Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe
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Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe
Faculteit Letteren & Wijsbegeerte Geraldine Wijns Joseph Jacobs, Italo Calvino e le eroine “atipiche” delle fiabe tradizionali Analisi della raffigurazione della protagonista “intraprendente” nelle ‘Fiabe italiane’ di Calvino e nelle ‘English Fairy Tales’ di Jacobs Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad van Master in de taal- en letterkunde Engels – Italiaans 2012-2013 Promotor Prof. dr. Mara Santi Vakgroep Letterkunde HOW TO GET INTO THIS [THESIS]. Knock at the Knocker on the Door, Pull the Bell at the side, Then, if you are very quiet, you will hear a teeny tiny voice say through the grating “Take down the Key.” This you will find at the back: you cannot mistake it [...]. Put the Key in the Keyhole, which it fits exactly, unlock the door and WALK IN. (Joseph Jacobs English Fairy Tales, 1890) 2 Ringraziamenti La stesura della tesi è stata un’esperienza impegnativa, ma altrettanto istruttiva. La ricerca sull'argomento ha occupato gran parte del mio tempo nell’ultimo anno; è stata un processo lungo ed intenso per cui talvolta è stato necessario fare le ore piccole. Proprio come Italo Calvino mi sono trovata immersa nel meraviglioso mondo delle fiabe pur senza avere una conoscenza approfondita del genere letterario. È stato anche per me come “un salto a freddo”1. Mi sono resa conto, durante la mia ricerca, che la discussione intorno al genere della fiaba è più complessa di quanto si possa immaginare. Per questo motivo ho trovato la stesura della tesi un viaggio accattivante, accompagnato nondimeno da varie peripezie. Fortunatamente, per superare i vari ostacoli incontrati ho potuto contare sul sostegno della professoressa Mara Santi, che sempre ha trovato il tempo per fugare i miei dubbi o per mettermi sulla buona pista. Vorrei ringraziarLa per il Suo tempo e per la Sua disponibilità: la porta del Suo ufficio sempre aperta mi ha trasmesso una sensazione rassicurante. Vorrei anche ringraziare la Dottoressa Rossella Bonfatti, che si è impegnata a fondo per revisionare la mia tesi dal punto di vista linguistico. Infine, vorrei anche dedicare alcune parole ai miei genitori che sono stati in grado di sorreggermi emotivamente nei momenti più difficili. 1 Italo CALVINO, Introduzione, in Id., Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, con una prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p. 9. 3 Indice Introduzione .............................................................................................................................. 5 Parte 1 ........................................................................................................................................ 8 1 2 Capitolo 1: Italo Calvino Vs. Joseph Jacobs: introduzione agli autori ........................ 9 1.1 Italo Calvino (1923-1985) ................................................................................................................. 9 1.2 Joseph Jacobs (1854-1916) ............................................................................................................. 14 Capitolo 2: Status Quaestionis: Come la critica analizza la figura femminile? ........ 19 2.1 La prospettiva strutturalistica .......................................................................................................... 19 2.2 La prospettiva psicoanalitica ........................................................................................................... 21 2.3 La prospettiva femminista ............................................................................................................... 25 2.4 La prospettiva letteraria ................................................................................................................... 30 Parte 2 ...................................................................................................................................... 32 3 Capitolo 3: Analisi: La “giovane donna” nella fiaba ................................................... 33 3.1 Jacobs e Calvino: una predilizione per la protagonista indipendente........................................ 34 3.2 L’aspetto esteriore ............................................................................................................................ 37 3.2.1 I colori........................................................................................................................................ 37 3.2.2 I capelli ...................................................................................................................................... 42 3.3 La personalità .................................................................................................................................... 44 3.3.1 La personalità incantevole dell’eroina fiabesca, caratterizzata dall’intelligenza e dall’ingegnosità.......................................................................................................................................... 44 3.3.1.1 Kate Crackernuts ................................................................................................................. 45 3.3.1.2 Molly Whuppie ..................................................................................................................... 47 3.3.1.3 Caterina la Sapiente ............................................................................................................ 50 3.3.2 3.4 L’eroina fiabesca e il motivo del camuffamento ................................................................. 53 3.3.2.1 Cap O’Rushes....................................................................................................................... 54 3.3.2.2 Fanta-Ghirò, persona bella ............................................................................................... 57 L’amore .............................................................................................................................................. 60 Conclusione ............................................................................................................................. 65 Bibliografia ............................................................................................................................. 67 Appendice ................................................................................................................................ 72 4 Introduzione “C’era una volta...”. Con queste parole cominciano le storie che costituiranno il focus della mia tesi. Sono fiabe che rappresentano al lettore un mondo di principi e di principesse, di magia, di meraviglia e di avventure. Le espressioni “C’era una volta...” o “Once upon a time...” funzionano quasi come delle formule magiche, che proiettano il lettore nel mondo della fantasia e che lo avvertono che seguirà una storia che farà appello all’immaginazione. Si tratta di un’espressione idiomatica, diffusa presso culture assai diverse, perché la tradizione di raccontare storie appartiene all’uomo: così avviene anche nella cultura italiana e in quella inglese, che producono le due collezioni che saranno al centro della ricerca. Le fiabe che occupano una posizione centrale nella nostra ricognizione provengono dalla collezione italiana di Italo Calvino, Fiabe italiane, e dalla raccolta inglese di Joseph Jacobs, English Fairy tales. Il genere fiabesco è un genere letterario interessante che presenta una struttura particolare, uno svolgimento narrativo divertente e la capacità di descrivere “a universe in miniature”2. Max Lüthi afferma, riferendosi alla fiaba, che “[w]hen something has the ability both to attract and repel one so forcefully, one may assume that it deals with fundamentals. [...] [It is] a peculiar form of literature, one which concerns man directly” 3. La fiaba si collega alla vita del lettore, che può riconoscervi degli elementi della propria vita o imparare delle massime di saggezza immergendosi nel mondo fiabesco, ossia “[f]airy tales possess a special sort of magic and play an important role in all our lives”4. Quest’ultima osservazione si riconduce all’idea che “[t]he characters of the fairy tale are not personally delineated; the fairy tale is not concerned with individual destinies”, vale a dire, il protagonista della fiaba rappresenta “an image for the human spirit: the story portrays the endowment, peril, paralysis, and redemption not of just one [...] [person], but of all mankind”5. Tale prospettiva è una delle ragioni per cui la fiaba è così popolare e presente nelle diverse culture: nonostante le fiabe raccontino delle storie antiche, appartenenti a tempi lontani o immaginati, si può osservare la presenza di storie o elementi che rimandono alla vita quotidiana. Partendo da queste osservazioni, possiamo argomentare che i personaggi stanno alla base della fiaba. Nella collezione di Jacobs e in quella di Calvino il lettore ne incontra una grande varietà: personaggi maschili e femminili, buoni e cattivi, belli e brutti, ricchi e poveri. Tra gli innumerevoli personaggi presentati, il mio interesse è catturato, in particolare, dalla raffigurazione, interpretazione e caratterizzazione del personaggio femminile. In 2 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, con un’introduzione di Francis Lee Utley, Bloomington & London, Indiana University Press, 1976, p. 25. 3 Ivi, p. 22. 4 Ivi, risvolto della sopraccoperta. 5 Ivi, p. 24. Si nota che Max Lüthi procede dal “caso specifico” al “caso generale”, ossia parte (in questo caso) dalla fiaba “Sleeping Beauty” per applicare poi le proprie osservazioni all’intero genere. (The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, a cura di Jack Zipes, New York, Oxford University Press, 2000, p. 18.) 5 generale, la figura femminile della fiaba si articola in figure diverse che svolgono ruoli specifici, come: principessa, madre, matrigna, fata o madrina, strega, ecc. Per di più, durante la lettura delle fiabe di Calvino e quelle di Jacobs, sono rimasta colpita dalla vera e propria indispensabilità della “donna” nella fiaba. Tale idea sembra evidente, però, non possiamo negare la presenza dell’idea stereotipica dell’uomo eroico, che regge il regno della fiaba, lasciando in ombra la donna fiabesca, che occupa un ruolo secondario. Sia Jacobs che Calvino includono, nelle loro rispettive collezioni, alcune fiabe che mettono in scena delle protagoniste interessanti che spiccano perché vengono presentate in modo più attivo, intraprendente e moderno a paragone delle donne più tradizionali delle altre fiabe. Per questo motivo l’obiettivo centrale della mia analisi consisterà nell’offrire un’analisi di una selezione di fiabe che presentano una protagonista atipica. Parleremo di eroine dai nomi altisonanti, come Kate Crackernuts, Caterina la Sapiente, Molly whuppie e Fanta-Ghirò che mostrano al lettore un atteggiamento diverso, indipendente, a volte persino audace. L’analisi si focalizzerà da un lato sul modo in cui la figura della donna intraprendente viene rappresentata nella fiaba e su come lo scrittore inglese e quello italiano decidono di raffigurare le protagoniste ingegnose. Dall’altro lato, mi sembra interessante scoprire delle analogie o delle differenze nella raffigurazione delle eroine fiabesche in Jacobs e in Calvino. Tuttavia, mi sembra necessario notare che una simile eroina intraprendente è presente soltanto in un limitato numero di fiabe, e sia Calvino che Jacobs sembrano inserirla all’interno di un corpus di fiabe dominate da un’eroina più tradizionale. La tesi si articolerà in diversi capitoli nei quali offrirò sia una prospettiva teorica sulla figura femminile nella fiaba, sia un’analisi tematica dei diversi aspetti della protagonista atipica. Nel primo capitolo presenterò gli autori, spiegando perché mi concentrerò sulle raccolte di fiabe di un autore italiano e su quella di uno scrittore inglese. Italo Calvino e Joseph Jacobs hanno realizzato delle collezioni importanti, che offrono al lettore nuove prospettive sulle fiabe di lingua italiana e su quelle di lingua inglese. Calvino e Jacobs adottano un certo metodo di lavoro, svelano delle analogie e differenze e rappresentano alcune qualità con le quali riescono a catturare l’attenzione del pubblico. Il secondo capitolo verte sullo Status Quaestionis, in cui si distingueranno i quattro approcci con cui si affronta l’interpretazione della figura femminile della fiaba: l’approccio strutturalistico, l’approccio psicoanalitico, l’approccio femminsta e l’approccio letterario. Quest’ultimo approccio costituirà il punto di partenza per la nostra analisi, perché offre osservazioni interessanti che ci possono aiutare a comprendere meglio il ruolo, ovvero il “significato”, della protagonista fiabesca. Il terzo capitolo, suddiviso in quattro sezioni, si focalizzerà sull’analisi della figura femminile atipica. Basandoci su una selezione di sette fiabe, quattro di Calvino e tre di Jacobs, affronteremo, in primo luogo, le ragioni per cui i due autori si dimostrano a favore della donna fiabesca intraprendente. In secondo luogo considereremo l’aspetto esteriore della figura femminile per passare, in terzo luogo, alla personalità e al carattere delle protagoniste. Infine, in quarto luogo, affronteremo l’amore e la relazione amorosa fra il personaggio maschile e quello femminile nelle fiabe selezionate. 6 In questo modo proverò ad offrire una nuova prospettiva esegetica sulla figura femminile nella fiaba, partendo da una piccola raccolta di sette fiabe provenienti dalla collezione di fiabe di Italo Calvino e da quella di Joseph Jacobs. 7 Parte 1 8 1 Capitolo 1: Italo Calvino Vs. Joseph Jacobs: introduzione agli autori In questo capitolo introduttivo vorrei presentare i due scrittori e le loro rispettive collezioni di fiabe, ossia Italo Calvino con le Fiabe italiane e Joseph Jacobs con la raccolta di English Fairy Tales. Inoltre motiverò la mia scelta di mettere a confronto lo scrittore italiano e l’autore inglese e proverò ad indicare le differenze e i punti comuni tra Jacobs e Calvino nell’approccio alla loro collezione narrativa e nel loro metodo di lavoro in generale. In ogni caso è del tutto possibile argomentare che i due autori qui presi in esame si impongano all’attenzione del pubblico e della critica grazie alle loro qualità di originalità, audacia e innovazione legate ai rispettivi contesti culturali di appartenenza. Grazie a questo complesso intreccio Jacobs e Calvino riescono a catturare l’attenzione dei lettori e ad affascinarli con le loro opere fiabesche. 1.1 Italo Calvino (1923-1985) La mancanza di una “gran raccolta delle fiabe popolari di tutta Italia, che sia anche libro piacevole da leggere, popolare per destinazione e non solo per fonte”6 spinge Italo Calvino nel 1954 alla stesura delle Fiabe italiane. Nello spazio di due anni Calvino si dedica a questo progetto impegnativo e attraversa l’Italia in lungo e in largo per arrivare ad una raccolta di duecento fiabe italiane provenienti dalle venti regioni della penisola 7. La scelta della casa editrice Einaudi di affidare il progetto della raccolta nazionale di fiabe a Calvino non si rivelerà un errore8 e anche Mario Lavagetto, che scrive la prefazione alle Fiabe italiane, afferma che l’idea di scegliere Calvino per intraprendere questo viaggio fu in qualche modo segnato dal destino: [N]ell’accanimento, nella determinazione con cui Calvino affronta la riscrittura di duecento fiabe [...] è possibile riconoscere una sorta di predestinazione o di preveggenza: l’appuntamento è decisivo e Calvino assolve al suo compito nell’arco di un anno se, nella tarda primavera del 1956, le fiabe sono scritte con un tour de force degno di quelli fra i suoi protagonisti che in una notte riescono a compiere imprese apparentemente impossibili, a filare montagne di canapa, a tessere vestiti meravigliosi o a separare un’enorme quantità di ceci e piselli mescolati insieme.9 In merito Calvino rivela nell’introduzione che lo studio della tradizione folcloristica italiana costituiva per lui “un salto a freddo”, ossia un’immersione “in questo mondo 6 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 8. The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, a cura di Jack Zipes, New York, Oxford University Press, 2000, p. 83. 8 Mario LAVAGETTO, Prefazione, in Italo CALVINO, Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p. XI. 9 Ivi, p. XIV. 7 9 sottomarino disarmato d’ogni fiocina specialistica”10. Tuttavia, una volta fatto il salto nel buio, Calvino viene colto da una vera “mania”, alimentata dalla “ricchezza e limpidezza” del “fondo fiabistico popolare italiano” e dalle “qualità di grazia, spirito [e] sinteticità di disegno” del folclore italiano11. Tale interesse per la tradizione folcloristica spiega perché Calvino nella composizione della propria raccolta si immerga nel materiale ottocentesco – in particolare si concentra sulla collezione siciliana di Giuseppe Pitré, intitolata Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani (1875), e sulla raccolta toscana di Gherardo Nerucci, intitolata Sessanta novelle popolari montalesi (1880) – anziché affidarsi alla trascrizione delle fiabe popolari narrategli dalle cosiddette “vecchiette”12. Questa scelta metodologica viene indicata nel sottotitolo della raccolta: Fiabe italiane - raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti. Nondimeno deve essere notato che “le Fiabe italiane si present[ano] non solo come le fiabe della tradizione popolare trascritte da Calvino, ma anche come le fiabe di Calvino”, quindi “come testimonianza dell’approccio personale con cui Calvino si è accostato ai testi della tradizione, interpretandoli attraverso la propria voce”13. Si rivela quindi fondamentale per una corretta lettura delle Fiabe italiane prendere in considerazione la dimensione inventiva e creativa aggiunta alla raccolta da Calvino stesso. Nell’introduzione alle Fiabe italiane Calvino chiarisce la natura del suo intervento nella raccolta e spiega i “Criteri del mio [Calvino] lavoro”, ricordando che tre quarti dell’opera sono qualificabili come scientifici mentre “l’ultimo quarto [del suo lavoro è] frutto d’arbitrio individuale”14. Cominciando con la scelta della “version[e] più bell[a], original[e] e rar[a]”, Calvino procede con la traduzione dal dialetto in italiano e con l’inserimento di elementi dalle varianti alternative alla versione scelta per poter “integrare con una mano leggera d’invenzione i punti che paiono elisi o smozzicati”; contemporaneamente Calvino prova a realizzare tutte queste fasi usando un italiano che non è nè troppo personale, nè scialbo 15. Per una lista ordinata e sistematica dei tipi di interventi calviniani, si può fare riferimento alla prefazione di Mario Lavagetto in cui i cambiamenti di tipo ‘accelerazione’, ‘contaminazione’, ‘enfatizzazione’, ‘aggiunta’, ‘invenzione’, ‘omissione’, ‘sostituzione’ e ‘variazione’ vengono descritte dettagliatamente16. Prendendo in considerazione tutti questi interventi autoriali di Calvino, possiamo concludere che le Fiabe italiane sono in effetti “le fiabe di Calvino”17. Per giustificare la sua metodologia, l’autore fa riferimento al proverbio toscano di Nerucci: In tutto questo mi facevo forte del proverbio toscano caro al Nerucci: «La novella nun è bella, se sopra nun ci si rappella», la novella vale per quel che su di essa tesse e ritesse ogni volta chi la racconta, per quel tanto di nuovo che ci s’aggiunge passando di bocca in bocca.18 10 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 9-10. Ivi, p. 11. 12 Ivi, pp. 22, 14. 13 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, Roma, Carocci Editore, 2007, pp. 15-16. 14 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 13-14. 15 Ivi, pp. 14-15. 16 Mario LAVAGETTO, Prefazione, in Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., pp. XXXI-XXXIII. 17 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 16. 18 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 21. 11 10 Va inoltre notato che Calvino inserisce nella sua raccolta una sezione di Note, che accompagnano le fiabe e che assumono una duplice funzione19. Da un lato le Note offrono informazioni scientifiche sui cambiamenti inseriti nelle fiabe dallo scrittore, mentre dall’altro lato riflettono il carattere personale di Calvino20. Le Fiabe italiane di Italo Calvino si prestano a multiple interpretazioni, innescando, per esempio, il problema della valutazione dei racconti fiabeschi, visti come “documenti storici” o come “testi poetici”21. Però, prima di tutto, ci sembra utile indicare la differenza categoriale tra la “fiaba popolare” e la “fiaba classica di origine popolare”22 (in inglese: the “oral fairy tale” vs. “the literairy fairy tale”23) visto che questa distinzione può aiutare nella caratterizzazione delle fiabe calviniane. La ‘fiaba popolare’ può essere definita come la fiaba di “estrazione etnico-popolare che intende trascrivere il più fedelmente possibile la narrazione orale”, come per esempio la collezione di Nerucci (1880) e quella di Pitré (1875) 24. La ‘fiaba classica’ “è quella di origine popolare in cui gli autori, pur dichiarando espressamente di voler rimanere fedeli alla versione originale orale, di fatto nella trascrizione scritta operano abbastanza liberamente”, come per esempio la collezione di Straparola (1550), quella di Basile (1634) e quella dei Grimm (1812)25. Di conseguenza, la categorizzazione delle Fiabe italiane di Calvino come raccolta di fiabe classiche non è problematica data la dimensione creativa ed inventiva implicata. Vedremo che questa classificazione si rivelerà importante nell’interpretazione delle fiabe. In primo luogo ci concentriamo sull’interpretazione storica delle fiabe di Calvino, visto che “è innegabile che esso [il testo fiabesco] porti con sé i segni dei luoghi e dei tempi in cui è stato tramandato”26. È possibile “rintracciare [nella fiaba] [...] le variabili storiche e geografiche, le situazioni specifiche del vissuto sociale”, in base agli aspetti morfologici che identificano gli elementi costanti nella struttura fiabesca attraverso società diverse 27. Tuttavia 19 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 25. Ivi, pp. 25-26. 21 Ivi, pp. 26-33. 22 Silvia Blezza PICHERLE, La fiaba: contenuti, stile, adattamenti, valore educativo, Dispense del corso di Letteratura per l’infanzia, Corso di Laurea – Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Verona, a.a. 2009-2010, p. 3. 23 Ruth B. BOTTIGHEIMER, Fairy Tales – A New History, Albany-NY, Excelsior Editions, 2009, pp. 6-8. Oral fairy tales: “fairy tales [that] were created within an oral (‘pure’ or ‘genuine’) culture and were transmitted through oral cultures as ‘folk fairy tales’ until they were written down by later authors, who collected them from the folk (but ‘contaminated’ them in so doing)”, p. 6. Literairy fairy tales: “a reworking of orally composed and transmitted tales […] ‘reworking’ is understood to have been carried out by literate, and literary, authors like Giovan Francesco Straparola, Giambattista Basile, [...] Jacob and Wilhelm Grimm [etc.]”, p. 7. Nota: Bottigheimer ha scatenato con questo libro una forte discussione, perché vuole dimostrare che “the existence of oral fairy tales […] among any folk before the ninetheenth century cannot be demostrated” (p. 7). In questo modo la critica vuole anche minare la “theory of oral origins and transmission” che, secondo lei, si dimostra “unproveable” (p. 8). Il risultato è un conflitto teorico tra le idee di Bottigheimer, quelle dello studio folcloristico tradizionale e quelle dell’approccio socio-storico ed ideologico. 24 Silvia Blezza PICHERLE, La fiaba: contenuti, stile, adattamenti, valore educativo, Dispense del corso di Letteratura per l’infanzia, Corso di Laurea – Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Verona, a.a. 2009-2010, p. 3. 25 Ibidem. 26 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 26. 27 Ivi, p. 27. 20 11 la prospettiva storica cambia a seconda che si parli di fiabe popolari o di fiabe classiche, poiché –dal punto di vista della tradizione folclorica– la fiaba popolare rappresenta una trasmissione “pure and genuine” che si scontra con la fiaba classica, che viene invece considerata come “an impure, inauthentic derivative”28. Calvino accenna a questa divisione in modo indiretto nell’introduzione alla raccolta: alla mancanza di libertà della tradizione popolare, a questa legge non scritta per cui al popolo è concesso solo di ripetere triti motivi, senza vera «creazione», il narratore di fiabe sfugge con una sorta d’istintiva furberia: lui stesso crede forse di far solo delle varizioni su un tema; ma in realtà finisce per parlarci di quel che gli sta al cuore. 