Aprile 2011 - Insider Magazine

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Aprile 2011 - Insider Magazine
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hanno collaborato
Alberto M. Castagna
Alessandra Vittoria Fanelli
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Carlotta Miceli Picardi
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Fabrizio Lodi
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GianLuca Castaldi
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ANNO 3 - NUMERO 21
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aprile 2011
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al n. 58/2009 del 25/2/2009
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a partire dall’anno MILLE
Castello della Castelluccia
Charme, sport e suggestioni antiche nel verde del Parco di Veio
retto sulle rovine di una villa romana di età
imperiale, il Castello della Castelluccia risale
all’anno 1000, quando fu edificato il primo
nucleo, il corpo centrale e la torre, ancor oggi pronti ad
accogliere ospiti di ogni luogo. La struttura fu poi completata
nel XIII secolo, con ampliamenti e fortificazioni e da allora,
maestoso e quieto, ha accumulato storie e leggende e un
indiscutibile fascino, che lo rendono meta privilegiata di chi
cerca comfort, bellezza, tranquillità ed eleganza.
L’accoglienza? Una vocazione! Si può ben pensare che
l’ospitalità fosse il destino di questo castello, se già nel
lontano 1300 i pellegrini che percorrevano la via Francigena
vi trovavano ristoro alle fatiche della lunga strada. Da allora
sono passati secoli di storia e si sono succeduti proprietari:
Muti, Cancellieri, Cenci, Orsini, Odescalchi e Boncompagni,
ma anche, in epoche più recenti, il famoso tenore Marconi
e l’ultimo proprietario, il Conte Manzolini, che aveva
trasformato la sala della ristorazione in una serra rigogliosa,
sfruttando così l’umidità e il calore della cucina. Dopo di
lui il castello cadde in un progressivo abbandono da cui
riemerse solo alla soglia del nuovo millennio, quando un
attento restauro lo restituì al suo splendore originario. La
ristrutturazione ha riportato alla luce l’imponente struttura,
impreziosita da arredi amorevolmente scelti tra pezzi di
antiquariato di periodi diversi, dal XV al XIX secolo e opere
d’arte del XVI secolo.
Dal 2002, da quando la direzione è in mano a Fabrizio
Prato, rappresenta uno dei relais più belli ed esclusivi
della zona, preferito da molti personaggi del mondo dello
spettacolo per l’atmosfera incantevole, ricca di suggestioni,
racconti e misteri, angoli raccolti e romantici, servizi di lusso,
terrazze che affacciano sul verde della vallata, una piscina
olimpionica circondata da alberi e un meraviglioso giardino
all’italiana che assicura relax e tranquillità. Ma come ogni
castello che si rispetti porta con sé il suo carico di leggende,
fantasmi e ombre del passato, come quella di Nerone che,
disturbato nel suo sonno eterno da un incidente nel 1804
(per l’incoronazione di Napoleone Bonaparte a Re d’Italia),
raccontano vaghi in cerca di un nuovo posto dove riposare,
o l’inspiegabile rumore degli zoccoli dei cavalli che si
sentono di sovente nella notte. Piccoli misteri che aumentano
l’atmosfera di questo luogo che avrete forse visto abitato da
donne bellissime e uomini affascinanti, in fotografie, spot e
film che lo hanno scelto come set.
Le camere, 24, portano i nomi delle famiglie e degli importanti
personaggi che vi hanno soggiornato, come la regina di
Svezia, ammaliata dall’alchimista Tiraboschi che risiedeva
nella torretta, abitazione e laboratorio per i suoi esperimenti
alla ricerca della formula per trasformare la materia comune in
oro. Letti a baldacchino, soffitti mansardati, caminetti, affreschi
caratterizzano le stanze, tutte diverse, sempre sapientemente
decorate, per un’immersione nel passato, senza tralasciare i
comfort più moderni: la tecnologia dei televisori al plasma,
la tv satellitare, il collegamento a internet, l’impianto stereo
e, in alcune camere, la piscinetta idromassaggio in maiolica
per iniziare il soggiorno nel modo più rilassante. Non di
rado, infatti, gli ospiti chiedono di trovare pronto il bagno
per lasciarsi immediatamente alle spalle stress e stanchezza e
continuare poi con la cena nella Locanda con pareti in pietra
e un grande camino. Qui la cucina del territorio si unisce a una
forte impronta umbra, per piatti sapidi e gustosi, che guardano
alla stagionalità e alla qualità della materia prima: una proposta
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Fabrizio Prato
General Manager
di raffinata semplicità dove non mancano serate con menu a
tema, organizzate da Fabrizio Prato, che richiamano golosi in
cerca di una serata un po’ speciale, come le prossime, il 14 e
il 28 aprile (rispettivamente formaggi e risotto). Appuntamenti
con la buona tavola, le migliori cantine per abbinamenti ad
hoc e musica jazz dal vivo, frequentati da nomi noti e meno
noti e accessibili a tutti, complice un prezzo assolutamente
concorrenziale.
Oggi dunque il Castello della Castelluccia è un’oasi di pace,
perfetta per un week end romantico, come per una cerimonia:
qui la chiesa di Santa Barbara, del ‘700, permette di riunire in
un’unica location, la cerimonia e il ricevimento, la suite per
la prima notte di nozze e le stanze per gli invitati, curando
ogni dettaglio, dalla stampa dei menù alla musica. Uno spazio
speciale da continuare a scegliere anche per gli anniversari,
potendo contare su angoli bellissimi, come la suite sulla
torretta, su due livelli sovrastati dalla terrazza da cui, nei giorni
in cui il cielo è più terso, si riesce a vedere il mare. Perché
non bisogna dimenticare che il castello si trova in quell’angolo
di verde a un passo da Roma, da cui raggiungere la città o
spostarsi verso la costa in un battito d’ali.
Mentre gli appassionati di golf sanno bene che questa è una
zona strategica per praticare questo sport, vicino ai più famosi
campi, con cui ci sono accordi e rapporti privilegiati: Olgiata
Golf Club, Arco di Costantino, Le Querce e Marco Simone e
poco distante dal bellissimo Country Golf di Castelgandolfo,
mentre prima dell’estate sarà pronto un campo pratica da
golf, con 20 piazzole, un putting green di 400 mq e un
pitching green di 200 mq. Il Castello della Castelluccia è
diventato negli ultimi tempi, grazie alla passione dello stesso
direttore, la residenza scelta dai campioni internazionali,
come Costantino Rocca, Paul Lawerie, Edoardo Molinari,
Nicolas Colsaert, Rhis Davies, Gary Bates e Chris Di Marco,
Juan Quiros, Emilio Rodriguez, Alejandro Canizares.
Ma tutti, nomi noti e gente comune, qui al Castello ricevono
lo stesso trattamento, pieno di attenzioni, eleganza, cura ◆
Castello della Castelluccia
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Umbro di origine, nato nel 1952 sotto il segno del Toro,
appassionato giocatore di golf, Fabrizio Prato comincia
l’avventura nel mondo dell’hotellerie nel 1980 come
direttore dell’Hotel Principe Marmolada che ha gestito per
circa dieci anni allungandone la stagionalità tipica delle
strutture montane. Ha diretto successivamente tre strutture
di Abano Terme prima di dirigere il LLoyds Baia Hotel di
Vietri sul Mare, il Park Hotel di Marina di Ravenna e il
prestigioso Mazzarò Sea Palace di Taormina; significativa
anche l’esperienza maturata come manager di importanti
strutture di ristorazione dal Ristorante dell’Orso a Poltu
Quatu in Costa Smeralda all’Antico Bottaio in via di Ripetta,
per concludere con la direzione del prestigiosissimo Sans
Soucì in via Veneto a Roma che sotto di lui ha conquistato
la prima stella Michelin.
Dal 2001 opera con il Gruppo Palenca come General
Manager del Castello della Castelluccia di cui ne è l’artefice
del successo fin qui ottenuto.
La sua passione per il golf gli ha permesso di aprire un
importante canale che ha fatto diventare il Castello della
Castelluccia il “buen ritiro” di molti professionisti del
Tour e il punto di riferimento di tutti gli appassionati di
questo sport in transito per Roma; a lui si deve anche
l’organizzazione della prima edizione della European Pro
Am, gara internazionale che ha portato a Roma importanti
giocatori di fama mondiale.
A completare il cerchio Fabrizio Prato in accordo con
i fratelli Palenca ha dato vita al Campo Pratica della
Castelluccia, vera chicca per gli appassionati di golf
che potranno praticare in un’area meravigliosa a poche
centinaia di metri dal castello.
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Resort
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Itinerari
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ph Lisa DeSimone
Dzong a Punakha
Bhutan:
terra del Drago tonante
C
di María Margarita Segarra Lagunes
C
on un ristretto e accidentato territorio, il
Bhutan, Paese lontano e misterioso, sembra
farsi spazio, non senza fatica, tra le piegature
montuose dei due immensi colossi che lo circondano, la Cina
e l’India. Popolato da circa un milione di abitanti, concentrati
in poche cittadine o sparsi nelle campagne, il regno del Drago
tonante guarda attento a Oriente e a Occidente, cercando
di resistere alla spinta irrefrenabile della globalizzazione
omologante che ha già coinvolto i suoi poderosi vicini.
Protetto dalle alture dell’Himalaya, il Paese mantiene infatti
un calibrato distacco dal mondo contemporaneo, sotto
la guida del quinto re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck,
nato nel 1980 e incoronato nel 2006, che ha saputo,
Haa Valley
sulla strada inaugurata da suo padre, condurre il Paese in
questo difficile processo di modernizzazione controllata,
basata sull’originale principio di felicità interna lorda, che
contrappone allo sviluppo incentrato esclusivamente sulla
crescita economica, meccanismi mirati ad aumentare la
felicità attraverso il miglioramento della qualità della vita,
agendo e indirizzando le trasformazioni sullo sviluppo degli
uomini, sul buon governo, sul progresso equilibrato ed
equo, sulla conservazione del patrimonio culturale e sulla
protezione dell’ambiente.
Una scommessa così ambiziosa presuppone evidentemente
scelte precise, in grado di equilibrare i vantaggi della modernità
con i benefici della salvaguardia delle pratiche tradizionali,
certamente più confacenti a quella specifica cultura e a quel
particolare contesto geografico. L’introduzione del Buddismo
sin dall’VIII secolo d.C., ad opera del Guru Rinpoche,
significò infatti non solo il propagarsi di una religione ma,
soprattutto, la diffusione di modi di vita, che attecchirono
profondamente consolidando tradizioni e costumi. Pietanze,
feste, vestiti, danze, colori e riti ma anche il rispetto della
natura in tutte le sue manifestazioni contribuirono a formare
il carattere e a rafforzare quell’identità della quale oggi i
bhutanesi sono fieri.
Quella natura, intatta nella maggior parte del territorio,
è segnata da immense distese di boschi che invitano alla
meditazione e all’isolamento mistico. In qualsiasi punto
panoramico si dispiegano davanti agli occhi cinque, sei,
sette piani di montagne che si allontanano e si perdono in
Dochu La pass
un orizzonte ondeggiante e nebbioso. Le silenziose cime
innevate appaiono solcate da strettissime strade e da sentieri
che collegano una valle all’altra e accompagnano le risaie,
ricavate modellando pazientemente il terreno a formare
terrazze incurvate che addolciscono i pendii scoscesi.
Le costruzioni tradizionali si assomigliano tra di loro: a due
o tre piani, hanno una struttura portante in legno e muri
realizzati in terra cruda, intonacata e tinteggiata a calce.
Tutti gli elementi lignei mostrano decorazioni colorate: fiori,
motivi geometrici, segni augurali. Ma di questi è impossibile
determinare l’età: laddove si è reso necessario, per un incendio
o per il deperimento proprio dei materiali, una tradizione
ininterrotta ha permesso di riprodurre quei motivi e quegli
elementi costruttivi con le stesse tecniche e materiali e con
la medesima qualità manuale, per consentire a quegli edifici,
Bhutan
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Itinerari
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tappeti antichi
“mille esemplari”
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ph Retlaw Snellac
Changlimithang Stadium
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Il monastero Taktshang
sacri e civili, di attraversare i secoli e giungere immutati fino
ai giorni nostri.
Alcuni dei più antichi monasteri buddisti sono emblematici
della tenacia e dell’ostinazione dell’uomo per realizzare
monumenti magnifici in luoghi inimmaginabili. Annidati nelle
rocce, la loro costruzione resta un mistero della tecnica: sono
ancora oggi irraggiungibili da qualsiasi veicolo e per visitarli
è necessario percorrere per varie ore sentieri in salita a più di
3.000 metri di altitudine. Tra i più impressionanti è Taktshang,
il monastero noto come il Nido della tigre; ma anche quello
chiamato Tango, uno dei più importanti centri per lo studio
del Buddismo. Nell’antica capitale estiva, Punakha, è celebre,
nella confluenza di due fiumi, uno dei più bei Dzong: un
complesso fortificato, nei cui cortili, animati dal canto dei
monaci buddisti, si respira un’aria limpida e serena che parla
di altri tempi, di altri modi di rapportarsi alla natura, per
vivere in pace con essa e in armonia con gli altri uomini ◆
Tappeto Heriz a preghiera
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Insider
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Narrano antiche cronache...
Cultura
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“...Quand’ecco dai pollai sereno e nuovo
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l’antica pia favola dell’ovo...”
Pasqua
S
S
imbolo di nascita, di vita e di resurrezione
l’uovo ha da sempre affascinato non solo Guido
Gozzano, sensibile e crepuscolare poeta di un
tempo che fu, autore dei pochi versi con cui ci avventuriamo in
un brevissimo viaggio alla ricerca delle origini del tradizionale
‘uovo di Pasqua’, ma esso ha affascinato anche ogni altro
essere umano più sensibile alle tradizioni religiose e alle
esoteriche simbologie a queste ultime legate. Omne vivum
ex ovo dicevano i Romani che filosofeggiavano all’ombra
di un Colosseo che stava lentamente vedendo la luce. Tutte
le cose viventi provengono da un uovo: biologicamente
parlando non sempre così accade, ma questo i Romani
non lo sapevano ancora, né lo sapevano Greci ed Egiziani
che ponevano delle uova nelle sepolture come simbolo di
rinascita, di “vita eterna”…
e l’antica
pia favola
dell’ovo...
Cinquanta, era ancora abbastanza diffusa
anche nel nostro Bel Paese…
Risaliamo il “fiume del tempo” di molti,
moltissimi secoli e vediamo come nella
Germania di fine Ottocento le uova
di Pasqua fungano anche da… carta
d’identità! Un comune uovo pasquale
viene prima tinto con un pigmento
indelebile e poi il suo guscio viene inciso
disegnando con un ago un simbolo e i
succinti dati anagrafici di chi lo riceve.
Altro che riconoscimento facciale e “sensore
di riconoscimento pupillare” face detection,
dell’ultratecnologico cellulare Nokia N8!
Ma torniamo alle suggestive e ben più affascinanti
tradizioni pasquali…
di Roberto Volterri
Narrano le nostre antiche cronache - qui sconfinanti in una
improbabile leggenda metropolitana ambientata in Terra
Santa! - che il mercante di uova conosciuto come Simone di
Cirene, il “Cireneo” che aiutò il Cristo a portare la croce fin
sulla sommità del Golgota, tornato a casa si accorgesse che
tutto ciò che avevano deposto le sue galline fosse diventato
miracolosamente variopinto. Potenza della fede!
Però già dal II secolo d.C. la Chiesa inizia a celebrare sul
serio la Resurrezione del Cristo con un simbolo diffusissimo
e facilmente riconoscibile: l’uovo. I Vip dell’epoca iniziano
a regalare uova ricoperte da polvere o foglia d’oro, mentre i
contadini le colorano facendole bollire insieme a particolari
foglie, legni o insetti - come la cocciniglia - in grado di conferire
al simbolo pasquale una gradevole policromia. Tradizione
questa che - con opportune varianti - almeno fino agli anni
Alla fine del XIX secolo appaiono le più preziose uova di
Pasqua mai prodotte, dovute all’orafo Peter Carl Fabergé,
il quale nel 1883 riceve dallo Zar Alessandro II di Russia
il compito di ideare e realizzare un dono speciale per sua
moglie, la Zarina Maria Fodorovna. Il geniale orafo ci pensa
un po’ e nel 1886 crea un semplice uovo pasquale lungo
appena sette centimetri, con il guscio di smalto bianco senza
alcuna decorazione. Ma l’interno lascia strabiliata la Zarina:
apertolo, ai suoi occhi appare un tuorlo d’oro contenente a sua
volta una piccola gallina - ovviamente d’oro! - con gli occhi di
rubino. Incuriosita da tale meraviglia, la Zarina tocca il becco
del minuscolo animale e… meraviglia delle meraviglie, esso
contiene una perfetta replica della corona imperiale. Con
tanto di diamanti, rubini e altre pietre preziose!
Fabergè viene subito nominato “goielliere di Corte” e
la consuetudine di inserire nelle uova di cioccolata una
piccola sorpresa continua - molto più modestamente! - fino
ai nostri giorni… ◆
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Cultura
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Gioielli
gioielli
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lo Zaf firo,
L
musa ispiratrice dei gioiellieri
L
o Zaffiro fa parte della famiglia pregiata dei
Corindoni, ha un colore blu-azzurro più o meno
intenso che può mutare in varie tonalità.
Le caratteristiche principali di questa pietra, oltre al suo
colore, sono la brillantezza e la durezza. Sulla scala di Mosh
il grado di durezza dello Zaffiro è 9, come il Rubino e quasi
quanto il Diamante.
Nella cristalloterapia questa pietra viene usata come efficace
antidepressivo in particolar modo come
coadiuvante nelle cure contro l’insonnia,
inoltre sembra abbia la particolarità di
rafforzare la circolazione sanguigna, di
migliorare la vista e rinforzare la memoria.
E’ dunque un vero toccasana!
Lo Zaffiro più conosciuto e popolare è quello
blu/azzurro, ma in realtà ne esistono anche
di colorazioni diverse, che vanno dall’arancio
al verde al rosa violaceo e persino al giallo,
arricchendo con tutte le loro sfumature la gamma
dei colori dello Zaffiro in maniera pressoché infinita. Per la
sua versatilità è una pietra molto gradita ai gioiellieri che la
possono combinare ed abbinare in svariati casi e situazioni,
ottenendo incredibili sfumature.
