LETTERA PASTORALE AL CLERO E ALLA DIOCESI DI CASSANO
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LETTERA PASTORALE AL CLERO E ALLA DIOCESI DI CASSANO
LETTERA PASTORALE AL CLERO E ALLA DIOCESI DI CASSANO ALL’IONIO “SULLA TUA PAROLA” Il popolo di Dio – la Chiesa – è il soggetto vivo della Scrittura; in esso le parole della Bibbia sono sempre presenza. Naturalmente, però, si richiede che questo popolo riceva se stesso da Dio, ultimamente dal Cristo incarnato e da Lui si lasci ordinare, condurre e guidare. (J. Ratzinger, Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 17) Sorelle e fratelli carissimi, carissimi confratelli nel sacerdozio e dilettissimi figli in Cristo. PREMESSA 1. L’esistenza umana è sempre stata attraversata da momenti di prosperità, di crescita, di crisi e di involuzione. Questi ultimi hanno rappresentato, ogni volta, motivo di sconforto e smarrimento per gli uomini di buona volontà delle varie epoche, ai quali sembrava che le conquiste di cultura, educazione e moralità raggiunte andassero sgretolandosi. Questa stessa sensazione è oggi avvertita a livelli non più soltanto particolari e locali, bensì globali e planetari. In ciascuno di questi momenti storici la Parola di Dio è stata il faro, che ha illuminato e confortato gli animi, e la forza necessaria per riprendere il cammino con fiducia e speranza. È stata ed è come un incendio che brucia il cuore, lava ardente che penetra nelle ossa. In questa Parola è Cristo stesso, Verbo incarnato, che guida il credente e lo nutre, essendo “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). 2. La Costituzione Dogmatica “Dei Verbum” del Concilio Vaticano II, riproponendo la naturale centralità delle Sacre Scritture ha inteso ribadire che «la Chiesa ha venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli. Insieme con la sacra Tradizione, ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli apostoli la voce dello Spirito Santo» (DV, 21). 1 3. Nella mia prima lettera pastorale desidero sottoporre alla riflessione della comunità diocesana la validità della Parola di Dio quale elemento fondante della vita cristiana. Noi siamo inseriti in un progetto d’amore e di luce di cui riusciamo solo a intravedere qualche bagliore, affidati a una parola che fa vivere, morire e risorgere, che fa gioire, piangere e sperare, che fa esistere ed amare. Per questo, la necessità di ripartire insieme dalla Parola è particolarmente cara al mio cuore di credente e di pastore, e si inserisce nell’attenzione alla comunicazione del Vangelo, al centro del cammino pastorale della Chiesa italiana degli ultimi anni. In questo mio messaggio, che reca in appendice un excursus utile ad inquadrare e conoscere le tappe fondamentali attraverso le quali la Chiesa, lungo la storia, ha espresso la propria consapevolezza circa il rapporto originario e imprescindibile che la lega alla Parola di Dio, vi propongo di approfondire la trattazione di alcune questioni presenti, per richiamare l’importanza di spazi di riflessione contemplativa ed invitare la nostra Chiesa di Cassano a farsi sempre più attenta alla Parola ed al suo primato nella vita dei credenti: se vogliamo dirci cristiani, dalle Sacre Scritture che sono la ragione nostra dobbiamo cercare di comprendere ed imparare come Gesù si rapportasse agli uomini ed alle situazioni del suo tempo. Insomma, l’oggi che rimanda a ieri e l’incertezza dei passi odierni, per scoprire il potere vivificante della Parola di Dio tra le parole e i silenzi, i rumori e la sordità di oggi. In una seconda riflessione che spero di riuscire a presentarvi in coincidenza con l’inizio del prossimo anno pastorale, soffermerò invece la mia attenzione su Cristo Parola incarnata, compimento della Scrittura. LA PAROLA DI DIO NELLA VITA DELLA CHIESA: SPUNTI PER IL CAMMINO DELLA NOSTRA DIOCESI 1. La Parola di Dio nella comunità cristiana 1.1 Il Concilio Vaticano II ha definitivamente liberato la Parola dall’esilio in cui per molto tempo era stata relegata rispetto alla vita dei fedeli. Il Capitolo VI della “Dei Verbum”, che ha per titolo “La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”, colloca la venerazione della Sacra Scrittura sullo stesso livello della venerazione per il Corpo di Cristo, evidenziando con chiarezza il rapporto di privilegio che la Chiesa ha, oltre che con l’Eucaristia, con la Bibbia. Tutta la vita della Chiesa viene considerata una cosa sola con la Parola di Dio: “Come dall’assidua frequenza al mistero eucaristico 2 prende vigore la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso di vita spirituale dall’accresciuta venerazione della Parola di Dio”1. Questa sottolineatura della simbiosi tra Chiesa e Parola di Dio ha condotto qualche teologo ad affermare che «la Parola di Dio e il popolo di Dio ritrovano finalmente la loro nativa relazione, una relazione nuziale, di cui la Bibbia è come l’anello che Dio restituisce al suo popolo dopo anni di oscuramento e di oblio»2. Tale relazione deve essere di tutta la Chiesa e non solo di una sua parte: i battezzati, infatti, sono invitati a fare della Parola di Dio il proprio codice di comportamento e la guida sulla via della salvezza. Fondamentalmente, con la “Dei Verbum” è la Chiesa tutta ad accogliere un nuovo stile di presenza e di missione, ponendosi “in religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia”3. Come ci ha recentemente ricordato anche Papa Benedetto XVI nel contesto del dialogo ecumenico, «nella prospettiva cristiana, l’ascolto è prioritario. La Chiesa non fa se stessa e non vive di se stessa, ma della parola creatrice che viene dalla bocca di Dio. Ascoltare insieme la parola di Dio; praticare la lectio divina della Bibbia, cioè la lettura legata alla preghiera; lasciarsi sorprendere dalla novità, che mai invecchia e mai si esaurisce, della parola di Dio; superare la nostra sordità per quelle parole che non si accordano con i nostri pregiudizi e le nostre opinioni; ascoltare e studiare, nella comunione dei credenti di tutti i tempi; tutto ciò costituisce un cammino da percorrere per raggiungere l’unità nella fede, come risposta all’ascolto della Parola»4. 1.2 Dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa si è molto adoperata per cercare di realizzare questo “mettere al centro la Parola”, nella convinzione che “l’uomo non vive soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore” (Deut. 8,3). Molte iniziative di pastorale biblica sono venute alla luce e la stessa riforma liturgica, sulla base della richiesta della “Sacrosanctum Concilium”, ha proposto una sempre maggiore presenza della Bibbia nella vita della Chiesa, arricchendo notevolmente i cicli delle letture liturgiche5. Contemporaneamente, sono sorti molti corsi di approfondimento biblico sia nelle scuole di formazione teologica per il clero e per i laici, sia nelle stesse parrocchie. Alla luce delle richieste della “Dei Verbum”, la Chiesa ha cercato di offrire “con frutto al popolo di Dio l’alimento delle Scritture, che illumini la mente, corrobori le volontà, accenda i cuori degli uomini all’amore di Dio”6. In forza di ciò, la Conferenza Episcopale Italiana, nel 1981, ha costituito il “Settore per l’Apostolato Biblico” dell’Ufficio Catechistico Nazionale, per garantire il coinvolgimento della Parola di Dio nella vita della Chiesa. Successivamente, nel 1 Dei Verbum, 26. C. Bissoli, La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa, in Credere oggi, I, (1981), 11. 3 DV, 3. 4 Benedetto XVI, Omelia, Basilica di San Paolo fuori le mura, Roma, 25.01.2007. 5 Sacrosantum Concilium, 24. 6 DV, 23. 