Relazione Geologica Illustrativa

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GEOL. EDOARDO RABAJOLI - ING. MASSIMO TUBERGA
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PREMESSA
Per incarico dell'Amministrazione del Comune di Castelnuovo Don Bosco (AT) è stata
condotta una revisione degli studi a carattere geologico, geomorfologico dell’intero
territorio comunale redatti in precedenza a supporto del P.R.G.C, ponendo particolare
attenzione alle condizioni di pericolosità locale connesse alle situazioni di dissesto
presenti.
Lo studio condotto ha avuto lo scopo di effettuare le verifiche di compatibilità idraulica e
idrogeologica dello strumento urbanistico previste dal PAI.
La presente relazione contiene alcune modifiche rispetto alla versione precedente del
dicembre 2007 che era stata oggetto di condivisione da parte del Gruppo
Interdisciplinare (come da parere conclusivo comunicato dal Settore Territoriale
Provincia di Asti della Direzione Programmazione Strategica, Politiche Territoriali ed
Edilizia della Regione Piemonte in data 26.02.2008 (Prot. 8104/0817). Tali modifiche,
introdotte in accoglimento delle richieste formulate dal Settore Prevenzione Territoriale
del Rischio Geologico dell’ARPA nei pareri Prot. 135453/SC14 del 17.10.2007 e Prot.
n. 12069/Sc14 del 5.02.09, sono evidenziate rispettivamente da sottolineatura e in
grassetto. In riferimento a quest'ultimo parere è stato aggiunto uno specifico capitolo
10 dedicato alla descrizione delle modifiche e integrazioni apportate.
Il recepimento dei suddetti pareri ha comportato alcune variazioni anche nella "Carta
geomorfologica e dei dissesti" (Elaborato GB02), “Carta di sintesi della pericolosità
geologica e dell’idoneità all’uso urbanistico” in scala 1:10.000 (Elaborato GB05),
nonché nello stralcio di essa, a scala di maggior dettaglio, riferita al concentrico
(Elaborato GB05A in scala 1: 2000).
Nello svolgimento del lavoro ci si è attenuti a quanto prescritto dalla Legge Regionale
n° 56/77 e successive modifiche e integrazioni, dal la Circolare P.G.R. n° 7/LAP del
6/5/96 e dalla relativa Nota Tecnica Esplicativa del Dicembre 1999, dalla Circolare PGR
n.14/LAP/PET del 08/10/1998, nonché dalla D.G.R. 15 luglio 2002 n. 45-6656 avente
per oggetto: «Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) - ”Deliberazione del
Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del Fiume Po in data 26 aprile 2001,
approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 24 maggio 2001”
- Indirizzi per l’attuazione del PAI nel settore urbanistico», che integra le specifiche
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tecniche per l'elaborazione degli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici.
L’indagine si è articolata attraverso i seguenti punti:
-
ulteriore analisi dei dati acquisiti in passato e individuazione di nuovi elementi
relativi al territorio comunale;
-
consultazione dell’”Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (I.F.F.I.)”;
-
ulteriore analisi di riprese aerofotografiche;
-
esecuzione di rilievi di campagna per l’approfondimento di alcune tematiche
inerenti soprattutto il quadro del dissesto.
Nell'espletamento dello studio si è dedicata una particolare attenzione alla redazione di
due carte tematiche in particolare, e precisamente:
• la “Carta geomorfologica e dei dissesti”, che riporta la classificazione dei
fenomeni secondo gli standards previsti dall’apposita legenda uniformata ai
criteri P.A.I.;
• la "Carta di sintesi della pericolosità geologica e della destinazione all’uso
urbanistico", che secondo le indicazioni della citata Circolare Regionale n°
7/LAP differenzia il territorio in classi di pericolosità geologica, attribuendo ai
nuclei abitati sparsi, ricadenti in aree ad elevata pericolosità, specifiche
sottoclassi a cui corrispondono differenti limitazioni per l'uso urbanistico; queste
ultime, accompagnate da specifiche prescrizioni, saranno riprese e trattate con
maggior dettaglio nell’ambito delle Norme di Attuazione del P.R.G.C. .
Inoltre, è stata redatta la “Carta di sintesi della pericolosità geologica e dell’idoneità
all'uso urbanistico – Dettaglio del concentrico” a scala 1:2.000 che illustra nello
specifico le classi di idoneità all’uso urbanistico all’interno dell’abitato di Castelnuovo,
evidenziando situazioni che sulla carta in scala 1:10.000 non risultano sufficientemente
chiare. Per questo motivo sono da intendersi valide le perimetrazioni delle classi e
sottoclassi riportate sulla carta in scala 1 : 2.000, perché di maggior dettaglio, rispetto a
quelle della carta in scala 1 : 10.000.
La presente relazione (Elaborato GA01) illustra i risultati dello studio condotto oltre ad
affiancare e integrare i seguenti elaborati grafici:
Elaborato GB01 - Carta geolitologica e di caratterizzazione litotecnica (scala 1:10.000)
Elaborato GB02 - Carta geomorfologica e dei dissesti (scala1:10.000)
Elaborato GB03 - Carta geoidrologica e del reticolo idrografico (scala1:10.000)
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Elaborato GB04 - Carta delle acclività (scala1:10.000)
Elaborato GB05 - Carta di sintesi della pericolosità geologica e dell’idoneità all’uso
urbanistico (scala1:10.000)
Elaborato GB05A - Carta di sintesi della pericolosità geologica e dell’idoneità all'uso
urbanistico – Dettaglio del concentrico (scala 1: 2000)
Nell’elaborazione della carta geomorfologica e dei dissesti e della carta di sintesi ci si è
avvalsi dei risultati delle verifiche idrauliche condotte sul tratto terminale del Rio
Nevissano e del Rio Bardella e su quelle condotte sul Rio Traversola che trae origine
dalla confluenza dai due rii precedenti. I risultati sono esposti in uno specifico studio
idrologico e idraulico i cui elaborati, elencati successivamente, costituiscono parte
integrante dello studio condotto.
In un fascicolo a parte, denominato “Allegati alla Relazione geologica illustrativa”
(Elaborato GA02) sono riportati alcuni documenti predisposti nel corso del lavoro
condotto e stralci di lavori pregressi consultati al fine delle verifiche di compatibilità.
Esso in particolare comprende:
- Stralcio dell’Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici del P.A.I. (in scala 1.25.000)
→ Allegato 1
- Stralcio del Piano Territoriale della Provincia di Asti (Carta delle frane alla scala di
1:10.000) → Allegato 2
- Schede delle frane cartografate → Allegato 3
- Schede delle opere idrauliche censite (SICOD) → Allegato 4
-
Documenti relativi ai dissesti presenti sul territorio, forniti da ARPA Piemonte e dal
Comune di Castelnuovo Don Bosco → Allegato 5
- Sezione geologica a scala 1:5.000 → Allegato 6
I risultati dello studio idrologico e idraulico del Rio Traversola e dei due affluenti che lo
originano, riferito agli ambiti d’interesse, basati su un rilievo fotorestituito da un volo
appositamente fatto realizzare e su rilievi in campagna per il dettaglio delle sezioni degli
alvei, sono esposti nei seguenti elaboratii contraddistinti dalla sigla “I”
- Elaborato IA01
- Relazione idrologica e idraulica;
- Elaborato IB01
- Carta del reticolo idrografico e dei bacini imbriferi;
- Elaborato IB02a
- Rio Bardella-Traversola: Sezioni trasversali;
- Elaborato IB02b
- Rio Nevissano: Sezioni trasversali;
- Elaborato IB03
- Delimitazione delle aree di pericolosità idraulica.
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INTRODUZIONE
La presente relazione descrive la metodologia di lavoro adottata e riporta le note
illustrative di ciascun elaborato grafico prodotto.
L’indagine si è articolata attraverso l’esame della documentazione geologica
comprendente l’area, a cui sono seguiti rilievi di campagna svolti nel periodo Giugno
2005 – Dicembre 2005; questi sono stati indirizzati sia a verificare le caratteristiche
geologiche generali e il quadro giaciturale dei litotipi affioranti, nonché a individuare i
tratti morfologici interpretabili come l’espressione di processi di dissesto.
Tale aspetto è stato approfondito attraverso l’esame delle fotografie aeree, che
consentono una visione più generale e permettono di inserire in un quadro più ampio le
informazioni puntuali derivanti dal rilievo di campagna.
Per la cartografia necessaria ai rilievi di campagna e per la successiva trasposizione
grafica dei risultati sono state utilizzate le seguenti basi topografiche:
- Regione Piemonte – Servizio cartografico
Sezioni: 156120, 156160, 157090, 157130, 174040, 175010, alla scala di 1 :10.000
Inoltre sono stati consultate le seguenti riprese aereofotogrammetriche:
- Volo Alifoto (Torino) - bianco/nero - Novembre 1994 - effettuato a seguito del l'evento
alluvionale del 4-6 Novembre 1994 per conto della Regione Piemonte;
- Volo Compagnia Generale Riprese Aeree (Parma), colore, 1988, effettuato per conto
della Regione Piemonte.
- Volo Alluvione 2000, colore, Regione Piemonte
Per l’inquadramento geologico ci si è riferiti al Foglio n°57 “Vercelli” della Carta
Geologica d'Italia alla scala 1:100.000 e alle relative Note Illustrative. Inoltre è stato
consultato il foglio “Trino” della nuova Carta Geologica d’Italia a scala 1:50.000 che
lambisce la zona in esame e che presenta una buona corrispondenza dal punto di vista
lito-stratigrafico con i termini presenti sul foglio “Vercelli”.
Più nel dettaglio è stata
consultata la pubblicazione “La successione Villafranchiana nell’area di Castelnuovo
Don Bosco (AT)” - 1999 di P. Boano & M.G. Forno che descrive in maniera
particolareggiata la parte centro-meridionale del territorio del comunale.
Nel corso dell’esame delle condizioni di dissesto del territorio sono state consultate sia
le cartografie tematiche della Banca Dati Geologica - C.S.I. - Regione Piemonte,
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relative all’area di studio, che hanno fornito le schede relative al quadro del dissesto
aggiornato al 1998, sia lo specifico elaborato grafico del Piano Territoriale Provinciale,
recentemente adottato dalla Provincia di Asti, sia quanto riportato nell’”Atlante dei rischi
idraulici e idrogeologici” del PAI. Inoltre è stato consultato in maniera critica l’Inventario
dei Fenomeni Franosi d’Italia (IFFI) che già fornisce una prima indicazione generale
sulle tipologie di dissesto presenti sul territorio comunale.
I risultati di questa prima fase di lavoro sono rappresentati nella “Carta geolitologica”
(Elaborato GB01) e nella “Carta geomorfologica e dei dissesti” (Elaborato GB02).
Pur in presenza, sul territorio comunale di Castelnuovo Don Bosco, di corsi d’acqua di
modesto
rilievo,
essenzialmente
privi
di
significative
opere
idrauliche
di
condizionamento, si è comunque redatta la “Carta idrogeologica e del reticolo
idrografico” (Elaborato GB03), che riporta le opere di attraversamento censite, le cui
caratteristiche sono esposte in un’apposita tabella.
Si è quindi redatta la “Carta delle acclività” (Elaborato GB04), che differenzia il territorio
per classi di pendenza opportunamente prescelte.
Rispetto a quanto previsto dalla Circolare 7/LAP non si è ritenuto di redigere una
specifica Carta litotecnica a causa degli insufficienti dati oggettivi a cui riferirsi.
Ritenendo comunque che le informazioni desumibili dall’espressione morfologica del
territorio, se associate a parametri desumibili dalla bibliografia tecnica, siano in grado di
fornire indicazioni adeguate alla stesura della carta di sintesi, sono state inserite nella
legenda dell’Elaborato GB01 le caratteristiche litotecniche salienti dei depositi affioranti.
Analogamente non si è ritenuto di redigere una carta degli ultimi eventi alluvionali
significativi (Novembre 1994 e Ottobre 2000) in quanto gli effetti di entrambi si sono
manifestati sul territorio in esame in maniera molto contenuta; nella carta
geomorfologica e dei dissesti è riportato un riferimento alle informazioni di dissesto
disponibili (dati bibliografici in Allegato 6) riferite all’evento del Novembre 1994.
Acquisiti gli elementi caratterizzanti il territorio in senso geologico, morfologico e del
dissesto in atto si è proceduto alla elaborazione di un elaborato di sintesi, denominato
“Carta di sintesi della pericolosità geologica e dell’idoneità all’uso urbanistico”
(Elaborato GB05), indirizzato ad individuare cartograficamente i settori con differente
pericolosità geologica, soprattutto in riferimento ai processi di dissesto in atto e
potenziali, e, conseguentemente, diversa attitudine all’uso urbanistico.
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ASSETTO GEOGRAFICO E MORFOLOGICO
Il territorio del Comune di Castelnuovo Don Bosco è ubicato nel settore nordoccidentale del “Bacino pliocenico di Asti”, al limite con l’altopiano di Poirino (a W) e con
i rilievi della Collina di Torino (a NW) e del Monferrato (a NE). Il territorio comunale può
essere chiaramente distinto in due zone: quella centro-settentrionale (a nord del
concentrico) e quella meridionale (a sud di esso).
Nella zona di monte, il paesaggio è tipicamente collinare, con versanti che raggiungono
(al confine con Pino d’Asti) i 400 m di altezza. La morfologia dei versanti è peraltro
fortemente influenzata dalla viticoltura e dalle coltivazioni agricole che si praticano
intensamente su quasi tutto il territorio comunale. In genere le zone più densamente
urbanizzate sono concentrate sui crinali e il loro sviluppo segue l’andamento ramificato
degli stessi, come accade per il concentrico urbano e per le località Mondonio e
Morialdo. Nella zona di valle prevale l’assetto pianeggiante che vede lo sviluppo del
concentrico e delle nuove attività produttive.
Il reticolo idrografico principale è caratterizzato dalla presenza di tre corsi d’acqua e dei
relativi spartiacque, orientati tutti, grosso modo, in direzione N-S e denominati
rispettivamente da ovest verso est: il Rio Bardella, il Rio Nevissano e il Rio Nissone. I
primi due si congiungono a monte del concentrico dando origine al rio Traversola che
rappresenta, al margine sud-orientale del comune.