29 Come possiamo leggere, Calvino concentra la propria attenzione sul contributo dei narratori delle fiabe30, vale a dire sul fatto che sono i narratori a determinare le variabili storiche che vengono rappresentate nelle fiabe e a determinare anche la creatività poetica che ci fa spostare più verso la categoria di fiabe classiche31. Non si può però dimenticare che, oltre ai narratori che hanno trasmesso le fiabe oralmente, c’è anche Calvino, il narratore-scrittore della raccolta delle Fiabe italiane, che può altresì rispecchiare dei motivi culturali o storici attraverso la scelta di inserire nella raccolta alcune fiabe specifiche o attraverso cambiamenti e invenzioni rispetto alle fonti. Lo sviluppo verso la fiaba trascritta, in cui l’invenzione e l’originalità del narratore-scrittore sono centrali, ha delle conseguenze per le ricerche socio-storiche, anche se “Zipes, however, adapts Nitschke’s method for defining the socio-historical context of folk tales to the study of the literairy fairy tale, arguing that fairy tales ‘preserve traces of vanished forms of social life’ even though tales are progressively modified ideologically” 32. Nondimeno, mi sembra che l’approccio socio-storico occupi una posizione secondaria rispetto all’interpretazione poetica delle fiabe calviniane. In secondo luogo ci occupiamo della ragione per cui la valutazione poetica dei racconti fiabeschi è fondamentale nell’analisi delle Fiabe italiane poiché riguarda il profilo letterario attribuito alle fiabe, ovvero secondo le parole di Sarah Cruso: “In definitiva, l’obiettivo doveva essere la realizzazione di un’opera dagli intenti letterari, frutto del lavoro di uno scrittore e, nello specifico, della poetica di Calvino: le fiabe di Calvino, appunto”33. Italo Calvino, nella stesura delle Fiabe italiane, adotta un doppio standard, ossia il narratorescrittore si dimostra in grado di conciliare il “rispetto di convenzioni” con la “libertà inventiva”34. Tale atteggiamento rivela perché il punto di vista sociologico-antropologico viene leggermente sorpassato dalla “lettura poetica delle fiabe tradizionali” per cui Calvino, lo scrittore-narratore della raccolta, si trova nella posizione di “attribuire [...] una nuova identità” ai “temi e motivi tradizionali [che] costantemente ritornano” 35. In generale, Simona Prone 28 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17. Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 50. 30 Con ‘i narratori delle fiabe’ intendo riferire ai narratori che hanno narrato le fiabe sulle quali le collezioni di, per esempio, Pitré e Nerucci sono basate. Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 24. 31 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 24. & Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 33. 32 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., pp. 19-20. 33 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 19. 34 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 50. 35 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., pp. 34, 36, 91. 29 12 sottolinea che la natura fiabesca può infatti superare la stereotipia assimilando degli elementi caratteristici dell’ambito letterario36: Accettate quindi la costanza e la ripetibilità di motivi e figure appartenenti al mondo della fiaba, non si può non mettere in luce anche il potenziale immaginativo che in essi si nasconde, un vero universo poetico, dal quale il narratore attinge in modo libero ed autentico, partendo da motivi trasmessi per arrivare a produzioni che della letteratura presentano l’interruzione del rapporto con la propria origine, all’insegna di una ricreazione personale e originale del materiale trasmesso.37 Con riferimento all’originalità e alla dimensione inventiva con cui Calvino ha affrontato il compito di curare una raccolta nazionale di fiabe italiane, si parla di “creative license” 38. Nell’introduzione alle Fiabe italiane Calvino elenca alcune “caratteristiche tipiche delle fiabe italiane, però ci sono alcuni critici che sostengono che questo elenco riguardi l’inventiva di Calvino stesso”39. Le caratteristiche individuate sono: il “senso d[i] bellezza” 40, “la naturale «barbarie» della fiaba [che] si piega ad una legge d’armonia”41, “corre, nella fiaba italiana, una continua e sofferta trepidazione d’amore”42, la “spinta verso il meraviglioso”43 e la “tensione dinamica fra la fantasia e la realtà”44. Particolarmente quest’ultima caratteristica richiama la nostra attenzione siccome Calvino si dimostra convinto della «verità» delle fiabe, ossia lo scrittore esce dal mondo fiabesco dopo due anni di dedizione profonda e realizza che “le fiabe sono vere”45. Calvino insiste sull’idea che le fiabe rappresentano i mille volti della vita umana e offrono “una spiegazione generale della vita”46. Calvino riesce a riassumere in alcune frasi l’essenza simbolica della fiaba, il che emerge dal seguente passaggio, molto citato dalla critica specialistica: [Le fiabe] sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano.47 Si può osservare che, anche se Calvino vede la fiaba come mezzo ideale per rappresentare il sodalizio fra il mondo reale e il mondo fantastico, lo scrittore non esclude la possibilità di 36 Simona PRONE, La dimensione letteraria del racconto fiabesco, in “Testo: studi di teoria e storia della letteratura e della critica”, Vol. 21, N. 39, 2000, p 35. 37 Ivi, p. 46. 38 Gina M. MIELE, Italo Calvino’s spiderlike web: caught between folklore and literature, in “Italica”, 22 giugno 2011, pp. 232-244 (scaricato dal sito TheFreeLibrary.com in un documento di Word, [pp. 1-9]: http://www.thefreelibrary.com/Italo+Calvino's+spiderlike+web%3A+caught+between+folklore+and...a0277519285, [p. 5.] ). 39 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 84 (traduzione personale). 40 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 46. 41 Ivi, p. 47. 42 Ivi, p. 47. 43 Ivi, p. 50. 44 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 84 (traduzione personale). 45 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 12-13. 46 Ivi, p. 13. 47 Ivi, p. 13. 13 accantonare la realtà esistente e usare la fiaba per suggerire una realtà alternativa 48. Secondo Calvino una delle qualità peculiari del racconto fiabesco è la sua funzione di antidoto, capace di offrire al pubblico un rifugio dalla durezza dell’esistenza e allo stesso tempo di ravvivare la speranza e la forza di volontà della gente49. L’identificazione delle Fiabe italiane come fiabe classiche di origine popolare (literary fairy tales) e la conseguente importanza assunta dalla valutazione poetica della raccolta hanno determinato la mia preferenza per l’analisi letteraria delle fiabe in cui “the stylistic features and thematic significance” hanno un ruolo centrale, come indicato anche dal critico letterario Max Lüthi50. 1.2 Joseph Jacobs (1854-1916) Joseph Jacobs, nato nel 1854 in Australia, si trasferisce in Inghilterra dove inizialmente si fa un nome come storico, dedicandosi per un lungo periodo allo studio del giudaismo 51. Dopo aver approfondito le ricerche in storia ebraica, Jacobs si rivolge allo studio del folclore con la pubblicazione di Jewish Diffusion of Folk Tales (1888), il che costituisce il punto di partenza della sua carriera di folclorista52. Tale carriera ha una svolta quando diventa socio nel 1889 della ‘Folk-Lore Society’ e grazie al lavoro editoriale per la rivista inglese ‘Folk-Lore’, “svolto sino al 1893”53. Nel 1890 Jacobs si dedica alla stesura di English Fairy Tales, una raccolta che viene considerata come “[a] pioneering collection[s] from the golden age of folktale collecting”54. Tuttavia deve essere notato che la parola “pioneering” non riflette la popolarità della collezione all’epoca della pubblicazione, ma fa piuttosto riferimento al suo grado di innovazione, siccome “Jacobs was not during his lifetime, and is not now, the most prominent or most highly regarded of his colleagues, but he is among the most modern”55. Di conseguenza Jacobs non viene inserito nel “Great Team” di Richard Dorson che comprende i sei “rappresentanti del folclore dell’epoca vittoriana”56, il che porta i critici di oggi alla constatazione che “Joseph was underrated [...] because he was often right – arguing against the prevailing opinions of his contemporaries – when the majority of his collegues were wrong”57. 48 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 43. Ivi, p. 34. 50 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18. 51 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, in “Folklore”, Vol. 98, N. 2, 1987, p. 183. & The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 268. 52 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., p. 184. 53 Ibidem (traduzione personale). 54 Donald HAASE, Preface, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, a cura di e con un’introduzione di Donald Haase, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2002, p. VII. 55 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., p. 183. 56 Ibidem (traduzione personale). 57 Carol G. SILVER, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, in “Marvels & Tales”, Vol. 18, N. 1, 2004, p. 105. 49 14 Nella prefazione alla collezione di English Fairy Tales Jacobs rivela il motivo che lo ha spinto alla composizione della raccolta: “Who says that English folk have no fairy-tales of their own?”58. Questa domanda deve essere contestualizzata poiché Jacobs ha vissuto in un periodo caratterizzato dall’assenza di una vera e propria tradizione di fiabe inglesi: [A] distinctly English fairy tale did not become firmly established or widely known until the Victorian Era [...] the English fairy-tale tradition had paled in contrast to the remarkable tales found on the continent.59 In altre parole, alla fine dell’epoca vittoriana anche l’isola britannica comincia a sentire la necessità di produrre una collezione nazionale di fiabe: una necessità particolarmente acuita dal grande successo della raccolta tedesca dei fratelli Grimm – Kinder- und Hausmärchen60. Oltre a ciò, “their [le fiabe dei Grimm] pervasive presence in England [...] underlined the absence of a comparable collection of indigenous English tales” per cui Jacobs si mette alla stesura della raccolta di English Fairy Tales, che sarà seguita, alcuni anni dopo, dalla seconda collezione More English Fairy Tales nel 189461. A questo punto è possibile individuare la prima corrispondenza ovvero la prima somiglianza tra i due autori, Calvino e Jacobs, dato che la raccolta dei fratelli Grimm e la metodologia di lavoro da entrambi adottata ha avuto un’influenza rilevante sui due scrittori62. Per motivi cronologici è possibile argomentare che il legame tra i Grimm e Italo Calvino non sia forse tanto ovvio quanto il rapporto tra i fratelli tedeschi e Joseph Jacobs. La raccolta dei fratelli Grimm appare intorno al 1812 e viene seguita in Inghilterra dalle English Fairy Tales di Jacobs nel 1890, mentre le Fiabe italiane di Calvino vengono pubblicate soltanto nel 1956. La raccolta Kinder- und Hausmärchen dei fratelli Grimm ha avuto una fortuna senza pari e entrambi gli scrittori l’hanno presa come modello: infatti sia Jacobs che Calvino hanno in mente di costruire una raccolta nazionale di fiabe che possa rivaleggiare con quella dei fratelli tedeschi: La prima spinta a comporre questo libro [le Fiabe italiane] è venuta da un’esigenza editoriale: si voleva pubblicare, accanto ai grandi libri di fiabe popolari straniere, una raccolta italiana. Ma che testo scegliere? Esisteva un «Grimm italiano»?63 “English Fairy Tales and More English Fairy Tales [...] [were] described [by Jacobs] ‘as the best substitute that can be offered for an English Grimm’ (1894, 215)”64 L’articolo di Gary Allan Fine, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, contiene informazioni rilevanti concernente le idee innovative di Jacobs e rappresenta le cinque tematiche che sono presenti nella sua opera: “The Significance of Diffusion”, “The Nature of the Folk-Group”, “The Individual Origin of Folklore and its Spread Through Group Dynamics”, “The Systematic Study of Folktale Motifs”, the “Effects of Social Structure on Behaviour” (p. 185). 58 Joseph JACOBS, Preface, in Id., English Fairy Tales, London, David Nutt, 1892 (rist. anast., Elibron Classics 2005), p. VII. 59 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, a cura di e con una prefazione di Donald Haase, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2002, p. IX. 60 Ivi, pp. IX-X. 61 Ivi, pp. IX-X. 62 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., pp. IX-XI. & Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13-15. 63 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 5. 15 Per quanto riguarda la somiglianza tra Calvino e Jacobs è fondamentale notare che entrambi gli scrittori adottano una metodologia editoriale piuttosto innovativa che segue altresì l’approccio dei Grimm65; ma va sottolineato che la posizione dei Grimm rispetto al materiale orale non è completamente scientifica perché “i Grimm [...] lavorarono molto di testa loro, non solo traducendo gran parte delle fiabe dai dialetti tedeschi, ma integrando una variante con l’altra, rinarrando dove il dettato era troppo rozzo, ritoccando espressioni e immagini, dando unità di stile alle voci discordanti”66. Un tale atteggiamento veniva mal tollerato all’inizio del Ottocento, il che spiega l’essere “scrupulously honest” dei Grimm rispetto al loro lavoro editoriale67. Nella mia introduzione di Calvino ho dimostrato invece come lo scrittore italiano dichiari in tutta coscienza di aver dedicato “un quarto” del lavoro alla sua volontà personale e inventiva, un approccio che viene peraltro – in prevalenza – accettato dai contemporanei68. In breve possiamo dire che, da un lato, abbiamo i fratelli Grimm che non si dimostrano del tutto sinceri rispetto alla dimensione inventiva che si può scoprire nel loro lavoro editoriale, mentre dall’altro lato abbiamo Italo Calvino che sottolinea nell’introduzione della raccolta che il suo lavoro editoriale è caratterizzato dall’invenzione e dalla creatività. Per quanto riguarda la metodologia adottata da Joseph Jacobs, possiamo dire che quest’ultimo sembra occupare una posizione di transizione tra i Grimm e Calvino; una posizione che ha peraltro “suscitato una grande controversia” tra i suoi colleghi folcloristi e che quindi richiede una spiegazione più dettagliata69. Per poter spiegare la polemica intorno alla metodologia adottata da Jacobs, è necessario indicare il punto di vista assunto dalla tradizione folcloristica: There are two key underlying assumptions informing the work of folkloricists: that folk tales have their origins in oral traditions; and that a single definitive version of a particular tale type as it may have existed in the oral tradition might be reconstructed from its variants. [...] the assumption that in identifying the basic structure of a specific tale type an originary ‘ur-text’ might be reconstructed is grounded in a romantic ideology which conceives of the folk-tale tradition as pure and genuine, and the literary fairy tale as an impure, inauthentic derivative.70 In teoria il folclorista Jacobs dovrebbe concordare con un simile punto di vista, ma in realtà Jacobs sviluppa delle teorie alternative che si allontanano dalle concezioni tradizionali dell’approccio folcloristico. Queste teorie rivelano che Jacobs non è affatto contrario al “literary fairy tale” e che le sue raccolte “straddle the border between folklore and literature”71. In primo luogo la sua teoria alternativa del “folktale diffusion” indica che Jacobs “is not primarily concerned with the ultimate origin of the folktale, but with the individual 64 Joseph JACOBS, More English Fairy Tales, London, David Nutt, ed. 1894, p. 215, citato in Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. X. 65 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., pp. IX-XI. & Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13-15. 66 Italo CALVINO, Introduzione, cit., pp. 13-14. 67 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XXI. 68 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 14. 69 Gary A. FINE, Joseph Jacobs: A Sociological Folklorist, cit., pp. 189-190. 70 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17. 71 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XIV. 16 folktale text and its relationship to the specific time and place of its creation”72. Si nota inoltre che questa teoria designa Jacobs anche come “a literary folklorist” perché “Jacobs necessarily valued literary sources in collecting and studying the folktale” dal momento che “the spread of tales from society to society also involved printed texts as a means of transmission”73. In secondo luogo Jacobs presenta la sua teoria su “come il folclore è stato creato”74. La prospettiva tradizionale argomenta che il folclore è stato creato da un autore collettivo (quindi da “the folk”), ma “Jacobs puts forth the idea [...] that specific individuals create specific texts in acts of artistic creation”75. Possiamo quindi affermare che Jacobs “rejects rigid distinctions between folklore and literature”76, il che influisce profondamente sul metodo con cui si avvicina alle collezioni di fiabe. Vale a dire Jacobs “[has a certain] understanding of his own creative role in the process of transmitting stories”77 e egli “justifie[s] his retellings as authentic folktales”, basandosi sulle proprie teorie: Consistent with his theory of diffusion and his concept of the folk, the authenticity he presumed his stories to have did not stem in his mind from verbatim retellings, but from his presumed ability to speak – in fact, to write – as the folk himself.78 Di conseguenza possiamo leggere nell’introduzione alla raccolta di English Fairy Tales come Jacobs abbia adottato una metodologia innovativa rispetto alla tradizione folclorista: In the majority of instances I have had largely to rewrite these Fairy Tales, especially those in dialect [...] I have also had to reduce the flatulent phraseology of the eighteenth-century chap-books [...] In a few instances I have introduced or changed an incident. I have never done so, however, without mentioning the fact in the Notes.79 Questa citazione indica che Jacobs ha piena consapevolezza del suo ruolo creativo nella composizione della raccolta80, tanto che la sua risulta in una collezione caratterizzata dalla tensione “between respect for the folk tradition and belief in the primacy of literary creation”81. Va inoltre rilevato che Jacobs – come Calvino – ha inserito una sezione “Notes” alla fine della raccolta in cui spiega apertamente i cambiamenti, ovvero gli adattamenti rispetto al materiale originale, cosicché i lettori e i critici hanno la possibilità di consultare le note per capire il ruolo creativo di Jacobs e le sue invenzioni personali inserite nella raccolta82. Insomma possiamo anche asserire che Jacobs occupa una posizione di transizione tra i Grimm e Calvino. Si nota che dopo i fratelli Grimm – che non hanno mai reso manifesto il loro contributo creativo nei confronti della loro raccolta – Jacobs arriva a contrastare le teorie folcloristiche più affermate e riesce così a sgomberare la strada per Calvino, che potrà immettere liberamente la propria creatività ed invenzione. 72 Ibidem. Ivi, pp. XIV-XV. 74 Ivi, p. XIV (traduzione personale). 75 Ivi, p. XV. 76 Ivi, p. XV. 77 Ivi, p. XXI. 78 Ivi, pp. XVII-XVIII. 79 Joseph JACOBS, Preface, cit., pp. X-XI. 80 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XXI. 81 Ivi, p. XI. 82 Edwin S. HARTLAND, Report on Folk-Tale Research in 1889-1890, in “Folklore”, Vol. 2, N. 1, 1891, p. 114. 73 17 In conclusione si può affermare che esistono delle corrispondenze preliminari tra Jacobs e Calvino che meritano di essere approfondite. Sono riuscita a trovare una sola breve recensione alle Fiabe italiane, stesa dal critico Neil Philip, dove i nomi dei due autori vengono accomunati: Calvino is aware of the difference between oral and literary narrative [...] gives in his notes the sources of his versions [...] and details of any changes made. His texts thus stand in a relation to the oral sources similar to that of Joseph Jacobs’ in English Fairy Tales.83 Il che sta a significare che c’è un vuoto negli studi sull’argomento poiché manca un confronto diretto tra Jacobs e Calvino. Per queste ragioni intendo sviluppare tale confronto. 83 Neil PHILIP, Italian Folktales by Italo Calvino, in “Folklore”, Vol. 92, N. 2, 1981, p. 253. 18 2 Capitolo 2: Status Quaestionis: Come la critica analizza la figura femminile? Nell’introduzione alla tesi ho già indicato che il mio discorso concernerà la figura femminile nella fiabe e, in particolare, il modo in cui “la giovane donna” viene raffigurata nelle Fiabe italiane di Calvino e nelle English Fairy Tales di Jacobs. Il ruolo del personaggio femminile può rimandare a diverse tipologie, come per esempio la fanciulla innocente, la principessa, la strega cattiva ovvero la matrigna pazza, che sono tutte indispensabili allo svolgimento della fiaba. Nella mia analisi cercherò di individuare in entrambe le collezioni alcune fiabe specifiche che raffigurano dei personaggi femminili particolarmente interessanti e che hanno determinate caratteristiche. In ogni caso, prima di entrare nel merito dell’analisi delle fiabe e prima di concentrarsi su un certo tipo di figura femminile è necessario ritornare al quadro generale. The Oxford Companion to Fairy Tales offre una rassegna di alcuni “approcci concettuali”, sviluppati nel corso del Novecento, che affrontano “l’analisi della fiaba classica (‘the literary fairy tale’)” e propongono diverse interpretazioni rispetto al genere di riferimento 84. Si tratta di approcci che analizzano il genere fiabesco da differenti punti di vista metodologici, come per esempio lo strutturalismo, la psicoanalisi, il femminismo, ecc85. Vista la quantità di approcci è importante rimarcare che “[n]o single approach or methodology is able to arrive at a ‘correct’ interpretation of the fairy tale; instead, different methodologies suit different critical and ideological purposes”86. In questo capitolo vorrei fare un resoconto generale di alcuni di questi approcci, focalizzando la mia attenzione sul modo in cui queste prospettive analizzano la figura femminile nella fiaba. 2.1 La prospettiva strutturalistica In primo luogo prendiamo in considerazione l’approccio strutturalistico di Vladimir Propp che, con la pubblicazione dell’opera Morfologij skazki nel 192887, elabora un metodo di analisi morfologica della fiaba88. La prospettiva strutturalistica implica che Propp “acknowledges the cultural context of the folk tale, but he is more concerned with its non- 84 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 17 (traduzione personale). 85 Ivi, pp. 17-21. 86 Ibidem. 87 Tradotto in italiano nel 1966 sotto il titolo Morfologia della fiaba. 88 Vladimir J. PROPP, Voorwoord, in Id., De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, con un’introduzione di Max Louwerse, Utrecht, Het Spectrum, 1997, p. 23. 19 variable structural elements and excludes social and historical aspects and variations of form and content from his analysis”89. Prima di entrare nel merito di questa analisi è necessario specificare che Propp orienta la sua ricerca nell’ambito della fiaba di magia, che “[a]s a category, [...] necessarily include magic”90. La “magia” può realizzarsi tramite l’uso di oggetti o avvenimenti magici; ma anche la situazione del giovane coraggioso “rescuing princesses from all sorts of dangers and all sorts of places and then marrying them ranks high among tales of magic”91. Propp sviluppa l’idea che da una prospettiva strutturale le funzioni svolte dai personaggi rappresentino gli elementi costanti che si ripetono attraverso fiabe diverse; di conseguenza, egli propone “l’analisi della fiaba in base alle funzioni delle dramatis personae”92. Inoltre Propp afferma che “tante funzioni confluiscono logicamente in determinate sfere [d’azione], che a loro volta corrispondono ai personaggi che svolgono le funzioni”93. In totale vengono individuate sette “sfere d’azione” che si riferiscono conseguentemente a sette dramatis personae: “l’avversario”, “il donatore”, “l’aiutante”, “la principessa”, “il mittente”, “l’eroe” e “l’eroe falso”94. Benché Propp definisca le funzioni come gli “elementi costanti” e le dramatis personae come le “variabili”, Max Louwerse, nell’introduzione a De Morfologie van het toversprookje, sottolinea che le dramatis personae rappresentano anche una qualità costante siccome “tante delle funzioni vengono definite dalla prospettiva del personaggio che svolge la funzione”95. Il che consente di affermare che i personaggi contano e anche Propp ammette che sono gli “attributi” dei personaggi, come per esempio “età, sesso, status, aspetto”, che “attribuiscono alla fiaba [...] la sua bellezza e il suo charme”96. Incentriamo adesso l’attenzione sull’unica delle dramatis personae femminile, cioè “la principessa” (ciò non implica che le altre dramatis personae non possano essere donne). Propp spiega che possiamo incontrare la figura della principessa in diverse posizioni nel testo, ossia all’inizio della storia, nel momento in cui viene delineata la situazione generale, e poi come “personaggio cercato”97. Balsamo riassume il ruolo della principessa collegandolo con il ruolo dell’eroe: “[t]he princess or prize: the hero deserves her throughout the story but is unable to marry her because of an unfair evil, usually because of the villain. The hero’s journey is often ended when he marries the princess, thereby beating the villain” 98. In quest’ottica non sembra che la principessa assuma un ruolo molto importante ed indipendente nella fiaba perché risulta subordinata al ruolo dell’eroe. Inoltre si può osservare che “Propp’s theory of narrative seems to be based in a male orientated environment [...] [however, it has to 89 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18. Ruth B. BOTTIGHEIMER, Fairy Tales – A New History, cit., p. 5. 