Sviluppi recenti nella politica regionale degli Stati membri e della

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Sviluppi recenti nella politica regionale degli Stati membri e della
Riesame, Revisione, Riforma:
Sviluppi recenti nella politica regionale
degli Stati membri e della Norvegia
Relazione EoRPA 07/1:
Sintesi
Douglas Yuill, Martin Ferry e Tobias Gross
Questa relazione è stata preparata per il ventottesimo incontro del Consorzio per
la ricerca della politica regionale EoRPA che si terrà a Ross Priory, Loch
Lomondside dal 7 al 9 ottobre 2007. Da non citare senza permesso.
European Policies Research Centre
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Riesame, Revisione, Riforma: Sviluppi recenti nella politica regionale degli Stati membri e della
Norvegia
1.
INTRODUZIONE
Il periodo posto in rassegna è stato caratterizzato da un’intensa revisione della politica
regionale, dovuta in parte agli sviluppi verificatisi nell’ambito Ue. Conformemente a quanto
richiesto dal nuovo periodo di programmazione, gli Stati membri hanno prodotto dei
Documenti Strategici Nazionali di Riferimento (QSNR) e i relativi programmi operativi,
mentre i nuovi Orientamenti sugli aiuti di stato a finalità regionale hanno determinato la
presentazione e l’approvazione di nuove carte degli aiuti e dei relativi regimi. I nuovi
quadri Ue hanno alterato i parametri che regolano il funzionamento della politica regionale
nazionale con notevoli cambiamenti nel flusso dei finanziamenti tra e all’interno dei Paesi e
importanti variazioni negli obiettivi della politica stessa. L’accento posto sulla Strategia di
Lisbona ha aumentato l’enfasi sulla crescita, sulla competitività e sull’innovazione. In una
vena simile, grazie all’eliminazione della “micro-zonizzazione”, i finanziamenti della
politica di coesione si sono concentrati maggiormente sui punti di forza regionali (anche
all’interno di zone urbane). Le modifiche a livello comunitario hanno inciso inoltre
sull’attuazione della politica. In alcuni Paesi, la maggiore disponibilità di risorse e le
migliori capacità a livello regionale hanno incoraggiato un approccio più regionalizzato; in
altri, invece, il ridursi dei finanziamenti ha determinato una riduzione del numero dei
programmi e, in alcuni casi, una gestione più centralizzata. Tale situazione è stata
ulteriormente sviluppata da un’accresciuta enfasi sull’accountability e il controllo. In
termini più generici, l’elaborazione dei QSNR ha dato maggior risalto al coordinamento
della politica.
Le nuove carte degli aiuti regionali hanno dato vita ad aree assistite più concentrate.
Dall’altro canto, la necessità di sfruttare al massimo quote di popolazione notevolmente
ridotte ha portato a porre maggiore enfasi sulle aree in cui le agevolazioni regionali possono
avere un impatto, con la conseguente creazione di più mappe ‘rattoppate’ in vari Paesi.
Allo stesso tempo, l’esigenza di riapprovazione degli aiuti per il periodo 2007-13 ha portato
al riesame e alla revisione dei regimi di aiuto.
Questi sviluppi sul piano comunitario sono stati accompagnati da vari fattori di
cambiamento nazionali. Uno di essi è costituito dall’ampia agenda di competitività, il cui
scopo è far sì che i Paesi e le loro regioni (tra cui quelle delle capitali) siano in grado di
competere su scala globale. A tal proposito, è accresciuta l’enfasi sulla creazione di poli di
crescita e centri di expertise competitivi a livello internazionale. Parallelamente, la
politica di vari Paesi si è concentrata sempre più su aspetti di sviluppo territoriale di più
ampio respiro, con l’obiettivo di sviluppare e promuovere una gerarchia urbana con poli di
sviluppo scelti per stimolare la crescita regionale e, nel contempo, garantire che le aree
urbane rimangano legate ai processi di crescita. Un altro fattore di cambiamento nazionale
è scaturito dai processi di riforma regionale derivanti dal desiderio di migliorare la
ripartizione delle responsabilità tra i livelli centrale e regionale. Tale situazione è stata
particolarmente tipica nei Paesi nordici, anche se, negli ultimi anni, i dibattiti sui ruoli e
sulle responsabilità della politica a vari livelli sono stati piuttosto diffusi.
La Tabella 1 conferma l’elevato grado di variazione nella politica degli ultimi anni. La
presente relazione si propone di fornire una rassegna comparativa e una valutazione di tali
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sviluppi a partire dall’inizio del 2006. La rassegna si basa su revisioni dettagliate e
strutturate degli sviluppi dell’Ue15, della Polonia e della Norvegia, oltre che su una
revisione più generale degli altri Paesi Ue12. È suddivisa in sette sezioni: le due che
seguono trattano la natura del problema regionale e come questo è percepito, mentre la
quarta descrive gli interventi di politica regionale definiti e attuati per rispondere alle
esigenze percepite. La sezione 5 esamina, quindi, le varie componenti della politica
regionale, mentre la 6 evidenzia le recenti tendenze a livello amministrativo. La sezione
finale trae alcune conclusioni e fornisce una serie di spunti di riflessione.
2.
LA NATURA DEL PROBLEMA REGIONALE
Tra gli Stati membri e tra le regioni dell’Ue esistono sostanziali differenze economiche.
Grazie all’effettuazione di test empirici si può stabilire se e fino a che punto si sia
verificata una riduzione nelle disparità economiche tra paesi e regioni. Le analisi basate sui
dati più recenti confermano ampiamente varie conclusioni di più lungo termine scaturite
dalla ricerca in campo accademico. Innanzitutto, si notano chiari processi di convergenza
tra i Paesi comunitari; in particolare, i nuovi Stati membri e i Paesi Ue15 della Coesione
hanno assistito a una crescita del PIL superiore alla media. In secondo luogo, non esistono
prove concrete a riprova dell’esistenza di processi di convergenza tra le regioni dell’Ue.