Il reticolo idrografico secondario, tributario dei rii principali, segue anch’esso un
andamento all’incirca N-S (NNE-SSW), come accade per la vallecola anonima che si
diparte da Ranello e per quella che confluisce nel Traversola in prossimità di C.na
Peccato.
I fondovalle dei rii principali sono solcati da corsi d’acqua con alvei di dimensioni ridotte,
sovente con caratteri di veri e propri fossi, che, nel periodo durante il quale si sono
effettuati i rilievi di terreno, si presentavano con portate molto limitate o addirittura in
secca.
Tale considerazione è valida per i rii Bardella e Nevissano a monte del concentrico,
caratterizzati da pendenza variabili nell’intervallo 2÷6%.
Il Rio Traversola, che ha origine dalla confluenza del Rio Bardella e del Rio Nevissano,
nei tratti di attraversamento del concentrico e a valle di quest’ultimo è soggetto invece
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pendenze decisamente inferiori (≤ 2%); analogo discorso vale per il Rio Nissone.
Questi due corsi d’acqua sono caratterizzati da un alveo ad andamento sinuoso in
genere debolmente inciso nelle alluvioni sabbioso-limose da loro deposte.
L’esame delle fotografie aeree riprese durante l’alluvione del Novembre 1994 ha
tuttavia rivelato che in occasione di piogge intense, anche questi ultimi possono
presentare portate significative con limitati fenomeni di trasporto solido.
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ASSETTO GEOLOGICO
Per la rappresentazione delle caratteristiche geolitologiche generali del territorio
comunale ci si è avvalsi della cartografia tematica facente parte degli elaborati geologici
a corredo del P.R.G.C. vigente.
La carta ha un fine eminentemente applicativo, e pertanto prescinde dagli aspetti
cronologici e stratigrafici per porre l'accento soprattutto sulla composizione litologica
delle unità presenti. Tali considerazioni sono state approfondite nel seguente capitolo.
In occasione dei rilievi di campagna si è accertata la rispondenza di quanto
rappresentato nelle carte con la situazione reale. Si sottolinea che il documento ufficiale
di riferimento circa la geologia del territorio comunale è tuttora rappresentato dalla
seconda edizione (1969a) del F.57 "Vercelli" della Carta Geologica d'Italia alla scala
1:100.000.
Tuttavia le formazioni geologiche presenti sul territorio comunale sono state
ultimamente oggetto di revisione e approfondimento in seguito alla pubblicazione del
Foglio n.157 “Trino” della nuova Carta Geologica d’Italia alla scala di 1:50.000, che in
parte include l’area in esame.
Poiché esiste una buona simmetria tra la vecchia nomenclatura e quella nuova e poiché
la correlazione con le formazioni presenti sul territorio è facilmente realizzabile, si è
deciso di adottare, per la realizzazione degli elaborati, la nuova nomenclatura al fine di
meglio caratterizzare le litologie presenti.
Inoltre, la parte meridionale del territorio del comune, a sud del concentrico, è stata
ulteriormente approfondita e cartografata nella pubblicazione “La successione
Villafranchiana nell’area di Castelnuovo Don Bosco (AT)” - 1999 di P. Boano & M.G.
Forno, di cui sia la suddetta revisione che il presente elaborato tengono conto.
Si segnala che non è stato sempre possibile misurare valori di giacitura degli strati, sia
per la scarsità degli affioramenti rinvenibili sul territorio, sia a causa delle litologie
presenti, spesso caratterizzate da litotipi a stratificazione poco evidente e con una
spiccata monotonia di composizione. I dati raccolti sono comunque adeguati a fornire
una completa visione dell’assetto geologico dell’area.
Quindi, con riferimento a questi ultimi due documenti, si propone un inquadramento del
territorio comunale come di seguito esposto.
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Substrato roccioso
Il territorio comunale è modellato in parte nella porzione interna dei terreni afferenti alla
Collina di Torino, prolungamento a NW del Bacino Terziario Piemontese s.s., e in parte
nei terreni del Bacino di Asti a sud e in quelli delle Colline del Moderato a est (Polino et.
al. 1991). Tali terreni ricadono all’interno della successione Paleogenico-Neogenica del
Foglio n. 157 “Trino” della nuova Carta Geologia d’Italia a scala 1:50.000.
In base a quanto riportato nel Foglio 57 “Vercelli” della Carta Geologica d’Italia a scala
1:100.000 e relative “Note illustrative” e nella pubblicazione di Boano & Forno (1999),
nel territorio comunale di Castelnuovo Don Bosco affiorano le seguenti formazioni,
elencate in successione stratigrafica dal basso verso l’alto:
Successione marina pre-villafranchiana
- Marne di Sant’Agata Fossili (Miocene sup.): si tratta di argille e marne argillose grigioazzurre, intensamente bioturbate e a stratificazione mal
distinta. Hanno una potenza di circa 100-150 m e occupano
la parte più settentrionale del territorio comunale in
corrispondenza delle località di Mistrassi e Vironi.
- Complesso caotico della Valle Versa (Miocene sup.): questa unità litostratigrafia, di
nuova istituzione, comprende i depositi messianiani che nel
Foglio “Vercelli” erano stati riferiti alla Formazione Gessososolfifera (Monsignore et alii, 1969). Tali sedimenti sono
costituiti da un insieme caotico di sedimenti, costituito da
blocchi cementati di varia composizione e dimensione
inglobati in una “matrice” di natura argillosa ma definita
perché scarsamente affiorante.
- Argille azzurre (Pliocene inf.): i sedimenti riferibili a questa formazione sono stati indicati nella seconda edizione del Foglio Vercelli a scala
1:100.000 (1969a) alla Formazione delle Argille del
Lugagnano. In ottemperanza a quanto proposto dalla
Commissione Italiana di Stratigrafia, questo termine è stato
abbandonato ed è stato invece adottato quello di Argille
azzurre in quanto unità tradizionale di rango formazionale.
Esse rappresentano il termine basale della successione
pliocenica e possono essere distinte in tre membri
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sovrapposti: quello siltoso-argilloso, quello argilloso e quello
siltoso-sabbioso. In particolare nel territorio comunale è
presente il membro argilloso costituito in netta prevalenza
da argille e silt azzurri, massicci e compatti.
- Sabbie di Asti (Pliocene inf.): tali sedimenti sono stati indicati come Formazione delle
Sabbie di Valle Andona nella seconda edizione del Foglio
Vercelli della Carta Geologica d’Italia a scala 1:100.000
(1969a). Questae formazione è stata oggetto di analisi nella
pubblicazione di Boano e Forno (1999) a cui si fa ampio
riferimento nel seguito. Si tratta in netta prevalenza di
sabbie medio-fini, con tessitura relativamente costante sia
realmente che verticalmente; solo localmente si rinvengono
livelli di ghiaie minute e livelli di sabbie fini e silt. I sedimenti
immergono complessivamente verso SW mostrando in
genere modeste inclinazioni, comprese tra i 5° e 15 °, in
accordo con lo sviluppo del fianco settentrionale della
sinclinale di Asti caratterizzata da asse E-W debolmente
inclinato verso W.
Successione villafranchiana
Complesso inferiore
- Unità di Ferrere (Pliocene medio): costituisce il termine basale della successione
Villafranchiana ed è costituita prevalentemente da sabbie
medio-grossolane con stratificazione incrociata concava.
Complessivamente i sedimenti immergono verso SW,
mostrando in genere modeste inclinazioni comprese tra 5° e
15°, riproponendo la stessa geometria sinclinale gi à
descritta per l’unità precedente. Il colore prevalente è in
genere giallo o più localmente bruno o nero, variabile sia
arealmente che all’interno dello stesso affioramento per la
presenza di ossidi di ferro e manganese.
- Unità di San Martino (Pliocene medio): corrisponde al secondo termine della successione villafranchiana e rappresenta il termine con
l’areale più diffuso nella parte meridionale del territorio in
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esame; questi sedimenti sono caratterizzati da una notevole
varietà di facies, essendo costituiti da ripetute alternanze
lenticolari a scala metrica, decimetrica e centimetrica, di
sedimenti siltosi, siltoso-argillosi e sabbiosi minuti il colore
prevalente è il grigio chiaro.
Complesso superiore
- Unità di Morialdo (Pleistocene inferiore): costituiscono il termine basale del complesso superiore e sono rappresentati in prevalenza da
sabbie e sabbie ghiaiose caratterizzate in genere da
stratificazione incrociata concava e più localmente prive di
stratificazione. Il colore è variabile tra grigio e giallo.
- Unità di Buttigliera (Pleistocene inferiore): costituiscono il termine superiore della
successione
villafranchiana
e
sono
rappresentati
in
prevalenza da silt argillosi, localmente caratterizzati da una
scarsa frazione argillosa; essi complessivamente formano
un corpo sedimentario lenticolare suborizzontale, interrotto
attualmente in corrispondenza delle incisioni vallive, con
spessore variabile tra 5 e 20 m.
Successione fluviale post-villafranchiana
- Depositi fluviali terrazzati post-villafranchiani: nell’area in esame sono conservati solo
localmente, con spessori modesti; essi corrispondono
prevalentemente
a
depositi
siltosi-argillosi,
contenenti
localmente una subordinata frazione ghiaiosa e risultano
privi di stratificazione.
- Depositi fluviali recenti e attuali: costituiscono estese fasce con allungamento prevalentemente N-S e NNW-SSE corrispondenti agli attuali
fondovalle dei rii principali; essi sono costituiti in prevalenza
da una frazione siltosa e sabbiosa legata alla rielaborazione
dei diversi termini della successione pre-villafranchiana e
villafranchiana, affioranti diffusamente lungo i versanti.
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Terreni di copertura
Quasi ovunque il basamento pliocenico è celato da una
coltre di materiali sciolti,
recenti, formatasi a spese della sequenza sabbioso - argillosa per effetto di processi
eluvio-colluviali, o riconducibile a processi di frana. Anche in relazione alla diversa
genesi, lo spessore di tale copertura è fortemente variabile da punto a punto, oscillando
da pochi decimetri a qualche metro.
Litologicamente si tratta di materiali a prevalente componente limoso-argillosa, con
frazione clastica dispersa più o meno abbondante, maggiore in corrispondenza della
base dell’unità ove sottolinea la transizione alla porzione corticale meno alterata del
basamento.
4.3
Note alla Carta geolitologica e di caratterizzazione litotecnica
Nella Carta geolitologica e di caratterizzazione litotecnica (Elaborato GB01) sono
riportati gli areali di affioramento delle unità fin qui descritte, i cui tratti salienti sono
riassunti anche nella legenda della carta.
Come precedentemente affermato, la cartografia geologica ufficiale (Carta Geologica
d’Italia – Foglio 57 “Vercelli”) distingue le formazioni presenti nel territorio comunale
mediante termini granulometrici (argille, sabbie, silt), volendo indicare due unità
litostratigrafiche a prevalente composizione sabbiosa e argillosa presenti in tutto il
Bacino Pliocenico Astigiano.
È opportuno sottolineare che tale nomenclatura, perfettamente valida per fini
stratigrafici e sedimentologici, non è, però, certamente utilizzabile a fini del presente
lavoro, in quanto la composizione granulometrica locale dei terreni pliocenici in
questione è variabile da luogo a luogo.
In riferimento alle distinzioni litostratigrafiche effettuate nell’Elaborato GB01, si
descrivono brevemente le caratteristiche litotecniche dei terreni, associate in legenda
alle diverse unità considerate. La descrizione riprende e amplia quella già contenuta
nei precedenti elaborati geologici del P.R.G.C..
Le formazioni geologiche presenti nel territorio comunale possono essere raggruppate
entro un certo numero di complessi litotecnici in base a differenti parametri di natura
tecnica che condizionano il comportamento dei terreni e delle rocce.
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In particolare, sono stati individuati 5 gruppi:
- Terreni incoerenti:
sono rappresentati dai depositi alluvionali post villafranchiani e fluviali recenti e attuali; essi affiorano nella porzione
centro-meridionale
del
territorio
comunale,
lungo
i
fondovalle principali e presentano sempre un grado di
addensamento scarso, bassissima plasticità e scadenti
caratteristiche geotecniche, comunque superabili mediante
l’adozione di adeguate soluzioni tecniche e, localmente,
indurre fenomeni di ristagno delle acque meteoriche.
- Rocce semi-coerenti:
sono rappresentate dai terreni appartenenti alle Sabbie di
Asti; nel complesso queste litologie mostrano un notevole
addensamento e una localizzata cementazione carbonatica
ma sempre di modesto spessore; tali caratteri favoriscono
la conservazione di pareti subverticali con altezza di alcune
decine di metri (nella zona compresa tra il capoluogo e le
località Ranello e Mondonio frequentemente si osservano
pareti verticali in buone condizioni di stabilità generale).
- Rocce pseudo-coerenti:
sono rappresentate in massima parte dalle Argille Azzurre e
dalle marne di Sant’Agata fossili; esse sono caratterizzate
da argille e silt azzurri massicci e compatti, con contenuto in
carbonati assai variabile, mediamente del 25-30 %; nei
depositi della coltre superficiale prevalgono i termini
argillosi, a causa del dilavamento e della dissoluzione dei
carbonati.
- Alternanza di rocce pseudo-coerenti e semi-coerenti: sono rappresentate dalle unità
del complesso inferiore della successione villafranchiana. I
sedimenti dell’Unità di Ferrere mostrano un addensamento
notevole così come i sedimenti dell’unità di S.Martino,
particolarmente rilevabile nei silt, e danno origine , nella
zona di Morialdo – I Becchi, ad una morfologia dolce, con
rilievi arrotondati e bassa acclività
- Alternanza di rocce pseudo-coerenti e coerenti: sono rappresentate dai terreni
appartenenti al complesso caotico della Valle Versa. Si
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tratta di argille a elevata plasticità, a bassissimo grado di
compattazione, inglobanti alternanze di gessi svelenitici, in
banchi spessi fino a 8-9 m, blocchi di dolomie, brecce a
matrice dolomitica, calcari dolomitici vacuolari, blocchi di
calcari e brecce carbonatiche; l’associazione, perlopiù
caotica, di questi litotipi fornisce all’ammasso caratteristiche
litotecniche
alquanto
scadenti,
imputabili
all’elevata
plasticità delle argille, alla tendenza naturale del gesso a
rigonfiare e alle possibili aperture delle brecce e dei calcari
vacuolari.
