Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO
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IL SECONDO RINASCIMENTO Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO VERDIGLIONE Questa è la trascrizione del master dal titolo Le donne, la vendita, il profitto. Quali tabù? Quale finanza? Quale piacere? che si è tenuto a Udine. Sabato, 24-25 giugno 1995 MARISANTA di PRAMPERO de CARVALHO Buongiorno a tutti! A nome del Sindaco e mio, vi dò il benvenuto a questo convegno. Sono molto onorata di essere qui. Io mi occupo di cultura, ho sempre fatto in modo che la cultura diventasse un’impresa e ho sempre incontrato ostacoli piuttosto forti. Mi piacerebbe rimanere con voi per seguire i lavori e capire gli sbocchi che la materia presenta a chi si è dedicato principalmente a questo. Sono contenta che il Sindaco abbia delegato me a portare il saluto della città, perché il problema l’ho sentito molto e credo che il vostro capillare lavoro di convincimento, avendo esso un’influenza sulla famiglia, vada seguito in profondità. Mi dichiaro a disposizione e sarò contenta se mi terrete al corrente dei vostri passi. Che la vostra presenza sia proficua per le donne, la società e la città di Udine. CRISTINA FRUA DE ANGELI La felice occasione di oggi e domani a Udine prosegue una ricerca incominciata negli anni settanta. L’integrazione tra cultura e impresa è sempre stata in cima ai nostri congressi, ai dibattiti, alla produzione dei libri, alla produzione di arte. Essa comporta un’altra nozione d’imprenditore, un’altra nozione d’intellettuale, quindi un altro capitalismo. E un’altra cultura d’impresa, in cui le donne sono protagoniste, senza dover indossare gli abiti del manager, secondo una mitologia diffusa negli anni ottanta. Quindi con umiltà, discrezione, con sobrietà e audacia, in una costante interlocuzione con ciascuno. ARMANDO VERDIGLIONE Avete preparato domande, quesiti, interrogazioni, interventi o preferite che sia io a lanciare qualcosa? 11 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE M. d. P. Io ritengo che il profitto sia, in parte, la realizzazione di se stessi, che sia un compimento. In noi abbiamo, magari soffocate, valenze da imprenditrici. Se ci avviamo verso questa realizzazione profonda siamo tutte imprenditrici, chi più chi meno. Non si tratta di un piacere o di un atteggiamento, ma di una realizzazione. A. V. Almeno duemilacinquecento anni della storia del Mediterraneo e dell’Europa sono organizzati, scritti, stabiliti, fissati come programma di morte. “Quanto tempo ci vuole per morire?”. Il monopolio mondiale sulla morte fonda il monopolio mondiale sulla nascita. Da duemilacinquecento anni, questo monopolio è affidato a una mitologia, che è medica e filosofica, a volte psichiatrica o psicologica, a volte sociologica o antropologica, ma sempre nell’ambito dell’archeologia. Si tratta di un arcaismo molto diffuso contro l’impresa, contro l’industria, contro la parola, contro la particolarità, secondo cui la strada di ciascuno si costituisce verso la qualità. È un’altra la storia dell’Europa e del Mediterraneo, è un’altra la storia del pianeta, se viene situata, dal rinascimento a oggi, nella parola, se la parola viene riconosciuta e ammessa — da Leonardo e Machiavelli fino all’intrapresa di ciascuno, oggi — come originaria, con la sua logica e la sua struttura, la sua industria, la sua impresa, la sua finanza, la sua qualità. La questione non è “fra quanto tempo morirai?” o “di che cosa morirai?” oppure “di quale morte tu vivi?”, ma è il programma di vita. Un’altra medicina, un’altra filosofia, un’altra logica, un altro progetto, un altro programma di vita e non più di morte. I medici, le loro strutture, gli ospedali, le istituzioni, le confessioni e le professioni si organizzano, si scrivono, si stabiliscono, s’instaurano in modo incomparabilmente differente e vario se si costituiscono secondo un programma di vita e lo promuovono. Cosa assolutamente non tollerata dalla mitologia medico-filosofica, dalla mitologia corrente, dalla demonologia che ha colpito per cinquant’anni la cultura e l’arte dell’impresa, in Italia e in Europa. A volte, per commercializzare, diffondere, propagare, vendere o proporre l’impresa, gli imprenditori si avvalgono della stessa mitologia, della stessa tanatologia, dello stesso discorso della morte che colpisce proprio l’impresa. Questa è l’antinomia, il contrasto. La demonologia che non cessa, l’arcaismo che si ripropone, la mitologia che si presenta in ogni angolo delle istituzioni, tutto questo noi lo ritroviamo come anfibologia, come modo dell’apertura anziché come chiusura. Dante attraversa l’inferno, non ci resta. Tutto ciò che appare come infernale, come chiusura, è soltanto l’indizio dell’apertura originaria da trovare. Il discorso occidentale è il discorso della morte, basato sul principio 12 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE del piacere, della comodità, del comfort, della via facile. È il principio della morte, senza aria e senza apertura, che programma la morte e non la vita. Dove le donne non esistono se non come supporto dello stesso discorso, della stessa genealogia, della stessa morfologia, dello stesso sistema. Insomma, la donna che giunge a divenire imprenditrice è colei che rischia in assoluto e in proprio, senza rimando, senza remora, senza riserva. E è su questo tipo di donna che si basa l’avvenire della finanza, dell’impresa, dell’industria in Europa e nel Mediterraneo. A Udine. Attraversando la piazza XX Settembre, entrate in una galleria che qui viene chiamata la “corte” — mantiene questa denominazione solenne: la corte, la curia, il teatro, l’accademia erano i luoghi del sapere partecipato. A un certo punto trovate un negozio: Il mercante dei sogni. Vende oggetti curiosi, manufatti, prodotti artigianali o artistici, un po’ orientali, oggetti di frontiera. Ma esiste il mercante dei sogni? Chi è l’impossibile mercante dei sogni e delle dimenticanze? È il suicida. Il mercante è il nome, è lo zero che s’instaura nella sua funzione con il rinascimento. La donna è indice dell’anonimato del nome nella sua funzione, il padre è indice dell’innominabile del nome nella sua funzione. Il nome che funziona è autore; da qui la responsabilità, che è della legge, cioè del compimento della scrittura, dove il nome, lo zero, funziona. Il rinascimento incomincia così: con il funzionamento del nome. Il nome, lo zero, è il lavoratore e anche il mercante. Il lavoratore è il mercante. In Grecia, la donna è la morte, semplicemente. La storia delle Parche è chiarissima, limpidissima, luminosissima: la donna è la morte. Sono tre le Parche: Cloto comincia a avviare il filo, ma è un filo già destinato; Lachesi lo mantiene, Atropo lo taglia. Questa donna che può avviare e tagliare il filo è la morte. Amare questa donna è amare la morte. Amare le Parche è amare la morte. Il mammismo è questo. Il mammismo è greco, non è Maria — vergine, madre — la fonte del mammismo. Sono le Parche. L’arcaismo permane come paganesimo e si contrappone alla donna che è disposta a incominciare, a debuttare, alla donna imprenditrice, alla donna nella finanza, nella comunicazione, nella scrittura, nell’arte, nella cultura, nel pubblico e nel privato. Nulla di nuovo può farsi in Italia e in Europa senza le donne. Nulla d’interessante, nulla d’intellettuale, nulla di artistico, nulla di culturale. Le mafie omosessuali sono basate sull’ideologia dell’invidia, che fonda la parità sociale e sessuale, fonda l’homo sexualis, il sistema morfolologico-dinamico (come lo chiama René Thom) che contempla al suo interno la nascita e la morte, la catastrofe, l’incidente, il disastro, il IL SECONDO RINASCIMENTO Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO VERDIGLIONE negativismo. Tutto al suo interno. Il sistema morfologico-dinamico di René Thom è un sistema perfettamente mammista. È la teoria delle catastrofi, è il catastrofismo degli anni ottanta portato come riflusso. E gli anni novanta, almeno per questo aspetto, sono peggiori degli anni ottanta. Non c’è limite al peggio, nella gnosi. Il fondo è sempre più fondo. Il male è sempre più male. La gnosi si nutre della morte, del negativo, del male, della catastrofe, dell’incidente, del disastro e trova, lì, la sua massima certezza, la sua garanzia, l’occasione per diventare sempre più bianca. Narciso muore di niente — ovvero, abolizione della voce, dell’intervallo, del tempo. Al posto della morte, Narciso vuole essere se stesso. Essere è impossibile, essere se stesso è un paradosso, essere l’Altro pure. È un’assurda azione mammista la sua. Per l’impossibile riconoscimento, per l’impossibile autenticità. Trovarsi, dice Pirandello, è impossibile. Essere è assurdo, diciamo noi. La campagna è lo spazio della parola, non può più contrapporsi alla città. È il disegno della parola, il disegno dell’apertura e del tempo. Non c’è più questa distinzione ideologica tra campagna e città. Udine è, come ciascuna città, costituita sul limite e sulla frontiera del tempo, che è limite e frontiera della città. Città della cultura e dell’arte, della finanza, della comunicazione, città planetaria. Udine si trova tra nord e sud, dove il nord sia il corpo immortale e il sud sia la scena non più negativa, dove corpo e scena non siano luoghi. Nord e sud non sono luoghi, si situano tra oriente e occidente, tra cultura e arte. Udine è essenziale per l’integrazione culturale, artistica e quindi economica e politica dell’Europa. Udine, Trieste, il Friuli. Se pare che il suicidio abbondi, è per questo impossibile regno delle Parche. Che cosa resta?, si chiede Enrica Ferri, che cosa resta della parola? La scrittura. La cifra. Questo è il vero capitale, la qualità della vita. “Che cosa resta dell’entusiasmo?”. Rispondo io: “Niente”, cioè il pleonasmo. C’è il resto come punto e contrappunto della resistenza (l’io è il resto), poi c’è un’altra nozione di resto: la scrittura. Scrittura della storia, della ricerca, dell’esperienza, del fare, scrittura delle cose che si fanno. Questa scrittura avviene nella parola, attraverso la traduzione, la trasmissione, la trasposizione. Ci sono termini che lei, Enrica Ferri, acquisisce a Milano, o adesso a Udine, e che occorre che passino, durante la settimana, attraverso la traduzione, la trasmissione e la trasposizione. La scrittura della storia, della propria ricerca avviene nell’altra lingua, con Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE la traduzione e con la trasmissione. La scrittura delle cose che si fanno, della politica, avviene nella lingua altra, nella lingua diplomatica, con la trasposizione. Mai parlare nella propria lingua! Il protagonista dell’esperienza non parla mai nella propria lingua. Quella è la lingua dei litiganti, che produce un rumore perpetuo, un frastuono, dove non c’è la solitudine, non c’è il silenzio, non c’è l’ascolto. Ciascuno parla nell’altra lingua, e ciascuno intende nella propria. Insisto su questo: è la base della psicanalisi, la base dell’impresa, la base della comunicazione che nessuno parli nella propria lingua! Non c’è analisi né arte né cultura se ognuno parla nella propria lingua, se si parla addosso, in altre parole, se personalizza la questione economica e la questione finanziaria e, come scriveva Natale Colombo, ne fa una faccenda personale, comincia a distinguere il “per me”, il “per te”, il “per l’altro”. Questo è il suicidio. Continuando a chiedersi: “che cosa resta?”, arriva all’azione assurda, mammista, che è il suicidio. La differenza, la varietà esigono l’integrazione, non l’unità. C’è un modello tradizionale che dice che bisogna fare tutt’uno, essere uno, essere unità, dove ci siano l’uomo e il suo supporto, che è la donna. La genealogia è umana e si basa sulla morte: “Ognuno è mortale”. Così la morte determina l’umano. C’è tra voi chi interviene? GIANNI TAGLIAPIETRA Lei parla di scrittura dell’esperienza. La nozione comune di esperienza, mi pare, non si è molto allontanata dalla definizione che Aristotele ne dà nella Metafisica e che si rifà al ricordo. Per Aristotele, l’esperienza è la serie di casi su cui può ergersi l’arte come riduzione del particolare all’universale. Accanto all’intuizione, l’esperienza costituisce la bestia nera del discorso occidentale. I filosofi, compresi gli esperti di filosofia morale, evitano accuratamente di addentrarsi nell’esplorazione di questi due termini, esperienza e intuizione. Ma nella struttura del termine c’è qualcosa di molto interessante: la radice -per, da cui peíras, che spesso viene tradotto con limite. Troviamo la stessa radice nella parola greca peirasmós, tentazione, in latino). Sappiamo che il pirata, peiratés, è colui che disturba una tranquilla navigazione, la rotta già tracciata. È curioso che il discorso occidentale, scrivendo dell’esperienza, s’imbatta in quella forma di pirata che è la donna. Per Dante la donna è il pirata; la scrittura di Dante si compie — per sua stessa ammissione — perché, in chiesa, incontra lo sguardo di una fanciulla di nove anni, Beatrice. Il termine pirata designa anche il diavolo, da qui la donna pirata, la donna diavolo, il diavolo che introduce l’esperienza, sopra 15 IL SECONDO RINASCIMENTO Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO VERDIGLIONE tutto nel rinascimento, o il diavolo che limita l’esperienza, nel discorso occidentale. Sulla donna come limite dell’esperienza si basa il collezionismo, un certo dongiovannismo, pratica diffusa del collezionare i limiti o i casi per assurgere all’universale, per estrarne un’arte in cui la donna sia non già indice della specificità, della differenza, ma universale, secondo il modello delle Parche. Tutto questo per indicare i termini di un’esplorazione su cui lei insiste, sopra tutto nel suo ultimo libro dedicato a Machiavelli. Io la prego di tornare sulla questione della scrittura dell’esperienza. Che non è una scrittura del ricordo, secondo il modello aristotelico, né una scrittura intuizionistica, secondo il romanticismo e l’idealismo soggettivo di Fichte, ma la scrittura dell’esperienza. A. V. La prosa è la scrittura dell’esperienza, la scrittura di questo va e vieni delle cose, lungo il sentiero della notte, lungo il sentiero del giorno e lungo il filo del crepuscolo (o filo di Arianna), il filo della verità. Questa è scrittura della parola e non scrittura parricida o matricida, come invece è la scrittura nel discorso occidentale. Il discorso occidentale pone, al posto della scrittura della storia, la scrittura parricida. E al posto della scrittura della politica, la scrittura matricida. Il caso è ciò che la scrittura della politica rilascia. Caso che risalta dall’unico, cioè dall’effetto della differenza e della varietà irrappresentabili, impersonificabili. Nessuna procedura dal particolare all’universale: la procedura è dal due, dall’apertura, secondo il particolare (il particolare in greco si chiama idioma), quindi dalla logica della parola, quella che è rigorosamente espunta dal discorso occidentale. La logica del discorso occidentale è logica del discorso, non è logica della parola originaria, libera, impadroneggiabile. L’esperienza è esperienza