Da dove provengono?
I giacimenti più conosciuti sono australiani (dai quali si
estraggono Zaffiri meno pregiati), dello Sri Lanka, della
Birmania e della Thailandia. Anche in Italia si trovano piccoli
cristalli di zaffiro nella calcite del Terminillo.
Lo Zaffiro è una pietra preziosa?
Si, è tra le famiglie di pietre preziose (Smeraldo, Rubino
e Zaffiro) più rare e, di conseguenza, più costose, dopo il
Diamante.
Quanto vale?
Uno Zaffiro di un blu intenso e brillante
di 3,00 Kt può costare tra i 4.000€ e i
6.000€ ma non è facile stabilire il vero
prezzo di una gemma se non si è esperti,
perchè in determinate qualità, una
leggera sfumatura di colore potrebbe far
salire il prezzo anche a più del doppio di
quello di partenza.
Cos’è lo Zaffiro stellato?
Le gemme sfaccettate giocano coi riflessi interni per
dare brillii e scintille, mentre i cabochon mirano a raccogliere la
luce anziché a disperderla. Una volta raccolta, questa luce può
essere restituita all’esterno in vari modi, uno dei quali genera il
curioso fenomeno dell’asterismo. Certi cabochon, se illuminati
da una unica fonte di luce, presentano una stella luminosa che
si muove sulla loro superficie. In alcuni esemplari la stella è
superficiale e in altri linee luminose assomigliano a delle lame
che attraversano completamente la gemma ◆
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Il nuovo IPAD,
RINNOVATO PER STUPIRE
Più leggero e veloce,
il futuro del computer
è già presente
di Fabrizio Lodi
P
P
iù leggero, più veloce, maggiormente
accessoriato, con programmi sempre più
sofisticati ma al tempo stesso facili da
usare. Stiamo parlando del nuovo iPad2, l’ultimo gioiellino
in casa Apple, uscito in Italia il 25 marzo scorso, la nuova
versione del tablet punto di riferimento per fruitori ma anche
per la stessa concorrenza. Ma andiamo nel dettaglio e
vediamo quali sono i suoi punti di forza.
Ridotto lo spessore, portato dai 13,8 agli 8,8 millimetri,
limato il peso del 15%. C’è un nuovo processore “A5” dual
core (due processori all’interno di un unico involucro) e un
nuovo chipset grafico dalla velocità nove molte maggiore
rispetto a quella di iPad1. Tutto questo si traduce in una
maggiore reattività ai comandi, più fluidità nelle operazioni
contemporanee pur mantenendo la stessa autonomia di dieci
ore (e lo stesso prezzo) del modello precedente.
Novità strutturali invece, per quanto riguarda l’audiovideo.
Il nuovo iPad2 ha due foto/video camere, come era naturale
attendersi dopo il successo del software “FaceTime” con
il quale si può comunicare con un’altra persona in audio e
video, volendo anche usando una semplice connessione wifi, quindi a costo zero. La videocamera sul dorso può anche
riprendere video a risoluzione elevata, l’apposito software
di montaggio consente di creare un video coerente con le
proprie idee e l’uscita HDMI, disponibile con un adattatore,
permetterà di visualizzarlo sul primo televisore o monitor ad
alta definizione da 1.080 linee progressive a disposizione.
Le applicazioni come Pages e Numbers lavorano meglio in
multitasking, e poi ci sono le due app multimediali, iMovie e
Garageband, che con il nuovo hardware vanno a nozze: sono
facili da usare e garantiscono prodotti semi-professionali.
Geniale si può definire “Smart Cover”: una semplice “cover”
per lo schermo si traduce in una struttura pieghevole,
magneticamente agganciata al tablet, che può assumere la
forma di un prisma a base triangolare ovvero un supporto
per tenere il tablet leggermente piegato, come serve per
scriverci su, oppure praticamente verticale, come è utile per
visualizzare un video sul luminoso schermo retroilluminato
LED da 720 linee.
Ci sono poi altri accessori, come la tastiera senza fili o lo
slot per le carte MicroSD, anche se quest’ultimo è dedicato
soltanto al modello superiore “Wi-Fi + 3G” (l’altro modello
è soltanto dotato della connessione wi-fi). Inutile dire che il
modello “Wi-Fi+3G” è decisamente più funzionale del più
semplice “Wi-Fi only” incorporando anche un ricevitore
GPS “assistito” che aggiunge, a tutte le altre, anche la
possibilità di usare il dispositivo Apple come un navigatore
extralusso ◆
hi-tech
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Insider
Motori
Jaguar E-Type
Cover del libro sulla E-Type
Jaguar E-Type, 50 anni e non sentirli
La storica auto, che passando dalle mani
di George Best a quelle di Steve McQueen
divenne un vero e proprio cult degli anni Sessanta,
festeggia quest’anno il cinquantesimo anniversario
Q
di Francesco Mantica
Q
uando debuttò al Salone dell'auto di
Ginevra, esattamente il 15 marzo 1961,
attirò subito l'attenzione del pubblico per
quel suo abitacolo compatto, per il lungo, quasi infinito,
cofano anteriore, per i grandi cerchi e, più in generale, per
quella sua linea super moderna. Si capiva fin da subito,
insomma, che non era un’auto come le altre, tanto che Enzo
Ferrari non si morse la lingua nel definirla a breve giro di
tempo “l’auto più bella mai costruita”. Stava parlando,
ovviamente, della Jaguar E-Type, che proprio il mese passato
ha festeggiato il mezzo secolo di vita.
Per quei tempi, la E-Type era un’auto davvero molto avanzata,
dotata di quattro freni a disco, struttura monoscocca e di
sospensioni posteriori indipendenti, ma ciò che colpì prima
di tutto fu indubbiamente la carrozzeria, disegnata dal “mago
dell’aerodinamica” Malcolm Sayer. Affusolata, sinuosa e
seducente, impossibile non restarne affascinati. “È impossibile
amplificare l'impatto che l'E-type ebbe quando venne lanciata
nel 1961", ha detto al proposito Ian Callum, Design Director
di Jaguar. “Era un'auto che racchiudeva in sé lo spirito del
periodo rivoluzionario che questa auto simboleggiava. La
E-type ha un design che ancora oggi continua ad ispirare il
nostro lavoro per le Jaguar del futuro.”
La E-Type è così divenuta ben presto un vero e proprio oggetto
del desiderio ed è stata prodotta in circa 70.000 esemplari,
molti dei quali sono finiti nelle mani di attori e vip di ogni
genere che ne hanno fatto una sorta di status symbol. Tra i
proprietari della E-Type si annoverano celebrità quali George
Best, Brigitte Bardot, Tony Curtis e Steve McQueen. L'E-Type,
poi, diventò un simbolo della generazione degli anni Sessanta,
proprio come i Beatles e la minigonna. Persino uno storico
personaggio del fumetto italiano come Diabolik aveva una
E-Type come sua macchina personale. Non è affatto casuale
che la E-Type sia oggi esposta permanentemente al Museum
of Modern Art, il MoMA di New York.
Per festeggiare l'anniversario della storica auto la Casa inglese
ha programmato una serie di iniziative molto particolari: al
Salone dell’Auto di Ginevra di marzo, innanzitutto, è stata
allestita una zona interamente dedicata alla vettura. In
Italia, paese con una grande passione per la motoristica, la
E-Type è stata invece protagonista, assieme ad altri modelli
di auto d’epoca, della IX rievocazione storica della Coppa
Milano-Sanremo svoltasi dall’11 al 13 marzo 2011. Alla
manifestazione era presente un nutrito numero di Jaguar
E-Type, circa 20 auto, in segno di tributo al 50° anniversario
di un modello che ha fatto la storia del marchio britannico.
Jaguar ha realizzato infine anche uno splendido libro da
collezione intitolato "E-Type - 50 Years of a Design Icon":
un volume il cui acquisto è disponibile online e che traccia
l'eccezionale storia di questa vettura rivoluzionaria ◆
jaguar
C
C
arlotta Fedeli, 19 anni, pilota, mi accoglie
con un bel sorriso:
“Accomodati! Ho preparato il ciambellone.
Vado a vedere se è pronto, così ci prendiamo un tè mentre
chiacchieriamo”. Si allontana ondeggiando sugli stivaletti
tacco sette, con la sua figura aggraziata avvolta nel lungo
cardigan, che copre canottiera e pantaloni aderenti. La
aspetto seduta accanto al casco verde e nero con una grande
stella dorata, poggiato sul divano. Intanto, giro lo sguardo tra
le foto sparse un po’ ovunque, che la ritraggono in equilibrio
sulla tavola da snowboard, in sella ad una moto da cross, al
volante di un kart e, se non bastasse, nell’abitacolo di una
vettura da corsa. Il profumo irresistibile del dolce in cottura
invade la stanza. Che fantastiche creature, le donne! - penso
con una punta di orgoglio e di autocelebrazione - capaci di
spegnere il forno e di accendere il motore di un bolide con la
stessa naturalezza. Di togliersi i guanti da cucina per infilare
quelli da guida, senza dimenticare un ritocco allo smalto,
prima di scendere in pista.
Lei è proprio così: unghie laccate e tuta ignifuga: un perfetto
compromesso tra femminilità e grinta da maschiaccio. Lo ha
dimostrato nel 2007, al suo esordio nell’attività agonistica con
la 100 easy kart. Lo ha ribadito chiaramente nell’ottobre 2010
sul circuito di Vallelunga quando, in coppia con Gianluca
Aquilanti, ha conquistato il primo posto di categoria nel
C.I.T.S. su Seat Leon, affrontando una nuova avventura.
Nessuna paura, nessuna soggezione.
Pochi gli avversari temibili anche in cucina, concludo,
non appena rientra nel salone e mi porge una splendida e
fragrante fetta di torta.
CARLOTTA FEDELI sulla griglia di partenza
del Campionato Italiano Turismo di Serie
QUANDO SI NASCE
CON LA VOGLIA DI VINCERE…
di Carlotta Miceli Picardi
Difficile, il passaggio dal karting all’automobilismo?
“Una scelta naturale: campioni quali Schumacher, Alonso,
Senna e Fisichella, hanno fatto lo stesso percorso all’inizio
della loro carriera”.
Una ragazza giovane e competitiva come te, avrà creato un
certo scompiglio tra i colleghi uomini…
“Beh, non posso negarlo, vengo spesso guardata con
sospetto e sufficienza. Io, però, amo le sfide. Non mollo, non
mi tiro indietro e combatto sino in fondo. Alla fine, dovranno
prenderne atto e, magari, ingoiare qualche boccone amaro ”.
- ride, con un lampo di provocazione negli occhi Sei esigente con te stessa?
“Per ottenere dei risultati, bisogna esserlo”.
Cosa spinge una donna a cimentarsi nelle prove di
velocità?
“La ricerca del brivido, della carica di adrenalina. O di un
confronto fuori dagli schemi tradizionali, più duro e quindi
più gratificante”.
Immagina di essere a pochi metri dal traguardo, con la
consapevolezza di avere la vittoria in pugno: sensazioni?
“Suoni ovattati, respiro bloccato, salivazione zero. Un attimo
dopo, il cuore esplode, ma miracolosamente, riprendo
fiato…”
È stato impegnativo arrivare ai livelli attuali?
“Per prendere la Licenza Internazionale ho provato per
un’intera settimana con gli insegnanti del Corso Federale
su Mini Cooper S, Mazda RX8, Formula Abarth e Formula
Renault, riuscendo a conseguire il diploma. Posso guidare
tutto tranne la Formula 1, per ora”.
Eppure, ti vedrei benissimo a bordo di una Ferrari.
“A chi lo dici! Prima o poi…”.
Tra pochi giorni inizierà il campionato: emozionata?
“Un po’ in fibrillazione, ma concentrata e motivata al punto
giusto. Con il desiderio di esprimermi al meglio”.
Dove si svolgerà la gara di apertura?
“Ad Adria, il 17 Aprile. Sarò, sempre con Aquilanti, su Mini
Cooper S: un piccola bomba”.
Che vuoi fare, ‘da grande’?
“Dopo gli esami di maturità, penso di iscrivermi alla
facoltà di Architettura e, naturalmente, di continuare con
l’automobilismo”.
In bocca al lupo e…metticela tutta!
“Puoi contarci!” ◆
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FERRETTI, YACHT PER PASSIONE
Storia, caratteristiche e modelli
di uno dei più famosi armatori italiani
di Francesco Mantica
Ferretti 620
Ferretti 620
L’equilibrio trova la sua forma ideale
Il Ferretti 620, presentato in anteprima al salone di Ginevra
dello yacht del 2010, è una imbarcazione che si caratterizza
principalmente per l’ampia vivibilità. Lo yacht offre grandi
spazi per la convivialità sia sul ponte principale che all’esterno,
mentre sul ponte inferiore si trovano due spaziose cabine
ospiti e una cabina armatoriale a tutto baglio con grandi
finestre open view, tipica di yacht di grandezza superiore. Il
pozzetto, particolarmente ampio, dispone di un tavolo fisso
in teak ed è stato progettato prevedendo uno spostamento
della passerella a sinistra, in modo da rendere più funzionale
il punto di accesso a bordo.
I
Ferretti 165 fly
I
l Gruppo Ferretti è un’azienda nata nel 1968
da un’idea dei fratelli Alessandro e Norberto
Ferretti. Il Gruppo opera in un contesto
internazionale con copertura a livello globale su Europa,
USA, Medio ed Estremo Oriente. Il cantiere forlivese è
approdato ai vertici mondiali nella progettazione, costruzione
e commercializzazione di motoryacht di lusso attraverso un
portafoglio unico di nove marchi esclusivi: Ferretti Yachts,
Pershing, Itama, Bertram, Riva, Apreamare, Mochi Craft,
CRN e Custom Line. I modelli della Ferretti hanno uno stile
elegante e allo stesso tempo sportivo, caratterizzato da una
forte attenzione al design, sia per quanto riguarda l’esterno
sia l’interno delle imbarcazioni. Ecco alcuni dei modelli che
hanno reso e rendono famosa l’azienda in tutto il mondo.
Ferretti 620
Ferretti 500
Ferretti 500
L’ingresso al mondo Ferretti yachts
Ferretti 500
Il Ferretti 500 è uno yacht che si caratterizza per il forte
equilibrio tra spazi esterni e interni: la superficie del
pozzetto è molto vasta e consente un’ottima vivibilità
dell’ambiente, mentre le decorazioni interne conferiscono
alla yacht un senso di classicità contemporanea, in linea con
l’intera gamma. Esternamente il profilo è filante e sportivo.
A prua si trovano due grandi finestre con oblò apribile, che
donano luce naturale alla cabina armatoriale, mentre due
finestre ovali con doppio oblò illuminano le cabine ospiti.
Nella zona notte si trovano, inoltre, tre comode cabine, due
per gli ospiti e una per l’Armatore, a prua, con grande sala
bagno, mentre per la vita all’aperto il flybridge offre ampi
spazi per godere del sole.
Insider
Nautica
Insider
Nautica
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Ferretti Altura 840
Ferretti Altura 840
Uno stile inconfondibile
per una villa sul mare
Ferretti 800
Ferretti 800
L’innovazione amplia gli orizzonti
del design
Il Ferretti 800 è uno yacht caratterizzato dalla generosità
degli spazi interni, dal layout caratteristico di imbarcazioni
di dimensioni superiori, combinate con una linea esterna
accattivante, arricchita dall’uso del colore e dove le ampie
superfici vetrate costituiscono un elemento caratterizzante del
design esterno garantendo anche un‘eccezionale luminosità
interna. Il profilo esterno del Ferretti 800 presenta due
sostanziali novità: l’utilizzo del colore bronzo per il cupolino
e linee grafiche delle vetrate caratterizzate dall’alternanza tra
sinuose curve e “tagli” decisi.
Yacht elegante e particolarmente curato, il Ferretti Altura 840 è
uno dei modelli che, in assoluto, massimizzano gli spazi, tanto
che può essere considerato come una vera e propria “casa
sul mare”. Salendo a bordo, il pozzetto, rivestito in teak come
tutto il pavimento esterno, rivela immediatamente l’attenzione
dedicata alla massimizzazione degli spazi per la convivialità:
un grande tavolo rettangolare in teak, una panca fissa e tre
poltrone permettono di accomodare fino a otto ospiti. Gli
interni, come per gli altri ambienti, sono realizzati in teak
con boiserie che riveste tutte le pareti, mentre il rivestimento
della parte alta è stato invece utilizzato un tessuto di colore
chiaro. Il salone è molto luminoso grazie a due grandi finestre
rettangolari ed è composto da una zona living pensata per
vivere gli spazi in totale relax. Proseguendo verso prua si
sviluppa la zona notte per gli ospiti con tre cabine con bagno
privato. Sottocoperta, la zona più speciale di Altura 840 si
trova a poppa, dove è stata collocata la cabina armatoriale,
spaziosissima e molto luminosa grazie a grandi finestroni
laterali e all’ampia vetrata posta sopra la testata del letto che si
affaccia sullo spoiler offrendo una stupenda vista sul mare ◆
Paul Cayard - World Champion Sailor
Ferretti Altura 840
Acquafilette.it
Insider
Insider
Fashion
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BRUNELLO CUCINELLI
IMPRENDITORIA
AD ALTO VALORE UMANO
di Luisa Espanet
I
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l brand Brunello Cucinelli non è solo sinonimo
di cashmere e stile, significa anche un modo
di fare imprenditoria. Tutto inizia nel 1974
quando Brunello Cucinelli, di Castel Rigone (Perugia) classe
1953, abbandona gli studi di ingegneria per dedicarsi alla
lavorazione del cashmere. Intuisce come sia importante
proporre il colore e ben presto diventa famoso anche all’estero,
soprattutto in Germania e negli Stati Uniti, che sceglie come
primi mercati d’esportazione per la stabilità. Ora l’azienda
conta 500 dipendenti, un migliaio di collaboratori esterni,
un fatturato di oltre 160 milioni di euro, di cui il 65% viene
dall’esportazione. Ha una rete distributiva di un migliaio
di negozi, 50 boutique monomarca e moltissimi “shop in
shop” nei più accreditati department store del mondo e, da
metà marzo, è entrato nell’ e-commerce con Yoox Group.