A titolo di completezza, tratti dalla relazione redatta a corredo dei precedenti elaborati
del P.R.G.C., si riportano di seguito i risultati delle prove in sito e in laboratorio
effettuate nel 1999 nei pressi di alcune aree localizzate a sud del concentrico.
Prove penetrometriche dinamiche
Sono state compiute 3 prove penetrometriche con uno strumento di tipo leggero; in
particolare esse sono state eseguite:
-
la n° 1 a sud del concentrico in una zona contrad distinta da colluvium della
successione Villafranchiana;
-
la n° 2 sulle alluvioni nel concentrico a pochi m etri dall’alveo del Rio Traversola;
-
la n° 3 sulle Sabbie di Asti in località Ranello.
Nella prova n°1, non è stato raggiunto il substrato consistente, in quanto sono stati
misurati meno di 10 colpi fino a circa 4 m di profondità, dove la prova è stata sospesa.
Questa zona, di raccordo tra i versanti collinari e la pianura, è costituita da un accumulo
di colluvium di Sabbie Astiane che, localmente, può raggiungere anche spessori
notevoli.
Nella prova n°2, si evidenzia come le alluvioni del Rio Bardella siano costituite, in
massima parte, da sedimenti medio fini (sabbie fini limose) con scarse caratteristiche di
portanza. Il substrato rappresentato dalle Sabbie Astiane si incontra a circa 6 m di
profondità, dove i valori di resistenza alla penetrazione salgono oltre i 25 colpi per 10
cm di approfondimento.
Nella prova n°3, dopo circa un metro di copertura p luvio-colluviale, si ha un brusco
innalzamento dei valori di resistenza collegabile con l’inizio dell’orizzonte sabbioso;
questa situazione è largamente estesa ed osservabile anche nei dintorni del sito
oggetto della prova.
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Analisi di laboratorio
Per le sabbie astiane e una parte dei depositi della successione villafranchiana sono
state eseguite in laboratorio alcune analisi granulometriche nonché la determinazione
dei limiti di stato (Attemberg) che mettono in evidenza le seguenti caratteristiche:
− le sabbie astiane sono composte da sabbie fini con non più del 20% di frazione
limosa e risultano praticamente non plastiche;
− la successione villafranchiana è composta da limi sabbiosi (rispettivamente 45% e
35% di percentuale in peso) con associata argilla nella percentuale di circa il 20%; i
valori di plasticità di questo complesso ricadono nel campo 5 della Carta di
Plasticità di Casagrande (argille inorganiche di media plasticità).
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DISSESTO IN ATTO E POTENZIALE
In questo capitolo si fa riferimento all’Elaborato GB02 “Carta geomorfologica e del
dissesto”, in cui è esposto lo stato del dissesto in atto dell’intero territorio comunale,
costituendo la sintesi delle indagini condotte su temi diversi, relativi alla dinamica dei
corsi d’acqua e alla dinamica di versante.
A tale fine è stato condotto un meticoloso lavoro di acquisizione dati attraverso le
seguenti indagini:
rilievi di terreno;
interpretazione di foto aeree (Regione Piemonte: Volo Novembre 1994 e Volo Alluvione
2000 );
esame del Piano Territoriale della Provincia di Asti;
analisi della documentazione acquisita presso l’Ufficio Tecnico del Comune;
analisi della cartografia della Banca Dati Geologica della Regione Piemonte riguardante
l’area di studio, relativamente ai tematismi: “Aree inondabili”, “Frane”, “Settori di
versante vulnerabili da fenomeni franosi per fluidificazione dei terreni di copertura,
“Conoidi potenzialmente attivi”;
consultazione dell’Atlante dei Rischi Idraulici e Idrogeologici del P.A.I.;
consultazione delle schede del Sistema Informativo Geologico relative al quadro del
dissesto nel comune di Castelnuovo Don Bosco aggiornato al 1998;
consultazione dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (I.F.F.I.), nonché delle
pubblicazioni inerenti gli eventi alluvionali pubblicate dalla Regione Piemonte.
Regione Piemonte - Direzione Regionale dei Servizi Tecnici di Prevenzione - Eventi
alluvionali in Piemonte - che esamina i dissesti manifestatisi in occasione degli eventi
del 2-6 Novembre 1994, 8 Luglio 1996 e 7-10 Ottobre 1996 .
In conformità a quanto espresso nella Circolare P.G.R. N. 7/LAP/96 e successiva
N.T.E./99, nonché nella D.G.R. 15 luglio 2002 n. 45-6656 “Piano Stralcio per l’Assetto
Idrogeologico (PAI). Deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del
fiume Po in data 26 aprile 2001, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri in data 24 maggio 2001. Indirizzi per l’attuazione del PAI nel settore
urbanistico”, nella “Carta geomorfologica e dei dissesti” (Elaborato GB02) sono state
rappresentate con perimetri chiusi e/o simboli i dissesti riconducibili alla dinamica di
versante e a quella torrentizia, peraltro indicati anche nella “Carta di sintesi della
pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica” (Elaborato
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GB05), specificandone la tipologia e il grado di pericolosità attraverso un codice.
Gli eventi del 4-6 Novembre 1994 e del 15 Ottobre 2000, che hanno assunto carattere
di eccezionalità a livello regionale – nazionale, non hanno avuto effetti rilevanti nel
territorio comunale in oggetto che è stato interessato da fenomeni modesti di
smottamenti franosi di ridotte dimensioni e cedimenti della sede stradale in alcuni punti.
Secondo le schede fornite dal Sistema Informativo Geologico, nel 1994 sono stati
segnalati solamente due fenomeni, rispettivamente nelle località di Mondonio e
Morialdo. Sebbene le schede non specifichino l’entità e la tipologia dei danni, tali
informazioni sono rinvenibili nella comunicazione intercorsa tra il Comune di
Castelnuovo Don Bosco e la prefettura di Asti in data 12.11.1994. Nel rapporto si
segnala un grave dissesto nella frazione Mondonio – Via Cavallone lungo un tratto
collinare su cui sorge una parte dell’abitato, già segnalato all’Ufficio decentrato della
Regione Piemonte e per cui l’Ufficio regionale competente stava già predisponendo
apposito progetto di consolidamento. Quanto ai danni a privati, si segnalavano quelli in
frazione Morialdo n°106 presso l’abitazione del Sig . Giovanni Dossola, ove il muro di
contenimento retrostante la casa civile era crollato e ove risultava un consistente
smottamento in terra.
Gli studi e i rilievi effettuati per il presente lavoro hanno portato ad una definizione
sufficientemente precisa del quadro dissestivo locale che presenta i caratteri tipici dei
rilievi collinari dell’area dell’astigiano.
5.1
Dinamica di versante
In corrispondenza agli ambiti collinari del territorio sono stati individuati alcuni fenomeni
franosi in atto e/o pregressi, individuati in base ai rilievi di terreno, alla
fotointerpretazione e alla documentazione tecnica disponibile.
Per quanto concerne i dissesti legati all’instabilità dei pendii, il territorio comunale di
Castlenuovo Don Bosco appare sostanzialmente caratterizzato da una propensione al
dissesto medio – bassa, che si esplica soprattutto a spese della coltre eluvio-colluviale.
La potenza dei materiali coinvolti risulta comunque piuttosto limitata anche quando
viene interessato il substrato (sabbioso o argilloso). I rilievi risultano infatti caratterizzati
da litologie tenere e facilmente erodibili con variabile predisposizione al dissesto in
funzione delle caratteristiche locali. Nell’ambito del territorio comunale sono state
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individuate le tipologie dissestive riassunte di seguito:
MOVIMENTO
STATO
CODICE
Attivo
FA3
Scivolamento traslativo
Attivo
Quiescente
FA4
FQ4
Frane per saturazione e fluidificazione della copertura detritica
Ativo
Quiescente
FA9
FQ9
Scivolamento rotazionale
TABELLA 1 – Classificazione dei fenomeni gravitativi secondo la D.G.R. 16.07.2002 n. 45-6656.
Inoltre, sono state cartografate alcune “aree potenzialmente soggette all’innesco di
frane superficiali coinvolgenti i terreni di copertura” di cui si darà conto nei paragrafi che
seguono. La delimitazione di tali areali è avvenuta essenzialmente in base alla
cartografia allegata agli studi di P.R.G.C. pregressi, in quanto attualmente essi non
sono né riconoscibili né, tanto meno, delimitabili con certezza.
Le tipologie di fenomeni gravitativi che sono risultate più comuni nel contesto
geomorfologico in questione sono essenzialmente riconducibili a locali fenomeni di
instabilità coinvolgenti i terreni di copertura con l’innesco di frane superficiali. Esse si
instaurano tipicamente su terreni argilloso-limosi e coprono una porzione quasi uguale
del territorio sia a nord del concentrico che sui rilievi meridionali sebbene nella parte
settentrionale abbiano dimensioni più estese. Il cinematismo è legato ad abbondanti
precipitazioni che imbibiscono completamente lo strato superficiale di terreno che, privo
di coesione, scivola a valle. I fenomeni solitamente coinvolgono piccoli volumi di terreno
e possono innescarsi su qualsiasi settore anche solo moderatamente acclive,
raggiungendo lunghezze non superiori a qualche decina di metri. Tali tipologie,
differenti come cinematismo ed in genere anche nelle dimensioni, possono però
coesistere come succede ad esempio nelle frane in cui il meccanismo di distacco è uno
scivolamento rotazionale che evolve, nella parte più bassa, a colata.
Una circostanza caratteristica è rappresentata dalle aree potenzialmente soggette
all’innesco di frane superficiali che si sviluppano di preferenza sulle litologie
appartenenti al Complesso Caotico della Valle Versa (zona di Bardella). In questi casi,
la presenza di gessi all’interno del substrato non esclude che i movimenti definiti come
superficiali si estendano più in profondità provocando anche deformazioni molto più a
valle dell’effettiva zona di movimento.
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A tale dinamica è spesso associata la presenza di ruscellamento diffuso dei versanti
che si esplica mediante l'asportazione della frazione fine con conseguente
destabilizzazione delle frazioni ghiaioso ciottolose, che possono mobilizzarsi lungo
percorsi di discesa governati dall’andamento topografico locale. Al ruscellamento
diffuso è imputabile la presenza di fango e ciottoli in corrispondenza al piede del
versante, senza che si riconoscano accumuli detritici veri e propri. Va comunque
sottolineato che, a causa delle caratteristiche litotecniche del territorio, tali fenomeni
(specialmente quelli di dimensioni medio-piccole) vengono obliterati nel corso di breve
tempo. Ciò è legato sia alla coltura intensiva delle colline (soprattutto vigneti) che porta
a rimodellare velocemente le nuove forme, sia alla facilità con cui la vegetazione
attecchisce sui terreni appena franti, creando una fitta boscaglia che nasconde le
evidenze dei fenomeni.
Proprio quest’ultima motivazione ha indotto una distinzione tra questa tipologia di
movimento e quella successiva, rappresentata dalle frane per saturazione e
fluidificazione della copertura detritica (F9), in quanto la prima raggruppa estesi areali
all’interno dei quali potrebbero svilupparsi singoli movimenti franosi di varie dimensioni
mentre la tipologia successiva rappresenta singoli movimenti di dimensione accertata,
sia su basi cartografiche che di terreno. Nella prima categoria sono stati raggruppati
fenomeni già cartografati in passato di cui però non sono più visibili le evidenze tipiche
dei fenomeni franosi (attivi, quiescenti) quali crepe, fratture, nicchie o accumuli di
materiale. Nel secondo caso si tratta di fenomeni noti, che hanno avuto ripercussioni
segnalate e di cui si riconosce ancora qualche lieve traccia morfologica.
La seconda tipologia di movimento presente sul territorio è, dunque, rappresentata dalle
frane per saturazione e fluidificazione della copertura detritica (F9), interessanti cioè un
ridotto spessore della copertura eluvio-colluviale. Tali fenomeni si verificano in
condizioni di saturazione dello strato superficiale di terreno, in corrispondenza di eventi
pluviometrici particolarmente intensi ed a causa della conseguente repentina variazione
delle caratteristiche geotecniche del terreno che provocano la fluidificazione dello
stesso con una drastica diminuzione della sua resistenza al taglio. Si tratta solitamente
di dissesti di limitate dimensioni coinvolgenti settori di versante a pendenza piuttosto
elevata e con copertura vegetale assente o fortemente degradata. Nel complesso,
risulta però impossibile prevedere con precisione il verificarsi di tali dissesti, dato che la
loro estrema velocità di evoluzione non ne permette la tempestiva individuazione né
tanto meno risulta pensabile allestire un sistema di monitoraggio che permetta di
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seguirne gli spostamenti. Questi sono i motivi per cui, nonostante le dimensioni spesso
modeste, la pericolosità di tali fenomeni non va sottovalutata, soprattutto sotto il profilo
delle scelte urbanistiche e territoriali.
La terza tipologia di dissesto franoso riscontrabile nella zona in esame è quella degli
scivolamenti traslativi (F4) che risultano molto evidenti soprattutto in corrispondenza
della zona di Morialdo.
In tali dissesti il franamento avviene a causa del superamento della resistenza al taglio
lungo una superficie di scorrimento di forma generalmente piana. Tale superficie
possiede raramente un unico centro di rotazione (in tal caso la sua forma sarebbe
circolare), più spesso lo scivolamento avviene lungo una superficie curvilinea generica,
sovente irregolare, con più centri di istantanea rotazione. Un siffatto cinematismo non è
compatibile con lo spostamento di un corpo rigido per cui la massa di terreno viene in
genere disarticolata perdendo pressoché completamente la propria individualità. Tali
cinematismi possono essere caratterizzati da un’evoluzione lenta dato che lo
spostamento verso il basso della massa di terreno porta complessivamente ad un
appesantimento della zona al piede della frana stessa con un complessivo aumento
delle forze e dei momenti stabilizzanti. In questo caso si può ottenere uno stato di
momentanea quiescenza della frana che, se non intervengono ulteriori forze
perturbanti, può perdurare per diverso tempo, evolvendo lentamente con spostamenti
progressivi minimi, questi possono essere monitorati ad esempio tramite colonne
inclinometriche
installate
in
fori
di
sondaggio
appositamente
predisposti.