della parola. Esperienza cifrale e cifratica: cifratica dell’esperienza e esperienza cifrale, cioè esperienza della parola. Nel discorso occidentale l’esperienza è sempre esperienza del discorso, sua manifestazione, fenomeno, illustrazione, che deve lasciare il posto alla trasparenza. L’esperienza è la bestia nera, dice Gianni Tagliapietra, come l’intuizione, in quanto deve fare risaltare il bianco. È una zoologia che dal nero deve volgersi al bianco, al sempre più bianco, fino alla morte bianca. L’epoca degli anni novanta contrappone all’era planetaria, all’era della comunicazione, il bianco sempre più bianco. Guerra bianca. Anche la guerra nella ex Iugoslavia, per quanto appaia sanguinosa, cruenta, è sempre una rappresentazione, un ricordo, una reviviscenza, un revivalismo della guerra, ma perché sia purificata, perché sia sempre più pura — è una guerra per purismo. Purismo etnico, purismo ideologico, purismo religioso, purismo economico, purismo finanziario. L’applica- Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE zione più rigorosa del purismo finanziario è il suicidio. Il tabù della finanza portato all’estremo conduce al suicidio. Insomma, il discorso occidentale pone la scrittura al posto della memoria e come memoria, mentre la cifrematica constata che la scrittura è scrittura dell’esperienza e quindi scrittura della memoria, con la traduzione, la trasmissione, la trasposizione. In un’accezione molto precisa essa è scrittura del transfert. La memoria, nella psicanalisi e nella cifrematica, è il transfert. Non il transfert è memoria! Voi capite subito che tutto ciò non c’entra niente con l’esperienza secondo John Dewey: quello è pragmaticismo volgare, che si arrabatta a parlare la propria lingua. Mettersi a parlare la propria lingua non è esperienza! È atomismo, frammentarismo, autonomismo. Autonomo è soltanto il soggetto automa, cioè il soggetto al posto del tempo, del ritmo. Questo è un accenno, perché la domanda rivolta da Tagliapietra riveste moltissimi aspetti, ora ne ho toccati solo alcuni per riprendere e rilanciare il dibattito. Propongo a Tagliapietra di fare un articolo sul termine esperienza come termine del dizionario, toccando póros (passo), á-poros (impassabile), a-peíron (infinito), la costellazione dei termini, passo e limite, passo e piede, ciò che sta nell’intervallo. Giorgio Antonucci, nella sua recensione al Leonardo da Vinci, ha una buona formulazione del principio del terzo escluso: “O con me o contro di me”. Secondo il principio del terzo escluso, amico-nemico non sono anfibologia, ma rappresentazioni grammaticali dell’Altro. Amico-nemico non che non esista, ma non è l’Altro. Amico-nemico è anfibologia, cioè modo dell’apertura. Basta che io non dica: il tale è mio nemico. Se io radicalizzo la questione e dico: amicizia-inimicizia non è il taglio del due, non è dicotomia, ma è anfibologia, modo dell’inconciliabile, modo dell’apertura, modo della relazione, allora io trovo il modo di analizzare e articolare la paranoia, compito assolutamente essenziale nella nostra epoca. Nel Giardino dell’automa scrivo che non c’è più isteria, non c’è più schizofrenia, non c’è più nevrosi ossessiva, non c’è più paranoia. Sono teoremi. Ma un conto è il teorema: “non c’è più”, un altro conto è combattere ciascun giorno, in ciascun istante, nell’eternità dell’istante. Ciascuno, combattendo, non perde. La vittoria fa parte del superfluo, non possiamo prevederla. Diciamo: “Eccola! La tengo in pugno!”, e è subito sconfitta, perché cesso di combattere. L’euforia è il segno sicuro della sconfitta. Come si manifesta? Con ictus, infarto, Aids, cancro, contrappassi e contropiedi rispetto ai tentativi vani di dominare la parola, di dominare la particolarità e la strada di ciascuno. Ribadisco: noi abbiamo bisogno di fare, d’intraprendere, di governare, di educare, di 17 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE combattere, di amministrare, di scrivere. In nessun istante possiamo dire: “Ecco la vittoria!”, contempleremmo la sconfitta. Chi combatte, chi lotta non soccombe e non perde. Soccombe chi crede di potere fermarsi un solo istante nella battaglia, nella lotta, nella partita, nel ballo. Per chi pone la salvezza al posto della qualità e cerca i segni della salvezza — “Che cosa mi rende sicuro, calmo, a posto, sano e salvo?” — questi segni diventano immediatamente segni di perdizione e di pena. Come avviene la scrittura dell’esperienza? Attraverso dispositivi di parola, dispositivi di ricerca, dispositivi del fare, dispositivi di governo, di amministrazione, di battaglia, di comunicazione. Sempre artificiali. Cervelli artificiali. La sessualità è compito esclusivo del cervello. È una sessualità totalmente cerebrale! Cervelli artificiali, così li chiama Leonardo, così li chiama Machiavelli. Dispositivi, botteghe di arte e di cultura, di amministrazione della città. La città è costituita dall’arte e dalla cultura. M. d. P. Quando lei ha parlato di vittoria io pensavo alle parole del Vangelo: “vigilare sempre”. Quando ci sembra di arrivare a un successo, è un piccolo gradino sulla scala che dovremo ancora salire. A. V. Lei sta citando il passo delle fanciulle con la lucerna. M. d. P. Sì, e quel gradino è una gratificazione per salire un po’ di più. Ma guai a dormire sugli allori! La vittoria ci deve aiutare a essere vigili per salire e conquistare altre vittorie; non sono le vittorie che devono spingerci a andare avanti, ma quanto, attraverso la vittoria, si è realizzato. Per proseguire, bisogna agire con lo stesso coraggio con cui abbiamo agito prima. Io ho sempre fatto cose che non avevo mai fatto prima. Occorre essere vigili, aperti, con coraggio e con impegno. Non si può continuare con il vestito della prima comunione, bisogna riproporsi con coraggio in ciò a cui si è chiamati a fare. A. V. Interessante. La lucerna, dicevamo. Riprenderemo quel brano del Vangelo. È curioso che Cristo, come nota Maria Rosa Ortolan, si rivolga spesso alle donne, alle fanciulle nei suoi interventi — apologhi, parabole, aneddoti — dove giungono anche i miracoli. Miracoli e aneddoti, inediti. E anche se egli non si rivolge alle donne, le donne intervengono, comunque. Così le fanciulle che tengono la lucerna accesa fanno in modo che l’olio sia sempre lì a alimentare la lucerna, un olio speciale e una lucerna specialissima. In qualsiasi istante può giungere il Signore, il maestro: esse sono pronte. L’olio e quello che occorre, la lucerna e quello che occorre, l’olio e la lucerna come occorre indicano che le fanciulle sono pronte, che qualcosa può accadere, il miracolo può accadere. Questo “può” non è una possibilità, ma un’improbabilità, dove non si 18 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE tratta dell’impossibile, ma del contingente: il miracolo avviene perché il contingente non è l’impossibile. Ma nel discorso comune il contingente viene trattato come impossibile o come possibilità collettiva o sociale. L’olio e la lucerna indicano che le fanciulle sono pronte, che stanno nel dispositivo, quindi che le cose si fanno. Il dispositivo in atto è il Signore, il maestro, il principe, la repubblica. Lì non si tratta più d’indossare l’abito o il vestito. Il nudo stesso è maschera, quindi indice dell’alterità dell’immagine, senza nulla di negativo. Ma c’è il vestito impossibile: è il vestito della seconda comunione, quello che procede dal due. Il vestito impossibile da indossare nella sembianza è il dispositivo in atto. Queste fanciulle costituiscono l’esercito, costituiscono già il dispositivo. Ciascuna sta nel suo dispositivo. Ciascuna è indispensabile! Quando noi diciamo che ciascuno è indispensabile, diciamo che ciascuno diviene dispositivo, diviene protagonista. La donna imprenditrice è la donna che diviene imprenditrice, quindi, dispositivo intellettuale. Imprenditore è il tempo e chi è emulo del tempo. E in quanto è imprenditore è anche venditore, cioè bada alla conclusione delle cose, ancora una volta alla scrittura della politica, la scrittura delle cose che si fanno secondo l’occorrenza. Potremmo anche chiamare queste fanciulle, che aspettano con il loro olio e con la loro lucerna, mistiche e missionarie. MARIA ROSA ORTOLAN Perché non martiri? A. V. Martiri nell’accezione del termine greco di testimone, non nel senso che debbano confessare la fede con la loro morte, perché non è questo il martirio. Il martirio esclude il concetto di vittima, chi è vittima non è testimone. Chi soccombe non è testimone. Badate: chi combatte, chi rischia in assoluto può raccontare e scrivere l’esperienza! Chi è protagonista può raccontare e scrivere l’esperienza in cui si è trovato a correre un rischio assoluto: rischio d’impresa, rischio di comunicazione, rischio di scrittura, rischio di verità. Chi soccombe, chi non lotta, chi non combatte è vittima: non può raccontare e scrivere nulla. Di lui, di lei non resta nulla. Resta qualcosa di chi combatte. Resta qualcosa dove s’instaura il superfluo. Chi fa tutto per il necessario, chi fa appena il necessario, chi vive la vita ordinaria, chi crede di poter vivere la vita comoda, facile, secondo i principi del minimo sforzo, del minimo rischio, di lui, di lei non resta nulla! M. d. P. Su questa base direi che le fanciulle sono delle imprenditrici, perché devono accorgersi subito che ci sia olio sufficiente per tenere accesa la lanterna e sono pronte per entrare in azione. Non sanno ancora quale sarà, ma sono vigili e pronte come dev’essere un’imprenditrice. 19 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE A. V. E io sono amico di quelle fanciulle! RITA MORSUT Perché le altre vergini che rischiano di andare a prendere l’olio vengono chiuse fuori? Anche qui c’è la figura del due. C’è qualcuno che entra e qualcuno che... A. V. Sì, nella parabola. Questa è la parabola delle vergini. C. F. D. A. La figura di chi soccombe evoca i vinti di Giovanni Verga. Dicevamo una volta che sono sempre i vincitori a scrivere la storia... A. V. Il romanzo, da Ariosto a Boiardo a Tasso a Cervantes fino a oggi, non è mai il romanzo del vincitore, nell’accezione della storiografia, per esempio quella umanistica del Quattrocento, osannante attorno al vincitore e alla genealogia del vincitore come sistema zoologico-dinamico. Con Auguste Comte e l’evoluzionismo, si tratta della lotta per la vita ma, in pratica, per la sopravvivenza. Mentre qui noi discutiamo della lotta della vita più che per la sopravvivenza. Non facciamo la cartella clinica di coloro che soccombono, quindi dei soggetti. Diciamo che non c’è più questo soggetto, eppure ci scontriamo in ciascun istante con il soggetto, che si chiami Giacomino o in altro modo — Giacomino non è soggetto! —, e allora ci “esercitiamo”, procedendo dall’anfibologia, dove il soggetto come animale fantastico diviene soltanto figura, indice dell’apertura, quindi sfocia nell’anfibologia da cui procede lo stesso fantasma. Quella di Giovanni Verga è una parodia. Apparentemente, il pretesto è il realismo, che si muove lungo l’ideologia di Auguste Comte, e che avrebbe ispirato Zola, i fratelli Goncourt, Luigi Capuana, sopra tutto Giovanni Verga e i primi passi di Pirandello. E invece no, in Verga c’è proprio la parodia. Si tratta di romanzo, non di storiografia. Il romanzo punta alla scrittura dell’esperienza sia come romanzo storico sia come romanzo politico. Giovanni Verga scrive romanzi nell’accezione più alta. Questi pescatori divengono protagonisti: c’è un dispositivo del romanzo. C’è parodia, beffa per l’unità d’Italia — l’evoluzione sarebbe verso l’unità d’Italia? La grande modernità sarebbe l’unità d’Italia, ciò per cui ’Ntoni parte e va soldato e lascia il dispositivo? Giovanni Verga ha inventato miti importanti. È sulla scia di Teocrito e di Gorgia da Lentini, più che di Empedocle. La Lupa è una novella! Oreste uccide la madre. Giocasta si mette la corda al collo. Ma qui si tratta dell’invenzione di un mito, dove il mito sembra assolutamente impossibile. C’è una bella donna, al villaggio la chiamano la Lupa “perché non era sazia giammai — di nulla”. Contadina, lavoratrice — con la pioggia, il vento, la tempesta, quando il sole è cocente, lei è sempre lì, come occorre, a lavorare. E c’è un giovane di cui si è innamorata, un bel ragazzo che le piace, con cui si trova nella campagna, sotto gli alberi, quando piove o 20 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE quando c’è il sole, a ingaggiare qualcosa di sessuale. Un giorno glielo dice: “Te voglio! Te che sei bello come il sole, e dolce come il miele. Voglio te!”. Lui sposa la figlia. E lei prosegue a tentarlo, a coinvolgerlo. Lui ci sta, non resiste. Ama la figlia, ma ama la madre, anche se non è amore, è questione di sessualità. È la questione di Edipo. “Lasciatemi stare! diceva alla Lupa; per carità, lasciatemi in pace!”. Vuole liberarsi “dall’incantesimo”. Non resiste a quello che gli pare un incesto e uccide la madre. “Ei come la scorse da lontano, in mezzo a’ seminati verdi, lasciò di zappare la vigna, e andò a staccare la scure dall’olmo. La Lupa lo vide venire, pallido e stralunato, colla scure che luccicava al sole, e non si arretrò di un solo passo, non chinò gli occhi, seguitò ad andargli incontro, con le mani piene di manipoli di papaveri rossi, e mangiandoselo con gli occhi neri. — Ah! malanno all’anima vostra! balbettò Nanni”. Ci sono gli ingredienti, i termini di un mito e di una mitologia greca e mediterranea da analizzare e da articolare. L’articolazione non la fa propriamente Verga, ma lui inventa il mito. Roma, la lupa. Sarebbe la madre non vergine? Aveva previsto cinque romanzi, “i vinti”, in vari gradi. Scrive due cose straordinarie, I Malavoglia e Mastro don Gesualdo, poi si ferma — la corrispondenza di Giovanni Verga è curiosa e molto importante —, si trova affaccendato in piccole beghe amministrative per il resto della sua vita. Vive a lungo. Scrive meno di Pirandello. Era divenuto popolarissimo per i romanzi scritti quando faceva parte della scapigliatura lombarda. Lui, catanese a Milano, scriveva romanzi intorno alla farfalla che cela il bruco. Passava ore a scrivere, al Biffi di Milano. Ma non è a Milano, non è intorno a queste donne fatali, non è per quei romanzi così popolari, per quei best-seller che Giovanni Verga resterà come scrittore! I Malavoglia e Mastro don Gesualdo sono due facce dello stesso capolavoro su cui si erge questo grande mito: la Lupa. Mastro don Gesualdo è esattamente il rovescio della mitologia evoluzionista. Mastro don Gesualdo viene assorbito dal ritualismo della casa nobiliare dove tutti i suoi sforzi, tutte le sue ricchezze vengono presi. La figlia bistrattata, perché è figlia di un uomo arricchito, non sarà mai come il principe che l’ha sposata, povero in canna, ma principe. E quindi, Mastro don Gesualdo, che doveva essere vincitore, è un vinto, perché ha lavorato per il principe: la modernità viene assorbita dall’antichità. Invece nei Malavoglia l’antichità viene assorbita dalla modernità. Solo per dire che antichità e modernità sono materiali, pretesti per due miti straordinari nella tradizione di Catania, di questo versante della Magna Grecia. Pirandello, per un verso, è molto europeo, per l’altro, molto cartaginese. Intorno a Pirandello dovremo certamente riprendere la questione. 