relative note critiche
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TRIBUNALE CIVILE DI AA Ill.mo Giudice FF NOTE CRITICHE ALLA CTU REDATTA DAL PROF. NN NELLA CAUSA TRA: “PM +3 VS CASA DI CURA XX+ 1” R.G. ____/__ Presa visione della bozza peritale del Prof. XX e delle conclusioni in essa contenute, allo scrivente è sembrata insufficiente la terzietà del CTU. __________ si omette per il rispetto dei fini della rubrica ________ Adesso entriamo nel merito dei contenuti della relazione peritale del prof. XX che si ritiene non abbia valenza medico legale e giuridica per svariati aspetti che di seguito verranno precisati. Si desidera ricordare come ogni CTU per svolgere adeguatamente il proprio lavoro, in qualità di consulente tecnico del Giudice, deve possedere degli specifici requisiti: a) Deve essere specializzato nella materia di cui si tratta; b) Deve conoscere le regole del “gioco” medico legali e giuridiche; c) Deve fornire le prove in termini probabilistici del nesso di causa tra operato dei medici e danno evento (causalità materiale) e il nesso di causa tra danno evento e danno lamentato dal richiedente attore (causalità giuridica). d) Deve valutare i fatti analizzando concrete prove e non “perdersi” in astratti ragionamenti non supportati dai fatti rilevabili dagli atti di causa, in quanto una analisi condotta su fatti non provati è inefficace d’ufficio e espone ad una falsa rappresentazione dei fatti. Analizziamo, in sintesi, le conclusioni del CTU il quale riferisce che: 1) Sono stati realizzati tutti i controlli preoperatori secondo le linee guida; 2) Non è “mandatorio” chiudere lo spazio di Petersen e gli altri spazi peritoneali; 3) La sindrome da intestino corto è stata conseguenza dell’assunzione di cocaina da parte del periziando e che dunque quanto accaduto al periziando si sarebbe comunque verificato senza l’intervento di chirurgia bariatrica. 4) Non è compito del ctu di giudicare l’idoneità della struttura e dell’adeguatezza degli strumenti necessari per lo svolgimento dell’attività chirurgico-bariatrica; 5) Operare dopo tre giorni un paziente ricoverato con la storia clinica e la sintomatologia del sig. PM (quadro di franca occlusione intestinale strumentalmente accertata) sia del tutto regolare; 6) La formazione di un ascesso intraddominale era evenienza possibile e che la dimissione con ferita secernente è stata prudente malgrado che pochi giorni dopo il paziente si sia nuovamente ricoverato in condizioni di shock settico; 7) …dunque, non esiste responsabilità dei sanitari della Clinica di XX. Prima di proseguire vorrei ricordare cosa recita l’articolo 41 del c.p.: - Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra la azione od omissione e l'evento. - Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita. - Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui. Il dettato dell’articolo 41 dovrebbe far riflettere non tanto il CTU che è un medico specialista in chirurgia, ma il suo ausiliario medico legale la cui opera non risulta evidente nell’elaborato peritale (e speriamo che non sia un errore interpretativo del sottoscritto in quanto sarebbe fatto ancora più grave). Tutta la responsabilità civile discende da tale articolo che quindi detta precise regole sul concorso delle cause preesistenti che per rappresentare causa escludente devono essere certe e non teoriche. Rifletteremo di seguito sui vari punti succitati e di contro si chiederà giudizio controfattuale al CTU e al suo ausiliario medicolegale: 1) Il CTU riferisce che sono stati fatti tutti gli accertamenti preoperatori secondo le linee guida. Bisognerebbe che il collega XX ci dica dove ha letto di questi accertamenti se non si riferisce a quelli effettuati ad agosto 2005, ossia un anno prima. Inoltre bisognerebbe che ci chiarisse il concetto sulla inevitabilità degli eventi avversi poiché con tale espressione il ctu intenderebbe escludere le colpe dei sanitari e _______. Andiamo per ordine. Solo nell’agosto 2005 il sig. PM ha effettuato gli accertamenti dovuti prima di essere sottoposto al primo e fallito intervento di chirurgia bariatrica. Non sembra oggettivamente prudente e diligente fare un intervento chirurgico basato su esami effettuati un anno