a piedi nudi - Consult Municipio Roma XV
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a piedi nudi - Consult Municipio Roma XV
Soffi di vento Rami ondeggianti, cader di pioggia foglie volanti 2008 - 2009 1 GIURIA DEL PREMIO LETTERARIO Emanuele Faina Presidente Associazione “ELEUSIS” Pina Maturani Presidente Consiglio Provinciale di Roma Maria Grazia Pecchioli Direzione della pubblicazione “ARVALIA” Michelangelo Rotolico Poeta e Scrittore Nicola Sacchetti Preside di Istituto Scolastico 2 Si ringraziano per la loro presenza e per il fattivo contributo alla riuscita della manifestazione: Il Presidente del Consiglio Provinciale di Roma Il Presidente del Municipio Roma XV Il Direttore del giornale “Arvalia” Il Sindacato Italiano Lavoratori Polizia L’Associazione Orizzonti Democratici Paola Pagliani L’Associazione Evergreen Onlus La Banca del Credito Corporativo di Roma 3 COMMENTO Voglia di esserci, voglia di lasciare una traccia di se. E’ certo questa la ragione che ha indotto un gruppo di persone adulte a cimentarsi con la poesia e la prosa. Il lavoro consta di tre parti: poesia in lingua italiana, poesia in vernacolo e racconti. Nella prima parte si dà voce alla tenerezza, all’amore, ai rimpianti, alla nostalgia. E’ il mondo del gruppo che, con versi in libertà, ha dato sfogo ai propri sentimenti. “Amor comunque sia” racconta un evento felice e perduto nel tempo. Disperato è il grido “Mamma, fermati, ti devo parlare”. Coinvolge l’immagine di un mare tempestoso e violento. E’ utopica la ricerca di un amore che il suono di una fisarmonica risveglia e che fa sciogliere in pianto. Resta nella memoria la cornice di un luogo che in un momento di felicità appariva magico. La difficoltà del vivere non impedisce la “Voglia d’amare” ed il distico, interpolato più volte, è come una preghiera, è desiderio di una presenza che aiuti ancora a realizzare il sogno d’amore. La terza età è anche l’età dei bilanci e in “Tuffo nel passato si ritrovano tutte le sfaccettature della vita. Eppure si va avanti, si continuano a calpestare le “Pietre” scivolose ed infide, ma si continua a camminare finché si può. Spesso nel viso rugoso del compagnoni vita si vede riflessa la propria immagine, ma l’immagine riflessa in uno specchio talvolta dà realtà ad un’esistenza opaca e senza amore. Spiritosi e leggeri sono i versi in vernacolo. Parlano di ballo, di gioco, di animali alla maniera di Trilussa. Infine completano la raccolta una piccola serie di racconti molto apprezzati che, con spirito e con ottime descrizioni, rendono evidenti e pregevoli lo sforzo e la fantasia della terza età. Ninetta Tripodi 4 A PIEDI NUDI Lungo le sponde del torrente, a piedi nudi, insegui raggi di sole che rincorrono, le limpide acque creando riflessi arcani. Mentre riccioli di nubi, increspano il lento scorrere. nel lontano orizzonte una vela spunta, incalza il vento, il gorgoglio di un mulinello sorprende l’anima. Altrove è il tuo io, sospesa fra terra e cielo vorresti: percorrere a ritroso le sponde della vita, capovolgere i pensieri, aver fermato l’attimo. Segui gli umidi rivoli, che vanno verso il mare mentre t’allontani sempre più, si perde nel tempo lo scorrere dell’esistenza. Maria Provenzano 5 ALBERO ROMANO 2008 Al lungotevere Ripa di fronte al civico numero tre ci sei tu “albero romano” sano e austero corteccia integra sei proprio un mistero. hai le radici profonde nutrite da coloro che vissero nell’era delle stagioni feconde. non dici età ma guardandoti ci fai sentire immortali come te “albero romano”. Dalle tue alte fronde, con grande orgoglio, sorvegli e governi le bellezze di roma dall’aventino al campidoglio. Tu sei baciato dal sole dall’alba al tramonto e da quest’anno al tuo governo aggiungi un giovane - Gianni Alemanno – ma poi quel sole fa il giro del mondo riacquista fama e aggiunge al tuo governo un altro giovane – Barack Obama – All’improvviso una voce tonante sale dal tronco e dice: FORZA! CORAGGIO! UNITE IL MONDO! SIETE GIA’ IN TRE. Alice Tonelli 6 AMOR, COMUNQUE SIA … Tronca radice che giaci nel pudore più profondo. Caro ricordo di quel lontano evento. A volte, tu ritorni al comparir di un volto, o sulla melodia di un vecchio canto. Non ti trattengo a lungo. Solo un momento e ti lascio volar via, prima che tu mi dia altro rimpianto. Amore! Colmo è il tuo mare ormai di ogni tormento. Ragione è opposta a te su ogni punto, ma tu di tutto ciò non tieni conto. Vai dritto verso il cuor in un secondo, senza badar che a tanto sentimento incauti sfortunati dovran pagare un conto. Eppur non v’è ragione in contrappunto che regga al tuo ardore e turbamento. Gioia e dolor non praticano sconto, medaglia le cui facce così accanto, profondono l’un l’altra egual sostentamento, nell’armonia suprema a tutto tondo che dona a noi la vita in questo mondo. Giuseppe De Luca 7 DEDICATA AL VOLONTARIATO Il volontario è una persona amante del far bene cercando di alleviare disgrazie e pene, con spirito di vera fratellanza. Per sollevare un’anima avvilita a volte basta poco, un cordiale saluto, un sorriso, una parola amica, pure questa è carità, un gentile gesto di bontà. Accende il fuoco dell’amore… un allegro girotondo che affratella tutto il mondo. Assiste nel bisogno, cura chi è malato… corre all’ospedale, un vero angelo custode ti sorregge a tutte le ore. Una lampada accesa nell’oscurità sostiene con cristiano amore chi si trova nel bisogno senza far distinzione di razza, di cultura e di fede diversa. Il volontario offre assistenza, mai a stento, né pigrizia solo come un atto dovuto di rispetto e fraterno amore come piace a Gesù che di carità è il Divin Maestro. Il volontario mette sempre in pratica il secondo Divino Progetto Ama il tuo prossimo come te stesso. Larina Tagliaventi 8 DISPERATO AUTUNNO La disperazione ti attanaglia, è come una morsa che stringe, e non puoi più parlare mentre il cuore si spezza, e non sai come fare. Vorresti dare aiuto e colmare quel gran dolore. Il cuore mi si è spezzato in cinque misere parti. La prima è del Signore Iddio, la seconda Dio l’aiuti, la terza Dio l’ascolti, la quarta parte è in cielo a raggiungere la prima e la quinta è la mia grande angoscia: non mi comprende e mi distrugge. Ecco! Gli