“esempio dell’autonomia che lo studio e il pensiero [le] consentono”305. Ciò nonostante il
principe non comprende il carattere di Caterina e la sua frustrazione emerge nella fiaba in
alcuni dialoghi divertenti:
- Caterina, ti ricordi di quel manrovescio che m’hai dato? Ti sei pentita?
- Pentita? Se volete, ve ne do un altro!
- Come? Non sei pentita?
- Manco per sogno.
298
Ibidem.
Ivi, p. 123.
300
Ivi, pp. 122-123.
301
Ivi, p. 123.
302
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 435.
303
Ivi, p. 439.
304
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 132.
305
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 42.
299
52
- E non ti vuoi pentire?
- E chi ci pensa?
- Ah, così? Ora ti faccio vedere io – . [...] Caterina, o ti penti, o ti calo nel
trabocchetto!
- Ci starò più fresca! – gli fa Caterina.306
Possiamo osservare come il Reuzzo traduce la sua frustrazione in violenza, mentre Caterina
assume un atteggiamento di indifferenza, che provoca le risposte ardite dell’interlocutore. Il
Reuzzo tenta invano di dominare la moglie, però – senza che lui se ne renda conto – è
quest’ultima a trascinarlo dalla propria parte. Caterina fa buon uso della sua forza psicologica
per rieducare il marito. Il processo di rieducazione è un aspetto importante della fiaba, come
conferma il seguente passaggio critico:
One feels that fairy tales are concerned with portraying essential processes in life.
Testing, threatening danger, destruction – and salvation, development, and maturation
[...] And since the European fairy tale repeatedly portrays developments leading to a
rich, regal existence, it is not only full of light and serenity, but merry and rollicking
humor also finds a place in it.307
La fiaba dimostra come il principe sia sottoposto ad una prova e come egli attraversi il
processo della maturazione. Caterina usa la propria intelligenza e la propria sapienza per
spingere il marito verso la fase della maturità. È notevole che Caterina non abbia nemmeno
bisogno di un camuffamento per ingannare il marito, che si dimostra così irrequieto, chiuso,
supponente da non comprendere le intenzioni della moglie. Caterina si è presentata tre volte a
suo marito priva di ogni camuffamento o travestimento, ma il Reuzzo nondimeno non arriva a
riconoscerla.
Verso la fine della fiaba, nel momento in cui la mano del Reuzzo viene baciata dai
suoi figli, il protagonista maschile si rende conto di essere stato sconfitto da Caterina: “Al
Reuzzo, quando li vide, non restava che dichiararsi vinto. – Questo sì è lo schiaffo che mi
dovevi dare! – esclamò, e abbracciò i figli”308. In questo modo Caterina si presenta come la
vera eroina della fiaba che, servendosi della sua intelligenza, riesce a sconfiggere l’arroganza
del marito.
3.3.2 L’eroina fiabesca e il motivo del camuffamento
Nella fiaba di Caterina la Sapiente la protagonista si serve della propria intelligenza e
sottigliezza per spingere il marito a ravvedersi e ad adottare un atteggiamento più maturo.
Nondimeno si può notare che Caterina si avvantaggia della superficialità e leggerezza del
marito, che non capisce le sue intenzioni. Tuttavia, visto che non tutti i personaggi maschili
sono così facilmente ingannabili, si deve considerare che l’intelligenza della protagonista
richiede a volte un aiuto supplementare per riuscire nel proprio schema. Per questo motivo
306
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 836.
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 115.
308
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 841.
307
53
analizzeremo due fiabe in cui compare una protagonista che si serve sia della sua intelligenza
che di un trucco speciale per avere la meglio sul personaggio maschile. Analizzerò la fiaba di
Jacobs, intitolata Cap O’Rushes, e quella di Calvino, Fanta-Ghirò, persona bella.
3.3.2.1 Cap O’Rushes
La fiaba inglese Cap O’Rushes è una fiaba che viene raccontata in diverse versioni, ma che si
focalizza sempre su una protagonista che deve cercare la propria via dopo essere stata
scacciata di casa. Questa fiaba, inserita da Jacobs nella collezione di English Fairy Tales, “is a
version of the numerous class of Cinderella stories”309, ossia una delle storie in cui l’eroina si
presenta come “the prototype of a[n] [innocent] persecuted heroine” 310. Anche nella raccolta
delle Fiabe italiane di Calvino possiamo scoprire alcune versioni che appartengono a questo
tipo di fiaba, come per esempio Bene come il sale e Pelle di vecchia, che differiscono per il
tipo di camuffamento utilizzato dall’eroina. Tutte e tre le fiabe presentano però il motivo del
sale, che è responsabile della sfortuna inizale della ragazza. Sia Cap O’Rushes che Bene come
il sale cominciano con “una «prova d’amore» richiesta da un Re [o da un nobiluomo] alle tre
figlie”311:
Well, there was once a very rich gentleman, and he’d three daughters, and he thought
he’d see how fond they were of him. So he says to the first, “How much do you love
me, my dear?”
“Why,” says she, “as I love my life.”
“That’s good,” says he.
So he says to the second, “How much do you love me, my dear?”
“Why,” says she, “better nor all the world.”
“That’s good,” says he.
So he says to the third, “How much do you love me, my dear?”
“Why, I love you as fresh meat loves salt,” says she.
Well, but he was angry. “You don’t love me at all,” says he, “and in my house you
stay no more.”312 (Cap O’Rushes)
In Pelle di vecchia il padre intraprende un viaggio e domanda alle figlie quale regalo
desiderano. La figlia più piccola chiede in dono del sale, ma le sorelle gelose convincono il
padre che la richiesta sia volta a “salare le cuoia”, per cui la figlia viene cacciata dalla casa313.