Alcune tra le regioni già prospere, quali Amburgo, Bruxelles e Londra interna, si sono
sviluppate in maniera piuttosto dinamica, mentre in altre regioni più periferiche la crescita
del PIL è stata limitata. In terzo luogo, nei nuovi Stati membri, i processi nazionali di
recupero sono stati generalmente affiancati da crescenti disparità interne, soprattutto in
Paesi quali la Repubblica Ceca, la Polonia, la Bulgaria e l’Ungheria. Infine, all’interno
dell’Ue15, nello scorso decennio in Grecia, negli Stati membri nordici, nel Regno Unito, nei
Paesi Bassi e in Irlanda si è verificato un aumento nelle disparità regionali in termini di PIL
pro capite anche se, ad eccezione della Grecia, in tutti questi Paesi le disparità tra le
regioni in termini di disoccupazione sono diminuite.
3.
PERCEZIONI DEL PROBLEMA REGIONALE
La Tabella 2 delinea le varie percezioni del problema regionale. A tal proposito, i Paesi
sono divisi in sei gruppi. Al primo appartengono Austria, Danimarca, Lussemburgo e i
Paesi Bassi, dove le disparità regionali sono da considerarsi limitate sia in ambito nazionale
che comunitario in maniera tale da non giustificare significativi interventi per lo sviluppo
regionale. Nel secondo gruppo, composto da Belgio, Francia, Irlanda e Regno Unito, i
divari regionali rispecchiano problemi differenziati, che richiedono interventi regionali
specifici. Finlandia, Svezia e Norvegia formano il terzo gruppo, caratterizzato da aree
problematiche scarsamente popolate al nord, ma anche da una politica segnata da elementi
di crescita rivolti a tutte le regioni. Il quarto gruppo, composto da Germania e Italia,
mostra accentuati divari regionali – tra est e ovest in Germania e tra nord e sud in Italia che rappresentano l’oggetto principale della politica. Nonostante significative disparità
interne, il quinto gruppo costituito da Grecia, Portogallo e Spagna è principalmente
dedito al potenziamento dello sviluppo nazionale. Infine, nell’Ue12 si osservano marcate
divergenze interne (soprattutto tra la capitale e le regioni in ritardo di sviluppo, spesso
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lungo i confini orientali) e, generalmente, anche un notevole divario nello sviluppo rispetto
al resto dell’Unione Europea. Anche in questi Paesi, la politica è incentrata sullo sviluppo
nazionale.
Dalle relazioni paese per paese emergono parecchi punti di raffronto. Innanzitutto, la
presenza di disparità chiave è generalmente riconosciuta, anche se, in alcuni casi, tali
disparità stanno declinando, mentre in altri esse non vengono considerate come un
problema vero e proprio. Ciononostante, la continua necessità di intervento è viva quasi
ovunque al fine di ottenere uno sviluppo territoriale più equilibrato. Tuttavia, alla luce
della crescente competitività internazionale, si continua a dibattere sull’uso di mezzi e
misure appropriate per l’attuazione della politica e, in molti Paesi, la tradizionale enfasi
posta su regioni svantaggiate designate sta cedendo il passo a un approccio più
differenziato. In secondo luogo, in vari Paesi, un risalto sempre maggiore viene attribuito ai
problemi sub-regionali. Ciò non solo richiede un maggior numero di soluzioni su misura, ma
anche la partecipazione di ciascuna regione al processo di rinnovamento economico in base
alle sue esigenze e potenziale. In tal modo, da un lato, le regioni sono più libere di
impostare i loro obiettivi e priorità ma, dall’altro, si potrebbe verificare un aumento nel
livello di concorrenza per le risorse, con conseguente esigenza di un coordinamento della
politica e una collaborazione più accentuati. In terzo luogo, si continua a valutare la
possibilità di accrescere la competitività dell’economia nella sua integrità. Questo è un
tema ricorrente in gran parte dei nuovi Stati membri e anche una priorità dei Paesi Ue15
della Coesione. Tuttavia, il potenziamento della competitività è un importante obiettivo di
molti altri Paesi Ue15 non solo a livello nazionale, ma anche in termini del contributo che
ciascuna regione può apportare allo sviluppo nazionale. Allo stesso tempo, la maggior parte
delle politiche continua a concentrarsi sul problema tradizionale delle regioni più deboli e,
più che in passato, è necessario bilanciare gli obiettivi di equità ed efficienza della politica
regionale.
4.
INTERVENTI POLITICI DETTATI DALLE ESIGENZE PERCEPITE
Un’analisi paese per paese dei cambiamenti verificatisi nel corso dell’anno passato
suddivide i principali sviluppi in quattro categorie: quelli inerenti alla natura della politica
regionale ed alla relativa importanza attribuita a particolari interventi; quelli che
riguardano gli obiettivi della politica e i principi su cui essa si fonda; quelli che incidono
sull’orientamento territoriale della politica, ovvero su quali aree (e con quale intensità)
essa intervenga e, infine, quelli che prevedono cambiamenti nell’amministrazione della
politica regionale.
Si è assistiti a sviluppi significativi riguardo alla natura della politica regionale e ai tipi di
strumenti di policy utilizzati (vedere Tabella 3). In Danimarca e nei Paesi Bassi, ad
esempio, sono stati resi operativi nuovi approcci basati su programmi rivolti a tutte le
regioni. Anche il quadro politico italiano e irlandese ha subito importanti cambiamenti
associati a sviluppi della politica di coesione dell’Ue. In Italia, è nata una nuova politica
regionale nazionale basata su programmi che si affiancano agli interventi della politica di
coesione comunitaria, assicurando che la nuova politica regionale unificata (che combina
programmi nazionali e programmi finanziati dall’Unione Europea) ritenga una notevole
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dimensione di sviluppo territoriale. In Irlanda, a causa di finanziamenti comunitari ridotti,
il Piano di Sviluppo Nazionale per il periodo 2007-13 è totalmente finanziato da risorse
nazionali; in futuro, i programmi dell’Unione europea svolgeranno solo un ruolo
complementare, incentrato su aree di investimento di nicchia. Tali programmi, invece,
continuano a rappresentare il nucleo della politica regionale di Paesi quali la Polonia, la
Grecia, il Portogallo e la Spagna e si sono maggiormente allineati alla politica regionale
nazionale in Austria, Finlandia e Svezia.
