a piedi nudi - Consult Municipio Roma XV

Transcript

a piedi nudi - Consult Municipio Roma XV
Soffi di vento
Rami ondeggianti,
cader di pioggia
foglie volanti
2008 - 2009
1
GIURIA DEL PREMIO LETTERARIO
Emanuele Faina
Presidente Associazione “ELEUSIS”
Pina Maturani
Presidente Consiglio Provinciale di Roma
Maria Grazia Pecchioli
Direzione della pubblicazione “ARVALIA”
Michelangelo Rotolico
Poeta e Scrittore
Nicola Sacchetti
Preside di Istituto Scolastico
2
Si ringraziano per la loro presenza e per il fattivo
contributo alla riuscita della manifestazione:
Il Presidente del Consiglio Provinciale di
Roma
Il Presidente del Municipio Roma XV
Il Direttore del giornale “Arvalia”
Il Sindacato Italiano Lavoratori Polizia
L’Associazione Orizzonti Democratici
Paola Pagliani
L’Associazione Evergreen Onlus
La Banca del Credito Corporativo di Roma
3
COMMENTO
Voglia di esserci, voglia di lasciare una traccia di se. E’ certo
questa la ragione che ha indotto un gruppo di persone adulte a
cimentarsi con la poesia e la prosa.
Il lavoro consta di tre parti: poesia in lingua italiana, poesia in
vernacolo e racconti.
Nella prima parte si dà voce alla tenerezza, all’amore, ai
rimpianti, alla nostalgia. E’ il mondo del gruppo che, con versi
in libertà, ha dato sfogo ai propri sentimenti.
“Amor comunque sia” racconta un evento felice e perduto nel
tempo. Disperato è il grido “Mamma, fermati, ti devo parlare”.
Coinvolge l’immagine di un mare tempestoso e violento. E’
utopica la ricerca di un amore che il suono di una fisarmonica
risveglia e che fa sciogliere in pianto. Resta nella memoria la
cornice di un luogo che in un momento di felicità appariva
magico. La difficoltà del vivere non impedisce la “Voglia
d’amare” ed il distico, interpolato più volte, è come una
preghiera, è desiderio di una presenza che aiuti ancora a
realizzare il sogno d’amore.
La terza età è anche l’età dei bilanci e in “Tuffo nel passato si
ritrovano tutte le sfaccettature della vita. Eppure si va avanti, si
continuano a calpestare le “Pietre” scivolose ed infide, ma si
continua a camminare finché si può. Spesso nel viso rugoso del
compagnoni vita si vede riflessa la propria immagine, ma
l’immagine riflessa in uno specchio talvolta dà realtà ad
un’esistenza opaca e senza amore.
Spiritosi e leggeri sono i versi in vernacolo. Parlano di ballo, di
gioco, di animali alla maniera di Trilussa.
Infine completano la raccolta una piccola serie di racconti molto
apprezzati che, con spirito e con ottime descrizioni, rendono
evidenti e pregevoli lo sforzo e la fantasia della terza età.
Ninetta Tripodi
4
A PIEDI NUDI
Lungo le sponde
del torrente,
a piedi nudi,
insegui raggi di sole
che rincorrono,
le limpide acque
creando
riflessi arcani.
Mentre riccioli
di nubi, increspano
il lento scorrere.
nel lontano orizzonte
una vela spunta,
incalza il vento,
il gorgoglio
di un mulinello
sorprende l’anima.
Altrove è il tuo io,
sospesa fra terra e cielo
vorresti:
percorrere a ritroso
le sponde della vita,
capovolgere i pensieri,
aver fermato l’attimo.
Segui gli umidi rivoli,
che vanno verso il mare
mentre t’allontani
sempre più,
si perde nel tempo
lo scorrere dell’esistenza.
Maria Provenzano
5
ALBERO ROMANO 2008
Al lungotevere Ripa
di fronte al civico numero tre
ci sei tu “albero romano”
sano e austero
corteccia integra
sei proprio un mistero.
hai le radici profonde
nutrite da coloro che vissero nell’era
delle stagioni feconde. non dici età ma
guardandoti ci fai sentire immortali
come te “albero romano”.
Dalle tue alte fronde, con grande orgoglio,
sorvegli e governi le bellezze di roma
dall’aventino al campidoglio.
Tu sei baciato dal sole dall’alba al tramonto
e da quest’anno al tuo governo aggiungi
un giovane - Gianni Alemanno –
ma poi quel sole fa il giro del mondo
riacquista fama e aggiunge al tuo governo
un altro giovane – Barack Obama –
All’improvviso una voce tonante sale dal tronco e dice:
FORZA! CORAGGIO! UNITE IL MONDO!
SIETE GIA’ IN TRE.
Alice Tonelli
6
AMOR, COMUNQUE SIA …
Tronca radice che giaci nel pudore più profondo.
Caro ricordo di quel lontano evento.
A volte, tu ritorni al comparir di un volto,
o sulla melodia di un vecchio canto.
Non ti trattengo a lungo. Solo un momento
e ti lascio volar via, prima che tu mi dia altro rimpianto.
Amore! Colmo è il tuo mare ormai di ogni tormento.
Ragione è opposta a te su ogni punto,
ma tu di tutto ciò non tieni conto.
Vai dritto verso il cuor in un secondo,
senza badar che a tanto sentimento
incauti sfortunati dovran pagare un conto.
Eppur non v’è ragione in contrappunto
che regga al tuo ardore e turbamento.
Gioia e dolor non praticano sconto,
medaglia le cui facce così accanto,
profondono l’un l’altra egual sostentamento,
nell’armonia suprema a tutto tondo
che dona a noi la vita in questo mondo.
Giuseppe De Luca
7
DEDICATA AL VOLONTARIATO
Il volontario è una persona amante del far bene
cercando di alleviare disgrazie e pene,
con spirito di vera fratellanza.
Per sollevare un’anima avvilita a volte basta poco,
un cordiale saluto, un sorriso, una parola amica,
pure questa è carità, un gentile gesto di bontà.
Accende il fuoco dell’amore… un allegro girotondo
che affratella tutto il mondo.
Assiste nel bisogno, cura chi è malato… corre all’ospedale,
un vero angelo custode ti sorregge a tutte le ore.
Una lampada accesa nell’oscurità
sostiene con cristiano amore chi si trova nel bisogno
senza far distinzione di razza, di cultura e di fede diversa.
Il volontario offre assistenza, mai a stento, né pigrizia
solo come un atto dovuto di rispetto e fraterno amore
come piace a Gesù che di carità è il Divin Maestro.
Il volontario mette sempre in pratica
il secondo Divino Progetto
Ama il tuo prossimo come te stesso.
Larina Tagliaventi
8
DISPERATO AUTUNNO
La disperazione ti attanaglia,
è come una morsa che stringe, e non puoi
più parlare mentre il cuore si spezza, e non sai come fare.
Vorresti dare aiuto e colmare quel gran dolore.
Il cuore mi si è spezzato in cinque misere parti.
La prima è del Signore Iddio,
la seconda Dio l’aiuti,
la terza Dio l’ascolti,
la quarta parte è in cielo a raggiungere la prima
e la quinta è la mia grande angoscia:
non mi comprende e mi distrugge.
Ecco! Gli ultimi anni della mia vita,
la strada è lunga e non è
finita.