Il
sopraggiungere di piogge particolarmente intense che diminuiscono la resistenza al
taglio efficace e/o l’azione perturbatrice di altri agenti (es. interventi antropici come tagli
stradali, cave ecc.) possono però portare ad un evoluzione parossistica del dissesto
portando al collasso generalizzato del materiale in frana.
È importante perciò individuare, a livello di pianificazione territoriale comunale, le
porzioni di versante che sono già state interessate da fenomeni di questo tipo,
suscettibili di riattivazione. Su tali versanti sarà assolutamente indispensabile, utilizzare
i parametri di resistenza residui per qualsiasi calcolo geotecnico relativo ad eventuali
interventi sul territorio, unitamente a scelte urbanistiche oculate in funzione del grado di
pericolosità del sito.
È possibile ritenere che questi fenomeni abbiano il loro ambiente tipico nell’interfaccia
fra i depositi della successione Villafranchiana quelli della successione preVillafranchiana: il cambio di pendenza caratteristico fra i limi sabbiosi e le sabbie
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pag. 22
spesso cementate crea spesso un profilo morfologico delle colline più acclive nella
parte bassa e più dolce in quella alta.
Non si può escludere, al momento, che in certi casi il cinematismo sia di tipo misto,
dove in testata prevale un movimento di tipo rotazionale mentre al piede si ritrovano
essenzialmente movimenti traslazionali. Tale distinzione non è stata fatta in quanto non
adeguata a questo tipo di indagine.
Un discorso a parte merita, infine, il movimento gravitativo (F10) che coinvolge gli
abitati di Mistrassi e Vironi nella parte più settentrionale del territorio in esame. Questa
porzione di territorio è coinvolta nel movimento gravitativo denominato “ Fenomeno
gravitativo di Albugnano” (Forno & Giardino,1997).
Secondo gli Autori “Il fenomeno interessa un settore relativamente esteso del versante sinistro
della Valle del Rio Nevissano e, in particolare, l’area compresa tra il tratto di dorsale su cui sorge
l’abitato di Albugnano e il tratto di fondovalle su cui si sviluppa l’abitato di Mistrassi. L’accumulo,
2
con estensione complessiva di circa 1 km , risulta composito ed in particolare costituito da due
“coni di frana” sovrapposti (corpi A e B). Il corpo A, sviluppato nella fascia altimetrica compresa
tra 300 e 500 m, è caratterizzato da un notevole allungamento longitudinale (circa 2 km) in
direzione NE-SW e da una minore estensione trasversale (in media 400 m). …..Anche nel
settore frontale del corpo A, in corrispondenza al quale si sviluppa l’incisione del Rio di
Nevissano, è osservabile localmente il contatto basale dell’accumulo: esso risulta sottolineato da
evidenti fratture beanti nel substrato terziario, caratterizzate da spaziatura decimetrica e apertura
fino a circa 1 cm. La scarsità di affioramenti e la loro ridotta estensione impediscono il
riconoscimento dello spessore reale dell’accumulo: esso risulta osservabile solo nei settori
marginali del corpo A dove è di alcuni metri….Spessori verticali visibili sensibilmente più
rilevanti, superiori a 30 m, si hanno in corrispondenza alle incisioni che dissecano il corpo A
senza raggiungere la superficie basale. Il fenomeno si inserisce tra i fenomeni, tipici del settore
artigiano, legati a meccanismi combinati per movimenti di tipo rotazionale passanti a colata
(slump-earthflow in Varnes, 1978). I movimenti per colata sono suggeriti dalla forma stretta e
allungata dell’accumulo, ospitato in corrispondenza ad un incisione del versante, e dalla sua
natura caotica. I movimenti di tipo rotazionale sono invece suggeriti dallo sviluppo concavo sella
superficie di scivolamento e dalla presenza di giunti di trazione nel settore di coronamento. Per
quanto riguarda le possibili cause determinanti, occorre segnalare che nel settore artigiano
fenomeni analoghi a quello descritto si innescano in occasione di eventi di pioggia prolungati e si
manifestano diffusamente soprattutto in pendii modellati in formazioni a prevalente componente
argillosa e/o limosa (Regione Piemonte – Settore prevenzione del Rischio Geologico,
Meteorologico e Sismico, 1990). Per quanto riguarda le cause predisponesti, il presente studio
suggerisce che sia da annoverare l’evoluzione geodinamica recente”.
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Sulla base dei rilievi effettuati, la porzione di frana ricadente all’interno del comune di
Castelnuovo Don Bosco è stata classificata come quiescente (FQ10), andando a
modificare il P.A.I. che classificava il dissesto come attivo, sebbene non siano evidenti
indizi di attività recente.
Tale classificazione è valida anche per l’abitato di Mistrassi e per le case presenti sul
corpo di frana principale confermando, in questo caso, il P.A.I.
In linea generale le considerazioni sopradescritte per la dinamica dei versanti
concordano con la precedente Carta Geomorfologia e dei dissesti redatta nella
precedente stesura del P.R.G.C. e con la cartografia relativa all’Inventario dei
Fenomeni Franosi in Italia (I.F.F.I.). In particolare si riscontra un’ottima sovrapposizione
per la frana coinvolgente località Mistrassi FQ10 (scheda n°1) e per la frana in località
Mondonio FA 4 (scheda n°17).
5.2
Dinamica dei corsi d’acqua
Nell’Elaborato GB02 ”Carta geomorfologica e dei dissesti” sono stati rappresentati gli
elementi propri del reticolo idrografico principale che possono indurre situazioni di
dissesto, nonché gli effetti ad essi conseguenti.
Nell’Elaborato GB03 “Carta geoidrologica e del reticolo idrografico” (Cfr. capitolo
successivo) sono stati rappresentanti ulteriori elementi caratterizzanti la dinamica legata
al reticolo idrografico. Nei paragrafi che seguono verranno descritte le condizioni dei
corsi d’acqua e dei bacini afferenti al territorio in esame, le problematiche di dissesto
inerenti a questo argomento e le opere presenti lungo i corsi d’acqua.
Il reticolo idrografico principale è caratterizzato dalla presenza di tre corsi d’acqua e dei
relativi spartiacque, orientati tutti, grosso modo, in direzione N-S e denominati
rispettivamente da ovest verso est: il Rio Bardella, il Rio Nevissano e il Rio Nissone.
I primi due confluiscono a monte del concentrico dando origine al Rio Traversola che
attraversa l’abitato e, al margine sud-orientale del comune, rappresenta il confine con il
comune di Buttigliera d’Asti.
Per quanto riguarda gli spartiacque principali, procedendo da Ovest verso Est troviamo
per primo lo spartiacque che separa il bacino del Rio Bardella da quello del Rio Valles,
che corre in parte lungo il confine comunale ed in parte nel territorio del comune di
Morendo T.se. Esso è orientato in direzione N-S nel primo tratto (C.na Palazzotto a 340
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m s.l.m.) e NNW-SSE nel secondo tratto (Località Lovencito a 308 m s.l.m.).
Il secondo spartiacque separa il bacino del Rio Bardella da quello del Rio Nevissano e
corre in direzione N-S- lungo la cresta passante per località Case di Liso (350 m sl.m.),
per la Chiesa di S. Maria in Cornareto (337 m sl.m.) per poi terminare poco a SE di
località Nestrà.
Il terzo spartiacque separa il bacino del Rio Nevissano dal bacino del Rio Nissone a
monte di C.na Monsparone e da quello del Rio Bardella a valle di essa. Esso infatti
presenta una direzione NNW-SSE passando in prossimità di Case Bonetta per poi
piegare in direzione NNE-SSW in prossimità del bivio per Pino d’Asti.
Il quarto spartiacque separa i bacini dei rii Traversola e Nissone; esso scende lungo il
confine comunale in direzione NW-SE passando per località Ranello per poi piegare, in
prossimità della seconda galleria lungo la S.P.17, in direzione N-S passando per C.na
Veneria (280 m s.l.m.) e per località Morialdo (275 m sl.m.). Oltrepassata tale località lo
spartiacque riacquista per un breve tratto una direzione NW-SE per poi, all’incirca in
località Becchi, piegare nuovamente in direzione N-S e correndo a ridosso del comune
di Capriglio.
Il quinto e ultimo spartiacque separa il bacino del Rio Nissone da quello del Rio di Van
che scorre fuori dal territorio comunale di Castlenuovo Don Bosco. Esso è orientato in
direzione N-S e, passando lungo la cresta verso case Appiano, in corrispondenza di
Casa capello esce dal territorio considerato.
5.3
Erodibilità, trasporto solido e stabilità sponde
In linea generale il reticolo idrografico è caratterizzato da una tendenza all’erosione da
bassa a moderata imputabile principalmente alla pendenza dei profili di fondo dei rii
presenti. In particolare i tre rii principali possono essere suddivisi in ulteriori tratti
intermedi in cui si definisce la morfologia dell’alveo e si esplica la propensione dello
stesso al dissesto.
Rio Bardella – Il corso d’acqua è caratterizzato da pendenze variabili tra 2÷6% e si
presenta piuttosto stretto e incassato con versanti da poco acclivi (versante sinistro)
e mediamente acclivi (versante destro), con una spiccata erosione laterale e di
fondo. Per quasi tutto il suo corso l’alveo del rio si presenta molto inciso e piuttosto
stretto; iIn generale le sponde non presentano particolari fenomeni di instabilità e
non si riscontrano gravi problemi per quanto riguarda la presenza di vegetazione o
detriti di altra natura in alveo.
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pag. 25
Rio Traversola – L’alveo di questo corso d’acqua che attraversa il concentrico di
Castelnuovo D.B. è caratterizzato da pendenze inferiori al 2% e si presenta più
ampio di quello dei due corsi d’acqua da cui ha origine; l’alveo mostra un andamento
sinuoso in un fondovalle ampio, caratterizzato da versanti mediamente ad acclività
accentuata.
Per tutto il suo corso l’alveo si presenta marcatamente inciso, con una leggera
diminuzione del grado di incisione procedendo verso valle. In generale le sponde
non presentano particolari fenomeni di instabilità e non si riscontrano gravi problemi
per quanto riguarda la presenza di vegetazione o detriti di altra natura in alveo. Solo
all’altezza di Cascina Peccato, le sponde si presentano più acclivi, quasi verticali in
sinistra orografica con battute ed erosioni di sponda molto accentuate. La larghezza
dell’alveo aumenta parallelamente all’approfondimento e in alcuni punti raggiunge i
20 m. Da segnalare che nel tratto di attraversamento dell’abitato di Castelnuovo D.B.
l’alveo è condizionato da fondo e sponde in c.a.; recentemente sono stati compiuti
interventi di ricalibrazione dell’alveo (poco a valle della confluenza Bardella
Nevissano) e di difesa spondale che garantiscono una maggiore officiosità idraulica
all’alveo.
Rio Nevissano – bacino del rio Nevissano è il più piccolo tra i bacini presenti all’interno
del territorio comunale e si estende da poco a monte del concentrico di Castelnuovo
Don bosco fino a oltre il mite comunale a nord di località Mistrassi. Il rio è
caratterizzato da pendenze variabili tra 2÷6% e presenta un fondovalle molto stretto
ed incassato e versanti da poco acclivi a molto acclivi. Il tratto a valle di località
Mistrassi presenta una maggiore propensione al dissesto dovuta alla rapidità delle
sponde ed alla pendenza dell’alveo (circa 5÷6%).
Rio Nissone – Il bacino del Rio Nissone è il secondo per estensione tra i bacini che
interessano il comune di Castelnuovo Don Bosco sebbene la sua estensione sia
assai maggiore dell’area compresa nel territorio comunale in corrispondenza della
frazione di Mondonio, l’alveo è stato risagomato e regolarizzato e presenta una
sezione molto regolare con sponde piuttosto acclivi. In questo tratto vi sono due
punti in cui l’alveo compie delle curve ad angolo retto cambiando bruscamente
direzione, sottolineate da modesti fenomeni di battuta di sponda. Procedendo verso
valle, l’alveo si approfondisce rapidamente con sponde piuttosto acclivi e
mantenendo una discreta larghezza (circa 10 m). Esso è circondato da coltivazioni
presenti in sponda sinistra e quasi fin dentro l’alveo mentre la sponda destra è
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occupata da boscaglia. Procedendo verso valle l’alveo ridiventa definito e non
presenta fenomeni di instabilità sulla sponde ma solo una discreta quantità di
vegetazione all’interno dell’alveo.
Le vallecole secondarie fungono da linee di impluvio e non si osservano veri e propri
corsi d’acqua. L’alimentazione di tali impluvi è legata alle acque meteoriche più che alla
presenza di vere e proprie emergenze idriche. Per quanto concerne il trasporto solido,
si constata la pressoché totale assenza di sedimenti entro gli alvei dei corsi d’acqua e i
fenomeni di esondazione sono generalmente caratterizzati dalla scarsità di materiale
alluvionale, costituito prevalentemente da sabbie limose. Tuttavia, la locale presenza di
ciottoli e ghiaie entro i depositi torrentizi attuali e recenti, testimonia una passata
intensità medio-elevata dei processi di trasporto solido.
5.4
Dissesti imputabili al reticolo idrografico
Nel seguito sono riportate le tabelle inerenti lo stato di attività e la pericolosità dei
dissesti riferibili alla rete idrografica. Per quanto concerne i dissesti di carattere lineare,
la distinzione dei livelli di intensità è stata evidenziata in particolar modo “per le
situazioni rilevanti ai fini del censimento del dissesto o per gli ambiti urbanizzati o di
prevista urbanizzazione”, come indicato nella D.G.R. 15 luglio 2002 n. 45-6656.
In tale elaborato sono stati riportati oltre ai corsi d’acqua, i limiti delle aree inondabili
riferibili a portate con differenti tempi di ritorno definiti sulla base dello studio idraulico, a
cui si rimanda per approfondimenti, in accordo con le indicazioni della D.G.R. n.45-6656
del 15.7.02.
