1Valeria, 28 anni, veneziana, era al Bataclan ma non è tra le vittime

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1Valeria, 28 anni, veneziana, era al Bataclan ma non è tra le vittime
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DOMENICA 15 NOVEMBRE 2015 LA GAZZETTA SPORTIVA
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italia: 51565055545555
rra a Parigi
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1 Valeria, 28 anni, veneziana, era al Bataclan
ma non è tra le vittime. Uno dei kamikaze era
sbarcato a ottobre in Grecia. Arresti in Belgio
LUOGHI E ORE DEGLI ATTENTATI
2 LE PETIT CAMBODGE
1
Ore 21.25 Terroristi a bordo
di una Seat nera fanno fuoco
davanti al ristorante fra Rue
Bichat e Rue Alibert: 15 morti
2
Parigi
3 CASA NOSTRA
3
3
Ore 21.32 Spari di armi contro
la pizzeria in Rue de la Fontaine
au Roi: 5 morti
Piazza
della Repubblica
6
Museo
del Louvre
XIe
Ore 21.36 Nuova sparatoria
contro il ristorante
in Rue de Charonne: 19 morti
1 STADE DE FRANCE
Ore 21.17
Tre kamikaze entrano
in azione fuori
dallo stadio
km
1
6 LE BATACLAN
4 LA BELLE ÉQUIPE
4
Ore 21.40 Un commando di tre
terroristi entra in azione
nella sala di concerti
in Boulevard Voltaire: 89 morti.
Nel blitz della polizia muoiono
i tre attentatori
Bastiglia
5 BRASSERIE COMPTOIR VOLTAIRE
Ore 21.40 Un kamikaze si fa esplodere
nel locale di Boulevard Voltaire:
due feriti gravi
5
GDS
vento dei reparti speciali. In serata la polizia ha po­
sto in stato di fermo il padre e il fratello di uno degli
attentatori.
GUERRA La Polo nera, parcheggiata davanti al lo­
cale, aveva targa belga e questo ha permesso di
identificare la persona che l’ha affittata. Un fran­
cese fermato ieri mattina alla frontiera belga, in
auto con altre due persone. Tutti residenti in Bel­
gio e sconosciuti ai servizi francesi. Nel pomerig­
gio sono scattati arresti (almeno 5) e perquisizio­
ni alla periferia di Bruxelles, a Molenbeek, dove
vivevano anche gli attentatori del Thalys e del
museo ebraico della capitale belga. Mentre in
Germania, la scorsa settimana, era stato arresta­
to un uomo con un carico di armi, anche lui lega­
to all’attacco di Parigi, rivendicato dall’Isis. Ma il
presidente Hollande non ha atteso il comunicato
dell’«esercito jihadista» per parlare di «atto di
guerra», non solo contro la Francia, «ma anche
contro i nostri valori e quello che siamo: un paese
libero». E in lutto per tre giorni.
SANGUE Ieri, scuole, università, palestre pubbli­
che, musei, grandi magazzini, alcuni cinema,
Disneyland e molti monumenti sono stati chiusi.
Anche la Tour Eiffel, affidata alle prime pattu­
glie dei 1500 militari chiamati in rinforzo. Oltre
allo stato d’emergenza, che ha ristabilito con­
trolli alle frontiere garantendo più poteri alla
polizia, è stata adottata la possibilità di ordinare
coprifuoco e controlli sui media, invitati a non
diffondere notizie che possano compromettere
le indagini. La Prefettura ha chiesto ai parigini
di evitare spostamenti non necessari. Ma in Pla­
ce de la Republique e sui luoghi degli attentati,
condannati dalla comunità islamica, in tanti si
sono raccolti per deporre fiori, accendere can­
dele, lasciare un messaggio. Negli ospedali si so­
no formate code anche di quattro ore per donare
sangue. Perché Parigi non molla. Domani riapri­
ranno le scuole e a mezzogiorno ci sarà un mi­
nuto di silenzio in tutto il Paese in lutto. E in
guerra.
1Il Califfato fa i suoi proseliti nelle periferie sempre più islamizzate, come quelle francesi
Di contro, gli Usa temono soprattutto la Cina: il problema integralista è tutto dell’Europa
Nella pagina a sinistra, i primi momenti dopo l’attacco al ristorante di Rue de Charonne; qui a sinistra, la National Gallery di Londra colorata con la bandiera francese in onore delle vittime;
in mezzo, una ragazza in lacrime davanti al teatro Bataclan; a destra, parigini in coda per donare il sangue ai feriti: ieri pomeriggio negli ospedali c’erano 352 feriti, 99 gravi AFP/GETTY/INSTAGRAM
almeno sei punti: Stade de
France, rue de Charonne, bou­
levard Voltaire, rue Alibert, rue
de la Fontaine au Roi, sala Ba­
taclan. Il maggior numero di
vittime si è avuto al Bataclan. I
padroni del Bataclan sono
ebrei, qui si sono svolti una
quantità di convegni e confe­
renze a sfondo ebraico, si sape­
va che per questo il locale era
un bersaglio almeno fin dal
2011, ma forse anche da prima,
islamisti radicali lo avevano mi­
nacciato anche nel 2007 e nel
2008. I servizi francesi, falli­
mentari su tutta la linea, hanno
forse preso qui il buco più cla­
moroso. Ieri in rete girava un
video in cui si vede gente che
scappa urlando da un’uscita la­
terale, si appende alle finestre,
piange. Poco più in alto una
donna penzola nel vuoto e nel­
la finestra accanto, un uomo
sta in bilico sulla ringhiera. Im­
magini che ricordano quelle
dell’11/9. È confermato che nel
locale i terroristi erano tre, gio­
vanissimi, hanno ricaricato
l’arma tre o quattro volte fuci­
lando uno dietro l’altro gli
ostaggi. I musicisti del com­
plesso Eagles of the Death Metal
(nome mai apparso tanto creti­
no come l’altra sera, “Aquile del
Metallo Mortale”) se la sono
data a gambe levate al primo
scoppio e ne sono usciti illesi.