Raccontata così la storia del marchio non è diversa da quella
di altri esempi di made in Italy di successo. E invece lo è, in
quanto rappresenta un modello di imprenditoria illuminata,
citato in dibattiti e convegni. Proprio per questo Brunello
Cucinelli nel novembre del 2010 ha ricevuto la laurea honoris
Causa in Filosofia ed Etica delle relazioni all’Università degli
Studi di Perugia. Nell’Aula Magna dello storico ateneo,
alla presenza del rettore e dei docenti e di un foltissimo
pubblico di giornalisti, collaboratori, clienti, arrivato da ogni
parte del mondo, ha pronunciato la sua lectio doctoralis sul
tema “La dignità come forma dello spirito”. Perché proprio
nel rispetto del lavoratore e della sua attività, Cucinelli ha
concepito e sempre condotto la sua azienda, da quando
nel 1985 ha acquistato il Castello Trecentesco di Solomeo
a qualche chilometro da Perugia, restaurato il borgo intorno
con la Chiesa Parrocchiale e Villa Antinori e trasferito qui la
piccola impresa da Ellera di Corciano. Un’altra sede viene
aperta subito dopo alle porte di Solomeo. È una struttura
contemporanea, ma il parco di cedri e pini con frutteto da cui
è circondata la rendono molto gradevole e particolare. Anche
in questa mensa aziendale, come in quella del borgo, i pranzi
sono preparati dalla massaie di Solomeo con i prodotti locali
e secondo le ricette della cucina tradizionale umbra. Non
esistono cartellini o altre forme burocratiche di controllo, ma
tutto è nel rispetto dei valori umani e ciò significa, anche,
rispetto di quell’artigianato che ha decretato la fortuna del
marchio. Non a caso accanto al teatro costruito nel borgo e
ispirato ai teatri tardo-rinascimentali di Sabbioneta e Farnese
di Parma, Cucinelli ha restaurato la vecchia Accademia
Neoumanistica per farne una casa-laboratorio per giovani ◆
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FANTASIE AL POTERE
C
di Luisa Espanet
Albino
Just Cavalli
Alviero Martini 1a Classe
C
i sono degli anni in cui se ne vedono di più,
anni in cui se ne vedono di meno, comunque
gli stampati e i tessuti fantasia continuano a
essere un punto fisso nella moda per la primavera- estate. Per
questa stagione non c’è nessun disegno o motivo prevalente.
Si può dire che ci sono dei filoni dominanti. Ci sono stilisti
che ne seguono diversi, altri che si concentrano su uno solo,
ma tutti li alternano alle tinte unite. Escluso Giorgio Armani
che per la prima linea ha proposto capi sia da giorno che da
sera rigorosamente tinta unita ed esclusivamente in blu. Ha
invece utilizzato stampati per l’Emporio.
Sono disegni geometrici, anche vagamente floreali, sui toni
del bianco, del grigio e del verde mela per abiti e blazer. La
riga, pezzo forte dell’estate, è stata presa in considerazione,
ovviamente riveduta, da molti. A parte da Missoni, che è
da sempre un cultore delle righe rivisitate, si sono viste da
Moschino, da Kenzo, da Prada che le ha accostate a stampe
con banane. O da Vivienne Westwood, che per l’abito
di chiffon ha abbinato le righe della gonna a una fantasia
pseudo-orientale del top. Viktor & Rolf, imprevedibili come
sempre, hanno creato delle righe azzurre e blu con le ruches
per il surreale abito con maniche dai quattro polsini. Anche
il quadretto genere cotone Vichy di Bardottiana memoria, è
stato recuperato da D & G e da Vivienne Westwood per la
collezione Red Label.
Tra i fumetti manga e i mosaici bizantini gli stampati dei
tubini e delle fascianti tute per le futuribili creature Byblos.
Non mancano i fiori. Ci sono, ma non nelle dosi massicce
dello scorso anno. Di varie dimensioni, più o meno stilizzati
giocano spesso sul tono su tono. Come negli abitini da jeune
fille (appunto) en fleur di Kristina Ti. Sono invece grandi,
quasi iperrealistici i fiori rossi con le foglie verdi dei pantaloni
stile Capri di Milly, che ha sfilato sulle passerelle di New
York. Sembrano usciti da un tessuto Kashmir e poi ingigantiti
invece i fiori che ha usato per la gonna negli stessi colori
verde, bianco e nero delle righe della giacca coordinata.
Fiori coloratissimi e più reali, invece, su fondo bianco, da D
& G che li ha stampati perfino sulle belle borse a soffietto.
Ipercolorati, ma stilizzati i fiori sui bikini e sui copricostume
di Fisico. Diventano quasi un motivo geometrico i boccioli
del completo pantalone in seta a fondo giallo di Rochas.
Ricorda una tappezzeria inglese la stampa beige su bianco
dell’abito bain de soleil di Albino.
Insieme a un certo recupero dei Sixties e del gipsy look non
poteva mancare il genere afro. Stampe di questo tipo si sono
viste sulla passerella newyorkese di Diana Von Furstenberg.
Insider
Fashion
D&G
Viktor & Rolf
Tibi
Emporio Armani
Bynlos
Marrone e bianco le tonalità scelte per i graffiti della tuta, per
la lunga giacca, per il top in cotone, per l’abito da cocktail
in seta con generosa scollatura. Molti i riferimenti afro anche
nei vaporosi e fluttuanti lunghi di 1ª Classe Alviero Martini.
Sempre attualissima, anche se non più protagonista, la
stampa maculata. Dal leopardo al ghepardo, dalla zebra alla
giraffa, fino al pitone e al coccodrillo tutte “le macchie” sono
contemplate. Stampa pitone e stampa ocelot si alternano
per gli abiti in chiffon e per le giacche in pelle di Burberry
Prorsum. Classico, perché leopardo, ma imprevedibile per
il colore, il maculato degli svolazzanti e sensuali abiti di
Blumarine. Interrotto il maculato nei lunghi abiti sottoveste di
Just Cavalli. Presenti, ma con pochi flash gli stampati bianco
e nero. Come nel completo giacca e shorts di Tibi ◆
Cristopher Kane
A
Cerruti 1881
per lui
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A
Xacus
Insider
Fashion
nche per l’uomo la stampa c’è,
ovviamente appena accennata. A
parte le righe onnipresenti, di tutte
le dimensioni e i colori. Dalla maglia da lupo di mare al
blazer da città. Il quadretto è sempre attuale così come lo
scozzese, soprattutto versione Madras. In auge anche la
stampa mimetica. Cerruti 1881 la usa per la classica giacca
destrutturata in cotone. E perfino la stampa a fiori è presente.
Xacus, guru delle camicie, ne propone un modello con rose
rosso e fondo blu e per chi non osa in tessuto Oxford con
interno polsi e collo nella floreale fantasia. Si ispira alla pittura
informale Cristopher Kane per le sue canotte e le sue T-shirt ◆
Piazza del Parlamento, 8 - 00186 Roma
Tel\fax +39 0668192661 - Cell +39 3927883245
[email protected] - www.sartoria-al-corso.roma.it
Parrot
Miss Blumarine
li stampati sono da sempre i preferiti per la moda dei bambini. Miss
Blumarine per le su romantiche ragazzine adotta, oltre le consuete
stampe con rose, boccioli di rose e papaveri, anche la stampa
animalier in colori a sorpresa. Parrot sceglie le fantasie forti: grandi fiori fucsia
e rosa, ma anche stampe pop per le T-shirt. Ki6? vede un ritorno al classico con
stampati a fiorellini o quadrettati anni 50 per le bambine, check, camioncini e
ancora quadrettati per i maschi ◆
Ki6
G
G
Ki6
bimbi
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Miss Blumarine
Insider
Fashion
Insider
Sport
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Un allenamento di endurance nella campagna umbra
Insider
Sport
Il campione del mondo 2005 Gianluca Laliscia nel deserto del Dubai
La partenza della più importante manifestazione italiana
MARATONA A CAVALLO
La long-distance dell’equitazione, l’endurance, nasce dal servizio postale
a cavallo dell’Impero Romano. La prima gara si è tenuta in California
nel 1954, sui precorsi dei pony-express americani. Le competizioni si disputano
su distanze che arrivano a 160 km in un giorno, ma con grande attenzione
alla salute del cavallo. L’Italia quattro volte sul podio mondiale
di Enrico Tonali
È
È
la disciplina del deserto e delle grandi
praterie, di cavalli e cavalieri instancabili,
capaci di coprire in sol giorno anche 200
km, galoppando da Roma a Napoli dall’alba al tramonto.
L’endurance non è però uno sport-massacro, al contrario.
Severi e ripetuti controlli veterinari impediscono che il partner
a quattro gambe continui la gara se non è in perfetta forma,
tanto che uno dei premi più ambiti è la “best condition”, la
miglior condizione a fine percorso.
La storia dell’endurance, la long-distance dell’equitazione,
è antica e recente. Quella ultrasecolare si rifà a una delle
attività più importanti e impegnative dell’Impero Romano,
il servizio postale, che era svolto da staffette a cavallo che
percorrevano non più di una trentina di km tra una stazione
di posta e l’altra, riuscendo a far arrivare anche in un paio
di giorni nell’Urbe una missiva spedita dai più remoti angoli
Due cavalieri arabi in allenamento nel deserto
L'amazzone azzurra Cinzia Iacchelli
d’Europa. Il sistema si estese pure al Nuovo Continente, il
Nord America, attraverso i pony-express. Fu proprio lungo
la Western States Trail - il percorso usato dai portalettere
californiani tra il 1860 e il 1861 - che si svolsero le prima gare
di endurance nel 1954, le quali si diffusero poi rapidamente in
Francia e Spagna. Nel 1986 - nei dintorni di Roma, ai Pratoni
del Vivaro (Rocca di Papa) - si disputò il primo Campionato
del Mondo vinto dalla statunitense Sandy Shuler, ma l’Italia
ormai inserita in pieno nel nuovo sport.
La crescita esponenziale della super-maratona equestre si
ebbe però con l’interessamento degli sceicchi di Dubai e
Abu Dhabi a fine Anni Novanta, galvanizzati dalla notevole
attitudine dei cavalli di razza araba all’endurance. I popoli
del deserto hanno un rapporto mistico con le loro cavalcature
che ritengono create da Allah, il quale un giorno prese
una manciata del Vento del Sud e vi alitò sopra, creando
il cavallo. In realtà l’arabo è un quadrupede di notevole
frugalità e resistenza nelle condizioni ambientali più difficili,
come constatarono le truppe napoleoniche durante la
disastrosa ritirata da Mosca nell’inverno 1812. Oggi i membri
delle famiglie reali degli Emirati Arabi, gli Al Maktoum e Al
Nahjan, sono tra i migliori cavalieri al mondo di endurance.
Le competizioni consistono in corse di resistenza su percorsi
di varia natura e un chilometraggio che varia dai 20 ai 160
km, a seconda delle categorie. Una delle peculiarità della
disciplina è l’attenzione alla salute del cavallo. Ogni 30/35 km
l’animale viene sottoposto a un accurata visita veterinaria in cui
vengono controllati battito cardiaco, movimento intestinale,
respiro e tutti quei parametri metabolici e meccanici che
permettono di valutare se le condizioni dell’equino sono
idonee per il prosieguo della gara. Qualora uno di questi fosse
fuori norma, il cavallo verrebbe eliminato dalla competizione.
Lo stesso ultimo controllo, a conclusione del percorso, può
determinarne l’esclusione dalla classifica finale.
L’Italia ha conquistato quattro medaglie nei più recenti
Campionati del Mondo:
Dubai 1998 - argento individuale (Fausto Fiorucci).
Spagna 2002 - argento individuale (Antonio Rosi) e argento a
squadre (Antonio Rosi, Fausto Fiorucci, Roberto Busi, Mario
Cutolo).
Dubai 2005 - oro a squadre (Diana Origgi, Angela Origgi,
Gianluca Laliscia, Pietro Moneta) ◆
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C.O.N.I.
F.I.S.E.
Insider
Sport
C.I. Casale San Nicola
Società Sportiva Dilettantistica a R.L.
Mastery e Lanfranco Dettori vincitori del Derby 2009 - ph Grasso
GALOPPO DI PRIMAVERA
Nel 1923 il Derby si corse nello scomparso ippodromo dei Parioli
sotto Villa Glori, dove ora c’è il Villaggio Olimpico
È iniziata la grande stagione del galoppo romano
che avrà il momento clou sabato 7 maggio: si correrà il 128° Derby Italiano,
l’appuntamento sportivo e mondano voluto da re Umberto I di Savoia
Migliaia gli spettatori attesi a Capannelle, la storica pista di Via Appia Nuova
“R
“R
di Enrico Tonali
Scuola Cavalli
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[email protected] - Tel. 348 6577889
oma ce semo!”. Il sospiro di
Rugantino, che aspetta ansioso
l’incontro con Rosetta, è
quello degli appassionati di ippica alla vigilia della primavera
capitolina del grande galoppo, un fascio di inebrianti
appuntamenti a Capannelle, di notevole valore storico oltre
che agonistico.
Corse nate quando auto e aerei erano un sogno più che un
lusso e la scintillante mondanità a Roma era raccontata da un
giovane cronista abruzzese, Gabriele D’Annunzio. C’è però
un avvenimento ancora più nobile e carico di anni, ma mai
tanto bistrattato dai parrucconi che guidano il turf mondiale.
Il Derby Italiano.
Nel 1880 Roma e il mondo guardavano al futuro. Lo stesso
Vaticano - con il nuovo Papa Leone XIII Pecci, succeduto a
quel Pio IX Mastai Ferretti sotto il quale erano nate le riunioni
di galoppo nell’Urbe - avrebbe da lì a qualche anno pubblicato
l’enciclica “Rerum Novarum”, un notevole passo nella dottrina
sociale della Chiesa. Al di là dell’Atlantico, il trentatreenne
telegrafista quasi sordo Thomas Edison brevettava, negli Stati
Uniti, la prima lampadina a incandescenza.
Nei saloni del Quirinale, re Umberto I fremeva. Da irriducibile
“cavallaro” - come l’augusto genitore Vittorio Emanale II che in
sella aveva persino unificato l’Italia - voleva incrementare sia
le corse che l’allevamento dei purosangue, ma era guardato
a vista dal Parlamento che non aveva nessuna intenzione di
aumentare il budget reale per dar sfogo alla passionaccia di
Casa Savoia. Umberto alla fine però trovò un escamotage
inattaccabile: anche la giovane Nazione tricolore doveva
avere un suo Derby come tutti i rispettabili Paesi della
vecchia Europa. E dalle sue tasche cavò pure il premio, 24
mila lire (quasi 90 mila euro di oggi) tutto sommato una bella
cifretta, destinata al cavallo di tre anni vincitore.
Il primo Derby Reale si tenne il 24 aprile 1884, un giovedì
(giorno in cui il Nastro Azzurro fu assegnato per quasi un
secolo, poi si passò alla domenica) sotto la pioggia ma con
le tribune stracolme e i giornalisti a caccia di pettegolezzi.
Quello più intrigante lo sparò - il giorno dopo sul “Corriere di
Roma” - il ventunenne D’Annunzio: Andreina, la baia pisana
vincitrice, aveva corso per i colori dell’anglo-toscano Thomas
Rook ma in realtà apparteneva allo stesso re Umberto.
Ora il Derby - sabato (questo il nuovo Nastro Azzurro-day)
7 maggio si disputerà la 128.a edizione - è ancora la più
importante (e ricca, 814 mila euro) corsa del galoppo italiano.
Purtroppo recentemente ha subito un paio di dolorose
sforbiciate, una casareccia e l’altra straniera. Angosciato da
una partecipazione ritenuta scadente dalle immancabili teste
d’uovo dell’ippica peninsulare, nel 2008 è stato portato dai
canonici 2400 agli attuali 2002 metri; ma il taglio non è bastato
al Comitato Pattern Europeo (e al suo presidente, l’irlandese
Brian Kavanagh) che l’anno successivo lo faceva scendere dal
gruppo 1 al gruppo 2, in pratica dalle serie A alla B.
A Kavanagh (che in un’audizione a Roma nel 2009 ha sparato
a zero sull’UNIRE, l’ente statale che gestisce il pianeta cavalli
in Italia) e soci non è ovviamente bastato che il vincitore del
Derby 2009 - il dubaiano Mastery con in sella il top-jockey
mondiale Lanfranco Dettori - vincesse lo scorso dicembre
uno dei più importanti trofei del globo (il Cathay Pacific
International Vase di Hong Kong) per riportare il Nastro
Azzurro di Capannelle in gruppo 1.
Fortunatamente al pubblico di Kavanagh e della sua miopia
anglofona gliene importa poco e arriva a migliaia il giorno
del Derby nello storico ippodromo romano di Via Appia
Nuova. Lo stesso che, con grande trepidazione della regina
Margherita, il baffuto Umberto raggiungeva a cavallo, alla
testa del suo squadrone di Corazzieri ◆
47
dragone,
classe reale
di Alessandro Mei
È
È
stata la gloriosa barca con cui Re Costantino di
Grecia, oggi membro onorario del Comitato
Olimpico Internazionale, vinse le Olimpiadi
di Roma nel 1960. Il Dragone, imbarcazione a chiglia di quasi
9 metri di lunghezza, con oltre 18 metri quadrati di randa,
10,70 di fiocco e uno spinnaker di 32,80 metri quadrati, venne
progettata a fine anni Venti per poi divenire classe olimpica
dal 1948 al 1972. I primi esemplari, dalle linee slanciate,
con un pozzetto centrale in grado di ospitare tre o quattro
membri d’equipaggio, furono realizzati in legno, ma oggi la
sua costruzione avviene in vetroresina, prevalentemente dal
cantiere inglese Petticrows e dal tedesco Glas. Per decenni è
stata la classe preferita di principi e regnanti: oltre a Costantino
di Grecia, infatti, su questa barca abbiamo visto salire Elisabetta
e Filippo d’Inghilterra, all’epoca semplici fidanzati, il principe
Carlo e i Borboni di Spagna. È proprio per questo che ancora
oggi la classe Dragone viene indicata come la King’s Class,
classe dei re. Nonostante l’età, resta una delle imbarcazioni
preferite dagli appassionati di vela tanto da raccogliere
sessanta esemplari in occasione delle manifestazioni veliche
che ogni anno si disputano in tutta Europa. L’ultima è stata
l’Internazionale d’Italia con 56 imbarcazioni al via che, per
quattro giorni, si sono date battaglia sul campo di regata
antistante la città ligure di Sanremo. L’evento rappresenta un
momento di ritrovo per molti regatanti e amici che vedono la
regata come un momento per stare insieme e divertirsi. Ed è
questo il vero spirito che guida chi ama la vela! ◆
Insider
Sport
Sport
48
“
49
Insider
Sport
Così
ho battuto
i giganti
di Giovanni Manfroni
“
Insider
Sul podio ai mondiali di Karapiro, Sullivan è il terzo da sinistra
accanto al suo compagno di squadra Cohen, con la medaglia d’oro al collo
La straordinaria storia di Joseph Sullivan,
un metro e settantotto di altezza ma infinita forza di carattere.