91 Ivi, p. 6. 92 Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, con un’introduzione di Max Louwerse, Utrecht, Het Spectrum, 1997, p. 45 (traduzione personale). 93 Ivi, p. 105 (traduzione personale). 94 Ivi, pp. 105-106 (traduzione personale). 95 Max LOUWERSE, Inleiding, in Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, cit., pp. 18-19 (traduzione personale). 96 Vladimir J. PROPP, De morfologie van het toversprookje – vormleer van een genre, cit., p. 113 (traduzione personale). 97 Ivi, p. 110 (traduzione personale). 98 Hypocrite Reader; http://www.hypocritereader.com/15/vladimir-propp; ultima verifica: 08.04.2013; Emily Balsamo, The Lonely World of Vladimir Propp, in “The Hypocrite Reader”, N. 15, Aprile 2012. 90 20 be kept in mind that according to Propp] the function (rather than the gender) of characters is the basis of the theory. E.g. the hero could be a woman; the reward could be a man”99. Soprattutto l’idea che l’eroe possa anche essere una donna è interessante per la nostra ricerca. Propp afferma che ci possono essere due tipi di eroi: “L’eroe-cercatore”: l’eroe parte spinto dal proposito di metter fine alla disgrazia altrui. Egli cerca la principessa o la regina rapita, va a combattere contro il drago, va a cercare le mele della giovinezza per il padre ecc. [...] In questa categoria si può anche far rientrare l’ereo che parte per cercarsi una fidanzata. “L’eroe-vittima”: l’eroe viene cacciato di casa, come la figliastra o il bambino preso dalla strega o la bambina maldestra [...] A volte si verifica il rapimento [...] ma nessuno va a cercare la vittima.100 Nel caso in cui la fiaba presenti un “eroe vittima”, si può avere un’eroina che deve dimostrarsi indipendente e astuta, che parte da una situazione iniziale difficile e che deve contare sulle proprie forze per compiere il proprio percorso. 2.2 La prospettiva psicoanalitica La prospettiva psicoanalitica parte dalla premessa che “the stories are symbolic expressions of the human mind and emotional experience [...] fairy-tale plots and motifs are [...] symbols of inner experience that provide insight into human behaviour”101. Prima di tutto vorrei tracciare un quadro generale dell’approccio psicoanalitico, partendo dalle teorie di Sigmund Freud e di Carl Gustav Jung che offrono il quadro di riferimento per l’interpretazione della fiaba. Di conseguenza mi concentrerò sia sull’analisi del freudiano Bruno Bettelheim, che su quella della jungana Marie-Louise von Franz102, con particolare attenzione al modo in cui la psicoanalisi interpreta la presenza, la funzione o il ruolo della figura femminile nella fiaba. Partiamo dalla prospettiva freudiana: Sigmund Freud’s psychoanalytic theory attempted to discern the more universal psychology of human behaviour and culture. Freud found fairy tales especially useful for illustrating his theories of the mind because they seemed so much like dreams. According to Freud, both fairy tales and dreams used symbols to express the conflicts, anxieties, and forbidden desires that had been repressed into the unconscious. [...] Freud demonstrated that fairy tales used a symbolic language that could be interpreted psychoanalitically to reveal the latent or hidden content of the mind.103 Freud congiunge la teoria del sogno al genere della fiaba; ossia equipara il “linguaggio della fiaba” al “linguaggio onirico”, argomentando che da una prospettiva simbolica un tale 99 Film Communication Media; http://www.adamranson.plus.com/Propp.htm; ultima verifica: 31.03.2013. Etnosemiotica.it; http://www.etnosemiotica.it/testi_classici_etnosemiotica_v_propp_caratteristiche_generali_della_fiaba_di_magia.php; ultima verifica: 31.03.2013. 101 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 404. 102 Ivi, pp. 18-19. 103 Ibidem. 100 21 linguaggio “può portare in superficie tutti i sentimenti e i pensieri repressi” 104, per cui l’inconscio si rivela responsabile della produzione del significato dei simboli fiabeschi 105. Quindi, da un punto di vista simbolico, “fairy tales reveal the workings of the human psyche and identify the inner experiences that influence human behaviour [...] this means that the symbolism of fairy tales can reveal the source of psychological pathologies”106. Su questo punto ritorneremo ancora perché l’importanza dell’“inconscio individuale” di Freud contrasta con la centralità dell’“inconscio collettivo”, cardine della teoria di Jung107. Sulle orme della prospettiva freudiana Bruno Bettelheim scrive il saggio The Uses of Enchantment – The Meaning and Importance of Fairy Tales108. Bettelheim si interessa alla psicologia del bambino e studia il “rapporto tra il mondo dell’infanzia e la fiaba”, argomentando che “the logic [...] is circular: fairy tales contain symbolic images which reflect inner psychic processes and which [...] enable children to externalize and work through their psychological problems”109. In altre parole Bettelheim ritiene che la fiaba possa rappresentare lo sviluppo psicologico interno del bambino e ritiene le fiabe “existential dramas in which children subconsciously confront their own problems and desires on the path to adulthood”110. Per quanto riguarda la figura femminile nella fiaba e il suo ruolo dal punto di vista psicologico, vorrei fare riferimento a due esempi che vengono illustrati in The Uses of Enchantment di Bettelheim. Il primo esempio riguarda la figura della matrigna, che si può ritrovare nella sezione intitolata “Transformations – The Fantasy of the Wicked Stepmother”. In questo passaggio Bettelheim ragiona su “the typical fairy-tale splitting of the mother into a good (usually dead) mother and an evil stepmother”111. Si tratta in effetti di una scissione psicologica tra le caratteristiche positive e quelle negative della madre 112. In quest’ottica il bambino crea immaginariamente “una madre buona e una matrigna cattiva”: quest’ultima può essere vista come l’estensione negativa della vera e buona madre cosicché il bambino “[possa] preservare la sua immagine positiva della madre”113. Bettelheim nota che “[t]he fantasy of the wicked stepmother not only preserves the good mother intact, it also prevents having to feel guilty about one’s angry thoughts and wishes about her”114, però la fiaba insegna ugualmente al bambino che questi desideri cattivi rispetto alla madre-matrigna possono avere delle conseguenze imprevedibili e che si possono risolvere solo “compiendo delle buone azioni”115. Il secondo esempio riguarda un’altra figura femminile, cioè la fanciulla ovvero la principessa, 104 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. III: Q-Z, p. 991 (traduzione personale). 105 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 405. 106 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. III: Q-Z, p. 991. 107 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 405. 108 Ivi, p. 19. 109 Ivi, p. 19 (traduzione personale). 110 Ivi, p. 407. 111 Bruno BETTELHEIM, The Uses of Enchantment – The Meaning and Importance of Fairy Tales, New York, Vintage Books, 1977, p. 69. 112 Ivi, p. 68. 113 Ivi, pp. 67-69 (traduzione personale). 114 Ibidem. 115 Ivi, pp. 70-71. 22 che viene collegata al problema edipico affrontato nella sezione “Oedipal Conflicts and Resolutions – The Knight in Shining Armor and the Damsel in Distress”. La situazione della fanciulla viene descritta da Bettelheim come segue: The oedipal problems of a girl are different from those of a boy, and so the fairy stories which help her to cope with her oedipal situation are of a different character. What blocks the oedipal girl’s uninterrupted blissful existence with Father is an older, ill-intentioned female (i.e., Mother). But since the little girl also wants very much to continue enjoying Mother’s loving care, there is also a benevolent female in the past or background of the fairy tale, whose happy memory is kept intact, although she has become inoperative. A little girl wishes to see herself as a young and beautiful maiden [...] who is kept captive by the selfish, evil female figure and hence unavailable to the male lover.116 È importante sottolineare che l’immagine appena discussa della scissione psicologica madrematrigna ritorna nella situazione della fanciulla edipica che “può godere – grazie alla fiaba – del meglio di due mondi: vale a dire [la fanciulla] può godere nella sua fantasia dei piaceri epidici ed allo stesso tempo può anche mantenere nella realtà dei rapporti positivi con i genitori”117. Come ho già accennato la visione di Freud diverge da quella di Jung: la prospettiva freudiana pone al centro “l’inconscio individuale”, mentre la prospettiva di Jung afferma “the existence of an impersonal and ahistorical collective unconscious that was a reservoir of images and forms universally shared by all humans”118. Jung ritiene inoltre che “the symbolic language of myths, dreams, and fairy tales was composed of these timeless symbolic forms, [...] called archetypes”119. Per arrivare alle figure archetipiche che corrispondono ai personaggi fiabeschi femminili è necessario ritornare alle “quattro funzioni psicologiche” definite da Jung120. La prima funzione è il pensiero e designa “the function of intellectual cognition and the forming of logical conclusions”; la seconda funzione è il sentimento che rappresenta “[the] function of subjective valuation”; la terza funzione è la sensazione che significa “all perceptions by means of the sense organs”; e, infine, la quarta funzione è l’intuizione che rinvia a “[the] perception by way of the unconscious, or perception of unconscious contents”121. Jung afferma che idealmente queste quattro funzioni sono presenti nell’individuo “in egual misura”, però avviene quasi sempre che “una delle funzioni si dimostra dominante rispetto alle altre tre”; il che risulta nell’individuazione di “sensation types”, “thinking types”, “feeling types” e “intuitives”122. La rilevanza di queste “quattro funzioni psicologiche” risiede nella loro capacità di designare “varie [cioè quattro] figure archetipiche che rappresentano i diversi aspetti della psicologia [...] femminile [...] e [a] queste figure archetipiche sono [anche] riconducibili i vari personaggi 116 Ivi, p. 112. Ivi, p. 114 (traduzione personale). 118 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 405. 119 Ibidem. 120 The Collected Works of C. G. Jung, a cura di H. Read, M. Fordham, G. Adler, W. McGuire, London, Routledge & Kegan Paul, 1971, 20 voll., vol. VI: Psychological Types, p. 518. 121 Ibidem. 122 Ivi, pp. 518-519 (traduzione personale). 117 23 [femminili] che incontriamo nelle fiabe”123. Chetwynd afferma che l’Io della donna è costituito da “quattro aspetti”, possiamo anche dire quattro figure archetipiche, che sono collegate alle “quattro funzioni psicologiche”, così che “l’Io femminile raggiunge la completezza solo dopo l’evoluzione individuale degli ‘aspetti’ e il loro congiungere nell’Io” (Figura 1: vedi appendice)124. Le quattro figure sono “la Madre, sensazione; la Principessa, sentimento; l’Amazzone, pensiero [e] la Sacerdotessa, intuizione”125, ma va aggiunto che ogni “aspetto” dell’Io femminile ha anche il suo equivalente negativo che rappresenta il versante cattivo della figura archetipica126. Il primo archetipo femminile che possiamo ritrovare come personaggio nella fiaba è “la Madre” che rappresenta le caratteristiche stereotipiche della ‘mamma’ affettuosa e protettiva127. In contrasto con “la Madre” benigna si trova “la Madre Terribile” che incarna caratteristiche negative come, per esempio, il comportamento ossessivo e soffocante nei confronti dei bambini che conseguentemente non riescono a diventare degli individui128. Il secondo archetipo è “la Principessa” che indica “[the] quality in a woman [which] is the very basis of love and personal relationship”, vale a dire, si parla di qualità come spontaneità, freschezza e attrattiva129. “La Seduttrice” è il lato negativo della “Principessa” che distrugge ogni relazione armonica130. Il terzo archetipo è “l’Amazzone” che “personifica le qualità intellettuali nella donna” e che si contrappone alla “Cacciatrice”, ossia “that type of career woman who hounds men either because she is frustrated in her own ambitions [...] or else because she has failed to develop other important sides of her femininity”131. Infine, il quarto archetipo, “la Sacerdotessa”, è caratterizzata dall’intuizione che le attribuisce una sorta di qualità sorprendente, e “la Strega” che viene infine caratterizzata da “[a] primitive undeveloped intuition [which] cuts a woman off from the whole spiritual sphere and [which] is unreliable when she does make use of it”132. Marie-Louise von Franz, seguace di Jung, si concentra in Il Femminile nella Fiaba133 sulla maniera in cui “the Feminine reveals itself in fairy tales”134. Nel primo capitolo von Franz delinea lo scopo del libro: “In dit boek wordt een aantal sprookjes, waarin gedragspatronen en problemen voorkomen die kenmerkend voor het vrouwelijke lijken te zijn, psychologisch bekeken”135. Il tema del femminile può fare riferimento a due tipi di “femminilità”: in primo luogo, lo studio del femminile nella fiaba rinvia all’analisi della psicologia della donna e all’analisi dei problemi che si presentano nella sua vita136. In secondo luogo “il femminile” nella fiaba può anche fare riferimento al “lato femminile” dell’uomo, siccome “[d]e man 123 Labirinto Ermetico; http://www.labirintoermetico.com/03Fiabe/personaggi_fiabe_e_archetipi_junghiani.htm; ultima verifica: 04.04.2013; Daniele Ferrero. 124 Tom CHETWYND, Language of the Unconscious, London, Thorsons, 1972, 3 voll., Vol. I: Dictionary for Dreamers, p. 38 (traduzione personale). 125 Ivi, p. 39 (traduzione personale). 126 Ivi, p. 41. 127 Ivi, p. 39. 128 Ivi, p. 40. 129 Ivi, p. 40. 130 Ivi, p. 40. 131 Ivi, pp. 40-41 (traduzione personale). 132 Ivi, p. 41. 133 Nella traduzione ollandese il libro è intitolato De Vrouw in het Sprookje. 134 Marie-Louise von Franz.com; http://marie-louisevonfranz.com/b/ff1/; ultima verifica: 22.06.2013. 135 Marie-Louise VON FRANZ, De vrouw in het sprookje, Rotterdam, Lemniscaat, 1980, p. 9. 136 Ivi, pp. 10-11. 24 beschikt nu eenmaal ook over een meestal onbewuster, vrouwelijke component van de ziel, die Jung anima heeft genoemd”137. In breve, “[s]ome tales [...] offer insights into the psychology of women, while others reflect the problems and characteristics of the anima, the inner femininity of men”138. Von Franz sottolinea l’importanza di definire il rapporto tra “de vrouwelijke kant van de man, de anima, en de werkelijke vrouw” visto che “[d]e werkelijke vrouw is van invloed op de anima en deze weer op de werkelijke vrouw” 139. Il tipo di femminilità che viene rappresentato nella fiaba viene determinato per la maggior parte dall’identità di genere del narratore, ovvero se il narratore è femminile o maschile 140. Ma non viene neanche esclusa la possibilità che si possa scoprire sia ‘l’anima dell’uomo’, sia ‘la psicologia della donna’ nella fiaba141. In aggiunta von Franz indica che i personaggi delle fiabe sono infatti delle “figure archetipiche e simboliche”142, come per esempio “gli eroi e le eroine delle fiabe”: “Zij leren de mensen door hun voorbeeld bepaalde, steeds weer terugkerende innerlijke noodsituaties de baas te worden”143. 2.3 La prospettiva femminista L’approccio femminista si interessa alla fiaba in due modi: ossia da un lato si parla dei “primary texts”, cioè “[f]emminist fairy tales [that], by definition, engage in a debate about literary conventions and societal norms. But they are also [...] a response to other tales by women, a continuity of narratives and concerns”144; mentre dall’altro lato sviluppa “a critique of patriarchal literary and cultural practices in Western societies and [it] concerns itself primarily with canonical tales, issues of gender, voice, and power in these tales, [...] the representation of women in literature [ecc.]”145. In questa concisa rassegna della prospettiva femminista rispetto alla fiaba ci concentreremo soprattutto sulla teoria e la critica femminista e non sulle autrici di fiabe. In primo luogo mi riferirò al dibattito “Lurie-Lieberman”, che racchiude i due poli della discussione femminista sulla rappresentazione della donna nella fiaba. Il dibattito è nato a causa della pubblicazione dell’articolo Fairy Tale Liberation di Alison Lurie, in cui la studiosa considera “the fairy tale as a subversive and basically feminist genre”146. Marcia Lieberman risponde all’articolo di Lurie con Some Day My Prince Will Come “[which] was one of the first feminist studies in the American fairy-tale renaissance of 137 Ivi, pp. 10-11. Marie-Louise von Franz.com; http://marie-louisevonfranz.com/b/ff1/; ultima verifica: 22.06.2013. 139 Marie-Louise VON FRANZ, De vrouw in het sprookje, cit., p. 11. 140 Ivi, p. 13. 141 Ivi, p. 13. 142 Ivi, p. 13. 143 Ivi, p. 18. 144 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 155. 145 Ivi, p. 158. 146 Vanessa JOOSEN, New Perspectives on Fairy Tales – The intertextual dialogue between fairy-tale criticism and Dutch, English and German fairy-tale retellings in the period from 1970 to 2006, Proefschrift voorgelegd tot het behalen van de graad van doctor in de Taal- en Letterkunde, Faculteit Letteren en Wijsbegeerte – Vergelijkende Literatuurwetenschap, Promotor: Prof. Dr. Geert Lernout, Universiteit Antwerpen, 2008, p. 91. 138 25 the 1970s”147. In secondo luogo incentrerò la mia attenzione sulla ricerca effettuata da Lori Baker-Sperry e da Liz Grauerholz che si interessano all’ideale della bellezza femminile presente nelle fiabe, basandosi sull’analisi dei testi dei fratelli Grimm. Infine vorrei affrontare il fenomeno dell’“ageism” e comparare brevemente la prospettiva psicologica con quella femminista. Cominciamo dunque con l’articolo di Alison Lurie che sostiene che “folktales and fairy tales can advance the cause of women’s liberation, because they depict strong females”148. Lurie parte dalla prospettiva della “fiaba tradizionale” che, a suo avviso, rappresenta “the sort of subversive literature of which a feminist should approve”149. Lurie argomenta che la fiaba “portrayed a society in which women were as competent and active as men, at every age and in every class”, un’opinione che è in netto contrasto con altre teorie femministe che considerano invece la fiaba come “a male chauvinist form of literature [...] intended to convince them [children] that all little girls must be gentle, obedient, passive, and domestic while they wait patiently for their princes to come”150. Secondo Lurie la ragione per cui la rappresentazione della figura femminile nella fiaba conosce un’evoluzione così negativa ha a che fare con l’intervento degli editori delle collezioni di fiabe, vale a dire, “[t]he stories we know best today reflect the taste of the literary men who edited the first popular collections of fairy stories [...] [they] rewrote these tales to make them suitable for Victorian children”151. Di conseguenza Lurie si concentra su “[the] [f]olktales recorded in the field” perché queste fiabe, anche se sono meno conosciute presso il grande pubblico, sono il punto di partenza per un’interpretazione in cui alla donna nella fiaba sono associate delle caratteristiche positive152. Marcia Lieberman, nell’articolo di risposta “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation Through the Fairy Tale, mette l’accento su due opposte concezioni che rinviano al modo in cui la fiaba può influenzare l’immagine che la donna ha di se stessa, il suo carattere, la sua introspezione153. In primo luogo la studiosa si pronuncia sulla differenza fra l’impatto delle fiabe popolari e “più conosciute” (come, per esempio, “Ceneretola, la Bella addormentata nel bosco e Biancaneve”) sull’immagine della donna e l’influenza delle fiabe che sono state trascritte ma non ampiamente diffuse; vale a dire, secondo Lieberman “[o]nly the best-known stories, those that everyone has read or heard, indeed, those that Disney has popularized, have affected masses of children in our culture”154. In questo modo Lieberman nega la validità alla teoria di Lurie, secondo la quale le fiabe non tanto conosciute presso il grande pubblico – che presentano spesso una tipologia di eroina più indipendente ed attiva – 147 Ibidem. Donald HAASE, Feminist Fairy-Tale Scholarship, in, AA.VV., Fairy Tales and Feminism – New Approaches, a cura di Donald Haase, Detroit (Michigan), Wayne State University Press, 2004, p. 1. 149 Alison LURIE, Don’t Tell the Grown-ups – Subversive children’s literature, Boston – Toronto – London, Little, Brown and Company, 1990, p. 19. 150 Ivi, p. 18. 151 Ivi, pp. 20-21. 152 Ivi, p. 21. 153 Marcia R. LIEBERMAN, “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation Through the Fairy Tale, in “College English”, Vol. 34, N. 3, 1972, pp. 383-395. 154 Ivi, pp. 383-384. 148 26 sono rilevanti nella discussione sull’influenza della figura della donna155. In secondo luogo Lieberman si concentra sugli effetti che le fiabe più celebri hanno sulle giovani lettrici, siccome: A close examination of the treatment of girls and women in fairy tales reveals certain patterns which are keenly interesting [...] as material which has undoubtedly played a major contribution in forming the sexual role concept of children, and in suggesting to them the limitations that are imposed by sex upon a person’s chances of success in various endeavors.156 Il termine legato a questo fenomeno è “acculturation”, ossia l’idea che “those traits that have been characterized as feminine have a [...] cultural basis: [...] [thus, it is about] what has become ours through the gentle but forcible process of acculturation”; il che è in contrasto con la possibilità alternativa, cioè l’origine biologica157. Lieberman afferma che il genere della fiaba si rivela essere un mezzo culturale che può influenzare le caratteristiche femminili, ovvero il carattere delle donne, vale a dire “[m]illions of women must surely have formed their psycho-sexual self-concepts, and their ideas of what they could or could not accomplish [...] in part from their favorite fairy tales”158. Qui di seguito presenterò alcuni ingredienti costanti che ricorrono nel genere della fiaba e che possono lasciare un’impronta formativa nella mente delle giovani lettrici, come per esempio “il concorso di bellezza”159. Lieberman osserva che nella fiaba la bellezza è “a girl’s most valuable asset, perhaps her only valuable asset” visto che – in una competizione – è sempre “la fanciulla più bella a ottenere il premio”160. Per di più “l’essere bella viene considerato alla pari di caratteristiche come la remissività e la gentilezza, mentre l’essere brutta coincide con un carattere cattivo” 161. Questo accento posto sulla bellezza fa emergere “uno spirito di gelosia e di divisione tra le fanciulle”162. La bellezza viene anche legata allo stereotipo dell’eroina passiva nella fiaba perché “the heroines are chosen for their beauty (en soi), not for anything they do (pour soi), they seem to exist passively until they are seen by the hero” 163. Nondimeno Lieberman aggiunge che l’eroina della fiaba non è “meramente passiva” perché assume anche la funzione di “martirizzatrice”164. Un esempio di un’eroina che svolge tale funzione è Cenerentola perché la protagonista si vede costretta ad assecondare tutti i capricci delle sorellastre e “Cinderella bears this ill-treatment meekly: she is the patient sufferer, an object of pity”165. Un altro ingrediente costante della fiaba è il matrimonio che viene concepito “come il premio o qualche volta come la punizione per la fanciulla”166. Nel caso che la protagonista, per esempio 155 Alison LURIE, Witches and Fairies: Fitzgerald to Updike, in “The New York Review of Books”, December 2, 1971, p. 6., citato in Marcia R. LIEBERMAN, “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation Through the Fairy Tale, cit., p. 383. 