prima che non sono poi tutti quelli che la best practice medica prevede. Mancano, infatti, i consulti psicologici che risultano indispensabili per i pazienti bariatrici specie se si considera che i sanitari erano consci che il sig. PM faceva uso di cocaina. Evidentemente erano mandatori due accertamenti (soprattutto per l’intervento di BPG), ossia quello della consulenza presso un SERT e l’effettuazione degli esami che verificassero il grado di intossicazione del paziente e quindi il maggior rischio corso dal PM sia in relazione all’intervento che in assoluto. In assenza di questi accertamenti, quindi, ci si domanda come i sanitari convenuti abbiano potuto informare adeguatamente il paziente senza verificare l’effettivo maggior rischio corso dallo stesso non avendo correlato le potenziali complicanze della chirurgia bariatrica aumentate dal rischio dell’assunzione di cocaina. Non aver eseguito quanto consigliato dalla diligenza e dalla prudenza ci si deve attenere a quanto riferito in sede di operazioni peritali dal sig. PM, ossia che assumeva saltuariamente cocaina da 1-2 anni e che aveva smesso di assumerla due mesi prima del primo intervento (dal mese di ottobre 2005) e, soprattutto, che non l’ha più assunta. Infine sempre a riguardo dei prudenti accertamenti preoperatori. Abbiamo sempre lamentato la imprudente non esecuzione di uno studio della funzionalità respiratoria in un soggetto come il PM (paziente superobeso - BMI = 60 - e fortissimo fumatore - oltre 40 sigarette al dì -) che avrebbe invece preparazione consentito all'intervento di intraprendere una adeguata (sospensione del fumo, ginnastica respiratoria, terapia broncodilatatrice etc.) con risposte sicuramente migliori nel postoperatorio. Ma su tale accusa il ctu sorvola riferendo che la complicanza respiratoria, pur se possibile fosse imprevenibile. Vorrei ricordare a me stesso che il concetto di prevedibilità fa a “pugni” con l’imprevenibilità quando: - Non si indicano tutte le cause dell’insufficienza respiratoria post intervento; - Non sono state indicate le cautele poste in atto dai medici per evitare ciò che è prevedibile. Il ctu ci vuole convincere che l’intervento effettuato dal collega DD, con metodica laparoscopica rappresenti tutto ciò che ci si deve attendere da un medico diligente. Ma così non è come precedentemente detto. 2) E' singolare che il CTU per sostenere la non necessità di chiudere lo spazio di Petersen (difetto mesenterico dopo bypass) citi un lavoro di Ortegar (?) del 2013 (senza darne i riferimenti) e quindi non controllabile, mentre non cita, INVECE, un Trial Clinico Multicentrico Svedese di 2500 casi (che si allega) pubblicato niente di meno su LANCET 2016 che sostiene la chiusura dello spazio 1. In tale Trial Multicentrico è evidente la raccomandazione a chiudere lo spazio di Petersen. Il CTU sostiene insomma che è questione di “convinzione” del chirurgo e di scuola. Tali affermazioni mi costringono a ricordare a me stesso quali sono gli elementi della colpa. La colpa si profila per imperizia, imprudenza e negligenza. Per cui quando si parla di linee guida si parla di perizia e quando si parla di best practice ci si riferisce alla diligenza e alla prudenza adottate per il caso specifico. Fatte queste dovute premesse il collega chirurgo e ancor più il collega ausiliario, specialista in medicina legale, dovrebbe ben comprendere come la scelta del chirurgo deve essere accompagnata dalla informativa al paziente (che nel caso specifico non c’è stata) e dall’analisi del rapporto rischio convenienza di un atto chirurgico rispetto ad un altro (chiusura o non chiusura degli spazi di Petersen) e o altre tecniche (che esistono e sono più di una!). Nel caso de quo si discute non sulla corretta esecuzione o meno dell’intervento ma sulla necessità di “proteggere” da maggiori rischi il sig. PM. Questo concetto è sconosciuto al ctu in quanto specialista chirurgo e anche al suo ausiliario medico legale che, invece, dovrebbe avere ben radicati nel proprio bagaglio culturale tali conoscenze giuridiche. Per cui si chiede al CTU (che dovrà essere preciso nella risposta) se chiudere lo spazio di Petersen faceva correre più rischi di erniazione al paziente o meno. Quindi si