Oltre a questi sviluppi relativi ai programmi, si sono verificati degli importanti cambiamenti
nella politica francese (dove sono stati introdotti dei nuovi contratti-progetto tra stato e
regione di natura più strategica), in quella britannica (dove, con l’ampliamento della
copertura della politica regionale, l’attenzione si è spostata sempre più su quali strumenti
di policy usare a quale livello, ma sempre nel contesto di uno sviluppo strategico più
integrato nelle regioni) e in quella norvegese (dove, dopo un periodo in cui l’enfasi della
politica è stata posta sulla creazione di apposite condizioni di contesto per lo sviluppo
economico, si è ritornati agli strumenti tradizionali). Nei Paesi sotto esame, si è notata una
palese tendenza verso una centralità maggiore della programmazione regionale a scapito
degli aiuti regionali. La prima di queste due tendenze rispecchia le influenze comunitarie,
la crescente enfasi della politica sulla crescita regionale e sulla competitività e un più
ampio processo di decentramento; la seconda, invece, è dovuta ai controlli sugli aiuti di
stato (dagli appositi enti e a livello nazionale), alle restrizioni di bilancio e ad un
allontanamento dal sostegno agli investimenti, verso un sostegno maggiormente mirato
all’innovazione.
La nuova fase ha assistito a una riformulazione degli obiettivi della politica in Paesi quali
Austria, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Polonia (vedere Tabella 4). Un forte peso
continua ad essere attribuito agli obiettivi di competitività, in linea con le priorità di
Lisbona, alle aspirazioni di recupero dei Paesi del Fondo di coesione, ed alle pressioni della
globalizzazione. Negli ultimi anni, gli obiettivi di competitività hanno svolto un ruolo
prominente nelle politiche regionali nazionali di vari Paesi, tra cui in particolare
Danimarca, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito e Norvegia. D’altro
canto, a eccezione dei Paesi Bassi, gli obiettivi di più ampio respiro della politica regionale
includono un elemento di equità quasi ovunque, anche se questa tende ad avere una
priorità più bassa rispetto alla competitività regionale. È interessante notare alcuni esempi
recenti in cui il pendolo della politica è tornato indietro e la componente di equità è stata
potenziata (come, ad esempio, in Danimarca, Norvegia e Italia). Inoltre, vari Paesi (tra
cui il gruppo nordico, l’Austria e l’Irlanda) hanno espresso il desiderio di attribuire una
certa importanza all’equilibrio territoriale, promuovendo uno sviluppo policentrico e
un’apposita gerarchia urbana. Infine, va sottolineato che l’obiettivo di sviluppo sostenibile
sta assumendo una maggiore priorità nella politica, come ad esempio in Francia, Italia e
Portogallo.
I cambiamenti hanno interessato anche l’orientamento territoriale della politica (vedere
Tabella 5). Ad esempio, la tradizionale enfasi della politica sulle aree designate si sta
indebolendo. In risposta alle pressioni della DG Concorrenza, vi sono stati dei tagli
significativi alla copertura in termini di popolazione di tali aree, soprattutto in Danimarca,
Lussemburgo, Paesi Bassi, Francia e Irlanda. In verità, solo la Norvegia, la Svezia, la
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Grecia, la Spagna e la Polonia sono emerse dal processo di ridesignazione con le loro
mappe di aiuti regionali relativamente incolumi. Come conseguenza di una quota di
popolazione sempre più ridotta, le aree designate di Paesi quali Francia, Paesi Bassi e
Regno Unito sono incentrate ora su zone di crescita chiave, all’interno di aree
svantaggiate. Per quanto riguarda i flussi di finanziamenti, il nuovo sistema danese di
distribuzione dei fondi della politica regionale non ha determinato grandi cambiamenti alle
attribuzioni finanziarie regionali. I recenti cambiamenti verificatisi in Norvegia, invece,
favoriscono le tradizionali regioni più deboli, mentre nei Paesi Bassi si è notato un
allontanamento dal settentrione, caratterizzato tuttavia da notevoli disposizioni
transitorie. A livello più generale (e ciò vale anche per i flussi di finanziamenti comunitari)
si è verificata una diffusa resistenza ad accentuati cambiamenti nelle attribuzioni
finanziarie alle regioni, con meccanismi di compensazione in atto in molti Paesi. Infine, per
quanto riguarda alcune tipologie territoriali specifiche, in svariati Paesi l’enfasi della
politica regionale sulle aree urbane si è sviluppata ulteriormente in linea con la crescente
importanza attribuita alle misure innovative (tra cui poli di competitività in Francia e
Vallonia, programmi Centri di Expertise in Finlandia e Norvegia e una gamma di sviluppi
simili in Austria, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Polonia). Il supporto alle aree
urbane viene visto anche come mezzo di rafforzamento della struttura territoriale nei Paesi
nordici, in Irlanda e Austria. Allo stesso tempo, ci si è concentrati sulle sfide che
interessano le aree rurali di Paesi quali Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia e
Francia. Recentemente, anche in Germania, si è discusso ampiamente sulla potenziale
necessità di assistenza speciale per le aree rurali, mentre in Polonia si è attribuita una
notevole importanza al nuovo programma speciale per la zona orientale del Paese. Infine,
va osservato che le tipologie territoriali stanno diventando sempre più complicate, con
conseguenti revisioni dettagliate dei ruoli e delle responsabilità di sviluppo a livello subnazionale nei Paesi nordici ed enfasi nel Regno Unito sulla scelta di interventi adatti
all’apposito livello di politica.