Maria Grazia
9
IL FIGLIO DISPERATO
Mamma fermati, ti devo parlare;
ma mia madre non ha tempo deve andare.
Mamma ascoltami è importante,
in quel momento il telefono squilla,
Lei risponde e non vede più nulla;
io continuo a chiamare,
ma lo sbattere della porta
mi fa capire che Lei,
se ne sta andando dove non lo so.
Potessi almeno vedere mio padre,
ma Lui non mi sta mai ad ascoltare,
e così ricomincio a studiare,
ma l’angoscia continua e nessuno mi può aiutare.
Mamma se tu ti fossi voltata e mi avessi guardato;
nelle tue braccia mi sarei rifugiato,
e tu mamma mi avresti capito
e forse anche aiutato
ed Io mamma non mi sarei drogato.
Papà e Mamme di tutto il mondo.,
non correte come le onde del mare,
voltatevi indietro con un gesto d’amore
che vostro figlio sta lì ad aspettare.
Rossana Paoletti
10
I SENSI
(vista-udito-olfatto-tatto-gusto)
Cerca lo sguardo
Tra distese di campi fecondi
Cerca l’olfatto
Odori di lontani ricordi
Odo i rumori nell’aia ormai deserta
E di richiami pieni d’affetto
Solo il pensare a sapori lontani
Riempi la bocca di piatti nostrani
E le mie mani sembran toccare
Il tuo bel volto mamma e con te volare
M. Stella Gavirati
11
IN ASCOLTO
Resto in ascolto
Di questo mormorio lontano,
indistinto;
cerco di afferrarne il senso,
la direzione.
Aspetto..
Che si avvicini,
si faccia più chiaro..
resto immobile..
per non fare altro rumore,
per non spaventare ulteriormente..
il cuore.
Giovanna Staiano
12
L’ALBA
E’ l’alba
una luce sfolgorante
s’alza in cielo lentamente.
Svegliati, tu che hai dormito,
vai incontro all’infinito,
non vedi che l’Eterno,
ha acceso il mondo con un dito!
Mario Pucci
13
L’IMMAGINE
Ti guardo…
A volte distolgo lo sguardo,
altre mi soffermo…
su quella ruga, in quegli occhi…
una smorfia, l’accenno di un sorriso.
Ti guardo…
A volte con rabbia,
talvolta confusione.. spesso paura..
poche con amore.
Vorrei che fossi diversa,
ma potrei fare a meno di te?
A volte quasi mi dimentico
della tua esistenza,
per giorni ti noto quasi per caso,
un po’ di corsa.. con la coda dell’occhio..
lo sguardo distratto, senza mettere a
fuoco.
Ma tu ci sei. Sei sempre là..
Immagine, in uno specchio,
che non mi abbandonerà mai.
A ricordarmi che ci sono.
Giovanna Staiano
14
LA SIRENA
Era già notte fonda
senza luna
quando dal dolore distrutta
la sirena del mare
stava intorno granello di sabbia
sola
tremendamente sola
questa la dura e pesante realtà
invano è parlare al vento
il dolore diventa solo rumore
una bufera dei desideri
che arriva fino al cielo
nel contempo
e fondamenta scava
nel silenzio di una lacrima
spazzare la solitudine
e tornare a respirare l’aria profumata
di una amicizia sincera senza fine
come assaporare l’infinita dolcezza della vita
emozioni e sentimenti
si tramutano allora in musica divina
l’immensità del mare lo vedrai in una goccia di rugiada.
Elizabet Molayem
15
LA VITA
E’ come tua sorella, gli dai la mano
corri e vai lontano
scorre come il fiume, un ruscello
sotto i ponti, sin dalla fonte.
E’ fatta di ricordi, belli e brutti
di piaceri nascosti non voluti
sarabande di giostre
manipolazioni, incroci, inconclusioni.
Storie, guerre, fame, inondazioni
olocausti tragici, delitti infami
bambini venduti, maltrattati
vecchi allo sbando, dimenticati.
Vita grama e dura per chi vive
per chi resta e non fugge
è sacra e non s’uccide
è madre,padre, figlia, è sempre vita.
Graziella Romanin
16
“MARY LIDYA NEL MIO CUOR “
Perché Mary Lidya suona bene
con grazia e tanto sentimento
sulla tastiera mia creando
un’armonia infinita
cantando come una canarina
una dolcissima melodia
con la sua voce calda come il sole
mi riscalda e solleva il cuor.
Al primo incontro m’è apparsa
come una mesta, e freddolosa gattina
di media statura e colo melanina,
avvolta in una vestaglia
di crepe nera ondolatina,
con un passo fermo da felina
dall’aria seria e un po’ sbarazzina.
Tuttaltro che infreddolita
modellata come una bambolina
ogni volta che ci vediamo
vuol giocare sempre più di prima.
Per dividere il dono della vita,
tra i miei doveri quotidiani,
il miglior premio è Mary Lidya;
che ha il colore degli occhi
come quelli di mamma mia,
bella giovane e giuliva.
Francesco Munzi
17
NON LASCIARTI
Non lasciarti,
non lasciarti andare.
Non lasciare ad altri
il dominio del tuo corpo,
della tua mente, della tua vita.
Voltati! Guardati!
C’è sole fuori,
c’è vita dentro,
c’è amore intorno a te.
Non lasciarti prendere,
non annullarti, non morire dentro,
poiché la vita che ci è data
non sia distrutta dagli uomini.
Spogliati di queste vesti,
liberati da questa corazza di ferro
che affligge la tua anima,
il tuo spirito.
Noi viviamo tutti i giorni,
noi, ci amiamo tutti i giorni.
Lasciati accarezzare dalla vita,
è tuo ciò che chiedi,
è tuo ciò che vuoi,
è tuo ciò che ami.
Guido Verde
18
ODIO IL MARE
Odio il mare che travolge chi culla:
mai nessuno sopravvive alla sua ira,
se in odio a lui solca la pelle.
Al mar amo gli uomini liberi,
ma il libero mare è un inganno
L’increspar delle onde m’attrae,
luccichio d’un letto assolato,
ma il fragore del mare lo odio.
Mai uguale, mai fermo, mai domo,
una strada infinita è il mare,
che ai naufraghi nega la vita.
L’acqua sua è la linfa dei pesci
ed è sale per l’uomo imprudente.
La sua forza sommerge e sconquassa
a chi incontra davanti o d’intorno.
Le sue spiagge, le rive, i suoi lidi
son riparo, rifugio ai fuggiaschi,
purchè lui permetta la sosta.
Odio il mare perché è profondo,
il suo buio mi leva il respiro.
L’orizzonte infinito al tramonto
spinge il sole giù fino all’inferno;
me lo rende un’aurora dorata
quando il giorno una parte ha già perso.
I suoi limi separan le terre:
son confini, son argini agli uomini.
Ma per questo odio il mare bugiardo,
ed aspetto chi a lui porrà briglie.
Infinito si il mar tutto abbraccia,
tutto in lui trova fine e mai pace.
Lidiano Balocchi
19
PER RICORDARE QUESTO FELICE SOGGIORNO
A scrivere rime io mi diletto
Ma spesso in qualcosa io difetto.
Io sono Augusto Botticelli
Non il poeta Gioacchino Belli.