ultimi anni della mia vita, la strada è lunga e non è finita. Maria Grazia 9 IL FIGLIO DISPERATO Mamma fermati, ti devo parlare; ma mia madre non ha tempo deve andare. Mamma ascoltami è importante, in quel momento il telefono squilla, Lei risponde e non vede più nulla; io continuo a chiamare, ma lo sbattere della porta mi fa capire che Lei, se ne sta andando dove non lo so. Potessi almeno vedere mio padre, ma Lui non mi sta mai ad ascoltare, e così ricomincio a studiare, ma l’angoscia continua e nessuno mi può aiutare. Mamma se tu ti fossi voltata e mi avessi guardato; nelle tue braccia mi sarei rifugiato, e tu mamma mi avresti capito e forse anche aiutato ed Io mamma non mi sarei drogato. Papà e Mamme di tutto il mondo., non correte come le onde del mare, voltatevi indietro con un gesto d’amore che vostro figlio sta lì ad aspettare. Rossana Paoletti 10 I SENSI (vista-udito-olfatto-tatto-gusto) Cerca lo sguardo Tra distese di campi fecondi Cerca l’olfatto Odori di lontani ricordi Odo i rumori nell’aia ormai deserta E di richiami pieni d’affetto Solo il pensare a sapori lontani Riempi la bocca di piatti nostrani E le mie mani sembran toccare Il tuo bel volto mamma e con te volare M. Stella Gavirati 11 IN ASCOLTO Resto in ascolto Di questo mormorio lontano, indistinto; cerco di afferrarne il senso, la direzione. Aspetto.. Che si avvicini, si faccia più chiaro.. resto immobile.. per non fare altro rumore, per non spaventare ulteriormente.. il cuore. Giovanna Staiano 12 L’ALBA E’ l’alba una luce sfolgorante s’alza in cielo lentamente. Svegliati, tu che hai dormito, vai incontro all’infinito, non vedi che l’Eterno, ha acceso il mondo con un dito! Mario Pucci 13 L’IMMAGINE Ti guardo… A volte distolgo lo sguardo, altre mi soffermo… su quella ruga, in quegli occhi… una smorfia, l’accenno di un sorriso. Ti guardo… A volte con rabbia, talvolta confusione.. spesso paura.. poche con amore. Vorrei che fossi diversa, ma potrei fare a meno di te? A volte quasi mi dimentico della tua esistenza, per giorni ti noto quasi per caso, un po’ di corsa.. con la coda dell’occhio.. lo sguardo distratto, senza mettere a fuoco. Ma tu ci sei. Sei sempre là.. Immagine, in uno specchio, che non mi abbandonerà mai. A ricordarmi che ci sono. Giovanna Staiano 14 LA SIRENA Era già notte fonda senza luna quando dal dolore distrutta la sirena del mare stava intorno granello di sabbia sola tremendamente sola questa la dura e pesante realtà invano è parlare al vento il dolore diventa solo rumore una bufera dei desideri che arriva fino al cielo nel contempo e fondamenta scava nel silenzio di una lacrima spazzare la solitudine e tornare a respirare l’aria profumata di una amicizia sincera senza fine come assaporare l’infinita dolcezza della vita emozioni e sentimenti si tramutano allora in musica divina l’immensità del mare lo vedrai in una goccia di rugiada. Elizabet Molayem 15 LA VITA E’ come tua sorella, gli dai la mano corri e vai lontano scorre come il fiume, un ruscello sotto i ponti, sin dalla fonte. E’ fatta di ricordi, belli e brutti di piaceri nascosti non voluti sarabande di giostre manipolazioni, incroci, inconclusioni. Storie, guerre, fame, inondazioni olocausti tragici, delitti infami bambini venduti, maltrattati vecchi allo sbando, dimenticati. Vita grama e dura per chi vive per chi resta e non fugge è sacra e non s’uccide è madre,padre, figlia, è sempre vita. Graziella Romanin 16 “MARY LIDYA NEL MIO CUOR “ Perché Mary Lidya suona bene con grazia e tanto sentimento sulla tastiera mia creando un’armonia infinita cantando come una canarina una dolcissima melodia con la sua voce calda come il sole mi riscalda e solleva il cuor. Al primo incontro m’è apparsa come una mesta, e freddolosa gattina di media statura e colo melanina, avvolta in una vestaglia di crepe nera ondolatina, con un passo fermo da felina dall’aria seria e un po’ sbarazzina. Tuttaltro che infreddolita modellata come una bambolina ogni volta che ci vediamo vuol giocare sempre più di prima. Per dividere il dono della vita, tra i miei doveri quotidiani, il miglior premio è Mary Lidya; che ha il colore degli occhi come quelli di mamma mia, bella giovane e giuliva. Francesco Munzi 17 NON LASCIARTI Non lasciarti, non lasciarti andare. Non lasciare ad altri il dominio del tuo corpo, della tua mente, della tua vita. Voltati! Guardati! C’è sole fuori, c’è vita dentro, c’è amore intorno a te. Non lasciarti prendere, non annullarti, non morire dentro, poiché la vita che ci è data non sia distrutta dagli uomini. Spogliati di queste vesti, liberati da questa corazza di ferro che affligge la tua anima, il tuo spirito. Noi viviamo tutti i giorni, noi, ci amiamo tutti i giorni. Lasciati accarezzare dalla vita, è tuo ciò che chiedi, è tuo ciò che vuoi, è tuo ciò che ami. Guido Verde 18 ODIO IL MARE Odio il mare che travolge chi culla: mai nessuno sopravvive alla sua ira, se in odio a lui solca la pelle. Al mar amo gli uomini liberi, ma il libero mare è un inganno L’increspar delle onde m’attrae, luccichio d’un letto assolato, ma il fragore del mare lo odio. Mai uguale, mai fermo, mai domo, una strada infinita è il mare, che ai naufraghi nega la vita. L’acqua sua è la linfa dei pesci ed è sale per l’uomo imprudente. La sua forza sommerge e sconquassa a chi incontra davanti o d’intorno. Le sue spiagge, le rive, i suoi lidi son riparo, rifugio ai fuggiaschi, purchè lui permetta la sosta. Odio il mare perché è profondo, il suo buio mi leva il respiro. L’orizzonte infinito al tramonto spinge il sole giù fino all’inferno; me lo rende un’aurora dorata quando il giorno una parte ha già perso. I suoi limi separan le terre: son confini, son argini agli uomini. Ma per questo odio il mare bugiardo, ed aspetto chi a lui porrà briglie. Infinito si il mar tutto abbraccia, tutto in lui trova fine e mai pace. Lidiano Balocchi 19 PER RICORDARE QUESTO FELICE SOGGIORNO A scrivere rime io mi diletto Ma spesso in qualcosa io difetto. Io sono Augusto Botticelli Non il poeta Gioacchino Belli. Martedì finirà questo lieto soggiorno voglio augurare a tutti un prossimo ritorno con la speranza che il prossimo soggiorno a Nocera Terinese sia più bello più lungo che duri almeno un mese