21 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE Leggiamo Matteo, 25, 42. “Il Regno dei cieli è simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. [Non è lo sposo delle vergini, è “lo sposo”]. Cinque di loro erano stolte e cinque sagge. Le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge, invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi [questa è pornografia finissima!]. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: ‘Ecco lo sposo, andategli incontro!’. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: ‘Dateci del vostro olio, poiché le nostre lampade si spengono’. Le sagge risposero: ‘No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene’. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, giunse lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini, e incominciarono a dire: ‘Signore, Signore, aprici!’. Ma egli rispose: ‘In verità vi dico: non vi conosco!’ [Tremendo!]. Vegliate, dunque, poiché non sapete né il giorno né l’ora!”. È da meditare! Questa parabola si trova fra quella del ladro e quella dei talenti. Vi leggo la parabola del ladro: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà! Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa [anche qui, fine pornografia]. Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate il Figlio dell’uomo verrà” (Matteo, 24, 12). Il figlio dell’uomo, il ladro. Il nuovo pirata, direbbe Tagliapietra. La moglie dell’ambasciatore russo, dopo avere letto la parabola dei talenti, ha esclamato: “Ma questo è il capitalismo! Da noi avveniva esattamente il contrario, i talenti venivano nascosti sotto terra. Qui, invece, i talenti devono essere investiti”. La parabola dei talenti. “Avverrà come di un uomo che partendo per un viaggio chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno: a ciascuno secondo le sue capacità. E partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due ne guadagnò altri due [Insomma, il cento per cento]. Colui, invece, che aveva ricevuto un solo talento andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone [Mai avere poco! Aveva un solo talento? Meglio niente. Il capitalismo è questo: investire non avendo niente]. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i 22 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti ne presentò altri cinque dicendo: ‘Signore, mi hai consegnato cinque talenti. Ecco, ne ho guadagnati altri cinque’. Gli disse il padrone: ‘Bene, servo buono e fedele; sei stato fedele nel poco, ti darò autorità sul molto. Prendi parte alla gioia del tuo padrone’. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: ‘Signore, mi hai consegnato due talenti. Vedi, ne ho guadagnati altri due’. Gli rispose il padrone: ‘Bene, servo buono e fedele; sei stato fedele nel poco, ti darò autorità sul molto. Prendi parte alla gioia del tuo padrone’. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento disse: ‘Signore, so che sei un uomo duro che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura [per paura!] andai a nascondere il tuo talento sotto terra. Ecco, il tuo talento’. Il padrone gli rispose: ‘Servo malvagio e infingardo. Sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli, dunque, il talento e datelo a chi ha i dieci talenti, perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza [ab-unda], ma a chi non ha sarà tolto anche quello che non ha [questo “ha” e “non ha” è nell’accezione del superfluo: la necessità del superfluo]. E il servo fannullone gettatelo fuori, nelle tenebre. Là sarà pianto e stridore di denti”’ (Matteo, 25, 14). A. V. Annalisa Casali, lei è di Udine? Casali è un cognome di Udine? A. C. Sembra che le origini siano genovesi. A. V. A chi sembra? È nella sua famiglia che c’è questo racconto? A. C. Sì, esatto. A. V. Bene. Noi ci siamo già presentati un’altra volta, no? A. C. Altre volte. A. V. E qual’è la differenza di questa volta rispetto alle altre volte? A. C. Che questa volta pongo delle domande. A. V. Ah! E le altre volte, invece, taceva? Che impressione ha avuto della mattinata? A. C. È stata, come sempre, interessante. A. V. Quindi, nulla di nuovo! A. C. No! È sempre interessante per alcuni dettagli che vanno a aggiungersi a quello che ritrovo nella pratica, ciascun giorno. Io lavoro con i bambini e è sempre una cosa nuova, differente e anche straordinaria. A. V. Qualcosa di straordinario? A. C. Il fatto che noi diamo e che loro ci restituiscono sempre con generosità... 23 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE A. V. Quindi è straordinario ciò che i bambini restituiscono con generosità di quanto viene loro dato. A. C. Sì. A. V. Ecco, Enrica Ferri, questo è straordinario! Invece sento sui giornali, alla televisione, che i bambini entrano nel pettegolezzo degli adulti. Pare che ci siano gruppi di cosiddetti pedofili. Questa cosa mi sorprende un po’. Capisco di che cosa si tratta, perché non sono disinformato, inoltre sono psicanalista da venticinque anni. Nel mio villaggio non ho mai riscontrato questa pedofilia. Tante cose che Freud racconta avvenivano a Vienna io non le ho riscontrate nel mio villaggio. Tante cose che costituiscono un problema per i bambini di Milano io, nel mio villaggio, non le ho riscontrate. Quello che ho riscontrato nel mio villaggio l’ho detto nel primo capitolo del Giardino dell’automa. C’erano bambini che avevano interesse per le bambine e viceversa, questo ho riscontrato! I genitori erano affettuosi con i bambini, ma questo sembra una cosa ovvia. Quello che lei dice è molto interessante, lei non li tratta come bambini. A. C. Sto cercando. A. V. Lei dice che le restituiscono con generosità qualcosa di quello che lei ha dato, e quindi le restituiscono anche qualcosa che lei non ha dato. Come nella parabola dei talenti che abbiamo letto questa mattina. Che cosa dice la parabola? Che due più due fa dieci. E c’è ancora un più di uno, sempre per operare, per debuttare. Il due è originario e due più due non è una somma. Due più due fa dieci, ma non nell’algebra! Le cose procedono dal due e, secondo la loro particolarità, si rivolgono alla cifra, al dieci. Dieci vergini. Il non dell’avere e il non dell’essere. Questo “non” procede dal due. Diciamo che il “non” enuncia la logica singolare triale. A. C. Nella Congiura degli idioti, si parla di Sabina Spielrein e della fondazione di un istituto per bambini apparentemente pedagogico. Può precisare come si è posta nel Movimento freudiano e come si è precisata nell’elaborazione cifrematica la questione bambini? Come intendere quel che si dice quando il dire non è giunto a articolarsi nel parlare? Mi riferisco ai bambini molto piccoli. A. V. Lei parla di bambini mai nati, di bambini nascituri o di bambini appena nati? A. C. Appena nati. Occorrerebbe la distinzione fra dire e parlare. Sempre nella Congiura degli idioti lei parla del bestiario fantastico. A. V. Quel libro è dedicato ampiamente all’analisi della zoologia fantastica. A. C. Si legge: “L’animale fantastico varia, a seconda delle costruzioni, 24 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE che presumono d’impadronirsene e che, intanto, lo riproducono” (p. 197). E, in un’altra occasione, ha scritto che i feticci funzionano senza feticismo perché si strutturano in relazione al sembiante. La domanda è questa: come mai questo bestiario — il gatto, il lupo, il ragno, il dinosauro — interviene nel racconto dei bambini? E come mai, a volte, diventa oggetto fobico o feticcio? Inizialmente non lo è. Nella Dissidenza freudiana si legge: “Ho isolato nella pratica analitica qualcosa di costitutivo del transfert, qualcosa che ho chiamato sembiante. Dinanzi a cui l’oggetto parziale di Abraham, come pure l’oggetto transizionale di Winnicott e l’oggetto a di Lacan, costituisce l’anello fra l’immagine e il miraggio” (pp. 68-69). Qual’è stata l’elaborazione che l’ha condotto a formulare la nozione di sembiante? A. V. Bravissima. Belle domande! Adesso non creda che io non risponda! Rispondo e ho annotato. Sentiamo se ci sono altre domande. G. M. Mi chiamo Gianna Marchese. A. V. È la prima volta che c’incontriamo? G. M. Abbiamo avuto telefonicamente un incontro. A. V. Telefonicamente. E che cosa è successo di tanto traumatico... G. M. Poi sono stata a Venezia in occasione della presentazione del libro Leonardo da Vinci. E questa è la seconda volta che c’incontriamo. A. V. Lei non è di Udine? G. M. Diciamo che non sono friulana. Abito a Udine da circa diciotto anni. A. V. E viene da dove? G. M. Sono nata in Puglia, a Lecce, e ho vissuto per molti anni a Losanna. Ho studiato a Losanna, al liceo Alfredo Pareto. A. V. Da Lecce a Losanna e poi diciotto anni a Udine. Se non sono indiscreto, quanti anni ha? G. M. Trentasette. A. V. Ha fatto l’università a Udine? G. M. Ho cominciato, ho quasi terminato e dopo ho abbandonato questa università e mi sono iscritta a Venezia. A. V. A che cosa si è iscritta? G. M. A lingue e letterature straniere. A. V. In particolare, francese. G. M. Sì. A. V. E a che anno è adesso? G. M. Ho finito e sto preparando la tesi di laurea che avevo... A. V. Su che cosa è la tesi? G. M. Sul racconto di viaggio di un missionario che è andato a studiare gli usi e i costumi degli Uroni, indiani d’America, nel Quebec, nel 1600. 25 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE A. V. Il missionario come si chiamava? G. M. Gabriel Sagard. Francese, di Parigi. A. V. Quasi un parigino! G. M. Francescano. È vissuto lì un paio d’anni scrivendo per i suoi superiori. Doveva fare propaganda rispetto ai gesuiti che avevano spiazzato l’ordine dei francescani... A. V. Dal Quebec. G. M. ... e era stato incaricato dai suoi superiori di ristabilire, in qualche maniera, un prestigio dei francescani che si erano visti usurpare la missione di evangelizzazione dai gesuiti. A. V. Dovevano solo trovare una via di compromesso: farsi accogliere dai gesuiti oppure evangelizzare e poi stabilire una divisione territoriale? G. M. Probabilmente anche questo. Le motivazioni erano tante, immagino lo spingesse anche una motivazione personale, fatto sta che a un certo punto decide di partire. A. V. Rimane due anni. E poi? G. M. Ritorna con il suo resoconto di viaggio. A. V. Ah ecco, non scrive lettere. G. M. Fa un resoconto di viaggio per il principe, la corte e i suoi superiori. Queste memorie dovevano in qualche maniera servire affinché... A. V. E sono state pubblicate, poi. G. M. Sono state pubblicate e tenute più o meno nascoste nel corso dei secoli. A. V. Pubblicate e tenute nascoste? G. M. Sì. Gabriel Sagard ha scritto due libri. Uno è Il grande viaggio nel paese degli Uroni. A. V. Lui stesso lo chiama Il grande viaggio... G. M. Sì. Un testo che è rimasto quasi nascosto, tenuto in poca considerazione dalla letteratura ufficiale. A. V. Finché lei non se n’è occupata. G. M. Io e qualche altra persona. In Italia c’è stato un certo Piscopo, napoletano, francesista, ricercatore. Mi ha interessato che un uomo del Seicento si ponga la questione dell’Altro. A. V. E lei ha trovato qualche prossimità fra i francofoni del Quebec e i francofoni di Losanna? G. M. Sinceramente, non mi sono posta neanche il problema! A. V. Eppure! Non è curioso che lei si sia occupata proprio di un parigino che è andato nel Quebec e lei, invece, è un’italiana di Lecce che è andata a Losanna? Non è la stessa cosa, c’è qualche prossimità. 26 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE G. M. Sì, certamente c’è sempre la questione dell’Altro. Sagard arriva lì con un bagaglio culturale bene definito per affrontare una situazione che poi, alla resa dei conti, è completamente diversa da quella che si aspettava. E si trova davanti a una realtà assolutamente nuova, non codificabile. A. V. È per questo che poi lei se ne è tornata in Italia e ha pensato di non andare più a Lecce, ma a Udine! G. M. È strana questa cosa. Fra un sud e un nord ho scelto un centro: un’altra via. Certamente non sono tornata... A. V. A Lecce. G. M. Sarebbe stato tornare all’origine. Sì, è molto interessante... A. V. ... questo parallelismo. E adesso che lavoro fa? G. M. Sto cercando di realizzare un progetto che riguarda i bambini e vorrei fare un club culturale. A. V. Senza dubbio, a Udine avete letto i libri di Deligny. G. M. E di Jean Oury. A. V. E anche il bel libro di Shen Dali, I bambini di Yan’an, e i libri di Maud Mannoni. Io non trovo che i francesi abbiano detto molto intorno ai bambini. È più interessante quello che dice la moglie di Machiavelli! G. M. Riguardo al significante impresa volevo che lei approfondisse e parlasse della questione del piacere. Abbiamo detto prima: non si può fare per il piacere di fare. La questione mi sembra legata strettamente a un’altra, quella del desiderio: come faccio a sapere qual è il mio desiderio? Non riesco a vederci chiaro quando qualcuno mi chiede: “Ma tu perché lo fai?”. A. V. “Lo” fai? G. M. Questo progetto che intendo realizzare. “Ma tu perché lo fai?”. Non mi ero posta neanche la questione, mi sembrava quasi che al momento non potessi fare altro. Però, effettivamente... A. V. “Tu perché lo fai?”. G. M. Come faccio a sapere io quale sia il mio desiderio? Ho provato a pormi altre domande. Pensavo a un artista... Nessuno si sogna mai di chiedere a un artista perché fa quello che fa. A. V. All’artista? G. M. A un artista che dipinga un quadro nessuno va a chiedere: “Scusi, lei perché dipinge?”. A. V. Glielo chiedono, come no! G. M. Però l’artista non può fare altro che quello! A. V. Ho capito. Allora io ho già un buon numero di domande a cui rispondere. Sentiamo se ci sono altri. Sì, Lucia Beltrame. 