Il neozelandese, campione iridato in doppio, ha conquistato il mondo,
superando “immensi” rivali, in uno sport duro come il canottaggio,
dove il fisico è fondamentale Ma dove conta anche la testa.
“Ho lottato sin da giovane per smentire chi non credeva in me, e finalmente
ci sono riuscito. Questo non è solo un grande sport, ma uno stile di vita”
C
C
inquecento metri, mille, millecinquecento,
duemila. Le braccia si alzano in cielo, poi
l’urlo liberatorio, il pugno che spezza l’acqua.
Quell’acqua che Joseph Sullivan ricorderà tutta la vita.
È l’acqua del lago di Karapiro in Nuova Zelanda, quella
“dorata” che l’ha portato, in doppio, insieme col compagno
di remi Nathan Cohen, sul tetto del mondo del canottaggio:
“È stato il momento più bello della mia carriera”, dice senza
indugi Joseph. Un successo sudato fino all’ultima goccia
“visto che abbiamo vinto in rimonta”, aggiunge ripensando
a una gara iniziata al terzo posto ai 500 metri, poi secondi
ai 1000 e ai 1500, prima del definitivo sorpasso con cui i
neozelandesi hanno messo dietro Inghilterra e Francia. “Per
me il canottaggio non è solo uno sport - afferma il campione
del mondo - è uno stile di vita, una comunità. Richiede molto
allenamento con tante persone che ti stanno attorno e che
sono pronte ad aiutarti”.
È un ragazzo semplice Joseph. Umile quanto basta per dire
che “in vista delle Olimpiadi di Londra 2012 non ci dobbiamo
aspettare nulla”, anche se non riesce a nascondere “che l’oro
è l’obiettivo”.
è iniziata presto la carriera di Sullivan nel canottaggio: “Non
è stata proprio una scelta. Quando ho cominciato la scuola
secondaria - ricorda - ero bravo in diversi sport, ma uno
Joseph Sullivan capovoga nel doppio con Nathan Cohen
degli anziani del team di canottaggio decise che dovevo
‘remare’ e mi diede un appuntamento al club alle quattro del
pomeriggio. Ci andai, e così ho cominciato”.
Un inizio non facile per quello che oggi è da tutti definito
come un campione: “Ero impaurito. Ho avuto subito un gran
successo in tutte le regate scolastiche ma ci sono voluti molti
anni per entrare nella squadra juniores della Nuova Zelanda
dalla quale sono stato escluso per 3 anni di seguito. Poi
finalmente ho partecipato ai mondiali di Brandeburgo nel
doppio insieme a Daniel Karena e siamo arrivati terzi. L’inizio
non è stato semplice, tanto che ricordo come i momenti più
brutti della mia carriera quelle ripetute esclusioni dal team”.
Più di una volta Joseph si è trovato a dover combattere con un
avversario “invisibile” come l’ignoranza: “Molti pensavano
che siccome ero basso non fossi adatto per questo sport.
Ho passato momenti davvero difficili, ma grazie alla mia
testardaggine e al grande lavoro ho dimostrato insieme a
Nathan che tutto è possibile”. E lo spiega con un aforisma
di Mark Twain: “It’s not the size of the dog in the fight, it’s
the size of the fight in the dog”. Davide può battere Golia,
e la foto del podio di Karapiro è la dimostrazione. Accanto
a Joseph, alto 1,78, c’è il compagno Nathan, 1,81, e quattro
colossi: 1,90 (Julien Bahain), 1,91 (Cedric Berrest), 1,89
(Matthew Wells), 1,98 (Marcus Bateman). “Quando mi sono
trovato in mezzo a quei giganti - racconta Joseph - è stato
fantastico pensare a tutte quelle persone che non avevano
creduto in me. Gli ho dimostrato che si erano sbagliate a
credere che uno con il mio fisico non potesse vincere. Con
quella medaglia d’oro al collo ho provato un sentimento che
non è secondo a niente”.
Si può vincere. Si può vincere anche quando tutto sembra dire
il contrario. Ma per farlo serve il duro lavoro: “Per uno della
mia altezza l’allenamento è sicuramente duro, ma lo sarebbe
comunque anche se fossi stato più alto. Fin da piccolo ho
dovuto rinunciare a tanti eventi sociali per dedicare tutto il
mio tempo all’allenamento”. Lavoro, lavoro, lavoro. Per uno
sport che è tutto per Joseph: “Credo che il canottaggio sia
uno degli sport più completi e duri. Ti insegna la disciplina
e il self control, ma anche la gestione del tempo visto che ti
devi dividere tra allenamenti e studio”.
E le giornate di Joseph sono scandite dai remi, in una nazione
che lui adora: “Ho sempre vissuto in questo paese, e non
ho mai pensato di andare a vivere lontano dalla Nuova
Zelanda. È un posto fantastico che ti dà tante opportunità. La
mia giornata tipo? Alle 7,00 sono già in acqua e faccio 18-24
chilometri. Verso le 9,30-10 torno a casa e faccio colazione.
Prima di pranzo studio e provo a riposarmi. Dopo torno ad
allenarmi e faccio altri 16-20 km. Poi cena, ancora studio e mi
rilasso magari guardando un film prima di andare a letto”.
Joseph è un ragazzo di 24 anni che ama il canottaggio e la
vita. Quando non si allena va in bicicletta, nuota o “vola”
con il suo kite surf come si vede nelle foto che lui ha caricato
sul suo profilo di facebook. Tra i suoi obiettivi c’è quello di
visitare Roma, “È una priorità, appena avrò tempo voglio
assolutamente visitarla”. E l’altra grande priorità è vincere
un’Olimpiade.
“Una frase che mi descriva? Quando comincio qualcosa la
devo assolutamente finire, non importa quanto tempo ci
vorrà”. Gli avversari sono avvisati ◆
www.canottaggio.org
Diana Luna
Matteo Manassero
Golf, obiettivo scuola
A
di Francesco Mantica - ph Scaccini Casotti
A
scuola con il golf. La Federazione dà
il via a un progetto che ha l’obiettivo
di far conoscere questo sport ai più
piccoli partendo dalle scuole e che avrà come testimonial
Matteo Manassero e Diana Luna. Centinaia di circoli
dislocati sull’intero territorio parteciperanno alla prima fase di
avviamento, denominata “Prova il golf” e che avrà una durata
variabile da 4 a 6 ore. Si stima che ciascun circolo riceverà
la visita di 4-6 classi, per gruppi di 100-120 ragazzi. In base
all’esperienza dello scorso anno, l’organizzazione della FIG
prevede perciò che - a causa delle difficoltà logistiche e delle
successive rinunce - saranno all’incirca 12.000 i giovani
studenti italiani che faranno conoscenza quest’anno con
bastoni e palline. Con lo sviluppo del “Progetto Scuola”, in
collaborazione con Kinder+Sport, la Federazione Italiana
Golf conta di triplicare quest’anno il numero degli alunni
delle classi elementari e medie, compresi fra i 9 e i 16 anni,
che entreranno per la prima volta in un campo da golf: dai
4.500 circa del 2010 a oltre 12.000 nel 2011. “Questa scelta ha dichiarato Matteo Manassero in conferenza stampa - mi fa
golf
La Federazione, in collaborazione con Kinder+Sport,
dà il via a un progetto per far conoscere il golf ai più piccoli.
Matteo Manassero e Diana Luna saranno i testimonial di una attività
che mira a scoprire le giovani promesse del futuro
sentire tutta la responsabilità di rappresentare un modello per
i ragazzi che guardano a me come io guardavo i campioni
con cui ora mi ritrovo a giocare”. In un breve videomessaggio
registrato, anche la Luna - impegnata in gara all’estero - s’è
detta “onorata” per la decisione della Federazione. Insieme a
Manassero, il presidente della Fig Franco Chimenti ha voluto
citare l’esempio dei fratelli Edoardo e Francesco Molinari:
“Senza le loro prestazioni e i loro successi, il nostro impegno
organizzativo non avrebbe lo stesso effetto. Crediamo
profondamente nel Progetto Scuola, ma sono soprattutto
questi campioni nazionali che alimentano lo sviluppo del
golf italiano all’interno del nostro Paese e la crescita della
sua credibilità anche all’estero”.
In alcune regioni già impegnate in questo programma, a
cominciare dal Piemonte, si svolgerà anche la fase “Gioca
il golf”, riservata ai gruppi sportivi scolastici: circa 100-120
per un totale intorno ai 1.500 ragazzi. Su questa base, con
l’intervento dei professionisti indicati dai Comitati regionali
verrà attivato l’“Osservatorio talenti” per individuare le
promesse più giovani del golf italiano ◆
53
www.villastuart.it
Servizio di Dermatologia
STOP AGLI INESTETISMI.
CON LA LASERTERAPIA
Miglioramenti visibili, sedute più brevi e risultati tangibili: la laserterapia permette di trattare inestetismi ed imperfezioni
DVUBOFFDPNFBOHJPNJNBDDIJFDVUBOFFQFMJTVQFSmVJFDPVQFSPTF4FO[BDPOUSPJOEJDB[JPOJx
di Paolo Brandimarte
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse nei confronti dei laser da parte
EJPQJOJPOFQVCCMJDBDPNVOJU¸TDJFOUJlDBFQPQPMB[JPOF-BTDFTBEJ
tali strumenti, soprattutto in ambito dermatologico ed estetico, è strettamente correlata alla loro capacità di far fronte ad una gran varietà
EJJOFTUFUJTNJFEJNQFSGF[JPOJDVUBOFF%JGBUUJTGSVUUBOEPMBQSBUJDJU¸
EJVUJMJ[[PEJEVFTPSHFOUJ/FPEJNJP:BHFMVDFQVMTBUBHMJTQFDJBMJTUJ
sono in grado di trattare lesioni di origine vascolare e lesioni pigmenUBUFBDVJTJBHHJVOHPOPMFQJMB[JPOFNFEJDBQSPHSFTTJWBNFOUFQFSNBOFOUFFEJMGPUPSJOHJPWBOJNFOUPEJWJTPDPMMPFE¼DPMMFU¼
%JWFSTJJWBOUBHHJDPOOFTTJBMMVUJMJ[[PEFMMBMBTFSUFSBQJBVOBNFUPEJca versatile quanto precisa: miglioramenti tangibili, sedute più brevi,
SJTVMUBUJWJTJCJMJFOFTTVOBDPOUSPJOEJDB[JPOF
Il trattamento è quasi indolore e ben tollerato dalla maggior parte dei
QB[JFOUJJRVBMJTJTPUUPQPOHPOPBEVOBPQJÍTFEVUFFSPHBUFBEJTUBO[B
EJRVBMDIFTFUUJNBOBMVOBEBMMBMUSB/FMMPTQFDJlDPJMOVNFSPEFMMF
sedute e la durata di ciascuna di esse, vengono modulate sulla base
EFMUJQPEJUSBUUBNFOUPEBFTFHVJSF
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BTTBJFGlDBDFDPOUSPBOHJPNJDBQJMMBSJNBDDIJFDVUBOFFQFMJTVQFSmVJFGPMMJDPMJUJDSPOJDIFEFMMFHBNCF
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WBTPEJMBUB[JPOFEFMNJDSPDJSDPMPFQJEFSNJDPndr
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problematica facilmente risolvibile con il laser: il raggio attraversa
MFQJEFSNJEFFDPMQJTDFJMDBQJMMBSFSPTTPGBWPSFOEPOFMBTDPNQBSTB
1FSEJSFBEEJPBHMJJOFTUFUJTNJ
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$BTBEJ$VSB7JMMB4UVBSU7JB5SJPOGBMF3PNB
Insider
È
stato per anni il ristorante di quartiere,
dove le famiglie andavano insieme la
domenica a pranzo: nonni, nipoti e
genitori riuniti intorno a un tavolo.
È nato così e così è rimasto per anni, fino a che le
mode hanno premuto sull'acceleratore e le gestioni
si sono avvicendate. Oggi, dopo anni di alti e bassi,
dopo stagioni volte all'inseguimento delle tendenze
gastronomiche, degli arredi minimalisti, Celestina
celebra un ritorno alle origini. Torna indietro
puntando a essere ancora una volta l'indirizzo di
riferimento dei Parioli.
Dismessi gli abiti modaioli di ristorante trendy, ha
saputo, nei pochi mesi della nuova gestione, trovare la
giusta misura tra tradizione e modernità.
Confortevole, caldo luminoso, curato: con un'ampia
veranda chiusa e cucina a vista, pareti dai toni chiari,
soprattutto un fresco celeste e legno al pavimento,
accoglie senza inutili formalità, invitando da subito
a sentirsi a proprio agio ricreando l'atmosfera delle
origini, di quel lontano 1926 in cui è nata la storia di
questo locale e degli anni a seguire.
Oggi come allora la cucina è semplice e genuina e
per quanto alleggerita e adattata ai gusti attuali, è un
susseguirsi di piatti classici romani, con qualche piccola
novità, proprio per stupire sempre i propri clienti.
Il ritorno della pizza offre ai giovani un'ottima
alternativa per cene veloci.
Celestina vi aspetta!
CELESTINA AI PARIOLI - VIALE PARIOLI, 184 - TEL. 068078242 - WWW.RISTORANTECELESTINAAIPARIOLI.COM
sempre aperto, anche dopo teatro
57
Tra Roma e Napoli
percorsi del buon gusto
Per chi si fosse appassionato alla meraviglia
della cucina di Don Alfonso a Sant’Agata ai Due Golfi,
proponiamo un piccolo percorso di avvicinamento
alla cucina campana.
Da Roma a Napoli dunque,
passando per le suggestioni di mare delle isole pontine.
Il tutto, rigorosamente, senza uscire
dal Grande Raccordo Anulare
MEGLIO LE ERBETTE
IN CROSTA DI PANE...
L’Ortica Virno
e cucina a casa
Il Sanlorenzo
Non fatevi ingannare: il bel locale di Enrico ed Elena
Pierri si trova a un passo da Campo de’ Fiori, ma
nell’insegna rende omaggio al quartiere che ha ospitato
il loro vecchio ristorante, accanto al Pastificio Cerere,
con gli artisti della “scuola di San Lorenzo”. Svelata
l’origine del nome, non resta che dichiarare quella del
pesce, che arriva prevalentemente da Ponza, grazie alla
collaborazione con Gino Pesce (un destino nel nome),
patron dell’Acquapazza. Come ormai accade nei ristoranti
migliori (sotto tutti i punti di vista), il tonno rosso si trova
poco, qui solo da maggio a settembre, per scongiurare
il rischio estinzione, ma il resto dell’anno saranno altri
pesci a creare la magia del mare. Cotture semplici
e veloci, sapori nitidi, piatti raffinati che richiamano
l’aroma inconfondibile della migliore cucina di pesce e
poi crudi, naturalmente. Vongole veraci di Sabaudia,
diverse qualità di ostriche dalla Bretagna, spaghetti di
farro con acciughe di Ponza, briciole di pane e peperoni
cotti alla cenere, tagliatelle di seppie con olio, limone e
carciofi alla mentuccia, gamberi rossi di Ponza alla brace
con crudo di porcini e consommé di guanciale, filetto S.
Pietro con succo di zuppa di pesce, finocchio brasato e
cipollotto allo zafferano Navelli. Grande cantina: circa
900 etichette, italiane e francesi. Attenzione alla materia
prima (Verrigni, Felicetti, Roscioli per fare qualche nome).
Infine vi è la possibilità di acquistare il pesce come in una
vera pescheria.
È stato un punto di riferimento per Roma Nord e non
solo: Vittorio Virno, col suo ristorante L’Ortica, è
stato per anni il portavoce di una cucina veracemente
napoletana, rigorosa e succulenta. Da qualche tempo
Virno si è spostato in un piccolo locale in centro, elegante
e accogliente, fitto di oggetti della memoria e con una
grande cucina a vista, vero cuore del locale, così come
era nelle case di una volta. Un indirizzo-bomboniera,
come ama definirlo, dove invitare gli amici come in casa
propria, studiare un menù e un servizio su misura e,
volendo, contribuire alla preparazione dei piatti, per poter
poi dire “questo l’ho fatto io”, imparando così insieme a
lui i segreti della tradizione gastronomica partenopea,
inossidabile punta di diamante dell’infaticabile Vittorio.
Questo è il suo regno, dove propone una cucina fatta di
ricordi oltre che di ingredienti, di piatti rigogliosi, di una
tradizione napoletana “alta e bassa” mescolata insieme:
sartù di riso e gattò di patate, genovese, aeree pizzelle di
pasta cresciuta, paccheri con i purpetielli affogati, pizze
di scarola o con il polpo alla gaetana, pesce al piatto
(secondo l’antica cucina dei pizzaioli). E, in chiusura, le
classiche tentazioni napoletane: babà, pastiera, caprese
(rivisitata), sfogliatelle e melanzane al cioccolato (secondo
l’antica ricetta), tutti fatti in casa dal bravo pasticcere.