Tali considerazioni portano a un quarto tema, ovvero a quello dei cambiamenti
nell’amministrazione della politica regionale, che ha identificato vari sviluppi recenti e
tendenze di più ampio respiro (vedere Tabelle 8 e 9). Uno di essi è il progressivo
potenziamento del livello regionale all’interno della politica regionale, come parte di
processi di decentramento più generali di Paesi quali Spagna, Belgio, Regno Unito e
Francia, ma che interessa anche ulteriori sviluppi recenti nella politica regionale nazionale
in Finlandia e nei Paesi Bassi e pressioni della programmazione comunitaria in Polonia e
nell’Ue12 oltre che in Irlanda e Portogallo. Un altro riguarda la revisione delle
responsabilità del livello regionale (tra cui quelle dello sviluppo regionale), legate spesso
all’urgenza di modificare la geografia di livelli di governance sub-nazionali (specificamente
nei Paesi nordici, ma anche in Inghilterra). Allo stesso tempo, il ruolo del livello nazionale
nell’amministrazione della politica regionale continua a essere solido, con una ulteriore
integrazione di responsabilità in seguito alle riorganizzazioni dei ministeri in Finlandia,
Svezia, Germania e Regno Unito, un maggiore contributo nazionale alla definizione degli
obiettivi della politica in Paesi quali Paesi Bassi e Italia e un maggior coordinamento
centrale nell’ambito dei programmi Ue in Polonia, Portogallo e Grecia. Vi sono stati anche
numerosi sviluppi in merito al coordinamento della politica: un migliore coordinamento a
livello nazionale tramite iniziative nazionali nei Paesi nordici, in Italia, nel Regno Unito e
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in Irlanda e mediante la programmazione comunitaria in Grecia, Portogallo e Polonia; un
coordinamento nel livello regionale in Danimarca, Finlandia, Svezia, Francia e Regno
Unito (anche nel contesto della programmazione regionale e della definizione di strategie),
nell’Ue12 e in altri Paesi dove i Fondi strutturali svolgono un ruolo importante nella
politica; un maggiore coordinamento tra i livelli nazionale e regionale in Stati quali la
Finlandia, l’Inghilterra, la Francia, la Danimarca e la Polonia, oltre ad Austria e
Germania, come parte di una tendenza più generale verso un miglioramento
dell’integrazione delle priorità della politica di livello nazionale e regionale.
5.
LE COMPONENTI DELLA POLITICA REGIONALE
Questa sezione presenta una revisione più dettagliata di recenti sviluppi concernenti le
principali componenti della politica – incentivi regionali e sostegno all’ambiente
imprenditoriale. Per ciascuna componente, si parte con un’analisi dettagliata paese per
paese, per poi discutere i principali punti di raffronto evidenziati.
I recenti sviluppi negli aiuti regionali mettono in risalto tre temi principali (come definito
nella Tabella 6). Innanzitutto, ad eccezione della Norvegia, le aree eleggibili agli aiuti
regionali hanno subito tagli nella popolazione eleggibile, con significative riduzioni (circa
metà) in Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Francia e Irlanda, cali compresi tra 16 e
24 percento in Austria, Belgio, Regno Unito, Germania, Italia, Finlandia e Portogallo e
aggiustamenti relativamente insignificanti in Svezia e Spagna. In Grecia e in Polonia, la
popolazione eleggibile è rimasta inalterata ed entrambi questi Paesi continuano a essere
eleggibili nella loro interezza. Nella maggior parte dei paesi, la notevole riduzione della
quota di popolazione eleggibile ha portato i policy-maker a concentrarsi su aree in cui si
prevede che gli aiuti regionali possano avere un certo impatto. Come già menzionato, le
mappe degli aiuti regionali di Paesi quali i Paesi Bassi, la Francia e il Regno Unito sono
ora incentrate su zone di crescita chiave all’interno delle aree svantaggiate. Tuttavia, nella
maggioranza dei Paesi, l’aspetto generale della mappa delle aree assistite non è cambiato
molto tra i due periodi.
In secondo luogo, gli Orientamenti sugli aiuti regionali del 2006 hanno introdotto notevoli
riduzioni ai massimali di aiuto. Per aziende di grandi dimensioni tali massimali sono scesi al
10 o 15 percento lordo in aree eleggibili in base all’art. 87(3)(c) e a un massimo del 30
percento lordo in tutte le altre regioni, tranne le aree più povere e remote aree ex art.
87(3)(a). Questi tetti sono molto più bassi di quelli applicati un decennio fa, quando il
valore equivalente era almeno il doppio dei livelli attuali. Tuttavia, soltanto ora i tagli ai
massimali determinati dagli Orientamenti stanno cominciando a limitare le concessioni di
aiuti e, comunque, solo in relazione alle grandi imprese. In genere, per aziende più piccole,
i tetti di aiuto stabiliti non incidono particolarmente sull’operatività dei regimi di aiuto di
stato a finalità regionale.
Infine, a tal proposito, vanno sottolineati altri sviluppi di più ampio respiro: una maggiore
enfasi sul sostegno all’innovazione, con un nuovo Contributo di politica regionale per
l’innovazione (PAT) in Francia, un nuovo intervento a favore di progetti di innovazione
industriale in Italia e nuovi regimi SIME distinti per l’innovazione e l’internazionalizzazione
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in Portogallo; l’introduzione di procedure semplificate grazie alla fusione di regimi e
all’uso di un unico modulo di domanda in Finlandia, l’unione di aiuti per gli investimenti e
le innovazioni in Scozia (anche qui mediante un solo modulo di domanda) e un’ulteriore
semplificazione più generica del supporto al contesto imprenditoriale nel Regno Unito; una
natura degli aiuti regionali sempre più selettiva e mirata, come rispecchiato dagli sviluppi
di Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Portogallo e Regno Unito; e, infine, l’adozione di un
approccio più regionalizzato alla concessione di aiuti (in Finlandia, Francia e Italia).
Quanto sopra rispecchia in genere una riduzione del bilancio per gli aiuti regionali (sebbene
non in Norvegia) e il desiderio connesso di migliorare l’efficacia e l’impatto delle risorse
disponibili.