Martedì finirà questo lieto soggiorno
voglio augurare a tutti un prossimo ritorno
con la speranza che il prossimo soggiorno a Nocera Terinese
sia più bello più lungo che duri almeno un mese
ritrovarci tutti all’Hotel Mondial in buona salute
con la speranza di essere persone benvolute.
Di questo soggiorno la persona più gentile, più umana
colei che voglio ringraziare è la signora Luciana.
Dell’Hotel Mondial ringrazio molto volentieri
Tutto lo staff dei cuochi e camerieri.
Questo soggiorno qui al Mondial rimarrà nella storia
Così quando saremo tristi ci tornerà nella memoria.
Di questo soggiorno voglio ringraziare la XV Circoscrizione
Per averci concesso questa bellissima unione.
Voglio ringraziare della XV Circoscrizione tutta la componente:
onore e vanto all’On. Guido Paris il nostro Presidente.
Grazie ancora per quello che fate per i vostri anziani
il mio augurio di poterlo ricevere voi tutti un domani.
In questo soggiorno abbiamo visto alcune perle della Calabria
Onore e vanto di tutta l’Italia.
Le meraviglie che abbiamo visto sono infinite
quando torneremo faremo molte più gite.
L’augurio che faccio a me e a voi di rivederci un giorno
in buona salute speriamo al prossimo soggiorno.
Ricordatevi di queste mie rime scritte, lette nel volermi scusare
se poco perfette.
Per salutarvi a tutti, questo è il momento giusto
un arrivederci a preso dal vostro amico Augusto.
Agostino Botticelli
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PICCOLO NAUFRAGO
Erano terra
il tuo cibo,
la tua bevanda,
il tuo sudore,
le lacrime sconsolate
del tuo destino,
inerme ostaggio
di guerre e carestie,
nient’altro che terra
su cui stare in piedi,
cercare rifiuti, pascolare
uno sparuto gregge.
Uno sciame di mosche
a vestire la pelle bruna,
una capanna spoglia
a riparare il giorno
straziato della vita,
un letto infinito
d’acqua di mare
per l’ultimo sonno
disperso….
Né sterpi, né rovi
tra la polvere e i sassi
dove ora ti piange
belando
solo un agnellino.
Adriana Vendemini
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PIETRE
Su queste pietre cammino
cercando di tenere il passo..
devo affrettarmi,
ma a tratti rallentare..
pietre scivolose sotto le mie scarpe
devo stare attenta a non cadere.
Piove
un’acqua scura
in questo cielo scuro
su queste pietre scure.
Cammino…..
è l’unico cosa che io possa fare.
Giovanna Staiano
22
ROSA DI NATALE
Farfalle di neve
planano sul mio terrazzo
come piume leggere
adornano una rosa.
ROSA, BELLA ROSA
ROSA DI NATALE
SI CERTO: ROSA DI NATALE!
Sola, sola
rimane lì ad oltranza
sfida il tenace inverno
resiste all’ibrido vento
alla grandine che ci prova
a spegnere quel sorriso.
Alle intemperie
Al gelo
Al freddo,
giorno dopo giorno, come può
“COMBATTE “ IL MALE ANTICO.
Si certo, è: ROSA
ROSA DI NATALE
ROSA, BELLA ROSA
SI, ROSA DI NATALE!!
Tenace è lì
Sola, sola,
a rallegrarci gli occhi, gli animi.
Rosa, rosa
bella rosa…
esalta, resiste
tra farfalle e farfalle di neve
23
con la sua presenza
esile, discreta.
Innamora….
INCANTA!
Gian Paolo Donà
24
SALUTO IGOR
Igor addio
Ti lascio
ad un amore più grande
Venezia
che tu amasti
come una bella donna
Tu dormi
nel sonno eterno
tra il silenzio delle calli
e la musica del tuo mare
Venezia
Ti abbraccia, ti culla
e Vera
svanisce nel nulla.
Elisa Capodici
25
SPETTACOLO
Lampione di sera
Tra alberi n strada,
sipario aperto
su magica scena.
Sole di vetro
Luce cercata,
raggi accorciati
buio attorniato.
Soffi di vento
Rami ondeggianti,
cader di pioggia
foglie volanti.
Personaggi a soggetto
Replica a stagioni,
platea infinita
noi spettatori.
Anna Dolci
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SUONATA IN SI MAGGIORE
Suona una fisarmonica! Il suo canto
come se l’ali avesse di gabbiano
piumate, spiega e come per incanto
sull’aere plana per andar lontano.
Ma dove sei tu? Dove sei che tanto
t’ho cercata e cercando sto tuttora?
Stai forse udendo del mio cuore il pianto
che per amor di te si strugge ancora?
Oppur da lungi dai soltanto ascolto
alla musica mia che con ardore
e con atto gentile umile e sciolto
a te ne vien qual messagger d’amore?
Una commossa lacrima sul volto
ti scende e cade sul mio si maggiore.
Franco Ariani
27
TI AMO
E mi dicesti
t’amo.
E mi dicesti
andiamo
lontano
ovunque si compirà la tua
mia sarà la via
E mi dicesti
t’amo.
E quale la gioia
del loro sorriso
tra le braccia tue.
Ne un mercato
neppure un mediatore.
Fu allora che dicesti
d’aver dato troppo
per quanto avuto.
E mi dicesti t’amo.
L’amore
quello vero.
Dandomi la mano
i tuoi sogni
il tuo corpo.
Quella che ci condurrà
ove il tuo sorriso
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nel mio si specchierà.
Dandomi un bambino
ed un altro ancora.
Ma l’amore
non è un conto
non ha un valore.
L’amore è un vezzo del cuore
che si vende al miglior compratore
E lo seguisti ciecamente
come incantata da promesse
convinta ora d’amare
perché t’amavi.
Senza conoscere
ne sapere
Dove
o cosa fosse
per davvero.
Paolo Michele Toscano
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TRENTUNO DICEMBRE
Vai vecchio anno,
vai al tuo destino.
Hai dato e ricevuto
come il tuo succeduto.
Quanti ricordi!...
Tante anime hai baciato
quanti amori hai creato,
quante promesse hai mantenute.
Lacrime e baci
al tuo passaggio.
Come il vento di maestrale,
che corre alla deriva.
In posizione di una legge,
avvolta nel mistero
di un tempo
che segna il tempo.
Tutto si rinnova
tutto vive, tutto muore
e poi ricordi, ricordi
solo ricordi, perché tu voli
come il vento,
scomparendo nel nulla.
Ed io guardo, rifletto,
ammiro e sospiro,
al tuo andare
verso il tramonto.
Ma girandomi verso l’orizzonte
vedo l’arrivo
di un nuovo anno,
come un padre in attesa del figlio,
come un fratello
in attesa del fratello.
Maria Cristina Corsetti
30
UMANITA’
Pensiero o forse assente
Sguardo fisso rivolto nel vuoto
Inamovibile nella sua fissità
Come morto nella sua vita
Chi è questo sconosciuto?
Non è certo quel sembra
Non è certo ciò che crediamo sia
Cosa cela il suo silenzio?
Cosa nasconde la sua fissità?
Chi sei? Domando
Alza lo sguardo con occhio luminoso
Scruta il mio volto cercando nei ricordi
Poi abbassando lentamente il capo
Sussurra: nessuno!