Via del Vantaggio, 39A - tel. 06.3338709
www.lorticavirnoecucina.it
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F7IGK7;F7IGK;JJ77F;HJE:7BB;.$)&7BB;'*$&&
Via dei Chiavari, 4-5 - tel. 066865097
www.ilsanlorenzo.it
PANELLA IN PIAZZA A PASQUA
A.D.S.
Insider
Insider
Gusto
58
Alici, che bontà
La colatura è un prodotto
che affonda le sue origini nel garum romano,
un condimento usato dal cuoco Apicio
e di cui ci riporta testimonianza Plinio
di Antonella De Santis
Cetara­, caratteristico paesino della Costiera Amalfitana
Povero è bello
Nata dall’esigenza di usare al massimo i frutti del mare,
la colatuta di alici oggi è una specialità recuperata, un
incantesimo sapido e profumato, perfetto condimento di un
piatto di spaghetti nato all’impronta, o raffinato ingrediente
di piatti gourmet.
Cosa è la colatura di alici?
Un “olio” di colore ambrato prodotto dalle alici messe sotto sale.
Nel golfo di Salerno, tra il 25 marzo, festa dell’Annunciazione
e il 22 luglio, giorno di Santa Maria Maddalena, le alici sono
nel periodo migliore della loro maturazione, particolarmente
povere di grassi. Appena pescate con la lampara (la tecnica
detta del cianciolo) vengono pulite a mano dalla testa e
dalle interiora (lì si dice “scapezzate”) e tenute per 24 ore
in contenitori con abbondante sale marino, per poi essere
poste, alternate a strati di sale, nei terzigni, piccole botti (un
terzo di una botte per la precisione) di castagno o rovere,
coperte da un disco di legno sotto il peso di pietre marine, in
misura sempre minore col passare dei giorni. Il pesce matura
facendo affiorare in superficie un liquido (che viene rimosso
quando si preparano le alici sotto sale) poi conservato per
4 o 5 mesi in recipienti di vetro esposti alla luce del sole,
gusto
Cucina ristorante Acqua Pazza
che lo fa evaporare e concentrare. Tra ottobre e novembre il
liquido passa nuovamente nelle botti dove sono state lasciate
le alici e fatto colare tra gli strati di pesce, per prenderne
ancora di più il sapore e le caratteristiche organolettiche più
nobili. Finito questo processo il liquido viene filtrato in teli di
lino, i cappucci. Pronto agli inizi di dicembre, costituisce la
base di uno dei piatti tradizionali della vigila di Natale della
zona: la pasta (cotta rigorosamente in acqua non salata) con
la colatura.
Oggi la colatura ha una sua rigida procedura tramandata di
padre in figlio in questo piccolo e affascinate borgo costiero e
viene tutelata dal Ministero per le politiche agricole e forestali
e fa parte dei presidi Slow Food.
Si potrebbe pensare alla colatura come a un distillato di
questo pesce azzurro, quest’olio meraviglioso, limpido,
sapido e dal sapore deciso che conserva l’aroma e il sapore
delle alici salate e che mantiene vivo il legame delle genti del
posto con la loro grande storia di popolo marinaro.
L’ingrediente semplice ma non certo banale, la colatura di
alici potrebbe sembrare di difficile utilizzo, ma non è così: vi
lasciamo di seguito una ricetta firmata da Gennaro Castiello
del ristorante Acquapazza, proprio a Cetara... ◆
Spaghetti con colatura di alici
secondo Gennaro
Ingredienti per 4 persone
400 g di spaghetti
2 cucchiai di colatura di alici
1 spicchio di aglio tritato
olio extravergine di oliva
prezzemolo e peperoncino q.b.
Preparate in una zuppiera da portata tutti gli ingredienti:
l’olio di oliva, il prezzemolo e l’aglio tritati, la colatura di
alici e il peperoncino a piacere. Fate cuocere gli spaghetti
al dente e, una volta scolati, aggiungeteli al sughetto con
un cucchiaio dell’acqua di cottura della pasta. Saltateli a
crudo e decorate con una spruzzatina di prezzemolo fresco.
Ristorante Acquapazza
www.acquapazza.it
Insider
Intervista
Il Vesuvio di rigatoni
Chef Alfonso Iaccarino in cucina
61
H
H
Don Alfonso:
mediterraneo di oggi
Per il New York Times il Don Alfonso dal 1890
è uno dei 10 migliori ristoranti nel mondo.
Incontriamo il suo patron e chef, Alfonso Iaccarino
per un’intervista a cuore aperto
di Antonella De Santis
a viaggiato, studiato, conosciuto le altre
cucine e le altre tradizioni, Alfonso
Iaccarino e poi tornato qui, a Sant’Agata
ai Due Golfi per rinnovare la cucina mediterranea nel segno
della continuità della qualità e dell’identità. Nasce così Don
Alfonso: dall’amore per una tradizione che non si tradisce,
ma si rinnova e diventa punto di riferimento per gourmet di
tutto il mondo. Lo contattiamo telefonicamente e ci troviamo
a conversare con un uomo disponibile, appassionato, di
una gentilezza estrema, che non lesina lodi per colleghi e si
rifiuta categoricamente di fare nomi riguardo ai suoi ristoranti
preferiti. Per rispetto al lavoro di tutti, dice. Un segno di stile
inequivocabile.
La sua, un’attività familiare: con i suoi figli siamo alla 5a
generazione, mentre la sesta si è appena affacciata alla
vita. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del lavorare in
famiglia?
C’è grande armonia al Don Alfonso e grande amore per questa
vita che, se pur piena di sacrifici, regala grandi soddisfazioni.
Rendere speciale una serata o un soggiorno ai nostri ospiti è
una grande gioia, per la quale vale la pena investire tempo e
denaro. Ora siamo al cambio generazionale, in un momento
molto fortunato, ci sono sempre io alla guida, insieme ai miei
figli che sono molto più preparati di me: Ernesto dopo la
laurea in economia e commercio è voluto entrare in cucina, è
la mente pensante di questa attività, segue le 20 persone che
lavorano ai fornelli, crea nuovi progetti; Mario, dopo anni di
esperienza internazionale nel campo dell’accoglienza di alto
livello, è l’organizzatore di tutto (qui lavorano ben 40 persone
per 50 coperti), in sala con Livia, mia moglie. Livia segue il
rapporto con i clienti e con i media, senza mai tralasciare il
suo ruolo di mamma. La nostra è una scelta di vita condivisa.
Naturalmente è tutto molto diverso rispetto a quando abbiamo
iniziato, la società si è trasformata e la nuova generazione,
che pur ha sempre respirato l’aria del Don Alfonso, è molto
più al dentro di questo mondo così veloce, dove nuovi
media, internet e tecnologia sono fondamentali. Per noi la
tradizione di famiglia, la condivisione di un progetto comune
è fondamentale.
Sua moglie Livia è in sala, appunto, ma in cucina il ruolo
femminile è sempre molto ridotto. Ci sono casi, vero,
di grandi chef donne, Valeria Piccini, Nadia Santini o la
Bowerman, per esempio, ma sono in minoranza. Secondo
lei perché?
Tradizionalmente il ruolo della donna in cucina è ridotto
a realtà più familiari, mentre nell’alta ristorazione il
predominio maschile è sempre stato innegabile. Ma i
tempi stanno cambiando. Ora per stare in cucina serve una
laurea, servono maturità e cultura per poter competere nel
panorama internazionale. Ora tutto è cambiato e le donne
stanno conquistando il loro spazio.
Parliamo della sua cucina: come conciliare tradizione e
innovazione?
La tradizione è la base, ma l’innovazione è necessaria: non
bisogna mai rimanere indietro. In cucina la tecnologia è
fondamentale, basti pensare ai macchinari che abbiamo oggi a
disposizione: pacojet, abbattitori, forni di ultima generazione.
Senza mai trascurare le origini si deve continuare una ricerca
di attrezzature innovative, che possano essere d’ausilio a una
cucina che deve mantenere la propria identità.
Materia prima, creatività tecnica: in che misura contano
in cucina?
Gli ingredienti sono la base: c’è bisogno innanzitutto di una
cucina sana, dove i prodotti possano esprimere il massimo,
in termini di sapore e di valori nutritivi. In una vita come
quella di oggi, in cui tutto è più complicato, si deve cercare
di avere il meglio dai nostri piatti. Guardiamo alla salute dei
La grande cucina si fa nel campo,
clienti, alle loro esigenze, lavorando sulla ricerca insieme
alle università ma senza mai trascurare il piacere, che passa
attraverso il gusto, la vista, l’olfatto. Ho grande rispetto per
le esperienze come quelle di Ferran Adrià e Blumenthal per
la cucina molecolare, ma da me la ricerca nasce e porta alla
materia prima, attraverso la strada indicata dalla natura.
Nella società di oggi l’obesità, soprattutto quella infantile, è
un problema molto pressante. Ricordo i sapori dei prodotti
cui ero abituato da ragazzo, ricordo il pollo dalle carni meno
bianche, più tenaci e gustose, questi sono i prodotti che
voglio nella mia tavola e nella mia cucina. Sapori veri e cibi
sani, per una cucina che sia allineata con le esigenze di oggi.
Perché bisogna sempre avere presente la qualità della vita.
Cucina di alto livello, attenta alle preparazioni, curata e bella,
ma soprattutto sana.
Dal 1990 ha la sua azienda agricola, le Peracciole, che
produce ottimo olio extravergine d’oliva, verdura, erbe e
frutta. Un lavoro sul biologico e il Km0 che ha anticipato di
molto le tendenze di oggi.
Siamo partiti tanti anni fa, investendo molto, per primi abbiamo
proposto l’alta ristorazione qui al sud. Allora era difficilissimo
trovare una materia prima di livello, che raccontasse questa
terra, la parola biodiversità non esisteva ancora! Abbiamo
perciò iniziato a produrcela da soli, i sapori, gli aromi e le
consistenze di una materia prima d’eccellenza sono alla base
del nostro successo professionale e me ne accorgo ogni volta
che torno da un viaggio, assaporando i miei prodotti ritrovo
la parte più preziosa della mia storia lavorativa e personale.
Questa è la strada che abbiamo intrapreso in quasi 40 anni
di attività, un percorso serio, etico, morale.
Lei è stato anche a Roma, alla guida del Baby dell’Hotel
Aldrovandi. Come è stata quell’esperienza?
È stata una verifica e una grande sfida: portare il Don Alfonso
a Roma. Si era creata un’atmosfera molto bella, durata per
sei anni. Dopo un periodo di incertezza il Baby pare abbia
finalmente trovato una nuova guida in cucina (Oliver Glowig,
dal 6 aprile, ndr), mi auguro riesca a ricreare quell’ambiente
stimolante. Con Roma si è inoltre instaurato un rapporto
speciale: molti clienti ci vengono a trovare ancora oggi, qui a
Sant’Agata ai Due Golfi.
Come vede la ristorazione oggi?
Siamo in un periodo di grande crescita generale: c’è
attenzione per la materia prima e molta cultura nei nuovi
chef. Magari nel resto della nostra società ci fosse stata la
crescita che ha vissuto il mondo dell’enogastronomia!
Don Alfonso va a cena fuori? Che genere di ristoranti
frequenta?
Soprattutto all’estero, in Italia ho meno occasioni. Se mi
trovo in una città e ho tempo, voglio un buon ristorante, in
cui non fare solo una cena, ma anche un’esperienza a tutto
tondo, se mi trovo al mare un ristorantino sulla spiaggia,
dove gustare una buona frittura e un bicchiere di vino, è
l’ideale.
Vede nuovi validi eredi?
Ne vedo molti: nel nostro gruppo di lavoro ci sono moltissimi
giovani al di sotto dei 30 anni, nel ristorante di Macao o in
quello di Marrakech abbiamo grandissimi chef. Il lavoro
di consulenza funziona alla perfezione fin tanto che c’è lo
stesso impegno e gli stessi obbiettivi, che sono e rimangono,
la qualità assoluta nella materia prima, nella cucina,
nell’accoglienza ◆
Corso Sant’Agata, 11/13 Sant’Agata Sui Due Golfi, Napoli
081.8780026 - www.donalfonso.com
Per saperne di più
Appena uscito il volume “La cucina del cuore” ed. Mondadori.
Un libro di storia e di saperi, oltre che di cucina.
Dove Dormire
Il Don Alfonso è anche un albergo, nel centro della Penisola
Sorrentina, spartiacque tra il Golfo di Napoli e il Golfo di
Salerno. Arrampicato su un promontorio che regala una
vista mozzafiato, il Relais & Chateaux è incastonato in
un panorama spettacolare: la macchia mediterranea, con
vigne, ulivi, limonaie e il meraviglioso mare della zona,
fitto di spiaggette incantevoli, poco distante dall’area
marina protetta di Punta Campanella.
come i grandi vini si fanno in vigna
il lillà
di Angelo Troiani
P
P
ochi arbusti raggiungono l’intensità
inebriante
della
Syringa
vulgaris,
comunemente conosciuta come lillà. Nel
pieno della fioritura, le vaporose infiorescenze celebrano il
tripudio alla primavera e per due brevi settimane riempiono il
giardino e il terrazzo con il loro inconfondibile profumo.
Le connotazione romantiche attribuite al Lillà si ritrovano
nel linguaggio dei fiori, che eleva quello bianco a simbolo
della purezza e quello porpora a rappresentante delle prime
emozioni dell’amore.
Contrariamente a quello che si pensa, non tutti i Lillà
possiedono la stessa fragranza e tradizionalmente solo i fiori
delle specie più odorose vengono utilizzati per ottenere le
preparazioni per profumi e cosmetici, tra cui “l’olio di lillà”.
Vari individui di Syringa vulgaris hanno profumazioni diverse
da quella classica e tra queste suscita particolare interesse la
syringa persica. Coltivata nei giardini persiani, cinesi e indiani
sin da tempi remoti, è una specie di grande bellezza che si
sviluppa bene anche in Italia e si ricopre completamente di
fiori di colore lillà tra aprile e maggio.
Il genere Syringa comprende circa trenta varietà, tra cui la più
diffusa è proprio la vulgaris, originaria della Turchia.
Tra le migliori a fiore doppio ricordiamo la syringa madame le
moine, fiore bianco di metà primavera, dal profumo intenso e
la syringa katherine havemayer, dal particolare colore azzurro
- lavanda.
A fiore semplice ricordiamo la Syringa souvenir de louis
spaeth, di colore rubino e la syringa marechal foch di colore
rosa carminio.
Il Lillà o serenella è nota per avere un effetto febbrifugo,
grazie al glucoside syringoide che si trova nella corteccia. Le
foglie, dal sapore molto amaro, sono usate per preparare un
infuso dalle proprietà antidiuretiche e digestive.
Il fiore del Lillà è un fiore che contiene farnerolo, vitamina c
e tannini.
La medicina popolare utilizza il fiore di Lillà per preparare
un olio essenziale che ha la proprietà di alleviare i dolori
reumatici e articolari. Infine, la syringa un tempo era nota
come pipa azzurra, in virtù dei suoi steli cavi che venivano
usati per fare delle pipe ◆
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Valutando le vostre esigenze e le dimensioni degli ambienti da proteggere, riesce a trovare
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I MILLE DI CIOCCOLATÒ
I 150 anni dell’Unità d’Italia
celebrati a CioccolaTò
Perugina firma la grande penisola
interamente di cioccolato
Tree of Life
CANNES DELLE MERAVIGLIE,
L’ITALIA sogna LA PALMA D’ORO
LE ANTICIPAZIONI SUL FESTIVAL CINEMATOGRAFICO PIÙ PRESTIGIOSO DEL MONDO:
WOODY ALLEN INAUGURA, DE NIRO È PRESIDENTE DI GIURIA
E C’È GRANDE ATTESA PER I NUOVI FILM DI NANNI MORETTI E PAOLO SORRENTINO,
ENTRAMBI IN LIZZA PER IL MASSIMO PREMIO
S
S
e le previsioni degli addetti ai lavori si rivelassero
esatte, la prossima edizione del Festival di
Cannes (la 64ª, dall’11 al 22 maggio 2011) sarà
una delle più ricche ed entusiasmanti degli ultimi anni. Non
solo per la compagine italiana che si annuncia quanto mai
prestigiosa: è data pressoché per certa la presenza dei film
di Nanni Moretti (Habemus Papam) e Paolo Sorrentino (This
Must Be the Place) ma potrebbero esserci anche le ultime
prove di Emanuele Crialese (Terraferma) e Gianni Amelio
(Il primo uomo). Ma anche perché i nomi dei registi e dei
film che circolano in questi giorni - e per la cui conferma
bisognerà aspettare la conferenza stampa prevista per il
14 aprile - sono davvero quanto di meglio si possa avere
concentrati in una unica kermesse. È certo che ad aprire
il Festival sarà Woody Allen con il suo Midnight in Paris
Habemus Papam
Carla Bruni,
dalle passerelle alla croisette
di Alberto M. Castagna
(vedi box) e che a guidare la Giuria sarà nientemeno che
Robert De Niro, per il resto i “rumours” danno per sicura la
presenza di uno dei film più attesi dell’anno, quel Tree of Life
di Terrence Malick (con Brad Pitt e Sean Penn) che era già in
predicato per la scorsa edizione del festival e poi ancora per
Venezia e la cui uscita internazionale è ora finalmente fissata
per il 27 maggio. Vi saranno poi, con buone probabilità, i
fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne che a Cannes hanno già
vinto due volte la Palma d’Oro (oltre a diversi altri premi) e
che quest’anno possono ambire a un record assoluto con il
loro ultimo Delivrez-moi, lo “scandaloso” Lars Von Trier con
il fantascientifico Melancholia, il grande Pedro Almodovar
con il ritrovato Antonio Banderas, rispettivamente regista e
protagonista di Le piel que abito. Su quest'ultimo, però, ha
puntato gli occhi anche Venezia ◆…
I M ille di Cioccolatò
This Must Be the Place
Raramente si era tanto parlato di un film di Woody Allen
in fase di riprese, tanto più per la proverbiale riservatezza
del regista americano che non ama intrusioni sui suoi set.