ritrovarci tutti all’Hotel Mondial in buona salute con la speranza di essere persone benvolute. Di questo soggiorno la persona più gentile, più umana colei che voglio ringraziare è la signora Luciana. Dell’Hotel Mondial ringrazio molto volentieri Tutto lo staff dei cuochi e camerieri. Questo soggiorno qui al Mondial rimarrà nella storia Così quando saremo tristi ci tornerà nella memoria. Di questo soggiorno voglio ringraziare la XV Circoscrizione Per averci concesso questa bellissima unione. Voglio ringraziare della XV Circoscrizione tutta la componente: onore e vanto all’On. Guido Paris il nostro Presidente. Grazie ancora per quello che fate per i vostri anziani il mio augurio di poterlo ricevere voi tutti un domani. In questo soggiorno abbiamo visto alcune perle della Calabria Onore e vanto di tutta l’Italia. Le meraviglie che abbiamo visto sono infinite quando torneremo faremo molte più gite. L’augurio che faccio a me e a voi di rivederci un giorno in buona salute speriamo al prossimo soggiorno. Ricordatevi di queste mie rime scritte, lette nel volermi scusare se poco perfette. Per salutarvi a tutti, questo è il momento giusto un arrivederci a preso dal vostro amico Augusto. Agostino Botticelli 20 PICCOLO NAUFRAGO Erano terra il tuo cibo, la tua bevanda, il tuo sudore, le lacrime sconsolate del tuo destino, inerme ostaggio di guerre e carestie, nient’altro che terra su cui stare in piedi, cercare rifiuti, pascolare uno sparuto gregge. Uno sciame di mosche a vestire la pelle bruna, una capanna spoglia a riparare il giorno straziato della vita, un letto infinito d’acqua di mare per l’ultimo sonno disperso…. Né sterpi, né rovi tra la polvere e i sassi dove ora ti piange belando solo un agnellino. Adriana Vendemini 21 PIETRE Su queste pietre cammino cercando di tenere il passo.. devo affrettarmi, ma a tratti rallentare.. pietre scivolose sotto le mie scarpe devo stare attenta a non cadere. Piove un’acqua scura in questo cielo scuro su queste pietre scure. Cammino….. è l’unico cosa che io possa fare. Giovanna Staiano 22 ROSA DI NATALE Farfalle di neve planano sul mio terrazzo come piume leggere adornano una rosa. ROSA, BELLA ROSA ROSA DI NATALE SI CERTO: ROSA DI NATALE! Sola, sola rimane lì ad oltranza sfida il tenace inverno resiste all’ibrido vento alla grandine che ci prova a spegnere quel sorriso. Alle intemperie Al gelo Al freddo, giorno dopo giorno, come può “COMBATTE “ IL MALE ANTICO. Si certo, è: ROSA ROSA DI NATALE ROSA, BELLA ROSA SI, ROSA DI NATALE!! Tenace è lì Sola, sola, a rallegrarci gli occhi, gli animi. Rosa, rosa bella rosa… esalta, resiste tra farfalle e farfalle di neve 23 con la sua presenza esile, discreta. Innamora…. INCANTA! Gian Paolo Donà 24 SALUTO IGOR Igor addio Ti lascio ad un amore più grande Venezia che tu amasti come una bella donna Tu dormi nel sonno eterno tra il silenzio delle calli e la musica del tuo mare Venezia Ti abbraccia, ti culla e Vera svanisce nel nulla. Elisa Capodici 25 SPETTACOLO Lampione di sera Tra alberi n strada, sipario aperto su magica scena. Sole di vetro Luce cercata, raggi accorciati buio attorniato. Soffi di vento Rami ondeggianti, cader di pioggia foglie volanti. Personaggi a soggetto Replica a stagioni, platea infinita noi spettatori. Anna Dolci 26 SUONATA IN SI MAGGIORE Suona una fisarmonica! Il suo canto come se l’ali avesse di gabbiano piumate, spiega e come per incanto sull’aere plana per andar lontano. Ma dove sei tu? Dove sei che tanto t’ho cercata e cercando sto tuttora? Stai forse udendo del mio cuore il pianto che per amor di te si strugge ancora? Oppur da lungi dai soltanto ascolto alla musica mia che con ardore e con atto gentile umile e sciolto a te ne vien qual messagger d’amore? Una commossa lacrima sul volto ti scende e cade sul mio si maggiore. Franco Ariani 27 TI AMO E mi dicesti t’amo. E mi dicesti andiamo lontano ovunque si compirà la tua mia sarà la via E mi dicesti t’amo. E quale la gioia del loro sorriso tra le braccia tue. Ne un mercato neppure un mediatore. Fu allora che dicesti d’aver dato troppo per quanto avuto. E mi dicesti t’amo. L’amore quello vero. Dandomi la mano i tuoi sogni il tuo corpo. Quella che ci condurrà ove il tuo sorriso 28 nel mio si specchierà. Dandomi un bambino ed un altro ancora. Ma l’amore non è un conto non ha un valore. L’amore è un vezzo del cuore che si vende al miglior compratore E lo seguisti ciecamente come incantata da promesse convinta ora d’amare perché t’amavi. Senza conoscere ne sapere Dove o cosa fosse per davvero. Paolo Michele Toscano 29 TRENTUNO DICEMBRE Vai vecchio anno, vai al tuo destino. Hai dato e ricevuto come il tuo succeduto. Quanti ricordi!... Tante anime hai baciato quanti amori hai creato, quante promesse hai mantenute. Lacrime e baci al tuo passaggio. Come il vento di maestrale, che corre alla deriva. In posizione di una legge, avvolta nel mistero di un tempo che segna il tempo. Tutto si rinnova tutto vive, tutto muore e poi ricordi, ricordi solo ricordi, perché tu voli come il vento, scomparendo nel nulla. Ed io guardo, rifletto, ammiro e sospiro, al tuo andare verso il tramonto. Ma girandomi verso l’orizzonte vedo l’arrivo di un nuovo anno, come un padre in attesa del figlio, come un fratello in attesa del fratello. Maria Cristina Corsetti 30 UMANITA’ Pensiero o forse assente Sguardo fisso rivolto nel vuoto Inamovibile nella sua fissità Come morto nella sua vita Chi è questo sconosciuto? Non è certo quel sembra Non è certo ciò che crediamo sia Cosa cela il suo silenzio? Cosa nasconde la sua fissità? Chi sei? Domando Alza lo sguardo con occhio luminoso Scruta il mio volto cercando nei ricordi Poi abbassando lentamente il capo Sussurra: nessuno! Gualtiero Nobili 31 UN TUFFO NEL PASSATO Mi guardo indietro. Inseguo a ritroso antichi ricordi, vecchie emozioni. Mi si allarga il cuore! Sono tante le gioie, tanti i dolori! Tempi tristi, tempi belli; emozioni profonde, indimenticabili, appassionate. Amori passati, gioie e tristezze di tempi andati; tracce profonde rimaste nel cuore, là dove era desiderio d’amore. Illusioni, delusioni, attese, ansie e soddisfazioni. Nessun rimpianto per ciò che è stato, tanto desiderio, invece, di andare avanti, incontro a