Gualtiero Nobili
31
UN TUFFO NEL PASSATO
Mi guardo indietro.
Inseguo a ritroso
antichi ricordi,
vecchie emozioni.
Mi si allarga il cuore!
Sono tante le gioie, tanti i dolori!
Tempi tristi, tempi belli;
emozioni profonde,
indimenticabili, appassionate.
Amori passati,
gioie e tristezze di tempi andati;
tracce profonde rimaste nel cuore,
là dove era desiderio d’amore.
Illusioni, delusioni,
attese, ansie e soddisfazioni.
Nessun rimpianto
per ciò che è stato,
tanto desiderio, invece,
di andare avanti,
incontro a promesse
di vita migliore.
Anna Manzo
32
VILLA CLAUDIA ANZIO 24 – 8 – 07
Angolo di paradiso ti ho trovato
finalmente in luogo magico
Nettuno in riva al mare
ove si ammira pure Anzio
Il porto fa da cornice dal Marina
ove si ammira la parte antica
della torre Sangallo e i bastioni
che gli fanno da corona
Il puro magnetismo di Nettuno
attira tutti color che l’amano
ammirando il vecchio e il nuovo
che gli umani han creato
Con l’aiuto del Sovrano
ha illuminato color
addetti a sviluppare
un’opera d’arte nel naturale.
Maria Zanta
33
VOGLIA D’AMARE
Vorrei scrivere una storia d’amare
Vorrei vivere una storia d’amare
Vivere…..
Scrivere….
Amo la vita – non fuggo il dolore
Vivo la storia – colgo il valore
Cercare…
Trovare……
La vita, i suoi limiti
La società, i suoi mali,
L’uomo, i suoi limiti
L’orizzonte senz’ali
Amore….
Dolore…
Il coraggio di vivere
La voglia d’amare
La mano che stringe
Il cuore che batte
La bocca che cerca
La compagna che giace
L’infinito….
L’immenso…..
Giovanni Addari
34
35
AI BALLERINI DEL CENTRO ALBERTO SORDI
Ne centri di Roma
na smania sta a pia’
ai giovani anziani
la voia de ballà
So tutti contenti
de fasse un bel balletto
con passione e volontà
fanno pure un Cha cha chà
Vonno annà a ballà
pe na gioia de na vita
a comincià cor Mambo
a seguì na Comparsita
Piace fa tutti li balli
dalla Polka all’Alli Galli
er valzer lento e mpo de Rumpa
a seguì con un bel Samba
Sorridenti loro balleno
er Paso co la Tarantella
un Tango poi de tacco
e na mossa co lo scatto
La serata poi finisce
con un Tango galeotto
tutti insieme vanno a casa
è già tardi so’ le otto
un CIAO a tutti
Remo Baldassarri
36
ER BURRACO
Cominci che te pare ‘na sbornianza
De giocà a ‘sto livello de prestanza
Pe’ chi conosce er brigge e lo scopone
E che puro cor botto n’se scompone.
Poi te viene d’annà ad un torneo
Insieme a na masnada de vecchietti
Che cianno l’occhi sveji e ndo te metti
te metti te fanno vede che nun vinci mai
e senza de scompone manco un neo
hanno già chiuso quanno tu cominci.
Allora te principi a guardà ‘ntorno
pe’ capì se c’è modo de scollasse
da dosso sta scalogna che pare fasse
gioco de te che credi d’esse giorno.
Cambi compagno come fosse niente,
fai li scongiuri co’ tutti i sentimenti
te studi li passaggi e li regolamenti
t’attacchi all’arbitro senza facce mente
per sconvolge er sicuro che se scontra
ma non c’è gnente che te se riscontra.
Poi ‘n giorno che te pare tutto storto
giochi senza ‘mpegnatte fino all’osso
trovi ‘na sponda che pare senza fonno
e stravinci co’ le carte a tutto tonno.
Allora pensi che quello c’hai studiato
nun serve pe’ capì dov’hai sbajato,
je poi dà foco senza che rimorde
perché a chi vince serveno le corde
che se legheno in fondo ar sentimento
che er burraco è cul e divertimento.
Sergio Incitti
37
ER PAPPAGALLO E LA CIVETTA
“Guarda n’po’ quanto so’ bello
je disse er pappagallo a na’ civetta posata lì vicino”,
“mo’ sì che so realizzato, so’ pieno de colori de pastello,
firmati penza n’po’ da Valentino…”
“Tu ‘nvece nun hai corto er cambiamento
che t’ha proposto l’omo, com’eri sei arimasta… bruttarella,
voli ancora de’ notte ‘nsieme ar vento,
magni li sorci, ciai l’occhi gialli e porti pure jella…”
“Io ‘nvece so’ cambiato… nun se vede?
E parlo come l’omo m’ha ‘nsegnato,
fo parte de la razza c’aripete,
nun so’ più ucello e basta… mò n’ucello emancipato”.
La civetta lo guardò meravijata,
ma poi penso’ a la compagna che cova ne’ la cuccia,
sentì er richiamo venì giù da la vallata
e volò via …lassannolo da solo legato su la gruccia.
Franco Ruggeri
38
LA FAMIJA CHE NU’ RISCHIA
Quanno uno mette su famia
sa che è un rischio
appena se sente
quer fischio pe’ l’aria
de ‘na ciumachella seria seria
e puro er becchino
sòna ‘na fanfara!
Poi comincia la vita vera
piena de dubbi e de sorprese
quella che a più riprese
te fa oscillà da ‘n muro all’artro
e se nun ciai er casco
che protegge la capoccia
su ‘sta vita in groppa a la salita
sei un lombrico
che un aspetta artro
che je piombi giù dar cielo
‘na nuvola de roccia!
Questo m’amparato
l’amico mio Roberto
che pe’ esse certo
de nun fasse male
va’ in giro drento casa
puro quanno cerca l’urinale
co’ er casco da ciclista
lui appena li neuroni
je gireno lì a vista
arza le mani ae cielo
come Coppi all’urtimo mondiale!!!
Claudio Giampaolo
39
L’ARTALENA
Me piacerebbe tornà ragazzina
a quanno er còre nun sentiva gnente.
A quanno spignevo ‘na carrozzina
co’ su ‘na bambola, co’ solo ‘n dente.
Vorei tornà a volà sull’artalene,
cascà pe’ tera e sbucciamme i ginocchi,
a crede a tutto, pure alle sirene,
a piagne fino a fa sanguinà l’occhi.
Tornerei davero a quell’anni belli,
a quer volè cresce a ogni costo
a que’ sogni de principi e castelli
‘ndo due più due era er problema più tosto.
Vorei tornà piccola e pensà ‘n grande:
scambià pe’ trincea de guera ‘n muretto,
un dosso pe’ la catena dell’Ande,
salì su ‘na sedia e di che sia ‘n tetto.
Forse sto cresce de botto rovina,
te leva la voja de ride e sognà.
mo me sforzo de tornà ragazzina:
riapro le braccia e me metto a volà.
Katia Miccio
40
L’INSOGNO
Sta notte, che sognaccio birbaccione!
Pareva che partivo a far er sordato;
poi succedeva un fatto affortunato
che disarmava tutto er battaglione
Ch’era successo? Che t’era scoppiato
Tutt’er tritolo, e come in processione
In tutto er monno, senza ’na raggione
Ogni caserma aveva sconquassato!