Nel caso di Midnight in Paris - girato, come da titolo, a
Parigi - l’attenzione dei media ha sfiorato la morbosità
e non a caso: nel cast che ha come protagonisti Owen
Wilson, Adrien Brody e Marion Cotillard ha trovato posto
anche la ‘premiere dame’ di Francia, ovvero Carla Bruni,
alla sua prima apparizione cinematografica (se si eccettua
un ‘cameo’, nella parte di se stessa, in Paparazzi, un film
francese del 1998). A un certo punto, ha circolato la voce
che la sua parte fosse stata tagliata in fase di montaggio
e lo stesso Allen si è dovuto precipitare a smentire anche
per evitare un “incidente diplomatico”. Resta ora da
vedere se la signora Sarkozy sfilerà sulla croisette l’11
maggio, quando il film inaugurerà la 64ª edizione del
Festival di Cannes...
È con una grande Italia interamente in cioccolato, lunga
oltre 13 metri e dal peso di 14 tonnellate, che Cioccolatò
- in programma dal 25 Marzo al 3 Aprile a Torino - ha
festeggiato il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia.
La grande Italia in cioccolato, firmata dalla Scuola del
Cioccolato Perugina, è stata esposta dal 16 Marzo al 3
Aprile in Piazza Vittorio Veneto insieme a 20 dei suoi
principali monumenti, fra cui la Mole Antonelliana di
Torino, il Duomo di Milano, il Campanile di San Marco
di Venezia, la Lanterna di Genova, la Fontana Maggiore
di Perugia, il Colosseo di Roma e il Maschio Angioino di
Napoli.
Tra le altre golosità inoltre è stato realizzato il 45 giri di
cioccolato, perfettamente funzionante e commestibile,
con inciso l’Inno di Mameli.
Infine la mostra Gli Italiani e il Cioccolato ha ripercorso,
attraverso racconti e immagini, gli ultimi 150 anni della
storia del cioccolato nel nostro Paese e la sua evoluzione
da cibo di lusso disponibile solo per l’élite a prodotto di
massa e di auto consumo, con un focus particolare sulla
tradizione cioccolatiera di Torino e del Piemonte.
L’Italia del Cioccolato sarà in tour da Settembre 2011 fino
ad Aprile 2012 in tutte le Città italiane che ne faranno
richiesta.
Per candidarsi ad ospitarla il Sindaco dovrà scrivere a:
[email protected]
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Leggiamo in dolce relax
Insider
PUNTI VENDITA SUPERCOSE
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Arte a bordo
La Collezione in viaggio
di Costa Crociere
Il volume, graficamente ed esteticamente raffinato,
presenta la ricca collezione d’arte (sculture, dipinti,
pannelli, cicli decorativi, oggetti) a bordo delle
quattordici navi della flotta di Costa Crociere,
comprendente opere di grandi maestri, famosi in
tutto il mondo (Arman, Botero, Pomodoro) e giovani
artisti esordienti.
Una panoramica sulla collezione d’arte a bordo della
flotta Costa Crociere che rende caratterizzante e unica
ogni nave da crociera Costa: ciascuna di esse infatti è
inimitabile poiché offre ai passeggeri un ‘paesaggio’e
un ‘teatro totale’ fatto di emozioni estetiche e storiche
che incorniciano quelle naturali del paesaggio/viaggio
della crociera.
Autore: Martina Corgnati
Editore: Skira
www.skira.net
Design in Italia
L’esperienza del quotidiano
Tavoli, automobili, abiti, lampade, sedie ma anche barattoli di Nutella, Tetrapak,
macchinari per la risonanza magnetica, attrezzature sportive … Il design italiano
si colloca ai vertici della creatività internazionale: a partire dalla seconda metà
del Novecento gli oggetti made in Italy si insediano nelle case di tutto il mondo,
ma anche nelle scuole, negli uffici, nelle strade, negli ospedali ...
Un successo determinato da quattro elementi fondamentali: funzionalità, gusto,
cura dei materiali e innovazione dei processi produttivi, che attira sui nostri
progettisti e imprenditori l’attenzione dei principali musei del mondo.
Il volume ‘Design in Italia’, concepito graficamente come un oggetto di design
con grande attenzione all’efficacia delle illustrazioni, è stato curato dal direttore
di Ottagono e dello IED, Aldo Colonetti e scritto con grande perizia dalle autrici
Valentina Croci e Porzia Bergamasco, analizza le origini, lo sviluppo e l’attuale
identità del made in Italy con un approccio inedito: senza separazioni gerarchiche
e mai rivolto soltanto all’oggetto in sé, isolato dal proprio contesto d’uso.
Autore: Aldo Colonnetti con Valentina Croci e Porzia Bergamasco
Editore: Giunti
www.giuntistore.org
Scavolini 1961 > 2011
La più amata dagli italiani
Un libro che racconta e celebra attraverso una minuziosa documentazione storica e
iconografica, il mezzo secolo della cucina Scavolini, ‘la più amata dagli italiani’.
Una storia che inizia nel 1961 quando i fratelli Elvino e Valter Scavolini decidono che
è tempo di impiegare l’esperienza accumulata lavorando come artigiani nel ramo del
mobile per avviare a Pesaro una loro autonoma attività imprenditoriale. La strada
scelta è quella delle cucine componibili, sogno ed emblema della stagione del boom
economico.
Nel 2011: sempre fedele al principio di realizzare cucine, cinquant’anni dopo Scavolini
è una delle più solide realtà industriali del settore, “la più amata dagli italiani” a livello
nazionale e con una forte e radicata presenza sui mercati esteri dei cinque continenti.
L’intero percorso evolutivo dai primi passi negli anni Sessanta al coinvolgimento delle
celebri testimonial pubblicitarie, Raffaella Carrà e Lorella Cuccarini, dai successi
commerciali degli anni Ottanta all’interesse per la sperimentazione formale e il design
degli ultimi decenni, il volume ‘Scavolini 1961-2011, illustrato dai grandi fotografi Gabriele
Basilico e Filippo Romano, racconta i primi cinquant’anni di Scavolini, testimoniando
con efficacia un capitolo esemplare della cultura e lo sviluppo del “made in Italy”.
Autore: Massimo Martignoni
Editore: Skira (2011, edizione italiana e inglese)
www.skira.net
a cura di Alessandra Vittoria Fanelli
Insider
Libri
Insider
Vini
70
L’AMORE A PRIMA VISTA
O MEGLIO, AL PRIMO SORSO
I
di Monia Innocenti
I
vini Icardi fanno innamorare. Saranno le
Langhe e il Monferrato, sarà la personalità di
chi ci si dedica con tanto amore da anni, sarà
il rispetto dei cicli naturali. Assaggiare per credere.
L’amore a prima vista, non si può definire in altro
modo: Icardi non è solo “vino” o “azienda”. Icardi
è passione, fantasia, impegno, professionalità,
ricerca, studio, assiduità e costanza. Icardi è
saper ridere, scherzare, divertirsi con ciò che si
ama fare e amare davvero ciò che si fa, avendo
la capacità di trasmetterlo a tutti.
L’azienda nasce nel 1914, al confine tra due
terroirs noti a tutto il mondo: Langa e Monferrato.
Lo scenario è favoloso: il Tanaro attraversa queste
zone attribuendogli caratteristiche storiche e
culturali diverse; le colline ripetute regalano agli
occhi una pacifica sensazione di benessere, non
ci si stancherebbe mai di guardarle. Sono aree
calcaree e argillose che donano a questi terreni
la loro famosa vocazione vinicola.
Castiglione Tinella, sede dell’azienda, divide
queste ampie aree dando la possibilità a Icardi
di produrre una grande varietà di vini: cortese,
dolcetto, grignolino, barbera e barbaresco,
nebbiolo, barolo, moscato, brachetto.
Nei primi anni di vita dell’azienda, il Cav.
Pierino, con la moglie Rosanna, decidono di
vinificare le uve di proprietà e di non venderle
all’industria per favorire la ricerca della qualità. I figli,
Claudio e Mariagrazia, continuano ancora oggi il lavoro del
padre in modo distinto ma complementare. Claudio riesce
ad ampliare l’azienda facendola arrivare a 75 ettari e 10 di
biodinamico. Mariagrazia lavora, con successo,
al commercio internazionale.
Il punto di forza di Icardi è, insieme alla
travolgente simpatia dei due fratelli, avere una
terra sana “com’era cent’anni fa” e proteggere le
caratteristiche dell’uva. I vini, apprezzabili già
nel breve periodo, sono realizzati con sistemi
biologici e biodinamici che richiedono cure e
attenzioni particolari e un rispetto totale per la
natura e i suoi tempi.
Il Pafoj Rosso ne è un grande esempio.
Nebbiolo con vendemmia manuale, elevato in
barriques nuove per circa 8 mesi, è di un rosso
rubino deciso e il colore è solo un’anticipazione
dell’intensità del profumo e del sapore.
Elegante, pulito, ricorda more e mirtilli. Può
essere abbinato a primi piatti e carni rosse ma
anche brasati e formaggi stagionati ◆
vini
È possibile visitare l’azienda e organizzare
degustazioni contattando il numero 0141.855159
[email protected].
Per altri dettagli www.icardivini.it
Insider
Mostre
72
LA MONETA DELL’ITALIA UNITA.
DALLA LIRA ALL’EURO
Roma, Palazzo delle Esposizioni
Fino al 3 luglio 2011
Promossa dalla Banca d’Italia, in occasione del 150° anniversario dell’Unità
nazionale, la mostra sulla storia della moneta italiana, illustra uno degli aspetti meno
noti del nostro processo di unificazione. La nascita della lira avviò l’integrazione
economica della penisola e aprì la strada alla partecipazione dell’Italia alle grandi
trasformazioni europee e mondiali, ponendo le basi per il futuro dello sviluppo
della nazione. Documenti d’archivio, collezioni di monete (da segnalare quella
del Museo Nazionale Romano), banconote antiche e moderne ci aiutano a capire
il passaggio all’euro e alla moneta elettronica. Partendo dai primi provvedimenti
napoleonici che, nel 1796, vedono la nascita della lira, fino alla sua affermazione
nel 1862 come moneta dell’Italia unita, si ripercorre la storia nazionale su una
strada insolita e affascinate che vede la nascita della Banca d’Italia nel 1893 e
l’unificazione monetaria europea nel 2002.
MOSTRE
di Laura
M
o c ci
TAMARA DE LEMPICKA.
LA REGINA DEL MODERNO
Roma, Complesso del Vittoriano
Fino al 10 luglio 2011
L’arte di Tamara De Lempicka, icona delle novità degli anni Venti e Trenta, è a
Roma al Complesso del Vittoriano. Curata da Gioia Mori, la mostra raccoglie
disegni, dipinti, foto d’epoca di una delle donne più rappresentative del periodo
Déco che, con la sua arte, fu capace di unire pittura, fotografia, moda e pubblicità
in un’ottica di modernità. Polacca, nata nel 1898 a Varsavia, la De Lempicka si
trasferì prima in Russia e poi, dopo la prima guerra mondiale, a Parigi. Ai dipinti
del periodo francese, come Maternità, seguono i successi degli anni Venti, i ritratti
della figlia e dei suoi amori. Passata in Germania, l’artista si trasferì negli Stati
Uniti dove, recuperando uno stile netto e volumetrico, rese omaggio alla tradizione
rinascimentale europea.
www.comunicareorganizzando.it
NERONE
Roma, Colosseo
Fino al 18 settembre 2011
Nero Claudius Drudus Germanicus, più noto come Nerone, è il protagonista
della mostra allestita tra il Colosseo, la Curia Iulia, il Criptoportico Neroniano e il
Tempio di Romolo. Passato alla storia come colui che incendiò Roma, che uccise
la madre Agrippina e il fratellastro Britannico, Nerone fu amante delle arti, della
musica, della poesia e del teatro, autore di importanti riforme tributarie, finanziarie
e sostenitore della realizzazione del canale di Corinto e del rinnovamento del
Porto di Ostia. La mostra, il cui obiettivo è quello di riuscire a dare un’immagine
completa dell’imperatore, unisce aspetti spettacolari, didattici e scientifici. Grazie
a modellini, plastici e immagini virtuali lo spettatore rivive l’incendio del 64 d.C.
e la rinascita della città che ne seguì, testimoniata dai materiali recuperati durante
circa un trentennio di scavi nell’area del Palatino e del Colosseo.
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Insider
Mostre
GIACOMETTI
L’anima Del Novecento
Gallarate, Museo Maga
5 marzo - 5 giugno 2011
Sculture, dipinti e disegni di Alberto Giacometti, uno degli
artisti più influenti dell’arte del Novecento è ospitata al Maga
di Gallarate, il museo d’arte moderna inaugurato lo scorso
anno, con opere scelte che coprono l’intero percorso della
ricerca artistica di Giacometti.
La mostra, curata da Michael Peppiatt, uno dei massimi
esperti dell’opera di Giacometti (autore, tra l’altro, del libro
‘Giacometti’s Studio’ che documenta la ricognizione da lui
compiuta nell’archivio, prima inesplorato, di uno dei rami
della famiglia, ricognizione che è alla base di questa preziosa
rassegna) è organizzata e prodotta dalla Fondazione Galleria
d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella, presieduta
da Angelo Crespi e diretta da Emma Zanella e curata negli
allestimenti da Maurizio Sabatini.
Un’ampia sezione documentaristica e fotografica racconta il
percorso dell’artista facendo rivivere questa forte personalità
artistica ma ricca di contraddizioni.
www.museomaga.it
Giacometti Mere et fille
MOSTRE
di Alessa
n
LE FABBRICHE DEI SOGNI
Uomini, idee imprese
e paradossi delle fabbriche
del design italiano
Milano, Triennale Design Museum,
5 aprile 2011 - 26 febbraio 2012
In occasione del cinquantesimo anniversario del Salone
del Mobile, Triennale Design Museum dedica la sua quarta
edizioni agli uomini e alle aziende che con la loro attività
hanno contribuito a creare il ‘sistema’ del design italiano.
Attraverso una carrellata di oggetti iconici, si sviluppa un
racconto che vuole, da una parte, illustrare la peculiare attività
e la natura profonda delle ‘fabbriche del design italiano’ e
dall’altra la grande capacità e abilità di questi ‘laboratori
di ricerca’ tali da attrarre anche i designer stranieri, che
scelgono di lavorare in Italia riconoscendone l’eccellenza
nella produzione.
Il progetto di allestimento di Martí Guixé è concepito come
una delle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie: gli
oggetti entrano in dialogo con i progettisti e le storie dei
grandi uomini di impresa si intrecciano con le loro biografie
personali in un’atmosfera giocosa e ricca di emozioni
e suggestioni. Un’occasione straordinaria per scoprire
attraverso nuovi punti di vista alcuni fra i più celebri oggetti
del design italiano
www.triennaledesignmuseum.it
dra Vitto
DICIAMOLO
CON I FIORI…
EUROFLORA 2011
ria Fanell
i
Hayez Famiglia Borri
FRANCESCO HAYEZ
Milano, Pinacoteca di Brera
12 aprile - 25 settembre 2011
Nell’ambito delle iniziative dedicate alle celebrazioni per
l’Unità, la Pinacoteca di Brera con Skira editore dedica una
mostra a Francesco Hayez e al contesto artistico e culturale
di Milano nei decenni cruciali per la storia dell’Italia.
Milano non è stata, come Torino, Firenze e Roma, capitale
dell’Italia, unificata nel 1861, di cui ricorre quest’anno il
centocinquantenario. Ma quella che venne considerata la
“capitale morale” ha avuto un ruolo, superiore a qualsiasi
altra città italiana, decisivo per l’unità culturale del nostro
paese. Milano è stata nell’Ottocento il più importante centro
per l’editoria, per la produzione artistica, il mercato dell’arte
e il collezionismo, per l’attività musicale in riferimento
soprattutto al melodramma destinato ad una ininterrotta
fortuna internazionale.
Tre protagonisti, appartenuti a tre generazioni diverse,
Alessandro Manzoni (1785-1873), Francesco Hayez (17911882) e Giuseppe Verdi (1813-1901), hanno rappresentato
il primato milanese nell’ambito letterario, della pittura e
della musica, fornendo rispettivamente con la tragedia
(Carmagnola e Adelchi) e il romanzo moderni (I Promessi
Sposi), la grande pittura storica e il ritratto, il melodramma, i
modelli in cui la nuova nazione potesse riconoscersi, qui ben
espressa attraverso una serie di capolavori di Hayez, nella
mostra a lui dedicata.
www.brera.beniculturali.it
Fiera di Genova
Dal 21 aprile al 1° maggio
di Laura Pagnini
A Genova torna in Fiera Euroflora, la manifestazione
internazionale quinquennale riconosciuta dall’AIPH Association Internationale des Producteurs Horticoles e
aderente ad AIF, Association of International Floralies.
Giunta alla sua X edizione, Euroflora è divenuta un evento
spettacolare, il più visto in Europa nel settore. Piante
e fiori arrivano da tutto il mondo, accompagnati dallo
straordinario impegno degli espositori ai quali sono riservati
numerosi concorsi tecnici ed estetici, giudicati da esperti
internazionali.
La grande competizione tra florovivaisti, motore di Euroflora,
esalta e promuove l’orgoglio di appartenere a una categoria
di operatori economici che dalla passione per il bello,
dall’amore per i fiori e le piante, dall’abilità creativa e tecnica
ha creato una meravigliosa professione.