Nella Tabella 3 sono riportati le tipologie
di “esondazioni e dissesti morfologici di
carattere fluviale e torrentizio” di cui alla D.G.R. n.45-6656 del 15.7.02, riscontrati nel
territorio comunale di Castelnuovo Don Bosco.
TIPI DI PROCESSI PREVALENTI
Lineari
Areali
INTENSITÀ DEL PROCESSO
CODICE
Molto elevata
EeL
Elevata
EbL
Media/moderata
EmL
Molto elevata
EeA
Elevata
EbA
Media/moderata
EmA
TABELLA 2 - Classificazione dei dissesti di carattere fluviale e torrentizio (tratto da
DGR 16.07.2002 n. 45-6656)
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Le caratteristiche morfologiche degli ambiti immediatamente esterni agli alvei, in quei
settori dove i risultati delle verifiche idrauliche indicano fenomeni di esondazione per
tracimazione della portata liquida per eventi con tempo di ritorno pari a 200 o 500 anni,
fanno ipotizzare il possibile allagamento di alcune aree, talora con possibile
deposizione di materiali fini.
É il caso delle aree estese in sinistra idrografica del Rio Bardella e del Rio Nevissano al
limite settentrionale dell’abitato di Castelnuovo D.B.: qui l’esondazione è attribuibile a
portate riferite ad eventi con tempo di ritorno pari a 200 anni, classificate di
conseguenza come aree EbA. Esternamente a queste si estende una fascia di limitata
ampiezza classificata come area EmA e riferita ad eventi con tempo di ritorno
cinquecentennale.
Nel concentrico di Castelnuovo si segnalano due aree di estensione assai limitata,
rispettivamente collocate in sponda destra a monte del ponte della S.P. per Moriondo
T.se, siglato PO001 in carta, e in sponda sinistra a monte del ponte siglato PO003 in
carta, allagabili per tracimazione relativamente a portate riferite ad eventi con tempo di
ritorno pari a 500 anni; le aree corrispondono a cortili antistanti due condomini.
Analogo discorso può essere fatto per la piazza adibita a parcheggio posta in sponda
sinistra del Rio Traversola al margine meridionale del concentrico, allagabile per
tracimazione del Rio Traversola in riferimento ad eventi d piena con tempi di ritorno pari
a 500 anni, e quindi classificata come area EmA . Da segnalare che la sezione di
deflusso, pur garantendo lo smaltimento della portata duecentennale non garantisce il
franco di sicurezza richiesto.
Un’area ben più estesa delle precedenti, di natura agricola, posta in sponda destra del
Traversola, all’altezza dell’area industriale, risulta allagabile da acque a bassa energia
riferite ad eventi con tempo di ritorno pari a 500 anni; classificata come area EmA.
Per quanto riguarda il Rio Nissone e il Rio Traversola a valle della Strada Provinciale
per Buttigliera d’Asti, si sono mantenute le perimetrazioni già presenti negli elaborati del
vecchio P.R.G.C. e validati dal P.A.I (Aree EmA).
Per queste aree non sono infatti disponibili verifiche idrauliche del Rio Traversola che
consentano di rivederne l’andamento.
Similmente sono state classificate come aree inondabili a pericolosità medio-moderata
(EmA) anche parte dei fondovalle dei due rii anonimi tributari di sinistra del Rio
Traversola nel tratto a valle del concentrico, che confluiscono rispettivamente a valle del
complesso sportivo e a valle della località C.na Bric Castiglione.
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In particolare l’esondabilità di questi rii è legata in maniera preponderante alla presenza
di ostacoli al normale deflusso delle acque piovane e alla possibile ostruzione di sezioni
insufficienti a far transitare le portate che si originano.
Per il rio più a monte tali ostacoli sono rappresentati sia dall’attraversamento della
Strada Provinciale n°17 sia dall’interramento, con sezione inadeguata, del tubo
nell’area dove sorge il complesso sportivo.
Nel caso del rio più a valle, l’ostacolo principale è rappresentato dall’attraversamento
della S.P. n°17, che tuttavia, è stato notevolmente migliorato e potenziato dai lavori di
realizzazione della variante alla strada stessa.
Inoltre, si segnala un fenomeno molto comune nelle zone limitrofe al territorio in esame,
e in particolar modo sull’altopiano di Poirino, legato ai ristagni d’acqua su substrato
impermeabile. La parte meridionale e orientale del territorio comunale, infatti, è
caratterizzata dall’affioramento di litologie poco permeabili che emergono estesamente
anche in aree di pianura.
In seguito a piogge abbondanti, i terreni raggiungono la saturazione e non sono più in
grado di assorbire ulteriori quantitativi d’acqua che viene dunque smaltita dai rii
secondari aumentandone le portate.
È dunque possibile che in molte porzioni di territorio, fenomeni di allagamento siano
imputabili non tanto ad eventi di piena dell’asta torrentizia ma all’impossibilità del
substrato di assorbire ulteriori quantitativi d’acqua.
Tale fenomeno è sicuramente molto evidente in corrispondenza dei rii anonimi posti in
sinistra orografica del Rio Traversola a valle del concentrico.
5.5
Dissesti P.A.I.
Per quanto concerne i dissesti indicati dal P.A.I., essi corrispondevano, in linea di
massima, con i dissesti riportati nelle cartografie redatte nella precedente variante del
P.R.G.C..
Nell’ottica di procedere ad un revisione ed approfondimento dello stesso, i dissesti
legati alla dinamica dei versanti sono stati modificati per quel che concerne i contorni e
lo stato di attività in funzione dei nuovi sopraluoghi effettuati e dei dati disponibili nelle
banche dati.
Le modifiche alle perimetrazioni PAI relative alle esondazioni e ai dissesti morfologici di
carattere torrentizio sono supportate da studi idraulici in accordo con la normativa di
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settore ed esposti negli elaborati connessi. Nelle aree dove gli studi idraulici non sono
stati condotti (parte meridionale del territorio comunale) sono state mantenute le
perimetrazioni e le classificazioni vigenti.
5.6
Opere di condizionamento degli alvei
Nell’Elaborato GB03 sono riportate le opere di condizionamento degli alvei censite
nell’ambito del territorio comunale (in particolare i ponti e gli attraversamenti), adottando
la metodologia SICOD.
Ad ogni opera è stato attribuito un codice identificativo che rimanda ad una apposita
tabella (Scheda SICOD), allegata alla presente relazione, su cui sono riportati i dati di
ognuna (tipologia, dimensione, ecc.). Si tratta di opere ricadenti quasi esclusivamente
all’interno della categoria attraversamenti e guadi che presentano uno stato di
conservazione e di efficienza da medio a buono per le quali sono necessari locali e
periodici interventi di pulizia per il ripristino delle originarie sezioni di deflusso.
In particolare, le verifiche idrauliche effettuate evidenziano la criticità dei ponti presenti
all’interno del concentrico (PO001 – ponte sulla S.P. 17 e PO003 e PO004 all’interno
del paese). L’opera classificata come PO004 già nel 1994 aveva causato l’esondazione
per tracimazione del corso d’acqua e conseguente danneggiamento di un fabbricato
limitrofo.
Presenta un criticità anche l’opera di attraversamento AG002 posta a monte della
confluenza tra il Rio Bardella e il Rio Nevissano, in corrispondenza di una zona
industriale.
Infine si segnala l’opera di attraversamento AG043, presente nell’intorno del complesso
sportivo, a monte della palestra, che in passato è stata causa di modesti
fenomeni di allagamento dei locali interrati e del piano terra del complesso
stesso.
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ASSETTO IDROGEOLOGICO
In questo capitolo si fornisce una caratterizzazione idrogeologica del territorio comunale
riprendendo e ampliando quella proposta a corredo dei precedenti elaborati del
P.R.G.C.
Dalla stessa relazione è stato ricavato il censimento dei pozzi con i relativi valori di
piezometria.
Tutte le informazioni sono riportate nell’Elaborato GB03 “Carta geoidrologica e del
reticolato idrografico”, redatta in scala 1: 10.000
6.1
Caratterizzazione idrogeologica
In carta le unità affioranti nel territorio oggetto di studio sono distinte in funzione delle
caratteristiche di permeabilità che le contraddistinguono, partendo dai termini del
substrato litoide per concludere con quelli dei terreni di copertura.
6.1.1
Substrato litoide
Dal punto di vista idrogeologico, il substrato roccioso costituente i rilievi collinari in
questione è suddivisibile a grandi linee in 4 classi di permeabilità, da medio-alta a molto
bassa.
A tale suddivisione, tuttavia, non corrisponde sempre un’uniformità delle
caratteristiche idrogeologiche a scala locale, per cui tale distinzione si basa
essenzialmente sulla litologia dei depositi.
Complesso 1 : sabbie a vario grado di cementazione - permeabilità da medio-bassa a
medio-alta per porosità
Questo complesso riunisce le varie facies delle Sabbie di Asti, da quelle
sciolte a quelle più consolidate; la permeabilità, legata alle variazioni
granulometriche e di consistenza, presenta caratteri piuttosto variabili:
in particolare essa varia da medio-bassa (localmente fino a 1×10-6 m/s)
fino a medio-alta (1×10-3 m/s); talvolta nei livelli più arenaci, alla
permeabilità primaria se ne può affiancare anche una secondaria per
fatturazione: in questi casi si possono raggiunger valori superiori; la
maggior parte dei pozzi realizzati in zona tende a sfruttare questo
acquifero che risulta molto produttivo.
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Complesso 2 : alternanza di sabbie e argille - permeabilità da bassa a medio-alta per
porosità
Ad esso sono ascritti i terreni appartenenti alla successione
villafranchiana; la permeabilità risulta pertanto estremamente variabile
a seconda del livello considerato, passando da bassa a medio-alta; a
causa degli esigui spessori in gioco, solitamente la produttività di
questo complesso, in quest’area geografica, è limitata.
Complesso 3 : argille, argille siltose, argille marnose e marne - permeabilità molto
bassa per porosità
Riunisce i litotipi afferenti alle Argille Azzurre e alle Marne di S. Agata
fossili;
la permeabilità è sempre molto bassa,
anche se in
corrispondenza a disturbi tettonici, soprattutto all’interno delle zone più
francamente marnose, posso svilupparsi dei circuiti locali legati alla
fatturazione dell’ammasso roccioso in cui si possono registrare valori
leggermente più alti.
Complesso 4 : gessi e argille gessose - permeabilità molto bassa per porosità,
localmente alta per carsismo
In questo complesso sono riuniti i litotipi afferenti al Complesso Caotico
Valle Versa nella sua componente gessosa; in questo caso, il gesso
(estremamente solubile) si trova inglobato in una matrice argillosomarnosa quasi impermeabile: questa situazione da un lato favorisce
l’impermeabilizzazione del complesso mentre dall’altra può dare luogo
a fenomeni carsici per dissoluzione dei gessi; è pertanto possibile lo
sviluppo di circuiti locali, confinati all’interno delle maggiori lenti
gessose, che possono dar luogo a venute d’acqua di una certa
consistenza, come nel caso della fonte Bardella descritta in seguito.
6.1.2
Terreni di copertura
Complesso 5 : sabbie limose - permeabilità da bassa a medio-bassa per porosità
Questo complesso riunisce i depositi fluviali terrazzati e quelli alluvionali
recenti ed attuali; a causa della loro granulometria posseggono una
permeabilità per porosità variabile tra bassa e medio-bassa; tale fatto,
associato a spessori mai notevoli, spiega il motivo per cui non sono mai
stati sfruttati per approvvigionamento idrico.
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Per quanto riguarda i materiali di origine eluvio-colluviale che ricoprono estesamente il
basamento pliocenico è da rilevare che l’elevato tenore di frazione limoso-argillosa in
essi presente determina un grado di permeabilità in genere basso.
Sebbene in condizioni ordinarie la coltre non ospiti alcuna falda, in occasione di eventi
di pioggia molto intensi o prolungati in corrispondenza dell'interfaccia basamentocopertura si possono instaurare fenomeni di filtrazione di carattere temporaneo,
alimentati per infiltrazione diretta, il cui andamento segue quello della superficie
topografica, attenuandone le asperità.
Si segnala che a tale fenomeno va di norma attribuito un potenziale ruolo di innesco
degli scoscendimenti lungo i versanti, specie in occasione di eventi pluviometrici
particolarmente intensi, a causa dell’instaurarsi di condizioni prossime alla saturazione
del materiale sciolto. Tali fenomeni evolvono quasi sempre in forma di colata fangosa,
per quanto di ridotte dimensioni.
6.2
Pozzi e sorgenti
Sono stati censiti e riportati in carta i pozzi e le sorgenti noti, presenti sul territorio.
6.2.1
Pozzi
In carta sono distinti con colorazioni diverse in base alla soggiacenza (profondità del
livello statico della falda dal piano campagna): > 5 m ; compresa tra 5 e 15 m; < 15 m .
Nella maggior parte dei casi si tratta di pozzi superficiali (inferiori ai 10 m) che sfruttano
probabilmente il livello più decompresso dell’ammasso roccioso in cui può infiltrarsi
l’acqua meteorica.
Le portate di questi pozzi sono sempre ridotte e sufficienti, esclusivamente, ad un
utilizzo di tipo domestico.
Al contrario, quelli trivellati sui rilievi collinari del settore centro-meridionale (Mondonio,
Morialdo) presentano una profondità attorno ai 40 m e vanno ad intercettare
probabilmente i livelli acquiferi più profondi.
Anche i depositi alluvionali di fondovalle non risultano dei buoni acquiferi, tanto che la
maggior parte dei pozzi realizzati in queste aree capta livelli più profondi, attraversando
interamente questi terreni (zona a sud del concentrico).
La Tabella 1 seguente riporta per ogni pozzo la proprietà, l’ubicazione, la profondità del
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pozzo e il valore di soggiacenza della falda (misura della profondità della superficie
freatica rispetto alla quota del piano di campagna nel punto di misura).