27 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE L. B. Una domanda a Cristina Frua De Angeli: il suo è un libro di ricordi, quasi fosse possibile raccontare quello che è stato e sapere dove vanno a finire le cose, o è un romanzo storico che riguarda il caso clinico, quindi l’attuale? Tre domande a Armando Verdiglione. Lei dice che il purismo finanziario assunto al massimo grado comporta il suicidio. Può precisarlo? Mi sembra importante quello che dice del fare, perché qualche volta si confonde il fare con il cercare di fare. E ancora, come intervengono rispetto al fare l’associazione e il sembiante, dato che, come lei scrive, senza sembiante uno non fa neanche un passo? Accade di personalizzare le cose e è subito il “per me”, il “per te”, il “per l’altro”, mentre l’impresa non è per me o per te o per l’altro. A proposito del verismo, i critici continuano a considerare le opere teatrali di C̆echov come dei drammi. Lui se ne rammarica: io scrivo cose divertenti e gli spettatori piangono! Credono davvero che le cose stiano così! In Friuli c’è la fantasia del sottomesso, del vinto. Questo mi ricorda C̆echov, che dice: non è che le cose poi siano veramente così! ALESSANDRO ATTI Stamattina, dopo l’enunciato “noi abbiamo bisogno di vincere”, lei ha fatto una precisazione a proposito dei vincitori, alla genealogia dei vincitori. Ufficialmente, l’occidente sorge per il vincitore, mi sembra che non ci sia altra motivazione se non questa. Già in Grecia il vincitore è la Parca, poi nel romanticismo a vincere è sempre la morte. A. V. La morte è il padrone assoluto. A. A. È supposta invincibile, in ogni caso. A. V. Il principio del nome del nome. A. A. Ufficialmente, tutta la società presenta solo vincitori, perché i perdenti vengono considerati l’orrore da nascondere. La questione, poi, si specifica ulteriormente per quel che riguarda il suicida. Fin dai suoi primi scritti lei diceva che “Narciso muore di niente”. Ma allora, se muore di niente non muore di morte! A. V. Narciso muore di niente. A. A. Muore di niente perché non può morire di morte, mentre sembra che il suicida voglia proprio mostrare che non muore di niente: muore di veleno, di corda, ma non muore di niente. Insomma, chi compie suicidio lo fa per dimostrare che muore di qualcosa. Il pleonasmo mi sembra importante, perché si dice che il tale è “morto di morte violenta” o “di morte naturale”, ma non si può dire che è “morto di niente”. Invece, i perdenti, quelli che la società rappresenta in mille modi, costituiscono le morti da nulla. Non li si può nemmeno ricordare, perché 28 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE sono morti da nulla. Non è il caso di tenere il conto. Quelli che muoiono nelle carceri, per esempio. Il fatto che vengano alla ribalta queste morti da nulla, oggi, produce scandalo. Terza domanda. I medici, che nel discorso occidentale sono gli arbitri della morte, quale rapporto hanno con le donne? Lei ha detto prima che le donne, in Grecia, sono la morte. Occorre precisare e distinguere. A. V. Questo intervento è materiale per un libro intero. MARIA ROSA ORTOLAN Pensavo all’orrore dell’apertura che è proprio del discorso occidentale e agli svariati esorcismi rispetto all’apertura. Che cosa accade quando l’anfibiologia... A. V. Lei ha detto anfibiologia? M. R. O. Anfibologia! A. V. Perché anfibiologia è un’altra cosa! M. R. O. Eh sì! In effetti, stavo pensando all’animale fantastico. Quando l’animale fantastico, anziché risultare indizio dell’anfibologia, viene preso come indice dell’Altro, l’Altro diventa amico-nemico, oppure bene-male... A. V. Esatto. M. R. O. Diventa il buono che protegge e da proteggere e il cattivo da cui guardarsi. E allora, come si pone rispetto al suicidio? Stamane emergeva questo: il suicidio risulta un’estrema rappresentazione contro la finanza, come se la fine fosse un’ipostasi. Che cosa accade, invece, quando l’animale fantastico viene preso come indice dell’oggetto? In quel caso, appaiono le figure del despota, del tiranno, del vampiro: il despota che deve garantire una legge certa, il tiranno che deve garantire il desiderio e il vampiro che deve dire che cosa ne è della verità. Come si pone la questione rispetto al suicidio, all’uccisione del sé? Sarebbe possibile padroneggiare il tempo, governarlo, amministrarlo, in una sorta di collisione con l’oggetto, come se ci fosse una sovrapposizione. MARINA INES SCROSOPPI Riflettevo intorno al mito della madre e all’impresa. Dei friulani nel mondo si dice — questa è la nomea, un po’ anche il luogo comune — che sono grandi lavoratori. In qualche modo, è sottolineata la questione del nome e questo si nota negli interventi di alcuni membri dell’Associazione di cifrematica di Udine. Però, sembra esserci un contrappasso e un contropiede. Frontiera e limite — visto che ci troviamo a pochi chilometri e dalla Iugoslavia e dall’Austria — sembra quasi che siano attribuibili a un sé, come se fossero personali o soggettivi. La questione, in qualche modo, riguarda anche Trieste, ma in maniera differente. Finché Trieste è stata lo sbocco sull’Adriatico dell’Impero austroungarico, c’era un’altra apertura. Poi ha subito una sorta d’involuzione 29 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE culturale, derivante anche da una chiusura territoriale, quando non ha più rappresentato il porto di un impero. In qualche modo, anche lì sembrano essere sorti confini e frontiere. Può dire qualcosa rispetto all’elaborazione del mito della madre in Friuli-Venezia Giulia? A. V. In questo però è lei la specialista! Lei è di Udine e chiede a me di elaborare il mito della madre in Friuli! Non mi si dice di parlare del mito della madre in Calabria... Altri? [Rivolto a una persona nella sala] G. C.! O è la sorella che viene a parlare? Lui mette sempre in campo la sorella. G. C. Non a caso... A. V. Non a casa o non a caso? G. C. Non a caso! Secondo il senso comune, bisogna essere e bisogna avere. Lei avanza, invece, una nozione di non essere e di non avere... A. V. Del “non” dell’avere e del “non” dell’essere. G. C. Dell’impossibile dell’essere e dell’avere. Quella dell’essere è una questione antica, dalla filosofia greca fino a Heidegger, mentre dell’avere si è parlato un po’ meno. Vorrei che lei specificasse questo “non”, questo impossibile. Poi dovrebbe dire la differenza fra verbum e parola, perché di solito si traduce sempre verbum con parola. Vorrei che riprendesse la questione della parola e del discorso occidentale. Riguardo al martire e alla vittima, invece, si tratta di due cose diverse. Il martire è chi lascia una testimonianza. Nel sacrificio, la vittima, olocausto, lascia le ceneri. Nel sacrificio ebraico, di questa carne che brucia non rimane memoria. Il martire cristiano non è una vittima, il martirio, anzi, è una vittoria, mai un suicidio. Secondo Kraepelin, Cristo avrebbe predisposto le cose per affrontare la morte. Invece, nella famosa pièce di Bernanos, Dialoghi delle carmelitane, accade che chi vuole affrontare il martirio rimanga vivo e chi non vuole venga ucciso. A. V. Lei prima ha detto: “Non a caso la sorella”. Precisi di che si tratta. Lei chiama sempre in causa, in campo, in scena, la sorella. Io rammento che prima dell’affaire c’era la questione del suo ingresso come socio. E non ricordo se già allora ci fosse all’orizzonte la sorella. G. C. No, quella volta no. A. V. Di sicuro c’era all’orizzonte l’indecisione. G. C. “Il peggiore dei vizi”. A. V. No, no, anche il peggiore dei guai! E ci ritroviamo dopo dieci anni... G. C. Un po’ meno... A. V. E lei dice: “Sì, una bella cosa l’investimento! Infatti adesso ne parlo 30 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE con mia sorella”. G. C. Perché è lei che... A. V. E poi aggiunge: “Mia sorella non vuole!”. G. C. Si è spaventata. A. V. Questa è la questione. Infatti non è lei... G. C. Praticamente, la proprietà delle sostanze è sua. A. V. La proprietà delle sostanze è della sorella... G. C. Allora, si tratta, in qualche modo, da parte mia, di convincere che un investimento del genere... A. V. Tutte le sostanze sono andate alla sorella e a lei sono rimasti solo gli accidenti? Quindi la sorella dice: “Accidenti a te!”. G. C. Io le avevo fatto la proposta che in quel periodo non era... Poi lei ha deciso così. Non a caso ho posto la questione del non essere e del non avere. Riguardo all’avere, l’investimento è il “non” dell’avere. A. V. Ma io non ho capito di quale sostanza si tratti! La sorella sarebbe depositaria delle sostanze e lei sarebbe senza le sostanze e solo con gli accidenti? G. C. In questo caso si tratta di risparmio. A. V. Da parte sua? G. C. No, della sorella! E dall’altra parte di dispendio. A. V. Chi fa il risparmio? G. C. La sorella e i familiari. A. V. Mentre lei il dispendio. Ho capito. Così vi siete distribuiti i ruoli, apparentemente. Ma nella parabola dei talenti a chi è stato dato cinque, a chi due, a chi uno. A lei quanto è stato dato? Uno, due o cinque? Per capire questa distribuzione di compiti. G. C. In qualche modo è stato dato cinque. A. V. Cinque a lei. E cosa ne ha fatto? Li ha nascosti sotto terra? G. C. Non li ho nascosti. A. V. Non li ha dati ai banchieri, non li ha fatti fruttificare... G. C. Ho trovato i briganti per la strada e sono stato... A. V. Ha trovato i pirati... G. C. In qualche modo, sì... A. V. ... è stato rapinato. E, allora, la sorella dice: “Mio fratello è un ragazzo che va incontro ai pirati, quindi io non dò questi soldi a lui perché lui li porta ai pirati!”. Lei li ha consegnati ai pirati. Non c’era bisogno di rubarglieli, ha scambiato i pirati per banchieri! G. C. Sì, in metafora può essere così. A. V. Mentre alla sorella quanto è stato dato? Due o uno? G. C. Due, diciamo. A. V. E quei due sono divenuti quattro? Ne ha trovati altri due? 31 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE G. C. Sono stati dati due, che però sono rimasti lì... A. V. Ah, quei due sono rimasti sotto terra... G. C. Sono rimasti sotto terra. Anche se c’è da accertare che ci siano ancora, sotto terra. A. V. Sì, lei va a verificare, ogni tanto... Prende una pala, un piccone e va a rimuovere la terra. Insomma, una bella famiglia! Da una parte c’è chi li mette sotto terra, dall’altra chi li consegna ai pirati, quindi questi talenti non sono mai fatti fruttificare. G. C. È una questione! A. V. E noi vediamo di affrontarla. ANNA PAOLA ROMANELLO Io vorrei riprendere alcuni aspetti inerenti al profitto. Nel numero 20 della rivista “Il secondo rinascimento” lei spiega come il principio del profitto abbia portato a un purismo finanziario e come questo costituisca poi un purismo etnico. Fa cenno alla ex Iugoslavia e alla bomba su Hiroshima. A. V. La bomba come bambino: “Il bambino è nato!”. A. P. R. Il purismo finanziario fa in modo che ognuno si trovi nel debito e, quindi, in una fantasmatica di morte bianca. Anche questo fa parte di una condizione che non ammette l’impresa: il debito viene preso come un debito soggettivo e transitivo e la banca diventa mammabanca. Tutto il mondo degli affari sembra imperniato su questo. A. V. È il mondo senza affari a essere imperniato sul mammismo bancario, mentre gli affari senza mondo sono imperniati sulle banche senza mammismo! C’è un capitolo, nella Congiura degli idioti, che s’intitola La banca del piacere. MASSIMO MESCHINI Nella mitologia mammista della Parca il guadagno è posto come un fine. Che connessione c’è tra il mito della madre che procede da Maria, la finanza e il guadagno? L’inceppamento interviene quando prevale una mitologia mammista e, di conseguenza, una nozione di finanza che procede dal regno delle Parche. Che connessione c’è tra il mito della famiglia come lei lo ha elaborato e la mitologia della famiglia come gruppo di appartenenza? GIANNI TAGLIAPIETRA Una precisazione, sempre intorno alla questione del suicidio e del martirio. A. V. Distinguendo fra suicidio e martirio. G. T. Certamente. Preparando il corso intorno al tema Il suicidio, la morte, la differenza che si tiene a Venezia, ho esplorato com’è sorta la martirologia. Nella storia dell’elaborazione cristiana ci sono voluti ben centocinquant’anni fra santo Stefano protomartire e la nascita della martirologia. Il martirio era sospetto, perché si avvertiva che, senza un’elaborazione, si sarebbe potuto scambiarlo per suicidio. Infatti, viene 32 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE introdotta una distinzione fra il martire e il confessore, tuttora presente in quel martirologio che è il calendario. Quando, accanto al nome del santo, troviamo “martire e confessore”, è nel senso che quel martire è morto. La questione della morte si connette alla confessione. Allora, di che si tratta nella confessione? Perché c’è bisogno della confessione e non basta il martirio, non basta la testimonianza? Come mai la testimonianza — che è un atto di scrittura — deve essere scritta con il sangue? Il martire confessore è colui che firma la sua testimonianza, che scrive con il sangue, insomma. A. V. San Basilio scrive in greco cose molto interessanti intorno alla questione. Sono le mie letture di trent’anni fa. La confessione e la professione, oggi, non soltanto mirano alla verità, non soltanto osservano la verità, ma sono la verità significata dal sangue bianco. Corpo e scena, qui, fanno la morte bianca, il sangue bianco. A questo suicidio invita l’epoca nel suo purismo. La gnosi, oggi, esige per purismo il suicidio. Il suicidio è la vita ordinaria, comoda, facile — tutto ciò apparentemente, visibilmente, significabilmente, semiologicamente. Al posto dell’economia e della finanza, al posto dell’altrove che esige la scrittura della storia e al posto dell’altrove che esige la scrittura della politica, il sangue bianco. La questione di vita o di morte, intesa come questione chiusa, organizza la vita nel programma di morte o programma la vita nella morte bianca. Questo è il suicidio bianco di cui non resta assolutamente nulla. La bestia nera rimane solo un lontanissimo ricordo, quella che si manifesta è la bestia bianca: la morte, il sangue, il cannibalismo, il suicidio. La confessione e la professione. Mamma la paura, mamma la morte. Il mammismo senza più finanza è il purismo finanziario. Non c’è più bisogno di escludere l’Altro, perché non è visibile. La finalità senza più causa è data dalla spettacolarità. Questo è il regno della paura. Principio della morte, principio del piacere, principio del profitto, principio del purismo. Insomma, purismo senza principio, se il principio è della parola. Per l’epoca, quindi per la gnosi, la libertà è la morte, la verità è la morte, il soggetto è la morte. La tentazione è la morte. Un tempo, il suicidio era legato al tema eroico o tragico, come nella tradizione giapponese. Il suicidio bianco è senza eroismo se la caratteristica principale dell’eroismo è il coraggio. Il suicidio bianco è per paura. Per paura il talento viene sotterrato. Si arrugginisce, dice Leonardo. Per paura il rimando, la remora, la riserva. Per paura l’assenza d’investimento e di finanza. Il suicidio bianco è il suicidio per paura, fino al punto che la paura è il suicidio. 33 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE Noi abbiamo letto, a nostro modo, i Vangeli, in questi venticinque anni di psicanalisi, di clinica, di cifrematica. In principio era la parola: tentazione, aria, leggerezza, libertà, originario. Virtù del principio, quindi non più ricerca dell’origine, non più arcaismo, non più archeologia. Quella di Freud era molto paradossale, era un tema più ebraico che greco. L’archeologia di Foucault adora il sistema, che pure individua nei suoi pezzi e, a suo modo, decostruisce e ricostruisce. La sua è archeologia del sapere. Ma non c’è archeologia, né del senso né del sapere né della verità. L’infanzia è indice dell’originario. Non già la negazione della parola né il suo fondamento né il suo supporto. L’infanzia non è l’animale della zoologia fantastica, non è il bambino angelico o diabolico, junghiano o kleiniano, che serva per fondare un sistema morfologico-dinamico, insomma la genealogia nelle forme pedagogiche. E il figlio non è il bambino. Il figlio funziona. Il bambino o i bambini? Il bambino come tale non esiste, sarebbe l’animale fantastico. I bambini. Il pubblico. Noi, voi, loro. Marcature e indicazioni dell’infinito della parola. Dove regna l’ingegno, l’ingegnosità, dove s’instaura la generazione, dove il genitore è, anzitutto, l’Altro. Nessun luogo della sessualità. I cosiddetti organi sessuali sono zone erogene, non sono luoghi della sessualità, altrimenti dovremmo credere che il cervello sia naturale e che il cervello naturale sia costituito da testicoli e da organi sessuali femminili! La sessualità è politica, dicevo venticinque anni or sono, in un’epoca in cui veniva identificata con la genitalità procreativa oppure collocata nel reale di cui avere orrore. Era e è il mio un modo di situare la sessualità nella parola e non senza la parola. Non come ciò che il discorso deve simbolizzare o formalizzare. Non come ciò che il sistema deve includere nella propria morfologia, nella propria genealogia, nella propria zoologia, nella propria biologia o nella propria cibernetica. Politica artificiale, sessualità artificiale cioè intellettuale. “In quale parte del corpo collocarla?”