servizio pubblicato dal mensile Quattroruote di marzo 2011

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servizio pubblicato dal mensile Quattroruote di marzo 2011
ATTUALITÀ
Top secret: i vizietti dei potenti
Gian Valerio
Lombardi,
di origini
napoletane, è
stato prefetto
a Padova
e Firenze;
dal 2005
ricopre questo
ruolo a Milano
MI DAI LA MULTA?
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IO ME L’ANNULLO
Il prefetto di Milano lascia la propria auto
in sosta in un posto riservato ai conducenti
disabili. Poi presenta il ricorso... a se stesso!
di Martino Valente
S
e prendete una multa che ritenete ingiusta, a chi fate ricorso? Al
giudice di pace, certo. Oppure al
prefetto. E a chi lo presentate se,
mettiamo il caso, la multa l’avete
presa a Milano e voi siete, guarda un po’, il prefetto
proprio della stessa città? Ma al prefetto, naturalmente. Cioè a voi stessi... L’ipotesi non è astratta:
«Quattroruote» è in grado di rivelare che il prefetto
di Milano ha presentato un ricorso contro una sanzione amministrativa esattamente a se stesso.
L’episodio – che ha dell’incredibile ma è sintomatico del «vizietto» dei potenti italiani di non voler
sottostare alle «regole del gioco» che valgono per
tutti gli altri – riguarda Gian Valerio Lombardi, rappresentante del Governo a Milano dal novembre
2005. Lombardi, la sera del 16 settembre 2010, la-
scia l’auto in sosta in via San Giovanni sul Muro, a
due passi da un teatro dov’è in corso una serata
della rassegna «MITO». Ma si vede che ha proprio
fretta, perché abbandona la sua BMW in uno spazio
riservato ai titolari di pass per persone invalide. Il
caso vuole che di lì passi una solerte vigilessa che,
giustamente, multa il colpevole per la violazione all’articolo 158/5 del Codice della strada: fanno 78 euro, più la decurtazione di due punti dalla patente.
Un’infrazione odiosa, dunque, ma Lombardi non
ci sta. E il 3 dicembre, ricevuto il verbale, presenta
a se stesso istanza formale di ricorso. «La sosta del
veicolo nell’area in oggetto», scrive di suo pugno,
«è stata determinata da un improvviso guasto alla
vettura che mi ha obbligato a fermarmi nell’immediatezza ed a farmi scendere dallo stesso al fine di
procedere a cercare un meccanico nelle vicinan-
In alto,
da sinistra,
il verbale che
certifica la
multa presa
dal prefetto
Lombardi
e il ricorso
presentato
da quest’ultimo
a se stesso
Marzo 2011 QUATTRORUOTE
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ATTUALITÀ Top secret: i vizietti dei potenti
Multa con perdita di punti patente
Dite il vostro nome
o ne arriva un’altra
• Avete preso una multa che comporta
la decurtazione dei punti della patente
e ammettete di essere voi il colpevole:
pensate che basti pagare la sanzione? Non è
così: dovete comunque comunicare le vostre
generalità nelle vesti di conducente, altrimenti
potrebbe arrivarvi una seconda multa
dell’importo di 269 euro. La riprova di questo
fenomeno viene dagli uffici dei giudici di pace:
il 10% dei ricorsi a Milano e il 7% a Roma
riguardano proprio questa seconda sanzione.
Il problema è la formulazione ambigua
utilizzata in molti verbali di contravvenzione.
Quello della polizia municipale di Milano,
che riproduciamo qui sopra, per esempio,
si limita a precisare che «il proprietario del
veicolo deve fornire i dati personali e della
patente del conducente all’organo di polizia
stradale scrivente entro 60 giorni dalla
ricezione del presente verbale», al quale viene
allegato il modulo per la dichiarazione.
Un testo formalmente ineccepibile, che però
non spiega come la dichiarazione debba essere
spedita anche se proprietario e guidatore
del veicolo, al momento dell’infrazione,
coincidono. Così, trascorsi i 60 giorni canonici,
scatta la seconda multa, quella prevista
dal comma 8 dell’art. 180 del Codice della
strada per «chiunque non ottemperi all’invito
dell’autorità di presentarsi a uffici di polizia
per fornire informazioni o esibire documenti
ai fini dell’accertamento delle violazioni».
Molti, anche su suggerimento di associazioni
dei consumatori come il Codacons, presentano
ricorso contro questa seconda sanzione,
ma non è detto che ottengano siddisfazione:
l’orientamento dei tribunali è, infatti,
controverso. La Cassazione in certi casi
ha sostenuto l’obbligo del proprietario di
comunicare il nome del conducente senza
eccezioni di sorta, altre volte invece si è
espressa in senso contrario. Morale: per non
correre rischi, è sempre bene compilare e
spedire il modulo accluso al verbale anche se
siete stati «colti sul fatto» mentre guidavate
la vostra auto.
Vincenzo Bonanno
ze». Chissà se l’ha trovato, nel centro di Milano, alle
nove di sera... Una cosa è certa: qualsiasi cittadino
potrebbe accampare una scusa di questo tipo, in
circostanze simili, ma ci sentiamo di dubitare che
sarebbe accettata. Invece il prefetto nel documento si dice «fiducioso in un benevolo accoglimento
di quanto in oggetto». Difficile dargli torto.
L’IMPUNITÀ PRIMA DI TUTTO
Lombardi, comunque, non si senta solo: a cercare di farsi togliere le multe sono in tanti. L’elenco
spazia dai vip a politici di uno schieramento trasversale ai partiti, fatto di amanti dell’impunità.
Tra gli episodi più recenti, quello che ha visto protagonista il ministro del Turismo
Michela Vittoria Brambilla, la
cui Audi è stata sanzionata dagli agenti della polizia locale di
Calco (LC) per le infrazioni commesse dal conducente a lampeggiante acceso, ma sirena spenta;
provvedimento contro il quale ha
presentato ricorso presso il Prefetto di Lecco nientemeno che la
presidenza del Consiglio dei ministri, cui è intestato il leasing della vettura...
A tutti questo si aggiungono poi personaggi
insospettabili che cadono fin troppo spesso nel
«vizietto». Come il console onorario della Sierra
Leone a Milano che, in un ricorso (respinto) del 7
giugno scorso contro una violazione degli spazi di
sosta riservati ai residenti, ha provato a sostenere come, essendo l’auto consolare fuori servizio,
fosse comunque suo diritto parcheggiare dove gli
pareva anche la prop ria. Almeno il signor console potrebbe cercare qualche altra scusa, facendo
un piccolo sforzo di fantasia come ha fatto un dirigente di Corte d’Appello, sempre a Milano, che si
è fatto sorprendere a parlare al telefonino mentre
guidava in una via del centro. Il multato ha invocato nel ricorso i soliti «motivi di grave necessità», ovvero l’urgenza di «chiamare il figlio per
un’emergenza», proprio mentre «l’auricolare era
caduto sotto il tappetino». Chissà che terribile fatica, poi, a ritrovarlo...
••••
L’auricolare
era caduto
proprio sotto
il tappetino
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