Nun c’ereno sordati, e le perzone
lavoravano a frutto pe’ lo Stato,
facendo strade, acquedotti e case-bbone!
Ognuno dava com’era preparato
Ott’ore de lavoro sane-sane!
Quant’era bello! Poi me so svejato!
Ferdinando Quoiani
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ALL’ORA DELL’AVE MARIA
Da quell’immenso e silenzioso luogo, l’uomo se ne andava
tutte le sere al dolce suono dell’Ave Maria. Cioè all’ora di chiusura.
Con passo stanco, ma comunque spedito, s’avviava verso l’uscita,
preferendo il viale principale del camposanto perché adornato di alti,
maestosi, magnifici secolari cipressi; come volesse, che nel tragitto
fino al grande cancello d’ingresso, gli fossero come di consueto,
buona, affettuosa e amichevole compagnia.
Quella sera però, sul suo volto un po’ severo e serioso (questo
forse dovuto all’età che gli aveva regalato dei bei capelli bianchi
tenuti sempre diligentemente in ordine) appariva un insolitoe gioioso
sorriso.
Come se fosse illuminato da una qualcosa di soprannaturale
che lo rendeva felice. Come se un momento prima, avesse scoperto
visto o sentito, un qualcosa di cui solitamente, difficilmente, lo
potesse scuotere così tanto da rendergli l’animo finalmente in
pacifica serenità, e lo distogliesse da quell’arrancare quotidiano che
subiamo un po’ tutti, impregnato di angosce di stress e varie
vicissitudini il più delle volte che portano ad avere un animo tutt’altro
che loquace.
Si, decisamente quella sera il suo volto era proprio illuminato
da un tenue bel sorriso.
Il nuovo custode che lo vide venire avanti nel bel maestoso
viale centrale dei cipressi si chiese cosa diavolo avesse quell’uomo
da sorridere in un luogo come quello, così mesto e raccolto, come
appunto un cimitero.
Incuriosito, appena gli passò vicino, gli domandò:
Mi scusi: ma perché sorride? Ha trovato per caso qualcosa
che la diverte? Siamo all’interno di un cimitero…. qualora non se ne
fosse accorto, glielo sto ricordando.
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Oh, si…. certo, certo…. stiamo in un cimitero….. comunque,
da parte mia, il più assoluto rispetto ci mancherebbe. Ma, vede, io
sono solo. Da un pezzo non ho più la mia compagna. A regalarmi un
po’ d’affetto è la mia nipotina quando mio figlio me la fa vedere di
tanto in tanto. E allora, ricordandomi di quel bel sorriso innocente,
quella dolce espressione, nel pensarla, mi distoglie dai miei pensieri,
dalle preoccupazioni. Mi da un po’ di gioia, di serenità. Questo è il
motivo per cui m’ha visto sorridere.
In realtà, disse una bugia. Una bugia comunque innocente (perché al
momento non sapeva cosa rispondere). Lui non aveva nessuna
nipotin. Era proprio solo. Maledettamente solo!
L’unica verità era che da un bel po’ di tempo a quella parte, gli venne
a mancare la sua cara compagna di una vita, Questa mancanza gli
bruciava enormemente. Era come avesse dentro di se un peso
insopportabile che non lo lasciava un istante.
Per sua fortuna comunque, a tutto questo, riusciva in qualche
modo a reagire distraendosi, sia pure con una certa sua ben meditata
condotta filosofica.
Tornando al perché del suo “misterioso” sorriso (notato e sottolineato
dal custode), era dovuto alla reazione per aver assistito ad una
scenetta proprio all’interno del cimitero, protagoniste una signora e
una bambina.
Passando accanto ai moltissimi sepolcri e tombe tumulate nel luog, di
questa struttura decisamente macabra, se non spettrale, la bambina,
con tutta probabilità rimase colpita e scioccata alla vista
dell’immagine di un defunto eccessivamente sinistra, effigiata su una
lastra di marmo che si evidenziava tra le tante.
Terrorizzata gli venne d’istinto aggrapparsi alla nonna implorando: Ho paura! Nonna andiamo via! Andiamo via di qui.La nonna la strinse a se cercando di tranquillizzarla dicendole:
Su, su, non aver paura. Qui nessuno ci fa del male. Stai
tranquilla. I defunti sono innocui. Non ti possono far nulla…..non
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devi aver paura dei defunti, ma dei vivi. Il più delle volte, sono
proprio i vivi che ci possono fare del male.
Udendo queste parole la bambina si tranquillizzò. Uscirono dal
cimitero, mentre nell’aria si udiva il dolce suono dell’Ave Maria.
Uscì anche l’uomo. Appena fuori dal cancello d’ingresso, fatti pochi
passi, si voltò un attimo verso il camposanto sussurrando qualcosa
con un filo di voce, quasi come fosse una preghiera:
Miei cari, tutti…..miei cari angeli…..vogliatemi bene eh?!
Non mi abbandonate….
Mi raccomando.
Gian Paolo Donà
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“EMOZIONI, FRAMMENTI DI VITA E COMPAGNI
PARTICOLARI”
Agosto 2002
(E’ l’ora migliore per camminare. L‘aria invitante, i colori perfetti
per lasciarsi catturare dallo spettacolo che offre della natura).
“Cammino col vento leggero e fresco che mi sfiora il viso. Sento il
cuore battere felice. Sento il profumo dell’erba fresca alle prime ore
del mattino. Conto i passi tra le foglie ancora bagnate di brina lungo
il sentiero che porta alla collina. Seguo i cani che m’indicano la
strada.”
- )( E’ un mattino limpido d’estate. Mi sento serena, cammino con passo
sicuro e svelto anche se non so dove sto andando. La strada sterrata
sale verso la montagna. Il paesaggio è bello, invitante è lì vicino casa.
Il bosco è fitto, lascia appena intravedere il cielo. A tratti fa capolino
il sole.
Billy è accanto a me, Teo scompare trotterellando in mezzo all’erba e
ci guida fino alla fine del bosco sopra una radura. Sono i cani di mia
figlia, sono splendidi ed io ne sono molto affezionata, anche se per
me sono un grosso impegno. La loro andatura scattante esalta il
portamento fiero, lo spirito e l’intelligenza. Sembrano cani di razza,
ma non lo sono.
Teo è con noi da qualche anno. Era un batuffolo tutto pelo bianco e
nero ed era destinato a non avere padrone. Billy, simile in tutto ad un
pastore tedesco di razza pura, aveva circa due anni, quando fu
trovato. Era stato abbandonato morente in un angolo nascosto di un
giardino pubblico, da qualcuno che non aveva apprezzato l’indole
buona e la sua incondizionata fedeltà.
Siamo in cima alla collina, c’è una grossa e vecchia croce di legno
consumata dalla pioggia, dal vento e dalla neve, sembra indicare che
lì finisce il mondo ed inizia l’infinito. Intorno a noi l’erba è alta e il
panorama è stupendo. Nella pianura sottostante si apre un’enorme
vallata con terreni coltivati a grano ormai maturo. Più lontano, tra
campi colmi di fiori selvatici, c’è una grande distesa di lenticchie in
piena fioritura di un insolito ed intenso color viola che ondeggia
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compatta al tocco leggero del vento, sembra seguire il ritmo soave di
una musica immaginaria. Una fitta corona di monti e di colline
verdeggianti dall’aspetto vellutato incornicia il paesaggio, fino a
sconfinare verso l’orizzonte per poi fondersi con le mille sfumature
d’azzurro del cielo, tipiche in queste ore del mattino.