Negli ultimi anni, la politica regionale nella maggioranza dei Paesi ha assegnato meno peso
agli aiuti regionali per concentrarsi su un sostegno più ampio all’ambiente
imprenditoriale, attuato sotto forma di misure infrastrutturali, sostegno all’innovazione o
ad aree urbane. In parte, ciò rispecchia i cambiamenti verificatisi negli inquadramenti
comunitari – da un lato, i sempre più restrittivi Orientamenti sugli aiuti regionali e,
dall’altro, l’approccio di più ampio respiro basato su programmi connesso alla politica di
coesione dell’Ue. Inoltre, una sempre maggiore enfasi a livello nazionale viene posta sulla
promozione dello sviluppo endogeno, affrontando le debolezze dal lato dell’offerta ed i
fallimenti del mercato, e sui fattori che contribuiscono al miglioramento della crescita
regionale e della competitività. Oltre a regimi di politica più regionalizzati e basati su
programmi, ora l’attenzione della politica è concentrata sempre più su misure più ampie a
favore dell’ambiente economico (vedere Tabella 7).
I recenti sviluppi confermano la continua importanza delle infrastrutture nella politica
regionale e non solo in quei Paesi che ricevono significativi finanziamenti Ue. Oltre ai nuovi
programmi infrastrutturali nazionali del Portogallo e della Spagna, in Irlanda il
Programma di Sviluppo Nazionale 2007-13 considera gli investimenti nelle infrastrutture un
“ingrediente chiave della competitività dell’economia irlandese nella sua integrità oltre
che un fattore importante della crescita economica regionale”. Anche nei Paesi Bassi, il
memorandum “Peaks in the Delta” è strettamente allineato alle priorità nazionali di
pianificazione territoriale che sottolineano l’importanza dei miglioramenti infrastrutturali
per accrescere l’accessibilità ai centri urbani primari. Generalmente, un numero crescente
di Paesi sta collegando maggiormente le priorità di pianificazione del territorio agli
obiettivi di sviluppo regionale, come è successo ad esempio in Irlanda, dove la Strategia
Territoriale Nazionale gode adesso di accentuata priorità; nel Regno Unito, dove le RDA
inglesi sono ora responsabili delle strategie congiunte di pianificazione economica regionale
e del territorio; e anche in Polonia, dove è in fase di sviluppo una strategia di
pianificazione del territorio aggiornata. Si sta inoltre cercando sempre più di influenzare le
politiche infrastrutturali nazionali mediante un più forte coordinamento della politica, al
fine di promuovere lo sviluppo regionale.
Inoltre, si stanno realizzando infrastrutture economiche più mirate, come aree industriali,
parchi scientifici e poli tecnologici. In molti Paesi la promozione di tali infrastrutture è
connessa alle politiche regionali. Ad esempio, in Germania, la GA finanzia da tempo misure
del genere. Altrove, il sostegno per le infrastrutture imprenditoriali ha assunto un ruolo
crescente nella politica a causa dell’indebolimento dell’affidabilità degli incentivi per
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progetti di investimento. In Irlanda, ad esempio, i “business park” e i poli tecnologici sono
diventati “hub” di sviluppo in “gateway” regionali chiave, mentre le aree industriali di alta
qualità hanno assunto un ruolo strategico in svariati Paesi. Più in generale, l’accresciuto
sostegno a favore di infrastrutture imprenditoriali mirate è associato a un’attuazione più
regionalizzata della politica regionale mediante piani e programmi regionali.
Per quanto riguarda il supporto al tessuto economico, recenti sviluppi ne hanno migliorato e
semplificato la fornitura. In Belgio, il nuovo programma Budget per Consulenza Economica
mira a offrire servizi migliori alle PMI delle Fiandre, mentre in Vallonia è stata formata
l’Agenzia di Stimolazione Economica al fine di razionalizzare le strutture di supporto
esistenti e renderle più coerenti. In Danimarca, le regioni di recente creazione hanno
responsabilità statutarie per lo sviluppo economico e ciò ha accresciuto l’importanza legata
ai servizi di supporto imprenditoriale nelle regioni. In Svezia, il nuovo governo ha
introdotto una serie di iniziative a favore delle PMI, tra cui servizi di consulenza rafforzati
tramite l’ALMI. Infine, nel Regno Unito, ci si sta concentrando sulla riduzione dei
programmi di aiuti alle imprese, in modo da snellirne e chiarirne l’erogazione.
La Tabella 7 evidenzia vari cambiamenti in relazione al supporto all’innovazione. Vi sono
state, ad esempio, a una serie di iniziative inerenti alla creazione o sviluppo di cluster
regionali: in Finlandia, il programma Centro di Expertise ha intrapreso una nuova fase; in
Francia, sono stati selezionati altri cinque poli di competitività; in Grecia, una legge
varata nel 2005 ha dato vita a cinque poli di innovazione regionali; in Italia, si stanno
promuovendo cinque progetti di innovazione industriale in settori strategici chiave; nei
Paesi Bassi, l’enfasi della politica basata sul documento “Peaks in the Delta” è posta su
specifici punti forti regionali che avvantaggiano l’economia nazionale; in Spagna, è stata
introdotta la prima politica di cluster nazionale; in Svezia, a giugno 2006 sono stati scelti
15 nuovi centri di eccellenza VINN e in Norvegia è stato costituito un programma Centro di
Expertise. Tali iniziative comportano chiare implicazioni di sviluppo regionale, soprattutto
in un contesto di programmazione regionale.