promesse di vita migliore. Anna Manzo 32 VILLA CLAUDIA ANZIO 24 – 8 – 07 Angolo di paradiso ti ho trovato finalmente in luogo magico Nettuno in riva al mare ove si ammira pure Anzio Il porto fa da cornice dal Marina ove si ammira la parte antica della torre Sangallo e i bastioni che gli fanno da corona Il puro magnetismo di Nettuno attira tutti color che l’amano ammirando il vecchio e il nuovo che gli umani han creato Con l’aiuto del Sovrano ha illuminato color addetti a sviluppare un’opera d’arte nel naturale. Maria Zanta 33 VOGLIA D’AMARE Vorrei scrivere una storia d’amare Vorrei vivere una storia d’amare Vivere….. Scrivere…. Amo la vita – non fuggo il dolore Vivo la storia – colgo il valore Cercare… Trovare…… La vita, i suoi limiti La società, i suoi mali, L’uomo, i suoi limiti L’orizzonte senz’ali Amore…. Dolore… Il coraggio di vivere La voglia d’amare La mano che stringe Il cuore che batte La bocca che cerca La compagna che giace L’infinito…. L’immenso….. Giovanni Addari 34 35 AI BALLERINI DEL CENTRO ALBERTO SORDI Ne centri di Roma na smania sta a pia’ ai giovani anziani la voia de ballà So tutti contenti de fasse un bel balletto con passione e volontà fanno pure un Cha cha chà Vonno annà a ballà pe na gioia de na vita a comincià cor Mambo a seguì na Comparsita Piace fa tutti li balli dalla Polka all’Alli Galli er valzer lento e mpo de Rumpa a seguì con un bel Samba Sorridenti loro balleno er Paso co la Tarantella un Tango poi de tacco e na mossa co lo scatto La serata poi finisce con un Tango galeotto tutti insieme vanno a casa è già tardi so’ le otto un CIAO a tutti Remo Baldassarri 36 ER BURRACO Cominci che te pare ‘na sbornianza De giocà a ‘sto livello de prestanza Pe’ chi conosce er brigge e lo scopone E che puro cor botto n’se scompone. Poi te viene d’annà ad un torneo Insieme a na masnada de vecchietti Che cianno l’occhi sveji e ndo te metti te metti te fanno vede che nun vinci mai e senza de scompone manco un neo hanno già chiuso quanno tu cominci. Allora te principi a guardà ‘ntorno pe’ capì se c’è modo de scollasse da dosso sta scalogna che pare fasse gioco de te che credi d’esse giorno. Cambi compagno come fosse niente, fai li scongiuri co’ tutti i sentimenti te studi li passaggi e li regolamenti t’attacchi all’arbitro senza facce mente per sconvolge er sicuro che se scontra ma non c’è gnente che te se riscontra. Poi ‘n giorno che te pare tutto storto giochi senza ‘mpegnatte fino all’osso trovi ‘na sponda che pare senza fonno e stravinci co’ le carte a tutto tonno. Allora pensi che quello c’hai studiato nun serve pe’ capì dov’hai sbajato, je poi dà foco senza che rimorde perché a chi vince serveno le corde che se legheno in fondo ar sentimento che er burraco è cul e divertimento. Sergio Incitti 37 ER PAPPAGALLO E LA CIVETTA “Guarda n’po’ quanto so’ bello je disse er pappagallo a na’ civetta posata lì vicino”, “mo’ sì che so realizzato, so’ pieno de colori de pastello, firmati penza n’po’ da Valentino…” “Tu ‘nvece nun hai corto er cambiamento che t’ha proposto l’omo, com’eri sei arimasta… bruttarella, voli ancora de’ notte ‘nsieme ar vento, magni li sorci, ciai l’occhi gialli e porti pure jella…” “Io ‘nvece so’ cambiato… nun se vede? E parlo come l’omo m’ha ‘nsegnato, fo parte de la razza c’aripete, nun so’ più ucello e basta… mò n’ucello emancipato”. La civetta lo guardò meravijata, ma poi penso’ a la compagna che cova ne’ la cuccia, sentì er richiamo venì giù da la vallata e volò via …lassannolo da solo legato su la gruccia. Franco Ruggeri 38 LA FAMIJA CHE NU’ RISCHIA Quanno uno mette su famia sa che è un rischio appena se sente quer fischio pe’ l’aria de ‘na ciumachella seria seria e puro er becchino sòna ‘na fanfara! Poi comincia la vita vera piena de dubbi e de sorprese quella che a più riprese te fa oscillà da ‘n muro all’artro e se nun ciai er casco che protegge la capoccia su ‘sta vita in groppa a la salita sei un lombrico che un aspetta artro che je piombi giù dar cielo ‘na nuvola de roccia! Questo m’amparato l’amico mio Roberto che pe’ esse certo de nun fasse male va’ in giro drento casa puro quanno cerca l’urinale co’ er casco da ciclista lui appena li neuroni je gireno lì a vista arza le mani ae cielo come Coppi all’urtimo mondiale!!! Claudio Giampaolo 39 L’ARTALENA Me piacerebbe tornà ragazzina a quanno er còre nun sentiva gnente. A quanno spignevo ‘na carrozzina co’ su ‘na bambola, co’ solo ‘n dente. Vorei tornà a volà sull’artalene, cascà pe’ tera e sbucciamme i ginocchi, a crede a tutto, pure alle sirene, a piagne fino a fa sanguinà l’occhi. Tornerei davero a quell’anni belli, a quer volè cresce a ogni costo a que’ sogni de principi e castelli ‘ndo due più due era er problema più tosto. Vorei tornà piccola e pensà ‘n grande: scambià pe’ trincea de guera ‘n muretto, un dosso pe’ la catena dell’Ande, salì su ‘na sedia e di che sia ‘n tetto. Forse sto cresce de botto rovina, te leva la voja de ride e sognà. mo me sforzo de tornà ragazzina: riapro le braccia e me metto a volà. Katia Miccio 40 L’INSOGNO Sta notte, che sognaccio birbaccione! Pareva che partivo a far er sordato; poi succedeva un fatto affortunato che disarmava tutto er battaglione Ch’era successo? Che t’era scoppiato Tutt’er tritolo, e come in processione In tutto er monno, senza ’na raggione Ogni caserma aveva sconquassato! Nun c’ereno sordati, e le perzone lavoravano a frutto pe’ lo Stato, facendo strade, acquedotti e case-bbone! Ognuno dava com’era preparato Ott’ore de lavoro sane-sane! Quant’era bello! Poi me so svejato! Ferdinando Quoiani 41 ALL’ORA DELL’AVE MARIA Da quell’immenso e silenzioso luogo, l’uomo se ne andava tutte le sere al dolce suono dell’Ave Maria. Cioè all’ora di chiusura. Con passo stanco, ma comunque spedito, s’avviava verso l’uscita, preferendo il viale principale del camposanto perché adornato di alti, maestosi, magnifici secolari cipressi; come volesse, che nel tragitto fino al grande cancello d’ingresso, gli fossero come di consueto, buona, affettuosa e amichevole compagnia. Quella sera però, sul suo volto un po’ severo e serioso (questo forse dovuto all’età che gli aveva regalato dei bei capelli bianchi tenuti sempre diligentemente in ordine) appariva un insolitoe