. Mon Dieu! Corpo e scena. La combinazione è attraversata dal tempo. La politica del tempo, questa la sessualità. La sessualità è dove le cose si fanno. La sessualità porta alla finanza. La questione sessuale è questione finanziaria, è questione di scrittura della parola, delle cose che si fanno, scrittura del ritmo, quindi, la questione sessuale è questione di qualità. Certamente è anche questione di quantità, ma di quantità che si staglia sull’infinito e che, attraverso la scrittura, diviene qualità. Questione di qualità, questione di cifra. In che modo due più due fa dieci? Ecco la questione 34 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE sessuale! La parabola dei talenti indica questo. È parabola sessuale, parabola della sessualità e della finanza, parabola del capitalismo della parola ove il capitale è la qualità. Non c’è da cercare la sessualità nei segni della differenza perché lì, anzi, viene tolta la sessualità. Il razzismo e il purismo si esercitano contro la sessualità cercando, inseguendo i distintivi e i segni della differenza e quindi dell’abolizione della differenza, poiché della parola non c’è segno. Il segno è singolare triale e proviene dal due. Nei primi anni dell’elaborazione io ho insistito intorno al sembiante, intorno allo stigma, al punto e al contrappunto, intorno alla causa, alla provocazione, alla condizione dell’esperienza, intorno alla logica che è condizione del transfert. Sembiante: niente più simulazione. Sembiante: simulacro, causa, questionamento. Causa senza luogo e senza fine. È una lettura speciale della causa materiale verso cui le altre cause tendono, anziché essere il contrario — le cause aristoteliche tendono tutte verso la causa finale. È una lettura speciale attraverso il De Trinitate di sant’Agostino. E con questo ho risposto alla domanda che ha posto Annalisa Casali. Gianna Marchese ci chiede qualcosa intorno all’impresa e al piacere. Il piacere è l’approdo alla cifra, l’approdo alla qualità. La salute è l’istanza della qualità, l’istanza della cifra. La salute non è la salvezza, la salute è intellettuale, non mentale, quindi è salute della parola e non salute del discorso. Un esempio di salute del discorso è questo: “Operazione perfettamente riuscita, paziente deceduto”. Non c’è alternativa tra fare per necessità o fare per piacere. Sono tre le necessità, se vogliamo chiamarle così: 1) la necessità sintattica, 2) la necessità frastica (necessità del labirinto, necessità della ricerca) e 3) la necessità di fare (necessità pragmatica, necessità dell’impresa e di ciò che segue, necessità della finanza, necessità del superfluo, necessità del piacere). Fare secondo la necessità e non fare per necessità. Fare per piacere, ma ove il piacere non sia un fine: il fare che si scrive trae alla cifra e il piacere è l’approdo alla cifra. “Come faccio a sapere io qual è il mio desiderio?”, si chiede Gianna Marchese. Per favore, non lo sappia mai! Sarebbe proprio il suicidio bianco. Il suicidio bianco presuppone che il desiderio dell’Altro sia un desiderio naturale e che sia da sapere, da conoscere e da essere. In quest’accezione il desiderio è la morte, il desiderio è il suicidio bianco. Ma il desiderio non è questo! Questo è nell’epoca, è nella gnosi. Poi, Gianna Marchese accenna all’artista. È vero, l’artista non è schiacciato dal finalismo proprio del discorso occidentale, altrimenti non farebbe nulla di artistico, tuttavia la finalità non è da escludere, la 35 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE finalità diviene un pretesto, un motivo per fare. Non la ragione del fare, ma un pretesto. Perché negare il pretesto? Un pretesto non domina il fare. Quello che ha detto Alessandro Atti è il tema di un libro. Io lo invito a scrivere un libro e, insomma, tanto insisterò che prima o poi forse riuscirò. O riuscirà lui a scrivere il libro. I medici, le donne, dice Alessandro Atti. Il medico di se stesso è colui che si dà la morte. “Medico, cura te stesso!”, cioè datti la buona morte, la morte dolce, l’eutanasia. La cura di cui si tratta è la cura di sé e dell’Altro, di cui si occupa la cosmetica, branca della cosmologia applicata. Ci sono due modi d’intendere il look. Il look secondo la gnosi è il segno bianco, è la morte bianca. È l’immagine totalmente visibile, è il visibile, lo spettacolare dell’immagine e della parola, la spettacolarità pura, purificata dall’immagine, dalla parola, dal tempo, dall’anatomia, dall’età, cioè dall’originario. Essere il look è essere la morte senza voce e senza eco. Quindi, essere non più frontiera, limite o voce o immagine acustica, ma confine: essere se stesso, essere l’Altro, essere il confine, essere la morte. Questo è il suicidio bianco, ma non c’è suicidio. Ecco perché dico che Narciso muore di niente. Il niente non viene abolito. Questo per rispondere a Marina Ines Scrosoppi. [Rivolgendosi a G. C.] Ho l’impressione che sia lei sia la sorella siate inguaiati rispetto ai parenti, perché siete predestinati dall’algebra. Nella vostra casa regna l’algebra. Siete algebristi speciali! Quasi quasi, sembra che lei non tenga conto (ma è una fictio iuris) dell’intervallo del “non”. Tra i due “non”, tra la funzione di zero e la funzione di uno, c’è l’intervallo dove qualcosa accade. Senza predestinazione. Non accade per necessità, ma secondo la necessità, secondo l’occorrenza. L’impossibile non colpisce il contingente. Il contingente non è l’impossibile! La parabola dei talenti è molto interessante: “mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso”. Dare e prendere. La domanda: manum dare. Prendere o lasciare, non abbandonare. La questione di vita o di morte è la questione aperta, l’ironia, il modo della giuntura e della separazione. È ciò che consente di mantenere sia la borsa sia la vita nella parola. Spesso crediamo che tutto debba essere simmetrico, tutto pacifico, tutto procedere con l’alleanza. Non è così: simmetria e asimmetria, legame e slegame, giuntura e separazione. Non c’è parità sociale. L’ideologia dell’invidia, di cui c’è qualche frammento nel discorso paranoico, fonda la parità sociale come parità sessuale e, di 36 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE conseguenza, quella che viene chiamata “omosessualità”, che non è altro che la genealogia delle forme simboliche istituzionali, semiologiche, psicologiche. Insomma, la cosiddetta omosessualità è una conseguenza dell’invidia nella paranoia, non è primaria! È l’invidia tra donna e donna, tra uomo e uomo a fondare il concetto di parità tra donna e donna, tra uomo e uomo — parità sociale, parità sessuale! La sessualità tollerata è la sessualità visibile, spettacolare, cioè è il visibile e lo spettacolare senza sessualità. Perché dà fastidio la sessualità? “Se loro non sanno di essere visti, va bene, ma se lo sanno, come fanno a fare, essendo visti?”. O la sessualità o il visibile, il televisibile. L’ideologia dell’invidia fonda tutto: l’istituto della vendetta, della colpa, della pena, l’ideologia del ricatto e del riscatto. Se esistesse la malattia mentale sarebbe l’invidia! L’unica. Ma non esiste, siamo in grado di analizzarla, di elaborarla, situarla nel paragone delle arti e delle invenzioni, nell’anfibologia. [Illustra il disegno delle società Spirali/Vel e Kolonos.] Miei cari amici, questa è la nostra, la vostra famiglia. La famiglia è il disegno, la traccia della parola, il modo dell’apertura, il modo del due e del tre, il modo della relazione, il modo della distinzione, il modo della dimensione, il modo dell’operazione, il modo della funzione e anche il modo del tempo. La famiglia è il modo e può divenire anche la nostra moda. Occorre che noi costituiamo, in ciascun istante, il dispositivo, quello che questa mattina chiamavamo il vestito della seconda comunione. Vorrei sentire ciascuno di voi. L. B. Per me si tratta di tenere conto del particolare e non di fare le cose come qualcun’altro... A. V. L’Altro non è rappresentabile, quindi non è imitabile. L’imitazione è una virtù del sembiante, non è personale né interpersonale. Non c’è mimetismo interpersonale, contrariamente a quanto afferma René Girard nel libro Le cose nascoste dopo la fondazione del mondo. Nei Vangeli, poco prima della parabola del ladro, c’è quella che dice: “Come fu ai giorni di Noè così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti come nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito fino a quando Noè entrò nell’arca e non si accorsero di nulla, finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo, uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola, una sarà presa e l’altra lasciata”. Ma prendere e lasciare, nei Vangeli, ha varie accezioni. 37 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE L’analisi non ha nulla di personale. Chi dice: “Vado lì per affrontare faccende personali” non riuscirebbe, perché proprio lì trova l’occasione di spersonalizzazione assoluta, anzi, d’impersonalizzazione. L’analisi è impersonale. Nessun argomento è precluso. C’è chi crede che la psicanalisi sia il luogo dove ognuno possa dire ciò che vuole e invece non è così, perché in nessun luogo e in nessun modo c’è chi possa dire ciò che vuole, è proprio impossibile! Ciò che si vuole è semplicemente un fantasma e non fonda il dire, non lo condiziona, non lo domina. Si tratta di trovare il modo di dire, il modo di fare, il modo di scrivere, il modo di pensare, il modo di sperare. Questa è la famiglia, trovare il modo di sperare, il modo di distinguere, il modo di operare, il modo di fare. L’analisi non è giocare a papà e mamma! Il libro La mia industria incomincia proprio così: “Come giocare a papà e mamma da quando la psicanalisi ha dimostrato che l’incesto non esiste e che la sessualità non ha nulla da condividere con una faccenda di procreazione?”. Oggi, a chi mi ha chiesto intorno ai bambini ho detto esattamente questo: “I bambini siamo noi, siete voi, sono loro”. Mi sono laureato il 7 novembre del ’68, ero già stato a Parigi, ho incominciato l’analisi subito dopo. Non mi ero proposto di andare a Parigi per incominciare l’analisi, andavo per altri scopi, per altri motivi ma, una volta incominciata, l’analisi non finisce mai. Che cos’è l’analisi? Analisi è un termine greco, io lo traduco: “non c’è più rimedio”. L’analisi non è un rimedio o un toccasana o un’ancora di salvezza o l’ultima spiaggia, neanche la prima. Insomma, non c’è più mediazione. Con l’analisi c’è la chance di divenire protagonista, di divenire dispositivo e quindi di correre il rischio assoluto di vivere, il rischio assoluto d’impresa, di scrittura. L’analisi esiste e che gli umani ne siano privi è ciò che li rende, oggi, in balia della morte bianca. Io ho intrapreso l’analisi e per me prosegue. Anche oggi, con voi, mi pare di avere fatto analisi e esperienza di cifra, di avere detto cose per me non scontate. Venire qui e mettermi a dire le cose che so non avrebbe nessun interesse per me, e neanche per voi. Si tratta di raccontare, esporre, scrivere intorno a ciò che costituisce il rischio estremo, procedendo dalla questione di vita o di morte, per ciascuno. Quando parlo di questione di vita o di morte non parlo di una questione accademica, mi riferisco alla questione di cui nessuno può prescindere, la questione aperta prescinderne significa trovarsi in unUdine? vicolo cieco o in un A. V. — Ci siamo già incontrati, presentati? È di imbuto. [Siabito rivolge a una persona in sala.] I. F. Sì, a Udine. I. Le questioni di oggi erano tutte essenziali. A. F. V. Cosa Qual dirle? è l’avvenire per noi? I. F. Non vorrei fare la scena, a questo punto... A. V. ... di spararsi, dice lei! Suicidio bianco... 38 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE I. F. No, no non intendo spararmi per adesso, la fantasia, il suicidio bianco è in atto! A. V. Lei dice che si trova nel suicidio bianco? I. F. A rischio, sì, penso. A. V. Lei dice che la questione di vita o di morte esiste per lei? I. F. Sì. A. V. E qual’è la nostra forza? I. F. Mi auguro che sia di vita e di morte, non sia solo di morte. A. V. Va bene. Questione aperta, questione dell’inconciliabile, questione come modo dell’inconciliabile. Dicevo, qual’è la nostra forza? Qual’è, detto tra noi, oltre a quella di spostare i tavoli? I. F. Ecco, appunto. A. V. Qual’è la nostra forza? I. F. Non lo so. So fare un elenco di mamma la paura, mamma la morte... A. V. Questo è facile, facilissimo, raccontiamo tutto alla mamma e basta, ma a noi non interessa. I. F. Forse, la forza è non personalizzare. A. V. Ma qual’è la nostra forza? I. F. Non so perché dice “nostra”. A. V. Allora la sua. Qual’è la sua forza? I. F. Non saprei, proprio non lo so, qualcosa che resiste... A. V. Vuole sapere qual’è la mia? I. F. Sì. A. V. La mia è la forza della disperazione. L’ho esposta oggi. La disperazione è assoluta, senza rimedio, senza soluzione. La disperazione non è da intendere come negazione della speranza, è la speranza in quanto non assumibile, la speranza senza soggetto della relazione, senza soggetto degli alti e bassi, perché gli alti e i bassi sono l’anfibologia, l’ossimoro. Ossimoro è un termine che significa alto e basso, cioè disperazione, modo della relazione. Può lei sulla relazione fondare un sistema morfologico-dinamico, cioè la genealogia delle forme simboliche, le filiazioni istituzionali, commerciali, sociali, politiche? Non può. Quelle può fondarle solo sulla speranza zoologica, che un tale, negli anni settanta, chiamava La speranza progettuale. 