Mi soffermo a guardare, sono emozionata ed attratta da tanta
bellezza. Mi siedo ai piedi della croce e la mente si riempie di
pensieri. Mi raccolgo in preghiera, penso ai miei figli lontani. Mi
mancano tanto, ho bisogno di loro. Vorrei dirgli quanto li amo,
probabilmente non lo sapranno mai. Il cuore mi si riempie di tristezza
per questa lontananza forzata. Anche se è per lavoro e solo per
qualche anno, saranno anni infiniti. Mi pesano le tante cose accadute,
il mio futuro incerto dovuto alla malattia che conosco così poco e che
mi spaventa. Soffro ancora per la prematura scomparsa del loro
padre, perché erano troppo piccoli per un dolore così grande, per
averli cresciuti da sola ed obbligati al rispetto delle persone e dei
principi della vita, quando proprio questa li ha lasciati soli. Per queste
nostre vite così distanti. Proprio ora che stavamo ricominciando con
nuove speranze, nuove certezze, nuovi affetti, dovrò dare loro di
nuovo un dolore, costringerli ad affrontare un’altra dura prova. Mi
sento persa e non ho il coraggio di renderli partecipi.
Li ricordo in giochi di bimbi spensierati senza esclusione di qualche
litigio fra loro. Li vedo ora in divisa bellissimi entrambi, li immagino
stabilire l’ordine e la sicurezza pubblica. Sono piena d’orgoglio per
questo loro impegno in un lavoro così pericoloso e duro, temo che
possano cambiare ed io non lo vorrei mai. Vorrei proteggerli ancora,
ma ciò non sarà possibile. Rivolgo la mia preghiera a quella vecchia
croce e a quello che rappresenta perchè li protegga sempre.
Piango, ma qualcosa distoglie i miei pensieri. Apro gli occhi e vedo
accanto a me Billy e Teo, sono seduti ai miei fianchi, quasi a riempire
il vuoto lasciato dai miei figli, volgono lo sguardo dove sto
guardando io verso l’infinito.
Mi sdraio sull’erba a guardare il cielo, vedo le nuvole giocare sopra
di me. Assumono mille figure, si abbracciano l’una con l’altra poi si
lasciano e si allontanano veloci scoprendo un cielo terso ed azzurro.
Chiudo gli occhi, sento il canto degli uccelli, mi abbandono al
46
profumo della ginestra ed al volteggiare leggero delle farfalle. Mi
lascio trasportare dal magico momento e da tanta pace. I cani si
rincorrono, giocano tra loro, annusano tutto ciò che trovano. Billy
prende un sasso e si avvicina, vuole coinvolgermi nel gioco.
Allontano le mie tristezze e sono di nuovo serena, lo accarezzo, lui si
lascia andare alle mie coccole e si accuccia accanto a me, posa il
muso sulle mie gambe, i suoi occhi sono teneri e buoni, quello
sguardo mi conforta e non mi sento più sola.
E’ ora di tornare, ho voglia di correre, quasi per sfidare la vita e la
forza delle mie gambe che sento sempre più deboli. Mi lascio
coinvolgere in quella sfida e scendo il sentiero di corsa con i cani che
mi seguono incuriositi da tanta determinazione. Il respiro è pesante e
si ferma in gola, il cuore batte all’impazzata, ma sono felice, le
gambe mi assecondano, mi lasciano arrivare a casa senza problemi e
sono di nuovo pronta ad affrontare la vita con tutti i suoi
compromessi.
-)(Oggi a distanza d’anni, il ricordo di quel giorno particolare mi
emoziona ancora con tutti i suoi profumi e i suoi colori.
Un ricordo che riemerge soprattutto nei momenti di fragilità, quando
sento che tutto sfugge ed allora quelle emozioni tornano ad essere
mie, insieme alla tenerezza e all’affetto di quella speciale compagnia.
Mi emoziono, per tutte le ore passate insieme, per le nostre stupende
passeggiate che in realtà erano le mie ultime camminate, ma
soprattutto per la loro incondizionata fedeltà, una fedeltà che l’animo
umano non sa dare, e in special modo per avermi guidato lì, in cima
alla collina, dove ho lasciato il passato sicura che in quel posto
incontaminato sarebbe rimasto ben custodito.
In quel luogo da un po’ riposa Billy, sotto l’ombra e la pace di un
vecchio albero.
Si, sempre lì alla fine del sentiero che porta alla collina…… dove
finisce il mondo ed inizia l’infinito.
(Ai miei fantastici compagni)
Pina Raganelli
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IN VIAGGIO NELLA MEMORIA
Quel 27 febbraio del 2008, Roma appariva più bella del solito dopo
una settimana di pioggia si era svegliata baciata dal sole; anche i
gabbiani, che dall’alto controllavano il lento andare del biondo fiume,
sembravano volteggiare con più impeto lanciando nell’aria le loro
grida di gioia.
Io stavo seduto nel primo vagone appoggiando il mento sul bastone
che mi serviva per deambulare.
Davanti a me in piedi, ci erano quattro ragazze e altrettanti ragazzi
che, incuranti degli astanti, si baciavano con veemenza e passione ed
uno di quei ragazzi non tralasciava la voglia di far scivolare la sua
mano sul fondo schiena di una di quelle ragazze.
Erano studenti.
Il fatto che erano studenti si intuiva dagli zaini pieni di libri che
portavano a spalla, zaini con scritte di vario genere come: “TVB
Marco, TVTB Enzo, e tanti altri geroglifici a me incomprensibili le
uniche parole, scritte su quegli zaini, che capii furono: “Daje Totti” e
“Forza Roma”, mentre la foto di Che Guevara occupava la parte
frontale di uno di quegli zaini. Avvicinai il polso della mano sinistra
vicino agli occhi, vidi l’ora sull’orologio. Erano le otto. L’età ormai
avanzata aveva procurato ai miei occhi un calo della vista mentre le
gambe tremanti muovevano un corpo raggrinzito dal tempo.
Oramai per me, le ore scandivano il tempo biologico e non il tempo
“dei farò” come quando ero giovane come quegli studenti. Il
dondolio di quel vagone conciliava il sonno.
Chiusi gli occhi.
Era il 16 marzo del 1947, io Otello e Romolo, amici da sempre,
inforcando le nostre biciclette, con vera forza atletica, aggredimmo la
via Portuense e percorrendo via Cassetta Mattei e via di Bravetta, in
meno di venti minuti arrivammo in piazza di Villa Carpegna dove era
ubicata una “casa di tolleranza”
Erano le diciannove e un quarto.
Per noi era la prima volta e chi meglio di una peripatetica poteva
varare quel bramato momento?
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Nutrivamo la speranza d’apparire più grandi dell’età che avevamo,
infatti ognuno di noi non avrebbe chiesto la carta d’identità.
L’appartamento del meretricio si trovava al piano rialzato di una
palazzina con le finestre, semi-chiuse di colore verde, che davano
sulla piazza.