Più genericamente, la Tabella 7 conferma l’importanza di misure orientate all’innovazione
all’interno della politica regionale nazionale. In Austria, la politica regionale è da tempo
sinonimo di politica per l’innovazione regionale. Recentemente, il piano nazionale di
ricerca e sviluppo ha riconosciuto il contributo dato dalle regioni all’ampliamento della
capacità innovativa e competitiva. In Danimarca, l’Atto sullo Sviluppo Imprenditoriale del
2005 ha raggruppato gli interventi di politica regionale in sei aree prioritarie, due delle
quali sono collegate all’innovazione e all’ICT. Anche in Irlanda l’attenzione si sta spostando
sempre più verso l’innovazione, assegnando una forte priorità a forme “soft” di sostegno
per progetti di innovazione. Anche la GA in Germania ha rafforzato il suo supporto a favore
di un contesto innovativo. Il documento “Peaks in the Delta”, invece, mira a sviluppare nei
Paesi Bassi una politica per l’innovazione specifica per ciascuna regione mediante lo
sviluppo degli aspetti del processo di innovazione che si verificano a livello regionale.
Infine, nel Regno Unito, si nota una crescente interrelazione tra sostegno agli investimenti
e all’innovazione, sia a livello delle amministrazioni devolute che delle RDA inglesi.
Molte delle iniziative di innovazione presentate nella Tabella 7 mostrano un chiaro
orientamento urbano. Inoltre, un insieme di misure si propone di migliorare il contesto per
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le imprese promuovendo investimenti nelle aree urbane e nelle zone a esse circostanti. In
Belgio, il programma Fiandre in Azione del 2006 si propone di risolvere le “strozzature”
urbane in maniera integrata. In Finlandia, l’obiettivo della nuova fase del programma
Centro Regionale è il miglioramento della competitività e vitalità delle regioni urbane. In
Francia, è stata introdotta una nuova politica per città di medie e grandi dimensioni che
faccia da complemento a misure iniziali volte al potenziamento della cooperazione
metropolitana. In Irlanda, i “gateway” e gli “hub” regionali sono stati messi in forte
risalto, con l’intento di promuovere uno sviluppo regionale equilibrato e massimizzare il
potenziale regionale. Nei Paesi Bassi, la politica sancita dal documento Peaks,
recentemente diventato operativo e il cui focus è incentrato sui punti di forza delle regioni,
presenta un ovvio orientamento urbano. In Svezia, l’accresciuta enfasi su un approccio
nazionale alla politica regionale ha potenziato il ruolo delle città nello sviluppo regionale.
Nel Regno Unito, anche le città vengono sempre più considerate fattori chiave di crescita
economica e si è assistiti a un crescente allineamento degli obiettivi della politica urbana e
regionale. Infine, in Polonia, particolare risalto è posto sul potenziale regionale di grandi
aree metropolitane, legato inoltre all’obiettivo di rafforzamento dei legami con le aree
circostanti per favorire la diffusione della crescita economica.
6.
L’AMMINISTRAZIONE DELLA POLITICA REGIONALE
Negli ultimi anni, gli approcci all’amministrazione della politica regionale si sono evoluti ed
hanno assunto sfumature diverse da un Paese all’altro. Fattori culturali, sociali ed
economici specifici, assetti amministrativi esistenti, percezioni della sfida regionale e,
inoltre, questioni legate all’amministrazione di programmi Ue danno vita a interventi
nazionali distinti. Nonostante ciò, in genere, si possono identificare alcune tendenze di
fondo.
La prima riguarda la rielaborazione delle responsabilità di attuazione della politica nelle
varie dimensioni amministrative (vedere Tabella 8). Ciò include processi di decentramento
e territorializzazione delle politiche pubbliche. I tradizionali approcci redistributivi
dall’alto alla politica regionale, associati all’elargizione di aiuti regionali da parte dei
governi centrali, sono stati gradualmente soppiantati da un nuovo paradigma di politica
regionale che pone l’accento sullo sfruttamento di fattori regionali di crescita, soprattutto
mediante l’uso di programmi di sviluppo regionale. Tali sviluppi sono stati affiancati da un
progressivo potenziamento del livello regionale nel processo politico. In alcuni casi, come
Spagna, Belgio, Regno Unito o Francia, la regionalizzazione amministrativa o politica è
palese e le competenze statali di attuazione della politica sono state decentrate o devolute
ai livelli sub-nazionali. Cambiamenti del genere si sono verificati anche in Finlandia e, in
maniera diversa, nei Paesi Bassi al fine di accrescere l’input di livello regionale
nell’amministrazione della politica regionale e nelle modalità di assegnazione dei
finanziamenti. In alcuni Paesi, i processi di regionalizzazione amministrativa sono
strettamente legati alla gestione e all’implementazione dei Fondi strutturali. Ciò è
particolarmente pertinente all’Ue12, dove i Fondi strutturali sono una fonte vitale di
finanziamenti per lo sviluppo regionale. In Polonia, il nuovo ruolo dei governi regionali
come Autorità di gestione per il periodo 2007-13 rafforzerà il loro input
nell’amministrazione della politica, anche se in un contesto determinato centralmente. In
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altri Paesi, quali Irlanda e Portogallo, anche la politica di coesione ha inciso in maniera
simile sulle tendenze (piuttosto limitate) verso una regionalizzazione della politica.
Si possono identificare altre dinamiche nella ripartizione delle responsabilità della politica
regionale. La scelta di fattori di crescita economica diversi a seconda del livello territoriale
ha portato alla ridefinizione dei confini amministrativi, alla reinstaurazione delle relazioni
organizzative e alla riorganizzazione delle capacità a livello sub-nazionale. Un obiettivo
importante in tale ambito è stato far sì che i quadri di attuazione abbiano abbastanza
flessibilità e capacità da influenzare fattori di crescita economica diversi. Si stanno
portando avanti varie opzioni, tra cui la ridefinizione dei confini amministrativi al fine di
creare unità amministrative più grandi in Danimarca (un’opzione presa in considerazione
anche in Svezia, Norvegia e Finlandia) e accrescere la flessibilità di bilancio e il
contributo alla politica di enti amministrativi regionali, al pari delle Agenzie per lo Sviluppo
Regionale in Inghilterra.