2 3 1995, a 30 anni dalla “Dei Verbum”, ha pubblicato la Nota pastorale interamente dedicata alla Parola di Dio, dal titolo “La parola del Signore si diffonda e sia glorificata. La Bibbia nella vita della Chiesa”. Queste iniziative testimoniano il cammino della Chiesa italiana in ascolto della Parola di Dio, stante la sua importanza per la vita della comunità cristiana. L’invito a creare all’interno dell’Ufficio Catechistico di ogni diocesi il Settore Apostolato Biblico ha favorito la diffusione della conoscenza della Bibbia da parte dei fedeli, e la nascita della figura del cosiddetto “animatore biblico” è un ulteriore passo avanti verso questo traguardo. E per dare maggiore importanza a tutto ciò non si parla più genericamente di “pastorale biblica“, ma, in modo più esatto, di “animazione biblica della pastorale”. Nell’ottica dell’approfondimento biblico, oltre al lavoro di tanti studiosi delle Sacre Scritture (biblisti, esegeti) che con il loro instancabile impegno cercano di far conoscere sempre più la parola di Dio, a livello di Chiesa universale possono qui essere inquadrati almeno il documento della Pontificia Commissione Biblica del 1993, cioè “L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa”, e la prossima assemblea generale del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2008) che avrà per tema la Parola di Dio. 1.3 C’è da osservare, tuttavia, che nonostante tanti sforzi, la cosiddetta primavera biblica non ha avuto quel fulgore che era lecito attendersi, coinvolgendo spesso solamente o singole persone o alcuni importanti centri di spiritualità o, ancora, qualche movimento ecclesiale di recente fondazione. Come portare, allora, la Parola, una Parola che dica altro rispetto alle possessioni del quotidiano, in scenari tanto complessi e dentro un vissuto collettivo che cambia più di quanto l’opinione pubblica non percepisca? In che modo parlare di Dio e restituire un senso religioso alle nostre città secolarizzate? È compito di noi pastori fare in modo che la Bibbia penetri realmente in tutta la vita della Chiesa e diventi la sua linfa nell’evangelizzazione e nella catechesi, nella liturgia, nella preghiera e nella meditazione, nel cammino ecumenico e nel dialogo con le altre religioni, e in tutte le varie forme di carità. È necessario inquietare la falsa pace delle coscienze di chi procede per la strada solita, pensando che tutto vada fatto come s’è sempre fatto, ritenendo che non vi sia nulla da cambiare, irrigidendosi contro ogni novità. Non può esistere, dunque, miei cari figli e fratelli, una pastorale che non muova da una rinnovata pastorale biblica. In questa luce cerco qui di offrire alcune linee operative attraverso le quali la nostra Chiesa diocesana possa crescere in questo cammino, proiettandosi verso le grandi responsabilità che la attendono, verso l’avventura gioiosa di calare ancora le reti per la pesca e sperimentare, come e più che nei millenni trascorsi, la potenza della Parola di Dio, che sola ci fa diventare comunità autenticamente cristiana secondo le leggi della comunione, assicurandoci il 4 contatto vivo e immediato con Cristo stesso, Parola vivente del Padre, fonte della comunione. 2. Bibbia, liturgia e sacramenti 2.1 La Liturgia della Parola nella Celebrazione Eucaristica L’annuncio della Parola e la sua celebrazione - in particolare nei sacramenti costituiscono lo snodo essenziale dell’incontro di ogni credente con il mistero della Parola. Al centro di tale dinamica si pone il legame tra Parola scritta ed evento liturgico: «La liturgia non vive senza la Parola di Dio e il contesto liturgico costituisce l’ambito proprio dell’ascolto della Parola che deve essere sempre anche rendimento di grazie per il dono che si riceve»7 e impegno ad una vita di comunione e ad una testimonianza evangelica. In modo ancor più specifico, l’azione liturgica, in quanto memoriale in cui l’evento salvifico del passato si attua nel presente di una comunità e della vita di una persona, è il luogo in cui la Parola deve risuonare in tutta la sua attualità. Dio, infatti, non parla solo al cuore dei singoli ma anche e soprattutto alla sua Chiesa. In seno alla comunità spesso si rivela e brilla di luce ciò che nella meditazione solitaria rimaneva oscuro o appannato. La verità di quanto appena esposto comporta anzitutto l’impegno ad una piena valorizzazione della liturgia della Parola, mediante una adeguata preparazione e proclamazione dei testi del Lezionario proposti per ciascuna celebrazione. 2.2. L’omelia domenicale e festiva In questo contesto di riflessione sulla stretta relazione tra Parola e celebrazione, mi rivolgo in particolare a voi, miei cari presbiteri, ricordandovi l’importanza dell’omelia, sia domenicale sia festiva, quale prolungamento della Parola e introduzione al mistero che si celebra. L’urgenza della predicazione era talmente sentita nell’età apostolica che i Dodici, di fronte alle tante esigenze di ordine pratico loro prospettate, rispondevano: “Non è giusto che noi trascuriamo la Parola di Dio per il servizio delle mense” (At 6,2). Perché essa sia in grado di toccare il cuore dei fedeli, è indispensabile che voi la prepariate in maniera adeguata, comunicando non i vostri pensieri, ma la Parola di Dio, vero nutrimento dei battezzati che la Chiesa vi ha affidato. La semplicità, la chiarezza, la dolcezza sono le virtù più alte del comunicare e nascono dalla profondità e dall’autenticità interiore. La retorica roboante, il gusto estetizzante, l’oscurità oracolare, la propaganda accattivante non fanno che erigere uno schermo opaco tra la parola divina e l’ascoltatore8. 7 Conferenza Episcopale Italiana, La parola del Signore si diffonda e sia glorificata. La Bibbia nella vita della Chiesa, Roma, 1995, 25. 8 A sacerdoti e catechisti è richiesto d’essere trasparenti sulla Parola di Dio, poiché essi, come ricorda Paolo, “sono stati inviati prima a predicare l’evangelo e poi a battezzare” (1 Cor. 1, 17). 5 Spetta a voi, pertanto, un compito particolare e delicato, perché i fili delle vostre parole sono anche fili della Parola: che sia, la vostra, una parola che annunciando favorisca l’incontro personale con Dio, che dia il gusto della Parola, perché ciascuno senta attraverso Essa l’appello personale del Signore alla propria vita. Un’importanza, dunque, amati sacerdoti, talmente grande che non può non spingervi a dare il giusto valore alle vostre omelie, affinché da esse i fedeli affidativi possano trarre il massimo profitto per la loro crescita nella fede e nell’amore a Dio e al prossimo. Il ministero della Parola di Dio deve essere incessantemente accompagnato dalla preghiera e dallo studio, come ricorda Papa Gregorio Magno9, perché lo Spirito di Dio vi aiuti ad adattare il linguaggio all’età e alle condizioni particolari di coloro che vi ascoltano, offrendo un’esposizione della Sacra Scrittura che rinnovi nei fedeli l’ardore della sequela di Cristo in tutte le sue esigenze e permetta loro di conoscere in profondità le parole umane della Scrittura per raggiungere la parola divina. Al riguardo, facciamo tesoro di quanto ci dice la “Dei Verbum”: «Nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale. Perciò si deve riferire per eccellenza alla Sacra Scrittura ciò che è stato detto: vivente ed efficace è la parola di Dio, che può edificare e dare l’eredità con tutti i santificati»10. 2.3 Liturgia delle Ore Come momento celebrativo della Parola di Dio è auspicabile che nelle nostre parrocchie i fedeli partecipino alla Liturgia delle Ore, mediante la quale si vive la santificazione del tempo, insieme alla Chiesa tutta della cui voce, fede e speranze, attraverso i salmi soprattutto si fanno eco cui ciascuno si unisce. Il momento delle Lodi e dei Vespri ha una particolare dignità grazie alla ricchezza della sua composizione che si manifesta nella recita o nel canto di un inno, tre salmi, una lettura, un responsorio, il cantico evangelico (Benedictus o Magnificat), la preghiera di lode o intercessione, il Padre Nostro e l’orazione finale. È il momento in cui la Scrittura so trasforma in preghiera diretta 2.4 Adorazione eucaristica L’adorazione eucaristica, proseguimento orante della Santa Messa, è luogo privilegiato per l’incontro personale col mistero di Cristo: contemplazione del dono misterioso della Sua presenza viva. Lungo il cammino, grazie a questo incontro, la nostra vita viene colmata di gioia pura, che penetra nel nostro cuore per dimorarvi e 9 Gregorio Magno, Regula pastoralis, II, 11 (in Patrologia Latina 77, 50a). DV, 21. 10 6 suscitare un rinnovato slancio di carità, di impegno ad operarla. Si tratta di quella stessa gioia vissuta da Elisabetta e dal bambino che portava nel suo grembo quando incontrò Maria che recava nel suo seno la Presenza del Verbo fatto carne (cfr. Lc 1,41-44). È la gioia vissuta dai discepoli di Emmaus mentre il Cristo svelava il senso delle Scritture e spezzava il Pane per loro (cfr. Lc 24, 13-34). Il nostro incontro con Gesù Eucaristia sarà la nostra forza e la nostra gioia così come ci ha ricordato il Papa Benedetto XVI, nel corso dell’incontro con i giovani a Colonia: “La felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia. Solo lui dà pienezza di vita all’umanità!”11. 