gioioso sorriso. Come se fosse illuminato da una qualcosa di soprannaturale che lo rendeva felice. Come se un momento prima, avesse scoperto visto o sentito, un qualcosa di cui solitamente, difficilmente, lo potesse scuotere così tanto da rendergli l’animo finalmente in pacifica serenità, e lo distogliesse da quell’arrancare quotidiano che subiamo un po’ tutti, impregnato di angosce di stress e varie vicissitudini il più delle volte che portano ad avere un animo tutt’altro che loquace. Si, decisamente quella sera il suo volto era proprio illuminato da un tenue bel sorriso. Il nuovo custode che lo vide venire avanti nel bel maestoso viale centrale dei cipressi si chiese cosa diavolo avesse quell’uomo da sorridere in un luogo come quello, così mesto e raccolto, come appunto un cimitero. Incuriosito, appena gli passò vicino, gli domandò: Mi scusi: ma perché sorride? Ha trovato per caso qualcosa che la diverte? Siamo all’interno di un cimitero…. qualora non se ne fosse accorto, glielo sto ricordando. 42 Oh, si…. certo, certo…. stiamo in un cimitero….. comunque, da parte mia, il più assoluto rispetto ci mancherebbe. Ma, vede, io sono solo. Da un pezzo non ho più la mia compagna. A regalarmi un po’ d’affetto è la mia nipotina quando mio figlio me la fa vedere di tanto in tanto. E allora, ricordandomi di quel bel sorriso innocente, quella dolce espressione, nel pensarla, mi distoglie dai miei pensieri, dalle preoccupazioni. Mi da un po’ di gioia, di serenità. Questo è il motivo per cui m’ha visto sorridere. In realtà, disse una bugia. Una bugia comunque innocente (perché al momento non sapeva cosa rispondere). Lui non aveva nessuna nipotin. Era proprio solo. Maledettamente solo! L’unica verità era che da un bel po’ di tempo a quella parte, gli venne a mancare la sua cara compagna di una vita, Questa mancanza gli bruciava enormemente. Era come avesse dentro di se un peso insopportabile che non lo lasciava un istante. Per sua fortuna comunque, a tutto questo, riusciva in qualche modo a reagire distraendosi, sia pure con una certa sua ben meditata condotta filosofica. Tornando al perché del suo “misterioso” sorriso (notato e sottolineato dal custode), era dovuto alla reazione per aver assistito ad una scenetta proprio all’interno del cimitero, protagoniste una signora e una bambina. Passando accanto ai moltissimi sepolcri e tombe tumulate nel luog, di questa struttura decisamente macabra, se non spettrale, la bambina, con tutta probabilità rimase colpita e scioccata alla vista dell’immagine di un defunto eccessivamente sinistra, effigiata su una lastra di marmo che si evidenziava tra le tante. Terrorizzata gli venne d’istinto aggrapparsi alla nonna implorando: Ho paura! Nonna andiamo via! Andiamo via di qui.La nonna la strinse a se cercando di tranquillizzarla dicendole: Su, su, non aver paura. Qui nessuno ci fa del male. Stai tranquilla. I defunti sono innocui. Non ti possono far nulla…..non 43 devi aver paura dei defunti, ma dei vivi. Il più delle volte, sono proprio i vivi che ci possono fare del male. Udendo queste parole la bambina si tranquillizzò. Uscirono dal cimitero, mentre nell’aria si udiva il dolce suono dell’Ave Maria. Uscì anche l’uomo. Appena fuori dal cancello d’ingresso, fatti pochi passi, si voltò un attimo verso il camposanto sussurrando qualcosa con un filo di voce, quasi come fosse una preghiera: Miei cari, tutti…..miei cari angeli…..vogliatemi bene eh?! Non mi abbandonate…. Mi raccomando. Gian Paolo Donà 44 “EMOZIONI, FRAMMENTI DI VITA E COMPAGNI PARTICOLARI” Agosto 2002 (E’ l’ora migliore per camminare. L‘aria invitante, i colori perfetti per lasciarsi catturare dallo spettacolo che offre della natura). “Cammino col vento leggero e fresco che mi sfiora il viso. Sento il cuore battere felice. Sento il profumo dell’erba fresca alle prime ore del mattino. Conto i passi tra le foglie ancora bagnate di brina lungo il sentiero che porta alla collina. Seguo i cani che m’indicano la strada.” - )( E’ un mattino limpido d’estate. Mi sento serena, cammino con passo sicuro e svelto anche se non so dove sto andando. La strada sterrata sale verso la montagna. Il paesaggio è bello, invitante è lì vicino casa. Il bosco è fitto, lascia appena intravedere il cielo. A tratti fa capolino il sole. Billy è accanto a me, Teo scompare trotterellando in mezzo all’erba e ci guida fino alla fine del bosco sopra una radura. Sono i cani di mia figlia, sono splendidi ed io ne sono molto affezionata, anche se per me sono un grosso impegno. La loro andatura scattante esalta il portamento fiero, lo spirito e l’intelligenza. Sembrano cani di razza, ma non lo sono. Teo è con noi da qualche anno. Era un batuffolo tutto pelo bianco e nero ed era destinato a non avere padrone. Billy, simile in tutto ad un pastore tedesco di razza pura, aveva circa due anni, quando fu trovato. Era stato abbandonato morente in un angolo nascosto di un giardino pubblico, da qualcuno che non aveva apprezzato l’indole buona e la sua incondizionata fedeltà. Siamo in cima alla collina, c’è una grossa e vecchia croce di legno consumata dalla pioggia, dal vento e dalla neve, sembra indicare che lì finisce il mondo ed inizia l’infinito. Intorno a noi l’erba è alta e il panorama è stupendo. Nella pianura sottostante si apre un’enorme vallata con terreni coltivati a grano ormai maturo. Più lontano, tra campi colmi di fiori selvatici, c’è una grande distesa di lenticchie in piena fioritura di un insolito ed intenso color viola che ondeggia 45 compatta al tocco leggero del vento, sembra seguire il ritmo soave di una musica immaginaria. Una fitta corona di monti e di colline verdeggianti dall’aspetto vellutato incornicia il paesaggio, fino a sconfinare verso l’orizzonte per poi fondersi con le mille sfumature d’azzurro del cielo, tipiche in queste ore del mattino. Mi soffermo a guardare, sono emozionata ed attratta da tanta bellezza. Mi siedo ai piedi della croce e la mente si riempie di pensieri. Mi raccolgo in preghiera, penso ai miei figli lontani. Mi mancano tanto, ho bisogno di loro. Vorrei dirgli quanto li amo, probabilmente non lo sapranno mai. Il cuore mi si riempie di tristezza per questa lontananza forzata. Anche se è per lavoro