156 Marcia R. LIEBERMAN, “Some Day My Prince Will Come”: Female Acculturation Through the Fairy Tale, cit., p. 384. 157 Ibidem. 158 Ivi, p. 385. 159 Ivi, p. 385 (traduzione personale). 160 Ivi, p. 385 (traduzione personale). 161 Ivi, p. 385 (traduzione personale). 162 Ivi, p. 385 (traduzione personale). 163 Ivi, p. 386. 164 Ivi, p. 390 (traduzione personale). 165 Ivi, p. 390. 166 Ivi, p. 386 (traduzione personale). 27 la principessa, dimostri di non volersi sposare, viene caratterizzata come “spoiled” e “wilful” e “[t]he alternate construction, that [she] wished to preserve [her] freedom and [her] identity, is denied or disallowed”167. Come dice Donald Haase “the clash between Lurie and Lieberman thirty years ago initiated serious thinking about the role of women in the fairy tale and about the role of the fairy tale in women’s studies”168, successivamente “[the] feminist fairy-tale theory has evolved [...] under the influence of various theoretical perspectives, such as semiotics, psychoanalysis, Marxism, deconstruction theory and queer studies”169 fino alla ricerca relativamente recente di Lori Baker-Sperry e Liz Grauerholz che nel 2003 pubblicano: The Pervasiveness and Persistence of the Feminine Beauty Ideal in Children’s Fairy Tales170. Con “ideale di bellezza femminile” si intende “the socially constructed notion that physical attractiveness is one of women’s most important assets, and something all women should strive to achieve and maintain”171. Come rivela già il titolo, “lo scopo della ricerca consiste nell’analisi della persistenza e della sopravvivenza dell’ideale della bellezza femminile nelle fiabe attraverso il tempo”172. Questo studio si compone di diverse fasi, ossia in una prima fase Baker-Sperry e Grauerholz si concentrano sulle fiabe ottocentesche dei fratelli Grimm e, particolarmente, su quelle fiabe dei Grimm in cui l’ideale della bellezza femminile viene messo in primo piano173. In una seconda fase le studiose si pongono un obiettivo doppio, vale a dire viene focalizzato “su quelle fiabe dei Grimm che sono state tramandate nel Novecento e sull’eventuale predominanza dell’ideale di bellezza in queste fiabe”174. Alla fine della ricerca le studiose sono in grado di dare una risposta alla domanda “whether those [the fairy tales of the brothers Grimm] that survived placed greater emphasis on women’s beauty than those that did not survive”175; vale a dire, i risultati dell’analisi dimostrano che “la maggioranza delle fiabe sopravissute nel Novecento rappresentano personaggi come principesse giovani e bellissime”176. Un altro risultato non meno importante riguarda “il legame fra la bellezza fisica e [le caratteristiche personali, come per esempio] la bontà [e la diligenza]”177. Baker- 167 Ivi, p. 393. Donald HAASE, Feminist Fairy-Tale Scholarship, in, AA.VV., Fairy Tales and Feminism – New Approaches, a cura di Donald Haase, Detroit (Michigan), Wayne State University Press, 2004, p. 31. 169 Vanessa JOOSEN, New Perspectives on Fairy Tales – The intertextual dialogue between fairy-tale criticism and Dutch, English and German fairy-tale retellings in the period from 1970 to 2006, Proefschrift voorgelegd tot het behalen van de graad van doctor in de Taal- en Letterkunde, Faculteit Letteren en Wijsbegeerte – Vergelijkende Literatuurwetenschap, Promotor: Prof. Dr. Geert Lernout, Universiteit Antwerpen, 2008, p. 92. 170 Lori Baker-Sperry: “an assistent professor of women’s studies at Western Illinois University and a former Purdue graduate student” Liz Grauerholz: “an associate professor of sociology” Purdue University; http://www.purdue.edu/uns/html4ever/031111.Grauerholz.tales.html; ultima verifica: 08.04.2013; Amy Patterson-Neubert. 171 Lori BAKER-SPERRY, Liz GRAUERHOLZ, The Pervasiveness and Persistence of the Feminine Beauty Ideal in Children’s Fairy Tales, in “Gender and Society”, Vol. 17, N. 5, 2003, p. 711. 172 Ivi, p. 712 (traduzione personale). 173 Ivi, p. 712. 174 Ivi, pp. 712-713 (traduzione personale). 175 Ivi, p. 714. 176 Purdue University; http://www.purdue.edu/uns/html4ever/031111.Grauerholz.tales.html; ultima verifica: 08.04.2013; Amy Patterson-Neubert (traduzione personale). 177 Lori BAKER-SPERRY, Liz GRAUERHOLZ, The Pervasiveness and Persistence of the Feminine Beauty Ideal in Children’s Fairy Tales, cit., pp. 718-719 (traduzione personale). 168 28 Sperry conclude che così “viene rinforzato il messaggio ai bambini che l’attrazione fisica è un aspetto indispensabile che le donne dovrebbero per forza perseguire”178. Si può affermare che le ricerche di Baker-Sperry e Grauerholz abbiano trovato grande accoglienza nel discorso femminista. Per esempio i loro risultati della ricerca vengono utilizzati come argomenti nell’articolo di Patricia Louie Not so Happily Ever After? The Grimm Truth about Gender Representations in Fairytales in cui si afferma che “[t]he moral of most fairy tales is that heroines who obey conventional female virtues and submit to the structures of patriarchy will live ‘happily ever after’”179. Louie indica così che “[t]he subordination of women is reproduced in fairytales through gender stereotypes, gender ideology and the expression of patriarchal values”, ma la critica confida nel cambiamento e fa riferimento al “feminist ‘fractured-fairytale’ scholarship” che si oppone allo stereotipo femminile diffuso ampiamente nelle fiabe tradizionali180. Un altro tema interessante, legato al discorso femminista, è quello dell’ “ageism”, traducibile liberamente come la discriminazione in base all’età, che viene analizzato nell’articolo di Sylvia Henneberg Moms do badly, but grandmas do worse: The nexus of sexism and ageism in children’s classics. Henneberg studia il ruolo delle nonne nella fiaba che vengono stereotipate come “selfish, evil, or vain crones”, ovvero “self-sacrificial women-saviors” o “ineffectual or demented grannies”181. Tre possibilità che nondimeno rappresentano delle immagini irreali di anziane e perciò, a causa dell’assenza di fiabe “portraying viable aging women, the distance between generations increases, creating a destructive gulf in which ageism and sexism freely reinforce and confirm each other”182. Henneberg riporta due categorie di “ageism”, che possono essere collegate agli stereotipi della nonna, ossia “negative ageism seen in tales about wicked or ineffectual hags” e “positive ageism imposed on good fairy godmothers who are easily exposed as little more than servants in disguise”183. Tuttavia sia la categoria positiva che quella negativa problematizzano il processo di evoluzione individuale e lo sviluppo di una propria identità184. Per una comprensione profonda del ruolo della donna anziana nella fiaba è anche importante ricordare che questa figura sostituisce il personaggio della madre185, ovvero la figura della “madre assente o morta”, siccome un elemento costante nel genere della fiaba viene rappresentato da “the dead mother plot” il che può riflettere “a general anxiety of female influence” 186. Henneberg conclude che “eliminating mom and devaluing granny is indicative of the widespread anxiety 178 Purdue University; http://www.purdue.edu/uns/html4ever/031111.Grauerholz.tales.html; ultima verifica: 08.04.2013; Amy Patterson-Neubert (traduzione personale). 179 Patricia LOUIE, Not so Happily Ever After? The Grimm Truth about Gender Representations in Fairytales, in “Ignite”, Vol. 4, N. 1, 2012, p. 78. 180 Ivi, pp. 80-81. 181 Sylvia HENNEBERG, Moms do badly, but grandmas do worse: The nexus of sexism and ageism in children’s classics, in “Journal of Aging Studies”, N. 24, 2010, p. 126. 182 Ibidem. 183 Ivi, p. 130. 184 Ivi, p. 130. 185 Ivi, p. 128. 186 Ibidem (traduzione personale). (Henneberg usa il concetto “dead mother plot” dall’articolo di Thaden, B. (1995). Elizabeth Gaskell and the Dead Mother Plot. New essays on the maternal voice in the nineteenth century (pp. 31-50). Dallas: Contemporary Research Press.) 29 we have when it comes to dealing with real and realistic women ranging from maturity to old age”187. Infine vorrei fare brevemente cenno all’interazione tra la teoria femminista e quella psicanalitica, rappresentata da un articolo di Marcia Lieberman in cui si discutono le osservazioni di Marie-Louise von Franz. Lieberman è in disaccordo con von Franz sull’analisi della “situazione femminile nella fiaba”: She [von Franz] believes that the minds of men and women work differently, and that they have distinct personality principles, not only as individuals but also collectively, by sex. [This means that] [s]he makes certain categorical statements about women: they love to be unclear, [...] they have more of a herd instinct, and are more interested in love and personal relationships. She notices that the heroines in fairy tales are generally more passive than the heroes, but assumes that this reflects the essential nature of feminine personality.188 Al contrario Lieberman è convinta che “[f]eminists [...] do not believe that they [fairy tales] depict women accurately. Rather, they believe that the tales serve to influence children and women, and to acculturate them to accept an externally imposed view of what is innately or properly feminine”189. 2.4 La prospettiva letteraria L’ultimo approccio che considereremo è quello letterario. La prospettiva letteraria si rivelerà importante per il nostro discorso, perché può offrire osservazioni ed interpretazioni interessanti concernenti i temi e i motivi delle diverse fiabe e le loro figure femminili. Un esponente importante dell’approccio letterario alla fiaba è Max Lüthi (1909-1991), uno studioso e professore svizzero che in Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales offre la propria interpretazione di certe caratteristiche della fiaba da una prospettiva letteraria190. Nell’introduzione al libro di Lüthi, Francis Lee Utley parla di altri approcci teorici rispetto alla fiaba, ossia quello sociologico, quello strutturalistico e quello psicologico e sottolinea che l’approccio letterario, cioè “the approach to the folk tale simply as a work of art” non è veramente preso in considerazione fino a questo libro di Lüthi191. In altre parole si può osservare che “Lüthi approaches fairy tales [...] as works of art, forms of pure fiction richly imbued with poetic symbolism”192. Lüthi argomenta che la fiaba è “a peculiar form of literature, one which concerns man directly”193 e per questo motivo lo studioso focalizza la 187 Ivi, p. 130. Marcia R. LIEBERMAN, The Feminist in Fairy Tales: Two Books from the Jung Institute, Zurich, in “Children’s Literature”, Vol. 2, 1973, p. 218. 189 Ibidem. 190 Francis Lee UTLEY, Introduction, in Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 7. 191 Ibidem. 192 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., risvolto della sopraccoperta. 193 Ivi, p. 22. 188 30 propria attenzione sul “significato” della fiaba194. La parola chiave nella sua prospettiva è “significato” e Lüthi afferma che si rivela importante per l’uomo scoprire questo significato, siccome la fiaba è “wise, lucid, realistic in the midst of fantasy”195, ossia: the fairy tale is not as convincing as realistic fiction, it is more convincing, [i]t has no ‘if’ and no ‘perhaps’; it is the very antithesis of scholarly caution [and] [t]hat is why it is immediate for us and meaningful.196 Nel Oxford Companion to Fairy Tales viene anche indicato che il “significato” occupa una posizione centrale nell’approccio letterario di Lüthi e si afferma conseguentemente che “[a] key assumption informing Lüthi’s work is that fairy tales contain essential underlying meanings which, in so far as form and meaning are thought of as integral, are manifest in the basic style of the fairy tale”197. Un’osservazione importante in relazione alla metodologia di Lüthi è che lo studioso non prende generalmente in considerazione “the social and cultural contexts of particular retellings [but he is] focussing instead on those story elements and motifs which remain stable”198. Si nota inoltre che Lüthi lavora secondo il processo di induzione, vale a dire il critico si concentra su “aspetti specifici” per arrivare alla fine ad “idee generali” rispetto alla fiaba199. Utley conclude la sua introduzione al libro affermando che “the oral tale and its literary versions remain alive, and Lüthi has shown us how to gain both knowledge and power from them”200. Conclusioni Concludendo questo discorso teorico sulla figura femminea nella fiaba, si può affermare che le diverse prospettive offrono delle interpretazioni tutte interessanti ma divergenti. In primo luogo abbiamo presentato lo storico approccio strutturalistico di Vladimir Propp che si focalizza sulle funzioni svolte dalle dramatis personae. Per la prospettiva psicoanalitica abbiamo passato in rassegna sia la visione di Freud, seguita da Bettelheim, che quella di Jung, seguita da von Franz. La terza prospettiva, il femminismo, spiega le ragioni per cui contesta la rappresentazione della donna nella fiaba. L’ultimo approccio passato in rassegna è quello letterario in cui lo studioso Max Lüthi dimostra l’importanza di scoprire il “significato” della fiaba. Come detto, questa prospettiva letteraria rappresenta il punto di partenza per la nostra analisi dell’eroina fiabesca, faremo quindi riferimento alle posizioni di Lüthi che affronta la fiaba basandosi sui temi e sui motivi centrali, che possono rivelare o chiarire il vero “significato” della fiaba; di conseguenza adotteremo questa metodologia per iniziare l’analisi dei temi e dei motivi connessi alla protagonista fiabesca. 194 Francis Lee UTLEY, Introduction, in Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 10. 195 Ivi, p. 11. 196 Ivi, p. 13. 197 The Oxford Companion to Fairy Tales – The Western fairy tale tradition from medieval to modern, cit., p. 18. 198 Ibidem. 199 Ibidem (traduzione personale). 200 Francis Lee UTLEY, Introduction, in Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 20. 31 Parte 2 32 3 Capitolo 3: Analisi: La “giovane donna” nella fiaba Le Fiabe italiane di Italo Calvino e la collezione English Fairy Tales di Joseph Jacobs offrono una selezione di fiabe in cui la figura femminile è molto presente. La “donna fiabesca” assume una funziona centrale nella fiaba e si dimostra indispensabile per lo svolgimento della storia. Non importa se la figura femminile debba aspettare il principesalvatore o se debba prendere le redini di una situazione per salvare il proprio amore; fatto è che la dinamica della fiaba richiede la presenza di una figura femminile. In alcune delle fiabe è chiaro, sin dal titolo, che i personaggi femminili non solo figurano nelle fiabe ma costituiscono il perno della storia il che è evidente dalla presenza dei loro nomi nei titoli, come per esempio nelle fiabe inglesi Kate Crackernuts, Molly Whuppie e Cap O’Rushes, e nelle fiabe italiane Giricoccola, Fanta-Ghirò, Uliva, Prezzemolina e Caterina la Sapiente. Si può affermare, partendo da questi esempi, che nelle fiabe di Joseph Jacobs e in quelle di Italo Calvino è possibile scoprire delle figure femminili molto interessanti che svolgono il ruolo di eroine delle fiabe. In altre parole, queste figure non assumono una funzione tradizionale e stereotipica ma svolgono un ruolo piuttosto atipico nello sviluppo della fiaba; di conseguenza si prestano ad un’analisi più approfondita. Per la mia ricerca ho deciso di concentrarmi su una selezione di fiabe, di entrambe le collezioni, che raffigurano dei personaggi femminili particolarmente affascinanti. Posto che, come detto nell’introduzione, l’obiettivo centrale della mia analisi consiste nell’offrire un’immagine del modo in cui la figura della donna intraprendente viene rappresentata nella fiaba e, par estensione, come la “donna fiabesca” “ingegnosa” viene raffigurata dallo scrittore inglese Jacobs e da quello italiano Calvino. Intendo scoprire se si possano trovare delle somiglianze o delle differenze nella raffigurazione delle figure femminili, possiamo dire delle eroine delle fiabe, nei due autori. Per quanto riguarda la tipologia della “donna fiabesca” ho già ricordato che all’interno del genere della fiaba si possono ritrovare diverse tipologie di donne, come la principessa, la matrigna, la strega, la madre, la fata, la bambina, ecc. che svolgono diverse funzioni nello svillupo della storia. Tra queste possibili tipologie di donna ho scelto di concentrarmi sulla figura della donna giovane, cioè dell’adolescente che ha sorpasso l’infanzia, ma che non ha ancora raggiunto l’età adulta. Questa ragazza può essere una principessa o una cameriera, può essere nobile o povera, di città o di campagna, ciò che è importante è che ella assume una funzione centrale nella fiaba cui appartiene e che la ragazza adotta un comportamento determinato. Nondimeno, nella discussione delle diverse fiabe e delle loro rispettive protagonisti femminili, si rivelerà importante spiegare il ruolo delle altre figure femminili che possono ostaccolare la ragazza o aiutarla nella sua ricerca. La prima difficoltà che ho incontrato in questo lavoro su questa specifica figura femminile è stata la selezione dei testi a causa della quantità delle fiabe. Nel caso di Calvino ho ridotto le duecento fiabe della sua raccolta a quattro fiabe e per quanto riguarda la collezione delle English Fairy Tales di Jacobs, mi sono limitata a tre fiabe. La logica seguita nella selezione è che ogni fiaba selezionata rappresenta un tema o un motivo rilevante rispetto all’eroina; per questa ragione ho scelto le fiabe seguenti: Kate Crackernuts, Molly Whuppie e Cap O’Rushes 33 dalla raccolta di Jacobs e Il Re di Spagna e il Milord inglese, Caterina la Sapiente, FantaGhirò, persona bella e Re Crin dalla collezione di Calvino. Come ho già indicato, sia Calvino che Jacobs rappresentano nella loro collezione un certo numero di fiabe in cui la figura femminile occupa una posizione centrale. Sono rimasta colpita dalle fiabe inserite nelle collezioni, vale a dire entrambi gli autori non si concentrano solamente sulle fiabe più note, come Biancaneve o Bellinda e il Mostro, ma scelgono anche delle fiabe meno famose. Le fiabe che hanno particolarmente attirato la mia attenzione sono quelle che raffigurano delle donne forti, intraprendenti, intelligenti, astute e allo stesso tempo anche gentili, belle e mansuete. Deve essere comunque notato che in un’altra parte delle fiabe non possiamo ritrovare questa figura femminile, ma viene invece rappresentato un personaggio maschile che svolge la funzione di salvatore e di leader. Nondimeno si può osservare nelle fiabe selezionate, che analizzerò più in dettaglio, che Jacobs e Calvino mostrano preferenza per la ragazza che ha spirito d’iniziativa, che è una vera e propria eroina. 3.1 Jacobs e Calvino: indipendente una predilizione per la protagonista Come ho già indicato varie volte, la sostanza della mia tesi riguarda la figura femminile che si dimostra atipica, quindi diversa dal personaggio femminile stereotipico, e che di conseguenza rappresenta delle caratteristiche come il coraggio, l’indipendenza e l’inventiva. Durante la lettura della raccolta di Italo Calvino ho avuto l’impressione che Calvino volesse dimostrare, tramite la sua scelta di fiabe e tramite l’aggiunta di alcuni accenti specifici, la propria preferenza per l’eroina fiabesca e non per l’eroe tradizionale. Sarah Cruso, nella sua guida alle fiabe di Calvino, conferma la mia impressione basandosi sulle Note in cui Calvino da un lato rappresenta il processo editoriale e dall’altro lato indica il proprio contributo inventivo alle fiabe201; Cruso indica che: La lettura delle Note permette di rilevare come a Calvino piaccia particolarmente questo personaggio di donna intraprendente che sfida la famiglia, che vince la severità del padre, della società maschile che la vorrebbe costringere a un ruolo subalterno, e l’invidia delle altre donne, siano esse esseri umani, fate o streghe, che si mettono in competizione con lei.202 La Cruso continua il proprio ragionamento elencando alcune fiabe caratterizzate da un tale personaggio femminile, ma la critica non approfondisce ulteriormente quest’aspetto delle fiabe di Calvino203. Comparando la collezione di Calvino con quella di Jacobs si può osservare che è possibile ritrovare questa donna fiabesca forte e indipendente anche nelle English Fairy Tales di Jacobs. A causa dell’estensione della raccolta di Calvino è logico che sia più facile rintracciare questa figura e che il numero di fiabe in cui è presente sia maggiore, 201 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., pp. 25-26. Ivi, p. 40. 203 Ivi, pp. 40-43. 202 34 però dal punto di vista percentuale anche la raccolta di Jacobs vede una rilevante presenza della figura femminile intraprendente e non è quindi seconda a quella di Calvino. La mia osservazione trova conferma in quella di Donald Haase: [A] wide variety of his tales contradicts what we have come to think of as the stereotypical fairy-tale heroine, who is passive and dependant on male heroism. In tales like ‘Kate Crackernuts,’ ‘The Three Heads of the Well,’ [...] young daughters initiate their own heroic journeys out into the world in order to ‘seek their fortunes’ – an undertaking conventionally reserved for adventurous fairy-tale sons.204 Insomma si può constatare che gli autori si corrispondono nella preferenza che accordano nelle fiabe alla figura femminile perseverante e che sembra assumersi il ruolo dell’eroe tradizionale. A questo punto mi pare importante analizzare le ragioni per le quali sia Calvino che Jacobs preferiscono una figura femminile forte nelle loro fiabe. In primo luogo si può osservare che entrambi gli scrittori si lasciano ispirare dalle narratrici delle fiabe originali, vale a dire sia Calvino che Jacobs si basano su collezioni che hanno raccolto delle fiabe narrate da donne. Per quanto riguarda la raccolta delle English Fairy Tales di Jacobs viene indicato che “many tales came to Jacobs through female collectors and informants [...] [as for example] Mrs. B. Abrahams, Mrs. Balfour, Miss. C. Burne, [etc.]”205. La collezione di Jacobs si dimostra veramente influenzata dalle fiabe di queste informatori femminili, ossia “Jacobs benefited from tales these women told from memory, recorded from their own informants and passed on to him, or published in their own works of folklore scholarship”206. Tuttavia Jacobs non solo usava queste fiabe come fonti per la propria raccolta, ma dimostrava anche un grande rispetto per la loro contribuzione e per l’opera stessa di queste donne siccome “he takes pains to stress just how large a debt he owes to these contributors”207. Prendendo in considerazione le Fiabe italiane di Calvino possiamo osservare che anche lo scrittore italiano non nega l’influenza delle narratrici delle fiabe. Come ho già indicato le due fonti più importanti per la sua collezione sono la raccolta di Pitrè e quella di Nerucci208. Nell’introduzione alla sua collezione, Calvino nota che “il segreto della raccolta [...] [di Pitrè è che] ci poniamo di fronte a personalità di narratori e narratrici ben distinte”209, come per esempio Agatuzza Messia, una “vecchia narratrice analfabeta”210. La Messia si rivelava una narratrice molta interessante siccome rappresentava nelle fiabe dei “personaggi femminili attivi, intraprendenti, coraggiosi, che paiono quasi in aperto contrasto con l’idea passiva e 204 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., p. XXIX. 205 Ivi, p. XXVIII. 206 Ivi, p. XXVIII. 207 Ivi, pp. XXVIII-XXIX. 208 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 22. 209 Ivi, p. 23. 210 Ivi, p. 25. 