Il motivo del sale non si presenta solo come la causa della sfortuna delle ragazze, ma sta
anche alla base della riconciliazione finale tra il padre e le figlie. Nello scioglimento finale,
durante la festa di nozze, le protagoniste danno l’istruzione di preparare la cena senza sale. I
padri cominciano a piangere perché si rendono conto che, senza il sale, il cibo non vale niente
309
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 235.
W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, in “Western Folklore”, Vol.
52, N. 1, 1993, p. 63.
311
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1108.
312
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., pp. 51-52.
313
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 421.
310
54
e quindi che “her comparison of love and salt was in fact accurate and expressive of her true
love for him”314.
Nell’analisi seguente intendo concentrarmi primariamente sulla fiaba inglese di
Jacobs, Cap O’Rushes, anch’essa incentrata sulla figura della “eroina innocente
perseguitata”315. Tuttavia, siccome le due versioni italiane dimostrano alcune variazioni
notevoli rispetto alla fiaba inglese, mi sembra interessante prenderle in considerazione e
stabilire un confronto quando necessario. La protagonista viene descritta come un’innocente
perseguitata – quindi una vittima –, ma si usa anche il termine “eroina” che segnala il suo
carattere perseverante. Nell’articolo Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?
Nicolaisen descrive in questi termini la condizione della protagonista all’inizio della fiaba:
while male protagonists are sometimes cast in the role of unpromising hero in
folktales, their female counterparts much more frequently fulfill that function. To the
initial characteristics of extreme unpromise is often added the debilitating hardship of
cruel persecution. Both these negative qualities are especially undeserved in most
instances because of the unblemished innocence of the protagonist on whom they are
inflicted.316
In altre parole, dopo essere stata scacciata di casa, Cap O’Rushes non ispira molta fiducia
come eroina della fiaba. A causa della persecuzione, alla quale la protagonista è stata
sottoposta, non si crede che la protagonista riuscirà a rifarsi una vita. Nicolaisen argomenta
nondimeno che la persecuzione è un aspetto fondamentale della fiaba perché spinge la ragazza
ad intraprendere il viaggio che la condurrà verso la propria fortuna317. Per di più nelle diverse
versioni della fiaba si possono individuare diverse ragioni che causano la partenza della
protagonista: in primo luogo, nelle fiabe Cap O’Rushes e Bene come il sale, la figlia viene
odiata dal padre a causa della risposta insoddisfacente318; in secondo luogo, come in Pelle di
vecchia, la figlia è la vittima della gelosia delle sorelle319; in terzo luogo, come nella fiaba
Maria di legno di Calvino, la figlia scappa di casa a causa del desiderio incestuoso di suo
padre che vuole sposarla320.
Partendo dalle diverse cause che innescano la fuga della protagonista, possiamo
arrivare al motivo più importante della fiaba: la maniera in cui l’eroina fugge. Introducendo le
due fiabe, ho accennato al fatto che sia Cap O’Rushes di Jacobs che Fanta-Ghirò, persona
bella di Calvino (di cui parleremo in seguito) presentano un’eroina intelligente che, per
riuscire nelle prove, deve ricorrere anche al camuffamento.
In Cap O’Rushes l’eroina decide di mascherarsi per poter nascondere i vestiti belli e, di
conseguenza, anche la propria identità. Il camuffamento viene utilizzato dalla protagonista per
“facilitare la sua fuga” e per trovare un posto di lavoro senza essere riconosciuta come la
314
Graham SEAL, Encyclopedia of Folk Heroes, cit., p. 37.
W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, cit., p. 63 (traduzione
personale).
316
Ivi, pp. 61-62.
317
Ibidem.
318
Ivi, pp. 64-65.
319
Ivi, p. 65.
320
Ivi, pp. 63-64.
315
55
figlia del re/gentiluomo321. Nicolaisen afferma che il camuffamento può essere
simbolicamente inteso come “[the] outward confirmation of her new humble status and her
loss of her former identity in the eyes of the world” 322. Tuttavia, a mio avviso, il
camuffamento non cambia necessariamente l’identità della protagonista che sembra avere
piena consapevolezza della funzione del suo “cap o’rushes”. Subito dopo lo scoppio d’ira del
padre, la protagonista viaggia “till she came to a fen, and there she gathered a lot of rushes
and made them into a kind of a sort of a cloack with a hood, to cover her from head to foot,
and to hide her fine clothes”323. La protagonista trova un lavoro come sguattera ed escogita un
piano – in cui il camuffamento gioca un ruolo molto importante – per imbonirsi il figlio del
padrone. L’eroina della fiaba si dimostra ingegnosa e piena d’iniziativa nell’intento di
“costruirsi una propria vita e un futuro [sicuro]” e ricorre perciò ad alcune bugie a fin di bene
per raggiungere questo scopo324. Possiamo argomentare che Cap O’Rushes si serve infatti di
due tipi di camuffamento: dapprima, all’inizio della fiaba, l’eroina usa il camuffamento dei
giunchi per non essere riconosciuta come la figlia del nobiluomo; poi, per poter andare
anonimamente al ballo organizzato dal figlio del padrone, la figlia mostra se stessa, levandosi
il camuffamento dei giunchi. Cap O’Rushes dimostra la propria intelligenza giocando con i
due camuffamenti. Nessuno la riconosce e Cap O’Rushes ripete l’astuzia fino alla terza notte
del ballo, ossia fino al momento in cui il figlio del padrone si innamora perdutamente di lei. In
alcune versioni della fiaba, tra cui quella di Jacobs, “the heroine retreats into her disguise
[after the ball] and lets the prince suffer from lovesickness for some time before she reveals
herself and satisfies his longing”325. Possiamo affermare che l’eroina possiede un senso del
dramma, che si manifesta quando Cap O’Rushes rivela finalmente la propria identità al figlio
del padrone: “in the food she prepares for the prince, she leaves a ring [which was given to
her by the prince on the last night of the ball] [...] to show him that his beloved is at hand”326.