e solo per qualche anno, saranno anni infiniti. Mi pesano le tante cose accadute, il mio futuro incerto dovuto alla malattia che conosco così poco e che mi spaventa. Soffro ancora per la prematura scomparsa del loro padre, perché erano troppo piccoli per un dolore così grande, per averli cresciuti da sola ed obbligati al rispetto delle persone e dei principi della vita, quando proprio questa li ha lasciati soli. Per queste nostre vite così distanti. Proprio ora che stavamo ricominciando con nuove speranze, nuove certezze, nuovi affetti, dovrò dare loro di nuovo un dolore, costringerli ad affrontare un’altra dura prova. Mi sento persa e non ho il coraggio di renderli partecipi. Li ricordo in giochi di bimbi spensierati senza esclusione di qualche litigio fra loro. Li vedo ora in divisa bellissimi entrambi, li immagino stabilire l’ordine e la sicurezza pubblica. Sono piena d’orgoglio per questo loro impegno in un lavoro così pericoloso e duro, temo che possano cambiare ed io non lo vorrei mai. Vorrei proteggerli ancora, ma ciò non sarà possibile. Rivolgo la mia preghiera a quella vecchia croce e a quello che rappresenta perchè li protegga sempre. Piango, ma qualcosa distoglie i miei pensieri. Apro gli occhi e vedo accanto a me Billy e Teo, sono seduti ai miei fianchi, quasi a riempire il vuoto lasciato dai miei figli, volgono lo sguardo dove sto guardando io verso l’infinito. Mi sdraio sull’erba a guardare il cielo, vedo le nuvole giocare sopra di me. Assumono mille figure, si abbracciano l’una con l’altra poi si lasciano e si allontanano veloci scoprendo un cielo terso ed azzurro. Chiudo gli occhi, sento il canto degli uccelli, mi abbandono al 46 profumo della ginestra ed al volteggiare leggero delle farfalle. Mi lascio trasportare dal magico momento e da tanta pace. I cani si rincorrono, giocano tra loro, annusano tutto ciò che trovano. Billy prende un sasso e si avvicina, vuole coinvolgermi nel gioco. Allontano le mie tristezze e sono di nuovo serena, lo accarezzo, lui si lascia andare alle mie coccole e si accuccia accanto a me, posa il muso sulle mie gambe, i suoi occhi sono teneri e buoni, quello sguardo mi conforta e non mi sento più sola. E’ ora di tornare, ho voglia di correre, quasi per sfidare la vita e la forza delle mie gambe che sento sempre più deboli. Mi lascio coinvolgere in quella sfida e scendo il sentiero di corsa con i cani che mi seguono incuriositi da tanta determinazione. Il respiro è pesante e si ferma in gola, il cuore batte all’impazzata, ma sono felice, le gambe mi assecondano, mi lasciano arrivare a casa senza problemi e sono di nuovo pronta ad affrontare la vita con tutti i suoi compromessi. -)(Oggi a distanza d’anni, il ricordo di quel giorno particolare mi emoziona ancora con tutti i suoi profumi e i suoi colori. Un ricordo che riemerge soprattutto nei momenti di fragilità, quando sento che tutto sfugge ed allora quelle emozioni tornano ad essere mie, insieme alla tenerezza e all’affetto di quella speciale compagnia. Mi emoziono, per tutte le ore passate insieme, per le nostre stupende passeggiate che in realtà erano le mie ultime camminate, ma soprattutto per la loro incondizionata fedeltà, una fedeltà che l’animo umano non sa dare, e in special modo per avermi guidato lì, in cima alla collina, dove ho lasciato il passato sicura che in quel posto incontaminato sarebbe rimasto ben custodito. In quel luogo da un po’ riposa Billy, sotto l’ombra e la pace di un vecchio albero. Si, sempre lì alla fine del sentiero che porta alla collina…… dove finisce il mondo ed inizia l’infinito. (Ai miei fantastici compagni) Pina Raganelli 47 IN VIAGGIO NELLA MEMORIA Quel 27 febbraio del 2008, Roma appariva più bella del solito dopo una settimana di pioggia si era svegliata baciata dal sole; anche i gabbiani, che dall’alto controllavano il lento andare del biondo fiume, sembravano volteggiare con più impeto lanciando nell’aria le loro grida di gioia. Io stavo seduto nel primo vagone appoggiando il mento sul bastone che mi serviva per deambulare. Davanti a me in piedi, ci erano quattro ragazze e altrettanti ragazzi che, incuranti degli astanti, si baciavano con veemenza e passione ed uno di quei ragazzi non tralasciava la voglia di far scivolare la sua mano sul fondo schiena di una di quelle ragazze. Erano studenti. Il fatto che erano studenti si intuiva dagli zaini pieni di libri che portavano a spalla, zaini con scritte di vario genere come: “TVB Marco, TVTB Enzo, e tanti altri geroglifici a me incomprensibili le uniche parole, scritte su quegli zaini, che capii furono: “Daje Totti” e “Forza Roma”, mentre la foto di Che Guevara occupava la parte frontale di uno di quegli zaini. Avvicinai il polso della mano sinistra vicino agli occhi, vidi l’ora sull’orologio. Erano le otto. L’età ormai avanzata aveva procurato ai miei occhi un calo della vista mentre le gambe tremanti muovevano un corpo raggrinzito dal tempo. Oramai per me, le ore scandivano il tempo biologico e non il tempo “dei farò” come quando ero giovane come quegli studenti. Il dondolio di quel vagone conciliava il sonno. Chiusi gli occhi. Era il 16 marzo del 1947, io Otello e Romolo, amici da sempre, inforcando le nostre biciclette, con vera forza atletica, aggredimmo la via Portuense e percorrendo via Cassetta Mattei e via di Bravetta, in meno di venti minuti arrivammo in piazza di Villa Carpegna dove era ubicata una “casa di tolleranza” Erano le diciannove e un quarto. Per noi era la prima volta e chi meglio di una peripatetica poteva varare quel bramato momento? 