2.5. L’esperienza dei santi, in ogni tempo ed in ogni luogo, conferma come una vera coscienza spirituale ed ogni vero, autentico incontro con Cristo avvenga attorno “alla fonte di vita eucaristica”( LeA,I/1/329). Giacomo Alberione, che – grosso modo – nasceva quando il Cusmano moriva, condivide con il benefattore siciliano non solo il nome, ma anche la spiritualità eucaristica, l’essere fondatore di una congregazione, ed infine la meravigliosa analogia nella nascita carismatica dei due Istituti; entrambi nati dall’Eucaristia, “dall’Ostia”, come usava ripetere don Alberione. Se per il Cusmano l’Eucaristia è “cibo dei poveri”,( tutti siamo immensamente poverei di Dio) per Don Alberione è “cibo delle menti e dei cuori”. Nella biografia di Giacomo Alberione è rilevante la presenza di Leone XIII, il pontefice che aveva indetto e aperto l’Anno Santo nella vigilia del Natale 1899 e lo aveva chiuso esattamente un anno dopo12 In una testimonianza autobiografica,in terza persona: Abundantes divitiae gratiae suae: racconta: «Una particolare luce venne dall'Ostia: maggior comprensione dell'invito di Gesù: “Venite a me tutti…”. Gli parve di comprendere il cuore del grande Papa, gli inviti della Chiesa, la missione vera del Sacerdote […] Si sentì profondamente obbligato a prepararsi a fare qualcosa per il Signore e gli uomini del nuovo secolo, con cui sarebbe vissuto».13Quell’evento lo segnò talmente che per anni non si stancò di ripetere ai gruppi ed ai singoli membri della mirabile Famiglia Paolina: “Tutti siete nati dall’Ostia!”14, ed invitava ad inserirsi come olivi selvatici nella vitale oliva, Cristo-Eucaristia.15 Un pensiero poi ribadito da un meraviglioso testimone del nostro tempo, Carlo Carretto: “Il Sacramento dell’Eucaristia mi reca la conoscenza di Dio; il mangiare Cristo come cibo mi fa divenire consanguineo di lui, somigliante a lui, come lui intimo del Padre”16. 11 Benedetto XVI, Omelia, XX Giornata Mondiale della Gioventù, Colonia, 18.08.2005. Aveva voluto mobilitare tutti i cattolici, invitandoli a esprimere solennemente la venerazione al Cristo Eucaristico con la Messa e l’adorazione nella Notte del Secolo. La risposta fu universale: quella notte beata fu davvero la “notte eucaristica del secolo”, alla quale non mancò il giovane seminarista Giacomo Alberione, che – nella circostanza – fece un passo decisivo per la «scoperta della sua vocazione, che era quella di a far qualcosa per il Signore e per gli uomini del nuovo secolo con cui sarebbe vissuto. 13 Cf S. FELICE, Eucaristia tenerezza e sogno di Dio, Ed. Paoline, Milano 2002, 119. 14 La Famiglia Paolina nacque in quella notte beata, allorché il Fondatore comprese il senso della propria missione, che avrebbe condiviso con i figli e le figlie che lo avrebbero seguito: partendo dal tabernacolo, promuovere l’evangelizzazione e la promozione umana attraverso gli strumenti della comunicazione sociale. 15 Cf G.VALTORTA, Eucaristia, santità e santificazione nella vita e nell'insegnamento del ven. Don Giacomo Alberione, in: Eucaristia: santità e santificazione, 256-257. 16 Carlo Carretto, Incontro al domani, Roma, 1943. 12 7 2.6.La celebrazione dei Sacramenti e l’assimilazione della Sacra Scrittura ci guideranno lungo la via tortuosa della vita, ci faranno affrontare con coraggio e determinazione le difficoltà che incontreremo, risolveranno i dubbi che la ragione è solita generare. La forza dello Spirito ci costituirà testimoni della Parola di Vita a vantaggio dei nostri fratelli, a cominciare da quelli che abitano questa meravigliosa terra di Calabria, senza farci tirare indietro davanti a qualsiasi pericolo. 3. La Lectio Divina 3.1 Fratelli e figli carissimi, è fondamentale che nella nostra vita si trovi il tempo per un incontro personale e possibilmente quotidiano con Cristo, Parola fatta carne, presente nelle Sacre Scritture vivificate dallo Spirito Santo. Solo tale ascolto è capace di far maturare in noi, giorno per giorno, la pienezza della vita cristiana. Così come abbiamo assoluto bisogno per la nostra vita di fede di alimentarci del Corpo e del Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, così pure abbiamo bisogno di alimentarci della divina Parola racchiusa nelle Sacre Scritture. Cristo è il centro di tutta la Bibbia. Consapevole, dunque, che la quotidiana familiarità con le Scritture facilita l’intimità con Cristo stesso, la Chiesa raccomanda una familiarità orante della parola di Dio affinché per ciascun cristiano si realizzi pienamente l’incontro con Dio Uno e Trino. Ascoltare e vivere le Sacre Scritture significa lasciare che “la Parola di Dio compia la sua corsa in noi e sia glorificata (cfr. 2Ts 3,1) e il tesoro della Rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini”17. Vivere le Sacre Scritture significa soprattutto rivestirsi di Cristo per conformarsi al suo divino insegnamento, per diventare suoi imitatori e testimoniare il suo e nostro amore al mondo intero. Come pastore di questa Chiesa sento pressante, nella mente e nel cuore, l’invito del Concilio a garantire a ciascuno di voi la conoscenza delle Sacre Scritture: «Compete ai sacri Presuli, depositari della dottrina apostolica, ammaestrare opportunamente i fedeli loro affidati al retto uso dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e soprattutto dei Vangeli, con traduzioni dei sacri testi, che devono essere corredate di note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino con sicurezza e utilità con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito»18. Farmi carico di questo impegno è il segno più genuino del mio sentirmi vostro padre. 3.2 L’antico modo di accostarsi alla Scrittura (chiamato tradizionalmente lectio divina, lettura orante della Parola), sia anche per la nostra Chiesa una via privilegiata di ascolto della Parola. È questa una modalità eccellente di pregare, perché fa sì che la Parola di Dio penetri nei nostri cuori e ci conduca ad una vita intima con Cristo: «Nei libri sacri il Padre viene incontro ai suoi figli e discorre con essi»19, e ancora 17 DV, 26. Ivi, 25. 19 Ivi, 21. 18 8 «la lettura della Sacra Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio fra Dio e l’uomo; poiché quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini»20. La tradizione medioevale, fedele all’insegnamento per cui per far sbocciare la Parola in tutta la sua bellezza è necessario prima ascoltare e poi saper tacere, ha raccolto questo cammino di lettura della Bibbia attorno a quattro tappe fondamentali: lettura (lectio), meditazione (meditatio), preghiera (oratio), contemplazione (contemplatio). La lectio ci invita a leggere la Sacra Scrittura lentamente e con molta attenzione per comprendere il testo nel suo significato immediato e letterale, estraendone con chiarezza il messaggio in esso contenuto. Questa lettura serve ad orientare il fedele verso l’interiorizzazione della Parola. La meditatio, una volta che la lettura ha reso familiare il testo biblico, è il momento in cui Dio ci parla. È il momento dell’attualizzazione del testo nella nostra vita. Meditare è riflettere sul valore permanente del testo, che è la verità nascosta da scoprire e attualizzare; è “ruminare” la Parola affinché penetri nel nostro cuore e nella nostra mente e possiamo esserne trasformati. L’oratio è il tempo della preghiera e dell’invocazione: è la risposta a Dio, dopo averlo ascoltato, a ciò che il testo ci suggerisce e suscita in noi. In tal modo, l’ascoltomeditazione diventa lode, ringraziamento, supplica, pentimento, benedizione. Questo pregare la Parola ci condurrà alla quarta ed ultima tappa, la contemplatio, che consiste nel lasciare agire lo Spirito di Dio in noi. Se la lettura, la meditazione e la preghiera caratterizzano il nostro impegno e la nostra fedeltà alla Parola, la contemplazione è l’atteggiamento che ci consente di vivere scoprendo e gustando la presenza attiva della Parola, la gioia che Dio prepara a coloro che lo amano, guardando alla realtà della vita con occhi nuovi. A queste quattro classiche stazioni della lectio divina possiamo aggiungerne un’altra, che non solo nasce dalla contemplazione, ma è come una sua forma espressiva: l’azione (actio). È vero che, di per sé, la contemplazione è già operativa, ma col termine actio si vuole piuttosto indicare quel prolungamento della contemplazione che si esprime nell’impegno storico concreto. Lo schema che vi ho illustrato non vuole essere rigido, ma si offre a noi come ausilio ad un cammino di educazione all’ascolto e alla preghiera della Parola di Dio21. 