Gli espositori di Euroflora sono innanzitutto i produttori,
floricoltori e florovivaisti che partecipano a titolo individuale
o riuniti in associazioni sotto l’egida delle Camere di
commercio, delle Province e delle Regioni. Ma sono anche
i Comuni, presenti con aiuole istituzionali e i Paesi esteri, la
cui partecipazione dà lustro alla rassegna, ponendo in risalto
il confronto fra le diverse produzioni nazionali
Questa edizione, in particolare, fornirà lo spunto per discutere
sulla biodiversità, il rispetto dell’ambiente, la capacità dell’uomo
di mantenere quotidianamente un rapporto equilibrato con la
natura e sulla pacifica convivenza tra gli uomini, nel rispetto
per le diversità dei popoli e delle culture ◆
GALLERIA RUSSO:
una dinastia per l’arte
1897
di Laura Perilli
1897
, un anno importante
per la cultura della
città di Roma: apre
in via del Babuino, per volere di Pasquale Addeo, una galleria
antiquaria che sviluppata in seguito dal genero Franco Russo,
si occuperà anche di arte moderna e contemporanea,
giungendo alla quarta generazione. Il testimone è stato
raccolto, nel 1984, da Fabrizio Russo, di cui Pasquale Addeo
era bisnonno. Se l’attenzione di Franco Russo era rivolta
principalmente ai dipinti antichi e dell’Ottocento, i suoi
fratelli, Ettore ed Antonio, pur coadiuvandolo, aprirono in
Piazza di Spagna la sede della Barcaccia, divenuta famosa
per la capacità di tessere rapporti privilegiati con i maggiori
artisti dell’arte italiana e internazionale: tra i tanti emerge
Giorgio De Chirico. Nel frattempo, Franco Russo e il figlio
Salvatore, pur continuando a occuparsi di artisti del calibro
di Tiziano, Caravaggio, Bellini, volgono l’attenzione agli
allora emergenti Carrà, Morandi e Sironi. Proprio Salvatore
aprirà la famosa sede dello Scalino in via Capo Le Case.
Siamo ormai a quel citato 1984 in cui l’allora ventenne figlio
di Salvatore, Fabrizio Russo, avvia ed amplia, in via d’Alibert,
uno spazio espositivo che, nel panorama delle gallerie e del
collezionismo italiano e internazionale, è un sicuro punto
di riferimento, oggi dotato di un appendice, altrettanto
prestigiosa, a Milano in zona Brera.
L’imprinting non è certo più quello delle vecchie gallerie o
botteghe antiquarie. La ventata giovanile è palpabile nell’aria,
negli arredi, nei particolari che sottolineano una nuova
organizzazione di taglio spiccatamente imprenditoriale.
Il concetto della vecchia bottega d’arte è ormai del tutto
superato, quasi annullato dall’innesto, nella vita di galleria,
di nuove tecnologie e di nuovi modi di tessere rapporti.
Fabrizio Russo fa comunque intendere che un legame storico
con la bottega deve pur rimanere, un legame umano basato
sulla capacità del gallerista di dialogare con collezionisti
e appassionati d’arte, pur nell’ambito di una quotidianità’
vorticosa, al fine di continuare a cogliere gli umori vivi
e più reconditi del mondo dell’arte. La visione dell’arte
attuale di Russo è lontana dalle facili mode, forse per questo
filamento umano che lo lega anche al rispetto del passato. In
una intervista concessa ad ‘Arte In’ afferma: “la mia visione
dell’arte attuale è abbastanza disincantata. È in voga il
sensazionalismo, tuttavia la moda passa. Non concordo con
chi sostiene che la pittura sia finita.”
La sua attenzione è per quegli artisti contemporanei che
edificano per gradi, con professionalità, con distacco dai
giochi economici, il loro percorso. È il coraggio del gallerista
che sa investire su giovani di talento e che contribuisce così
a costruire quella storia dell’arte vera e non fondata sulla
variabilità dei risultati d’asta. L’arte, per Fabrizio Russo,
non può essere relegata a fenomeno borsistico o a puro
marketing. Le scelte devono essere sostenute dalla passione
e dall’analisi culturale e non dal parametro economico; le
soddisfazioni saranno allora immediate e aumenteranno nel
tempo, offrendo anche un sicuro riscontro economico. C’è il
rifiuto evidente di considerare il parametro economico come
elemento di giudizio del valore estetico di un’opera; non a
caso egli considera tale atteggiamento, oggi particolarmente
diffuso, “estremamente fuorviante”. A tutto ciò affianca la
viva preoccupazione circa la durabilità dell’opera d’arte e
al riguardo afferma: “È una questione etica: personalmente
ritengo sia necessario e importante garantire la longevità
dell’opera. Il motivo per cui la mia azienda non propone arte
fotografica è dovuto alla impossibilità di assicurare nel tempo
il mantenimento dei rapporti cromatici: un dipinto antico
di secoli, infatti, si restaura e si recupera facilmente. Sarei
curioso di capire come si potrebbe fare per la fotografia.”
Tutto ciò, in un mondo dove quotidianamente emergono
degli improvvisati, è rassicurante per la sua visione altamente
professionale.
Si può ritenere, senza tema di essere smentiti, che c’è in
Fabrizio Russo la capacità di trovare quell’equilibrio dinamico
che diviene punto armonico di conciliazione tra tradizione e
sfide future ◆
Insider
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Insider
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Mostra a Venezia
Le Briccole
di Venezia
L
di Aura Gnerucci
L
e “briccole”, pali in legno di rovere lunghi
almeno 10 metri, caratterizzano il paesaggio
lagunare veneziano, servendo sia come traccia
per la navigazione, sia per l’attracco delle gondole. Dopo
essere state piantate sul fondo della laguna, hanno una vita
media che può variare tra i 5 ed i 10 anni; una volta corrose
nel tratto in corrispondenza dell’escursione delle maree,
dove trovano il loro habitat naturale microrganismi, flora e
fauna marina, vengono sostituite.
La RIVA 1920 con il progetto “Briccole Venezia” dimostra
il proprio impegno nel campo della sostenibilità, portando
avanti la sfida consistente nel coniugare la propria vocazione
ad utilizzare elementi naturali ed ecologici, con la ricerca
formale ai massimi livelli. Coltivando il concetto di materiale
di riuso, i fratelli Riva scelgono di prolungare la vita delle
“briccole”, rendendole materia prima da plasmare per
produrre elementi di design dalle alte qualità estetiche e
funzionali.
I risultati formali di questa ricerca sono stati presentati in
una serie di mostre, l’ultima delle quali, “Tra le Briccole
di Venezia”, tenutasi al MAKK di Colonia, si è conclusa lo
scorso 13 Marzo.
Stendardo Enzo Mari
Mostre
Briccolone, libreria - Michele De Lucchi
Insider
L’unicità di questo progetto, non risiede solo nella scelta del
materiale di riuso, ricco di storia e di rimandi alla città di
Venezia, ma anche nei 29 grandi nomi del design, dell’arte e
della moda chiamati a confrontarsi con questo affascinante
tema: Antonio Citterio (separé), Terry Dwan (consolle),
Michele De Lucchi (libreria), Mario Botta (tavolino), Matteo
Thun (tavolo), Pininfarina (modellino di Cisitalia 202,
autovettura d’epoca), Luca Scacchetti (tavolo), Helidon
Xhixha (tavolo), Aldo Cibic (tavolo), Enzo Mari (scultura),
Erasmo Figini (lampada), Paola Navone (installazione), Karim
Rashid (divanetto), David Chipperfield (libreria), Pierluigi
Cerri (tavolo), Marc Sadler (totem), Franco e Matteo Origoni
(sgabello), Riccardo Arbizzoni (panca), Elio Fiorucci (pala
con gambe di donna), Luisa Castiglioni (mensola), Missoni
(amaca), Davide e Maurizio Riva (sgabello), Claudio Bellini
(consolle), Thomas Herzog (tavolo), Aldo Spinelli (tavolo),
Carlo Colombo (tavolo), Philippe Starck (installazione), Paolo
Piva (consolle), Pinuccio Sciola (totem - scultura).
I risultati scaturiti da questa ricerca formale, esplorano le
diverse modalità di confronto con le “briccole”, riuscendo ad
interpretarle ogni volta in modo estremamente personale.
La libreria “Il Briccolone” di Michele De Lucchi, che ha
la forma di una grande “briccola”, valorizza la parte più
interessante e ricca di storia delle “briccole”, quella esterna
corrosa dal tempo, dall’acqua, dal sale e dai vari molluschi.
Enzo Mari si chiede quale sia il giusto modo di comportarsi
con la parte più rovinata delle briccole, che allo stesso tempo è
la più significativa. In ultima analisi sceglie di confrontarsi con il
tema realizzando un’opera concettuale, una scultura costituita
da una “briccola” non ripulita dalla quale fuoriescono tre tavole
di quercia semilavorate in attesa di essere utilizzate, ponendo
l’attenzione sulle possibilità di riuso di questo materiale.
Mostra a Milano
Claudio Bellini, nella sua istallazione “Venice”, ripropone il
paesaggio lagunare veneziano attraverso una lastra d’acciaio
specchiato, metafora del mare, sulla quale si riflettono, in una
ritmica composizione, alcune “briccole”.
Lo sgabello “Bricola di Venezia”, di Maurizio e Davide
Riva, ricavato dalla forma originale del palo in legno della
“briccola”, costituisce l’elemento “base” della Collezione
“Briccole di Venezia” ed è ricavato dalla forma originale del
palo della “briccola”, lasciando la superficie verticale così
come il mare l’ha modellata, mentre l’estremità superiore
e quella inferiore vengono levigate. Ogni prodotto viene
infine timbrato “a fuoco” con la scritta in dialetto veneziano
“Bricola Venezia” ◆
Bricola di Venezia - Maurizio e Davide Riva
Venice - Claudio Bellini
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MUSEO DEL NOVECENTO
Nuovo spazio espositivo
nel cuore di Milano
di Alessandra Vittoria Fanelli
N
ph Gianni Congiu
N
ato dalla trasformazione del Palazzo
dell’Arengario, storico edificio costruito
negli anni Cinquanta su progetto degli
architetti Portaluppi, Muzio, Magistretti e Griffini e decorato
in facciata con i bassorilievi di Arturo Martini, il Museo del
Novecento è ora un museo dedicato all’arte del XX secolo.
Situato in piazza del Duomo, cuore pulsante del capoluogo
lombardo, dominato dall’imponente Duomo, monumentosimbolo della città, il Museo del Novecento, inaugurato lo
scorso dicembre, dopo un intervento di riqualificazione ad
opera degli architetti Italo Rota e Fabio Fornasari, a pochi
mesi dalla sua apertura, è ora un punto di riferimento per i
milanesi e turisti e ha rafforzato l’identità culturale, a livello
internazionale, della città di Milano.
Un luogo, parola dell’architetto Italo Rota, che diventa un
brano della città che incanta, seduce e ammalia e dove,
finalmente l’Arte Contemporanea ha trovato la sua giusta
collocazione: una custodia di opere che raccontano la storia
del Novecento, il cosiddetto ‘Secolo breve’.
Il Museo del Novecento che si estende su una superficie
di 8.200 metri quadrati di cui 4mila dedicati allo spazio
espositivo, prevedeva una modifica, la riorganizzazione e
il restauro del Palazzo dell’Arengario in perfetta armonia
con le opere, modellando gli spazi in funzione del grande
patrimonio della città.
Mentre la facciata esterna del Palazzo dell’Arengario è
rimasta inalterata, la riorganizzazione dello spazio interno
è rilevata da una importante rampa elicoidale realizzata al
centro del palazzo: una rampa a spirale che non è solo un
elemento funzionale che collega i diversi piani della torre, dal
livello della metropolitana alla mirabile terrazza sul Duomo,
ma anche un elemento artistico che ha reso l’Arengario
universalmente riconoscibile.
Sala Fontana - ph Paolo Rosselli
ph Gianni Congiu
Insider
Musei
Insider
Musei
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Pellizza da Volpedo - Il quarto stato 1898-1901 olio su tela cm 560x283
Al suo interno è stata installata una delle opere più
rappresentative del Novecento: il Quarto Stato, celebre
quadro realizzato dal pittore Giuseppe Pellizza di Volpedo,
inizialmente intitolato ‘Il Cammino dei Lavoratori’, opera
simbolo del XX secolo che rappresenta una scena di vita
sociale e lo sciopero dei lavoratori.
Il percorso artistico, che si sviluppa in chiave cronologica,
attraversa tutte le avanguardie del secolo scorso e si articola
su tre livelli allungandosi fino al Palazzo Reale.
Prima della grande sala dedicata al Futurismo, si entra in
un’ampia sezione dedicata alla Avanguardie Internazionali
della collezione Jucker, tra cui figura la bellissima ‘Femme
nue’ di Picasso dipinta nel 1907. Si prosegue nelle sezioni
dedicate al Futurismo, il movimento artistico -letterario che
ebbe inizio proprio nel capoluogo lombardo che si apre
sulla Sala delle Colonne dove, con criterio monografico, è
ospitata la collezione, unica al mondo, di Umberto Boccioni
che comprende il manifesto pittorico ‘Elasticità’ realizzato
nel 1912 . La mostra sul Futurismo prosegue con opere di
Giacomo Balla, Carlo Carrà, Gino Severini, Ardengo Soffici,
Fausto Melotti, Mario Sironi e Fortunato Depero, un vero
futurista oltre il futuro.
Dopo essersi immersi nel Novecento italiano con le sale
monografiche dedicate a Giorgio Morandi, Arturo Martini,
Fausto Melotti, Luciano Fontana, Piero Manzoni e Marino
Marini, si arriva alla Torre dell’Arengario, con vista mozzafiato
sul Duomo e sulla piazza omonima, dedicata a Lucio Fontana
con la grande installazione ‘Neon’ del 1951 che sovrasta,
illuminandola, tutta la sala.
Alle opere dei grandi maestri italiani degli anni Cinquanta,
tra cui spicca il quadro ‘Rosso e Nero’ di Alberto Burri (1953)
è stata dedicata una sala del terzo piano. Infine un’ultima
sezione di 1.200 metri quadri, situata al secondo piano
del Palazzo Reale e collegata all’Arengario attraverso una
passerella, è dedicata agli anni Sessanta, all’arte cinetica, al
realismo esistenziale, alla pittura analitica e, per concludere,
Passerella esterna - ph Gianni Congiu
all’arte povera dedicata, tra gli altri, ad Alighiero Boetti,
Michelangelo Pistoletto e a Jannis Kounellis.
A lato è stata collocata la collezione dello scultore Marino
Marini, trasferita dalla Galleria d’Arte Moderna di Villa
Reale all’Arengario, in coerenza con il patrimonio artistico
novecentesco valorizzato nel Museo del Novecento.
Destinato a diventare luogo e punto d’incontro per i
milanesi e i turisti al Museo del Novecento non poteva
mancare il Bookshop e il ristorante gestito dal noto chef
Giacomo Bulleri, già proprietario a Milano dello storico
locale Da Giacomo.
Il Bookshop, uno spazio progettato da Michele De Lucchi,
si estende su una superficie totale di 170 metri quadrati
Una sala espositiva - ph Gianni Congiu
Una sala espositiva - ph Gianni Congiu
delimitato da grandi e luminose vetrate ed è distribuito su due
piani collegati da una scala a forma elicoidale con ingresso
indipendente dalla piazza.
Il ristorante invece porta la firma di Laura Sartori e Roberto
Peregalli e rimane aperto fino a tarda sera, così come il
Bookshop. Fiore all’occhiello del museo il ristorante, che
si estende su una superficie di oltre 220 metri quadrati,
realizzato in metallo dorato, marmo e legno lucidato che
gode di una vista mozzafiato proiettandosi sulla piazza e
sulla Galleria antistante.
E ora anche Milano, con questo muovo museo ‘della città
per la città’, entra di diritto tra le capitali internazionali della
cultura contemporanea ◆
Insider
Design
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Sessantuna tavolo Italia 2011 no. 36
Made for Italy
I 150 dell’Unità d’Italia
celebrati all’insegna del design tricolore
I
design
di Valentina Falcinelli
I
l 17 marzo si sono festeggiati i 150 anni
dell’Unità d’Italia e in tutto il Paese si è
celebrato questo evento all’insegna del colore.
Anzi, del tricolore. Come potevano i designer italiani non
mostrare il loro attaccamento alla nazione in un’occasione
così particolare? Proprio per questo, da nord a sud, alcuni
creativi hanno omaggiato la madre patria con i loro splendidi
progetti. Alcuni più ambiziosi, altri più commerciali: tutti
comunque rigorosamente made for Italy.
Aggiungi
“Sessantuna” posti a tavola
61 tavoli, in onore dell’anno dell’Unità, il 1861. 61 opere
unitarie che si vanno a combinare fino a formare un’Italia
di 25 per 20 metri. Tutti i tavoli che compongo la collezione
Sessantuna, idea partorita e realizzata da Gaetano Pesce per
il brand Cassina, sono numerati nell’ordine storico in cui i
singoli territori entrano a far parte del nuovo Stato e composti
con resine colate nei tre colori della bandiera italiana. A
giugno 2011 si terrà a Londra, nella Casa d’Aste Phillips de
Pury, un’asta per l’assegnazione di un’edizione speciale di
5 tavoli. Tutti gli altri, personalizzabili con una frase scelta
dall’acquirente e serigrafata dal maestro Pesce, potranno
essere acquistati, direttamente o con offerte (aperte fino al 2
giugno 2011), presso i punti vendita Cassina o sul sito www.
sessantuna.cassina.com.
Baboll 150,
per festeggiare comodi comodi
In occasione di questa importante ricorrenza, Altamoda
Italia cambia look alla sua poltrona di punta, tingendo il suo
morbido velluto di rivestimento nei colori della bandiera. La
seduta in legno di Baboll 150 è imbottita con schiuma di
gomma; le gambe laccate sono disponibili in tante varianti
cromatiche, personalizzabili come il tessuto.
Sito: www.altamodaitalia.it
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Insider
Design
Flap: futuristica seduta tricolore
Il tricolore che fa moda... al collo
Il brand Eties, per celebrare il 150° dell’Unità d’Italia, ha
lanciato la sua cravatta tricolore. Dedicata a tutti colori che
vogliono rendere pubblico il loro attaccamento all’Italia,
questo elegante accessorio maschile rappresenta un vero
e proprio simbolo d’amore per il Bel Paese. La cravatta
tricolore di Eties è in vendita in esclusiva nella web boutique
www.eties.it
Sinuosa nelle forme, con piano imbottito e parti reclinabili
secondo sei differenti angolature, Flap è un progetto firmato
Francesco Binfarè per Edra. La struttura è in tubolare di
metallo; il basamento in metallo spazzolato e cromato mentre
l’imbottitura è realizzata a mano, con oltre 180 pezzi diversi
di poliuretano elastico e traspirante. In versione tricolore,
Flap è il perfetto complemento d’arredo per loft... patriottici.
Sito: www.edra.com
design
Insider
Amare l’Italia è... Easy!