35 chiusa della donna che si pensa tradizionale della Sicilia”; secondo Calvino si tratta di una manifestazione delle idee della Messia riflesse nelle fiabe raccontate211. In sintesi, quindi, entrambi gli autori si dimostrano influenzati dalla “presenza femminile” identificata nella voce delle narratrici delle fiabe212. In secondo luogo possiamo considerare la situazione storica nella quale gli autori hanno scritto la loro raccolta, poiché, se si considerano le collezioni di Jacobs e Calvino, si rivela importante che entrambi gli scrittori hanno pubblicato le loro opere in un periodo storico caratterizzato da sviluppi importanti rispetto alla situazione della donna nella società. Innanzitutto è importante partire dalla situazione storica ottocentesca, poiché, come dice Alison Lurie “[f]or nearly two hundred years tales have been omitted and unacknowledged changes made in the original texts” a causa di una maggioranza di “compilers of books of fairy tales” che hanno adottato un approccio meno scientifico213. Per di più questi “adattamenti” delle fiabe nell’Ottocento servivano anche a uno scopo educativo, vale a dire, “si modificano [...] il personaggio femminile [...] [che] nelle rielaborazioni diventa [...] una persona dolce e graziosa, gentile e remissiva, votata all’attesa del principe azzurro”214. Possiamo dire che la prospettiva ottocentesca costituiva la norma e dominava l’interpretazione della donna nella fiaba e per estensione l’interpretazione della donna nella società. Per quanto riguarda le English Fairy Tales di Jacobs si nota che la raccolta viene pubblicata nel 1890, ossia verso la fine dell’Ottocento – in epoca vittoriana – e di conseguenza la raccolta subisce l’influenza della “Victorian culture [...] [that] abounds with stereotypes of women as sensitive domestic angels”215. Tuttavia Haase argomenta che: by the time Jacobs first arrived in England and long before he published his first collection of English fairy tales, social and political movements affecting the rights of women were well underway. Since the 1840s advances for women had occurred in laws governing labor, divorce, and education; and early feminist impulses had given rise to public and political discussions of important issues like birth control, public health, and women’s suffrage.216 Possiamo quindi concludere che le English Fairy Tales di Jacobs abbiano risentito dell’influenza della visione ottocentesca e che Jacobs si concentrasse di più sugli sviluppi positivi in relazione alla condizione femminile nella società217. Lo stesso ragionamento può essere applicato alla raccolta di Calvino; vale a dire, anche Calvino sembra dissociarsi dagli stereotipi dell’Ottocento e del primo Novecento. Calvino comincia la stesura delle Fiabe italiane intorno al 1954, un periodo molto importante per la 211 Ivi, p. 27. Ivi, p. 36. 213 Alison LURIE, Don’t Tell the Grown-ups – Subversive children’s literature, cit., p. 20. 214 Silvia Blezza PICHERLE, Libri, bambini, ragazzi – Incontri tra educazione e letteratura, Milano, Vita e Pensiero, 2005, p. 72. 215 Donald HAASE, Introduction, in Joseph JACOBS, English Fairy Tales and More English Fairy Tales, cit., pp. XXIX-XXX. 216 Ivi, p. XXX. 217 Ivi, p. XXX. 212 36 situazione della condizione femminile visto che la donna italiana ha ricevuto il diritto di voto solo otto anni prima: Il primo [cas[o] eminent[e] di assemblea costituente] è rappresentato dall’Assemblea eletta a suffragio universale maschile nel 1849 [...] Il secondo è costituito dall’Assemblea costituente eletta a suffragio universale maschile e (per la prima volta) femminile nel 1946218 In conclusione possiamo affermare che sia Jacobs che Calvino si dimostrano innovativi per quanto riguarda il loro atteggiamento critico rispetto agli stereotipi sulla figura femminile. Deve essere notato comunque che gli autori non assumono quest’atteggiamento nell’intera raccolta, ossia è anche possibile ritrovare nelle collezioni degli esempi di fiabe in cui viene presentata la figura femminile “tradizionale”. 3.2 L’aspetto esteriore Il primo elemento che intendo analizzare è l’aspetto esteriore della figura femminile atipica nella fiaba, vale a dire come viene rappresentata dal punto di vista fisico. 3.2.1 I colori In primo luogo l’indagine si focalizzerà sui colori che vengono utilizzati per descrivere la protagonista intraprendente, portando la mia attenzione su alcune domande che sorgono contemporaneamente, come le seguenti: possiamo osservare uno stereotipo nella descrizione cromatica della giovane fiabesca o no? Esiste una differenza tra la figura femminile tradizionale e stereotipica e quella atipica, indipendente e risoluta, che emerge dall’uso dei colori utilizzati nella descrizione? Innanzitutto possiamo notare che il colore è un elemento molto importante nella descrizione dell’aspetto della figura femminile nella fiaba, come viene anche indicato nella Greenwood Enciclopedia of Folktales and Fairy Tales, in cui si riporta l’osservazione di Lüthi: “since most wonder-tale items are colorless, the colored few stand out sharply. [...] the standouts display clear and ultrapure colors – such as white, black, and red – along with the hues of precious metals: gold, silver, and copper”219. L’accento sui tre colori rosso, bianco e nero è particolarmente rilevante per il nostro discorso perché questi colori rappresentano “a fundamental chromatic trio [which] tends to convey foundational notions”220. L’uso di questo “tri-cromatismo” per descrivere la protagonista di una fiaba riporta alla prototipica 218 Treccani.it – L’ Enciclopedia Italiana; http://www.treccani.it/; ultima verifica: 22.04.2013; voce: ‘Assemblea costituente’, http://www.treccani.it/enciclopedia/assemblea-costituente/. 219 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 226. 220 Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of Womanhood in Fairy Tales, in “Marvels & Tales”, Vol. 21, N. 2, 2007, p. 241. 37 descrizione di Biancaneve: “ideal maiden[s], deemed white as snow, red as blood, and black as a crow”221. In ciò che segue presenterò, in primo luogo, una fiaba in cui la protagonista viene espressamente descritta in base ai colori bianco e rosso e, in secondo luogo, una fiaba in cui la protagonista dimostra invece un legame con il colore nero. La fiaba che costituirà il punto di partenza della discussione sull’aspetto femminile, caratterizzato dai colori bianco e rosso, è la numero centocinquantotto della collezione di Italo Calvino, ossia Il Re di Spagna e il Milord inglese. Ne ricordo brevemente la trama: “Il Re di Spagna e il Milord inglese” racconta la storia del figlio (il Reuzzo) del Re che dichiara di volersi sposare solo e soltanto con una ragazza caratterizzata dai colori bianco e rosso. Il padre ordina ad un gruppo di pittori di viaggiare per il mondo e di ritornare, dopo un anno, con i ritratti delle ragazze più belle. Infine, il principe prende in sposa una ragazza che risponde ai suoi requisiti. Però, visto che la bellezza della ragazza è senza pari, anche il Milord inglese si innamora di lei. Il Milord vuole assolutamente conquistare il cuore della Reginella e perciò accetta l’aiuto di una vecchia che gli chiede tre oggetti (un anello, una collana e un “bell’abito”) da donare alla Reginella a suo nome. Tuttavia, il Milord non sa che la vecchia venderà gli oggetti alla Reginella senza menzionarlo per cui pensa che la ragazza abbia accettato tutti i suoi regali. Durante una festa la Reginella non risponde agli approcci e il Milord rimane confuso. A causa di un incontro occasionale tra il Milord e il Reuzzo (che si maschera per infilarsi tra la folla), quest’ultimo conclude che sua moglie l’ha ‘tradito’ e ordina al Capitano di ucciderla. Il Capitano però si rifiuta di farlo e abbandona la Reginelle su un’isola dove sarà ripescata da un altro nave, che la porterà al Brasile (il regno del fratello del Reuzzo). La ragazza si maschera da uomo e riesce a trovare un lavoro come Bracciere alla corte dell’Imperatore di Brasile. Intanto, il Reuzzo è diventato pazzo e sua madre scrive al fratello per implorarlo di salvare il regno. L’Imperatore manda il Bracciere (ora nominato Vicerè) e, arrivato alla corte, ‘il Vicerè’ decide di risolvere l’equivoco causato dal Milord e gli chiede di raccontare la sua storia. Il Milord ammette di non aver mai parlato personalmente con la Reginella cosicché il Vicerè decide di interrogare la vecchia. In questo modo il Vicerè appura la verità e il Reuzzo si rende conto di aver ucciso la moglie innocente e comincia a piangere, ma la Reginella, tolto il travestimento, abbraccia di nuovo suo marito. Nel corpus delle fiabe calviniane Il Re di Spagna e il Milord inglese spicca perché la fiaba rappresenta un personaggio femminile ben definito per quanto riguarda la caratterizzazione cromatica; si può infatti facilmente notare come nella fiaba l’accento cada sul rosso e sul bianco dal momento la protagonista viene descritta come “una bellezza rara, [...] che davvero è bianca come una formella di ricotta e rosa come un bocciol di rosa”222. La simbologia congiunta a questi due colori è molto estesa: il bianco, per esempio, “stands for luminosity and untainted sheen, thus for heavenly essence and purity” 223. Però il bianco è collegato inseperabilmente al rosso, che si dimostra in grado di contaminare il bianco; vale a dire “[w]hite is pertinent regarding our heroine insofar as it is tinged with red [...] the purity 221 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227. 222 Italo CALVINO, Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, con una prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011, p. 876. 223 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227. 38 of whiteness is there to be tinted”224. La spiegazione di questo dato è duplice, ossia in primo luogo “[white] appears tinged by red, for persistent red-on-white imagery underlies the initiation leitmotiv of maidens passing from the purity of infancy to the mature realm of procreation”225 e in secondo luogo “the ideal woman born by supernatural intervention [...] is otherwordly (which white represents) [,] [b]ut her destiny is incarnation and motherhood (which red epitomizes)”226. Da ciò si può dedurre che l’interazione tra il bianco e il rosso rappresenta un “contrasto di base”227, che guida anche il Reuzzo, nella fiaba Il Re di Spagna e il Milord inglese, quando avanza la pretesa di sposarsi solo e soltanto con “una ragazza che sia bianca come una ricotta e che sia rosa come una rosa”228. La prima parte della fiaba è infatti dominata dalla ricerca di una ragazza, che viene descritta in base ai colori bianco e rosso. Nella fiaba questa ricerca coincide con la ricerca della ragazza più bella del mondo, siccome il principe rifiuta l’ipotesi di sposarsi con altre ragazze che sono meno belle. In altre parole, la bellezza della ragazza viene collegata a (e dipende in qualche modo da) questi colori, perché il rosso e il bianco sono due dei tre colori stereotipici, che formano insieme “[the] color triad [...] [that] designates [the] ideal maiden[s]”229. Possiamo riassumere che la protagonista della fiaba viene descritta in base ai colori stereotipici che le attribuiscono una bellezza tradizionale, però, oltre a ciò, possiamo argomentare che la fiaba presenta nel contempo una protagonista caratterizzata da perseveranza e ingegnosità, come dimostra il suo comportamento. Mi riferisco al fatto che la ragazza deve superare diverse difficoltà e vari ostacoli per poter provare la propria innocenza. Non si arrende mai e decide pure di mascherarsi da uomo per poter compiere il suo piano. La protagonista viene descritta come “intelligente” e dimostra il suo carattere ingegnoso quando alla fine decide di interrogare i due personaggi che sono responsabili della sua sfortuna 230. Per di più, la ragazza si rende conto che, per poter punire gli impostori, deve condannarli mentre svolge ancora la funzione di Vicerè: “La sentenza l’aveva già data quand’era ancora vestita da Vicerè: la vecchia bruciata e il Milord inglese alla ghigliottina”231. Da ciò si può dedurre che la raffigurazione del personaggio femminile in base ai due dei tre colori tradizionali non implica necessariamente che si tratti di una figura con un comportamento tradizionale e stereotipico, ossia anche un’eroina atipica può essere descritta in base a questi colori. Di conseguenza il termine “the fairy-tale ideal maiden”232 non sembra 224 Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of Womanhood in Fairy Tales, cit., pp. 245-246. 225 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227. 226 Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of Womanhood in Fairy Tales, cit., p. 246. 227 Ivi, p. 243 (traduzione personale). 228 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 875. 229 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227. 230 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 876. 231 Ivi, p. 883. 232 Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of Womanhood in Fairy Tales, cit., p. 243. 39 puntare per necessità alla ragazza sofferente in attesa del principe che deve salvarla, ma può anche rimandare all’eroina piena d’iniziativa. Mi sembra inoltre importante sottolineare che questa fiaba non è l’unica in cui la figura femminile atipica viene descritta in base ai colori stereotipici. Vale a dire, sia nella collezione di Calvino che in quella di Jacobs si possono trovare altri esempi di fiabe che hanno per protagonista un’eroina atipica, caratterizzata dai colori stereotipici, come: in Fioravante e la bella Isolina la tessitrice Sandrina viene descritta come “bianca e rossa come una mela”233 e nella fiaba inglese intitolata The Rose-Tree “[t]he girl was as white as milk, and her lips were like cherries”234. Il terzo colore tradizionale, il nero, non è presente nell’aspetto esteriore della protagonista di Il Re di Spagna e il Milord inglese. Per questo motivo vorrei fare riferimento alla protagonista di un’altra fiaba, ossia La Serpe Pippina, che dimostra un legame significativo con il colore nero. Prima di addentrarsi nell’analisi della fiaba, mi sembra necessario spiegare la connotazione simbolica sottesa al colore nero. In generale si può affermare che la prima immagine che viene in mente, prendendo in considerazione il colore nero, è quella della morte, però “nella fiaba di magia, [il colore nero] è [anche] un requisito per la rinascita” 235. Vale a dire “enchantment is like reversible death, just as darkness foreshadows new light” 236. Inoltre, con riferimento ai ritmi ciclici naturali, [s]uch primacy of death and darkness over life and light is a standard feature of cyclic models based on natural phenomena – recall the dark moon, out of which the ‘new’ moon reappears periodically, or the black earth synthesizing tomb and womb. 237 Una tale concezione del colore nero può svelare molto rispetto al significato e alla simbologia della figura femminile nella fiaba. In particolare, l’idea che il colore nero denota sia la morte sia la rinascita ritornerà proprio, come vedremo, nella fiaba La Serpe Pippina. La Serpe Pippina racconta la storia di una famiglia povera nella quale nasce una bambina che è “di bellezza senza pari”, inoltre, la bambina è “tanto bella che padre e madre, appena la videro, si misero a piangere: - Figlia, in quale miseria sei nata!”238. Tuttavia, la sorte della bambina cambia nel momento che i genitori decidono di “far fatare” Pippina da “quattro fate sorelle”239. Le prime tre fate le fanno delle cose belle: la prima fata [...]: - Io fato te, bella giovane, che tutte le volte che ti spazzoli i capelli, ti cadano perle e pietre preziose. - E io, - dice la seconda [...] – ti fato da farti diventare più bella ancora di quel che sei. 233 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 479. Joseph JACOBS, English Fairy Tales, London, David Nutt, 1892 (rist. anast., Elibron Classics 2005), p. 15. 235 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 227 (traduzione personale). 236 Ibidem. 237 Ibidem. 238 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 825. 239 Ivi, p. 826. 234 40 S’alza la terza. – E io ti fato che tutti i frutti fuori stagione che vorrai ti possano comparire subito davanti.240 La quarta fata invece si arrabbia e le lancia un’anatema: “- Ecco che fatagione ti faccio: che quando vedi il sole tu possa diventare una serpe nera!”241. Di conseguenza Pippina deve rimanere dentro la casa finché il sole tramonta. I genitori riescono a mantenere segreta questa maledizione, ma la voce della bellezza della loro figlia raggiunge la corte del Re di Francia, che la vuole sposare. Sfortunatamente, la sua bellezza suscita anche gelosia e durante il suo viaggio che la conduce dal futuro marito, un’amica apre la finestra e Pippina si trasforma in un serpente. Il fratello di Pippina, che la sta aspettando alla corte, si vede costretto a dire che l’amica è sua sorella, pur di non suscitare le ire del Re. Durante il giorno Pippina deve rinunciare così alla sua bellezza visto che il sole la trasforma in una serpe nera. Quest’incantesimo rappresenta infatti la morte di Pippina, vale a dire, la fine di una vita e di un’identità conosciuta. Però, come ho già ricordato, il nero non solo rappresenta la morte, ma anche la rinascita, che si riflette nella maturazione della protagonista. Pippina si dimostra una vera eroina perché il passaggio da ragazza bellissima a serpe nera l’ha costretta ad adottare un atteggiamento più deciso, intraprendente ed indipendente. Dopo il superamento di alcuni ostacoli Pippina riesce, alla fine della fiaba, a risolvere la propria situazione difficile e a sposare il Re di Francia. Possiamo dunque affermare che, nella fiaba, il colore nero non designa soltanto “la morte”, ma anche, come ho già indicato, “la rinascita” e “l’incantesimo”: “blackness connotes enchantment as well as death. In fairy tales the two notions are intertwined. Enchantment is something like reversible death, and death itself appears in tones of enchantment”242. In conclusione possiamo affermare che il tri-cromatismo è un elemento fondamentale nella raffigurazione del personaggio femminile nella fiaba. Si nota che il significato simbolico dei tre colori rosso, bianco e nero rappresenta “[the] chromatic symbolism of ideal womanhood”; in altre parole, i colori designano la bellezza interna ed esterna della figura femminile e anche la sua “femminilità”243. Mi sembra importante sottolineare ancora una volta che i colori, che rappresentano simbolicamente la “femminilità”, non caratterizzano solo figure femminili stereotipiche, ma vengono anche usati per designare quelle eroine intraprendenti. Come ho già indicato, la fiaba di Calvino Il Re di Spagna e il Milord inglese non è l’unica fiaba in cui viene raffigurato un personaggio femminile forte, i cui tratti esteriori sono descritti mediante il cromatismo bianco-rosso. Per esempio la fiaba The Rose-Tree di Jacobs e una serie di altre fiabe di Calvino si concentrano su figure femminili che presentano sia una bellezza esteriore, affidata ai colori stereotipici, sia un carattere indipendente e libero. In altre parole il loro atteggiamento pieno d’iniziativa non provoca la diminuzione della bellezza esteriore e della 240 Ivi, pp. 826-827. Ivi, p. 827. 242 Francisco VAZ DA SILVA, Red as Blood, White as Snow, Black as Crow: Chromatic Symbolism of Womanhood in Fairy Tales, cit., p. 247. 243 Ivi, p. 242. 241 41 capacità di rappresentare le caratteristiche di una “fairy-tale ideal maiden”244. Tuttavia, partendo da quelle fiabe che rappresentano un’eroina qualificata in base all’intelligenza e all’astuzia, è necessario fare qualche osservazione più approfondita. Si ritiene generalmente che in queste fiabe non venga posto l’accento sull’aspetto esteriore dell’eroina siccome la bellezza assume una funzione secondaria rispetto all’intelligenza, come avviene, per esempio, in Kate Krackernuts. Però resta innegabile che queste eroine possono disporre di entrambe le qualità, la bellezza e l’ingegnosità, come ci dimostra la fiaba calviniana Il Re Superbo. 3.2.2 I capelli Un secondo elemento, appartenente all’aspetto esteriore della figura femminile nella fiaba, sono i capelli, in genere biondi, che aumentano la bellezza della protagonista. Marina Warner spiega l’etimologia della parola bionda e svela così in parte come “bionda” riceveva una connotazione estetica e positiva: The etymology of the word ‘blond(e)’ is not known for certain, though it appears related to blandus, Latin for charming [...], with later influence from Medieval Latin blundus and Old German blund, both meaning yellow.245 Nella lingua inglese la parola venne usata prima da Chaucer nella forma “blounde” e più tardi, nel Seicento, nella forma femminile “blonde” e aveva il significato di “sweetness, charm, youthfulness”246. Warner continua il quadro storico della parola “blond(e)” e afferma che in varie lingue la parola adottava: [a] double resonance [...] of beauty and light colouring [which] corresponds to the English usage of ‘fair’ since the middle ages: the Old English meaning of beautiful, or pleasing, developed by the thirteenth century into ‘free from imperfections or blemish’ and by the sixteenth carried explicit connotations of a ‘light hue; clear in colour’.247 Si può notare di conseguenza che il colore biondo è collegato simbolicamente alla “bellezza femminile – [una bellezza] sia interiore che esteriore”248. Per di più i capelli biondi non sono solo rappresentativi della bellezza della figura femminile, ma vengono anche “associati [...] all’amore e all’essere in età da marito, all’attrazione erotica, [...] alla fertilità, [e grazie] alla sua luminosità [il colore biondo diventava anche] il colore tradizionale dei capelli delle vergini”249. Vale a dire, per quanto riguarda il legame tra i capelli biondi e la vergine, il colore biondo designa “la giovinezza e l’innocenza”250. Possiamo dire insomma che il colore biondo dei capelli dell’eroina fiabesca può rivelare aspetti importanti rispetto all’interpretazione simbolica del personaggio. Le fiabe che raffigurano una figura femminile con i capelli biondi 244 Ivi, p. 243. Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy tales and their tellers, London, Vintage, 1995, pp. 362-363. 246 Ivi, p. 363. 247 Ibidem. 248 Ivi, p. 366 (traduzione personale). 249 Ivi, p. 367 (traduzione personale). 250 Ivi, p. 368 (traduzione personale). 245 42 sono multiple, ovvero come Warner lo direbbe: “Golden hair tumbles through the stories in impossible quantities”251. Sia nella collezione di Calvino sia in quella di Jacobs si possono trovare esempi di fiabe in cui i capelli biondi assumono una posizione centrale, come per esempio L’acqua nel cestello di Calvino e The three heads of the well di Jacobs. Nella fiaba di Calvino incontriamo una ragazza umile e gentile che aiuta una vecchia e per la gentilezza viene ricompensata con diversi doni connessi ai suoi capelli biondi; la vecchia dice: “- Che tu sia bella, che i tuoi capelli siano d’oro e quando ti pettini ti cadano rose e gelsomini da una parte e perle e rubini dall’altra”252. Anche nella fiaba di Jacobs si può notare un accento al motivo dei capelli biondi, siccome l’evento centrale della fiaba è l’incontro tra una ragazza gentile e cordiale e tre teste d’oro in una fonte che le chiedono: Wash me, and comb me, And lay me down softly. And lay me on a bank to dry, That I may look pretty, When somebody passes by.253 La ragazza acconsente e riceve per la sua bontà dei regali che la guidano ad un futuro felice. Un esempio di una fiaba particolare in cui i cappelli biondi rappresentano la causa della sfortuna della ragazza è The Rose-Tree di Jacobs. La ragazza innocente ha tutte le caratteristiche della bellezza tradizionale, ossia è “as white as milk, and her lips were like cherries [and] [h]er hair was like golden silk, and it hung to the ground” 254, ma in particolare i cappelli biondi – “the yellow silken hair” – suscita la gelosia della matrigna, “the stepmother hated her more for the beauty of her hair”, ed era questa gelosia che porta la matrigna a commettere l’omicidio della figliastra255. Possiamo concludere questa sezione sui capelli biondi delle eroine fiabesche con l’affermazione che la simbologia del biondo è piuttosto profonda e come sottolinea Marina Warner: Blondeness, [...] with its much noticed sensuous association with wholesome sunshine, with the light rather than the dark, evoked untarnishable and enduring gold; all hair promised growth, golden hair promised riches. The fairytale heroine’s riches, her goodness and her fertility, her foison, are symbolized by her hair.256 Concludendo questa prima analisi possiamo affermare che non si può effettivamente osservare una differenza tra l’aspetto esteriore della figura femminile stereotipica e quello della figura atipica. Possiamo affermare che l’intelligenza dell’eroina non nega 251 Ivi, p. 365. Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 566. & Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy tales and their tellers, cit., pp. 377-378. 253 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 223. & Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy tales and their tellers, cit., p. 378. 254 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 15. 255 Ivi, p. 16. 256 Marina WARNER, From the Beast to the Blonde – On fairy tales and their tellers, cit., p. 378. 252 43 necessariamente la sua bellezza; nondimeno è possibile che in qualche fiaba, nelle quali viene focalizzata l’attenzione sull’intelligenza e sull’astuzia della donna, l’aspetto esteriore assume un’importanza secondaria. 