Allo stadio è confermato che i
tre kamikaze si sono fatti salta­
re all’esterno. Uno di loro si è
fatto esplodere in un take away
di fronte a un’entrata dell’im­
pianto sportivo. Per il resto,
non si può che stilare una con­
tabilità: caffè Carillon e risto­
rante Petit Cambodge, 15 morti
e 10 feriti in fin di vita; rue de
La Fontaine au Roi, 5 morti.
4
Ora, si vorrebbe tirar fuori dalla cosa un minimo di
senso.
Il senso generale è di sicuro
questo: nella guerra interna al
mondo sunnita, il califfo al Ba­
ghdadi sta schiacciando il suo
avversario al Zawahiri. Consi­
deriamola una concorrenza tra
brand: il brand Isis ha una ca­
pacità di comunicazione enor­
memente superiore a quella
del brand concorrente al Qae­
da. Il primo obiettivo dell’ope­
razione di venerdì era questo
ed è stato raggiunto. C’è poi il
messaggio lanciato al mondo
sciita: Teheran e Washington si
sono messe d’accordo, il presi­
dente iraniano Rouhani che
oggi sarebbe dovuto essere in
Francia, non ci sarà, dopo aver
dato forfait ieri anche in Italia,
proprio a causa degli attentati
parigini. L’Iran è in prima linea
nella guerra all’Isis, in prima li­
nea sul terreno, voglio dire,
suoi soldati combattono a fian­
co dei peshmerga curdi e delle
milizie fedeli ad Assad, mentre
gli americani bombardano dai
cieli gli uomini dello Stato isla­
mico. Il raid di Parigi lancia al
mondo islamico sciita il mes­
saggio: sono infedeli, sono tra­
ditori, l’unica parola vera è la
nostra. C’è poi la questione del
rapporto tra Islam e Francia,
porta d’ingresso della proble­
matica relativa al rapporto tra
Isis e Occidente. Anche se i dati
non sono sicuri, è assodato che
in Francia vive la comunità
islamica più numerosa d’Euro­
pa, probabilmente sei milioni
di fedeli, il 10% per cento della
popolazione. Questi immigra­
ti, ormai di seconda se non di
terza generazione, hanno colo­
nizzato le periferie, trasforma­
te in piccoli califfati governati
dagli imam locali e dove la po­
lizia non si permette di metter
piede. Questa separatezza è
stata addirittura sancita con la
creazione delle Zones urbane
sensibles e delle Zones de sécu­
rité prioritaires. In queste ae­
ree, povere, con un tasso di di­
soccupazione alto, il messag­
gio del Califfo ha più possibili­
tà di passare. Il 70% dei
detenuti francesi è musulma­
no e in carcere al Baghdadi fa
facilmente proseliti. C’è ormai
anche un partito islamico, di
ideologia moderata, ma c’è,
come aveva predetto lo scritto­
re Houellebecq: si chiama
Union des Democrates Musul­
mans de France e si presenterà
alle prossime regionali. Que­
sta situazione ha come conse­
guenza un’estrema sensi­ bili­
tà della politica d’Oltralpe ver­
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so le questioni mediorienta­
li. La Francia è attivamente
presente in Siria e in Iraq
con i suoi caccia Mirage. Sul
terreno, a combatterla, ci
sono 1.200 jihadisti france­
si, alcuni dei quali sono
pronti a tornare in patria
per mettere se possibile a
ferro e a fuoco una città co­
me Parigi. C’è da essere sor­
presi che tra i terroristi fino­
ra identificati ci sia solo un
francese. Da segnalare, infi­
ne, che il titolare del passa­
porto siriano trovato su uno
dei corpi degli aggressori di
Parigi era stato registrato in
Grecia lo scorso ottobre, co­
me rifugiato. Un dato che
getta una luce inquietante
sul tema dei migranti in ar­
rivo nel Vecchio Continente.
Non a caso la Polonia ieri si
è sfilata dagli impegni sul ri­
collocamento dei profughi e
un accordo Ue sul tema ora
sarà difficilissimo.
5
Perché gli americani
non si mettono d’accordo con i russi e sgominano questo cancro?
Secondo l’analisi del mensi­
le Limes, l’America di Barack
Obama ha un interesse rela­
tivo per l’area mediorienta­
le, che considera una gatta
da pelare soprattutto per gli
europei e i russi. La sua prio­
rità è la Cina, e la questione
di chi debba essere tra
Washington e Pechino a co­
mandare il mondo. È questo
il conflitto, ancora latente,
che tiene tutto insieme: crisi
del debito, basso prezzo del
petrolio, deflazione, sanzio­
ni alla Russia, terrorismo.