PROPRIETARIO
Bava Giovanni
Viale Caterina
Occhiena Lorenzo
Aiassa Pietro
Benin
Musso Paolo
Graglia Enzo
Ferrero Roberto
Musso Giacomo
Allegro Paolo
Finello Franco
Bosco Paola
Pedron Vito
D’Aloia Romano
Graglia Ezio
Febbraro Giuseppe
Fiorella Maria
Musso Amelia
Grassotti Domenico
Beltramo Sergio
Marengo Franco
Pillone Renato
Gennari
Musso Luigi
Adriano Angelo
Arnaud Ermelina
Marin Giuliano
Gallieri Claudio
Musso Guido
Ostino Aldo
Borgetto Mario
Bello Leonardo
Cossù Luciano
Cerruti Agostina
Bava Luigi
Marzano Delfina
Gilardi Pietro
Sconosciuto
Bargetto Ferdinando
Bava Giuseppe
Caranzano Teresa
Gianoglio Luigi
LOCALITÀ
PROFONDITÀ (m)
DICHIARATA
Fraz. Morialdo
Fraz. Ranello
Fraz. Morialdo 45
C.na Cascinotto
Fraz. Mondonio
Bardella
Bardella
V. Albugnano 1
V. S.Giovanni 6
V. Garibaldi 40
Fraz. Morialdo 24
V. Guinipero 17 - Mondonio
C.na Lunga - Morialdo
Fraz. Mondonio
Fraz. Bardella 67
Colle Febbraro - Morialdo
Fraz. Mondonio
Fraz. Freis
Fraz. Morialdo 5
V. Case Sparse 24 - Mondonio
V. Chivasso
Fraz. Nevissano
C.ne Valcappona
V. Bardella - Bardella
Castelnuovo Don Bosco
Loc. Fornaca
V. Argentero 27
V. Case Sparse 23 - Mondonio
Fraz. Nestrà
Fraz. Freis
Castelnuovo Don Bosco
Fraz. Ranello 5
C.na Cascinotto
V. S. Rocco 17 - Mondonio
Fraz. Morialdo 19/13
Fraz. Morialdo 18
V. Aliberti 61
Fraz. Morialdo
Fraz. Nevissano
Fraz. Nevissano 10
V. Chivasso
Fraz. Morialdo
15
7
40
13
15
6
22
15
30
45
12
6
6
11
15
30
45
6
142.7
11
10
15
20
15
10
10
13
18
7
3
7
15
28
8
17
4
11
7
8
MISURATA
SOGGIACENZA
(m)
10.5
6.1
Asciutto
7.1
10
4.5
25
9.2
4.6
4.9
9
4.8
37
23
30
16
10
9.6
19
10
9
13.2
7.7
3
3.9
>20
6
8.6
3
5.2
9
3
19
16.7
TABELLA 3 – Elenco pozzi e relativi valori di soggiacenza
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Sulla base dei dati riportati è possibile fare le seguenti considerazioni:
-
la variabilità litologica di gran parte del territorio e la morfologia dei luoghi,
caratterizzata da forme superficiali molto mutevoli, sono causa di un irregolare e
discontinuo andamento della falda freatica; in tale contesto sono presenti falde
raramente
in
diretto
contatto
idraulico,
costituenti
sistemi
idrici
sotterranei
compartimentati e a diverso grado di indipendenza, anche nell'ambito della medesima
formazione geologica. In particolare, all'interno delle litologie caratterizzate da
permeabilità molto bassa o nulla, si possono rinvenire localmente moti di filtrazione in
corrispondenza di superfici di discontinuità. Alla luce di tali considerazioni, risulta chiaro
come non sia stato possibile ricostruire l'andamento delle linee isopieze e neppure
valutare la direzione generale di deflusso della falda, che, specie nelle zone
morfologicamente più articolate, può presentare variazioni locali anche consistenti.
-
le medesime considerazioni valgono anche per il gradiente idraulico, la cui
misura non è stata possibile per la mancanza di dati significativi al riguardo;
-
la maggior parte dei pozzi sfrutta il complesso delle Sabbie Astiane,
caratterizzato da terreni medio-fini separati da locali livelli limoso-argillosi
che ne
interrompono la continuità causando generali condizioni di risalita della falda;
-
è rinvenibile, lungo i versanti collinari, un sistema acquifero superficiale che
insiste sulla porzione superficiale disgregata e decompressa dell’ammasso roccioso
(primi 4÷5 m) il cui andamento è circa parallelo alla superficie.
6.2.2
Sorgenti
In carta sono state riportate le sorgenti, per le quali si segnala la presenza di due tipi:
quelle legate a circuiti profondi nel Complesso Caotico della Valle Versa, che
comprende le litologie gessose, e quelle legate a circuiti più o meno superficiali
essenzialmente ricadenti all’interno delle Sabbie Astiane.
L’unica sorgente che esula da questo contesto è quella rilevata a Mistrassi (denunciata
come pozzo) la quale alimenta un piccolo rio e sfrutta probabilmente dei livelli
permeabili per fatturazione all’interno della formazione delle Marne di S. Agata fossili.
In particolare, l’assetto geologico della zona centro-meridionale del territorio esaminato
crea una linea di emergenze idriche legate al cambio di permeabilità esistente tra le
Sabbie di Asti e i depositi alluvionali a granulometrie mediamente più fini). La soglia di
permeabilità, legata ad una generale giacitura verso SW, crea una serie di piccole
risorgive nella zona compresa tra C. Bric Castiglione e il Colle don Bosco (C.na
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Peccato e C.na Lunga) proprio al contatto tra la piana alluvionale e il piede dei rilievi
collinari. Le risorgive sono individuate in carta da apposita simbologia.
Si segnalano, inoltre, alcune venute d’acqua in corrispondenza delle maggiori incisioni
dei corsi d’acqua ed in particolare lungo il tratto meridionale del Rio Bardella; tali afflussi
sono da ricollegarsi a variazioni verticali di permeabilità all’interno delle alluvioni recenti.
Si fa qui un breve accenno alla fonte sulfurea di Bardella che scaturisce per ascensione
pochi metri sulla sinistra orografica dell’omonimo rio, al confine tra il Complesso Caotico
della Valle Versa (a letto) e le Argille Azzurre (a tetto). L’acquifero che la alimenta è
confinato all’interno della formazione gessosa, vista la bassissima permeabilità delle
formazioni che lo limitano a nord e a sud. Alla luce dell’estrema ricchezza in ioni cloro,
sodio e solforico e della temperatura della sorgente di circa 13°, è possibile ipotizzare
che la fonte abbia origine da una circolazione di tipo profondo all’interno del Complesso
Caotico che viene in superficie risalendo lungo l’interfaccia con le argille.
6.3
Il reticolo idrografico
Nell’ambito del reticolo idrografico presente sul territorio comunale di Castelnuovo Don
Bosco si è provveduto a distinguere con diversa colorazione in carta i corsi d’acqua
“pubblici”, aventi alveo a sedime demaniale, da quelli con alveo a sedime privato.
In carta sono altresì riportati le opere idrauliche e di condizionamento degli alvei
censite, distinte con apposita simbologia e classificate secondo i criteri del SICOD; ad
ogni opera censita corrisponde una scheda di rilevamento riportata in un apposito
allegato.
In particolare si sono individuati:
- attraversamenti e guadi;
- difese di sponda;
- ponti.
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pag. 36
CONDIZIONI DI ACCLIVITÀ DEL TERRITORIO IN ESAME
A seguito di quanto osservato in occasione dei rilievi di terreno si è ritenuto opportuno
redigere una carta dell'acclività, pur avendo presente l'insufficiente dettaglio della base
topografica a disposizione. L'esperienza acquisita in contesti analoghi ha, infatti,
mostrato che tale elaborato, pur condizionato da scarsa precisione, è in grado di fornire
informazioni utili per la classificazione del territorio in termini di pericolosità geologica.
Per la stesura della “Carta di sintesi della pericolosità geologica e dell’idoneità all’uso
urbanistico” non si è quindi proceduto ad una semplice sovrapposizione di questo
elaborato con gli altri tematismi prodotti ma al contrario si sono utilizzate alcune
informazioni desumibili dallo stesso al fine di completare localmente l’analisi della
pericolosità dei diversi settori di territorio.
7.1
Note alla “Carta dell’acclività” (elaborato GB04)
La carta dell'acclività è stata ricavata mediante l'elaborazione del modello digitale del
terreno della Regione Piemonte (SITAD - Sistema Informativo Territoriale Ambientale
Diffuso), basato su una discretizzazione territoriale con maglia a 50 metri di lato. La
procedura di elaborazione, che si avvale di processori avanzati, è basata sulla
ricostruzione del campo di pendenze definito mediante interpolazione delle quote del
terreno, definite in ciascun nodo della griglia territoriale mediante una terna di valori
(coordinate UTM Est, Nord, quota in m s.l.m.m.). Nel caso del comune di Castelnuovo
Don Bosco, la zonizzazione del campo di pendenze è stata eseguita in accordo a sei
classi, definite dai seguenti limiti (valori espressi in gradi):
0°
÷
5°
5°
÷
10°
10°
÷
15°
15°
÷
25°
25°
÷
50°
Una distinzione così dettagliata ha permesso di definire quelle aree a pendenza
maggiore di 25° che, pur in assenza di dissesti evi denti, potrebbero dare origine a delle
instabilità di vario genere. Tale valore è stato ponderato dal punto di vista dei litotipi
presenti sul territorio e dei loro relativi valori di coesione ed è ritenuto cautelativo ai fini
della classificazione della pericolosità geomorfologica.
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pag. 37
RICLASSIFICAZIONE SISMICA
Per il caso specifico di Castelnuovo Don Bosco, questo comune passa da N.C. (Non
Classificato) alla Zona 4.
La D.G.R. n. 61 – 11017 del 17 Novembre 2003-11-25 delibera, per i comuni ricadenti
nella zona 4, “di non introdurre, per la zona 4, l’obbligo del rispetto dell’art. 89 del
D.P.R. 06/06/2001 n. 380 “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia”, fatta salva la permanenza dell’obbligo relativamente agli abitati da
consolidare” e “di stabilire che nei comuni colpiti dal sisma del 21 Agosto 2000, nonché
in quelli colpiti dal sisma dell’11 Aprile 2003, di cui al Decreto del Presidente della
Giunta Regionale n. 45 del 20 Maggio 2003, ai fini del completamento degli interventi di
ricostruzione, si applica la normativa tecnica previgente all’Ordinanza P.C.M. n.
3274/03.
In occasione dell’evento sismico del 21 Agosto 2000, nel territorio comunale non si
sono verificati danneggiamenti a manufatti.
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NOTE ALLA “CARTA DI SINTESI DELLA PERICOLOSITÀ GEOLOGICA E
DELL’IDONEITÀ ALL’USO URBANISTICO” (Elaborato GB05)
La "Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità all'uso urbanistico"
(Elaborato GB05) costituisce un elaborato previsto dalla Circolare n° 7/LAP del 6/5/96 e
rappresenta il quadro di sintesi dello studio condotto.
In generale, la già richiamata Circolare PGR n° 7/L AP e la relativa Nota Tecnica
Esplicativa, prevedono la suddivisione dell’intero territorio in esame in tre classi di
idoneità da applicarsi a contesti caratterizzati da condizioni di pericolosità nulla (Classe
I), media (Classe II) ed elevata (Classe III). Ciascuna classe è sottoposta a prescrizioni
di ordine geologico - tecnico progressivamente più restrittive.
È opportuno sottolineare che le indicazioni formulate per le classi a pericolosità
geologica minore mantengono la loro validità anche in ambito di classi più penalizzate.
Negli elaborati le porzioni di territorio riferite ad una data classe sono delimitate da un
tratto grafico.
Necessariamente, il grado di precisione del segno varia da punto a
punto, essendo condizionato da vari fattori tra cui la scala adottata per la
rappresentazione, la precisione della base topografica e, non da ultimo, la qualità del
dato disponibile. In corrispondenza del limite esiste pertanto un intorno nell’ambito del
quale è possibile intervenire con analisi di maggior dettaglio, con lo scopo di affinare
l’andamento del limite stesso. In altri termini, l’appartenenza ad una data classe della
porzione di territorio immediatamente adiacente al limite riportato in carta può essere
suscettibile di precisazione, qualora se ne ravvedesse la necessità, alla luce di specifici
approfondimenti.
Per quanto riguarda le prescrizioni di ordine geologico indirizzate ai fini edilizi ed
urbanistici si specifica che si dovrà in ogni caso ottemperare a quanto prescritto dalla
L.R. 9/8/89 n°45 e dal D.M. 11/3/88, n° 47.
In
particolare,
lo
studio
geologico-tecnico
dovrà
precisare
le
caratteristiche
geomorfologiche, geoidrologiche e geotecniche locali, specificare le condizioni di
stabilità e di potenziale dissestabilità, valutare la ricaduta sulla destinazione urbanistica
prevista e, nel caso, individuare gli indirizzi di intervento atti a mitigare le condizioni di
pericolosità.
Si sottolinea inoltre che non è ammessa in nessun caso la copertura dei corsi d’acqua
principali o della rete minore mediante tubi o scatolari, anche se di ampia sezione.
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Per quanto riguarda gli attraversamenti stradali dei corsi d'acqua, questi dovranno
essere realizzati mediante ponti la cui luce non vada in alcun modo a ridurre la
larghezza dell'alveo a rive piene.
Per gli attraversamenti dei corsi d'acqua minori su strade secondarie, dovranno essere
impiegate soluzioni che garantiscano il deflusso delle portate di piena, realizzate in
modo da non determinare diversioni a monte in caso di occlusione del tratto tombinato.
9.1
Classi di pericolosità geologica e prescrizioni per l’uso urbanistico
Vengono di seguito descritte e commentate le diverse classi di pericolosità
geologica in cui è suddiviso il territorio ed esposte
9.1.1
Classe I
SETTORI PRIVI DI CONDIZIONI DI PERICOLOSITÀ GEOLOGICA
Nell’ambito della revisione in oggetto tale classe è rappresentata ampiamente nel
settore centrale del territorio comunale, essenzialmente nelle zone di fondovalle dove
non si presentano problemi di allagamento ad opera di acque di esondazione o
fenomeni ristagno per drenaggio insufficiente.
In questi contesti le caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche, geolitologiche, di
acclività e di dissesto del territorio hanno consentito di individuare aree prive di elementi
di pericolosità.
Per questi settori ogni intervento è consentito nel rispetto delle prescrizioni del D.M.
11/3/1988 (”Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità
dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri e le prescrizioni per la progettazione,
l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di
fondazione”) e s.m.i..