39 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE Qual’è la forza della disperazione? È la pulsione, quella che Machiavelli chiama virtù e che procede dall’apertura. Anche la cosa che appare più negativa può contribuire all’anfibologia, cioè alla speranza. Ecco, la speranza è disperazione, la speranza è ironia della sorte. Ironia, interrogazione, questione aperta. Il progetto e il programma procedono da questa speranza speciale. Con la speranza facile come prima cosa ci si rompe il naso, perché si vede la luce dappertutto e invece si va a sbattere, perché non era luce, ma buio. Freud chiama pulsione quella che Leonardo da Vinci chiama forza. Occorre distinguere, però, fra la disperazione e il soggetto disperato, perché c’è anche la disperazione facile che è altrettanto mammista della speranza facile. I. F. Se la speranza è la parola, no, la forza... A. V. La forza della parola. I. F. ... sì, la forza della parola, allora io sono il silenzio. A. V. E le cose che abbiamo detto a proposito della nostra famiglia la riguardano in qualche modo oppure le sente, per ora, come molto lontane? I. F. Molto lontane no, ma ancora lontane sì. Anche perché lei ha detto “in famiglia”, ma è questione di associazione. A. V. Anche. Lei fa parte dell’associazione qui a Udine? I. F. Sì, nel senso che sono presente alle iniziative. Non compare il mio nome in quanto non sono presente nell’equipe dell’associazione forse da un anno. A. V. E durante questo anno che cosa ha fatto? Se non sono indiscreto, fa l’analisi? I. F. Sì. A. V. Durante questo anno ha proseguito con l’analisi? I. F. Sì. A. V. Però non è intervenuta all’equipe? I. F. No. A. V. Ma è venuta a Venezia. I. F. Sì. A. V. E dopo Venezia, è intervenuta all’equipe? I. F. No. A. V. Neppure. Quindi lei è una donna non di danaro ma di principio! I. F. Di principio perché? A. V. Perché lei dice: “Io non vado all’equipe” e non va all’equipe. I. F. No, io non ho deciso che non vado all’equipe, ho deciso che non ci andavo alcune volte... A. V. Se lei dice che è durato un anno... 40 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE I. F. Ci sono anche problemi tecnici reali. Io finisco di lavorare alle dieci di sera, arrivo alle dieci e venti, è un po’... A. V. Ah ecco, è questo il motivo. Quando avvengono le riunioni? I. F. Mercoledì. A. V. Ogni mercoledì sera lei termina alle dieci, quindi non può arrivare alle dieci e venti... I. F. Io arrivo alle dieci e venti, ma l’equipe è cominciato alle nove... A. V. Lei chieda di protrarla fino alle undici e mezzo, li costringa! I. F. Forse perché io lavoro nei gruppi, è probabile che ci sia un fantasma d’iniziazione molto forte. A. V. L’iniziazione non è una brutta cosa, è che sarebbe una via facilissima. Ma, qui, iniziare a che cosa? A ciò che non c’era prima e che non c’è mai stato. E come è possibile? Ecco perché non c’è iniziazione. L’iniziazione è un modo facile di credere che la parola sia nominabile e il senso, il sapere, la verità distribuibili. Il gruppo, perché no? Non ci sono parole tabù, perché no il gruppo, ma il gruppo intellettuale, il gruppo artificiale, cioè il dispositivo. Altrimenti, è come se io fossi stato per trent’anni in convento e poi, dovunque vada, vedo il convento e trovo che il convento sia una brutta cosa. Il convento non è per forza una brutta cosa, dipende da quello che avviene nel convento. Magari c’è un convento naturale e conformista e c’è un convento artificiale. Perché escluderlo? I. F. Sì, forse è la questione dell’anfibologia. A. V. No, è la questione del dispositivo! I. F. Voglio dire, ragionare per opposti, o uno o l’altro. A. V. Ah, certo. Lei ha capito bene. Grazie. I. F. Grazie a lei. A. V. C’è B. C.? Non è venuta all’assemblea? Nemmeno oggi è venuta? All’assemblea no, perché la mamma non voleva... L. B. È lei mia mamma! A. V. Ah, è sua mamma! È lei la mamma allora, è lei che non voleva! Lei è la mamma di sua mamma! L. B. È che sta pensando a un investimento e allora dice: “Non serve, tanto la decisione è mia personale”. A. V. La decisione è personale? No, la decisione non è assolutamente personale. La mamma ha pensato che la decisione fosse personale e che quindi poteva prenderla a casa, anzi, non prenderla affatto. E lei non è intervenuta? L. B. Sì. A. V. E il risultato è che invece è andata a casa. L. B. Ci sono delle fantasie con lei... 41 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE A. V. Con me? L. B. Sì... A. V. Ah, credeva che io leggessi il pensiero? L. B. Secondo me, la fantasia è questa, anche oggi era seduta in modo che... A. V. Io non la vedessi! Però, quando ero in piedi la vedevo. Ma teme il suo giudizio la mamma? L. B. No, non mi ascolta proprio! A. V. Dice che è una mamma cattiva? Ho capito. Rita Morsut, valuti lei se dire qualcosa in merito. R. M. Stavo proprio riflettendo, perché i pensieri vengono senza che li chiamiamo. A. V. È chiaro, vengono, vanno — dice Fabrizio De Andrè —, come le nuvole. R. M. Anche Pirandello dice che quando siamo soli vengono, poi, siamo soli in un altro modo. Io posso parlare di questa esperienza friulana... A. V. Anch’io sono in questa esperienza, sono venuto qui, c’è un atto di gratitudine, di riconoscimento verso la vostra esperienza a Udine e a Trieste. R. M. Anche il mio riconoscimento per quanto ci ha detto: il suo intervento è stato molto importante. C’è questo inconciliabile che sembra quasi una scissione impossibile da congiungere, perché le famiglie si trovano negli arcaismi e sono l’una scissa dall’altra. E non intendono che c’è questa possibilità di avvicinamento attraverso la relazione. È una cosa che pesa molto, qui. Ci sono situazioni penose che si ripercuotono sui bambini, sui figli, sui fratelli. E c’è una credenza così forte, un arcaismo che occorrerebbe... A. V. Analizzare. R. M. E questo, probabilmente, avviene anche in tante altre situazioni, anche nell’equipe... A. V. Invece, qui, si tratta di una famiglia senza peso. R. M. Senza peso. Occorrerebbe però articolare questa famiglia prima di giungere a quella senza peso! A. V. Noi siamo qui anche per questo, no? Bene, io conto anche su lei. R. M. C’è un progetto, io mi auguro di riuscire, lavorando, e i frutti saranno messi a disposizione di queste necessità. A. V. Benissimo, grazie. Oggi pomeriggio abbiamo parlato della necessità del piacere. 42 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE UMBERTO MOSANGHINI È essenziale l’equipe, è essenziale il ritmo. Se c’è interruzione del ritmo, non c’è scrittura dell’esperienza, nel senso che è psicofarmaco, diceva lei. Ieri si è tenuto un incontro qui, in questa sala. Lo psichiatra Crepet ha presentato il suo ultimo libro, Cuori violenti. Si parlava del disagio giovanile: in Friuli, ci sono molti suicidi e molta delinquenza giovanile. Una signora del pubblico ha chiesto se questo disagio avesse a che fare con la figura paterna. Crepet ha risposto con un appello alla famiglia, alle istituzioni, alla scuola, partendo sempre dall’idea che il disagio sia sociale. Ho l’impressione che si risponda al disagio con l’invito alla conformazione, al conformismo. A. V. Viene chiamato disagio sociale (o politico o culturale o generazionale) una variante del disagio presunto mentale. No, il disagio non è mentale. U. M. Vengono proposti arrangiamenti, modi, rimedi, appelli alle istituzioni, alla famiglia che deve capire, essere più aperta, ma non viene intesa la questione del disagio come apertura, come disagio intellettuale. È sempre demonizzato ciò che non va e ciò che non funziona. A. V. Un po’ romantico questo titolo, Cuori violenti. Poi c’è Va’ dove ti porta il cuore, insomma, tutta una faccenda di cuore! U. M. I cardiologi organizzano annualmente una cena, proprio qui, che si chiama: “Cuore in tavola”. A. V. Cuore in tavola! Dante, nella Vita nova, dice di avere sognato questo pasto del cuore. U. M. L’essenziale è che il disagio viene sempre demonizzato: il disagio è male e chi si trova in un disagio è perché non si conforma. A. V. Il disagio viene convertito in malattia dell’Altro. U. M. La conformazione sociale toglie la particolarità, per cui non può accadere nulla. Tolta la particolarità, non ci può essere né cammino né transfert. ENRICA FERRI Mi ha colpito quanto lei ha detto, e cioè che persino dall’infernale scaturisce l’apertura e non la chiusura. A. V. Sì, attraverso l’anfibologia. E. F. È da lì che qualcosa approda alla parola originaria? A. V. Sì. E. F. Dinanzi ai diversi aspetti del progetto e dell’esperienza non resta che proseguire e impegnarsi, investire e scommettere. FRANÇOIS KELLER In che cosa consiste questo residuo di arcaismo che ciascuno si trova a analizzare? 43 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE Per me la scommessa è anche di provocare un’apertura. In ogni caso, il lavoro nella direzione di una pratica clinica e quello nella Libreriagalleria sono mezzi indispensabili. Mi sembra che adesso la forza di ciò che è stato seminato debba intervenire. ANNA SPADAFORA A me pare che la questione del disagio abbia toccato alcuni aspetti inerenti all’integrazione, al modo in cui ciascuna cosa entra nella parola e non deve essere purificata né corre il pericolo che venga corrotta, e quindi anche l’economia e la finanza possono essere intesi come “l’altrove” grazie a cui inventare dispositivi. MARINA INES SCROSOPPI Oggi ho inteso una cosa essenziale: in nessun modo il nome, o il padre, è idealizzabile. Se il padre viene idealizzato, ci può essere la fantasia che comunque il padre prosegue... A. V. Perché è morto. M. I. S. Esatto. Intendere che il proprio contributo è essenziale, per la vita di ciascuno, è un passo importante, perché non è vero che le cose esistono e avvengono al di fuori della parola, al di fuori della pulsione. Questo espone a una difficoltà ancora maggiore, però consente d’intendere che la scommessa è di vita, di proseguimento, senza credere nel negativo, nella catastrofe. Io ritengo che qualsiasi altra impresa in Italia, nelle condizioni che abbiamo attraversato in questi dieci anni, sarebbe fallita. Quello che ci ha consentito di proseguire è la forza che ciascuno ha trovato nella parola, i miracoli che si sono verificati, perché nulla nel senso comune poteva consentire l’idea di un proseguimento in condizioni così difficili, incredibili, insopportabili. Ora che in qualche modo esiste lo squarcio, esiste l’apertura, esiste un altro tempo, si tratta di uno sforzo ulteriore, per un rilancio che trovi ciascuno di noi protagonista... Domenica, 25 giugno 1995 A. V. Milano, l’Italia hanno bisogno di cultura per il rilancio. L’Italia si trova paralizzata da Mani pulite, ma anche dall’assenza di orientamento culturale. La Svizzera non ha orientamento culturale da molti anni. Sta a voi, che operate a Ginevra e a Losanna, intraprendere e fare della Svizzera un centro per l’orientamento culturale internazionale. Occorre che ciascuno di voi decida davvero di divenire protagonista. GIANNI TAGLIAPIETRA Mi ha fatto molto riflettere quanto lei diceva ieri: rivedevo il film del mio arrivo a Udine. Il Friuli si presentava con due indizi: un primato a livello finlandese per quanto riguarda i suicidi e il problema dell’alcolismo. Questi indizi funzionavano per me come provocazioni e mi accorgevo che c’era qualcosa del narcisismo e del transfert. 44 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE L’altro elemento è stata la cosa straordinaria che è avvenuta dopo il terremoto del ’90. La mitologia corrente intorno al Friuli è quella del popolo mite e lavoratore, cioè del bue. A. V. Del bue ubriacone, però. G. T. Certo. Però, chi si era adagiato su questo luogo comune ha dovuto fare i conti con quanto è accaduto dopo il terremoto. È accaduto che con 2.800 miliardi i friulani hanno fatto di Udine, che era un paesotto agricolo, una piccola Lugano: voi camminate e vedete che a ogni angolo dei palazzi storici è sorta una banca. In Irpinia o in Campania, non sono bastati 60.000 miliardi per ricostruire, mentre qui, in poco meno di un anno, hanno ricostruito tutto e con una oculata amministrazione degli interessi hanno messo in piedi strutture finanziarie tuttora funzionanti. I depositi bancari oltre il confine austriaco sono di 3.000 miliardi, cioè pari ai depositi nelle banche di Udine! Questa regione produce moltissimo e la svolta è avvenuta con il terremoto, quando moltissimi di coloro che erano emigrati sono tornati e poi rimasti, e dalle esperienze acquisite all’estero hanno portato la logica dell’impresa nel lavoro. La mitologia del popolo mite, laborioso e muto era quella del lavoro senza impresa, quella di chi sta sotto e di chi sta sopra. Oggi, questa mitologia è smentita a ogni passo. Se l’equipe elabora un altro approccio alla questione del Friuli, diventerà quel dispositivo di battaglia in cui c’è già la vittoria, perché la battaglia sta in questa elaborazione e nella proposta. Abbiamo fatto moltissimi tentativi, ma non abbiamo ancora trovato un modo intelligente e efficace d’interloquire con questa nuova realtà del Friuli. La trasformazione di Udine è recentissima e è ancora in atto. A. V. Adesso è una bella città, una bella vetrina, una vetrina d’Europa. G. T. Lo sviluppo di Udine sta nell’importazione, nell’esportazione e nella finanza verso i paesi del bacino già austroungarico, la Slovenia, l’Istria e la Russia, per la porta dell’Ungheria. Occorre che ci sia un rilancio dell’elaborazione culturale nel dispositivo di battaglia, nella macchina da guerra, affinché questi elementi che continuo a rilanciare e a elaborare diventino la cultura e la proposta dell’Associazione. Questa esperienza ha qualche contorno istituzionale, io credo che se proseguiamo, nei varchi che abbiamo intravisto, a costruire — e la formula della Cooperativa può essere una piattaforma imprenditoriale in questa direzione — a Udine faremo cose interessanti. A. V. Si tratta di assumere anche la nostra esperienza con l’Europa dell’est. Il compito di Udine e del Friuli è quello di sottolineare il programma della Fondazione, della Cooperativa, della società Spirali/ Vel e dell’Università d’integrazione culturale europea e di promozione 45 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE dell’integrazione culturale europea, coinvolgendo anche la Russia. Non accettiamo la formula “mitteleuropea”, abbiamo fatto un congresso a Venezia per dire che non c’è più Mitteleuropa, perché oggi non si tratta di questo. Proprio per le cose che lei ha evocato, Udine, in modo privilegiato, e Trieste, che è città un po’ più distratta, possono svolgere questo ruolo di promozione dell’integrazione culturale europea, attraverso alcuni avvenimenti. Ieri sera erano assenti alcune persone, forse possiamo provare a interpellare... Facciamo un esempio a caso, proprio a caso, senza farlo apposta: B. C., suppongo sia lei? Venga qui. Allora, come si è trovata ieri? Io le sembro il diavolo? B. C. No no, devo dire che per me questo master è molto importante, perché riporta una questione che si trascinava... A. V. Da alcuni anni, tre... B. C. Quattro forse. Io avevo intrapreso questo percorso analitico da pochi mesi e quindi mi ero trovata un po’ sbalzata, non riuscivo a intenderlo, non avevo gli elementi, ecco. A. V. Chiaro. B. C. E questo significante “Verdiglione” era rimasto così, una cosa che veramente... A. V. Quasi un nome! B. C. Ma per me era qualcosa... A. V. Era un significante, finora... B. C. Sì, penso che sia adiacente al significante “soldi”... A. V. Ah, ecco! B. C. ... che ancora non è elaborato sufficientemente. Ieri sera non sono venuta non perché temessi lei, ma solamente perché ho una questione con mio marito: sto litigando atrocemente per quella che io ritengo la mia impresa. A. V. Ecco, io non sono promotore di litigi in famiglia! B. C. Ah, non dicevo... A. V. Non vorrei che suo marito credesse che io abbia inscritto nel mio programma di portare litigi in famiglia, di fare in modo che le mogli litighino con i mariti, drammatizzino tutte la vita familiare e li abbandonino! B. C. Io sto litigando per potere proseguire nella psicanalisi e non per lei! A. V. Anzi, potrei anche dirle