A000749 Da IL SOLE 24 ORE del 21/11/05 <<DUE MOGLI, UNA

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A000749 Da IL SOLE 24 ORE del 21/11/05 <<DUE MOGLI, UNA
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FONDAZIONE INSIEME onlus
Da IL SOLE 24 ORE del 21/11/05 <<DUE MOGLI, UNA PENSIONE> di Cristina Proto,
giornalista. (SCCost n419/99 e SC 2471/2003)
Per la lettura completa del pezzo, si rimanda al quotidiano indicato.
Anche un assegno divorzile da 5 euro vale per la pensione di reversibilità. Così, si spiega la
“consuetudine” per cui gli avvocati delle mogli, in sede di divorzio, cerchino in tutti i modi di
fare ottenere alla propria assistita un assegno divorzile, anche se di valore simbolico.
Ma anche la battaglia che in tali casi si accende, dopo la morte dell’ex marito, tra la prima
moglie e la seconda, rimasta vedova, che si contendono l’assegno previdenziale.
La materia è perciò diventata di grande interesse: basti pensare che sui criteri di ripartizione
della pensione di reversibilità si sono pronunciate sia la Corte Costituzionale (sentenza 419/99)
che le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 2471/2003).
Peraltro, i principi affermati in queste decisioni ben si presterebbero a definire uno dei possibili
contenuti dei Pacs (Pacte civil de solidaritè), con riguardo alla disciplina delle coppie di fatto.
La legge sul divorzio. La L. 898/70(art. 9, comma 3, nel testo sostituito dalla L. 74/87)
prevede che, in seguito alla morte del marito, la pensione di reversibilità debba essere ripartita
tra la ex moglie divorziata (purché titolare di assegno divorzile e non passata a nuove nozze) e
la seconda moglie vedova. E’ quindi la stessa legge a richiedere che la ex moglie sia titolare
dell’assegno divorzile, a prescindere dall’importo, per poter partecipare alla divisione della
pensione di reversibilità.
Il criterio <<aritmetico>>. Ma a questo punto si pone la questione: la moglie divorziata e
la vedova in che proporzioni concorrono?
In un primo tempo è stato applicato un criterio puramente aritmetico che teneva conto della
durata dei rispettivi matrimoni.
Ad esempio, se il primo matrimonio fosse durato nove anni e il secondo uno, la pensione di
reversibilità veniva attribuita per nove decimi alla prima moglie e per un decimo alla seconda.
Questo criterio dava luogo, in molti casi, a una vera e propria ingiustizia in quanto la ex moglie
divorziata, che aveva ottenuto un piccolo assegno divorzile -e non si era risposata- vedeva
riconoscersi, in virtù della più lunga “durata del matrimonio” una grande quota della pensione
di reversibilità sottraendola, così, di fatto, alla vedova.
Ma si presentavano anche altre incongruenze: come considerare il caso di una relazione
iniziata in costanza del primo matrimonio con quella donna che diverrà la seconda moglie?
E, ancora, come computare il periodo di convivenza more uxorio, precedente al secondo
matrimonio?
I criteri <<sostanziali>>. Su questi argomenti si è pronunciata dapprima la Corte
Costituzionale, la quale ha chiarito che l’elemento della “durata dei due matrimoni” pur
essendo certamente rilevante, non può essere l’unico, ma va integrato con ogni possibile altro
dato di fatto.
Tale principio è stato ulteriormente specificato dalla Cassazione indicando, in concreto, che uno
degli elementi che deve essere tenuto in considerazione dal giudice è quello della durata della
convivenza.
Questo vale, qualora essa sia successivamente sfociata nel secondo matrimonio. Non è da
sottovalutare, infatti, che, in molti casi, la lunga convivenza prematrimoniale è determinata
dalla durata della causa di divorzio dalla prima moglie, che impedisce la celebrazione del
secondo matrimonio.
Il tribunale di Milano (per esempio, sentenza n. 37221/04), in accoglimento di questo
approccio, nelle più recenti sentenze in materia, ha stabilito che, avendo riguardo a tutte le
circostanze concrete dei singoli casi, nell’ipotesi di una relazione amorosa nata, in costanza del
primo matrimonio, con la donna che è diventata la seconda moglie, la “durata del matrimonio”
(ai fini della quantificazione della quota) con la seconda potrebbe avere come dies a quo quello
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dell’inizio della relazione extraconiugale. In questo caso, va accertato che in quel momento
la comunione materiale e spirituale con la prima moglie sia venuta senz’altro meno e che sia
già sorta con la seconda. In conclusione, la quota della pensione di reversibilità, da dividere
tra la ex moglie e la vedova, è determinata, oltre che da altri fattori, considerando la durata,
effettiva e non formale, della <<comunione materiale e spirituale>> tra le parti.