La protagonista controlla la situazione, mentre il figlio del padrone “thinks he is going to
marry her [...] in reality [he] is going to be married by her”327. Possiamo così considerare Cap
O’Rushes un’eroina sorprendente, che non solo riesce a trovarsi un marito dopo essere
scacciata di casa, ma che riesce anche a sopraffare il padre che dovrà ammettere le ragioni
della figlia più piccola. Avendo ingannato due uomini alla fine della fiaba, si può dire:
“[p]ersecuted she may be, meek and resourceless she is not”328. Infine, siccome anche le due
fiabe italiane finiscono con la vittoria della figlia perseguitata, si può notare che “these tales,
despite their unpromising beginnings, turn out to be painfully-glorious celebrations of the
indomitable power and spirit of womanhood”329.
321
Ivi, p. 66 (traduzione personale).
Ivi, p. 66.
323
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 52.
324
W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, cit., p. 67 (traduzione
personale).
325
Christine GOLDBERG, The Donkey Skin Folktale Cycle (AT 510B), in “The Journal of American Folklore”,
Vol. 110, N. 435, 1997, p. 31.
326
Ivi, p. 29.
327
W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, cit., p. 69.
328
Ibidem.
329
Ibidem.
322
56
3.3.2.2 Fanta-Ghirò, persona bella
Ho già accennato ai diversi tipi di camuffamento utilizzati dall’eroina fiabesca. In Pelle di
vecchia, per esempio, figura una protagonista che si maschera con la pelle di una vecchia
defunta e in Bene come il sale la figlia più piccola si nasconde in un candeliere. Tuttavia un
tipo di camuffamento completamente diverso da tutti gli altri tipi, e che rappresenta perciò
una categoria a sé stante, è il travestimento maschile dell’eroina. Si nota che queste “vicende
di donne in abiti maschili [sono] tanto frequenti nelle novelle e commedie del Cinquecento e
Seicento”330. In generale, le protagoniste decidono di travestirsi da uomo per risolvere una
crisi:
female transvestites [...] assume male power to restore legitimacy and stability, which
male authorities in the story have failed to secure. Crises that call for female
transvestism can take many forms [...] [like for example a] full-blown political
catastrophe.331
Un esempio notevole di una fiaba, che presenta in maniera bellissima quest’eroina
“maschile”, è Fanta-Ghirò, persona bella dalla collezione di Calvino. Fanta-Ghirò, persona
bella è la terza figlia del re, che si maschera come un generale e che riesce a salvare –
servendosi della propria intelligenza – il regno del padre. La fiaba racconta la storia di un re a
cui viene dichiarata guerra dal re del paese confinante. Però, essendo malato, il re non può
andare in guerra e le figlie si propongono di prendere il suo posto. Il re è dell’opinione che
“[n]on [siano] affari da donne”, ma conclude nondimeno un accordo con le sue figlie, vale a
dire, loro possono andare in guerra a condizione che non “[si mettano] a parlare di cose da
donne”, altrimenti dovranno immediatamente tornare a casa332. Le due sorelle maggiori,
Catarina e Assuntina, non rispettano la condizione e devono ritornare a casa. Spetta dunque
alla terza figlia, Fanta-Ghirò, il compito di combattere l’esercito nemico e di sopraffare
l’avversario del padre. Se prendiamo in considerazione la reazione iniziale del padre –
secondo cui una donna non riuscirà mai a fare una guerra –, possiamo argomentare che FantaGhirò non deve solamente combattere il nemico del Regno, ma anche il pregiudizio del padre
rispetto alle donne. Di conseguenza Fanta-Ghirò rappresenta “the classic underdog of the
marvelous universe” che supera la prova brillantemente333, tanto che lo stesso Calvino
afferma nelle Note che la fiaba rappresenta “risolutezza e bravura femminile”334.
Il motivo del travestimento diventa importante nel momento in cui l’eroina incontra
“[i]l Re nemico”, che si mostra come “un bel giovanotto” 335. Il Re nemico ha un vago
sospetto che il generale sia infatti una donna e confida alla madre:
330
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1116.
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242.
332
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 416.
333
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242.
334
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1116.
335
Ivi, p. 418.
331
57
- Mamma, mamma, - le disse, - sapessi! Ho qui con me il generale che comanda
l’esercito contrario, ma lo vedessi!
Fanta-Ghirò, persona bella,
Ha gli occhi neri e dolce la favella,
O mamma mia, mi pare una donzella.336
A causa del sospetto del Re, il generale travestito “viene sottoposto ad alcune prove per
verificare la sua identità ‘maschile’”337. Le prove vengono congegnate dalla madre del Re, che
non si dimostra tanto furba quanto la futura nuora perché Fanta-Ghirò intuisce le sue
intenzioni. Come prima prova la madre del Re suggerisce: “- Portalo nella sala d’armi. Se è
una donna non gliene importerà nulla delle armi e non gli darà neanche un’occhiata”, però il
Re deve ammettere che “il generale brancica le armi come un uomo”338. Per la seconda prova
la madre gli consiglia: “- Portalo in giardino. Se è donna, coglierà una rosa o una viola e se la
metterà al petto; se è uomo, sceglierà il gelsomino catalogno, l’annuserà, e poi lo metterà
all’orecchio”, ma il Re deve ammettere di nuovo che Fanta-Ghirò “[h]a fatto come un
uomo”339. Per la terza prova la madre raccomanda di “[i]nvita[re] il generale a desinare. Se
per tagliare il pane l’appoggia sul petto è una donna, se invece lo taglia tenendolo per aria è
certo un uomo”, ma la furba Fanta-Ghirò riesce ancora ad ingannarli340. Infine, per l’ultima
prova, il Re invita “il generale a fare il bagno [con lui] nella peschiera in giardino” siccome
una donna non può fare altro che rifiutare la proposta341. Tuttavia, il ‘generale’ accetta
l’invito, ma Fanta-Ghirò ha già escogitato un piano per poter rifiutare l’invito senza essere
scoperta. Possiamo desumere dalla fiaba come l’interesse per le armi, il modo con cui si taglia
il pane o la scelta di un certo tipo di fiore possono rivelare il sesso di una persona. Tuttavia,
essendo una donna, Fanta-Ghirò è consapevole di non poter agire d’istinto per superare tutte
le prove. In questo modo, l’eroina può anche guadagnare tempo cosicché il Re dimentica la
guerra.