20 Ivi, 25. Oltre a questo modo, ci sono anche altri criteri-guida che portano l’uomo ad approfondire il rapporto con la Parola: invocare lo Spirito Santo; leggere lentamente e attentamente il testo; meditare e scrutare ogni frase esaminando i testi paralleli; conoscere: la tradizione ecclesiale aiuta a interpretare, illuminare e giudicare la vita con la Parola; pregare il testo o un salmo adatto; contemplare: gustare Dio con il cuore e riconoscerlo nella storia; condividere la Parola meditata; ricordare: scegliere una frase per ricordare e vivere; agire: fare scelte in conformità con la Parola; annunciare: 21 9 In ogni caso, ciascuno, lasciandosi guidare dallo Spirito, può adattare a sé il metodo della lectio divina, approfondendo volta per volta l’uno o l’altro momento dell’itinerario proposto. Importante è rendere possibile un incontro personale con la Parola capace di trasformare la nostra vita. Ricordiamoci che la lectio divina è la via regale per la maturazione del personale cammino di fede di ogni discepolo del Signore e perciò dovrebbe avere un più ampio sviluppo anche a livello di comunità parrocchiale e diocesana, diventando una sorta di “Scuola della Parola”. Una delle prime domande che mi sono posto venendo in mezzo a voi come vescovo, riguardava il posto occupato dalla Bibbia nella vita di questa nostra Chiesa di Cassano. Ringrazio il Signore per i frutti che vi trovo anche in questo campo, ma devo contemporaneamente spronare me stesso e voi affinché ci impegniamo con costanza a promuovere iniziative attraverso le quali la Bibbia possa venire sempre più conosciuta e vissuta, attraverso appositi “centri di ascolto” in tutta la diocesi. 4. Bibbia e catechesi 4.1 La catechesi Una delle vie privilegiate di contatto con la Bibbia deve diventare sempre più la catechesi: «Il ministero della Parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e tutta l’istruzione cristiana si nutre con profitto e santamente vigoreggia con la Parola della Scrittura»22. La catechesi, infatti, è l’educazione alla fede. Quando attraverso essa si legge e si interpreta correttamente la Sacra Scrittura, è ancora il Cristo che rivolge la sua parola agli uomini, una parola viva, “come risuscitata dal libro”, carica della forza dello Spirito Santo. Nella catechesi non si insegna solo una dottrina, ma si realizzano un incontro e un evento di grazia. Obiettivo primario di tutta l’opera di insegnamento catechistico è quello di suscitare ed educare alla fede, generando, in chi ascolta la Parola, la vita nuova del Cristo risorto e inserendolo sempre più pienamente nel cammino del popolo di Dio. Fine ultimo è arrivare alla formazione della persona in tutti i suoi aspetti. La catechesi e gli stessi catechismi devono essere accolti come strumenti con cui si aiutano i credenti a ricondurre i testi biblici al mistero di Cristo ed a situare le singole pagine della Scrittura nella globalità del mistero della fede. Negli incontri di catechesi, già presenti in molte parrocchie di questa diocesi e che spero si attivino quanto prima in tutte le altre, la Parola di Dio deve occupare il primo posto, affinché tutta la comunità diocesana ne tragga giovamento e cresca nella sua capacità di rendere gloria a Dio Padre, al Figlio e allo Spirito santo. diffondere la Parola con la bocca; celebrare: la Parola splende nella liturgia; testimoniare: incarnare la Parola con le azioni; attendere: in Cristo glorioso splenderà la vita tutta intera. 22 DV, 24. 10 Ecco, figli e fratelli di questa a me già tanto cara Diocesi di Cassano, la catechesi che dobbiamo impegnarci a garantire ai nostri giovani in particolare, ma anche ai bambini ed agli adulti, affinché in tutte le nostre parrocchie risuoni una melodia che sia in grado di elevare il cuore di ciascun fedele a Dio, a Colui che è la fonte dell’Amore, trasformando ciascuno in testimone autentico di questo Amore. 4.2 Gruppi biblici (GB) Reputo per questo quanto mai opportuno che in ogni parrocchia vengano a costituirsi i cosiddetti Gruppi biblici, atti a garantire un’adeguata conoscenza della Parola di Dio. Volendo fare lectio divina, i gruppi dovranno seguire uno schema comune già preparato: 1. stabilire con cura tempo, luogo e partecipanti; 2. scegliere in anticipo un testo adatto alla cultura e alla spiritualità del gruppo e comunicarlo a tutti; 3. assegnare ad un componente il compito di preparare un commento esegetico almeno essenziale; 4. fornire a tutti la stessa versione del testo biblico della lectio; 5. preparare il luogo dell’incontro e renderlo accogliente; 6. chi guida stabilisce i vari passaggi già all’inizio (un ritornello meditativo risulta un aiuto di particolare utilità); 7. finita la lectio, evitare valutazioni: meglio lasciare che l’esperienza si ripeta: sospinta dalla parola scritta, la parola viva che Dio pronuncia oggi porterà nella nostra vita sicuramente a crescere e maturare nella fede23. 3. I Gruppi liturgici (GL) In questo contesto di formazione permanente, le attività che un Gruppo liturgico deve svolgere sono di estrema importanza e si compendiano in cinque verbi: studiare, osservare, riflettere, programmare e verificare. 1. Studiare Senza una formazione liturgica di base, un GL non potrà svolgere con competenza la propria missione. Imprescindibile è un cammino di iniziazione al linguaggio liturgico, accompagnato da un solido approfondimento sul senso della celebrazione cristiana e sulle dimensioni antropologiche e teologiche che la caratterizzano. Inoltre, devono qualificare l’itinerario formativo di un GL: la sacra scrittura e la teologia della Chiesa e dei ministeri. È bene riservare un’attenzione particolare allo studio dei documenti magisteriali sulla liturgia, in particolar modo quelli che hanno realizzato il rinnovamento liturgico conciliare e le introduzioni ai nuovi libri liturgici. Il GL, oltre a curare la formazione dei suoi membri, può farsi promotore di incontri catechetici aperti a chiunque voglia approfondire la propria conoscenza in ambito liturgico. 23 Vogliate accogliere questo suggerimento: per le nostre catechesi possiamo attingere alla vita e alle lettere di Paolo, primo perché stiamo vivendo l’anno giubilare dell’“apostolo delle genti” (bimillenario della sua nascita: anno 7 d.C., data del tutto convenzionale); secondo perché ci dà l’opportunità di conoscere e approfondire la sua personalità. 11 2. Osservare Un compito specifico del GL è quello di essere attento osservatore dell’assemblea. Prima di rendere il proprio servizio alla comunità bisogna conoscerne la composizione, la cultura, i problemi, la disponibilità o la difficoltà a lasciarsi coinvolgere. Viviamo un tempo di pluralismo culturale e religioso, come si vede anche nelle nostre assemblee. Le stesse messe domenicali sono partecipate da gruppi eterogenei, per cultura e per intensità di fede. È importante, quindi, che ad ogni specifica assemblea venga proposto lo stile celebrativo più adatto ed efficace, previa la profonda osservazione delle comunità celebranti. 3. Riflettere Ciò che viene appreso attraverso lo studio e ciò che emerge dall’osservazione delle assemblee deve condurre i componenti del GL a “riflettere insieme”. È importante che le impressioni e le idee di ciascuno possano convergere in un dialogo fraterno e costruttivo. Si tratta di una riflessione matura, che non si lascia condurre da impressioni o capricci personali. È un dialogo comune che conduce a scelte celebrative veramente utili e non determinate da “smania riformatrice” dettata esclusivamente dal desiderio irrazionale di novità. 4. Programmare Per giungere alla programmazione bisogna aver percorso bene le tappe precedenti: si può programmare solo dopo aver studiato, osservato e riflettuto. Un primo impegno è quello della programmazione annuale. Ogni anno il GL deve stilare un piano di lavoro nel quale emergeranno le esigenze formative dei suoi membri, le scelte principali che caratterizzeranno le celebrazioni annuali, gli eventi straordinari nell’ambito della vita parrocchiale (cresime, prime comunioni, ordinazioni, dedicazione della chiesa, anniversari particolari...). È bene prevedere anche una programmazione periodica, specialmente in prossimità dei tempi più significativi dell’anno liturgico (Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua). Un GL efficiente deve programmare la vita liturgica di questi tempi almeno due settimane prima del loro inizio. Comunque, a scandire il cammino del GL sarà la programmazione settimanale. L’organizzazione delle messe domenicali è un impegno costante. È importante sottolineare che il GL ha innanzitutto una “funzione di organizzazione” dei momenti celebrativi, pertanto non può e non deve addossarsi da solo la realizzazione delle liturgie. Dovrà invece stimolare e attivare i servizi che i diversi animatori o ministri sono chiamati a prestare, ognuno secondo capacità e preparazione specifiche. 