Nonostante tali sviluppi, i governi nazionali continuano a svolgere un ruolo attivo
nell’amministrazione della politica regionale. In molti casi, ministeri, dipartimenti e
agenzie centrali rimangono importanti promotori dello sviluppo regionale, fornendo spesso
la maggior parte dei finanziamenti per l’attuazione della politica. Nel contesto
comunitario, il ruolo dello stato nella definizione di un quadro generale di riferimento per
gli interventi di sviluppo regionale è ben affermato e, in alcuni Paesi, i recenti processi di
riorganizzazione al centro hanno mirato a rinsaldare questo ruolo di coordinamento. Per
esempio, in Inghilterra, Germania, Finlandia e Francia, le responsabilità di sviluppo
regionale sono state riorganizzate a livello nazionale al fine di creare approcci più coerenti
e integrati all’amministrazione della politica. Un più forte ruolo del governo nazionale può
garantire l’assegnazione dei finanziamenti in base a specifici obiettivi di politica regionale
nazionale (al pari dei Paesi Bassi) o a territori specifici (come si è verificato in Italia con la
nuova politica regionale unitaria). In alcuni casi (come nell’Ue12), gli interventi controllati
dal centro possono risultare ideali per l’integrazione di una pletora di programmi e misure
di sviluppo, riducendo frammentazione e complessità. Ciò può verificarsi anche nei casi in
cui programmi di Fondi strutturali di ampia scala sottopongono a verifica sistemi
amministrativi regionali (ad es., Grecia).
Una seconda tendenza diffusa riguarda il coordinamento dell’attuazione della politica
regionale (vedere Tabella 9). Il coordinamento è diventato un aspetto cruciale
dell’amministrazione della politica regionale, poiché spesso le istituzioni locali, regionali,
nazionali e comunitarie sono coinvolte nell’attuazione delle politiche. A livello nazionale,
concettualizzazioni più sofisticate del problema della politica regionale stanno spingendo
un insieme più ampio di ministeri, dipartimenti e agenzie a usare meccanismi di
coordinamento diversi. In alcuni Paesi, strutture di coordinamento dedicate svolgono un
ruolo cruciale a livello nazionale, come si verifica ormai da tempo, ad esempio, con l’ÖROK
in Austria, la DIACT in Francia e il Comitato di coordinamento della GA in Germania. Tra
gli sviluppi più recenti figurano la formazione di un nuovo sottocomitato governativo in
Norvegia e di comitati nazionali in Italia responsabili del coordinamento della nuova
politica regionale unitaria. In Paesi quali la Grecia e il Portogallo, la gestione dei
programmi dei Fondi strutturali ha promosso, inoltre, un maggior coordinamento a livello
centrale. Una tendenza simile ha favorito l’uso sempre crescente di accordi formali o
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informali e di linee guida e target condivisi al fine di coordinare i contributi regionali dei
vari ministeri e dipartimenti. Si nota infatti un impegno diffuso a prendere in
considerazione le questioni di sviluppo regionale durante la definizione di certe politiche
settoriali in Svezia e Finlandia, mentre nel Regno Unito e in Danimarca, ad esempio,
sono operativi accordi di partenariato più dettagliati e formali. Infine, la formulazione e
l’attuazione di nuovi programmi e strategie di politica regionale nazionale può fornire lo
slancio e l’inquadramento necessari per un coordinamento dal centro più accentuato (ad
es., connesso al PSN e alla SNT in Irlanda o al documento “Peaks in the Delta” nei Paesi
Bassi).
A livello regionale si sta evolvendo una vasta gamma di meccanismi di coordinamento. Il
processo di ideazione e implementazione dei programmi regionali rappresenta un
importante meccanismo di coordinamento in parecchie regioni (ad es., la programmazione
regionale strategica in Finlandia, le strategie economiche regionali in Inghilterra). Ciò
spesso è affiancato dalla creazione di enti di partenariato regionali (ad es., i fora di
crescita regionale in Danimarca) o reti (ad es., i partenariati regionali in Svezia). Il
principio dei partenariati promosso nella programmazione dei Fondi strutturali ha influito a
tal proposito. Anche il processo di amministrazione dei programmi dell’Ue può favorire un
accresciuto coordinamento a livello regionale grazie a nuove opportunità di incontro degli
attori regionali per parlare delle questioni strategiche inerenti i programmi (ad es.,
Austria, Ue12) e/o il loro allineamento ai programmi nazionali (ad es., Francia, Regno
Unito).
Anche i meccanismi di coordinamento della politica regionale tra il livello centrale e quello
regionale stanno assumendo crescente importanza. Nei sistemi unitari (quali l’Inghilterra e
la Finlandia), la chiarezza e la coerenza dei legami tra i fondi centrali forniti alle regioni e
gli esiti della politica regionale sono una priorità del coordinamento e possono richiedere lo
scrutinio di piani regionali mediante linee guida o inquadramenti impostati a livello
nazionale. Con la devoluzione o il decentramento dei sistemi unitari, i meccanismi di
coordinamento potrebbero richiedere che le decisioni sulle politiche prese a livello
nazionale prendano in considerazione le priorità regionali. Ciò può essere realizzato
mediante l’uso di accordi o contratti nazionali-regionali caratterizzati da vari livelli di
formalità e status legale (ad es., Francia, Danimarca, Polonia). Infine, in sistemi federali
o regionalizzati, il coordinamento deve far sì che le politiche regionali, principalmente di
competenza del livello regionale, non contrastino con gli obiettivi di sviluppo nazionale. Per
riuscirci, basta coinvolgere direttamente il livello nazionale nella pianificazione e/o
finanziamento delle iniziative di sviluppo regionale (ad es., Austria e Spagna) o mediante
finanziamenti congiunti tra livello federale e regionale (ad es., la GA regionale in
Germania).
7.
CONCLUSIONI FINALI E SPUNTI DI RIFLESSIONE
Il periodo avviato all’inizio del 2006 è stato caratterizzato da riesami, revisioni e riforme.
La politica regionale ha subito notevoli cambiamenti in risposta alla necessità di sviluppare
QSNR e programmi operativi associati, all’introduzione di nuove carte degli aiuti regionali e
dei relativi regimi di aiuto e alla continua presenza dei fattori di cambiamento nazionali.