Grazie alla sua astuzia e alla sua furbizia, l’eroina si dimostra in grado di prevenire
una guerra e di salvare conseguentemente il regno del padre. Inoltre, verso la fine della fiaba,
l’eroina rivela la sua identità al Re nemico tramite un piccolo foglio che dice:
Donna è venuta e donna se ne va
Ma riconosciuta il Re non l’ha.342
Questa piccola frase è segno che la ragazza non ha solamente l’intenzione di ingannare il Re
per evitare una guerra, ma anche di suscitare la sua curiosità di modo che il Re –
perdutamente innamorato del “generale” – la rincorra nel regno nemico e la chiede in moglie.
336
Ivi, p. 418.
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242 (traduzione personale).
338
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 418.
339
Ivi, pp. 418-419.
340
Ivi, p. 419.
341
Ivi, p. 419.
342
Ivi, p. 420.
337
58
In questo modo la figlia più piccola salva il regno, si procaccia un marito e diventa “regina di
due Regni”343.
In conclusione, vorrei ancora segnalare che, a partire dal momento in cui la
protagonista si maschera da uomo, si può notare un cambiamento nell’interazione stereotipica
tra il personaggio maschile e quello femminile nella fiaba:
[T]he girl masquerading as a man violates the most basic rules of social order: gender
distinction and the dominance of the masculin over the feminine. Unlike the categories
of rich/poor, noble/peasant, and human/animal, breached liberally in the realm of the
marvelous, the hierarchy of the sexes remains a defining element of tale morphology
(the active prince saves the passive maiden in distress) and is rarely reversed.
Transvestite heroine tales alter the traditional romantic plot by sending the princess
out on the prince’s journey344
Questa citazione spiega perché Fanta-Ghirò, persona bella sia una fiaba così interessante per
il nostro discorso. La fiaba rappresenta una situazione in cui l’eroina determina il corso degli
eventi, dimostrandosi vittoriosa alla fine della fiaba. È rilevante che il personaggio principale
della fiaba sia una donna che assume su di sé la funzione maschile di generale, comandando
in questo modo l’intero esercito regale. Fanta-Ghirò riesce non solo a guidare le truppe e a
salvare il regno del padre, ma si dimostra anche in grado di raggirare il Re nemico. Ancora
più notevole è il fatto che l’eroina conduce l’intera operazione militare a buon fine senza
usare la violenza ovvero senza ricorrere alla forza fisica. Prima che la guerra abbia inizio, la
ragazza distrae con astuzia il Re nemico così da distrarlo dalle operazioni belliche. FantaGhirò è un’eroina attiva, che prende l’iniziativa e che si serve della propria intelligenza e
abilità per far innamorare l’uomo. Cruso sottolinea che Fanta-Ghirò dimostra “la furbizia
nello sfruttare quei lati deboli del sesso maschile che le è dato conoscere proprio perché
donna”345. Avvalendosi di questi doti, Fanta-Ghirò riesce a scardinare il pregiudizio infondato
del padre e a dimostrare che la figura femminile può avere il predominio sul personaggio
maschile.
Per concludere il discorso sul motivo del camuffamento, che gioca un ruolo importante nelle
due ultime fiabe da noi esaminate, ovvero Cap O’Rushes e Fanta-Ghirò, persona bella, vorrei
ancora fare riferimento ad un tema correlato di grande importanza: quello di “semblance and
reality”346. Lüthi afferma che “[i]n the popular fairy tale [...] the contrast between semblance
and reality [...] forms one of its fundamental traits”347, vale a dire “[it] is [...] a fundamental
theme of the simple folk narrative, especially of the fairy tale and stories of a fairy tale
character”348. Lüthi si dimostra convinto della presenza di questo tema all’interno del genere
343
Ivi, p. 420.
The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut),
Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242.
345
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 41.
346
Max LÜTHI, Parallel Themes in Folk Narrative and in Art Literature, in “Journal of the Folklore Institute”,
Vol. 4, N. 1, 1967, p. 10.
347
Ibidem.
348
Ivi, pp. 10-11.