48 Nutrivamo la speranza d’apparire più grandi dell’età che avevamo, infatti ognuno di noi non avrebbe chiesto la carta d’identità. L’appartamento del meretricio si trovava al piano rialzato di una palazzina con le finestre, semi-chiuse di colore verde, che davano sulla piazza. Notai sul muro destro del fabbricato una scritta a carattere cubitali, sbiadita dal tempo, che testualmente recitava: -Vota per un’Italia Repubblicana se voti per la Monarchia sei ‘n gran cornuto e fijo de ‘na mignottaDi certo il perentorio invito a vota per un’Italia Repubblicana, risaliva al referendum popolare svoltosi l’anno prima. Quell’ingresso ere un viavai di uomini d’ogni età. I nostri cuori battevano all’impazzata, i nostri corpi straripavano libidine. Io avevo la ragazza, si chiamava Maria. C’eravamo conosciuti sui banchi del 2° Ginnasio e tra accattivanti sorrisi e ammiccamenti sguardi era nata una simpatia trasformatasi poi in un tenero ma platonico amore, così come i tempi imponevano. Tante volte avevo sognato quella prima volta insieme a lei, una prima volta fatta di tenerezze e tanto amore. Il pentimento per una scelta così squallida e povera, attanagliava il cuore mio ma ormai non potevo tirarmi indietro ne andava di mezzo il mio orgoglio mascolino. Ci fermammo poco lontani dalla palazzina così da vedere l’ingresso dell’appartamento. Ormai il sole era calato da un pezzo ed il suo posto era stato preso da una tondeggiante e gradevole luna bianca messa lì in mezzo al cieli quasi a voler addolcire la tormentata attesa. Iniziammo la conta per chi doveva essere il primo ad avere il tanto desiderato amplesso, una volta entrati in quell’alcova. Io che con la mano destra distrattamente aveva buttato giù un due, mostrando l’indice e il medio, in cuor mio pregavo Iddio che fosse accaduto qualche cosa cosicché ci avrebbe fatto andar via da quell’arido e penoso posto. Ad un tratto si sentì un strillo: - Rigà Annasconnemoce, ce sta er vecchio49 Ci nascondemmo dietro l’angolo di quella piazza. Facendo capolino, vidi una persona molto anziana essere inghiottita da quella “casa”. Quel vecchio, classe 1866, dal volto rugoso scomparve, quel senso di eccitamento sessuale, accumulato in tutti quelle ore di attesa, svigorì. -Perché un’annamo via? Tanto ormai qua…, indicando il cavollo dei pantaloni e volteggiando a desta e a manca, l’indice e il pollice della mano destra –nun se move più gnente e de sicuro la porteremmo a magra figura- dissi. -Hai ragione, annmosene sennò, tra ‘mpar de giorni, tutto er portene e zone litrofe sapranno che ‘co la mignotta avevamo fatto cilecca e ci piperanno puro ‘pe froci,- rispose Otello. -Annamo annamo e puro de corsa; ‘ansai le risate che se farebbero l’amici nostri a la notizia d’aver cileccato ‘co la mignotta? Concluse Romolo. Il miracolo s’era compiuto, andammo via. Durante il percorso inverso, un malinconico silenzio accompagnava le nostre stanche pedalate, un silenzio che racchiudeva la rabbia per aver visto svanire un voluttuoso sogno. Improvvisamente, ci mettemmo a ridere a crepa-pelle. La rabbia s’era mutata in felicità. Avevamo avuto la prova, e la speranza per noi, che un uomo a 81 anni e per giunta malandato può essere ancora colto dal desiderio sessuale ed io potevo continuare a sognare una prima volta, fatta di tante tenerezze e tanto amore, con Maria. Arrivati nei pressi di via della Consolata, ci fermammo al banco lotto “der sor Checco” dove giocammo tre numeri sulla ruota di Roma: 78 la mignotta, 72 il nonno, convincendo Otello e Romolo d’aggiungere a quei due numeri un terzo numero il 66, “il miracolo compiuto” senza dare nessuna spiegazione su quel numero. Il sabato seguente di quei numeri non ne venne estratto nemmeno uno, in compenso sette anni dopo quel marzo 1947 sposai Maria, che ancora oggi non sa cosa stavo per fare quel giorno. Mi sveglia di soprassalto, i ragazzi non c’erano più, forse erano scesi ad una delle fermate precedenti. Una voce anonima, asettica, avvertiva dall’altoparlante d’essere arrivati alla stazione di “Cornelia”. 50 Accompagnato dal mio bastone scesi dal vagone: dovevo andare alla Posta per ritirare la mia pensione. Quel dondolio, quei ragazzi, quell’odore di gente che si spandeva intorno a me, avevano riportato alla mente una remota pagina della mia vita trovandola tenera, dolce, ma di certo non al passo coi tempi. Appena fuori dalla stazione della metropolitana, alzai gli occhi al cielo, respirai profondamente e lentamente m’incamminai verso l’Ufficio postale pensando, con una smorfia d’invidia, al nonno di Otello e ai miei 78 anni. Michele Limpido 51 LE GATTINE DI MIO PADRE Augusto amava gli animali, tutti gli animali. Teneva cinque pecore, un maiale, due gatti, alcuni conigli, galline, gallo e pulcini, due tacchini. Gli animali stavano vicini tra di loro, ciascuna “famiglia” nel posto assegnato intorno casa. All’ora del pasto tutti sapevano e prevenivano i movimenti del padrone; ognuno gli si faceva incontro nel logo dove sarebbe stato governato. Ogni animale faceva il suo verso caratteristico che poteva essere una richiesta, un ringraziamento. Ogni animale aveva il suo carattere, la sua personalità; ognuno veniva chiamato per nome. Ciascuno doveva essere trattato in modo diverso. Augusto lo sapeva e lo faceva, anzi per ognuno aveva il suo gesto, la sua voce. Per tutti aveva una parola, che poteva essere approvazione o un rimprovero, uno scambio di opinioni o un gioco. I più brontoloni, ma pure i più ingordi e sfacciati, erano i tacchini. Con loro dovevano trattare prima degli altri… Simpatico era trovarsi vicino a quegli animali e vedere la loro reazione quando sentivano da lontano la voce del padrone: tutti insieme alzavano la testa in direzione del suono in attesa di vedere se si avvicinava. Augusto a volte si portava nell’aia per riposarsi, per distrarsi dalle solite cose in orari diversi dagli abituali. Lì aveva il suo sedile di sasso all’ombra di una pergola. Spesso portava in mano qualche oggetto da rifinire, da aggiustare. Allora ad uno ad uno tutti gli animali si presentavano per un salito, o perché volevano vedere. Ognuno voleva una carezza personale, ognuno la sua parola preferita, addirittura il suo discorsetto. Chi lo leccava, chi lo annusava. Per tutti c’era il complimento, prima del commiato. Più umili di tutti erano le galline. Quando vedevano il braccio alzato e la manona aperta del padrone (Augusto era alto e robusto ed aveva grandi mani) si accovacciavano lì dove si trovavano ed aprivano le ali in attesa di essere prese: “Coòcocò…. coòcococò…”. Egli stringeva la mano sulla schiena di quella più vicina e se la portava in braccio, con due carezze le accomodava le penne e le imitava il verso come per scambiar due chiacchiere: la chiamava per nome, le tastava il gozzo per sentire se era pieno e la rilasciava. 