... e sul polso
Il giovane brand CaCo Design propone un’idea davvero
originale: il bracciale Stiamo uniti. Questo piccolo gioiello
di bigiotteria artigianale si compone di tre figure di bambini
realizzate in plexiglass colorato. Stiamo uniti è acquistabile
online, all’indirizzo www.cacodesignshop.com.
Sound Tricolore, una musica…
per gli occhi
Icona di stile e comfort, Sound Tricolore è la poltrona con
sistema audio integrato lanciata dal brand Natuzzi in onore
dell’Italia. Oltre a essere comodissima, con il suo cuscinetto
poggiatesta tricolore, questa particolare seduta permette
di collegare il lettore mp3 al cavo minijack e ascoltare
in stereofonia la propria musica preferita. Magari, per
l’occasione, l’Inno di Mameli. Sound Tricolore è disponibile
solo su richiesta presso i punti vendita Divani & Divani By
Natuzzi. www.divaniedivani.it
L’amore si sa, scalda il cuore. E l’amore per il proprio paese
non è certo da meno. Proprio per questo motivo il Gruppo
Piazzetta, azienda trevigiana specializzata nella produzione
di stufe e caminetti, ha presentato il Caminetto Easy
Anniversary. Caratterizzato dalla particolare cornice tricolore
in maioliche fatte a mano, disponibili in tantissime varianti
cromatiche, Easy è presente in due versioni: con monoblocco
a gas o con interno legna ◆
Sito: www.piazzetta.it
Insider
Design
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I SALONI DI MILANO,
50 YEARS YOUNG.
di Alessandra Vittoria Fanelli
Tavolo Venticinque - Desalto
Letto Rosamunda - Ego, design by Leonardo Dainelli
C
C
Letto Argan - Flou
Letto Mats - Orizzonti, design Ilaria Marelli
on questo claim il Salone Internazionale
del Mobile festeggia la sua 50esima
edizione e presenta nei padiglioni di Fiera
Milano-Rho, da martedì 12 a domenica 17 aprile, insieme
al SaloneSatellite e ai saloni biennali del Complemento
d’Arredo, Euroluce e SaloneUfficio, le tendenze e le novità
dell’arredo domestico, dei sistemi di illuminazione e degli
arredamenti per ufficio, tra tradizione e innovazione nel
nome della qualità.
Un traguardo importante che sottolinea l’impegno di questi
50 anni ‘portati bene’ grazie al progetto di un gruppo di
imprenditori che nel 1961 hanno dato vita al primo Salone
del Mobile diventato ora tout court ‘iSaloni’ che a livello
internazionale è il portavoce del design Made in Italy.
Entrare nei padiglioni della grande fiera di Milano-Rho
progettata da Massimiliano Fuksas è come entrare nella ‘casa
delle meraviglie’ per le diverse e affascinanti proposte che
gli espositori (siamo nell’ordine di circa 2.500) presentano su
questo palcoscenico.
Il percorso tra i padiglioni inizia nell’area destinata a vivere la
casa, un luogo dove accogliere gli amici ma anche rilassarsi e
prendersi cura di sé su un comodo divano o su un letto ‘king
size’ come quelli proposti, ad esempio da Flou, indiscusso
Libreria Randomito - MDF
leader del settore, che presenta il letto matrimoniale Argan
realizzato a doghe regolabili con base e testata totalmente
sfoderabile; da Ego con Rosamunda disegnata da Leonardo
Dainelli la testata imbottita simula un sovrapporsi di petali di
rosa mentre la leggera e impalpabile testata del nuovo letto
Mariposa di Adele-C ci porta oltre la dimensione metafisica
dei sogni. E sempre, per continuare a sognare, ecco Mats
il matrimoniale disegnato da Ilaria Marelli per Orizzonti
dove i due elementi trapuntati alla francese fungono da base
d’appoggio e da tastiera.
Relax anche con l’accogliente divano Magnum Large proposto
da Flexform nella nuova versione con profondità di 111cm,
con imbottitura in poliuretano rivestito in tessuto protettivo
dove sprofondarsi e coccolarsi.
Per organizzare lo spazio living ecco l’icona delle librerie:
la libreria-scultura Randomito di Mdf Italia by Neuland
Industriedesign realizzata in pannelli modulari in fibra di
vetro che accostati parallelamente creano sulla parete un
piacevole segno grafico. Anche la libreria Spazio di Pianca
è un programma libero, modulare, giocato con eleganza per
vivere con creatività lo spazio quotidiano.
Ancora il piacere di vivere la casa si ottiene con l’elegante
tavolo Venticinque di assoluta essenzialità disegnato
Slamp Faretto Doppio - Nigel Coates
e brevettato da Bruno Fattorini e Partners per Desalto,
realizzato in solid surface di colore bianco dal sottilissimo
spessore del piano e della gamba di 25 mm. Un tavolo di
classe che ben si inserisce nella collezione sobria e raffinata
di Desalto.
A Euroluce, il Salone Internazionale dell’Illuminazione,
ritorna un nuovo mondo di luce per illuminare la casa,
l’ufficio, il contract e l’outdoor con proposte di altissima
qualità. Sorgenti luminose e sistemi di controllo di ultima
generazioni, oltre che lampade decorative, sono raggruppate
in 4 padiglioni mono - planari espressamente dedicati.
Da Leucos, ad esempio, troviamo, tra i suoi nuovi prodotti
dal design unico e inconfondibile Aporia, una lampada che
veste la luce di forme impalpabili dove le trasparenze di
vetro e cristallo diventano l’anima dell’abito stesso. Lolli e
Memmoli invece rivestono la lampada a sospensione Aires
disegnata con una innovativa trama di cristalli che forma una
rete cilindrica elastica e sinuosa intrappolando e diffondendo
una morbida luce d’ambiente. Anche Slamp, giovane e
dinamica azienda romana che ha come slogan ‘the leading
light’ presenta Faretto, una lampada da scrivania disegnata
da Nigel Coates che diffonde la luce in un mix perfetto di
funzione ed emozione.
design
Insider
Design
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Buzzi & Buzzi Nimbus
Gallotti Radice Air desk Console
design
Flexform divano Magnum large componibile
Provasi - Sagi binomio perfetto
Newform direzionale Tower
Controllo totale dell’emissione luminosa si raggiunge invece
con il sistema Nimbus di Buzzi & Buzzi, altamente versatile,
ideale per quegli ambienti dove si vuole ottenere un effetto
di luce schermato.
Per pensare, progettare e arredare gli spazi di lavoro
ritorna, dopo tre anni di assenza, il SaloneUfficio che in
binomio con Euroluce completa l’offerta sinergica di questi
due comparti. Vetrina incontrastata della produzione
dell’eccellenza, al SaloneUfficio si possono ammirare,
tra l’altro due proposte particolarmente interessanti:
la Air Desk Console di Gallotti & Radice, disegnata da
Pinuccio Borgonovo, realizzata in cristallo trasparente
temperato abbinata a Air Desk Wheel, un piccolo mobile
contenitore di complemento rivestito in cristallo retro
verniciato montato su pratiche ruote. Da Newform invece
protagoniste sono l’ergonomia, il design e la schematica
Leucos Aporia lampada a sospensione
razionalità di Tower, un sistema pensato per aumentare
l’efficacia dei gesti e quindi l’efficienza del lavoro.
Anche Danese con Ambiente Umido di Pierlugi Nicolini, una
vaschetta che ricrea diverse declinazioni di microambienti da
liquido a secco ha pensato ad un nuovo modo di prendersi
cura di sé davanti al computer.
In fiera Milano-Rho iSaloni ’50 years young’ offrono quindi
agli operatori uno spaccato sull’industria, sulla creatività e
sulla cultura del design mentre in città alcuni luoghi simbolo
come la Triennale, il Duomo si aprono al cittadino comune e
al turista con diversi eventi tra cui segnaliamo ‘Cuore Bosco’
un virtuale bosco che anima la zona tra piazza della Scala e
piazza Santo Stefano con alberi avvolti nella nebbia padana
sottolineati dal cinguettio dei cardellini e che, proprio grazie
alla tecnologia, ci permette di riascoltare i fruscii e i canti
gioiosi della natura come i tempi passati ◆
Provasi
Sorta a Cabiate nel 1970 Provasi, che espone al Salone del
Mobile, è oggi universalmente riconosciuta come uno dei
marchi storici dell’arredamento di lusso italiano.
Sinonimo di qualità i mobili, gli imbottiti, i complementi e
gli accessori, praticamente tutto quanto rientra nel concetto
di lifestyle, è per Provasi una sfida in termini qualitativi che
si esprime a 360° dopo la nascita di “Home Collection”,
l’esclusiva linea di accessori e complementi per la tavola
e la camera da letto, realizzata con materiali preziosi in
grado di valorizzare tutti gli ambienti della casa.
Già presente sui mercati esteri quali Russia, Paesi Arabi e
l’intero Oriente, Provasi, con l’obiettivo di valorizzare le
tendenze attuali, ha inaugurato il suo primo flagshipstore
italiano a Maglie, incantevole cittadina barocca del Salento
in provincia di Lecce, in concerto con Sagi Design, altra
eccellenza di pregio dell’arredamento classico italiano.
E la sofistica cornice dello showroom Sagi situato in
posizione strategica a Maglie è certamente il contesto
ideale per promuovere l’eccellenza di Provasi in tutta
l’area pugliese.
www.provasi.com - www.sagi-design.it
Provasi
B&B Italia Charles outdoor by Antonio Citterio
Meritalia Matrix by Karim Rashid
MILANO DESIGN WEEK,
UN VIAGGIO
TRA L’UTILE E IL DILETTEVOLE
I
di Vittoria Di Venosa
I
Manzoni 30) che invita tutti ad ‘Un ballo in maschera’ per
l FuoriSalone, evento parallelo e altrettanto
indovinare, dietro la maschera, i suoi nuovi e affascinanti
significativo al Salone Internazionale del
prodotti.
Mobile in corso nel quartiere espositivo di
Sul lato opposto troviamo Armani (sì, proprio il grande
Rho-Pero (11/17 aprile), sta coinvolgendo praticamente tutta
George) che firma la linea Checkers per Dada, divisione
la città di Milano che in questi giorni è la capitale mondiale
cucine di Molteni & C., che in perfetta armonia con il suo
del design.
lavoro di stilista, ha concepito un progetto basato su un
Districarsi tra i vari eventi disseminate negli angoli più
linguaggio semplice, sobrio e lineare.
disparati della città diventa un’operazione algebrica: bisogna
Moda e design anche in via Durini dove si trovano i grandi
organizzarsi a seconda degli interessi prevalenti nel campo
produttori del Made in Italy: Cassina,
del design, della moda, del food, dell’arte
B&B Italia, Poltrona Frau, Gervasoni e
ma soprattutto bisogna esserci.
altri ancora in un tripudio di proposte
E allora iniziamo dall’evento-clou che
eleganti che hanno contribuito alla
apre la Settimana Milanese del Design.
diffusione del design italiano nel
Si tratta di Interni Mutant Architecture
mondo. Ecco ad esempio il divano
& Design, curato dalla rivista Interni
sfoderabile Matrix prodotto da Meritalia
che ‘occupa’ tutti i cortili dell’Università
firmato dall’eclettico designer Karim
Statale di Milano. Il tema scelto di
Rashid che nella texture ricorda le sue
quest’anno è quello della sostenibilità
origini egiziane e la vibrante vetrinadivenuta ormai un obbligo per ogni
gioiello di Barovier & Toso che presenta
dimensione progettuale. In quest’ambito
un prezioso allestimento con lampadari
sono stati invitati progettisti e aziende
declinati nelle diverse sfumature
tra le più importanti con soluzioni che
dell’oro.
coinvolgono l’intero mondo che ci
Dal quadrilatero si entra nel vivo del
circonda: la casa, la città, il paesaggio
quartiere Brera dove la fanno da padroni
e il territorio. Tra questi le interessanti
gli showroom di Boffi che dalle sue
‘isole’ interpretate dal giovane designer
ampie vetrate/vetrine propone bagni e
Lorenzo Palmeri e dalle due archistar
cucine che ‘vivono la casa’ come fosse
giapponesi Setsu & Shinobu Ito.
un living senza soluzione di continuità
Lasciata la Statale, si prosegue per il
come la sala da bagno Swan C firmata
quadrilatero della moda (ora declinato
da Piero Lissoni, mentre da Moroso, che
al design) dove troviamo Driade (via
Sicis mosaico by Christian Lacroix
Boffi vasca Swin C by Piero Lissoni
dal 1952 progetta divani, poltrone e complementi d’arredo
divenuti icone del design, presenta la collezione Button
Down firmata dal designer Edward Van Vliet rivestita con
tessuti dai motivi eleganti per creare opportunità infinite.
Proseguendo per via Fatebenefratelli ecco lo sfaccettato
showroom di Sicis, leggenda dell’arte del mosaico che ha
iniziato una nuova collaborazione con un altro acclamato
genio della moda: Christian Lacroix, artista dall’estro unico e
originale che firma una collezione di interior design irriverente
e magica allo stesso tempo.
Dopo Brera si passa all’altra zona alternativa chiamata
Tortona District dove un altro fuori salone domina le giornate
del design milanese. Si tratta della terza edizione di Home
& Spa Design, uno degli appuntamenti più attesi della
Armani Dada cucina Checkers
settimana: una mostra/contenitore di tendenze legate alla
casa, al bagno, all’outdoor e al benessere in corso presso
la prestigiosa location di Superstudio 13 (in via Forcella 13)
dove autorevoli firme dell’architettura e del design hanno
interpretato 12 installazioni/progetto di Indoor & Outdoor
design come Aaetherea Private Spa, una piccola spa-suite
per coppia, progettata dallo studio Bizzarro & Partners, che
invita a perdersi nell’abbraccio dei sensi.
Altro concept creativo globale è Trees of Life pensato da
Maurizio Favetta, architetto internazionale che con il suo
studio Kingsize opera prevalentemente negli Emirati (Dubai/
Doha/Abu Dhabi), dove nei suoi spazi di via Tortona 26
racconta il valore dei materiali, l’amore della natura e le
emozioni che sono alla radice del design.
design
Aaetherea Private Spa by Studio Bizzarro
Trees of Life Lounge by Maurizio Favetta
Panchina Bamboo bench by Gal Ben Aral
Un percorso che racconta, insieme al suo segno creativo,
gli allestimenti site specific realizzati con l’intervento di
alcune importanti aziende del settore dell’arredamento,
dell’illuminazione, dei rivestimenti quali Lafano, Mosaico
Digitale e Tabu.
Infine, ancora molta creatività da due artisti-designer
internazionali: Pausa Musicale realizzata da Behnam Ali
Farahzad, un’originale panchina in ferro battuto per sedersi,
riflettere, leggere e ascoltare suoni e frammenti musicali
dentro e fuori di noi e la Bench Bamboo realizzata con
fascine intrecciate di bamboo dalla designer israeliana Gail
Ben Aral che invita a sedersi allegramente e stabilire un
contatto diretto con la natura.
Un tour extra salone intenso e faticoso che termina,
ovviamente, su una… seduta! ◆
Panchina Pausa Musicale by Benham Ali Farahzad
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Dunque, vediamo… 15 Verticale…
C
di Roberto Volterri
C
orre l’anno 1913 e un solerte collaboratore
dell’edizione domenicale del New York
World, in particolare del supplemento Fun
dedicati ai giochi - tale Arthur Wynne - durante un freddo
mese di Dicembre passa ore e ore a tavolino alla ricerca di
un nuovo ‘rebus’, di una complicata ‘sciarada’ che possa
impegnare ancor di più i bravi cittadini della Grande Mela
durante i week-end…
Pensa e ripensa, alla fine il buon Arthur si ricorda che suo
padre, molti anni prima, lo ha impegnato in una sorta di
‘rompicapo’ addirittura risalente all’epoca della Regina
Vittoria, rompicapo chiamato Magic Square. Perchè non
averci pensato prima? Magic Square consisteva in una serie
di parole che dovevano essere inserite in una sorta di ‘griglia’,
di schema ‘a quadretti’, in modo che potessero essere lette
sia dall’alto in basso, sia da sinistra a destra. Erano insomma
nati… il 15 verticale, il 12 orizzontale e tutte le varie
definizioni con le quali la ‘sempre imitata ma mai eguagliata’
Settimana Enigmistica prospera da decenni!
Esce in edicola l’edizione del 21 Dicembre del New York World
e quando lo svogliato yankee, immerso quasi totalmente nel
suo divano, in compagnia della agognata birra, apre il Fun si
Scopri l’eleganza
e la magia del casinò
trova davanti alle prime - non difficilissime, confessiamolo! ‘Parole Incrociate’ della storia.
Il nostro yankee ci si impegna a fondo, resuscita, tra i suoi
annoiati neuroni, facili nozioni imparate decenni prima
a scuola e le inserisce nelle caselle bianche del neonato
cruciverba. Poi il solito “ma lo sai che…” fa il resto, un po’
come è accaduto di recente con la Sudokumania…
All’inizio degli anni Venti quasi tutti i quotidiani ‘made in
USA’ inseriscono le ‘Parole Incrociate’ nella pagina dedicata
allo svago, al tempo libero, al divertimento del sospirato e
sacrosanto week-end, mentre i libri dedicati ai ‘Cruciverba’
nascono appena più tardi ad opera della Casa Editrice Simon
& Schuster e diventano subito dei best sellers .
I ‘cugini’ della Perfida Albione, gli Inglesi, soccombono
anch’essi alla dilagante mania che ben presto si diffonde in
tutta Europa. Fanno eccezione la Cina, il Giappone e altre
aree asiatiche dove appare quasi impossibile una sorta di
costruzione verbale lettera per lettera, verticale e orizzontale!
Poteva la moda non ispirarsi al neonato ‘gioco’? Ovviamente
no e allora nascono quasi subito scarpe, borse, gioielli, abiti
ispirati allo schema ‘quadrettato’ delle ‘Parole Incrociate’.
E - fortunatamente! - non ce ne siamo ‘liberati’ ancor oggi! ◆
Narrano antiche cronache…
Via Cassia, 2040 - 00123 Roma Olgiata
Insider