9.1.2
Classe II
SETTORI CARATTERIZZATI DA CONDIZIONI DI MODERATA PERICOLOSITÀ GEOLOGICA
Al fine di caratterizzare maggiormente le differenti problematiche, la Classe II è stata
suddivisa in tre sottoclassi denominate II A1, II A2, II B: le prime due riferite agli ambiti di
pianura e di fondovalle e la terza ai settori di versante.
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• Sottoclasse IIA1
La delimitazione di questa sottoclasse sul territorio si è basata sulla indicazioni
emerse dagli studi idraulici effettuati e comprende le aree lungo il corso del Rio
Traversola ubicate nei dintorni del concentrico, nel tratto che dallo stesso
concentrico si estende fino al ponte della Strada Provinciale per Buttigliera d’Asti.
Nei precedenti elaborati del P.R.G.C. e nel P.A.I. tali aree risultavano definite come
“aree a pericolosità media o moderata (EmA)” in quanto definite solo in base a
considerazioni di carattere geomorfologico.
Sebbene l’esecuzione degli studi idraulici abbia consentito una corretta ridefinzione
della delimitazione di questa sottoclasse, soprattutto in termini di estensione della
stessa, la possibilità di fenomeni di dissesto per allagamento legati alla parziale o
completa ostruzione degli attraversamenti e/o delle opere di presa adiacenti, o
ancora al cattivo drenaggio superficiale, hanno indotto comunque a mantenere
valida una classe più penalizzante, già presente nei vecchi elaborati del P.R.G.C.
Ogni nuovo intervento deve essere realizzato prevedendo l’eventuale innalzamento
sul piano campagna del primo piano calpestabile, la cui entità è da valutarsi sulla
base di specifiche verifiche puntuali. L’eventuale innalzamento del piano di
campagna, ottenuto con riporti di terreno, potrà essere autorizzato solo a seguito di
un apposito studio atto a dimostrare che esso non pregiudica la fruibilità delle aree
circostanti.
La realizzazione di locali completamente o parzialmente interrati rispetto all'attuale
piano campagna dovrà contemplare l’eventuale adozione di adeguate soluzioni
tecniche, da esplicitarsi a livello di progetto esecutivo, atte a impedire fenomeni di
allagamento imputabili ad acque di ruscellamento, allo scarso drenaggio superficiale
o a fenomeni di tracimazione locale del reticolo idrografico minore, e a garantirne
l’uso in condizioni di sicurezza.
•
Sottoclasse IIA2
In questa sottoclasse sono incluse le “aree a bassa probabilità di inondazione” a
pericolosità medio/moderata (classificate con la sigla EmA in termini di pericolosità
geologica e idraulica ai sensi della D.G.R. 15 luglio 2002 n. 45-6656) definite sulla
base dei vecchi elaborati del P.R.G.C. e che sono state classificate come EmA dal
PAI. Per queste aree non sono stati effettuati studi idraulici.
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Ad esse si aggiungono le aree di fondovalle dei due rii anonimi presenti
immediatamente a valle del concentrico, la cui interferenza con la Strada Provinciale
n°17 e con inadeguati sistemi di drenaggio delle ac que piovane è causa, sebbene
raramente, di fenomeni di riflusso con conseguente esondazione nelle adiacenze
degli stessi. In particolare, il rio più a monte, che risulta interrato a valle del
complesso sportivo, è causa di lievi allagamenti dei locali interrati e del piano terra
del complesso stesso.
In generale, sebbene il P.A.I. preveda la classificazione i queste aree all’interno
della Classe III, si è optato per un loro mantenimento in classe II (seppur con alcuni
vincoli d’uso) in quanto i rilievi di terreno hanno confermato le indicazioni già
riportate negli elaborati del vecchio P.R.G.C. che indicavano queste aree come
“aree esondabili da flussi a bassa energia…. in cui il fenomeno è, però, legato, a
correnti poco impetuose o addirittura a ristagni d’acqua (legati alla presenza di
terreni poco permeabili già in superficie) che perciò non sono in grado di
danneggiare strutturalmente le infrastrutture antropiche”.
Ogni nuovo intervento edilizio deve essere supportato da uno studio geologico e
idraulico che ne giustifichi la fattibilità e individui, ove necessario, le soluzioni di
mitigazione a livello di progetto esecutivo. Ogni nuovo intervento edilizio deve
essere realizzato valutando l’opportunità di un eventuale innalzamento sul piano
campagna del primo piano calpestabile, la cui entità è da definirsi sulla base di studi
di carattere idraulico. L’eventuale innalzamento del piano di campagna, ottenuto con
riporti di terreno, potrà essere autorizzato solo a seguito di un apposito studio atto a
dimostrare che esso non pregiudica la fruibilità delle aree circostanti.
L’eventuale realizzazione di locali completamente o parzialmente interrati, in ogni
caso non fruibili a fini abitativi, deve necessariamente prevedere l'adozione di
adeguate soluzioni tecniche da esplicitarsi a livello di progetto esecutivo, atte a
impedire allagamenti imputabili a fenomeni di esondazione dei corsi d’acqua, e a
garantirne l’uso in condizioni di sicurezza.
•
Sottoclasse II B
Comprende le aree di versante prive di importanti elementi di pericolosità geologica,
per cui ne è consentito l’utilizzo a fini urbanistici.
Le nuove realizzazioni dovranno prevedere uno studio geologico a norma del D.M.
11/3/1988 e s.m.i., volto soprattutto a precisare le caratteristiche geomorfologiche,
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idrogeologiche e geotecniche puntuali, a individuare gli indirizzi di intervento
necessari a superare le locali condizioni di moderata pericolosità; dovranno essere
previste idonee indagini geognostiche ed espletate verifiche di stabilità, in condizioni
ante e post operam, riferite ai fronti di scavo, ad eventuali accumuli di terreno da
posizionarsi in loco (provenienti da scavi e sbancamenti), alle modificazioni del
suolo in genere e al pendio interessato dall’intervento nel suo complesso.
Gli interventi individuati dovranno essere esplicitati a livello di progetto esecutivo e
limitati al singolo lotto edificatorio o estesi ad un settore circostante significativo.
Come linee di indirizzo generale per gli interventi di cui trattasi, si suggerisce di
valutare l’opportunità d’impiego, in fase di scavo, di opere di sostegno provvisionali
a salvaguardia della stabilità dei fronti e delle aree adiacenti. Andranno infine
definite anche le modalità di raccolta e di smaltimento delle acque di deflusso
superficiale, di scarico, di precipitazione meteorica (con particolare riferimento a
quelle convogliate da tratti stradali) e di infiltrazione, indicando, per queste ultime, le
opere di drenaggio necessarie, escludendo in modo tassativo la dispersione non
controllata.
9.1.3
Classe III
SETTORI IN CUI SUSSISTONO CONDIZIONI DI PERICOLOSITÀ GEOLOGICA
Tale classe comprende aree interessate da dissesti gravitativi e torrentizi, sia areali sia
lineari, e settori di versante ad acclività elevata con elevata propensione al dissesto.
•
Sottoclasse III A
AMBITI GENERALMENTE NON EDIFICATI
Tali ambiti non sono idonei a ospitare nuove edificazioni.
Per gli edifici isolati eventualmente presenti sono consentite la manutenzione
dell’esistente e, qualora fattibile dal punto di vista tecnico, la realizzazione di
eventuali ampliamenti funzionali e interventi di ristrutturazione.
Con l’intento di non penalizzare le attività agricole e zootecniche, qualora le
condizioni di pericolosità lo consentano, nell’ambito di aziende agricole esistenti è
possibile la realizzazione di nuove costruzioni. Tali interventi dovranno essere
subordinati all’esecuzione di studi specifici di dettaglio, indirizzati a valutare la loro
compatibilità geologica e idraulica e a prescrivere gli accorgimenti tecnici
eventualmente necessari per la mitigazione della pericolosità. Tuttavia, come
indicato al punto 6.2 della Nota Tecnica Esplicativa del Dicembre 1999, “si esclude in
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ogni caso la possibilità di realizzare tali nuove costruzioni in ambiti di dissesti attivi l.s., in
settori interessati da processi distruttivi torrentizi e di conoide, in aree nelle quali si rilevino
evidenze di dissesto incipienti”.
Per gli interventi di carattere pubblico non altrimenti localizzabili varrà quanto
previsto dall’art. 31 della L.R. 56/1977.
•
Sottoclasse III B
AMBITI EDIFICATI
Per gli ambiti edificati ricadenti in aree soggette a condizioni di pericolosità, ascritti
alla classe IIIB come richiesto dalla Circolare P.G.R. n. 7/LAP/1996, ci si attiene alla
articolazione in sottoclassi proposta dalla Nota Tecnica Esplicativa della Regione
Piemonte diramata nel Dicembre 1999, di cui in Figura 1 viene riprodotto uno
stralcio riguardante la suddivisione proposta.
FIGURA 1 – La suddivisione della Classe IIIB proposta dalla N.T.E. del Dicembre 1999
Sottoclasse III B2
In considerazione delle differenti problematiche che distinguono gli ambiti collinari
da quelli di pianura e di fondovalle, si è ritenuto di indicare prescrizioni diverse per
i diversi settori considerati.
Ambito collinare: tali aree si riferiscono a settori caratterizzati da acclività elevata
e/o compresi all’interno di dissesti gravitativi e/o soggetti alla dinamica torrentizia.
Sarà possibile procedere a nuove edificazioni, cambi di destinazione d'uso,
ampliamenti o completamenti solo in seguito alla realizzazione di interventi di
sistemazione idrogeologica, supportati da adeguati studi e indagini geologiche,
che potranno essere condotti da soggetti sia privati/consortili che pubblici.
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Tali interventi dovranno soprattutto essere indirizzati a mitigare le condizioni di
pericolosità geologica derivanti dal grado di acclività, dallo spessore delle coltri,
dalle caratteristiche geotecniche e geomeccaniche del substrato e dovranno
essere di volta in volta definiti in ambito di progetto esecutivo. In assenza di detti
interventi gli edifici esistenti potranno essere unicamente oggetto di interventi che
non comportino un aumento del carico abitativo.
Ambito di pianura: tali aree si riferiscono a settori compresi entro perimetri di
dissesti di origine torrentizia (area EbA).
Sarà possibile procedere a nuove edificazioni, cambi di destinazione d'uso,
ampliamenti o completamenti solo in seguito al completamento o alla
realizzazione di nuovi interventi di sistemazione idrogeologica a carattere
pubblico, privato o consortile; in questi ultimi due casi l’approvazione del progetto
e il collaudo delle opere rimane di competenza dell’ente pubblico. L’eventuale
innalzamento del piano campagna, la cui entità risulti compatibile con il livello
idrometrico delle acque di esondazione della piena di riferimento, dovrà essere
adottata in situazioni puntuali, in combinazione con interventi di altro tipo. In ogni
caso, tali interventi di sistemazione dovranno essere supportati da adeguati studi
e indagini di carattere idraulico e idrogeologico. In assenza di soluzioni di
mitigazione gli edifici esistenti potranno essere unicamente oggetto di interventi
che non comportino aumento del carico abitativo, previo studio geologicoidraulico che ne giustifichi la fattibilità.
È in ogni caso preclusa la realizzazione di piani interrati con destinazione a fini
abitativi, artigianali, industriali o a servizi; l’eventuale diversa destinazione d’uso
(ad es. box, parcheggi, etc.) dovrà prevedere l'adozione di adeguate soluzioni
tecniche, da esplicitarsi a livello di progetto esecutivo, atte a garantirne l’uso in
condizioni di sicurezza.
Sottoclasse III B2*
Questa sottoclasse si differenzia dalla precedente unicamente perché non si
riferisce ad aree edificate bensì ad aree di prevista edificazione, come previsto
dall’Art. 18 comma 3, punto d), delle Norme di Attuazione del PAI.
In particolare riguarda il settore esteso in sponda destra del Rio Traversola, a sud
del concentrico, in corrispondenza del tratto di corso d’acqua poco a valle
dell’ultimo ponte cittadino. L’area ascritta a questa sottoclasse è destinata a PEC
dal PRGC vigente, per il quale nell’anno 2004 il Consiglio Comunale di
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Castelnuovo Don Bosco, con delibera in data 11.10.2004, ha approvato lo
strumento urbanistico esecutivo, dando mandato al Sindaco di stipulare la relativa
convenzione.
Per questa zona gli interventi di riassetto territoriale dovranno contemplare
interventi di manutenzione e pulizia del Rio Traversola, con eventuale
ricalibrazione locale della sezione d’alveo, regolarizzazione del profilo di fondo o,
in alternativa, interventi esterni all’alveo volti a garantire la difesa dell’area
destinata a PEC.
Per queste aree valgono comunque le norme esposte per la sottoclasse III B2,
relativamente all’ambito di pianura.
Sottoclasse III B3
In considerazione delle differenti problematiche che li distinguono, nel seguito si
indicano prescrizioni diverse per gli ambiti collinari e per quelli di pianura.
Ambito collinare: tali aree si riferiscono a settori caratterizzati da acclività elevata
e/o compresi all’interno di dissesti gravitativi quiescenti e/o soggetti alla dinamica
torrentizia.
In seguito alla realizzazione di interventi di sistemazione idrogeologica, supportati
da adeguati studi e indagini geologiche, che potranno essere condotti da soggetti
sia privati/consortili sia pubblici, sugli edifici esistenti sarà possibile effettuare
interventi edilizi che comportino solo un modesto aumento del carico abitativo,
sono consentiti gli ampliamenti e i cambi di destinazione d'uso.
Gli interventi dovranno soprattutto essere indirizzati a mitigare le condizioni di
pericolosità geologica derivanti dal grado di acclività, dallo spessore delle coltri,
dalle caratteristiche geotecniche e geomeccaniche del substrato e dovranno
essere di volta in volta definiti in ambito di progetto esecutivo. In assenza di detti
interventi gli edifici esistenti potranno essere oggetto di interventi che non
comportino aumento del carico abitativo.
Ambito di pianura: tali aree si riferiscono a settori compresi entro perimetri di
dissesti di origine torrentizia o in corrispondenza a punti critici lungo corsi
d’acqua.