3.3 La personalità Dalla discussione relativa all’aspetto esteriore, passiamo ora all’analisi della personalità dell’eroina fiabesca. Nelle cinque fiabe che qui analizzeremo incontreremo delle eroine che presentano un carattere piuttosto particolare, apparentemente dissonante rispetto al loro aspetto gentile. Prima di iniziare l’analisi delle fiabe, ritorniamo alla teoria di Max Lüthi che può offrire qualche osservazione importanti rispetto al carattere delle protagoniste-eroine. Come abbiamo già accennato, è difficile immaginarsi l’aspetto esteriore della figura femminile nella fiaba perché “the appearance of the characters is not described in detail”257. Per di più, sull’intimo dell’eroina, Lüthi ritiene che “their inner feelings, as well, are not portrayed at any length”; il che implica che il carattere della protagonista deve essere manifestato in un altro modo258. Lüthi spiega che “they [the inner feelings] become outwardly visible”, vale a dire “[i]n the fairy tale, feelings and relationships are externalized [...] [which means that they are made] congeal into objects”259. Quindi le relazioni tra i personaggi e i loro sentimenti vengono rappresentati dall’uso di certi oggetti o dalle loro azioni, che possono rivelare molto sul loro intimo e sulla loro personalità, siccome “[c]haracteristics are expressed in actions”260. Tale “visibilità”261 è molto importante per il genere qui analizzato e – insieme alle qualità “definiteness, firmness, clarity” – la fiaba riesce nel suo scopo, ossia “[to] bestow[s] on its hearer, without him being aware of it, something of its unaffected precision and brilliance”262. La selezione delle seguenti cinque fiabe è basata sulla rappresentazione di un’eroina atipica, che dispone di una personalità caparbia e di un carattere intraprendente, presente nelle raccolte di Jacobs e di Calvino. 3.3.1 La personalità incantevole dell’eroina fiabesca, caratterizzata dall’intelligenza e dall’ingegnosità Per iniziare l’analisi del carattere della protagonista della fiaba prendiamo in considerazione tre fiabe che rappresentano una figura femminile inventiva ed indipendente. Analizzerò in 257 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 51. Ibidem. 259 Ibidem. 260 Ivi, p. 56. 261 Ivi, p. 56 (traduzione personale). 262 Ivi, pp. 51-52. 258 44 primo luogo due fiabe dalla collezione di Jacobs, intitolate Kate Crackernuts e Molly Whuppie perché presentano delle somiglianze rilevanti. Queste fiabe di Jacobs mostrano la stessa conclusione finale, vale a dire, entrambe le protagoniste riescono a trovarsi un marito senza dover aspettare l’iniziativa maschile. In secondo luogo esaminerò la fiaba italiana Caterina la Sapiente, inserita nelle Fiabe italiane di Calvino, in cui la protagonista Caterina dispone di un’intelligenza e di una perseveranza notevoli. 3.3.1.1 Kate Crackernuts La prima fiaba che vorrei introdurre è intitolata Kate Crackernuts e fa parte della collezione English Fairy Tales di Joseph Jacobs. Nelle Note Jacobs non fornisce molte informazioni sulla fiaba, salvo il fatto che ha dovuto intervenire pesantemente nella struttura della storia: “It is very corrupt, both girls being called Kate, and I have had largely to rewrite” 263. La fiaba riprende nel titolo il nome del principale personaggio femminile, Kate, che riceve il soprannome ‘Crackernuts’ perché lo schiacciare le noci la aiuterà nel superare la prova cui viene sottoposta. Per agevolare la discussione mi sembra necessario riassumere brevemente le linee principali della trama. Kate Crackernuts racconta la storia di due sorellastre Anne e Kate, che si vogliono bene, ma che vengono contrastate dalla regina, ossia la madre di Kate. La regina non riesce ad accettare la bellezza di Anne e fa uso della magia per sostituire la testa di Anne con la testa di una pecora. Una prima particolarità della fiaba risiede nella rappresentazione dell’eroina fiabesca, che si identifica con la figura femminile meno bella. Stereotipicamente, se la fiaba pone l’accento sulla relazione tra due sorellastre, si può notare che l’eroina è rappresentata dalla ragazza più bella che deve combattere il carattere geloso di una sua sorellastra brutta. Al contrario Jacobs ha scelto qui un’eroina che viene elogiata, non per la sua bellezza, ma per la sua intelligenza e la sua audacia. Sono infatti queste caratteristiche che le permettono di congegnare un piano per aiutare la sorellastra a ritrovare la bellezza perduta. La relazione tra sorellastre viene tradizionalmente definita in base alla malvagità della sorellastra brutta, però possiamo vedere che in questa fiaba Kate e Anne si vogliono bene e mostrano come l’amore familiare può sconfiggere la cattiveria della madre. In questo modo la fiaba di Jacobs si concatena ad una fiaba particolare di Calvino, in cui viene proposta un’alternativa alla relazione problematica fra nuora e suocera. Nella fiaba Il Re di Spagna e il Milord inglese, che abbiamo già analizzata dal punto di vista dell’aspetto esteriore della protagonista, si può osservare che la nuora “si voleva bene con la suocera come un colombo e una colomba, cosa rara perché suocere e nuore calarono giù dal cielo già litigando”264. Ritornando alla fiaba di Jacobs, possiamo affermare che il primo atto eroico di Kate è rappresentato dalla sua decisione di non abbandonare Anne al proprio destino. È necessario sottolineare che questa decisione di Kate comporta la predilizione per la sorellastra, anziché per la propria madre. 263 264 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 253. Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 877. 45 Tale decisione, che la ragazza si vede costretta a compiere, dato il comportamento crudele della madre, rispecchia il suo carattere indipendente: Her own daughter, Kate, however, took a fine linen cloth and wrapped it round her sister’s head and took her by the hand and they both went out to seek their fortune.265 Anne e Kate si avviano alla ricerca della loro fortuna e arrivano in un castello dove uno dei due principi soffre di una malattia ‘incurabile’. Le due sorellastre si fermano e Kate propone di vegliare il principe malato. È una proposta audace, siccome l’eroina è consapevole del fatto che tutti quelli che l’hanno preceduta non sono mai ritornati dalla stanza da letto del principe. Nondimeno la ragazza coraggiosa non sembra rischiare la sua vita per nulla e accetta dal re “a peck of silver”266. Kate fa la veglia al principe malato per tre notti ed ogni notte segue il principe – che sembra essere ipnotizzato – in una sala da ballo dove gli elfi lo obbligano a ballare fino al momento in cui gli mancano le forze. A questo punto possiamo fare riferimento ad un’altra versione della fiaba, inserita nella collezione dei fratelli Grimm sotto il titolo The Twelve Dancing Princesses267. In primo luogo vorrei indicare come le due versioni si assomigliano nello stile adottato e, in particolare, nell’uso della simbologia numerica. Lüthi indica che lo stile della fiaba è caratterizzato dalla ripetizione, che attribuisce un certo ritmo alla fiaba, ossia “[the] basic characteristic of the fairy tale [...][is] its delight in repetition”268, e tale predilizione per la ripetizione spiega perché la simbologia numerica sia così significativa. Secondo Lüthi i numeri “tre, sette, dodici [e] cento” sono i numeri più importanti, vale a dire, sono “dei numeri tondi, che si addicono al carattere preciso della fiaba”269. Sia nella versione di Jacobs, che in quella dei Grimm si vede che i numeri vengono utilizzati per strutturare le storie. Si può fare riferimento, per esempio, all’azione principale di ambedue le versioni, che viene strutturata in base al numero tre perché “[f]airy-tale episodes are typically repeated three times”270. Sia Kate che il soldato della versione dei Grimm ripetono la stessa attività tre volte: Kate segue il principe ipnotizzato per tre notti consecutive nella sala da ballo segreta e il soldato segue per tre notti le dodici principesse, che vanno a ballare con i dodici principi nel castello sotterraneo. Già dal titolo della versione dei Grimm, The Twelve Dancing Princesses, si può dedurre che il numero dodici viene messo in rilievo nella fiaba. La fiaba di Jacobs si focalizza piuttosto sul numero tre, vale a dire, Kate veglia il principe tre notti consecutive per cui richiede tre ricompense, durante la seconda notte la protagonista ruba una bacchetta magica agli elfi che può salvare Anne se verrà toccata tre volte, la terza notte riesce a rubare un uccello e tre bocconi dell’uccello cucinato possono salvare la vita del principe. In secondo luogo vorrei sottolineare che le due versioni si differenziano in base ad un aspetto fondamentale: il personaggio che svolge il ruolo di eroe. Si può constatare che la funzione di eroe passa da un personaggio maschile nella versione dei Grimm ad un personaggio femminile nel variante di Jacobs. Nella versione dei Grimm 265 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 199. Ibidem. 267 SurLaLune Fairy Tales; http://www.surlalunefairytales.com/twelvedancing/history.html; ultima verifica: 08.05.2013; Heidi Anne Heiner. 268 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 53. 269 Ibidem (traduzione personale). 270 D.L. ASHLIMAN, Folk and Fairy Tales – A Handbook, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2004, p. 7. 266 46 possiamo leggere come un povero soldato diventa un eroe dopo aver scoperto la ragione per cui le dodici principesse sfondano le loro scarpe ogni notte. Tuttavia, visto che le principesse non si trovano in una situazione pericolosa e non vengono costrette ad andare a ballare, non possiamo neanche dire che il soldato le salva. Il soldato non salva le principesse – siccome non vogliono essere salvate – ma le tradisce e rivela la loro attività segreta cosicché si può sposare con la principessa maggiore. Nella versione scelta da Jacobs vediamo un personaggio femminile, Kate, che assume invece il ruolo di una vera e propria eroina, che salva due altri personaggi: il principe e la sorellastra. Come ho già accennato, Kate mostra la sua intelligenza e la sua astuzia tramite la richiesta delle ricompense. Quest’intelligenza manca al soldato, ossia all’eroe maschile, che decide di seguire le principesse durante le tre notti senza chiedere nulla. La prima notte Kate si prende il tempo per valutare la situazione, la seconda notte dice che “she would not sit up another night unless she was to get a peck of gold” e la terza notte “Kate consented to watch [the prince], only if she should marry the sick prince”271. In questo modo l’eroina della fiaba provvede a se stessa indipendentemente dalla propria fortuna, poggiando sulla propria intelligenza, mentre per contro la sorellastra si serve della sua bellezza ritrovata per affascinare il fratello del principe e per sposarlo. In conclusione possiamo affermare che Kate Crackernuts presenta il prototipo dell’eroina fiabesca atipica. L’eroina dimostra un atteggiamento bonario, ma allo stesso tempo anche indipendente e sicuro. Descritta come “a very brave girl”272, Kate mostra il suo carattere coraggioso e astuto tramite le azioni. Non possiamo dimenticare che l’eroina non può fare ricorso all’aspetto esteriore, il che è di solito un vantaggio da non sottovalutare per la figura femminile. Di conseguenza Kate si avvale invece sia dell’intelligenza che dell’audacia per raggiungere gli scopi e superare gli ostacoli. Inoltre notiamo che Kate dispone di un carattere gentile e di un’indole buona, benché non sia ingenua e non dimentichi mai di provvedere ai propri bisogni. 3.3.1.2 Molly Whuppie Un’altra fiaba di Jacobs, dedicata alla protagonista-eroina, è Molly Whuppie che introduce una figura ancora più intelligente e furba di Kate Crackernuts. Ho deciso di mettere a confronto le due fiabe inglesi perché si riscontra in esse una somiglianza nello sviluppo narrativo: vale a dire entrambe finiscono con un matrimonio provocato in modo non-convenzionale dall’eroina stessa. Anche se le due fiabe raccontano delle storie completamente diverse, si può comunque notare un parallelismo nello svolgimento strutturale. Inoltre le due eroine si comportano in modo analogo e presentano un carattere simile. Ciò nonostante è possibile argomentare che la fiaba Molly Whuppie raffiguri un’eroina ancora più ingegnosa di Kate. La protagonista Molly si presenta come una ragazza giovane, ma già piena d’iniziativa, il che è un tratto caratteriale necessario, prendendo in considerazione le situazioni in cui Molly verrà coinvolta. 271 272 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., pp. 200-201. Ivi, p. 199. 47 Incontriamo Molly e due delle sue sorelle maggiori in una foresta, dove sono state abbandonate dai genitori a causa di problemi economici. Possiamo innanzitutto osservare che la foresta si segnala come il luogo d’esordio della storia di Molly Whuppie. Secondo Propp la foresta rappresenta il luogo topico per iniziare un’avventura: l’eroe o l’eroina càpitano immancabilmente in una foresta. L’eroe del racconto, sia esso il principino, oppure la figliastra scacciata di casa, oppure il soldato disertore, si ritrova invariabilmente in una foresta, e per l’appunto in essa hanno principio le sue avventure.273 Tuttavia la foresta non si presenta come un luogo neutro poiché è simbolicamente connotata e in grado di svelare qualcosa in relazione al carattere e alla psicologia della protagonista 274. Si nota che la foresta non solo rappresenta il punto di partenza del viaggio letterale della protagonista, ma anche il punto di partenza del viaggio psicologico dell’eroina275. Propp afferma che esiste un “nesso [stretto] tra il rito dell’iniziazione e la foresta” 276 e Maritz aggiunge che “[w]hen a woman has an enormous internal struggle, it is in parallel with an outward journey”277. La foresta racchiude dunque un aspetto importante della fiaba: mentre Propp collega il motivo della foresta all’inizio del viaggio 278, Maritz si focalizza piuttosto su ciò che la foresta ha in serbo per i protagonisti: “[i]n most fairy tales where forests feature, something both strange and familiar awaits an individual in the forest and it is the individual’s fate to meet it”279. Possiamo argomentare che la cosa “strana” incontrata da Molly e le sue sorelle è la casa del gigante e sua moglie. La moglie del gigante le accoglie nella casa e ordina a suo marito di non mangiarle. Nondimeno Molly Whuppie, descritta come “[t]he youngest of the three [...] and [...] very clever”, nota che il gigante segna le tre sorelle con una “corda di paglia attorno il collo”, mentre dà alle proprie figlie delle “catenine d’oro” 280. Durante la notte, quando le sei ragazze stanno dormendo, il gigante entra nella stanza e picchia a morte le proprie figlie dal momento che Molly Whuppie ha scambiato i segni di riconoscimento. L’Encyclopedia of Folk Heroes riassume quest’iniziativa come “the unwitting infanticide of the giant occasioned by Molly’s sharpness and bravery”, mettendo in luce appunto il coraggio e la perspicacia della piccola eroina281. Molly e le sue sorelle scappano dalla casa del gigante ed arrivano alla casa di un re che, avendo ascoltato la loro storia, chiede alla protagonista di ritornare alla casa del gigante e rubare una spada, un marsupio e un anello. In cambio di questi oggetti il re offrirà i suoi figli come sposi alle tre sorelle. La piccola eroina coraggiosa accetta la sfida e riesce così a trovare un marito per se stessa e per le sue sorelle. Molly crea la sua propria fortuna, controlla la situazione e, conseguentemente, cambia anche il proprio 273 Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, con un’introduzione di A.M. Cirese, Torino, Bollati Boringhieri (“I Grandi Pensatori”: 32), 2012, p. 90. 274 Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, cit., pp. 90-91. & Patsy MARITZ, The Enchanted Forest as a Place of Knowing, in “Alternation”, Vol. 14, N. 2, 2007, pp. 140-142. 275 Ibidem. 276 Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, cit., p. 91. 277 C.P. ESTÉS, Women Who Run With the Wolves: Contacting the Power Of the Wild Woman, London, Random House, 1992, p. 81, citato in Patsy MARITZ, The Enchanted Forest as a Place of Knowing, cit., p. 141. 278 Vladimir J. PROPP, Le Radici Storiche dei Racconti di Fate, cit., p. 90. 279 Patsy MARITZ, The Enchanted Forest as a Place of Knowing, cit., p. 142. 280 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 126 (traduzione personale). 281 Graham SEAL, Encyclopedia of Folk Heroes, Santa Barbara (California), ABC-CLIO, 2001, p. 270. 48 futuro282. Si può affermare che la figura femminile non si comporta come un’eroina tradizionale e passiva, ma piuttosto come un’eroina audace, inventiva e temeraria. Verso la fine della fiaba la sua intelligenza viene messa alla prova un’ultima volta, quando il gigante riesce a catturarla. Però è rimarchevole che il gigante chieda a Molly come dovrà punirla: “Now I have caught you, Molly Whuppie, and, if I had done as much ill to you as ye have done to me, what would ye do to me?”283. Molly gli risponde, suggerendogli nei minimi dettagli le modalità con le quali potrà ucciderla: I would put you into a sack, and I’d put the cat inside wi’ you, and the dog aside you, and a needle and thread and a shears, and I’d hang you up upon the wall, and I’d go to the wood, and choose the thickest stick I could get, and I would come home, and take you down, and bang you till you were dead.284 L’eroina perspicace è riuscita a congegnare questa truffa in pochi secondi per poter mandar via il gigante e attirare la moglie di quest’ultimo nel sacco. Molly può scappare e il gigante scopre la realtà troppo tardi. In questo modo l’eroina è riuscita a salvarsi senza richiedere l’aiuto di un altro personaggio. Come abbiamo già accennato, il comportamento di Molly non si collega a quello di un personaggio femminile gentile e tradizionale. Jacobs ha scelto un’eroina indipendente che non vuole aspettare un principe coraggioso e che decide di prendere le redini della propria vita. La ragazza, appena abbandonata nella foresta, “si è evoluta in un archetipo di perseveranza femminile e forza interiore”285. È importante notare che Molly possa essere collegata, per il suo comportamento, al fenomeno del trickster, ossia al fenomeno dei “trickstars” quindi “[women that] are ‘stars’ in trickery”286. Jurich spiega il fenomeno del trickstar in questi termini: In folklore the trickster figure is more typically identified as a male character; in only a few instances is the female acknowledged to have such a role. While the trickstar resembles her male counterpart in showing, among other qualities, cunning, intelligence, and adaptability, and in using, among other strategies, methods that rely on secrecy and psychological awareness, both her character traits and tricking methods are usually distinct. [...] She plays dominant and varied roles in folktales.287 In questa definizione del trickstar possiamo individuare molti elementi che sono applicabili al personaggio di Molly Whuppie. Possiamo notare che Jurich fa una distinzione tra il carattere dell’eroina e la natura dei trucchi usati288. A mio avviso, la critica vuole indicare che i trucchi utilizzati per raggiungere un certo scopo possono avere una natura malvagia, il che non 282 University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica: 08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore. 283 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 128. 284 Ivi, pp. 128-129. 285 University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica: 08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore (traduzione personale). 286 University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica: 08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore. & Marilyn JURICH, Introduction, in Id., Scheherazade’s Sisters – Trickster Heroines and Their Stories in World Literature, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 1998, p. XIII. 287 Marilyn JURICH, Introduction, cit., p. XVIII. 288 Ibidem. 49 implica che l’eroina disponga necessariamente anche di un carattere cattivo o malvagio. Possiamo declinare meglio quest’idea in base al personaggio di Molly Whuppie, argomentando che i trucchi utilizzati dall’eroina “causano dolore alla famiglia del gigante”, però risultano necessari per salvare la propria vita e quella delle sue sorelle289. Di conseguenza possiamo affermare che Molly dispone di un carattere in sé buono, ma a volte la protagonista si lascia guidare dal proverbio che dice ‘il fine giustifica i mezzi’. In un primo momento ho stabilito una relazione tra il fenomeno del trickster e il personaggio di Molly Whuppie. Però, dopo aver analizzato anche le protagoniste delle altre cinque fiabe, posso ricondurle tutte alle caratteristiche del trickstar. Sia Jacobs che Calvino hanno scelto delle fiabe le cui eroine dimostrano delle caratteristiche tipiche del fenomeno del trickstar. Una caratteristica molto importante del trickster, che ritorna anche nelle eroine che figurano in questa tesi, è la fruizione della forza mentale. Possiamo rinviare alle eroine delle fiabe di Jacobs, come Kate e Molly, ma anche alle eroine di Calvino, come per esempio Caterina la Sapiente e Fanta-Ghirò. In altre parole, proprio come le protagoniste delle due fiabe precedenti, anche le eroine delle tre fiabe successive dimostrano “how women can rescue themselves and others through tricks, pursue what they need or desire through tricks, transform what they find unworkable or unworthy through tricks”290. 3.3.1.3 Caterina la Sapiente La storia di Caterina la Sapiente è un esempio di una fiaba che dimostra la preferenza di Calvino per una figura femminile forte, che usa la propria intelligenza per raggiungere i propri scopi. Al pari delle due eroine Kate Crackernuts e Molly Whuppie delle fiabe di Jacobs, la protagonista italiana, Caterina, mostra come è possibile determinare la fortuna servendosi della propria ingegnosità. Possiamo affermare quindi che il legame fra le due fiabe inglesi e la fiaba italiana è rappresentato dalla presenza di un’eroina intelligente che dimostra come si può usare la superiorità intellettuale per superare gli ostacoli e riuscire nelle prove. A mio avviso le fiabe si differenziano tuttavia nei fini prefissati dalle eroine. Come ho già accennato, le due fiabe di Jacobs coincidono dal punto di vista della struttura della storia: dopo una serie di prove, che le eroine hanno superato, ambedue finiscono con un matrimonio indotto dall’eroina stessa. La fiaba di Calvino non pone l’accento sul matrimonio, ma sul modo in cui la figura femminile riesce – sempre dopo il superamento di alcune dure prove – a dare una bella lezione al personaggio maschile. In questa fiaba si può scoprire come l’uomo fiabesco e la donna fiabesca interagiscano e come la loro relazione si sviluppi. Caterina la Sapiente è la protagonista della fiaba e viene descritta da Calvino nelle Note come una “donna intelligente e colta e onorata”291. Nella fiaba, il padre offre a Caterina 289 University of Hawaii; http://www2.hawaii.edu/~wandaw/LIS685/presentation.html; ultima verifica: 08.05.2013; Wanda Wong, Molly Whuppie – Fearless Females in Fairy Tales and Folklore (traduzione personale). 290 Marilyn JURICH, Introduction, cit., p. XVII. 291 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1151. 50 l’opportunità di fondare una scuola perché sua figlia è rinomata per la sua intelligenza. Questa scuola sembra essere ispirata da “una pedagogia [...] democratica” e tenta così di tramutare la teoria “di parità tra i sessi” nella pratica292. La Cruso indica, nella sua guida alle Fiabe italiane, che la fiaba di Caterina rivela molto “sui gusti dello scrittore”, quindi di Calvino, siccome “è stata inserita nella raccolta per la presenza di una pedagogia dell’uguaglianza tra i sessi”293. La maestra non fa una distinzione tra “maschi e femmine” o tra “il carbonaio” e la “figlia del Principe”: “Chi primo viene, primo macina il grano”294. Un tale atteggiamento rispetto all’insegnamento rispecchia anche la modernità della protagonista Caterina che può essere descritta come “una donna emancipata ed esperta”295. Riassumerò brevemente le linee principali della fiaba: La fama della scuola di Caterina raggiunge il Palazzo del principe (il Reuzzo) che decide di andarci. Peró quando Caterina, che sostiene l’idea che la legge è uguale per tutti, gli dà un manrovescio perché non sa la risposta alla domanda, il principe si inferoce e decide di sposarla per poterle dare una bella lezione. Dopo il matrimonio il Reuzzo le chiede se lei sia pentita per il manrovescio, ma Caterina propone invece di dargliene un altro. Per punizione il Reuzzo cala Caterina in un trabocchetto, ma lei comincia a scavare un cunicolo sotterraneo verso la casa di suo padre. Ogni giorno il Reuzzo le domanda se lei sia pentita ma Caterina risponde ogni volta che sta pensando al manrovescio che gli darà dopo. Il Reuzzo è stufo dell’ostinazione di sua moglie e parte per Napoli. Però, nel frattempo, anche Caterina è partita per Napoli e ha affittato il palazzo di faccia al suo; così succede che il Reuzzo si innamora della donna che vive dirimpetto senza sapere che è infatti Caterina. Il principe si sposa con la “Caterina” napoletana che partorisce un bambino, Napoli. La situazione si ripete quando il Reuzzo parte per Genova e Venezia e Caterina partorisce due altri figli: Genova e Venezia. Al suo ritorno il principe annuncia che Caterina è morta e che prenderà un’altra moglie. Il giorno del matrimonio, Caterina manda i tre figli al matrimonio per baciare la mano a loro padre e così il Reuzzo si rende conto di essere sconfitto e le chiede perdono. Caterina la Sapiente rappresenta, in maniera originale, la relazione complessa fra l’uomo e la donna. Si può notare come i discorsi fra gli sposi vengono conditi con interventi divertenti, che introducono in questo modo anche la dimensione umoristica. Caterina, denominata la Sapiente, rappresenta il prototipo della protagonista intelligente che dimostra come si può avere la meglio sul personaggio maschile senza usare la forza fisica. Come abbiamo già accennato, Caterina dimostra alcune caratteristiche tipiche della figura trickster, come per esempio l’uso delle capacità intellettive per ingannare suo marito. Questa forza mentale è un aspetto interessante della fiaba, ma è anche un aspetto particolare visto che, tradizionalmente, la fiaba dimostra una predilizione narrativa per l’azione296. Eventi come la lotta, la guerra e la battaglia – a cui vengono solitamente collegati i personaggi maschili, gli eroi – rappresentano la realtà quotidiana della fiaba297. Lüthi sottolinea questa “fondness for portraying battles”, ma aggiunge anche che: The fairy tale is an epic genre: it portrays external events. But [it is possible that] unexpectedly the conflict enters the psychological realm [...] [this is to say, whatever 292 Ibidem. Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 42. 294 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 835. 295 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 42. 296 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 122. 297 Ibidem. 293 51 has to be overcome] can be conquered not by physical force, but by cunning, i.e., by psychological force.298 Lüthi argomenta quest’idea ricorrendo ad una certa tipologia di fiaba, ossia “[the] riddle fairy tales”, che il critico letterario correla alla figura di “the riddle princess” – ergo un personaggio femminile299. Ricapitolando, possiamo concludere che il conflitto della fiaba viene risolto con la ‘forza fisica’ oppure facendo uso dalla ‘forza psicologica’. Per di più ad ogni tipo di “forza” viene collegato un certo personaggio: la fiaba mostra un personaggio maschile se è richiamata una prova fisica oppure una figura femminile se è richiamata una soluzione psicologica300. In questo modo Lüthi sembra sostenere che, in base al sesso del personaggio principale, la fiaba mette in scena un tipo di prova diversa. Nondimeno abbiamo già affrontato delle fiabe in cui la protagonista deve fare appello sia alla sua forza fisica, sia alla sua intelligenza per raggiungere lo scopo. Un primo esempio è Molly Whuppie che ritorna tre volte nella casa del gigante per poter completare le tre prove. Un altro esempio è Caterina la Sapiente perché l’eroina intraprende l’azione e decide di viaggiare verso le tre città. Caterina la Sapiente non sembra appartenere alla categoria del “riddle fairy tale[s]”, visto che la protagonista né fa, né risolve un indovinello301. Al contrario, nella fiaba La contadina furba la figlia di un contadino, anche chiamata Caterina, viene sfidata dal re a risolvere un indovinello: “che venga alla mia presenza né nuda né vestita, né digiuna né satolla, né di giorno né di notte, né a piedi né a cavallo”302. La protagonista risolve l’enigma senza problemi grazie alla sua furbizia, per cui il re decide di sposarla, a condizione che la ragazza rimanga lontano dai suoi affari. Un giorno Caterina viola questa promessa e deve lasciare il palazzo, però il re le permette di scegliere il suo bene più prezioso da portare con sé a casa. La contadina fa ubriacare il re, lo porta con sé a casa sua e al risveglio gli dice: “Io ho preso lei e me lo tengo”303. Caterina la Sapiente non può essere classificata come un riddle fairy tale, però l’aspetto enigmatico è ben presente nella figura della protagonista. Vale a dire Caterina appartiene a quei personaggi fiabeschi che si presentano come “riddle figures”, ossia personaggi “[who] are not what they appear to be”304. Caterina si dimostra un vero enigma per il Reuzzo, che risulta frustrato perché non riesce a decifrarne il carattere. In realtà la moglie del re, Caterina, non è una donna testarda, ma piuttosto una donna indipendente e un “esempio dell’autonomia che lo studio e il pensiero [le] consentono”305. Ciò nonostante il principe non comprende il carattere di Caterina e la sua frustrazione emerge nella fiaba in alcuni dialoghi divertenti: - Caterina, ti ricordi di quel manrovescio che m’hai dato? Ti sei pentita? - Pentita? Se volete, ve ne do un altro! - Come? Non sei pentita? - Manco per sogno. 298 Ibidem. Ivi, p. 123. 300 Ivi, pp. 122-123. 301 Ivi, p. 123. 302 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 435. 303 Ivi, p. 439. 304 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 132. 305 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 42. 299 52 - E non ti vuoi pentire? - E chi ci pensa? - Ah, così? Ora ti faccio vedere io – . [...] Caterina, o ti penti, o ti calo nel trabocchetto! - Ci starò più fresca! – gli fa Caterina.306 Possiamo osservare come il Reuzzo traduce la sua frustrazione in violenza, mentre Caterina assume un atteggiamento di indifferenza, che provoca le risposte ardite dell’interlocutore. Il Reuzzo tenta invano di dominare la moglie, però – senza che lui se ne renda conto – è quest’ultima a trascinarlo dalla propria parte. Caterina fa buon uso della sua forza psicologica per rieducare il marito. Il processo di rieducazione è un aspetto importante della fiaba, come conferma il seguente passaggio critico: One feels that fairy tales are concerned with portraying essential processes in life. Testing, threatening danger, destruction – and salvation, development, and maturation [...] And since the European fairy tale repeatedly portrays developments leading to a rich, regal existence, it is not only full of light and serenity, but merry and rollicking humor also finds a place in it.307 La fiaba dimostra come il principe sia sottoposto ad una prova e come egli attraversi il processo della maturazione. Caterina usa la propria intelligenza e la propria sapienza per spingere il marito verso la fase della maturità. È notevole che Caterina non abbia nemmeno bisogno di un camuffamento per ingannare il marito, che si dimostra così irrequieto, chiuso, supponente da non comprendere le intenzioni della moglie. Caterina si è presentata tre volte a suo marito priva di ogni camuffamento o travestimento, ma il Reuzzo nondimeno non arriva a riconoscerla. Verso la fine della fiaba, nel momento in cui la mano del Reuzzo viene baciata dai suoi figli, il protagonista maschile si rende conto di essere stato sconfitto da Caterina: “Al Reuzzo, quando li vide, non restava che dichiararsi vinto. – Questo sì è lo schiaffo che mi dovevi dare! – esclamò, e abbracciò i figli”308. In questo modo Caterina si presenta come la vera eroina della fiaba che, servendosi della sua intelligenza, riesce a sconfiggere l’arroganza del marito. 3.3.2 L’eroina fiabesca e il motivo del camuffamento Nella fiaba di Caterina la Sapiente la protagonista si serve della propria intelligenza e sottigliezza per spingere il marito a ravvedersi e ad adottare un atteggiamento più maturo. Nondimeno si può notare che Caterina si avvantaggia della superficialità e leggerezza del marito, che non capisce le sue intenzioni. Tuttavia, visto che non tutti i personaggi maschili sono così facilmente ingannabili, si deve considerare che l’intelligenza della protagonista richiede a volte un aiuto supplementare per riuscire nel proprio schema. Per questo motivo 306 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 836. Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 115. 308 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 841. 307 53 analizzeremo due fiabe in cui compare una protagonista che si serve sia della sua intelligenza che di un trucco speciale per avere la meglio sul personaggio maschile. Analizzerò la fiaba di Jacobs, intitolata Cap O’Rushes, e quella di Calvino, Fanta-Ghirò, persona bella. 3.3.2.1 Cap O’Rushes La fiaba inglese Cap O’Rushes è una fiaba che viene raccontata in diverse versioni, ma che si focalizza sempre su una protagonista che deve cercare la propria via dopo essere stata scacciata di casa. Questa fiaba, inserita da Jacobs nella collezione di English Fairy Tales, “is a version of the numerous class of Cinderella stories”309, ossia una delle storie in cui l’eroina si presenta come “the prototype of a[n] [innocent] persecuted heroine” 310. Anche nella raccolta delle Fiabe italiane di Calvino possiamo scoprire alcune versioni che appartengono a questo tipo di fiaba, come per esempio Bene come il sale e Pelle di vecchia, che differiscono per il tipo di camuffamento utilizzato dall’eroina. Tutte e tre le fiabe presentano però il motivo del sale, che è responsabile della sfortuna inizale della ragazza. Sia Cap O’Rushes che Bene come il sale cominciano con “una «prova d’amore» richiesta da un Re [o da un nobiluomo] alle tre figlie”311: Well, there was once a very rich gentleman, and he’d three daughters, and he thought he’d see how fond they were of him. So he says to the first, “How much do you love me, my dear?” “Why,” says she, “as I love my life.” “That’s good,” says he. So he says to the second, “How much do you love me, my dear?” “Why,” says she, “better nor all the world.” “That’s good,” says he. So he says to the third, “How much do you love me, my dear?” “Why, I love you as fresh meat loves salt,” says she. Well, but he was angry. “You don’t love me at all,” says he, “and in my house you stay no more.”312 (Cap O’Rushes) In Pelle di vecchia il padre intraprende un viaggio e domanda alle figlie quale regalo desiderano. La figlia più piccola chiede in dono del sale, ma le sorelle gelose convincono il padre che la richiesta sia volta a “salare le cuoia”, per cui la figlia viene cacciata dalla casa313. Il motivo del sale non si presenta solo come la causa della sfortuna delle ragazze, ma sta anche alla base della riconciliazione finale tra il padre e le figlie. Nello scioglimento finale, durante la festa di nozze, le protagoniste danno l’istruzione di preparare la cena senza sale. I padri cominciano a piangere perché si rendono conto che, senza il sale, il cibo non vale niente 309 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 235. W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, in “Western Folklore”, Vol. 52, N. 1, 1993, p. 63. 311 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1108. 312 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., pp. 51-52. 313 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 421. 310 54 e quindi che “her comparison of love and salt was in fact accurate and expressive of her true love for him”314. Nell’analisi seguente intendo concentrarmi primariamente sulla fiaba inglese di Jacobs, Cap O’Rushes, anch’essa incentrata sulla figura della “eroina innocente perseguitata”315. Tuttavia, siccome le due versioni italiane dimostrano alcune variazioni notevoli rispetto alla fiaba inglese, mi sembra interessante prenderle in considerazione e stabilire un confronto quando necessario. La protagonista viene descritta come un’innocente perseguitata – quindi una vittima –, ma si usa anche il termine “eroina” che segnala il suo carattere perseverante. Nell’articolo Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines? Nicolaisen descrive in questi termini la condizione della protagonista all’inizio della fiaba: while male protagonists are sometimes cast in the role of unpromising hero in folktales, their female counterparts much more frequently fulfill that function. To the initial characteristics of extreme unpromise is often added the debilitating hardship of cruel persecution. Both these negative qualities are especially undeserved in most instances because of the unblemished innocence of the protagonist on whom they are inflicted.316 In altre parole, dopo essere stata scacciata di casa, Cap O’Rushes non ispira molta fiducia come eroina della fiaba. A causa della persecuzione, alla quale la protagonista è stata sottoposta, non si crede che la protagonista riuscirà a rifarsi una vita. Nicolaisen argomenta nondimeno che la persecuzione è un aspetto fondamentale della fiaba perché spinge la ragazza ad intraprendere il viaggio che la condurrà verso la propria fortuna317. Per di più nelle diverse versioni della fiaba si possono individuare diverse ragioni che causano la partenza della protagonista: in primo luogo, nelle fiabe Cap O’Rushes e Bene come il sale, la figlia viene odiata dal padre a causa della risposta insoddisfacente318; in secondo luogo, come in Pelle di vecchia, la figlia è la vittima della gelosia delle sorelle319; in terzo luogo, come nella fiaba Maria di legno di Calvino, la figlia scappa di casa a causa del desiderio incestuoso di suo padre che vuole sposarla320. Partendo dalle diverse cause che innescano la fuga della protagonista, possiamo arrivare al motivo più importante della fiaba: la maniera in cui l’eroina fugge. Introducendo le due fiabe, ho accennato al fatto che sia Cap O’Rushes di Jacobs che Fanta-Ghirò, persona bella di Calvino (di cui parleremo in seguito) presentano un’eroina intelligente che, per riuscire nelle prove, deve ricorrere anche al camuffamento. In Cap O’Rushes l’eroina decide di mascherarsi per poter nascondere i vestiti belli e, di conseguenza, anche la propria identità. Il camuffamento viene utilizzato dalla protagonista per “facilitare la sua fuga” e per trovare un posto di lavoro senza essere riconosciuta come la 314 Graham SEAL, Encyclopedia of Folk Heroes, cit., p. 37. W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, cit., p. 63 (traduzione personale). 316 Ivi, pp. 61-62. 317 Ibidem. 318 Ivi, pp. 64-65. 319 Ivi, p. 65. 320 Ivi, pp. 63-64. 315 55 figlia del re/gentiluomo321. Nicolaisen afferma che il camuffamento può essere simbolicamente inteso come “[the] outward confirmation of her new humble status and her loss of her former identity in the eyes of the world” 322. Tuttavia, a mio avviso, il camuffamento non cambia necessariamente l’identità della protagonista che sembra avere piena consapevolezza della funzione del suo “cap o’rushes”. Subito dopo lo scoppio d’ira del padre, la protagonista viaggia “till she came to a fen, and there she gathered a lot of rushes and made them into a kind of a sort of a cloack with a hood, to cover her from head to foot, and to hide her fine clothes”323. La protagonista trova un lavoro come sguattera ed escogita un piano – in cui il camuffamento gioca un ruolo molto importante – per imbonirsi il figlio del padrone. L’eroina della fiaba si dimostra ingegnosa e piena d’iniziativa nell’intento di “costruirsi una propria vita e un futuro [sicuro]” e ricorre perciò ad alcune bugie a fin di bene per raggiungere questo scopo324. Possiamo argomentare che Cap O’Rushes si serve infatti di due tipi di camuffamento: dapprima, all’inizio della fiaba, l’eroina usa il camuffamento dei giunchi per non essere riconosciuta come la figlia del nobiluomo; poi, per poter andare anonimamente al ballo organizzato dal figlio del padrone, la figlia mostra se stessa, levandosi il camuffamento dei giunchi. Cap O’Rushes dimostra la propria intelligenza giocando con i due camuffamenti. Nessuno la riconosce e Cap O’Rushes ripete l’astuzia fino alla terza notte del ballo, ossia fino al momento in cui il figlio del padrone si innamora perdutamente di lei. In alcune versioni della fiaba, tra cui quella di Jacobs, “the heroine retreats into her disguise [after the ball] and lets the prince suffer from lovesickness for some time before she reveals herself and satisfies his longing”325. Possiamo affermare che l’eroina possiede un senso del dramma, che si manifesta quando Cap O’Rushes rivela finalmente la propria identità al figlio del padrone: “in the food she prepares for the prince, she leaves a ring [which was given to her by the prince on the last night of the ball] [...] to show him that his beloved is at hand”326. La protagonista controlla la situazione, mentre il figlio del padrone “thinks he is going to marry her [...] in reality [he] is going to be married by her”327. Possiamo così considerare Cap O’Rushes un’eroina sorprendente, che non solo riesce a trovarsi un marito dopo essere scacciata di casa, ma che riesce anche a sopraffare il padre che dovrà ammettere le ragioni della figlia più piccola. Avendo ingannato due uomini alla fine della fiaba, si può dire: “[p]ersecuted she may be, meek and resourceless she is not”328. Infine, siccome anche le due fiabe italiane finiscono con la vittoria della figlia perseguitata, si può notare che “these tales, despite their unpromising beginnings, turn out to be painfully-glorious celebrations of the indomitable power and spirit of womanhood”329. 321 Ivi, p. 66 (traduzione personale). Ivi, p. 66. 323 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 52. 324 W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, cit., p. 67 (traduzione personale). 325 Christine GOLDBERG, The Donkey Skin Folktale Cycle (AT 510B), in “The Journal of American Folklore”, Vol. 110, N. 435, 1997, p. 31. 326 Ivi, p. 29. 327 W. F. H. NICOLAISEN, Why Tell Stories about Innocent, Persecuted Heroines?, cit., p. 69. 328 Ibidem. 329 Ibidem. 322 56 3.3.2.2 Fanta-Ghirò, persona bella Ho già accennato ai diversi tipi di camuffamento utilizzati dall’eroina fiabesca. In Pelle di vecchia, per esempio, figura una protagonista che si maschera con la pelle di una vecchia defunta e in Bene come il sale la figlia più piccola si nasconde in un candeliere. Tuttavia un tipo di camuffamento completamente diverso da tutti gli altri tipi, e che rappresenta perciò una categoria a sé stante, è il travestimento maschile dell’eroina. Si nota che queste “vicende di donne in abiti maschili [sono] tanto frequenti nelle novelle e commedie del Cinquecento e Seicento”330. In generale, le protagoniste decidono di travestirsi da uomo per risolvere una crisi: female transvestites [...] assume male power to restore legitimacy and stability, which male authorities in the story have failed to secure. Crises that call for female transvestism can take many forms [...] [like for example a] full-blown political catastrophe.331 Un esempio notevole di una fiaba, che presenta in maniera bellissima quest’eroina “maschile”, è Fanta-Ghirò, persona bella dalla collezione di Calvino. Fanta-Ghirò, persona bella è la terza figlia del re, che si maschera come un generale e che riesce a salvare – servendosi della propria intelligenza – il regno del padre. La fiaba racconta la storia di un re a cui viene dichiarata guerra dal re del paese confinante. Però, essendo malato, il re non può andare in guerra e le figlie si propongono di prendere il suo posto. Il re è dell’opinione che “[n]on [siano] affari da donne”, ma conclude nondimeno un accordo con le sue figlie, vale a dire, loro possono andare in guerra a condizione che non “[si mettano] a parlare di cose da donne”, altrimenti dovranno immediatamente tornare a casa332. Le due sorelle maggiori, Catarina e Assuntina, non rispettano la condizione e devono ritornare a casa. Spetta dunque alla terza figlia, Fanta-Ghirò, il compito di combattere l’esercito nemico e di sopraffare l’avversario del padre. Se prendiamo in considerazione la reazione iniziale del padre – secondo cui una donna non riuscirà mai a fare una guerra –, possiamo argomentare che FantaGhirò non deve solamente combattere il nemico del Regno, ma anche il pregiudizio del padre rispetto alle donne. Di conseguenza Fanta-Ghirò rappresenta “the classic underdog of the marvelous universe” che supera la prova brillantemente333, tanto che lo stesso Calvino afferma nelle Note che la fiaba rappresenta “risolutezza e bravura femminile”334. Il motivo del travestimento diventa importante nel momento in cui l’eroina incontra “[i]l Re nemico”, che si mostra come “un bel giovanotto” 335. Il Re nemico ha un vago sospetto che il generale sia infatti una donna e confida alla madre: 330 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1116. The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242. 332 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 416. 333 The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242. 334 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 1116. 335 Ivi, p. 418. 331 57 - Mamma, mamma, - le disse, - sapessi! Ho qui con me il generale che comanda l’esercito contrario, ma lo vedessi! Fanta-Ghirò, persona bella, Ha gli occhi neri e dolce la favella, O mamma mia, mi pare una donzella.336 A causa del sospetto del Re, il generale travestito “viene sottoposto ad alcune prove per verificare la sua identità ‘maschile’”337. Le prove vengono congegnate dalla madre del Re, che non si dimostra tanto furba quanto la futura nuora perché Fanta-Ghirò intuisce le sue intenzioni. Come prima prova la madre del Re suggerisce: “- Portalo nella sala d’armi. Se è una donna non gliene importerà nulla delle armi e non gli darà neanche un’occhiata”, però il Re deve ammettere che “il generale brancica le armi come un uomo”338. Per la seconda prova la madre gli consiglia: “- Portalo in giardino. Se è donna, coglierà una rosa o una viola e se la metterà al petto; se è uomo, sceglierà il gelsomino catalogno, l’annuserà, e poi lo metterà all’orecchio”, ma il Re deve ammettere di nuovo che Fanta-Ghirò “[h]a fatto come un uomo”339. Per la terza prova la madre raccomanda di “[i]nvita[re] il generale a desinare. Se per tagliare il pane l’appoggia sul petto è una donna, se invece lo taglia tenendolo per aria è certo un uomo”, ma la furba Fanta-Ghirò riesce ancora ad ingannarli340. Infine, per l’ultima prova, il Re invita “il generale a fare il bagno [con lui] nella peschiera in giardino” siccome una donna non può fare altro che rifiutare la proposta341. Tuttavia, il ‘generale’ accetta l’invito, ma Fanta-Ghirò ha già escogitato un piano per poter rifiutare l’invito senza essere scoperta. Possiamo desumere dalla fiaba come l’interesse per le armi, il modo con cui si taglia il pane o la scelta di un certo tipo di fiore possono rivelare il sesso di una persona. Tuttavia, essendo una donna, Fanta-Ghirò è consapevole di non poter agire d’istinto per superare tutte le prove. In questo modo, l’eroina può anche guadagnare tempo cosicché il Re dimentica la guerra. Grazie alla sua astuzia e alla sua furbizia, l’eroina si dimostra in grado di prevenire una guerra e di salvare conseguentemente il regno del padre. Inoltre, verso la fine della fiaba, l’eroina rivela la sua identità al Re nemico tramite un piccolo foglio che dice: Donna è venuta e donna se ne va Ma riconosciuta il Re non l’ha.342 Questa piccola frase è segno che la ragazza non ha solamente l’intenzione di ingannare il Re per evitare una guerra, ma anche di suscitare la sua curiosità di modo che il Re – perdutamente innamorato del “generale” – la rincorra nel regno nemico e la chiede in moglie. 336 Ivi, p. 418. The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242 (traduzione personale). 338 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 418. 339 Ivi, pp. 418-419. 340 Ivi, p. 419. 341 Ivi, p. 419. 342 Ivi, p. 420. 