5. Verificare Come la programmazione, anche la verifica dovrà essere annuale, periodica e settimanale. Verificare significa “fare verità” su come siano state realizzate le 12 celebrazioni e sulla loro reale efficacia. La verifica, quindi, è il frutto di ulteriore osservazione e ascolto dei membri dell’assemblea, ma nasce anche dal dialogo franco e aperto all’interno del GL stesso: da una verifica seria scaturisce l’esigenza di nuovo studio, di ulteriore riflessione e di una più ragionata programmazione. CONCLUSIONE Concludendo questa mia lettera, voglio ricordare con voi alcune parole che papa Giovanni XXIII rivolse alla sua diocesi quando era Patriarca di Venezia: «Insegnare la Sacra Scrittura, particolarmente il Vangelo, al popolo e rendergli familiare il Libro sacro, è come l’alfa delle attività di un vescovo e dei suoi sacerdoti. L’omega – vogliate concedermi questa immagine dell’Apocalisse – è rappresentata dal calice benedetto del nostro altare quotidiano. Le due realtà vanno assieme: la Parola di Gesù e il Sangue di Gesù. Tra l’una e l’altro seguono tutte le lettere dell’alfabeto: tutti gli affari della vita individuale, domestica, sociale: tutto ciò che è importante, pure, ma è secondario in ordine al destino eterno dei figli di Dio, e che non vale se non in quanto è sostenuto dalle due lettere terminali: cioè la Parola di Gesù sempre risonante in tutti i toni della Chiesa dal Libro sacro; e il Sangue di Cristo nel divino sacrificio, sorgente perenne di grazie e di benedizioni»24. Al di là di ciò che sono riuscito ad esprimere attraverso le pagine precedenti, vorrei deporre nelle vostre mani e nel vostro cuore proprio questo auspicio: che la Parola di Dio sia posta all’inizio di ogni nostra azione e preoccupazione, come comunità parrocchiali e chiesa diocesana, come famiglie, come singoli fratelli e sorelle che camminano nella via del Signore. Quella Parola che noi ascoltiamo, meditiamo, contempliamo nelle Scritture, soprattutto nel Vangelo, è quella stessa che celebriamo nel sacrificio del Corpo e Sangue del Signore. La “mensa” della Scrittura e dell’Eucaristia, della Parola e della celebrazione del mistero, ci fa incontrare con l’unica Parola della Vita, alfa e omega, principio e compimento del nostro cammino di uomini e di credenti. Affido questo auspicio alla Vergine Maria, Madre di Gesù e madre nostra. Lei che ha dato carne al Verbo di Dio è anche la prima perfetta discepola di questa Parola: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Lei ci sia sostegno e guida nel credere all’adempimento delle parole del Signore (cfr. Lc 1,45), nel fare tutto ciò che Gesù ci dice (cfr. Gv 2,5), nel riconoscere nella nostra vita il primato dell’unica Parola che salva. Contemplando la Theotòkos, la Madre per eccellenza, non possiamo non trovare conforto: Dio non abbandona mai l’uomo. Dio è accanto all’uomo come Provvidenza, la Tutta Santa sua Madre è accanto all’uomo come protettrice. Il vivere quotidiano dell’uomo, il vivere quotidiano di questa nostra diocesi e di ciascuno di noi, ha bisogno della provvidenza di Dio e della protezione della Vergine santissima. Maria, facendosi “serva del Signore” (Lc 1,38), ha reso possibile che la Parola si 24 Il brano è tratto da Card. Angelo Roncalli, Lettera Pastorale, anno 1952. 13 incarnasse in lei e diventasse per noi via da seguire, verità da accogliere, vita da vivere. Così ha aperto per tutti il cammino verso l’abbraccio di salvezza del Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo, a cui va la gloria, l’onore e la benedizione per tutti i secoli dei secoli. Amen. Su tutti voi, sulle vostre famiglie, sul vostro quotidiano legarvi alla Parola della Vita che risuona nelle Sante Scritture e nel Corpo e Sangue del Signore, scenda la benedizione del Signore. ? Vincenzo vescovo 14 APPENDICE 15 APPENDICE La Bibbia nella tradizione della Chiesa 1. La voce dei Padri della Chiesa 1.1 Fin dagli inizi, la Chiesa ha compreso che la Sacra Scrittura contiene “la sublime scienza di Cristo” ed è Parola di Dio, viva ed efficace, che penetra fino al più profondo dell’uomo e ne scruta i sentimenti e i pensieri del cuore (cfr. Eb 4,12). Il linguaggio delle immagini parla all’intelligenza ed al cuore, lasciando che la prima penetri nella profondità delle cose e che il secondo apra lo sguardo degli uomini oltre l’orizzonte, dilati e animi il quotidiano. Certo, la Parola di Dio sa anche inquietare, ma è un’inquietudine che conduce alla pace, un’amarezza che si scioglie in dolcezza25. Essa va dunque accolta come esorta l’apostolo san Giacomo nella sua lettera: «Ci generò per sua volontà per mezzo di una parola di verità, come se fossimo le primizie delle sue creature. Perciò accogliete con docilità la parola in voi seminata, che può salvare le vostre anime» (Gc 1,18.21). 1.2 Lungo il primo millennio, le Sacre Scritture hanno occupato un posto privilegiato nella vita dei fedeli grazie all’opera dei Padri della Chiesa, che infaticabilmente educarono il popolo di Dio all’ascolto e all’interpretazione della Bibbia. Mossi dalla convinzione che “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”,26 i Padri vivevano della Bibbia, pensavano e parlavano attraverso la Bibbia. La riflessione teologica e la catechesi divennero così un’identificazione del loro essere e della vita della Chiesa con la sostanza stessa della Pagina sacra. L’assidua frequentazione delle Sacre Scritture maturò nei Padri l’esperienza che la Bibbia, divenuta ascolto della Parola, fosse il Libro della vita, l’unico che ci metta a conoscenza del disegno di Dio sull’umanità, e che la Parola di Dio fosse Parola di vita, il segreto della bellezza e positività del vivere stesso. Già Sant’Ambrogio sottolineava questo aspetto: “Nella parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno; non c’è altra cosa che possa far vivere l’anima dell’uomo all’infuori della Parola di Dio”27. San Giovanni Crisostomo affermava: «Voi dovreste ascoltare la parola di Dio con tanta attenzione e assimilarla con tale impegno nella vostra vita, che le persone vedendovi possano capire il Vangelo che avete ascoltato»28. 1.3 Le Sacre Scritture sono state interpretate dai Padri nella loro inscindibile unità tra Antico e Nuovo Testamento. Sottolineava Ugo di San Vittore: “Tutta la Divina Scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, perché tutta 25 <<Io mangiai la parola di Dio e fu per la mia bocca dolce come il miele>> (Ez. 3, 3) Gerolamo, Comm. In Is., Prol., PL 24,17. 27 Ambrogio, in Ps 118, Ivi 15, 1350). 28 Giovanni Crisostomo, Hom. In Col., 1,9. 26 16 la Scrittura parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento”29. E similmente Ruperto: “La totalità della Scrittura è l’unica Parola di Dio. Quando dunque leggiamo la Scrittura tocchiamo la Parola di Dio, abbiamo dinanzi allo sguardo il Figlio di Dio”30. A questo proposito, già nel II secolo d.C. Ignazio di Antiochia evidenziava con espressione audace che bisogna accostarsi a tutta la Scrittura “come alla carne di Cristo”31: è Lui, infatti, il centro unico verso cui convergono tutte le linee dell’universo biblico. Alla scuola dei Padri della Chiesa impariamo anche l’arte di interpretare la Scrittura, contrassegnata da una profonda consonanza allo Spirito e sempre preoccupata di annunciare e far rivivere la Parola nell’incontro con le diverse culture, in particolare con quella greca, senza mai identificare l’Evangelo con alcuna di esse, giungendo ad una elaborazione dottrinale capace di mediare la Rivelazione contenuta nelle Sacre Scritture e le diverse situazioni e sapienze umane. 1.4 I Padri della Chiesa sono ancora oggi una ricchissima risorsa per la cristianità. Sono i grandi maestri dell’ascolto e dell’interpretazione delle Scritture. Essi ci insegnano a considerare la Bibbia come il Libro della Vita che ci manifesta il mistero e il progetto salvifico di Dio e ci rivela il suo amore in Cristo, Parola fatta carne, unico mediatore tra Dio e l’uomo32. La loro voce incide in profondità come un aratro, fendendo la gelida superficie sassosa della consuetudine, dell’indifferenza, della banalità. Le loro parole colpiscono ma, al tempo stesso, cercano accoglienza, desiderose di trovare patria e riposo nell’orecchio degli uomini. 1.5 Il concetto di tradizione, che designava inizialmente l’atto del trasmettere degli oggetti materiali, è stato in seguito applicato alla perpetuazione di dottrine e pratiche religiose, tramandate da una generazione all’altra mediante la parola e l’esempio vivente. Di là, il termine è stato esteso all’insieme dei contenuti così comunicati. La Chiesa Cattolica si considera in questo senso come realtà della tradizione vivente, e giustifica il suo messaggio e il suo ruolo con la trasmissione della fede cristiana, di cui essa è elemento costitutivo. Questa rivendicazione, inoltre, non deve essere intesa come una caratteristica confessionale specifica, ma rappresenta una componente essenziale del cristianesimo stesso. I riformatori, ponendo l’accento esclusivamente sulla Sacra Scrittura, hanno segnato un confine alla tradizione, di cui hanno fatto un termine collettivo per designare tutte le manifestazioni della vita e del pensiero cristiano dopo gli apostoli (tradizione apostolica), le cui testimonianze sono fuori della Bibbia. 