344
59
della fiaba, registrandone le differenti situazioni e quindi la grande variabilità349. Il tema di
“semblance and reality” può essere rappresentato dal camuffamento di una protagonista da
uomo, ma anche dalla trasformazione di un animale in un uomo, come “[t]he swineherd [who]
is, in reality, a prince”350. Di conseguenza possiamo affermare che il tema di “semblance and
reality” è molto presente nel genere fiabesco e soprattutto nelle fiabe come Cap O’Rushes e
Fanta-Ghirò, persona bella, in cui le protagoniste si servono di un camuffamento per circuire
un personaggio maschile. Per di più il tema di “semblance and reality” è strettamente legato
ad un altro tema, “namely that of the defeat of the great by the small, the mighty by the
apparently powerless”351. Tale tema fa riferimento a quei personaggi fiabeschi che – ad un
primo sguardo – non possiedono le qualità necessarie per diventare l’eroe o l’eroina della
fiaba. Sono dei personaggi che si assumono la cosiddetta funzione di underdog nella fiaba,
vale a dire, che non dispongono a prima vista delle capacità necessarie per riuscire nelle prove
o per sconfiggere i personaggi apparentemente più forti. Tuttavia, nello svolgimento della
storia, si può vedere che questi personaggi – inaspettatamente – si ergeranno ad eroi o ad
eroine, in grado di dominare la situazione e lo sviluppo degli avvenimenti. Di conseguenza
possiamo argomentare che anche le figure femminili che abbiamo analizzato appartengono
alla categoria di personaggi underdog. Lüthi nota al riguardo che “[t]he themes
semblance/reality, weak/strong intertwine in many ways”352 e, basandoci sulle sue ricerche in
relazione alla raffigurazione del personaggio femminile nella fiaba, possiamo affermare che
uno dei legami fra i due temi è proprio rappresentato dal personaggio femminile, che può
apparire inizialmente come la figura debole della fiaba, ma che si dimostrerà la vincitrice
finale.
3.4 L’amore
In base alle fiabe già analizzate abbiamo visto che l’eroina fiabesca mostra un carattere
indipendente, intraprendente e, soprattutto, intelligente. Abbiamo dimostrato come queste
eroine risultino più inventive dei personaggi maschili e come usino la loro intelligenza per
dare loro una bella lezione. Tuttavia, oltre alle figure femminili che adottano un atteggiamento
sicuro e determinato – che è a volte responsabile degli attriti fra uomo e donna – si può pure
osservare la presenza dell’amore nella loro relazione. Per di più, quest’amore si traduce nel
motivo tradizionale del matrimonio che suggella la fine delle fiabe. In questa parte introdurrò
il tema dell’amore perché nelle fiabe che abbiamo analizzato il sentimento amoroso si
discosta da quello tradizionale. Per questa ragione mi sembra interessante considerare la
relazione amorosa dei due protagonisti e il suo sviluppo, alla luce delle fiabe di Calvino e di
Jacobs.
349
Ivi, pp. 10-11.
Ivi, pp. 10-11.
351
Ivi, p. 11.
352
Ivi, p. 13.
350
60
L’analisi si focalizzerà prima sull’interpretazione di Calvino dell’amore tradizionale nella
fiaba e su come la fiaba Re Crin rappresenti la sua prospettiva. In seguito proverò ad indicare
se le fiabe Caterina la Sapiente, Cap O’Rushes e Fanta-Ghirò, persona bella rappresentano
una relazione amorosa tradizionale fra l’uomo e la donna, o se invece possiamo individuare in
esse un approccio amoroso più innovativo, in linea con il carattere e l’atteggiamento atipico
delle eroine.
Partiamo da un’osservazione di Italo Calvino che ispira l’enfasi posta sull’amore e
sulla relazione amorosa fra il personaggio femminile e quello maschile. Nell’Introduzione alle
Fiabe italiane Calvino conferma che “corre, nella fiaba italiana, una continua e sofferta
trepidazione d’amore”353. Calvino continua il suo discorso, argomentando che molte fiabe
mostrano analogie con la storia d’amore di Amore e Psiche, scritta da Apuleio: “[il] tipo
«Amore e Psiche» [...] domina una notevole parte dei nostri racconti di meraviglie” 354. Si
tratta di storie che “narrano dell’amore precario, che congiunge due mondi incongiungibili,
che ha la sua prova nell’assenza; storie d’amanti inconoscibili, che si hanno davvero solo nel
momento in cui si perdono”355. Un esempio di fiaba che segue la struttura narrativa della
storia di Amore e Psiche, riprendendo dunque quest’amore piuttosto stereotipico, è la fiaba
calviniana Re Crin. Ne riassumerò brevemente le linee principali:
“Re Crin” racconta la storia del figlio del re che, essendo un porco, si vuole sposare senza che la
moglie lo aborra. I due matrimoni con le due figlie maggiori del panettiere falliscono e Re Crin si
vede costretto ad ucciderle. Il terzo matrimonio invece è un grande successo, perché la terza figlia si
comporta in modo amorevole con il marito. Nondimeno la ragazza non riesce a controllare la sua
curiosità e lo guarda con un cerino quando dorme perché “le era venuta un’idea in testa”356. La
ragazza si stupisce quando vede che il porco è in realtà un bel ragazzo, però, dimentica il cerino e
lo lascia cadere sulla pelle del marito. Re Crin si sveglia e grida, accusandola di aver rotto
l’incantesimo e aggiungendo che per rivederlo dovrà “riempire sette fiaschi di lagrime e consumare
sette paia di scarpe di ferro, sette mantelli di ferro e sette cappelli di ferro” 357. Re Crin scompare e
la ragazza inizia la ricerca, che la porterà alla casa della madre del Vento, a quella della madre del
Fulmine e, infine, alla casa della madre del Tuono che le danno rispettivamente una castagna, una
noce e una nocciola (da aprire in caso di necessità). In seguito la ragazza arriva al castello della
principessa che sta per sposarsi con Re Crin. Per questo motivo la ragazza apre la castagna, che
custodisce numerosi gioielli e diamanti, che venderà alla principessa in cambio di una notte con il
suo sposo. La principessa accetta, ma dà a Re Crin un sonnifero cosicché la ragazza non gli può
parlare. Disperata, la ragazza rompe la noce e vende i drappi di seta e i vestiti bellissimi alla
principessa, ma Re Crin viene di nuovo drogato. Infine, la ragazza vende anche il contenuto della
nocciola (“carrozze, vetture e cavalli”358) ma questa volta il principe si sveglia perché non ha
bevuto la bevanda, e gli innamorati possono scappare dal palazzo.