337 58 In questo modo la figlia più piccola salva il regno, si procaccia un marito e diventa “regina di due Regni”343. In conclusione, vorrei ancora segnalare che, a partire dal momento in cui la protagonista si maschera da uomo, si può notare un cambiamento nell’interazione stereotipica tra il personaggio maschile e quello femminile nella fiaba: [T]he girl masquerading as a man violates the most basic rules of social order: gender distinction and the dominance of the masculin over the feminine. Unlike the categories of rich/poor, noble/peasant, and human/animal, breached liberally in the realm of the marvelous, the hierarchy of the sexes remains a defining element of tale morphology (the active prince saves the passive maiden in distress) and is rarely reversed. Transvestite heroine tales alter the traditional romantic plot by sending the princess out on the prince’s journey344 Questa citazione spiega perché Fanta-Ghirò, persona bella sia una fiaba così interessante per il nostro discorso. La fiaba rappresenta una situazione in cui l’eroina determina il corso degli eventi, dimostrandosi vittoriosa alla fine della fiaba. È rilevante che il personaggio principale della fiaba sia una donna che assume su di sé la funzione maschile di generale, comandando in questo modo l’intero esercito regale. Fanta-Ghirò riesce non solo a guidare le truppe e a salvare il regno del padre, ma si dimostra anche in grado di raggirare il Re nemico. Ancora più notevole è il fatto che l’eroina conduce l’intera operazione militare a buon fine senza usare la violenza ovvero senza ricorrere alla forza fisica. Prima che la guerra abbia inizio, la ragazza distrae con astuzia il Re nemico così da distrarlo dalle operazioni belliche. FantaGhirò è un’eroina attiva, che prende l’iniziativa e che si serve della propria intelligenza e abilità per far innamorare l’uomo. Cruso sottolinea che Fanta-Ghirò dimostra “la furbizia nello sfruttare quei lati deboli del sesso maschile che le è dato conoscere proprio perché donna”345. Avvalendosi di questi doti, Fanta-Ghirò riesce a scardinare il pregiudizio infondato del padre e a dimostrare che la figura femminile può avere il predominio sul personaggio maschile. Per concludere il discorso sul motivo del camuffamento, che gioca un ruolo importante nelle due ultime fiabe da noi esaminate, ovvero Cap O’Rushes e Fanta-Ghirò, persona bella, vorrei ancora fare riferimento ad un tema correlato di grande importanza: quello di “semblance and reality”346. Lüthi afferma che “[i]n the popular fairy tale [...] the contrast between semblance and reality [...] forms one of its fundamental traits”347, vale a dire “[it] is [...] a fundamental theme of the simple folk narrative, especially of the fairy tale and stories of a fairy tale character”348. Lüthi si dimostra convinto della presenza di questo tema all’interno del genere 343 Ivi, p. 420. The Greenwood Encyclopedia of Folktales and Fairy Tales, a cura di Donald Haase, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2008, 3 voll., Vol. I: A-F, p. 242. 345 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 41. 346 Max LÜTHI, Parallel Themes in Folk Narrative and in Art Literature, in “Journal of the Folklore Institute”, Vol. 4, N. 1, 1967, p. 10. 347 Ibidem. 348 Ivi, pp. 10-11. 344 59 della fiaba, registrandone le differenti situazioni e quindi la grande variabilità349. Il tema di “semblance and reality” può essere rappresentato dal camuffamento di una protagonista da uomo, ma anche dalla trasformazione di un animale in un uomo, come “[t]he swineherd [who] is, in reality, a prince”350. Di conseguenza possiamo affermare che il tema di “semblance and reality” è molto presente nel genere fiabesco e soprattutto nelle fiabe come Cap O’Rushes e Fanta-Ghirò, persona bella, in cui le protagoniste si servono di un camuffamento per circuire un personaggio maschile. Per di più il tema di “semblance and reality” è strettamente legato ad un altro tema, “namely that of the defeat of the great by the small, the mighty by the apparently powerless”351. Tale tema fa riferimento a quei personaggi fiabeschi che – ad un primo sguardo – non possiedono le qualità necessarie per diventare l’eroe o l’eroina della fiaba. Sono dei personaggi che si assumono la cosiddetta funzione di underdog nella fiaba, vale a dire, che non dispongono a prima vista delle capacità necessarie per riuscire nelle prove o per sconfiggere i personaggi apparentemente più forti. Tuttavia, nello svolgimento della storia, si può vedere che questi personaggi – inaspettatamente – si ergeranno ad eroi o ad eroine, in grado di dominare la situazione e lo sviluppo degli avvenimenti. Di conseguenza possiamo argomentare che anche le figure femminili che abbiamo analizzato appartengono alla categoria di personaggi underdog. Lüthi nota al riguardo che “[t]he themes semblance/reality, weak/strong intertwine in many ways”352 e, basandoci sulle sue ricerche in relazione alla raffigurazione del personaggio femminile nella fiaba, possiamo affermare che uno dei legami fra i due temi è proprio rappresentato dal personaggio femminile, che può apparire inizialmente come la figura debole della fiaba, ma che si dimostrerà la vincitrice finale. 3.4 L’amore In base alle fiabe già analizzate abbiamo visto che l’eroina fiabesca mostra un carattere indipendente, intraprendente e, soprattutto, intelligente. Abbiamo dimostrato come queste eroine risultino più inventive dei personaggi maschili e come usino la loro intelligenza per dare loro una bella lezione. Tuttavia, oltre alle figure femminili che adottano un atteggiamento sicuro e determinato – che è a volte responsabile degli attriti fra uomo e donna – si può pure osservare la presenza dell’amore nella loro relazione. Per di più, quest’amore si traduce nel motivo tradizionale del matrimonio che suggella la fine delle fiabe. In questa parte introdurrò il tema dell’amore perché nelle fiabe che abbiamo analizzato il sentimento amoroso si discosta da quello tradizionale. Per questa ragione mi sembra interessante considerare la relazione amorosa dei due protagonisti e il suo sviluppo, alla luce delle fiabe di Calvino e di Jacobs. 349 Ivi, pp. 10-11. Ivi, pp. 10-11. 351 Ivi, p. 11. 352 Ivi, p. 13. 350 60 L’analisi si focalizzerà prima sull’interpretazione di Calvino dell’amore tradizionale nella fiaba e su come la fiaba Re Crin rappresenti la sua prospettiva. In seguito proverò ad indicare se le fiabe Caterina la Sapiente, Cap O’Rushes e Fanta-Ghirò, persona bella rappresentano una relazione amorosa tradizionale fra l’uomo e la donna, o se invece possiamo individuare in esse un approccio amoroso più innovativo, in linea con il carattere e l’atteggiamento atipico delle eroine. Partiamo da un’osservazione di Italo Calvino che ispira l’enfasi posta sull’amore e sulla relazione amorosa fra il personaggio femminile e quello maschile. Nell’Introduzione alle Fiabe italiane Calvino conferma che “corre, nella fiaba italiana, una continua e sofferta trepidazione d’amore”353. Calvino continua il suo discorso, argomentando che molte fiabe mostrano analogie con la storia d’amore di Amore e Psiche, scritta da Apuleio: “[il] tipo «Amore e Psiche» [...] domina una notevole parte dei nostri racconti di meraviglie” 354. Si tratta di storie che “narrano dell’amore precario, che congiunge due mondi incongiungibili, che ha la sua prova nell’assenza; storie d’amanti inconoscibili, che si hanno davvero solo nel momento in cui si perdono”355. Un esempio di fiaba che segue la struttura narrativa della storia di Amore e Psiche, riprendendo dunque quest’amore piuttosto stereotipico, è la fiaba calviniana Re Crin. Ne riassumerò brevemente le linee principali: “Re Crin” racconta la storia del figlio del re che, essendo un porco, si vuole sposare senza che la moglie lo aborra. I due matrimoni con le due figlie maggiori del panettiere falliscono e Re Crin si vede costretto ad ucciderle. Il terzo matrimonio invece è un grande successo, perché la terza figlia si comporta in modo amorevole con il marito. Nondimeno la ragazza non riesce a controllare la sua curiosità e lo guarda con un cerino quando dorme perché “le era venuta un’idea in testa”356. La ragazza si stupisce quando vede che il porco è in realtà un bel ragazzo, però, dimentica il cerino e lo lascia cadere sulla pelle del marito. Re Crin si sveglia e grida, accusandola di aver rotto l’incantesimo e aggiungendo che per rivederlo dovrà “riempire sette fiaschi di lagrime e consumare sette paia di scarpe di ferro, sette mantelli di ferro e sette cappelli di ferro” 357. Re Crin scompare e la ragazza inizia la ricerca, che la porterà alla casa della madre del Vento, a quella della madre del Fulmine e, infine, alla casa della madre del Tuono che le danno rispettivamente una castagna, una noce e una nocciola (da aprire in caso di necessità). In seguito la ragazza arriva al castello della principessa che sta per sposarsi con Re Crin. Per questo motivo la ragazza apre la castagna, che custodisce numerosi gioielli e diamanti, che venderà alla principessa in cambio di una notte con il suo sposo. La principessa accetta, ma dà a Re Crin un sonnifero cosicché la ragazza non gli può parlare. Disperata, la ragazza rompe la noce e vende i drappi di seta e i vestiti bellissimi alla principessa, ma Re Crin viene di nuovo drogato. Infine, la ragazza vende anche il contenuto della nocciola (“carrozze, vetture e cavalli”358) ma questa volta il principe si sveglia perché non ha bevuto la bevanda, e gli innamorati possono scappare dal palazzo. Possiamo individuare nella fiaba dei motivi caratteristici del modello di base, come per esempio “[the] heroine’s marrying [...] an animal endowed with some human features, who, owing to the salutary power of love and devotion, is eventually [...] ‘disenchanted’ and becomes an ordinary husband”359, la curiosità della sposa di vedere il marito durante il sogno, 353 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 47. Ibidem. 355 Ivi, p. 48. 356 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 142. 357 Ibidem. 358 Ivi, p. 144. 359 Andrzej WICHER, A Discussion of the Archetype of the Supernatural Husband and the Supernatural Wife as It Appears in some of Geoffrey Chaucer’s ‘Canterbury Tales’, in, AA.VV., REAL: Yearbook of Research in 354 61 la sua conseguente sparizione e la ricerca della ragazza dell’amore perduto. La fiaba descrive un amore tradizionale dove gli amanti separati devono ritrovarsi, ma fa anche riferimento ad un elemento più moderno, ossia all’intraprendenza dell’eroina. La ragazza si dimostra in grado di sconfiggere vari ostacoli e, con l’aiuto di alcuni oggetti magici, riesce a liberare suo marito dall’incantesimo. Il coraggio dell’eroina, spinto dall’amore verso il marito, è un aspetto molto interessante perché Calvino lo motiva da una prospettiva storica360. L’autore italiano ha preso ispirazione dall’interpretazione della storia di Amore e Psiche di Vladimir Propp, menzionata nel suo libro Le Radici Storiche dei Racconti di Fate361. Sarah Cruso riassume la ipotesi di Calvino come segue: Riprendendo la suggestiva interpretazione di Propp del tipo di Amore e Psiche, Calvino rintraccia nello spirito del racconto le tracce di un’antica istituzione, quella dell’amore nato durante il periodo di iniziazione dei giovani all’interno delle società primitive. Seguendo quest’ipotesi Psiche ricopre il ruolo della ragazza che, all’interno delle case in cui questi giovani venivano segregati, aveva rapporti con loro ma senza mai poterli vedere in volto. Alla fine del periodo di formazione i giovani abbandonavano la casa, conoscevano altre donne, dimenticavano la ragazza. Le fiabe ripropongono in altre forme quest’idea di amore clandestino e invisibile, destinato a spezzarsi perché condannato dalle leggi religiose, e poi narrano il riscatto della giovane che a queste leggi si oppone, cercando e riconquistando l’uomo amato.362 In altre parole, il carattere indipendente e ribelle dell’eroina nella fiaba Re Crin riporta pertanto ad una radice storica. Sarah Cruso sostiene, come abbiamo sottolineato, che “a Calvino piaccia particolarmente questo personaggio di donna intraprendente [...] che vince la severità del padre, della società maschile che la vorrebbe costringere a un ruolo subalterno”363. È possibile desumere che la prospettiva storica è un altro motivo che stimola Calvino a raccogliere delle fiabe in cui figurano delle eroine indipendenti. Un tale atteggiamento delle eroine si riflette anche nella rappresentazione della relazione amorosa, che viene dominata dalla figura femminile, invece che dal personaggio maschile. L’eroina si dimostra padrona della situazione, compresa anche quella amorosa. Re Crin ci presenta un amore tradizionale, ossia la storia di due innamorati separati dalla sorte che devono combattere per rivedersi. Però, notiamo qui i primi passi verso un’eroina forte, che non subisce la pressione del mondo maschile. Quest’atteggiamento ritorna nella raccolta di Calvino e viene rafforzato, come succede nelle fiabe al centro della nostra ricerca. Siamo arrivati al focus della discussione, vale a dire come l’amore, nelle tre fiabe già analizzate, sia completamente controllato dal personaggio femminile. Le eroine controllano la situazione amorosa e di frequente causano l’innamoramento del personaggio maschile. In altre parole, l’amore sembra manifestarsi in modo diverso dall’amore tradizionale, così come viene rappresentato in Re Crin. L’eroina di quest’ultima fiaba supera le difficoltà d’amore per il marito, ma altre eroine come Caterina la Sapiente o Cap O’Rushes sembrano avere secondi English and American Literature, Vol. 7, Herbert Grabes, Hans-Jürgen Diller, Hartwig Isernhagen, Tübingen, Gunter Narr Verlag, 1991, p. 19. 360 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 39. 361 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 48. 362 Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 39. 363 Ivi, p. 40. 62 fini. Per quanto riguarda la fiaba Cap O’Rushes di Jacobs, mi sembra necessario indicare che non ho potuto trovare uno specifico punto di vista sull’amore nella fiaba di Jacobs, però, come abbiamo già dimostrato, l’autore inglese mostra una preferenza – al pari di Calvino – per le eroine indipendenti. Vedremo che, per esempio, la fiaba Cap O’Rushes rivela delle analogie con le fiabe calviniane dal punto di vista della relazione amorosa. Il primo esempio è la fiaba Caterina la Sapiente in cui la relazione amorosa tra Caterina e il Reuzzo incontra grande difficoltà. Nell’ambito amoroso il primo grande evento è il loro matrimonio, che non è tuttavia basato sulla reciprocità fra l’uomo e la donna. Il Reuzzo ha preso in sposa Caterina perché vuole vendicarsi dell’offesa da lei ricevuta. Tuttavia, come abbiamo già notato, la protagonista si dimostra più intelligente del marito e tramite un’astuzia riesce ad ingannarlo. Si osserva che nella fiaba i ruoli vengono invertiti, ovvero non è il Reuzzo a rieducare la moglie testarda, ma è Caterina ad impartirgli una lezione importante. Il Reuzzo è frustrato perché prova a dominare sua moglie, ma non riesce perché non può penetrare nei pensieri di Caterina. Sua moglie invece si dimostra padrona della situazione e capace di rieducare il marito. Nel finale della fiaba si prospetta una riconciliazione fra i due personaggi perché Caterina lo permette. Mostrando indulgenza, la protagonista dimostra anche il suo amore per il marito. È dunque lei a salvare il loro matrimonio perché aiuta il marito a capire i propri errori. L’atteggiamento arrogante del Reuzzo all’inizio della fiaba viene sostituito da un senso di costernazione e di pentimento quando egli realizzerà di aver maltrattato la moglie. L’amore trionfa perché il Reuzzo ha ammesso il suo errore e il rapporto di forza tra uomo e donna, all’interno del matrimonio, raggiunge un equilibrio. Per quanto riguarda le fiabe Fanta-Ghirò, persona bella di Calvino e Cap O’Rushes di Jacobs possiamo osservare che entrambe presentano una relazione amorosa che finisce nel matrimonio. Però le modalità con cui vi si arriva, possono rivelare qualcosa sulle intenzioni delle eroine. Fanta-Ghirò, che è mascherata da uomo, e Cap O’Rushes, che è irriconoscibile per il figlio del padrone sino a quando si toglierà il camuffamento, riescono a fanno perdere la testa ai personaggi maschili, che ne rimangono perdutamente innamorati. Fanta-Ghirò si maschera da generale per ingannare il Re nemico e per evitare una guerra. Il Re nemico è “un bel giovanotto”364 e la protagonista riesce a conquistarlo mentre porta degli abiti maschili. Possiamo inoltre dire che Fanta-Ghirò non vuole solamente salvare il regno del padre, ma sembra anche voler mostrare il suo amore per il Re nemico. Il piccolo foglio lasciato nella camera rivela, insieme al suo amore per il Re, la vera identità della fanciulla e permette al Re di seguirla. Il Re nemico, ormai innamorato, dimentica i piani di guerra e segue ‘il generale’ nel regno di suo padre e la prende in moglie. Però, l’azione di lasciare il foglio può anche essere interpretata in un altro modo, visto che il matrimonio con il Re nemico le offrirà il vantaggio politico di reggere due regni. Alla fine della fiaba Fanta-Ghirò è riuscita sia a salvare il regno del padre, sia a trovare un marito e a diventare “regina di due Regni”365. Cap O’Rushes, dopo essere stata maltratata dal padre, deve cercare la propria fortuna e la trova lavorando come sguattera in una casa. Attratta dal figlio del padrone, decide di sedurlo. Cap O’Rushes si toglie il camuffamento e in questo modo diventa irriconoscibile per quelli che la 364 365 Italo CALVINO, Fiabe italiane, cit., p. 418. Ivi, p. 420. 63 identificano con il mantello di giunchi. Cap O’Rushes balla per tre notti con il ragazzo durante la festa e alla fine della terza notte, il figlio del padrone è follemente innamorato, tanto da affermare: “if he didn’t see her again he should die”366. La condizione del giovane si aggrava, ossia “he got worse and worse for the love of her till he had to keep his bed”, fino al momento in cui la voce dice che “[h]e’s dying for the love of the lady”367. In questo momento Cap O’Rushes, convinta del suo amore, riprende l’iniziativa e si rivela al ragazzo come colei con cui egli ha ballato per tre notti. Il figlio del padrone guarisce e si sposa con la sua innamorata. Il matrimonio con il figlio del padrone offre a Cap O’Rushes la possibilità di trovare la fortuna, ma le permette anche di dare una grande festa, di invitare il padre violento e di dare a quest’ultimo una bella lezione per la punizione immeritata sopportata a suo tempo. Possiamo osservare che nelle due fiabe ci si focalizza sull’innamoramento dei personaggi maschili e sui loro sentimenti, anziché su quelli dei personaggi femminili. Tuttavia è lecito argomentare che le relazioni amorose vengono controllate dalle eroine, che sembrano avere coscienza delle altre possibilità che il matrimonio può offrire loro accanto all’amore. In conclusione, osserviamo che la relazione amorosa, come è rappresentata nelle fiabe Caterina la Sapiente, Cap O’Rushes, e Fanta-Ghirò, persona bella, risulta nel motivo tradizionale del matrimonio, però, possiamo anche notare che ognuna delle tre eroine ha secondi fini. Non intendo sostenere che le eroine non amano il loro marito, però mi sembra chiaro che, di là dal matrimonio, le eroine traggono altri vantaggi dalla relazione amorosa. 366 367 Joseph JACOBS, English Fairy Tales, cit., p. 54. Ibidem. 64 Conclusione La “giovane donna” nella fiaba è stata il focus centrale della tesi. Ci siamo concentrati sui diversi aspetti della figura femminile, enfatizzando soprattutto il suo comportamento atipico. La nostra ricerca si è limitata all’analisi del personaggio femminile che mostra un atteggiamento intraprendente al fine di metterne in luce, conseguentemente, la differenza rispetto alle aspettative stereotipiche. Tale protagonista ha attirato la mia attenzione perché spiccava dalla lettura delle collezioni di fiabe, sulle quali la nostra analisi è fondata. Le fiabe che abbiamo preso in considerazione sono state selezionate dalle raccolte Fiabe italiane dell’autore italiano Italo Calvino e da quella inglese, English Fairy Tales, di Joseph Jacobs. Joseph Jacobs e Italo Calvino hanno ambedue realizzato delle importanti collezioni di fiabe, che racchiudono il patrimonio culturale dei rispettivi paesi. L’elemento comune a Calvino e a Jacobs è rappresentato dalla presenza dell’eroina fiabesca atipica. Intendo dire che le tre fiabe di Jacobs, ossia Kate Crackernuts, Molly Whuppie e Cap O’Rushes, e le quattro fiabe di Calvino, ossia Il Re di Spagna e il Milord inglese, Caterina la Sapiente, Fanta-Ghirò, persona bella e Re Crin mettono in scena una protagonista, che potremmo definire l’eroina della fiaba, che dispone di qualità originali. Dopo la presentazione degli autori e della loro visione della fiaba, ci siamo concentrati su un quadro teorico che offre quattro differenti prospettive interpretative della figura femminile nella fiaba: la prospettiva strutturalistica, la prospettiva psicoanalistica, la prospettiva femminista e la prospettiva letteraria. Quest’ultima prospettiva rappresenta il punto di partenza della nostra discussione, in linea con le posizioni espresse dal critico letterario Max Lüthi sull’importanza del “significato” della fiaba e sui temi e motivi che la contraddistinguono. In questo modo siamo arrivati all’analisi delle sette fiabe, focalizzandoci sulla figura della protagonista indipendente. Abbiamo considerato, in primo luogo l’aspetto esteriore della protagonista atipica, che non deve rinunciare alla sua bellezza tradizionale per poter assumere un atteggiamento più moderno. In secondo luogo abbiamo preso in considerazione il carattere e la personalità dell’eroina, che si può scoprire solo in base alle azioni poiché “[the fairy tale] does not portray feelings, moods, inner conflicts, and thought processes, but strives to translate everything into action”368. Quindi, in base alle azioni dell’eroina, siamo stati in grado di svelare aspetti del suo carattere indipendente ed intraprendente. Infine, la relazione amorosa fra l’uomo e l’eroina della fiaba si rivela interessante perché anche in questa situazione la protagonista si dimostra più ingegnosa rispetto al personaggio maschile. Basandoci sulla piccola raccolta di sette fiabe e sulle rispettive protagoniste, possiamo concludere che sia Joseph Jacobs che Italo Calvino hanno inserito nelle loro collezioni di fiabe alcune eroine che risaltano per la loro intraprendenza. Le caratteristiche che rendono queste protagoniste delle vere e proprie eroine non hanno a che fare con la forza fisica o la capacità di combattere ma piuttosto con l’intelligenza, l’ingegnosità e l’audacia. Abbiamo argomentato che tale personaggio è atipico e non corrisponde alle aspettative stereotipiche 368 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 124. 65 della principessa, che deve aspettare il principe azzurro per essere salvata. Per questo motivo possiamo affermare che entrambi gli autori dimostrano una visione moderna della donna nella fiaba. È quanto Cruso nota per la raccolta di Calvino, riportando un pensiero di Lavinio: In definitiva, per quanto riguarda i personaggi di Calvino, Lavinio nota che «spesso basta attribuire loro un tocco di civetteria [...] e una motivazione diversa ad agire in un certo modo, per farne dei personaggi più ‘moderni’, diversissimi da quelli delle fiabe tradizionali».369 Possiamo aggiungere, sulla base dell’analisi delle fiabe di Jacobs, che questa citazione vale anche per le eroine atipiche delle fiabe inglesi perché dimostrano la medesima qualità moderna e originale. Nella tesi abbiamo dedicato una sezione alle ragioni che possono spiegare perché sia Calvino che Jacobs si dimostrano favorevoli alla presenza di tale personaggio femminile moderno. In primo luogo entrambi gli autori partono da collezioni in cui le fiabe di fonte sono state narrate da donne. In secondo luogo abbiamo notato l’influenza del contesto storico in cui gli scrittori hanno realizzato il loro progetto. Il periodo di pubblicazione di ambedue le collezioni è difatti caratterizzato da profondi cambiamenti della condizione femminile nella società. Quest’ultima osservazione si può collegare alla convinzione di Calvino che la fiaba sia in relazione con la realtà, ossia “le fiabe sono vere”370. In quest’ottica anche il commento di Lüthi è molto interessante; il critico letterario indica che: “our era, whose character, despite everything, is still determined by men, feels the strong and clear need for a complementary antipole”371, rappresentata proprio dall’eroina fiabesca atipica. Concludendo il discorso, possiamo affermare che, tramite la piccola raccolta di sette fiabe che abbiamo analizzato, è possibile scoprire un’altra visione della donna nella fiaba, alternativa alla donna fiabesca “tradizioniale”. Sia Italo Calvino che Joseph Jacobs si dimostrano a favore di una figura femminile intraprendente, pronta a ingannare persino il (futuro) marito pur di raggiungere il proprio scopo. Nonostante l’amore sia presente nella relazione tra il personaggio femminile e quello maschile, si può osservare come l’eroina, al di là del matrimonio, serba dei secondi fini che torneranno a suo vantaggio nel corso della storia. 369 C. LAVINIO, Teoria e didattica dei testi, La Nuova Italia, Firenze 1990, p. 153., citato in Sarah CRUSO, Guida alla lettura di Italo Calvino – Fiabe italiane, cit., p. 94. 370 Italo CALVINO, Introduzione, cit., p. 13. 371 Max LÜTHI, Once upon a time: On the Nature of Fairy Tales, cit., p. 136. 66 Bibliografia Fonti primarie Joseph JACOBS, English Fairy Tales, London, David Nutt, 1892 (rist. anast., Elibron Classics 2005). Italo CALVINO, Fiabe italiane – raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, con una prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 2011. Fonti secondarie D.L. ASHLIMAN, Folk and Fairy Tales – A Handbook, Westport (Connecticut), Greenwood Press, 2004. 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