come la penso in merito: occorre che i mariti siano accolti come mariti, che siano valorizzati, stimati, assoluta- 46 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE mente integrati in un dispositivo essenziale dove siano interlocutori di una scommessa. Dico che non bisogna escludere il marito da niente, nemmeno da quello che lei chiama la sua impresa! B. C. Ma lui pensa che io dovrei fare quello che dice lui, che le cose si devono fare insieme, c’è questa fantasia... A. V. Certo, ma anche lei forse pensa che lui debba fare quello che dice lei... B. C. Un pochino, sì. A. V. È chiaro che in nessun caso questo può avvenire. Si tratta di trovare la giuntura e la separazione, e poi gli elementi d’integrazione, ciascuna volta in dispositivi vari, per ciascuna cosa, si tratta d’inventare dispositivi per collaborare, perché comunque lei vive lì, con il marito. B. C. È lui piuttosto che vive con me. A. V. Ah ecco, qui siamo nel mondo quasi slavo. B. C. Perché lui abita nella mia casa e si sente un po’... A. V. Ospite? B. C. Sì. A. V. Quindi, la padrona di casa è lei? B. C. Non so se posso dire così, io sono solo la proprietaria dell’edificio in cui abitiamo insieme... sta lì tutto il nocciolo della questione! A. V. Ma lui contribuisce in questa gestione? B. C. No, dice che è sua, perché ci abita, questa è la questione. Non riconosce un nome, insomma su questa... A. V. Non riconosce che lei è la proprietaria? B. C. Dice che io ho un debito grosso, perché lui guadagna più di me e io, per arrivare qui, chiaramente ho dovuto... A. V. Quindi, vede che c’è un contributo. B. C. Sì, c’è un contributo, io glielo riconosco, ma lui adesso mi chiede un credito. A. V. Lui contribuisce per la casa, perché la casa è sua. B. C. Contribuisce, certo, con la sua quota... A. V. Quindi, non si esime. B. C. No no, assolutamente! Solo che in questa fantasia di altruismo, mi sta dicendo... A. V. Lui avrebbe questa fantasia di altruismo che è quasi una fantasia di padronanza. Sì, però, chi non è tentato da questa fantasia? Lei sta facendo l’analisi e quindi ha la possibilità di analizzare questa fantasia. Lei la analizzi per quanto riguarda lei... B. C. Io gli ho sempre parlato... A. V. ... e allora forse trova anche i termini per analizzare quanto riguarda lui, per contribuire. Insomma, in qualche modo, anche lui 47 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE interviene nell’analisi, perché ha come interlocutrice lei. B. C. Ma lui ha una paura tremenda, ne ha più di me! Quando dico cose che non gli creano disagio va tutto bene, se tocco qualche argomento che lo riguarda c’è subito un irrigidimento, un dire “sai tutto tu”, e una chiusura. A. V. Ma è evidente, anche lei farebbe così! Lei non può arrivare da lui, in maniera saccente, “io so, io so”, a sdottrinare e pontificare. Lei sa benissimo che, toccando alcuni argomenti in un certo modo, produce irrigidimenti e durezze. Lei sa che, parlando in un certo modo, lui le si rivolta contro. Sta a lei trovare il modo interessante. A lei non serve andare a casa a sdottrinare: “io so, perché faccio l’analisi, tu non la fai”. B. C. No, non è quello. A. V. Se lei fa l’analisi trova anche la condizione dell’umiltà e quindi dell’ascolto, rispetto al marito. B. C. Senz’altro anch’io ho approfittato di questo, non assumendomi la responsabilità di un’impresa, però, se uno non ha i mezzi ha bisogno di un certo tempo... A. V. Io non ho capito bene, ma facciamo questa ipotesi. Lei sta facendo l’analisi da quattro anni e sta compiendo un suo itinerario, è importante che in questo itinerario e in questa impresa lei rischi in proprio. B. C. Sì. A. V. È importante che lei coinvolga il marito come interlocutore di una scommessa e, quindi, che anche lui si trovi a correre un rischio, però lui pure deve avvantaggiarsi di questa impresa. Lei non può avere un contributo da parte sua e poi utilizzare in modo problematico le cose che acquisisce nel suo itinerario. Anche perché sa benissimo che la nostra non è una religione, il nostro è un itinerario molto difficile. B. C. No, non è così. A. V. Dica lei come stanno le cose. B. C. Le cose stanno così: è proprio per potere proseguire in questa mia impresa che ho deciso di vendere un pezzo di terreno che mi appartiene. E lui dice che è suo perché lo ha irrigato e perché ha contribuito in questo mio percorso, perché ha speso... A. V. Mi sembra un bellissimo apologo. B. C. E mi sta ricattando, insomma! A. V. Lei è proprietaria di un bel pezzo di terreno e allora che cosa ha fatto il marito? Il marito lo ha irrigato e questo terreno è divenuto fertile, è divenuto produttivo, adesso è proprio un bel terreno! B. C. Ma lui lo vuole per sé, perche vuole piantarci le radici... A. V. Vuole piantare le radici? Bisogna ammettere che è un ipotesi che noi non possiamo del tutto scartare. Discutiamo con lui intorno a queste 48 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE radici. Che tipo di radici vuole mettere? B. C. Lui vive di ricordi, gli sembra che così... ci mette un nome sopra. A. V. Nella tradizione di suo nonno, magari c’era la terra... B. C. Era mezzadro. A. V. E quindi la sua ambizione era di divenire prima o poi proprietario della terra. Anche in alcune nostre terre in Calabria, è accaduto che i mezzadri siano divenuti a loro volta proprietari. Adesso, lui ha questo ricordo. B. C. Sì. A. V. E non è un occasione anche questa per inventare un dispositivo? Lui vuole occuparsi di questa terra per produrre qualcosa, vuole piantare viti? B. C. Vuole costruirci una casetta, se la vede già lì davanti. E io gli ho detto: “Cosa ce ne facciamo di due case?”. A. V. Ma perché, lui ha una amica? B. C. Non mi risulta, a meno che non ritenga che io sia la sua amica. A. V. Questa sarebbe una bella cosa, però. Se lui ha pensato di costruirsi la casetta e di portarsela lì è già un’ipotesi differente da quella di andarsene da solo e guardarsi attorno in cerca di un’altra amica, molto giovane, magari... Anche nel caso del terreno, non si tratta di dire: è un ricordo. Va analizzato il ricordo; c’è un fantasma che non necessariamente è materno, bisogna verificare come può operare questo fantasma, ma sopra tutto qual’è la scommessa, oggi, tra suo marito e lei. Qual’è la scommessa rispetto alla psicanalisi, qual’è la scommessa rispetto al terreno, qual’è rispetto all’attività che lui svolge... B. C. Da un anno è in pensione e lavora come libero professionista, come infermiere in un istituto. A. V. Io ho grande stima dei contadini, i contadini sono come i principi. È pressoché impossibile distinguere fra il contadino e il principe, per saggezza, per filosofia, per poesia, per aneddoti, per motti di spirito, per tante cose. Lui è anche infermiere. A me pare che l’aspirazione del terreno, della casa non sia da respingere né da accogliere, la questione non è dire sì o dire no e chiudere la conversazione, questo lo sanno fare tutti! B. C. Però, io ho bisogno di fare questa vendita per realizzare, altrimenti resto sempre a dipendere da lui. A. V. Allora, si tratta di discutere con lui. B. C. Ho discusso, ma lui non vuole saperne, sta minacciando... A. V. Ma prima di arrivare a questi termini, lei analizzi le cose per quanto la riguarda e poi trovi il modo di parlare con lui, anche ascoltan- 49 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE do. Perché non è stupido, non l’avrebbe sposato! B. C. Lo so, io ho molta stima di mio marito. A. V. Lei ha stima di suo marito, allora troverà il modo perché lui possa capire e intendere alcune cose e, magari, fra la sua ipotesi e quella di suo marito ne troverete una terza. La questione è che il terreno o altro siano il pretesto per collaborare, per discutere e per un dispositivo da inventare — non un dispositivo perenne, perché il dispositivo non è naturale, si tratta in ciascun istante d’inventarlo, in maniera costante. B. C. Questa mia decisione era intervenuta proprio per smuovere qualcosa, perché se no, lì, non succede niente. Ancora prima dell’analisi, lui continuava a dire che io non so amministrare, che spendo troppi soldi... A. V. Secondo lei, lui ha tutti i torti a dire così o solo il 60% di torti? B. C. No, gli ho fatto presente che ho solo una Cinquecento, non mi concedo niente, quindi... Purtroppo, lui ha lasciato fare tutto a me, non che io avessi voluto gestire la cosa. A. V. Ho capito. È stata lei a amministrare in casa. B. C. Sì, la spesa, le tasse... Si capisce, chi non è addentro alla cosa non sa quanto si spende. A. V. È un’occasione, invece, perché lei lo renda edotto. Perché non racconta a lui, non arriva a fare un resoconto di questa amministrazione? B. C. Perché ho incontrato notevoli difficoltà, c’è sempre un tono di giudizio, non mi dà la possibilità di parlare... Mi sembra di essere sempre in tribunale, quando parlo con lui! A. V. Allora dobbiamo analizzare anche questa fantasia di tribunale, perché è sicuro che lui non è il tribunale. Lui non è un pubblico ministero, un inquisitore. Magari, avrà un modo che le fa pensare al tribunale. B. C. Per questo era importante questa cosa, così forse finalmente riesco a fare da me, altrimenti rimane sempre la fantasia che io dipendo da lui. Devo rendermi indipendente, c’è poco da fare! Lui il denaro per comperarsi qualsiasi terreno lo ha, non vedo perché debba impuntarsi proprio su quello! A. V. Quindi, lui ha i soldi per comprarsi qualsiasi campo. B. C. Sì, quello che vuole! A. V. Ma perché dovrebbe comperarsi qualsiasi altro campo e non quello? B. C. Perché... io quel campo l’ho già venduto! A. V. Ah! Lei, insomma, ha fatto un gesto ex abrupto! L’ha venduto e non gli ha detto niente? L’ha messo davanti al fatto compiuto! B. C. Io l’avevo avvisato che se avesse continuato a rimproverarmi per i soldi io avrei venduto il campo... solo che quando l’ho fatto, quel giorno 50 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE io non gliel’ho detto, non l’ho coinvolto in questa faccenda, anche perché lui non mi avrebbe detto mai di sì. Insomma, ho preso questa decisione. A. V. Sto pensando a cosa avrei fatto io se lei mi avesse detto di avere venduto il campo... Prima forse l’avrei ammazzata, poi mi sarei messo a discutere con lei. Ammazzata metaforicamente, altrimenti come avrei potuto discutere con lei? Adesso lui lo sa? B. C. Ma certo che lo sa! A. V. Ecco perché potrebbe comprarsi un altro campo. B. C. Può farlo quando vuole. Io ho altri due campi, che gli ho offerto, ma lui vuole quello lì, non vuole un campo qualsiasi! Quello sta proprio davanti alla casa, cosa ce ne facciamo di due case, dico io, una davanti all’altra, poi? A. V. Eh... così siete dirimpettai! B. C. Il fatto è che lui ha sempre denigrato il paese dove abitiamo, dicendo che non si è mai inserito. Figuriamoci! Proprio per questa ragione gli davo l’opportunità, con i suoi soldi, di fare... Perché lui aveva avuto una mezza idea d’iniziare l’analisi, ma voleva dividere le sedute: due lui, due nostra figlia, e due io. A. V. Però, già questo era un passo importante. Sa che sto iniziando a apprezzare molto suo marito? A me non sembra così rigido, così fisso, così irrimediabilmente paranoico! E che qualche fantasia di padronanza ce l’ha anche lei. Quando lei dice: “Io ho venduto, così lui si sarebbe smosso”, ha quasi una fantasia pedagogica. Ora, la fantasia pedagogica è una fantasia di padronanza, insomma, a cosa sia meglio per lui ci pensa lei! B. C. La storia del campo è nata dopo, quando lui si è messo a dire che gli interessava il campo, avevo fatto questo atto... A. V. Mi sembra che qui ci sia un romanzo... B. C. Sì, c’è un romanzo. A. V. C’è un romanzo intorno a questo campo... B. C. Infatti, io avevo fatto quell’atto perché lui potesse disporre del denaro che sapevo che aveva... A. V. Ma adesso lei l’ha venduto. Detto tra noi: come fa a irrigarlo e a innaffiarlo e a mettere le radici? B. C. Mio marito? A. V. Sì, certo. B. C. Dovrà prendere un altro campo da annaffiare e metterci le radici, non so... A. V. Ma perché vuole costringerlo a prendersi un altro campo, quando lui ha sposato lei, quindi il campo ce l’aveva... B. C. Però, io mi troverei di nuovo a non avere la possibilità di fare come 51 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE ho bisogno di fare... A. V. L’impressione è che ci sia un apologo sessuale intorno a questo campo, una favola sessuale, che sia la questione della sessualità, parlando parlando... Dice che è preferibile non entrare in quest’altro campo? B. C. No no, non è questa la questione. Forse io potrei guadagnare diversamente, senza vendere quel campo... A. V. Ecco, questa è già una bella idea! E lui sarebbe molto contento e addirittura potrebbe coinvolgerlo. Insomma, da cosa nasce cosa e il tempo la governa, dice Machiavelli nella Mandragola. E come le è sembrata la giornata di ieri? B. C. Interessantissima. Dopo un’ora potevo anche fermarmi lì, c’erano cose molto precise. A. V. E invece noi abbiamo proseguito, non ci siamo fermati lì. Lei dice che dopo un’ora ne aveva abbastanza! E quindi ci saremmo potuti fermare lì. B. C. Forse perché avevo delle aspettative e ero molto felice di quanto avevo ascoltato... A. V. Per ora abbiamo accennato. Noi non avevamo lo scopo di esaurire gli argomenti, per nulla, soltanto di accennare a alcune cose. [Legge un brano del libro Ma chi è questa bella principessa?] Così termina la Canzone di Ernesto, uno dei capitoli più belli del libro di Cristina Frua De Angeli, cui abbiamo dedicato questo master e che dice del suo itinerario. Apparentemente, il libro termina, per quanto riguarda la narrazione degli avvenimenti della Fondazione e del Movimento freudiano internazionale, al ’78, con incursioni anche successive fino a tempi recenti, a Mosca, San Pietroburgo, Parigi. Dire romanzo è già situarlo in un genere, mentre è la scrittura dell’esperienza, la scrittura clinica, dove ci sono romanzo, poesia, saggio, aforisma, novella, aneddoto, apologo, e c’è anche la canzone. C. F. D. A. La ragione che mi ha portato a iniziare questa avventura negli anni settanta, e a proseguirla poi negli anni ottanta (nel 1981 ho incominciato come psicanalista), è stata proprio una ragione di vita o di morte. Sono arrivata alla psicanalisi con un fardello pesante e apparentemente tragico, segnato da una serie di casi di morte e significato dal fallimento, che aveva coinvolto l’impresa di famiglia. Per cominciare, la decisione di un viaggio: lasciare la città dell’utopia, la Casa dalle cento porte, e tornare nella città che per me rappresentava Corinto, Milano appunto, dove funzionava un nome, dove però non c’era nulla di 52 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE domestico e più nulla era rimasto come prima. Arrivando a Milano, quasi in esilio e in un estremo disagio, ho potuto sperimentare qualcosa dell’assoluto, dell’assenza totale di rimedio o di soluzione. Il libro racconta dei primissimi anni di formazione, di letture, di ricerca e di appuntamenti serrati, costituiti dalle conversazioni analitiche e dagli incontri organizzati dall’Associazione, che si chiamava allora Collettivo freudiano Semiotica e psicanalisi. Quindi, già un dispositivo artificiale, amici artificiali, non