Notai sul muro destro del fabbricato una scritta a carattere cubitali,
sbiadita dal tempo, che testualmente recitava: -Vota per un’Italia
Repubblicana se voti per la Monarchia sei ‘n gran cornuto e fijo de
‘na mignottaDi certo il perentorio invito a vota per un’Italia Repubblicana,
risaliva al referendum popolare svoltosi l’anno prima.
Quell’ingresso ere un viavai di uomini d’ogni età.
I nostri cuori battevano all’impazzata, i nostri corpi straripavano
libidine.
Io avevo la ragazza, si chiamava Maria.
C’eravamo conosciuti sui banchi del 2° Ginnasio e tra accattivanti
sorrisi e ammiccamenti sguardi era nata una simpatia trasformatasi
poi in un tenero ma platonico amore, così come i tempi imponevano.
Tante volte avevo sognato quella prima volta insieme a lei, una prima
volta fatta di tenerezze e tanto amore.
Il pentimento per una scelta così squallida e povera, attanagliava il
cuore mio ma ormai non potevo tirarmi indietro ne andava di mezzo
il mio orgoglio mascolino.
Ci fermammo poco lontani dalla palazzina così da vedere l’ingresso
dell’appartamento.
Ormai il sole era calato da un pezzo ed il suo posto era stato preso da
una tondeggiante e gradevole luna bianca messa lì in mezzo al cieli
quasi a voler addolcire la tormentata attesa.
Iniziammo la conta per chi doveva essere il primo ad avere il tanto
desiderato amplesso, una volta entrati in quell’alcova.
Io che con la mano destra distrattamente aveva buttato giù un due,
mostrando l’indice e il medio, in cuor mio pregavo Iddio che fosse
accaduto qualche cosa cosicché ci avrebbe fatto andar via da
quell’arido e penoso posto.
Ad un tratto si sentì un strillo: - Rigà Annasconnemoce, ce sta er
vecchio49
Ci nascondemmo dietro l’angolo di quella piazza.
Facendo capolino, vidi una persona molto anziana essere inghiottita
da quella “casa”.
Quel vecchio, classe 1866, dal volto rugoso scomparve, quel senso di
eccitamento sessuale, accumulato in tutti quelle ore di attesa, svigorì.
-Perché un’annamo via? Tanto ormai qua…, indicando il cavollo dei
pantaloni e volteggiando a desta e a manca, l’indice e il pollice della
mano destra –nun se move più gnente e de sicuro la porteremmo a
magra figura- dissi.
-Hai ragione, annmosene sennò, tra ‘mpar de giorni, tutto er portene
e zone litrofe sapranno che ‘co la mignotta avevamo fatto cilecca e ci
piperanno puro ‘pe froci,- rispose Otello.
-Annamo annamo e puro de corsa; ‘ansai le risate che se farebbero
l’amici nostri a la notizia d’aver cileccato ‘co la mignotta? Concluse
Romolo.
Il miracolo s’era compiuto, andammo via.
Durante il percorso inverso, un malinconico silenzio accompagnava
le nostre stanche pedalate, un silenzio che racchiudeva la rabbia per
aver visto svanire un voluttuoso sogno.
Improvvisamente, ci mettemmo a ridere a crepa-pelle.
La rabbia s’era mutata in felicità.
Avevamo avuto la prova, e la speranza per noi, che un uomo a 81
anni e per giunta malandato può essere ancora colto dal desiderio
sessuale ed io potevo continuare a sognare una prima volta, fatta di
tante tenerezze e tanto amore, con Maria.
Arrivati nei pressi di via della Consolata, ci fermammo al banco lotto
“der sor Checco” dove giocammo tre numeri sulla ruota di Roma: 78
la mignotta, 72 il nonno, convincendo Otello e Romolo d’aggiungere
a quei due numeri un terzo numero il 66, “il miracolo compiuto”
senza dare nessuna spiegazione su quel numero.
Il sabato seguente di quei numeri non ne venne estratto nemmeno
uno, in compenso sette anni dopo quel marzo 1947 sposai Maria, che
ancora oggi non sa cosa stavo per fare quel giorno.
Mi sveglia di soprassalto, i ragazzi non c’erano più, forse erano scesi
ad una delle fermate precedenti.
Una voce anonima, asettica, avvertiva dall’altoparlante d’essere
arrivati alla stazione di “Cornelia”.
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Accompagnato dal mio bastone scesi dal vagone: dovevo andare alla
Posta per ritirare la mia pensione.
Quel dondolio, quei ragazzi, quell’odore di gente che si spandeva
intorno a me, avevano riportato alla mente una remota pagina della
mia vita trovandola tenera, dolce, ma di certo non al passo coi tempi.
Appena fuori dalla stazione della metropolitana, alzai gli occhi al
cielo, respirai profondamente e lentamente m’incamminai verso
l’Ufficio postale pensando, con una smorfia d’invidia, al nonno di
Otello e ai miei 78 anni.
Michele Limpido
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LE GATTINE DI MIO PADRE
Augusto amava gli animali, tutti gli animali. Teneva cinque
pecore, un maiale, due gatti, alcuni conigli, galline, gallo e pulcini,
due tacchini. Gli animali stavano vicini tra di loro, ciascuna
“famiglia” nel posto assegnato intorno casa. All’ora del pasto tutti
sapevano e prevenivano i movimenti del padrone; ognuno gli si
faceva incontro nel logo dove sarebbe stato governato. Ogni animale
faceva il suo verso caratteristico che poteva essere una richiesta, un
ringraziamento. Ogni animale aveva il suo carattere, la sua
personalità; ognuno veniva chiamato per nome. Ciascuno doveva
essere trattato in modo diverso. Augusto lo sapeva e lo faceva, anzi
per ognuno aveva il suo gesto, la sua voce. Per tutti aveva una parola,
che poteva essere approvazione o un rimprovero, uno scambio di
opinioni o un gioco. I più brontoloni, ma pure i più ingordi e
sfacciati, erano i tacchini. Con loro dovevano trattare prima degli
altri…
Simpatico era trovarsi vicino a quegli animali e vedere la loro
reazione quando sentivano da lontano la voce del padrone: tutti
insieme alzavano la testa in direzione del suono in attesa di vedere se
si avvicinava. Augusto a volte si portava nell’aia per riposarsi, per
distrarsi dalle solite cose in orari diversi dagli abituali. Lì aveva il suo
sedile di sasso all’ombra di una pergola. Spesso portava in mano
qualche oggetto da rifinire, da aggiustare. Allora ad uno ad uno tutti
gli animali si presentavano per un salito, o perché volevano vedere.
Ognuno voleva una carezza personale, ognuno la sua parola preferita,
addirittura il suo discorsetto. Chi lo leccava, chi lo annusava. Per tutti
c’era il complimento, prima del commiato. Più umili di tutti erano le
galline. Quando vedevano il braccio alzato e la manona aperta del
padrone (Augusto era alto e robusto ed aveva grandi mani) si
accovacciavano lì dove si trovavano ed aprivano le ali in attesa di
essere prese: “Coòcocò…. coòcococò…”. Egli stringeva la mano
sulla schiena di quella più vicina e se la portava in braccio, con due
carezze le accomodava le penne e le imitava il verso come per
scambiar due chiacchiere: la chiamava per nome, le tastava il gozzo
per sentire se era pieno e la rilasciava.
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Una vita a parte era quella della gatta. Si chiamava Micetta.