chiede non se la chiusura di tali spazi desse la certezza di evitare una erniazione, ma se ne avesse ridotto il rischio (una affermazione negativa dovrà essere motivata molto dettagliatamente per evitare altri confronti medicolegali). Inoltre, considerato che l’occlusione intestinale da ernia interna è la principale causa di occlusione intestinale dopo BPG laparoscopico (così come riportato nel sito della SICOB) e che con la tecnica laparoscopica tale evenienza rappresenta meno dell’1% degli eventi avversi, deve spiegare il ctu come si sia formata l’ernia e le sue cause cosi da valutare se esse siano connesse all’operato adeguato o meno del chirurgo. 3) Lesione ischemiche e nesso con l’ernia strozzata: il ctu nega il nesso dimenticando di ricordare a se stesso quanto segue. Il fatto che le lesioni ischemiche più avanzate (perforazioni) non fossero sull'ansa strangolata non significa che non dipendessero da questa. Semplicemente l'ansa strangolata distendendosi e rigonfiandosi esercita una compressione e torsione della radice vascolare mesenterica che a sua volta ha determinato una ischemia venosa di tutto l'intestino. Compressione, stiramento, torsione ed “engorgement” del tronco venoso mesenterico sono i segni radiologici utilizzati per la diagnosi di questa ernia.1 Anche qui è singolare che si vogliano considerare plausibili due patologie in contemporanea per un quadro addominale acuto: un'ansa intestinale strangolata (che secondo la CTU non avrebbe provocato alcun danno) e un abuso cronico di cocaina che guarda caso ha determinato, nello stesso momento, un'ischemia intestinale acuta. Cioè avremmo avuto in contemporanea e nello stesso paziente un'occlusione intestinale da strangolamento e una ischemia intestinale con perforazione da cocaina! Beh, caso da pubblicare sulle riviste scientifiche. Ma soprattutto il CTU deve spiegare agli attori e al Giudice quali sono le possibili cause di quanto lo stesso ctu collega causalmente all’uso di cocaina (ossia dolori addominali, perforazioni del tenue, emorragie intestinali, dilatazioni aneurismatiche dei vasi mesenterici, dissezione dell’AMS, ulcere duodenali). Seguendo il ragionamento del CTU e ammettendo che il danno sull'ansa non strangolata fosse stato causato dall'abuso di cocaina, si giungerebbe, allora, all'assurda affermazione che l'ansa strangolata nell'ernia interna (certamente non causata dalla cocaina) poteva rimanere là indisturbata anche se per definizione un'ernia strangolata è caratterizzata da compromissione vascolare acuta e va quindi trattata immediatamente! Interessante concetto scientifico e soprattutto medico legale. Ma soprattutto, il CTU deve spiegare quale sia la ratio della sua 1 1 - Stenberg et al.: “Closure if mesenteric defects in laparoscopic gastric bypass: a muticentre, raandomised, parallel, open-label trial” - Lancet 2016; 387:1397-404 2 - Blachar A et al:”Gastrointestinal complications of laparoscopic Roux-en-Y gastric Bypass Surgery: Clinical and Imaging Findings” - Radiology 2002; 223: 625-632 3 - Iannelli A et al:”Internal Hernia after laparoscopic Roux-en-Y Gastric Bypass for morbid obesity” Obesity Surgery 2006; 1265-1271 4 - Goudsmedt F et al:”Internal Hernia After Laparoscopic Roux-en-Y Gastric Bypass: a correlation between radiological and operative findings” - Obes Surg 2014. DOI 10.1007/s11695-014-1433-5 riflessione in merito all’uso di cocaina quale causa efficiente a procurare il danno intestinale al PM. Egli si rifà a pubblicazioni scientifiche dove si fa specifico riferimento ad “abuso” cronico di cocaina in soggetti in cui i danni intestinali compaiono durante l’assunzione dello stupefacente. Se analizziamo i dati di fatto che caratterizzano la storia del PM abbiamo solo alcune certezze processuali: assunzione saltuaria di cocaina per molto meno di due anni, sospensione definitiva della sua assunzione due mesi prima dell’interventi di BIB e comparsa delle complicanze intestinali a circa due anni dall’interruzione di assunzione dello stupefacente. Qual è l’evidenza scientifica che correla i fatti tra di loro? Per caso la teorica possibilità che l’abuso cronico di cocaina possa fare danni intestinali? Ma nel caso de quo, come fa il ctu ad affermare il nesso di causa efficiente senza sconfinare nel ridicolo medico legale? Dov’è recepibile nella storia del PM un abuso cronico di cocaina tanto da elevarlo a concausa efficiente? I convenuti come hanno provato tale concausa efficiente se non hanno, all’epoca dei fatti, verificato il grado di intossicazione da cocaina del sig. PM? Insomma, guarda caso, il CTU ha spostato la tesi dei convenuti sic et simpliciter senza ragionamento sui nessi di causa e sui dati di fatto in proprio possesso. Ragionamento che si contesta in quanto rappresenta una falsa rappresentazione dei fatti. 