Possiamo individuare nella fiaba dei motivi caratteristici del modello di base, come per
esempio “[the] heroine’s marrying [...] an animal endowed with some human features, who,
owing to the salutary power of love and devotion, is eventually [...] ‘disenchanted’ and
becomes an ordinary husband”359, la curiosità della sposa di vedere il marito durante il sogno,
353
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 47.
Ibidem.
355
Ivi, p. 48.
356
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 142.
357
Ibidem.
358
Ivi, p. 144.
359
Andrzej WICHER, A Discussion of the Archetype of the Supernatural Husband and the Supernatural Wife as
It Appears in some of Geoffrey Chaucer’s ‘Canterbury Tales’, in, AA.VV., REAL: Yearbook of Research in
354
61
la sua conseguente sparizione e la ricerca della ragazza dell’amore perduto. La fiaba descrive
un amore tradizionale dove gli amanti separati devono ritrovarsi, ma fa anche riferimento ad
un elemento più moderno, ossia all’intraprendenza dell’eroina. La ragazza si dimostra in
grado di sconfiggere vari ostacoli e, con l’aiuto di alcuni oggetti magici, riesce a liberare suo
marito dall’incantesimo. Il coraggio dell’eroina, spinto dall’amore verso il marito, è un
aspetto molto interessante perché Calvino lo motiva da una prospettiva storica360. L’autore
italiano ha preso ispirazione dall’interpretazione della storia di Amore e Psiche di Vladimir
Propp, menzionata nel suo libro Le Radici Storiche dei Racconti di Fate361. Sarah Cruso
riassume la ipotesi di Calvino come segue:
Riprendendo la suggestiva interpretazione di Propp del tipo di Amore e Psiche,
Calvino rintraccia nello spirito del racconto le tracce di un’antica istituzione, quella
dell’amore nato durante il periodo di iniziazione dei giovani all’interno delle società
primitive. Seguendo quest’ipotesi Psiche ricopre il ruolo della ragazza che,
all’interno delle case in cui questi giovani venivano segregati, aveva rapporti con
loro ma senza mai poterli vedere in volto. Alla fine del periodo di formazione i
giovani abbandonavano la casa, conoscevano altre donne, dimenticavano la ragazza.
Le fiabe ripropongono in altre forme quest’idea di amore clandestino e invisibile,
destinato a spezzarsi perché condannato dalle leggi religiose, e poi narrano il riscatto
della giovane che a queste leggi si oppone, cercando e riconquistando l’uomo
amato.362
In altre parole, il carattere indipendente e ribelle dell’eroina nella fiaba Re Crin riporta
pertanto ad una radice storica. Sarah Cruso sostiene, come abbiamo sottolineato, che “a
Calvino piaccia particolarmente questo personaggio di donna intraprendente [...] che vince la
severità del padre, della società maschile che la vorrebbe costringere a un ruolo
subalterno”363. È possibile desumere che la prospettiva storica è un altro motivo che stimola
Calvino a raccogliere delle fiabe in cui figurano delle eroine indipendenti. Un tale
atteggiamento delle eroine si riflette anche nella rappresentazione della relazione amorosa,
che viene dominata dalla figura femminile, invece che dal personaggio maschile. L’eroina si
dimostra padrona della situazione, compresa anche quella amorosa. Re Crin ci presenta un
amore tradizionale, ossia la storia di due innamorati separati dalla sorte che devono
combattere per rivedersi. Però, notiamo qui i primi passi verso un’eroina forte, che non
subisce la pressione del mondo maschile. Quest’atteggiamento ritorna nella raccolta di
Calvino e viene rafforzato, come succede nelle fiabe al centro della nostra ricerca.
Siamo arrivati al focus della discussione, vale a dire come l’amore, nelle tre fiabe già
analizzate, sia completamente controllato dal personaggio femminile. Le eroine controllano la
situazione amorosa e di frequente causano l’innamoramento del personaggio maschile. In
altre parole, l’amore sembra manifestarsi in modo diverso dall’amore tradizionale, così come
viene rappresentato in Re Crin. L’eroina di quest’ultima fiaba supera le difficoltà d’amore per
il marito, ma altre eroine come Caterina la Sapiente o Cap O’Rushes sembrano avere secondi
English and American Literature, Vol. 7, Herbert Grabes, Hans-Jürgen Diller, Hartwig Isernhagen, Tübingen,
Gunter Narr Verlag, 1991, p. 19.
360
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 39.
361
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 48.
362
Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 39.
363
Ivi, p. 40.
62
fini. Per quanto riguarda la fiaba Cap O’Rushes di Jacobs, mi sembra necessario indicare che
non ho potuto trovare uno specifico punto di vista sull’amore nella fiaba di Jacobs, però, come
abbiamo già dimostrato, l’autore inglese mostra una preferenza – al pari di Calvino – per le
eroine indipendenti. Vedremo che, per esempio, la fiaba Cap O’Rushes rivela delle analogie
con le fiabe calviniane dal punto di vista della relazione amorosa.