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Questi includono costanti pressioni per la globalizzazione, un’agenda di
sempre più dilagante, preoccupazioni su questioni di sviluppo territoriale
respiro (quali il ruolo delle città nello sviluppo economico e la comparsa di
regionali) e dibattiti sull’attuazione della politica e processi di riforma
generici.
competitività
di più ampio
problemi subregionale più
Questa rassegna ha evidenziato quattro temi generali. Primo, la natura della politica
regionale ha subito importanti cambiamenti in vari Paesi. A livello generale, tale tendenza
ha visto un accrescimento del risalto posto sulla programmazione regionale e sullo sviluppo
di strategie – in parte, per via delle influenze comunitarie, ma anche come conseguenza
della crescente enfasi sulla massimizzazione del contributo apportato alla crescita
nazionale dalle singole regioni. Allo stesso tempo, il peso attribuito dalla politica agli aiuti
regionali è in declino non solo in risposta alle pressioni per la competitività delle politiche,
ma anche a causa di restrizioni di bilancio più ampie, di preoccupazioni sulla
massimizzazione del valore aggiunto del sostegno fornito (che è diventato più selettivo e
mirato) e di interventi volti al miglioramento del tessuto economico.
In secondo luogo, gli obiettivi della politica regionale di svariati Paesi sono stati riformulati
in preparazione per il nuovo periodo di programmazione dell’Ue. In quasi tutti i casi, la
principale priorità di sviluppo regionale prevede il potenziamento della competitività
regionale (e quindi nazionale). Lo stesso vale per quei Paesi in cui la politica regionale è
stata sottoposta a revisione e gli obiettivi emendati durante il periodo 2001-05. D’altro
canto, gli aspetti di equità sono rilevanti quasi ovunque e, in alcuni Paesi, hanno assunto
maggiore importanza, poiché la politica dell’Ue è ulteriormente orientata verso la strategia
di Lisbona. Inoltre, in molti Paesi, il problema dell’equilibrio regionale continua ad avere
importanza cruciale per garantire un’erogazione dei servizi equa fra tutte le regioni. Le
priorità della politica stanno attribuendo maggior peso anche allo sviluppo sostenibile.
In terzo luogo, l’orientamento territoriale della politica regionale sta cambiando per via
della crescente importanza data agli approcci rivolti a tutte le regioni. Come conseguenza
della loro copertura demografica piuttosto ridotta, le nuove carte degli aiuti regionali sono
più mirate e presentano massimali di aiuto più bassi. Insieme a budget di aiuti regionali
generalmente più limitati, tale situazione ha portato a una riduzione negli aiuti regionali in
molti Paesi. Vista l’accresciuta prominenza degli approcci volti a tutte le regioni, si riflette
su un aspetto chiave, ovvero quello della destinazione dei finanziamenti della politica
regionale. I primi segnali sembrano evidenziare un certo livello di mantenimento dei flussi
di finanziamento a favore delle regioni svantaggiate. Infine, le tipologie territoriali stanno
diventando sempre più complesse e si riferiscono non solo a tipi diversi di aree (urbana,
rurale, montagnosa, costiera), ma anche ad aspetti sub-regionali. Inoltre, le politiche di
crescita e produttività potrebbero richiedere livelli e formati differenti di intervento
territoriale. La geografia della politica regionale continua a rappresentare una sfida.
In quarto luogo, per quanto riguarda l’attuazione della politica regionale, sono state
identificate due tendenze principali. Da un lato, si è assistiti a un progressivo
potenziamento del livello regionale nel contesto della politica regionale, associato in alcuni
Paesi ai processi di riforma del ruolo delle regioni. Allo stesso tempo, il ruolo nazionale
nell’amministrazione della politica regionale continua a essere solido e risulta potenziato in
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vari Paesi. Dall’altro lato, invece, vi sono stati una serie di sviluppi per migliorare il
coordinamento della politica a livello nazionale, nelle regioni e tra centro e regioni. Data la
crescente ampiezza e profondità della politica regionale e, quindi, la gamma di
organizzazioni coinvolte nella sua attuazione a vari livelli, è certo che il coordinamento
della politica svolgerà un ruolo centrale nella politica regionale negli anni a venire.
Questa rassegna dà vita a vari spunti di riflessione:
•
Fino a che punto le tendenze della politica di ampio respiro sono compatibili con gli
sviluppi della politica regionale nel Suo Paese? Il Suo Paese è in linea o meno con le
tendenze identificate? Perché?
•
Fino a che punto il nuovo approccio della politica, soprattutto per quanto riguarda
l’agenda della competitività, può risolvere il problema regionale nel Suo Paese – e,
più su un piano più generale, in Europa?
•
È stato affermato che i recenti sviluppi della politica regionale ripropongono un
nuovo paradigma, con nuovi obiettivi (orientati alla competitività), una nuova
geografia (coinvolgimento di tutte le regioni), una nuova governance (multilivello) e
nuovi strumenti di attuazione della politica (basati su programmi). Fino a che punto
è cambiata la politica regionale nel Suo Paese negli ultimi anni? Perché (o perché
no) si sono verificati questi cambiamenti e, secondo Lei, si tratta di cambiamenti
sostenibili nel lungo termine?
•
La notevole quantità di cambiamenti verificatisi quest’anno è dovuta parzialmente
all’introduzione di nuovi inquadramenti comunitari della politica regionale sia
rispetto alla politica di coesione che a quella della concorrenza. Qual è il rapporto
tra le priorità della politica regionale nazionale e quelle dell’Ue nel Suo Paese? Fino
a che punto, secondo Lei, l’Ue è responsabile dell’agenda della politica regionale
nazionale? In alternativa, gli inquadramenti comunitari della politica regionale
promuovono i processi di politica nazionale? Le priorità e gli approcci della politica
regionale nazionale si stanno evolvendo separatamente dalle politiche Ue?
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