52 Una vita a parte era quella della gatta. Si chiamava Micetta. Lei era autorizzata ad andare fino alla porta di casa, ad aspettarlo lì. La mattina alle sei, all’ora che Augusto usciva per andare a lavoro. Micetta sull’uscio gli dava il buongiorno con uno strascicato “miao”, mentre riceveva il suo premio. “Micetta, sei già qui. Allora andiamo…” Una carrareccia in discesa, dopo cinquecento metri in mezzo al bosco, li portava fino al garage vicino al paese e vicino alla Provinciale, dove Augusto teneva la sua “Lambretta”. Saliva sul mezzo, salutava la gatta e andava a lavoro. La gatta riprendeva la via di casa fino alle sei di sera, quando per la stessa carrareccia tornava all’incrocio della Provinciale vicino alla Fonte dell’Acquarella. Lì aspettava il ritorno del padrone, perché per Micetta era un rito ed una gratificazione fare un pezzo di strada in Lambretta accanto a lui. Augusto arrivava, si fermava davanti a Micetta e la invitava: “Sali!” Micetta saliva sulla pedana tra i piedi del padrone ed insieme percorrevano i cento metri fino al garage. Lei si contentava di stare vicino al padrone più degli altri. Facevano la strada insieme percorrevano i cento metri fino al garage. Lei si contentava di stare vicino al padrone più degli altri. Facevano la strada di rientro a casa insieme; tanti passi lui, tanti passi lei. Micetta era pure molto brava per i topi e sapeva che il padrone era orgoglioso di lei per questa abilità. Così, quando ne prendeva uno, prima di dividerlo con i suoi figli, lo portava alla porta di casa del padrone ed aspettava finché questo non usciva. Allora Augusto la accarezzava per ringraziarla, poi: “Vai, portalo a Felicetto…” la gatta con un guizzo addentava il topo fosse vivo ed ubbidiva. Arrivò il tempo della pensione di Augusto. Ad uno ad uno gli animali lasciarono l’aia senza sostituzione. Partì il maiale, partirono le pecore, poi i tacchini ed i conigli man mano che la sua salute malferma. Le galline furono ridotte al minimo, finché un giorno anche Augusto prese una strada sconosciuta a tutti e non tornò indietro. Rimasero le sue gattine, le figlie di Micetta. Anch’esse, però avevano interiorizzato i sentimenti della madre: conoscevano le strade intorno casa, 53 i passi, la voce di lui. Quel giorno si resero conto che non avrebbero più ricevuto le sue carezze e per tutta la giornata, mute, sempre tra i piedi dei visitatori, vegliarono la solita porta fino a notte. Poi la loro vita riprese allo stesso modo: non dimenticavano la puntualità agli appuntamenti; all’orario stabilito si presentavano alla porta di casa; mantennero gli stessi luoghi di caccia e di riposo, come se ogni volta il padrone dovesse ripresentarsi con le sue abitudini. Per chi abitava nella casa di Augusto era un impegno ripetuto volentieri continuare la cura delle gattine. Oggi nessuno si affaccia più a quella porta, ma le gattine non si danno per vinte. Aspettano per mostrare a chi si presenterà ad aprire di nuovo il loro diritto a “ereditare” quella casa. Perciò rimangono lì, sull’uscio, e non chiamano più. Piangono sommesse. Gianfranca Menichetti 54 “UNA STORIA D’AMORE SENZA FINE” Le parole inghiottite da questo profondo mare di silenzio che mi circonda perdono, a poco a poco, la loro voce ed io, muto, nell’ascoltare la mia mente assalita dai ricordi più belli ma confusa da una speranza ormai troppo a lungo sopita, mi sento solo anche se accompagnato dal piacevole tormento che è l’inarrestabile desiderio di scriverti. Si perché l’ardore della mia passione saprà conservare questo mio immenso amore come uno splendido fiore semprevivo e un meraviglioso dono dal quale nulla potrà più separarmi. Ora desidero solo pensare a te, parlarti, continuare a scriverti frasi appassionate che sicuramente per un magico gioco che si perpetua, dalla vita alla morte, sapranno come giungere fino a te, amore mio. Oh! Se le parole scritte su questo foglio si cancellassero appena lette per lasciare spazi vuoti, sbiaditi qua e là dalle mie lacrime; si perché io scrivo e poi piango, poi riprendo a scrivere e poi piango ancora e questo mio infinito desiderio di scrivere si sostituisce al mio bisogno di parlarti e di chiamarti, se non fosse che nessuna risposta potrà più spezzare questo profondo silenzio che mi rende tutto così vuoto intorno, ma che a furia di cercarti e di chiamarti ho imparato ad ascoltare. Oh! Se l’inchiostro di questa penna si esaurisse nel mezzo della parola “amore” per lasciar scritto solo “amo….” Si perché amo così tanto tutto ciò che di te mi manca che tutto il resto è il nulla accompagnato da questo mio dolore così grande da oscurare perfino l’infinito. Si, se riuscissi finalmente a finire di scrivere questa pagina, essa non sarebbe più l’ennesima penultima pagina di una storia d’amore senza fine. Bruno Bertolani 55 INDICE 4 Il Commento di Ninetta Tripodi 5 A piedi nudi Maria Provenzano 6 Albero romano 2008 Alice Tonelli 7 Amor comunque sia Giuseppe De Luca 8 Dedicata al volontariato Larina Tagliaventi 9 Disperato autunno Maria Grazia 10 Il figlio disperato Rossana Paoletti 11 I sensi Maria Stella Gavirati 12 In ascolto Giovanna Staiano 13 L’alba Mario Pucci 14 L’immagine Giovanna Staiano 15 La sirena Elizabet Molayem 16 La vita Graziella Romanin 17 Mary Lidia nel mio cuor Francesco Munzi 18 Non lasciarti Guido Verde 19 Odio il mare Lidiano Balocchi 20 Per ricordare questo ……. Agostino Botticelli 21 Piccolo naufrago Adriana Vendemini 22 Pietre Giovanna Staiano 23 Rosa di natale Gian Paolo Donà 56 25 Saluto Igor Elisa Catodici 26 Spettacolo Anna Dolci 27 Suonata in si maggiore Franco Ariani 28 Ti amo Paolo Michele Toscano 29 Trentuno dicembre Maria Cristina Corsetti 31 Umanità Gualtiero Nobili 32 Un tuffo nel passato Anna Manzo 33 Villa Claudia Anzio Maria Zanta 34 Voglia d’amare Giovanni Addari 36 Ai ballerini del centro …… Remo Baldassarri 37 Er burraco Sergio Incitti 38 Er pappagallo e la civetta Franco Ruggeri 39 La famija che nun rischia Claudio Giampaolo 40 L’artalena Katia Miccio 41 L’insogno Ferdinando Quoiani 42 All’ora dell’Ave Maria Gian Paolo Donà 45 Emozioni, frammenti di …. Pina Raganelli 48 In viaggio nella memoria Michele Limpido 52 Le gattine di mio padre Gianfranca Menichetti 55 Una storia d’amore …. Bruno Bertolani 57