Il primo esempio è la fiaba Caterina la Sapiente in cui la relazione amorosa tra Caterina e il
Reuzzo incontra grande difficoltà. Nell’ambito amoroso il primo grande evento è il loro
matrimonio, che non è tuttavia basato sulla reciprocità fra l’uomo e la donna. Il Reuzzo ha
preso in sposa Caterina perché vuole vendicarsi dell’offesa da lei ricevuta. Tuttavia, come
abbiamo già notato, la protagonista si dimostra più intelligente del marito e tramite un’astuzia
riesce ad ingannarlo. Si osserva che nella fiaba i ruoli vengono invertiti, ovvero non è il
Reuzzo a rieducare la moglie testarda, ma è Caterina ad impartirgli una lezione importante. Il
Reuzzo è frustrato perché prova a dominare sua moglie, ma non riesce perché non può
penetrare nei pensieri di Caterina. Sua moglie invece si dimostra padrona della situazione e
capace di rieducare il marito. Nel finale della fiaba si prospetta una riconciliazione fra i due
personaggi perché Caterina lo permette. Mostrando indulgenza, la protagonista dimostra
anche il suo amore per il marito. È dunque lei a salvare il loro matrimonio perché aiuta il
marito a capire i propri errori. L’atteggiamento arrogante del Reuzzo all’inizio della fiaba
viene sostituito da un senso di costernazione e di pentimento quando egli realizzerà di aver
maltrattato la moglie. L’amore trionfa perché il Reuzzo ha ammesso il suo errore e il rapporto
di forza tra uomo e donna, all’interno del matrimonio, raggiunge un equilibrio.
Per quanto riguarda le fiabe Fanta-Ghirò, persona bella di Calvino e Cap O’Rushes di Jacobs
possiamo osservare che entrambe presentano una relazione amorosa che finisce nel
matrimonio. Però le modalità con cui vi si arriva, possono rivelare qualcosa sulle intenzioni
delle eroine. Fanta-Ghirò, che è mascherata da uomo, e Cap O’Rushes, che è irriconoscibile
per il figlio del padrone sino a quando si toglierà il camuffamento, riescono a fanno perdere la
testa ai personaggi maschili, che ne rimangono perdutamente innamorati. Fanta-Ghirò si
maschera da generale per ingannare il Re nemico e per evitare una guerra. Il Re nemico è “un
bel giovanotto”364 e la protagonista riesce a conquistarlo mentre porta degli abiti maschili.
Possiamo inoltre dire che Fanta-Ghirò non vuole solamente salvare il regno del padre, ma
sembra anche voler mostrare il suo amore per il Re nemico. Il piccolo foglio lasciato nella
camera rivela, insieme al suo amore per il Re, la vera identità della fanciulla e permette al Re
di seguirla. Il Re nemico, ormai innamorato, dimentica i piani di guerra e segue ‘il generale’
nel regno di suo padre e la prende in moglie. Però, l’azione di lasciare il foglio può anche
essere interpretata in un altro modo, visto che il matrimonio con il Re nemico le offrirà il
vantaggio politico di reggere due regni. Alla fine della fiaba Fanta-Ghirò è riuscita sia a
salvare il regno del padre, sia a trovare un marito e a diventare “regina di due Regni”365. Cap
O’Rushes, dopo essere stata maltratata dal padre, deve cercare la propria fortuna e la trova
lavorando come sguattera in una casa. Attratta dal figlio del padrone, decide di sedurlo. Cap
O’Rushes si toglie il camuffamento e in questo modo diventa irriconoscibile per quelli che la
364
365
Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 418.
Ivi, p. 420.
63
identificano con il mantello di giunchi. Cap O’Rushes balla per tre notti con il ragazzo
durante la festa e alla fine della terza notte, il figlio del padrone è follemente innamorato,
tanto da affermare: “if he didn’t see her again he should die”366. La condizione del giovane si
aggrava, ossia “he got worse and worse for the love of her till he had to keep his bed”, fino al
momento in cui la voce dice che “[h]e’s dying for the love of the lady”367. In questo momento
Cap O’Rushes, convinta del suo amore, riprende l’iniziativa e si rivela al ragazzo come colei
con cui egli ha ballato per tre notti. Il figlio del padrone guarisce e si sposa con la sua
innamorata. Il matrimonio con il figlio del padrone offre a Cap O’Rushes la possibilità di
trovare la fortuna, ma le permette anche di dare una grande festa, di invitare il padre violento
e di dare a quest’ultimo una bella lezione per la punizione immeritata sopportata a suo tempo.
Possiamo osservare che nelle due fiabe ci si focalizza sull’innamoramento dei personaggi
maschili e sui loro sentimenti, anziché su quelli dei personaggi femminili. Tuttavia è lecito
argomentare che le relazioni amorose vengono controllate dalle eroine, che sembrano avere
coscienza delle altre possibilità che il matrimonio può offrire loro accanto all’amore.
In conclusione, osserviamo che la relazione amorosa, come è rappresentata nelle fiabe
Caterina la Sapiente, Cap O’Rushes, e Fanta-Ghirò, persona bella, risulta nel motivo
tradizionale del matrimonio, però, possiamo anche notare che ognuna delle tre eroine ha
secondi fini. Non intendo sostenere che le eroine non amano il loro marito, però mi sembra
chiaro che, di là dal matrimonio, le eroine traggono altri vantaggi dalla relazione amorosa.
366
367
Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 54.
Ibidem.
64
Conclusione
La “giovane donna” nella fiaba è stata il focus centrale della tesi. Ci siamo concentrati sui
diversi aspetti della figura femminile, enfatizzando soprattutto il suo comportamento atipico.
La nostra ricerca si è limitata all’analisi del personaggio femminile che mostra un
atteggiamento intraprendente al fine di metterne in luce, conseguentemente, la differenza
rispetto alle aspettative stereotipiche. Tale protagonista ha attirato la mia attenzione perché
spiccava dalla lettura delle collezioni di fiabe, sulle quali la nostra analisi è fondata. Le fiabe
che abbiamo preso in considerazione sono state selezionate dalle raccolte Fiabe italiane
dell’autore italiano Italo Calvino e da quella inglese, English Fairy Tales, di Joseph Jacobs.