In seguito al completamento o alla realizzazione di nuovi interventi di
sistemazione idrogeologica, supportati da adeguati studi e indagini di carattere
idraulico e idrogeologico, a carattere pubblico, privato o consortile, sarà possibile
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effettuare interventi edilizi che comportino solo un modesto aumento del carico
abitativo. Qualora le condizioni di pericolosità lo consentano, sarà permessa la
sopraelevazione degli edifici esistenti nel rispetto delle prescrizioni contenute
nell’art. 39 comma 4 delle Norme di Attuazione del PAI.
In assenza di soluzioni di mitigazione gli edifici esistenti potranno essere
unicamente oggetto di interventi che non comportino aumento del carico abitativo,
previo studio geologico-idraulico che ne giustifichi la fattibilità.
È in ogni caso preclusa la realizzazione di piani interrati con destinazione a fini
abitativi, artigianali, industriali o a servizi; l’eventuale diversa destinazione d’uso
(ad es. box, parcheggi, etc.) dovrà prevedere l'adozione di adeguate soluzioni
tecniche, da esplicitarsi a livello di progetto esecutivo, atte a garantirne l’uso in
condizioni di sicurezza.
Sottoclasse III B4
Questa sottoclasse è riferita ad aree edificate comprese in perimetri di settori
considerati come frane attive, ricadenti quindi in ambiti collinari, e alle fasce di
rispetto dei corsi d'acqua.
Neppure a seguito della realizzazione di interventi di sistemazione idrogeologica,
realizzati da soggetti sia privati/consortili che pubblici, volti alla salvaguardia
dell’esistente e alla mitigazione delle condizioni di pericolosità, sarà possibile
effettuare nuovi interventi ampliamenti dell’esistente che comportino un aumento
del carico abitativo.
Si rammenta che l’attribuzione di ambiti di territorio alle classi I, II e III non comporta
l’esonero dalle prescrizioni e dagli obblighi di cui alla L.R. 45/89 riguardante le aree
soggette a vincolo idrogeologico.
9.2
Fasce di rispetto dai corsi d’acqua
Ci si rifà a quanto prescritto dalla L.R. 5/12/77 n°56 “Tutela e uso del suolo” e dal R.D.
25/7/1904 n°523, con le precisazioni espresse nella circolare del P.G.R 8/10/1998 n°
14/LAP/PET.
Nell’ambito del territorio del comune di Castelnuovo Don Bosco l’intera la rete
idrografica è da intendersi compresa nella III Classe e, in particolare, nelle sottoclassi di
questa in cui è impedita ogni nuova edificazione (III A, III B4).
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Per i corsi d’acqua minori è bene precisare che, in riferimento a quanto disposto dall’art.
96 del R.D. 523/1904 e a quanto prescritto dall’Art. 29 della L.R. n° 56/77, deve essere
comunque adottata una fascia di rispetto assoluto con ampiezza di m 10 misurata da
ciascuna sponda.
Tale prescrizione deve essere applicata a ciascun corso d'acqua esistente nell'ambito
del territorio comunale, compresi di testata non interessati da deflusso perenne.
In tale settore sarà preclusa ogni nuova edificazione nonché modificazioni dell’assetto
morfologico, con particolare riferimento alla realizzazione di riporti artificiali.
Le porzioni di territorio inedificate comprese entro le fasce di rispetto sono assoggettate
ai vincoli relativi alla Classe III a, mentre quelle edificate debbono obbligatoriamente
seguire le prescrizioni relative alla Sottoclasse IIIb3 .
In merito ai corsi d’acqua ed alle linee di drenaggio in genere, si sottolinea la necessità
di riservare una particolare cura alla loro manutenzione soprattutto in corrispondenza
degli attraversamenti stradali o dei condizionamenti artificiali in genere.
Si ribadisce inoltre che non è ammesso in nessun caso, fatta eccezione per le opere di
attraversamento, il condizionamento delle linee di drenaggio mediante tubi o scatolari,
anche se di ampia sezione.
9.3
Normativa PAI riferita alle aree in dissesto
Nel seguito si riporta uno stralcio dalle Norme di Attuazione del Piano Stralcio per
l’Assetto Idrogeologico (PAI), adottato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n.
18 in data 26 aprile 2001 - Legge 18 Maggio 1989, n. 183, art. 17, comma 6 ter,
ricordando che all’interno del perimetro dei dissesti si applicano le suddette norme.
Stralcio dalle: NORME DI ATTUAZIONE
Art. 9. Limitazioni alle attività di trasformazione e d’uso del suolo derivanti dalle condizioni di
dissesto idraulico e idrogeologico
Le aree interessate da fenomeni di dissesto per la parte collinare e montana del bacino sono
classificate come segue, in relazione alla specifica tipologia dei fenomeni idrogeologici, così come
definiti nell’Elaborato 2 del Piano:
FRANE:
Fa, aree interessate da frane attive - (pericolosità molto elevata),
Fq, aree interessate da frane quiescenti - (pericolosità elevata),
Fs, aree interessate da frane stabilizzate - (pericolosità media o moderata),
ESONDAZIONI E DISSESTI MORFOLOGICI DI CARATTERE TORRENTIZIO LUNGO LE ASTE DEI
CORSI D’ACQUA:
Ee, aree coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità molto elevata,
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Eb, aree coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità elevata,
Em, aree coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità media o moderata,
Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L. 11 dicembre
2000, n. 365, nelle aree Fa sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, così come definiti alla lettera a) dell’art. 31 della
L. 5 agosto 1978, n. 457;
gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare la tutela
della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione
d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di interesse
pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale,
compatibili con la normativa di tutela;
le opere di bonifica, di sistemazione e di monitoraggio dei movimenti franosi;
le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;
la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici essenziali
non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo stato di dissesto
esistente validato dall'Autorità competente. Gli interventi devono comunque garantire la sicurezza
dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto dello stato di dissesto in essere.
Nelle aree Fq, oltre agli interventi di cui al precedente comma 2, sono consentiti:
gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, così come
definiti alle lettere b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e
volume;
gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-funzionale;
gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di edifici esistenti, nonché di nuova costruzione, purchè
consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente Piano ai sensi e per gli effetti dell’art. 18,
fatto salvo quanto disposto dalle alinee successive;
la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l’ampliamento di quelli esistenti,
previo studio di compatibilità dell’opera con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità
competente; sono comunque escluse la realizzazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero dei
rifiuti, l’ampliamento degli stessi impianti esistenti, l’esercizio delle operazioni di smaltimento e
recupero dei rifiuti, così come definiti dal D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. E’ consentito l’esercizio delle
operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi dello stesso D.Lgs. 22/1997 (o
per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei
requisiti specificati all’art. 31 del D.Lgs. 22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente
alla durata dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento
della capacità residua derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della
vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall'Autorità
competente. Alla scadenza devono essere effettuate le operazioni di messa in sicurezza e ripristino
del sito, così come definite all’art. 6 del suddetto decreto legislativo. Nelle aree Fs compete alle
Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica,
regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei
programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225. Gli interventi
ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di compatibilità con le condizioni del
dissesto validato dall'Autorità competente.
Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L. 11 dicembre
2000, n. 365, nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo degli
edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare la tutela
della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione
d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse
pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la
normativa di tutela;
i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di 4 m dal
ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;
gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto
possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;
la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici essenziali
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non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo stato
di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli interventi devono comunque garantire la
sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto delle condizioni idrauliche
presenti;
l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue;
l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del D.Lgs. 5
febbraio 1997, n. 22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività, nel rispetto
delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso D.Lgs. 22/1997) alla data di
entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione
può essere rinnovata fino ad esaurimento della capacità residua derivante dalla autorizzazione
originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa,
previo studio di compatibilità validato dall'Autorità competente. Alla scadenza devono essere
effettuate le operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all’art. 6 del
suddetto decreto legislativo.
Nelle aree Eb, oltre agli interventi di cui al precedente comma 5, sono consentiti:
gli interventi di ristrutturazione edilizia, così come definiti alla lettera d) dell’art. 31 della L. 5 agosto
1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume;
gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-funzionale;
la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue;
il completamento degli esistenti impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti a tecnologia complessa,
quand'esso risultasse indispensabile per il raggiungimento dell'autonomia degli ambiti territoriali
ottimali così come individuati dalla pianificazione regionale e provinciale; i relativi interventi di
completamento sono subordinati a uno studio di compatibilità con il presente Piano validato
dall'Autorità di bacino, anche sulla base di quanto previsto all'art. 19 bis.
Nelle aree Em compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto
delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225.
Gli interventi ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di compatibilità con le
condizioni del dissesto validato dall'Autorità competente.
Tutti gli interventi consentiti, di cui ai precedenti commi, sono subordinati ad una verifica tecnica,
condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988, volta a dimostrare la
compatibilità tra l’intervento, le condizioni di dissesto e il livello di rischio esistente, sia per quanto
riguarda possibili aggravamenti delle condizioni di instabilità presenti, sia in relazione alla sicurezza
dell’intervento stesso. Tale verifica deve essere allegata al progetto dell'intervento, redatta e firmata
da un tecnico abilitato.
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pag. 50
ADEGUAMENTI AL PARERE DEL SETTORE PREVENZIONE TERRITORIALE
DEL RISCHIO GEOLOGICO DELL’ARPA
In accoglimento del parere formulato dal Settore Prevenzione Territoriale del Rischio
Geologico dell’ARPA, Prot. n. 12069/Sc14 del 5.02.09, nel seguito sono descritte le
modifiche e integrazioni apportate al presente elaborato, nella "Carta geomorfologica e
dei dissesti" (Elaborato GB02), “Carta di sintesi della pericolosità geologica e
dell’idoneità all’uso urbanistico” in scala 1:10.000 (Elaborato GB05), nonché nello
stralcio di essa, a scala di maggior dettaglio, riferita al concentrico (Elaborato GB05A in
scala 1: 2000).
Sono state corrette le difformità tra la "Carta geomorfologica e dei dissesti" (Elaborato
GB02) e la "Delimitazione delle aree di pericolosità idraulica" (Elaborato IB03). Tuttavia,
si specifica che quest'ultimo elaborato è una semplice rappresentazione dei risultati
emersi dalle indagini idrauliche realizzate, mentre le delimitazioni proposte nella "Carta
geomorfologica e dei dissesti" (Elaborato GB02) e nelle cartografie di sintesi (Elaborati
GB05 e GB05A) derivano sia dall'interpretazione di tali indagini che da valutazioni di
tipo geomorfologico (soprattutto in riferimento ai settori compresi tra due sezioni oggetto
di verifica idraulica).
Sulla base delle segnalazioni dell'Ufficio tecnico comunale è stato effettuato un
sopralluogo finalizzato a verificare le condizioni del territorio in seguito all'evento
meteorologico del Dicembre 2008 e a valutare eventuali modifiche alla "Carta
geomorfologica e dei dissesti". Di conseguenza, alcune porzioni di versante
corrispondenti quasi esclusivamente a scarpate di monte di strade sono stati ascritti alla
classe IIIA. In due casi, lungo Strada Comunale Collina Margherita, a monte della
strada provinciale tra Castelnuovo D. B. e Mondonio, sono state indicate due frane
puntuali per scivolamento rotazionale, attive. In un altro caso, trattasi di franamento di
una porzione della Strada vicinale Baino, è stata indicata una frana areale per
scivolamento rotazionale, attiva.
Il settore riferito al dissesto areale EmA localizzato nella vallecola richiamata nel parere
in oggetto, è stato ascritto alla classe IIIA come richiesto, ad eccezione di una porzione
di
dorsale
rilevata
rispetto
al fondovalle
principale
e
all'impluvio
presente;
coerentemente con l'assetto morfologico dei luoghi è stato modificato anche il limite del
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51
dissesto EmA.
Sulla "Carta geomorfologica e dei dissesti" (Elaborato GB02) è stata riportata la frana
avvenuta nel 1997, segnalata anche nella Banca dati Geologica, ed è stata ascritta alla
classe IIIA la porzione di versante interessata e potenzialmente coinvolgibile da un
eventuale evoluzione del fenomeno.
In merito alla mosaicatura, sono state consultate le cartografie di sintesi, ove presenti,
dei territori comunali confinanti. Per quanto concerne i settori collinari sono emerse
alcune difformità in riferimento all'attribuzione delle classi II e III, imputabili
essenzialmente a differenti condizioni morfologiche derivanti dal fatto che talora si
passa da ambiente di dorsale a versante più acclive e/o forme impluviali.
Per quanto riguarda i settori di fondovalle, l'unica discrepanza di rilievo è in
corrispondenza alla destra idrografica del T. Traversola al confine con Buttigliera d'Asti.
In tale tratto, poiché non sono stati effettuate indagini idrauliche, è stato mantenuto il
dissesto della cartografia PAI, condiviso dal Gruppo Interdisciplinare. Per quanto
concerne la “Carta di sintesi della pericolosità geologica e dell’idoneità all’uso
urbanistico” in scala 1:10.000 (Elaborato GB05), a titolo cautelativo e alfine di sanare
parzialmente le difformità, è stata ascritta alla classe IIIA un'ampia porzione di
fondovalle localizzata in sponda destra del torrente.
Come richiesto, le classi IIIB sono state rese compatibili con le prescrizioni dell'art. 9
delle NTA del PAI. Pertanto, le aree contenute entro i perimetri EbA sono state ascritte
alle classi IIIB3 o IIIA, mentre quelle ricadenti in EeA sono state riferite alla classe IIIA,
in quanto inedificate.
Sono state modificate le prescrizioni relative alle fasce di rispetto dei corsi d'acqua e,
pertanto, gli ambiti edificati ricadenti entro le stesse sono stati ascritti alla classe IIIB4.
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INDICE
1.
Premessa
pag.
1
2.
Introduzione
“
4
3.
Assetto geografico e morfologico
“
6
4.
Assetto geologico
“
8
5.
Dissesto in atto e potenziale
“
16
6.
Assetto idrogeologico
“
29
7.
Condizioni di acclività del territorio in esame
“
35
8.
Riclassificazione sismica
“
36
9.
Note alla “Carta di sintesi della pericolosità geologica e della
“
37
"
50
idoneità all’uso Urbanistico
10
Adeguamenti al parere del settore prevenzione territoriale
del rischio geologico dell’ARPA