una famiglia naturale e neppure esponenti che appartenessero a un presunto strato sociale, da cui io, del resto, mi sentivo esclusa, estranea, esiliata. I primi anni. Storie di tentativi di mediazione tra l’analisi e un’apparente vita mondana finché la decisione di proseguire questa avventura diventa assoluta, e lo diventa con il primo investimento: 10 milioni da investire nella rivista “Spirali”. Questa prima parte riguarda un’esplorazione della questione padre, non agevole, perché quando ho iniziato il padre non era quello che trovate nel libro. Il mito della famiglia, come si precisa nel mio itinerario, non esisteva, c’erano invece una certa mitologia e una serie di superstizioni, alimentate dalla tradizione slava rappresentata dalla mamma, che portava con sé un certo fatalismo, una certa piega ortodossa, più che la questione cattolica, come si preciserà poi nel mio itinerario. E anche un aspetto un po’ decadente della Mitteleuropa, intesa come ciò che resta di un impero, quindi sempre ancora con l’idea di impero. Gli anni settanta sono anni molto intensi, e in particolare il ’78, un anno assolutamente straordinario per l’Associazione. Quello che accadrà in seguito, con l’acquisizione di via Torino, la Fondazione, la costituzione di nuove società, di nuovi dispositivi artificiali e con la nostra presenza essenziale a Milano, città internazionale, è molto rilevante e sarà argomento del prossimo libro. Qui a Udine, dove abbiamo accennato al mito della madre, l’elaborazione del fantasma materno fino al mito della madre comporta l’impresa e la città del secondo rinascimento, dove l’Altro sia accolto, la città dell’ospite e non del nemico. A. V. Chi vuole intervenire? Viviana, vuole venire qui per un saluto, per dire come si è annoiata profondissimamente e come non vede l’ora che noi ce ne andiamo via da Udine e non mettiamo più piede... V. R. Io mi sono trovata benissimo, anzi, a mio agio qui con voi e spero che ci sia un seguito. Volevo ringraziarla, ha detto cose molte interessanti. Ho iniziato a leggere il libro di Cristina e mi ha incuriosito molto la figura della morte vestita di giallo, arrogante sui tacchi, forse perché io amo vestire di giallo. Ho conosciuto il dottor Tagliapietra quando ha 53 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE fatto la prima conferenza qui a Udine, era autunno o primavera di quattro anni fa, sono rimasta affascinata da quello che diceva e perciò ho seguito, piuttosto a balzi, la cosa. Ho ripreso l’analisi per la terza volta, ho lasciato e ripreso, perché questa è la mia questione, del provvisorio, della toccata e fuga... A. V. Toccata da chi? V. R. Sono io che tocco e poi fuggo! A. V. Lei è nata a Udine? V. R. Io sono di madre abruzzese e di padre friulano, il nostro è un cognome che viene dalla Russia. A. V. E la mamma da che città viene? V. R. Da Pescasseroli. Ieri lei menzionava La Lupa, il film è stato girato nei paesi della mamma, nel parco nazionale. A. V. Anche se la novella era ambientata in Sicilia. E lei è andata nel parco nazionale più volte? V. R. Sì. A. V. Insomma, questi sbalzi sono tra gli Abruzzi e la Russia... V. R. Tra il Friuli e gli Abruzzi. A. V. E adesso cosa fa, a Udine? V. R. Lavoravo prima, adesso ho due bambine e perciò... A. V. Come si chiamano? V. R. Veronica e Angelica. A. V. E quanti anni hanno? V. R. Veronica ha 11 anni, Angelica 3 anni. A. V. E il marito cosa fa? V. R. Produce e vende sedie. Questa è la zona, il nostro è il triangolo delle sedie. A. V. Molto preferibile il triangolo delle sedie al triangolo della morte, in Emilia. V. R. Sì. A. V. Chi disegna le sedie? V. R. Anche lui, mio marito, disegna. A. V. E lei lavora nell’azienda? V. R. Ho lavorato per tredici anni e adesso riprenderò, forse... A. V. Perché si occupa appunto di Angelica e di Veronica.. V. R. Sì, anche. A. V. Perché, anche di chi... V. R. Di me... A. V. E del marito? V. R. Anche. Lei difende sempre i mariti! A. V. Ah, lei dice che avrei qualche motivo, in questo caso, per 54 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE difendere il marito? V. R. Sì! Non era molto contento stamattina, è andato in ufficio alle sette e mezzo, non era mai successo in tanti anni di matrimonio... A. V. Perché non era contento? V. R. Non era contento che io venissi qui... si ripete la storia di varie signore. A. V. Non era contento. Ma lei lo ha invitato a venire qui? V. R. Sì, certo... A. V. Lo ha invitato in modo che lui venisse? V. R. No, che non venisse! A. V. Ah, ecco! Io ho l’impressione che abbiamo molte cose da dirci... V. R. Senz’altro, ci sarebbero... A. V. Abbiamo solamente sfiorato l’argomento, giusto per dire che poi c’è tutta una strada da compiere. V. R. Lunga. A. V. Lunga? Lei si è sposata molto presto o ha aspettato molto? V. R. Secondo me, mi sono sposata presto. A. V. Quanti anni aveva? V. R. Venticinque. A. V. E da quanti anni frequentava suo marito? V. R. Da sei anni. A. V. Quindi, era presto rispetto alla sua età o rispetto al numero di anni? V. R. Mah... A. V. Ma lei, per caso, poi ha incontrato qualcun’altro che la interessava? V. R. No. A. V. Ma desidererebbe incontrarlo? V. R. No... A. V. Cosa sta leggendo? V. R. Il libro di Cristina. A. V. Mi auguro che possiamo riprendere in qualche altra occasione le cose che andiamo dicendo. Grazie. V. R. Grazie a lei. A. V. Daniela Di Bernardo è qui? Ieri sera non c’era. D. D. B. Nemmeno nella giornata di ieri. A. V. È venuta oggi per la prima volta? D. D. B. Sì, qui sì. A. V. E quali sono le prospettive dell’Associazione di Udine, delle attività, per come lei le intravede... D. D. B. Io ho iniziato da tre mesi circa a lavorare in equipe... 55 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE A. V. Quindi è fresca fresca... D. D. B. Sono molto fresca! Ho iniziato l’analisi in settembre, per cui sono agli inizi del tutto... A. V. Del tutto. D. D. B. Chiamiamolo del tutto. Mi trovo ancora con varie difficoltà, con varie resistenze, anche se per me è molto interessante ascoltare le esperienze di alcune persone esposte oggi, al master, perché è un po’ come rivivere, anche se in modo diverso, certe mie esperienze. È già un modo di elaborare alcune difficoltà che s’incontrano strada facendo, sopra tutto per chi ha paura di fare la strada e come me si è lasciato guidare da genitori o da chi per loro. Molte volte c’è un tentativo di fare un passo avanti e due indietro, solo che indietro poi... A. V. Riesce questo tentativo, di solito? D. D. B. No, non riesce, però, per questo tentativo, per questo sforzo che non riesce fanno male le gambe! Io ringrazio l’opportunità che ho, lavorando con i bambini, di trovarmi in questione: prima credevo che fossero i bambini a mettermi in questione, invece era il bambino che è dentro me. Cercavo di padroneggiare loro per padroneggiare... A. V. Mi spieghi, c’è un bambino in lei? D. D. B. Sì, in un certo senso. A. V. E dove sta? D. D. B. Dove sta... A. V. Lei è un bambino? D. D. B. No. Io vorrei essere una persona che può definirsi adulta, che riesce a gestirsi, a controllare tutto, solo che c’è sempre qualcosa che sfugge: questo, forse, è il bambino. A. V. Certo, c’è qualcosa che sfugge sia ai bambini sia agli adulti. D. D. B. Sì, certo, ma l’adulto, a differenza del bambino, cerca di condizionare, di gestire, ecco. Mi trovo ancora nella difficoltà, mi chiedo quale sia la mia impresa e come riuscirò a portarla avanti. Poi, si trovano le scuse: e se poi mi sposo e poi mio marito… la paura di rivivere certe situazioni... A. V. Ma c’è un fidanzato, adesso... D. D. B. Sì, c’è un fidanzato. A. V. E lei non è sicura se diverrà marito? D. D. B. Penso di sì. A. V. Lei non è sicura che sia proprio lui a divenire marito? D. D. B. Credo di sì. C’è un percorso che deve tracciarsi e lungo questo percorso potrebbero intervenire molte cose che non sono previste. A. V. Eh già, per esempio? D. D. B. Anzitutto, sto facendo un lavoro importante riguardo a tante 56 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE mie fantasie, che hanno mandato in crisi relazioni precedenti. A volte, le fantasie possono fare naufragare una relazione che potrebbe essere interessante. A. V. Ah, lei teme che questa relazione con il suo fidanzato possa naufragare? D. D. B. No, per il momento non ho questa preoccupazione. A. V. E per l’avvenire? D. D. B. Neanche per l’avvenire. Ho più paura di me, di questo discorso dell’impresa... A. V. E lui ha paura di lei? D. D. B. No, non credo! A. V. Quindi solo lei ha paura di lei... D. D. B. Prima di tutto, senz’altro. A. V. Quindi, sta affrontando anzitutto questo problema in casa. D. D. B. Sì. A. V. Cosa fa il suo fidanzato? D. D. B. Lavora con suo padre in una officina meccanica. A. V. E lei, invece, si occupa di bambini? D. D. B. Io lavoro in una scuola materna. A. V. M’interessa poi avere il suo giudizio sulla trascrizione di quello che abbiamo detto ieri. Grazie. D. D. B. Grazie a lei. A. V. Martina Tegon, lei come ha trovato questo master? M. T. È stato interessante, sicuramente diverso da quello di Venezia. Anche perché a Udine non si era mai tenuto un master, io stessa ho un pregiudizio rispetto a Udine, perché la ritengo un paese più che una città, un paese contadino... A. V. Non sembra. M. T. In effetti, mi sono accorta che così non è. A. V. Nessun pregiudizio contro il paese contadino, inoltre questa città non sembra un paese contadino... M. T. No, infatti ho riscontrato questo: Udine non è così provinciale. A. V. Il provincialismo, anzitutto, è un nostro pregiudizio: occorre analizzarlo e valutare in che misura lo stesso provincialismo debba essere un aspetto dell’apertura anziché della chiusura e entrare nell’anfibologia... M. T. Che non rimanga solamente un pregiudizio, è questo che blocca sicuramente l’apertura. A. V. Se rimane pregiudizio, allora è un tabù. Se diciamo: “A Udine non si può fare niente d’interessante” allora diventa deserto, né paese contadino né città. Questo vale per Udine, Milano, Parigi, Ginevra, 57 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani IL SECONDO RINASCIMENTO ARMANDO VERDIGLIONE Losanna, per ciascuna città. M. T. Ritenevo che Udine fosse la “mia” città, è per questo che... A. V. È sempre la città dell’Altro, la città dell’ospite, che non può essere rappresentato. Se viene rappresentato, allora l’altro è il provinciale, il nemico o il provinciale. Invece, occorre portare il provinciale nell’ossimoro anziché a rappresentare l’Altro, quindi nel modo dell’apertura. Quell’articoletto che è stato fatto in nome dell’ignoranza... M. T. Sul “Gazzettino”. A. V. È effettivamente desolante. Ma non possiamo pensare che quell’articoletto possa, in nessun modo, dire quale sia stato il master, questo sarebbe assurdo né noi dobbiamo aspettarcelo. Ma allora, dobbiamo interrogarci: qual è il nostro lavoro, cosa occorre che noi facciamo per il messaggio, per la comunicazione? Occorre che ci sia un’opera nostra, un dispositivo per coinvolgere i giornali, le televisioni, che questo dispositivo sia esteso alle attività che facciamo qui, ai libri che qui si discutono, nostri e di altri, che ci siano nostri interventi sulle televisioni locali, sui giornali. Allora, cosa dice di questa famiglia, della nostra famiglia, dato che lei ieri sera non è intervenuta a causa di questo disegno? Presume che io sia pazzo, cattivo o diabolico? M. T. Nessuno dei tre aggettivi mi sta bene! A. V. Io potrei limitarmi a discutere di queste cose con i presidenti di banca, d’industria, delle compagnie di assicurazioni, ma non è per questo che sono impegnato nell’impresa... M. T. Infatti, questa impresa mi questiona, appunto perché sento di fare parte della famiglia, altrimenti non me ne importerebbe niente! Mi sono chiesta quale potrebbe essere l’apporto, come fare, come contribuire per questa famiglia che potrebbe essere la mia — ho paura a dire che è la mia, comunque! A. V. Però, occorre che noi facciamo, attraversando la paura, nonostante la paura, oltre la paura, che non ci fermiano alla paura, altrimenti rimaniamo paralizzati per paura. Come nella parabola dei talenti, quel talento rimane lì, sotto terra, per paura. Mi pare che lei sia abbastanza avanti... M. T. Sì, e tuttavia insisto a costruirmi dei muri, diventerò un muratore, tra poco! Le questioni emergono, comunque... A. V. C’è ben altro muro che lei non può costruire... M. T. Già... A. V. Va bene, grazie. M. T. Grazie a lei. A. V. Chi vuole intervenire ancora? 58 Il denaro. La moneta. I soldi. Ieri, oggi e domani ARMANDO IL SECONDO RINASCIMENTO VERDIGLIONE G. M. Sembra che per millenni l’umanità sia andata avanti elaborando il mito delle Parche. Ma questo a chi porta vantaggio? E di quale vantaggio si tratterebbe, poi? C’è qualcuno che si avvantaggia di questa vita che non è vita ma che è morte? Sembra quasi che l’umanità si sia basata su questa economia, quasi fosse una cosa positiva. Perché non il contrario? Perché invece poche, pochissime persone, durante il corso dei millenni, hanno tenuto un discorso di vita, mentre la maggioranza, da millenni, continua a tenere un discorso di morte? A chi porta vantaggio tutto ciò? Una frase del libro di Cristina mi è rimasta impressa: “morire non è necessario”. Finalmente qualcuno dice: morire non è necessario! Perché sembra, invece, che il discorso corrente dica: morire è necessario. Fin dalla nascita, ciascuno va avanti con questo discorso: dobbiamo morire, e dal momento che lo sa già... A. V. Comincia a mortificarsi ogni giorno. G. M. Ieri sera, tornando a casa, mio marito mi ha chiesto che cosa avessimo detto e fatto e il discorso è scivolato su questo argomento. “Ma tutti dobbiamo morire”, ha detto lui. Io gli ho risposto: “Che ne sappiamo della nostra morte? Non è una questione che mi concerne, finché vivo. Io non so niente della mia morte, per cui non posso fare altro che un discorso di vita, non di morte! Sarei già morta in partenza se immaginassi la morte ancora prima che sia arrivata”. A. V. A me sembra un intervento vero e proprio, lei ha detto in breve l’essenziale del master. G. M. Il discorso della gnosi. Sembra che quasi tutta l’umanità vada avanti basandosi sempre su questo discorso, come se la gnosi portasse a una qualche utilità. Quale vantaggio? Per chi? A. V. La ringrazio molto. Questo master è differente dagli altri due, mi pare. Mi sembra che abbiamo tenuto conto della città di Udine, del Friuli, dei membri dell’equipe, dell’esperienza che qui si fa, e questa mattina abbiamo accennato anche al modo in cui la città del secondo rinascimento può instaurarsi, come città d’arte, di cultura, di scrittura, nell’ambito dell’integrazione culturale europea. Tutto ciò ha bisogno di altri appuntamenti. Noi faremo un altro master, che riguarderà il programma della città del secondo rinascimento. Adesso stiamo gettando le basi per questo programma, che sono sempre basi nella parola. Alcune cose le abbiamo fatte, altre le faremo nei prossimi giorni. Un master intorno al programma di vita. Il gesto dell’Associazione di Udine, proposto da Gianni Tagliapietra, d’iscriversi alla Cooperativa mi pare importante. Trascrizione, non rivista dall’Autore, a cura di Cristina Frua De Angeli 59