29 Ugo da San Vittore, De arca Noe mor., II, 8, PL 176, 642c. Ruperto di Deutz, De Trin., De S. Spir., I, 6, PL 167, 1575. 31 Ignazio di Antiochia, Ad Philad., 4,1. 32 Così Francesco De Sanctis, in La Giovinezza, Garzanti, 1981, commenta il valore culturale e spirituale della Bibbia: «Gittai l’occhio sopra il libro di Giobbe. Rimasi atterrito. Non trovavo nella mia erudizione classica niente di comparabile a quella grandezza. Era per noi un viaggio in terre ignote e lontane. Mi meraviglio, come nelle nostre scuole, dove si fanno leggere tante cose frivole, non sia penetrata un’antologia biblica, attissima a tener vivo il sentimento religioso, ch’è lo stesso sentimento morale nel suo senso più elevato>>. 30 17 1.6 Il rapporto Bibbia–Tradizione33, che ha costituito un capitolo importante nella controversia tra cattolicesimo e protestantesimo, necessita di chiarimenti appropriati. La Bibbia esiste nella tradizione e non avrebbe senso se non in essa e in vista di essa: la tradizione vivente della Chiesa, non come alternativa alla Bibbia ma come storia del popolo dei credenti (DV, 8), è l’unico luogo dove possa essere conservata e riproposta la sua parola. La Bibbia è affermata come canonica non solo dalla tradizione e nella tradizione, ma anche per la tradizione della fede. Questo significa che la tradizione rende testimonianza alla Bibbia come la norma che la trascende; essa, cioè, riconoscendo la Bibbia come canone, mentre ribadisce l’autenticità della propria fede, confessa la necessità della Bibbia per il mantenimento di questa fedeltà. Il Vaticano II mette sullo stesso piano la Scrittura e la Tradizione e le indica come normative per la vita di tutta la Chiesa (DV, 21.24). 2. La voce del Magistero a partire dal Concilio di Trento. 2.1 Il Concilio di Trento Nel secondo millennio, una naturale spinta a prendere coscienza dell’importanza della Parola di Dio per la vita della Chiesa è stata data dal Concilio di Trento (1545-1562), nel contesto della risposta cattolica alla Riforma protestante. Nella IV sessione, conclusasi l’8 aprile 1546, nel primo decreto si affermava che la purezza della verità evangelica è contenuta nei libri scritti (Sacra Scrittura) e nelle tradizioni non scritte (Tradizione della Chiesa), procedendo all’analitica elencazione dei libri canonici dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nel secondo decreto si stabiliva che l’antica edizione della Vulgata era l’edizione autentica dei libri sacri e si sanciva, altresì, che l’interpretazione e il vero senso delle Sacre Scritture avrebbero dovuto essere conformi all’unanime consenso dei Padri, sotto l’autorità e il giudizio della Chiesa. L’esegesi della Sacra Scrittura, insomma, sarebbe dovuta avvenire in consonanza con la tradizione della Chiesa: ambedue stanno alla base della fede cristiana, riconoscendo Cristo al centro della Sacra Bibbia, poiché «nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, per primo con la sua parola promulgò e ordinò di predicare ad ogni creatura (Mc 16, 15) per mezzo dei suoi apostoli come sorgente di ogni salutare verità e della disciplina dei costumi»34. Il Concilio di Trento, inoltre, riaffermava che «seguendo l’esempio dei padri con pari pietà e rispetto accetta e venera tutti i libri sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, poiché di ambedue è autore l’unico Dio, come pure le tradizioni stesse, che riguardano sia la fede che i 33 Cfr., L’interessante studio di monsignor Armando Augello, “Bibbia e catechesi: nella tradizione”. Concilio di Trento, “Decretum de libris et de traditionibus recipiendis”, 8 aprile 1946, in H. Denzinger – A. Schonmetzer, Enchiridion simbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, n. 1501. 34 18 costumi, in quanto pronunciate da Cristo oppure dettate dallo Spirito Santo e conservate con successione continua nella chiesa cattolica»35. Nella quinta sessione, il 17 giugno 1546, venivano infine decretati l’importanza e il ristabilimento dell’insegnamento della Sacra Scrittura, affinché “il tesoro celeste dei libri sacri, che lo Spirito Santo ha donato agli uomini con somma liberalità, non venga trascurato”36. 2.2 Il Concilio Vaticano I Dopo circa tre secoli, il 2 giugno del 1868, Papa Pio IX convocò un Concilio con l’intento di precisare contorni e contenuti della dottrina della Chiesa in contrapposizione ad alcune correnti laiche contemporanee (panteismo, razionalismo, positivismo) e per adeguare la disciplina ecclesiastica alle mutate condizioni dei tempi. Nel secondo capitolo della Costituzione sulla fede cattolica “Dei Filius” sono contenute le fondamentali verità riguardanti il rapporto fra la ragione umana e la Rivelazione divina. In pratica, si vuole dimostrare la conoscibilità di Dio alla luce della ragione umana e, nello stesso tempo, sottolineare il valore della Rivelazione soprannaturale: la “Dei Filius” sottolinea che lo sforzo dell’uomo alla ricerca di Dio, legittimato dalla ragione, trova compimento nel dono che Dio stesso fa all’uomo rivelandosi in nostro Signore Gesù Cristo. Per quanto attiene la Scrittura, il Concilio riprendeva gli insegnamenti tridentini, sottolineando l’idea di inerranza della Bibbia, vale a dire quel principio della fede cristiana secondo cui la Bibbia, nella sua forma originale, essendo ispirata da Dio, va considerata priva di errori, inclusi gli aspetti storici e scientifici. Il punto più interessante è l’aver posto al centro della Rivelazione il mistero della persona di Dio, anche se solo la teologia potrà felicemente illuminare il rapporto intrinseco tra Rivelazione e storia dell’uomo. 2.3 Tra Vaticano I e Vaticano II: le encicliche “bibliche” Tra i Concili Vaticano I e Vaticano II, la cura dei pontefici nel sottolineare l’importanza della Sacra Scrittura per la Chiesa e nel promuoverne lo studio e la diffusione si espresse in varie forme. Nel 1902 Leone XIII costituiva la Pontificia Commissione Biblica, un gruppo di esperti con il compito di far sì che la Parola di Dio fosse oggetto di quella ricerca scientifica richiesta dai tempi e fosse studiata in profondità soprattutto dai cattolici, per essere preservata integra. Analogamente, nel 1909 Pio X fondava il Pontificio Istituto Biblico. Queste due importanti istituzioni avrebbero dato il proprio contributo, secondo le possibilità e le risorse del momento, per quel graduale cammino di maturazione della Chiesa Cattolica nella 35 36 Ivi, 1501. Ivi, 1510. 19 considerazione e nel riconoscimento pieno del valore della Parola di Dio che sfocerà poi nella “Dei Verbum” del Vaticano II e in altri successivi approfondimenti magisteriali e pastorali Le Encicliche più importanti di questo periodo sulla Parola di Dio sono la “Providentissimus Deus” di Leone XIII, la “Spiritus Paraclitus” di Benedetto XV e la “Divino Afflante Spiritu” di Pio XII. Tutte e tre affermano senza mezzi termini l’importanza che la Chiesa attribuisce alla Sacra Scrittura, perché è da essa, dalla Tradizione e dai sacramenti che trae la sua linfa vitale. 2.3.1 L’Enciclica Providentissimus Deus di Leone XIII Riallacciandosi alla tradizione antica, l’Enciclica “Providentissimus Deus” di Leone XIII, pubblicata il 18 novembre 1893, affermava «che Dio, il quale parlò prima per mezzo dei profeti, poi egli stesso e quindi per bocca degli apostoli, è anche autore delle Scritture che sono chiamate canoniche, e che sono oracoli e locuzioni divine, una lettera inviata dal Padre celeste trasmessa per mezzo degli autori sacri al genere umano, peregrinante lontano dalla patria»37. Essa si prefiggeva «di spronare e raccomandare questo studio altissimo delle sacre lettere e dirigerlo anche più conformemente alle necessità dei tempi presenti, in modo che sempre più sicuro e abbondante si renda manifesta, per l’utilità del gregge del Signore, questa fonte della rivelazione cattolica»38. Nelle intenzioni di Leone XIII vi era, inoltre, la preoccupazione di difendere l’integrità della Sacra Scrittura da interpretazioni imprudenti, indicando ai fini dello studio della Bibbia l’utilizzo delle antiche lingue d’Oriente, così come l’esercizio della critica scientifica39. Altro concetto fondamentale dell’Enciclica è che ogni Scrittura va interpretata alla luce e per grazia dello Spirito Santo. I Libri sacri, infatti, non possono essere paragonati agli altri libri ma, essendo stati ispirati dallo Spirito Santo e «contenendo cose importantissime, e in molti punti recondite e assai difficili, per comprenderle e spiegarle sempre abbiamo bisogno dell’intervento dello stesso Spirito», della sua luce e della sua grazia, da implorare con umile preghiera e custodire in noi con una vita santa40. Tutta la predicazione della Chiesa deve attingere alle Scritture, “tesoro ricchissimo delle celesti dottrine, fonti perenni di salvezza, campi fertili nei quali il gregge del Signore viene mirabilmente ristorato e ricreato”41. Ai predicatori vengono perciò opportunamente ricordate le raccomandazioni di san Girolamo al chierico Nepoziano: «Leggi spesso le divine Scritture, mai, anzi, la lettura sacra venga deposta dalle tue mani; apprendi ciò che insegni; il parlare del prete sia condito 37 Leone XIII, Lettera enciclica Provvidentissimus Deus, 18.11.1893, Ivi n. 81). Ivi, n. 82. 