4) La conclusione a cui è giunto il CTU su tale punto sembra imbarazzante quando vuole giustificare una grave inefficienza della struttura (che è tra i centri specializzati per la chirurgia bariatrica) col fatto che la complicanza prevenibile sia stata comunque risolta. Adesso si vuole fare una domanda al CTU: mettere a repentaglio la vita di un paziente rappresenta fatto deontologico adeguato o comportamento sociale e medico da sanzionare? Inoltre, aver risolto un quadro clinico non significa non aver apportato un maggior danno biologico al paziente che è stato tracheostomizzato e che ad oggi ha ripercussioni sull’apparato respiratorio come la documentazione sanitaria evidenzia. Sorvolare così su tale argomento non sembra un comportamento peritale adeguato! 5) indipendentemente dalla causa che ha portato all'ischemia intestinale, il paziente è stato ricoverato il 15 novembre 2007 per una sintomatologia addominale evidente ed urgente. Si è proceduto a intervento solo il 17 novembre con notevole e colpevole ritardo, consentendo all'ischemia di procedere fino alla perforazione intestinale e tutto quello che ne è derivato. Anche nell’assurda ed insostenibile ipotesi che l'infarto intestinale non fosse direttamente correlato all'ernia interna, e quindi all'intervento di Bypass gastrico, è evidente un indiscutibile e ingiustificabile ritardo di diagnosi e di intervento cause delle conseguenze già discusse. Inoltre la giustificazione del CTU sembra senza supporto logico in quanto afferma che si è giunti all’intervento di urgenza “…per la persistenza della sintomatologia…”. Ma allora perché, come sostiene l’attore, non si approfondiva la diagnosi tre giorni prima con eco o TC? 6) Le conclusioni del CTU a questo riguardo sono scoraggianti e prive di dignità medico legale e giuridica. Si vuole ricordare al ctu come quanto successo era assolutamente prevedibile e quindi necessitava da parte dei sanitari una maggiore prudenza e diligenza. Invece, il paziente veniva dimesso senza preoccuparsi della possibilità, alquanto elevata, di un possibile ascesso intraddominale secondario alla grave peritonite riscontrata al secondo intervento (sarebbe stata doverosa almeno una indagine strumentale: ECT, TC). Nonostante la comparsa di uno stato settico generalizzato, con febbre elevata nei tre giorni precedenti la dimissione (29 e 30 Novembre e 1 Dicembre 2007) il paziente veniva dimesso con una moderata terapia antibiotica per os (Ciproxn 500 mg x 2) e indicazione di medicazioni frequenti per la suppurazione della ferita addominale. Non veniva neanche presa in considerazione l'esecuzione di un esame strumentale (ecografia, TC) per verificare l'eventuale possibilità di un ascesso addominale, esame che invece sarebbe stato assolutamente doveroso in considerazione della necrosi intestinale con grave peritonite stercoracea riscontrata all'intervento. Anche queste considerazioni, presenti nella consulenza medico legale di parte attrice, non vengono considerate e contraddette dal CTU il quale è pregato di farlo in questa sede (anche se si ritiene più opportuna __________). In conclusione: Il CTU Prof. XX è giunto a delle conclusioni che sembrano derivare da una considerazione medico legale dei fatti non proprio terza, sorvolando sulle questioni più importanti della faccenda che rappresentano l’unica certezza della storia clinica del sig. PM. ___________________del CTU, si richiede allo stesso di prendere precisa posizione su quanto lamentato dallo scrivente senza “sorvolare” come già fatto nella bozza di relazione ma rispondendo precisamente alle critiche mosse nei minimi particolari. XX lì, 06.01.2017 Dr. CG