Lei era autorizzata ad andare fino alla porta di casa, ad aspettarlo lì.
La mattina alle sei, all’ora che Augusto usciva per andare a lavoro.
Micetta sull’uscio gli dava il buongiorno con uno strascicato “miao”,
mentre riceveva il suo premio. “Micetta, sei già qui. Allora
andiamo…”
Una carrareccia in discesa, dopo cinquecento metri in mezzo
al bosco, li portava fino al garage vicino al paese e vicino alla
Provinciale, dove Augusto teneva la sua “Lambretta”. Saliva sul
mezzo, salutava la gatta e andava a lavoro. La gatta riprendeva la via
di casa fino alle sei di sera, quando per la stessa carrareccia tornava
all’incrocio della Provinciale vicino alla Fonte dell’Acquarella. Lì
aspettava il ritorno del padrone, perché per Micetta era un rito ed una
gratificazione fare un pezzo di strada in Lambretta accanto a lui.
Augusto arrivava, si fermava davanti a Micetta e la invitava: “Sali!”
Micetta saliva sulla pedana tra i piedi del padrone ed insieme
percorrevano i cento metri fino al garage. Lei si contentava di stare
vicino al padrone più degli altri. Facevano la strada insieme
percorrevano i cento metri fino al garage. Lei si contentava di stare
vicino al padrone più degli altri. Facevano la strada di rientro a casa
insieme; tanti passi lui, tanti passi lei.
Micetta era pure molto brava per i topi e sapeva che il
padrone era orgoglioso di lei per questa abilità. Così, quando ne
prendeva uno, prima di dividerlo con i suoi figli, lo portava alla porta
di casa del padrone ed aspettava finché questo non usciva. Allora
Augusto la accarezzava per ringraziarla, poi: “Vai, portalo a
Felicetto…” la gatta con un guizzo addentava il topo fosse vivo ed
ubbidiva.
Arrivò il tempo della pensione di Augusto. Ad uno ad uno gli
animali lasciarono l’aia senza sostituzione. Partì il maiale, partirono
le pecore, poi i tacchini ed i conigli man mano che la sua salute
malferma. Le galline furono ridotte al minimo, finché un giorno
anche Augusto prese una strada sconosciuta a tutti e non tornò
indietro. Rimasero le sue gattine, le figlie di Micetta. Anch’esse, però
avevano interiorizzato i sentimenti della madre: conoscevano le
strade intorno casa,
53
i passi, la voce di lui. Quel giorno si resero conto che non avrebbero
più ricevuto le sue carezze e per tutta la giornata, mute, sempre tra i
piedi dei visitatori, vegliarono la solita porta fino a notte.
Poi la loro vita riprese allo stesso modo: non dimenticavano la
puntualità agli appuntamenti; all’orario stabilito si presentavano alla
porta di casa; mantennero gli stessi luoghi di caccia e di riposo, come
se ogni volta il padrone dovesse ripresentarsi con le sue abitudini. Per
chi abitava nella casa di Augusto era un impegno ripetuto volentieri
continuare la cura delle gattine.
Oggi nessuno si affaccia più a quella porta, ma le gattine non
si danno per vinte. Aspettano per mostrare a chi si presenterà ad
aprire di nuovo il loro diritto a “ereditare” quella casa. Perciò
rimangono lì, sull’uscio, e non chiamano più. Piangono sommesse.
Gianfranca Menichetti
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“UNA STORIA D’AMORE SENZA FINE”
Le parole inghiottite da questo profondo mare di silenzio che mi
circonda perdono, a poco a poco, la loro voce ed io, muto,
nell’ascoltare la mia mente assalita dai ricordi più belli ma confusa da
una speranza ormai troppo a lungo sopita, mi sento solo anche se
accompagnato dal piacevole tormento che è l’inarrestabile desiderio
di scriverti.
Si perché l’ardore della mia passione saprà conservare questo mio
immenso amore come uno splendido fiore semprevivo e un
meraviglioso dono dal quale nulla potrà più separarmi.
Ora desidero solo pensare a te, parlarti, continuare a scriverti frasi
appassionate che sicuramente per un magico gioco che si perpetua,
dalla vita alla morte, sapranno come giungere fino a te, amore mio.
Oh! Se le parole scritte su questo foglio si cancellassero appena lette
per lasciare spazi vuoti, sbiaditi qua e là dalle mie lacrime; si perché
io scrivo e poi piango, poi riprendo a scrivere e poi piango ancora e
questo mio infinito desiderio di scrivere si sostituisce al mio bisogno
di parlarti e di chiamarti, se non fosse che nessuna risposta potrà più
spezzare questo profondo silenzio che mi rende tutto così vuoto
intorno, ma che a furia di cercarti e di chiamarti ho imparato ad
ascoltare.
Oh! Se l’inchiostro di questa penna si esaurisse nel mezzo della
parola “amore” per lasciar scritto solo “amo….” Si perché amo così
tanto tutto ciò che di te mi manca che tutto il resto è il nulla
accompagnato da questo mio dolore così grande da oscurare perfino
l’infinito.
Si, se riuscissi finalmente a finire di scrivere questa pagina, essa non
sarebbe più l’ennesima penultima pagina di una storia d’amore senza
fine.
Bruno Bertolani
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INDICE
4
Il Commento
di Ninetta Tripodi
5
A piedi nudi
Maria Provenzano
6
Albero romano 2008
Alice Tonelli
7
Amor comunque sia
Giuseppe De Luca
8
Dedicata al volontariato
Larina Tagliaventi
9
Disperato autunno
Maria Grazia
10
Il figlio disperato
Rossana Paoletti
11
I sensi
Maria Stella Gavirati
12
In ascolto
Giovanna Staiano
13
L’alba
Mario Pucci
14
L’immagine
Giovanna Staiano
15
La sirena
Elizabet Molayem
16
La vita
Graziella Romanin
17
Mary Lidia nel mio cuor
Francesco Munzi
18
Non lasciarti
Guido Verde
19
Odio il mare
Lidiano Balocchi
20
Per ricordare questo …….
Agostino Botticelli
21
Piccolo naufrago
Adriana Vendemini
22
Pietre
Giovanna Staiano
23
Rosa di natale
Gian Paolo Donà
56
25
Saluto Igor
Elisa Catodici
26
Spettacolo
Anna Dolci
27
Suonata in si maggiore
Franco Ariani
28
Ti amo
Paolo Michele Toscano
29
Trentuno dicembre
Maria Cristina Corsetti
31
Umanità
Gualtiero Nobili
32
Un tuffo nel passato
Anna Manzo
33
Villa Claudia Anzio
Maria Zanta
34
Voglia d’amare
Giovanni Addari
36
Ai ballerini del centro ……
Remo Baldassarri
37
Er burraco
Sergio Incitti
38
Er pappagallo e la civetta
Franco Ruggeri
39
La famija che nun rischia
Claudio Giampaolo
40
L’artalena
Katia Miccio
41
L’insogno
Ferdinando Quoiani
42
All’ora dell’Ave Maria
Gian Paolo Donà
45
Emozioni, frammenti di ….
Pina Raganelli
48
In viaggio nella memoria
Michele Limpido
52
Le gattine di mio padre
Gianfranca Menichetti
55
Una storia d’amore ….
Bruno Bertolani
57