39 Ivi, n. 118. 40 Ivi, n. 89. 41 Ivi, n. 88. 38 20 dalla lettura delle Scritture»42; la sentenza di san Gregorio Magno: “È necessario che coloro che hanno l’ufficio della predicazione non tralascino mai lo studio della sacra lettura”43; e infine l’incisivo avvertimento di Sant’Agostino: “E’ vuoto quel predicatore che non sia intimo discepolo della Parola di Dio”44. Nella seconda parte fornisce suggerimenti utili agli studi biblici, ed indica gli errori da evitare, ponendo l’attenzione sulla scelta di docenti ben preparati, auspicando che “l’uso della divina Scrittura domini in tutta la scienza teologica e ne sia quasi l’anima”45 e promuovendo l’investigazione della scienza biblica e l’interpretazione della Divina Scrittura in conformità allo Spirito e alla tradizione della Chiesa. Nella terza parte, l’enciclica di Leone XIII ricorda che tra il contenuto della Sacra Scrittura e i risultati della ricerca scientifica non vi può essere contraddizione, purché tutti indaghino la verità e riconoscano i propri limiti. Vi è, infatti, un solo Dio, il quale ha creato il mondo, ne guida la storia ed è l’autore della Sacra Scrittura. L’enciclica si conclude con la rinnovata esortazione al vivo impegno a leggere e diffondere la Scrittura. 2.3.2 L’Enciclica Spiritus Paraclitus di Benedetto XV Benedetto XV, con l’enciclica “Spiritus Paraclitus” del 15 settembre 1920, nel contesto del 15° centenario della morte di san Girolamo, intese ricordare che lo Spirito Santo diede all’umanità il tesoro delle lettere sante per far conoscere il mistero di Dio e, lungo la storia della Chiesa, fece dono di numerosi esegeti per non lasciare infecondo questo celeste tesoro e far gustare a tutti i fedeli la “consolazione delle Scritture” (Rm 15,4)46. Ripercorrendo la vita e l’opera di San Girolamo, “il più grande dottore di cui il cielo abbia fatto dono alla Chiesa per l’interpretazione delle Scritture”47, Benedetto XV esprimeva il suo dovere apostolico ed il desiderio di favorire lo studio nobilissimo delle Scritture, insistendo sul dovere di ogni battezzato di leggere e studiare la Bibbia, di manifestarne nella vita l’amorosa venerazione, di rifuggirne la libera interpretazione contraria al sentire della tradizione ecclesiale. La figura di Girolamo, inoltre, insegna a tutta la Chiesa che la lettura non sporadica delle Sante Scritture da parte dei fedeli produce quei frutti spirituali che Benedetto XV sintetizzò felicemente nell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, nella pratica della vita cristiana, nell’amore verso l’Eucaristia48. L’Enciclica invitava infine 42 Girolamo, Ep. 52 ad Nepotianum, 7 s., PL 22, 533-534. Gregorio Magno, Regula pastoralis, II, 11, Ivi 77, 50 a. 44 Agostino, Sermo 179, 1, Ivi 38, 966. 45 Leone XIII, Lettera enciclica Provvidentissimus Deus, (in Enchiridion Biblicum, n. 114). 46 Benedetto XV, Lettera enciclica Spiritus paraclitus, XV centenario della morte di San Girolamo dottore della Chiesa, Roma, 15.09.1920, Ivi, n. 440. 47 Benedetto XV, Spiritus paraclitus, Ivi, n. 440. 48 Benedetto XV, Spiritus paraclitus, Ivi, n. 488 ss.. 43 21 il clero a trovare nella Scrittura l’alimento della vita spirituale, l’argomento per la difesa dei dogmi, la materia di uno studio assiduo49. In definitiva, l’Enciclica “Spiritus Paraclitus”, a partire da questa icona di vita dedicata alla Scrittura che fu la persona di Girolamo, richiamava a rimanere fedeli alla dottrina cattolica sotto l’ispirazione divina delle Sacre Scritture, e costituiva un forte appello “affinché tutti i figli della Chiesa si lascino penetrare e fortificare dalla dolcezza delle sante lettere”50. 2.3.3 L’Enciclica “Divino Afflante Spiritu” di Pio XII Un testo fondamentale nel cammino che stiamo ripercorrendo è rappresentato dall’Enciclica “Divino Afflante Spiritu” di Pio XII, pubblicata il 30 settembre 1943 nel cinquantesimo anniversario della “Providentissimus Deus”. L’enciclica di papa Pacelli rappresentò una vera e propria promozione degli studi biblici, e si mostrò ferma nel difendere il valore dell’esegesi scientifica, erroneamente contrapposta alla cosiddetta esegesi “mistica”. Pur ribadendo l’importanza del senso spirituale del testo biblico, l’enciclica sostenne infatti che l’interprete non può snaturare il significato storico e letterario della Scrittura. Compito degli esegeti è anche studiare con particolare attenzione i “generi letterari” presenti nella Bibbia, che aiutano a comprendere con una maggiore attendibilità il senso dei testi sacri51. Veniva quindi confermato il nesso tra ricerca scientifica e fede e tra senso spirituale e letterale, riconoscendo l’armonia profonda tra Parola di Dio e linguaggio umano, tra mistero e incarnazione: «Così come la Parola sostanziale di Dio si è fatta simile agli uomini in tutti i punti, eccetto il peccato, così le parole di Dio, espresse in lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio umano, eccetto l’errore»52. L’Enciclica sottolineava poi l’importanza dello Spirito santo, ispiratore della Bibbia e fondamento per la sua comprensione. Proprio perché le Sacre Scritture erano state affidate alla comunità dei credenti, cioè alla Chiesa di Cristo, unica garante della validità dell’interpretazione, l’enciclica esortava «a comprendere e più ardentemente amare la Parola di Dio comunicata agli uomini nelle sacre lettere e far sorgere spontanea la convinzione che ai fedeli, e specialmente ai sacerdoti, incombe il grave compito di largamente e santamente profittare di quel tesoro (dell’esegesi cattolica) accumulato in tanti secoli da sommi ingegni. Infatti i sacri libri non furono dati da Dio agli uomini per soddisfare la loro curiosità o per fornire materia di studio, ma, come insegna l’Apostolo, affinché questi divini oracoli ci potessero istruire per la salvezza che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù e perché l’uomo di Dio sia completo e preparato per ogni opera buona (2Tm 3, 17)»53. 49 Benedetto XV, Spiritus paraclitus, Ivi, n. 481 ss.. Benedetto XV, Spiritus paraclitus, Ivi, n. 495. 51 Pio XII, Lettera enciclica Divino afflante Spiritu, Roma 30.09.1943, Ivi, n. 566. 52 Pio XII, Divino afflante Spiritu, Ivi, n. 559. 53 Pio XII, Divino afflante Spiritu, Ivi, n. 566. 50 22 2.4 Il Concilio Vaticano II: la Costituzione dogmatica “Dei Verbum” 2.4.1 La prima fondamentale intuizione del Concilio Vaticano II è stata la primazia della Parola di Dio. Intorno ad essa il Concilio ha potuto tratteggiare una linea pastorale operativa: tutta la Chiesa è serva della Parola di Dio. Nel breve percorso fin qui presentato abbiamo potuto constatare che sempre la Sacra Scrittura ha avuto un ruolo importante nella Chiesa, ma la novità del Concilio Vaticano II, espressa nella Costituzione dogmatica “Dei Verbum” sulla divina Rivelazione, promulgata il 18 novembre 1965, è stata certamente data proprio dalla centralità che essa viene ad assumere. L’importanza di questo documento per la vita della Chiesa è stata enorme, così da poter essere definito da De Lubac come il portale d’ingresso ed il fondamento di tutto l’edificio teologico del Vaticano II. 2.4.2 Fratelli e figli carissimi di questa mia amata diocesi, la conoscenza di questo documento è indispensabile per comprendere l’immenso valore che la Parola di Dio ha per la vita di ogni battezzato. Un primo punto che vorrei sottolineare è il posto che la Sacra Scrittura ha nel piano della Rivelazione. Per la “Dei Verbum” la Rivelazione è espressione del piano di Dio: «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2Pt 1,4). Con questa Rivelazione Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»54. Tale manifestazione incomincia con la storia dell’uomo: «Fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori, a suo tempo chiamò Abramo per fare di lui un grande popolo; dopo i patriarchi ammaestrò questo popolo per mezzo di Mosè e dei profeti, affinché lo riconoscesse come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stesse in attesa del Salvatore promesso, preparando in tal modo lungo i secoli la via all’Evangelo»55. 