Joseph Jacobs e Italo Calvino hanno ambedue realizzato delle importanti collezioni di fiabe,
che racchiudono il patrimonio culturale dei rispettivi paesi. L’elemento comune a Calvino e a
Jacobs è rappresentato dalla presenza dell’eroina fiabesca atipica. Intendo dire che le tre fiabe
di Jacobs, ossia Kate Crackernuts, Molly Whuppie e Cap O’Rushes, e le quattro fiabe di
Calvino, ossia Il Re di Spagna e il Milord inglese, Caterina la Sapiente, Fanta-Ghirò,
persona bella e Re Crin mettono in scena una protagonista, che potremmo definire l’eroina
della fiaba, che dispone di qualità originali.
Dopo la presentazione degli autori e della loro visione della fiaba, ci siamo concentrati su un
quadro teorico che offre quattro differenti prospettive interpretative della figura femminile
nella fiaba: la prospettiva strutturalistica, la prospettiva psicoanalistica, la prospettiva
femminista e la prospettiva letteraria. Quest’ultima prospettiva rappresenta il punto di
partenza della nostra discussione, in linea con le posizioni espresse dal critico letterario Max
Lüthi sull’importanza del “significato” della fiaba e sui temi e motivi che la
contraddistinguono. In questo modo siamo arrivati all’analisi delle sette fiabe, focalizzandoci
sulla figura della protagonista indipendente. Abbiamo considerato, in primo luogo l’aspetto
esteriore della protagonista atipica, che non deve rinunciare alla sua bellezza tradizionale per
poter assumere un atteggiamento più moderno. In secondo luogo abbiamo preso in
considerazione il carattere e la personalità dell’eroina, che si può scoprire solo in base alle
azioni poiché “[the fairy tale] does not portray feelings, moods, inner conflicts, and thought
processes, but strives to translate everything into action”368. Quindi, in base alle azioni
dell’eroina, siamo stati in grado di svelare aspetti del suo carattere indipendente ed
intraprendente. Infine, la relazione amorosa fra l’uomo e l’eroina della fiaba si rivela
interessante perché anche in questa situazione la protagonista si dimostra più ingegnosa
rispetto al personaggio maschile.
Basandoci sulla piccola raccolta di sette fiabe e sulle rispettive protagoniste, possiamo
concludere che sia Joseph Jacobs che Italo Calvino hanno inserito nelle loro collezioni di
fiabe alcune eroine che risaltano per la loro intraprendenza. Le caratteristiche che rendono
queste protagoniste delle vere e proprie eroine non hanno a che fare con la forza fisica o la
capacità di combattere ma piuttosto con l’intelligenza, l’ingegnosità e l’audacia. Abbiamo
argomentato che tale personaggio è atipico e non corrisponde alle aspettative stereotipiche
368
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 124.
65
della principessa, che deve aspettare il principe azzurro per essere salvata. Per questo motivo
possiamo affermare che entrambi gli autori dimostrano una visione moderna della donna nella
fiaba. È quanto Cruso nota per la raccolta di Calvino, riportando un pensiero di Lavinio:
In definitiva, per quanto riguarda i personaggi di Calvino, Lavinio nota che «spesso
basta attribuire loro un tocco di civetteria [...] e una motivazione diversa ad agire in un
certo modo, per farne dei personaggi più ‘moderni’, diversissimi da quelli delle fiabe
tradizionali».369
Possiamo aggiungere, sulla base dell’analisi delle fiabe di Jacobs, che questa citazione vale
anche per le eroine atipiche delle fiabe inglesi perché dimostrano la medesima qualità
moderna e originale.
Nella tesi abbiamo dedicato una sezione alle ragioni che possono spiegare perché sia
Calvino che Jacobs si dimostrano favorevoli alla presenza di tale personaggio femminile
moderno. In primo luogo entrambi gli autori partono da collezioni in cui le fiabe di fonte sono
state narrate da donne. In secondo luogo abbiamo notato l’influenza del contesto storico in cui
gli scrittori hanno realizzato il loro progetto. Il periodo di pubblicazione di ambedue le
collezioni è difatti caratterizzato da profondi cambiamenti della condizione femminile nella
società. Quest’ultima osservazione si può collegare alla convinzione di Calvino che la fiaba
sia in relazione con la realtà, ossia “le fiabe sono vere”370. In quest’ottica anche il commento
di Lüthi è molto interessante; il critico letterario indica che: “our era, whose character, despite
everything, is still determined by men, feels the strong and clear need for a complementary
antipole”371, rappresentata proprio dall’eroina fiabesca atipica.
Concludendo il discorso, possiamo affermare che, tramite la piccola raccolta di sette fiabe che
abbiamo analizzato, è possibile scoprire un’altra visione della donna nella fiaba, alternativa
alla donna fiabesca “tradizioniale”. Sia Italo Calvino che Joseph Jacobs si dimostrano a favore
di una figura femminile intraprendente, pronta a ingannare persino il (futuro) marito pur di
raggiungere il proprio scopo. Nonostante l’amore sia presente nella relazione tra il
personaggio femminile e quello maschile, si può osservare come l’eroina, al di là del
matrimonio, serba dei secondi fini che torneranno a suo vantaggio nel corso della storia.
369
C. LAVINIO, Teoria e didattica dei testi, La Nuova Italia, Firenze 1990, p. 153., citato in Sarah CRUSO,
Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 94.
370
Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13.
371
Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 136.
66
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Appendice
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(L’immagine è stata scaricata dal sito:
http://www.labirintoermetico.com/03Fiabe/personaggi_fiabe_e_archetipi_junghiani.htm)
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