2.4.3 Questa Rivelazione «comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione»56. La Rivelazione si realizza mediante una stretta connessione tra eventi 54 Dei Verbum, Roma 18.11.1965, 2. Ivi, 3. 56 Ivi, 2. 55 23 e parole. Si recupera qui il concetto di Parola di Dio nel suo significato primitivo che il termine dabar (parola) manifesta nella lingua ebraica: una parola efficace, che realizza ciò che significa. 2.4.4 La manifestazione di Dio all’umanità ha raggiunto la sua pienezza in Cristo. In lui gli uomini passano da una semplice conoscenza ad una partecipazione di vita. Con la venuta di Cristo, dunque, la Rivelazione è entrata nella fase definitiva: «Dio mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come uomo agli uomini, parla le parole di Dio (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò Egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e con la gloriosa risurrezione dai morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1Tm 6,14 e Tt 2,13)»57. 2.4.5 La “Dei Verbum” ci spiega il valore della Scrittura e della Tradizione. La Scrittura è costituita dai libri ispirati dell’Antico e del Nuovo Testamento, che formano il canone biblico. La Tradizione comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all’incremento della fede e si rivela nella dottrina, nella vita e nel culto della Chiesa58. La Parola di Dio è e rimane un grande mistero, che si comunica nella storia degli uomini attraverso la divina Scrittura e la Tradizione. Scrittura e Tradizione sono dunque due forme dell’unica Parola, “costituiscono un solo sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa”59. 2.4.6 Potendo contare su quest’unico sacro deposito della Parola di Dio, “tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera assiduamente nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera” (cfr. At 2,42 gr.), in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca tra pastori e fedeli una singolare unità di spirito. L’ufficio poi d’interpretare autenticamente la Parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Questo magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma è al suo servizio, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella 57 Ivi, 4. Ivi, 8. 59 Ivi, 10. 58 24 Parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio60. 2.4.7 Quella Parola che ha creato il mondo e che farà nascere cieli nuovi e terra nuova è la stessa presente nella Bibbia, cioè nell’insieme dei Libri dell’Antico e del Nuovo Testamento: «Le verità divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute ed espresse, furono scritte per ispirazione dello Spirito santo. La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito santo»61. È Dio stesso, dunque, l’autore della Bibbia, ma per scriverla si è servito di uomini. La loro azione, però, si è svolta sotto l’influsso di Dio, ed essi sono diventati, a ragione di ciò, strumento e organo della Sua Divina Volontà, senza tuttavia perdere nulla delle loro capacità e facoltà di uomini liberi e pienamente coscienti delle loro azioni: «Per la comprensione dei Libri sacri Dio scelse e si servì di uomini in possesso delle loro facoltà e capacità, affinché agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte»62. Questi autori, detti agiografi perché scrivono di argomenti sacri, sono stati guidati dallo Spirito – nel rispetto della loro esperienza storica, del loro modo di pensare e del loro stile letterario – ad esprimere con un linguaggio pienamente umano la Parola insondabile di Dio e la Sua sapienza per la vita degli uomini. Infatti, come afferma Paolo, «ogni scrittura è ispirata da Dio e (pertanto) utile per insegnare, ammonire, correggere, educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2Tm 3,16). E Pietro sottolinea che «nessuna scrittura profetica va soggetta a privata interpretazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito santo parlarono quegli uomini da parte di Dio» (2 Pt 1,20). 2.4.8 Un’importante precisazione della “Dei Verbum” riguarda il tipo di verità veicolato dalla Bibbia. “I libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle Sacre Scritture”63. La pagina biblica non presume di offrire ogni tipo di verità, ma piuttosto la verità in ordine alla nostra salvezza, diventando per il credente il nutrimento per il suo cammino di fede e di vita. “Poiché Dio, nella Sacra Scrittura, ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana”,64 è necessario che il lettore della Bibbia valorizzi il testo sacro cercando di comprendere anzitutto quel senso che gli autori hanno inteso dare (senso letterale), tenendo conto anche dello stile della composizione e dei generi letterari. Tuttavia, «dovendo la Sacra Scrittura essere letta e interpretata con l’aiuto dello 60 Ivi, 10. Ivi, 11. 62 Ivi, 11. 63 Ivi, 11. 64 Ivi, 12. 61 25 stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva Tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede»65. Se il testo biblico da un lato deve quindi essere mediato attraverso tutti gli strumenti adatti a chiarirne il senso letterale, dall’altro la sua lettura deve essere sempre una lettura “nello Spirito”, attenta all’intero messaggio della salvezza contenuto nelle Scritture e in piena armonia con il sentire della Chiesa. 2.4.9 In conclusione, dobbiamo ricordare che con la “Dei Verbum” si compie una svolta epocale sul modo di presentare la Divina Rivelazione da parte della Chiesa: la Rivelazione, infatti, viene esposta come l’autocomunicazione di Dio a tutta l’umanità, che nasce dall’amore e porta alla salvezza non solo dell’uomo, ma del creato intero. Il Concilio ci mette di fronte alla grande verità che Dio parla agli uomini, ed uno dei luoghi privilegiati dell’incontro con il suo mistero di amore e di vita è l’ascolto della sua Parola così come essa è rivelata nelle Scritture. Compito della Chiesa è custodire la Parola di Dio e parteciparla fedelmente a tutti gli uomini. Papa Benedetto XVI, considerando questa importantissima consegna del Concilio, ha affermato: «La Chiesa non è la Parola, ma il luogo in cui abita e vive la Parola. La Chiesa non può permettere che la Parola si perda nella chiacchiera di una persona qualunque, nelle parole dei tempi che cambiano, ma la deve conservare nella sua immutabile identità. Ma perché la Parola sia conservata, la Chiesa deve viverla, soffrirla. Limitarsi puramente a conservare sarebbe scansare la sofferenza e non sarebbe certo un portare la Parola nel tempo presente»66. Da un punto di vista pastorale, la “Dei Verbum”, nel capitolo conclusivo, sottolinea la valenza del rapporto tra Scrittura e vita della Chiesa, invita i fedeli ad avvicinarsi alla Bibbia e sprona teologi ed esegeti a collaborare con i pastori per spiegare il senso autentico delle Scritture, rimanendo fedeli al Magistero. Questa conoscenza della Bibbia deve condurre la Chiesa a diffonderla anche tra i non cristiani. La Costituzione sulla Divina Rivelazione si conclude con l’augurio che lo studio della Parola di Dio e l’adesione ad essa porti molti frutti alla Chiesa di Cristo67. I fedeli devono considerare le Sacre Scritture come strumento indispensabile per la realizzazione della loro vita cristiana, entrando in rapporto con esse con atteggiamento di sommo rispetto, nella consapevolezza di incontrarvi il Dio vivente. È importante, perciò, che tutti possano accostarsi facilmente alla Bibbia, affinché leggendola, meditandola e contemplandola si costituiscano come popolo santo di Dio ed edifichino con il loro esempio, conforme agli insegnamenti della Scrittura, il 65 Ivi, 12. Benedetto XVI, “Dogma e predicazione”, Roma, 2006, p. 20. 67 Dei Verbum, 26. 66 26 mondo intero. Donarsi senza riserve, impegnarsi senza compromessi, testimoniare la verità senza adulterazioni: è questo l’autentico essere cristiani a cui siamo chiamati68. Abbreviazioni Ap Apocalisse At Atti DS H. DENZINGER – A. SCHONMETZER (Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum) DV Dei Verbum EB Enchiridion Biblicum Eb Lettera agli Ebrei Fil Lettera ai Filippesi Gc Lettera di Giacomo 1Pt Prima lettera di Pietro 1Tm Prima lettera a Timoteo 2Cor Seconda lettera ai Corinti 2Tm Seconda lettera a Timoteo Ger Geremia Gn Genesi GS Gaudium et Spes Gv Vangelo di Giovanni Hom Homilia Lc Vangelo di Luca LG Lumen Gentium Mt Vangelo di Matteo 68 Così padre David Maria Turoldo, con versi lirici, illustrava tale concetto: “Manda, Signore, ancora profeti, uomini dal cuore in fiamme. E tu a parlare dei roveti sulle macerie delle nostre parole, dentro il deserto dei templi: e dire ai poveri di sperare ancora. Che siano appena tua voce, voce di Dio dentro la folgore, voce che schianta la pietra”. 27 Oss. Rom L’Osservatore Romano PL Patrologia Latina PS Salmi SC Sacrosanctum Concilium 28